Descrizione

Geisine

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Viaggiatore dei Mondi

    Group
    Founder
    Posts
    4,824

    Status
    Anonymous

    eiiPPV1
    Culla Rossa delle Fiamme

    ClGKsBR

    Esistono luoghi nel mondo reale ben peggiori degli inferi stessi.
    Geisine è indubbiamente uno di questi, e la sua somiglianza con l'inferno è palese e al tempo stesso inquietante: in questa landa inospitale e disabitata le viscere ribollenti della terra sono esposte all'aria aperta, come vene ed arterie brutalmente tranciate.

    Costantemente rimestati dalle eruzioni dei vulcani presenti nella regione, veri e propri fiumi di lava scorrono indisturbati fra le rocce scure, in un fluire lento ma inesorabile. L'aria rarefatta dal calore estremo è composta da gas vulcanici irrespirabili per la maggior parte degli esseri viventi, e interminabili piogge di lapilli e cenere sfregiano la superficie, rendendo Geisine ulteriormente orripilante.

    Esistono tuttavia creature tanto anomale da riuscire ad abitare persino quest'inferno: fra cascate di lava e laghi sulfurei si aggirano esseri mostruosi capaci di sopportare un tale clima senza soccombere; la pericolosità di tali abomini è totalmente fuori scala rispetto alle belve che abitano gli altri ecosistemi del semipiano.

    Nessuna civiltà ha mai osato insediarsi in questa zona al confine col deserto dello Yuzrab e con la desolazione di Daleli, ragion per cui è corretto definire Geisine come una terra di nessuno, un regno selvaggio privo di regole e controllo. Si dice che alcuni dei cunicoli più remoti di Merovish conducano a grotte scavate nella roccia lavica, ma verificare la fondatezza di simili notizie è un'impresa assai ardua, dato che occorrerebbe convincere qualche esploratore a spingersi oltre i confini della città, entrando nei territori più pericolosi del Sud. E quasi nessuno vuole o può permettersi di pagare il prezzo di un tale azzardo.


    png

    Orrori dell'Inferno
    { Altri Luoghi di Interesse }

    Le voci che circolano sulla terra dei vulcani la vorrebbero sede di fenomeni anomali, forse connessi all'attività del Void, il confine della realtà con il Maelstrom. Alcuni viaggiatori giurano di aver visto luoghi inspiegabili tra le cime vulcaniche, ma esistono davvero dei temerari disposti a sfidare l’inferno per verificare simili dicerie?


    Prigione di Kerak



    Edited by Jira - 9/9/2015, 16:11
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Viaggiatore dei Mondi

    Group
    Founder
    Posts
    4,824

    Status
    Anonymous

    Da quel che sapevo, nessuno si era mai spinto molto in là in quel territorio senza vita: l'ultima roccaforte civile - se così poteva definirsi - era la terribile prigione di Kerak, dove i dannati incarcerati entravano per subire le più orribili torture; un monito per il mondo, si sussurrava, ma in realtà l'esistenza di Kerak era fine a se stessa.

    Fate Averruncus, il Terzo


    pDcdRtF

    Prigione di Kerak
    { Bastione dell'Oltretomba }

    In tutto il presidio meridionale c’è una parola che nessuno osa pronunciare.
    Uno sforzo immane della memoria collettiva ha estirpato questo vocabolo dalla lingua corrente. I cartografi, mossi da un terrore irrazionale, hanno raschiato via dalle mappe del presidio queste cinque lettere calcate nell’inchiostro: K e r a k.
    Sebbene la maggior parte del popolino ignori totalmente il significato di questa parola innominabile, l’orrore che questa rappresenta è ancora tenacemente radicato nelle terre del Sud. Agli estremi confini del mondo conosciuto, in quell’inferno di lava e zolfo chiamato Geisine - dove perfino la realtà si sgretola fino a perdersi nel Vuoto adimensionale - si trova il lager di tortura da cui mai nessuno è riuscito a fuggire. Inavvicinabile dal cielo per le nubi roventi e tossiche che adombrano l’intera regione, totalmente isolato via terra da crepacci e torrenti di magma, è inspiegabile come il Bastione dell’Oltretomba possa portare avanti il suo deviato disegno di giustizia, accogliendo continuamente nuovi dannati da internare.

    Il ponte di pietra che conduce ai cancelli del campo di tortura è stato soprannominato il “Ponte dell’Oblio”. Sospeso sull’abisso di lava ribollente, questo braccio roccioso è inzuppato dalle ultime lacrime d’umanità dei deportati: su questo ponte i ricordi di una vita intera scivolano via dalla memoria, inizia da qui il lentissimo calvario del non-ritorno che porterà all’annullamento sistematico della persona. I pochissimi disgraziati che intuiscono cosa li attende oltre le cancellate cercano di trascinarsi fino al ciglio del baratro, nel disperato tentativo di evitare un’eternità di sofferenze. Troppo spesso, però, è sufficiente una piccola esitazione per far perdere loro la fugace occasione di buttarsi di sotto, e così gli aguzzini riescono a strattonarli via e rimetterli nei ranghi. Si dice che altri disperati si siano cavati gli occhi con le unghie per far smettere il pianto che accompagna lo svuotamento del cervello.
    Chi giunge fino ai cancelli, a patto che abbia ancora i bulbi oculari al loro posto, potrà notare che un architetto perverso ne ha progettato le decorazioni, plasmando le enormi inferriate in braccia scheletriche e visi deformi. L’intera struttura esterna è attraversata da rigagnoli di lava che dalle arcate colano giù fino al centro della terra.

    png

    Livelli Detentivi
    { Midollo del Male }


    k0nNKTaCome ogni infrastruttura costruita nel presidio Sud, anche Kerak ha uno sviluppo verticale che s’inoltra nelle viscere del sottosuolo, lontano dall’aria malsana che spira tra le cime vulcaniche. Perché, badate bene, gli aguzzini del lager non si possono permettere di far morire soffocati alcuni detenuti che hanno respirato troppo a lungo l’aria di Geisine: i Dannati devono restare in vita per continuare a soffrire, è questo il comandamento supremo che i carnefici devono rispettare.
    All’interno di una camera magmatica svuotata si articolano i livelli detentivi, sparsi nei meandri di una fortezza edificata sul fondale di ossidiana, tutt'ora venato dal magma. Ogni giorno i prigionieri sono costretti a una decina di ore ai lavori forzati proprio nelle cave del cristallo nero: attrezzati con scarti di fucina, tentano per intere settimane d’intaccare singoli blocchi che - per loro natura - sono più duri del diamante. È un lavoro sfiancante e inutile, impossibile da compiere con mezzi umani, ed è soltanto una delle innumerevoli vessazioni che contribuiscono a demolire lo spirito dei condannati.

    Ogni possibilità di fuga è stroncata dalla conformazione stessa delle carceri: soltanto alcune ripide scalinate congiungono il dedalo di corridoi e sottolivelli, e ogni internato perde la forza e la lucidità necessarie per risalirle già dopo la prima settimana di prigionia.


    png

    Politica Disumana
    { Trattamento dei Prigionieri }


    y99sNyrLi chiamano dannati, ma non sono altro che rimasugli di persone stipati in un inferno artificiale. I loro aguzzini, nonché custodi dell’intero campo di tortura, sono i Flagellatori. Non è noto quali fattezze abominevoli si celino sotto le tuniche nere che vestono ogni torturatore. Ognuno di loro svolge il suo compito con impassibile senso del dovere, in bilico tra la freddezza di una macchina e la foga delirante di un satanista. Nessuna richiesta di pietà ha mai smosso alcunché dentro di loro. Ad ogni ora del giorno, ogni giorno dell’anno, loro sono vigili e pronti a schiacciare sotto il loro stivale di ferro la faccia del primo deportato che riescono ad afferrare, magari soltanto colpevole di aver alzato lo sguardo al momento sbagliato.

    Ma c’è qualcosa a Kerak che è ancora più temuto dei Flagellatori: si tratta del “Veleno”. Con questo nome si fa riferimento ad un ammasso semifluido apparentemente senziente, di cui l’intera prigione sembra essere intrisa. Il Veleno può colare dal soffitto, sgorgare dalle brande, oppure sgusciare fuori da una latrina, senza preavviso. In qualunque momento, senza che abbia il tempo di accorgersene, un Dannato qualunque può essere aggredito da quest’incubo, nero e viscoso come il petrolio. Una volta inglobato dentro di sé, il Veleno può fare ciò che vuole del condannato: certe volte cava le unghie o i denti, altre volte necrotizza intere parti del corpo, ma può anche capitare che rimetta in sesto un prigioniero che rischia di morire prima di aver scontato i suoi mesi di agonia. Non si può prevedere dove o quando il Veleno avvolgerà il prossimo bersaglio, e ciò crea una cappa d’ansia logorante per qualsiasi potenziale vittima.

    Passata una quantità adeguata di tempo, la fine di tutti i detenuti è sempre la stessa: la fossa comune. Quel che resta degli internati - perlopiù ridotti a larve umane senza volontà - viene gettato in un inghiottitoio sotterraneo. Gli ultimi giorni di tormento trascorrono in questo gigantesco pozzo buio, illuminato solo dalle braci incandescenti che si depositano qua e là sul fondo. I più fortunati periscono per la caduta, tutti gli altri invece muoiono di stenti o vengono mangiati vivi da altri disperati che vogliono ritardare ancora di qualche giorno l’arrivo inevitabile della Morte, l’unica che può veramente liberare i prigionieri dalla disumanità di Kerak.

     
    Top
    .
1 replies since 8/7/2012, 22:28   476 views
  Share  
.