[LAM][ES] Armonia e Spiriti Silvani

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    E d'improvviso il bosco tacque.
    Ruotò gli occhi, rapidamente. Vide qualcosa oltre le fronde, come un'ombra che sgusciando da chissà quale orrida tana, si muoveva sinuosamente con fare che non rassicurò affatto la sua persona; finché avrebbe avuto la certezza d'essere circondato, non avrebbe lasciato andare nemmeno per un'istante la sua spada.

    Già, la spada. Balmung: un capolavoro d'arte, un'insegna dalla natura -alla natura degli spiriti-, che aveva preso per molto tempo il titolo di Spada degli Spiriti Silvani, perché ad essi e solo ad essi era devota fin dal giorno della sua illustre forgiatura. Mai arma più sublime ebbe motivo d'esistere, mai uomo più valoroso del Falco ebbe l'onore di stringerla.

    E così eccoli, assieme come in ogni loro avventura, compagni di ancora tante disavventure, e molti pericoli ancora, stringersi nella fortezza della loro unione. Perché quando la lama guizzò, d'un bagliore sinistro e dal sapore silvano, il suono della foglia recisa in due perfette metà testimoniò un successo, frutto di fatica e allenamento. E rialzandosi dalla sua posizione di guardia, fugando le preoccupazioni di poc'anzi, figlie di una fantasia volta ad aumentare la sua concentrazione, mirò un po' stanco il suo bersaglio che ricadeva in terra. Congratulandosi per aver raggiunto il picco massimo del suo obiettivo, lasciò che la foglia si riunisse alla terra. Non aveva arrecato danno a ciò che doveva comunque tornare alla terra, e giacché sapeva che essa si sarebbe riunita al ciclo del bosco, augurò agli spiriti che ne avevano dimorato l'essenza di trovare nel sottobosco una nuova -e più gradevole- casa.
     
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    L'essenza stessa della Foresta permeava attraverso i suoi odori le narici del Demone Volpe. Le creature che nel bosco dimoravano e le maestose fronde che nell'ombra di Fanedell gli davano dimora. Ma non solo di piante e animali era la Foresta di Fanedell... Creature ben più speciali, e in un certo senso ben più letali, potevano aggirarsi per quei sentieri impraticabili per molti viandanti.

    Tra la fitta boscaglia avanzava con passo esperto Mugen Fudo. Senza fretta. Quel bosco era uno dei luoghi che sentiva più vicino. Forse perché gli ricordava molto il suo mondo natale o forse perché era il posto in cui era emerso in quel semipiano. Avrebbe messo la sua spada e il suo artiglio al servizio di quella foresta, non sapeva spiegare il significato di un così innato attaccamento. Eppure lo aveva fatto, si era ritrovato ad affrontare orribili demoni per la salvaguardia di Fanedell. La quale gli aveva persino dimostrato riconoscenza, concretizzata nel bokken di legno pregiato che portava con sé, oltre alla fidata spada d'acciaio, compagna di altrettante pericolose battaglie.

    Il ricordo di quella particolare impresa lo fece fermare. Le fronde non portavano più i segni della corruzione. Prese in mano il bokken e cominciò a studiarne la superficie lignea con interesse. Un oggetto davvero fuori dal comune, i cui segreti gli erano ancora celati...

    Poi percepì una presenza conosciuta quasi ai confini delle sue percezioni. L'indole animale prese il sopravvento e rapido si mosse verso l'odore famigliare. Non si sbagliava. Era proprio lui.

    Emerse dalla boscaglia giusto in tempo per vedere la misteriosa figura cimentarsi in un atto di maestria decisamente inusuale, qualcosa di possibile solo ai maestri di spada più esperti. Per qualche istante si tenne in disparte non volendo intralciare la meditazione del cavaliere, per poi riprendere ad avanzare verso di lui, consapevole o no di stringere ancora in mano il misterioso artefatto.

    “Complimenti... Comandante Minos.”

     
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    “Complimenti... Comandante Minos.”

    Nessuno mai, da che l'Elfo ne avesse ricordo, poteva vantarsi d'aver raggiunto la sua persona, non senza che lui ne fosse consapevole. E invece voltandosi, mirò il muso della volpe che di colpo parve volerlo ammonire: e se fosse stato un nemico? Quante volte di già gli avrebbe strappato la vita? Ma quella pelliccia rossastra e bianca al centro, quegli occhi scuri e gli abiti orientali, gli suggerirono che l'altro non fosse affatto un pericolo.

    Mugen, che gradevole sorpresa.

    Gli rispose il Falco, ruotando il capo quant'era sufficiente per trovarsi, con tutto il suo corpo, dirimpetto al nuovo giunto. Falco lo era di nome, perché le sue ali d'argento solcavano i cieli senza confini, mentre il suo sguardo rapace sembrava poter indagare sopra chiunque, come se da egli -o per mezzo d'egli- la giustizia giungesse sempre incontrastata. E così avanzando verso il giovane demone, tentò quanto gli era possibile di trattenere quella sua aura di riverenza e giustizia, che certamente -ne era sicuro- l'altro avrebbe avvertito di lì a poco. Non essendo sua intenzione intimorirlo, aggiunse:

    Cosa ti porta in questo boschi?

    La spada già sopiva nel fodero, reso nodoso e scuro dall'ultima avventura, proprio lì a Fanedell, che aveva visto entrambi fare coppia per sventare le orride mire di una creatura vampirica.
    Per ovvi motivi tengo in considerazione le mie due passive d'influenza psicologica, che trovi comunque in scheda ;)
     
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    Quante volte il suo aspetto ferino era bastato per spaventare umani e altre creature minori. Ma se c'era una cosa che aveva imparato era che nel mondo esistevano esseri in grado di incutere un terrore ben più puro e primordiale. Esseri la cui natura e la cui grandezza non potevano essere contenute e straripavano inondando gli animi di chi aveva l'occasione di incontrarli.

    Mugen, che gradevole sorpresa.


    Il Falco era uno di essi. Modi gentili e cordiali e uno sguardo da rapace in grado di vedere ogni cosa, tanto è vero che la comparsa della Volpe non fu certo una sorpresa; d'altronde sorprendere il Falco era un'impresa impossibile. Eppure all'apparenza un elfo come tanti, dai lineamenti graziosi e delicati. Pochi a prima vista erano in grado di capire la pericolosità di una creatura simile, certo bastava poco per rendersene conto. Già perché il comandante bianco riusciva a sottomettere gli istinti con la sua sola presenza, facendo affiorare nell'animo di ogni creatura un senso di rispetto e riverenza. Quasi fosse l'incarnazione stessa di un'essenza ancor più nobile e imponente, la Giustizia.

    Mugen Fudo aveva già provato quella sensazione. Aveva anche avuto modo di mirare le doti e la pericolosità del Cavaliere, il che non aveva fatto altro che aumentare il suo rispetto nei confronti di un guerriero così esperto e temibile. Così quando venne investito dall'imponente presenza del Comandante , più che fuggire spaventato dal contatto, il suo rispetto nei confronti di questi venne amplificato. Creando al contempo un senso di riverenza e sottomissione quasi dovuta ad un essere tanto maestoso.

    Cosa ti porta in questi boschi?


    In passato si erano incontrati in quegli stessi boschi e avevano combattuto fianco a fianco. In un certo senso il suo trovarsi lì adesso era in qualche modo legato alla comune impresa affrontata.
    Non fece attendere oltre la sua risposta.

    “Un dono. O meglio, il dono di Fanedell”


    Fece mostra del bokken ricevuto dalla foresta e al contempo porse l'elsa lignea al Falco.

    “I suoi segreti mi sono celati... Pensavo di trovare le mie risposte nella Foresta che lo ha generato.”



    Spero di averle rese bene :flwr:



     
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    “Un dono. O meglio, il dono di Fanedell.
    I suoi segreti mi sono celati... Pensavo di trovare le mie risposte nella Foresta che lo ha generato.”


    hqgxz

    Un leggero sorriso si schiuse sul volto del Falco, consapevole che il dirimpettaio per motivato quanto lui alla ricerca di qualcosa che fosse più che diventare potente; e poiché avvertì così affine il suo animo a quello di Mugen, non esitò nemmeno un istante.

    Mossa molto saggia, tuttavia devi sapere che la foresta non elargisse doni che non siano già radicati dentro di noi: se non riesci a sviluppare questo nuovo potere, è forse perché qualcosa ti turba.

    Si avvicinò quindi alla figura imperiosa della Volpe in kimono, guardando da capo a fondo la sua struttura imponente e muscolosa, allenata certamente, ma forse non ancora capace di superare la barriera della carne per giungere, più profondamente, alla forza motrice di ogni creatura: il mana.

    Così Grifis, terminata la sua analisi e postosi davanti a Mugen, aggiunse:

    Non è saccenza la mia, ma penso di poterti aiutare.
    Se è nel tuo interesse, e se la mia proposta non ti arreca fastidio, posso aiutarti a sviluppare egregiamente le tue facoltà.


    E incrociò le braccia, in attesa di un cenno o di un verbo che gli facesse comprendere anche solo le motivazioni di Mugen. Sperando, tuttavia, di non aver toccato nessun tasto dolente.
     
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    Mossa molto saggia, tuttavia devi sapere che la foresta non elargisse doni che non siano già radicati dentro di noi: se non riesci a sviluppare questo nuovo potere, è forse perché qualcosa ti turba.


    Di sicuro l'elfo aveva una conoscenza o affinità con la natura intima della foresta molto più profonda della sua, ed il suo occhio rapace era in grado di vedere più in profondità di chiunque altro. Mugen era almeno in parte una creatura selvaggia, quello era un mondo a cui apparteneva intimamente, possibile che la razionalità demoniaca di cui era dotato occultasse e ostacolasse quel suo legame primordiale? Forse.

    Che fosse una semplice teoria o che avesse davvero scorto qualcosa nell'intimo del suo animo Grifis aveva colto in pieno un aspetto importante. Il turbamento. Era dannatamente vero ed adesso non aveva problemi ad ammetterlo, credeva di aver superato le catene dell'esitazione che si erano create e lo aveva intrappolato fin dal suo arrivo nel nuovo semipiano.

    Già perché si era perso nelle nebbie e aveva vagato in esse per chissà quanto tempo prima di riemergere a Fanedell immemore del misterioso intermezzo e di quanto in esso fosse accaduto. Ma una parte di quelle nebbie si era incastrata nel suo animo e nel suo cuore e in breve era cresciuta appesantendolo di una coltre di incertezza e paura ingiustificate.

    Eppure credeva di essersi liberato dalle catene che bloccavano il suo spirito guerriero, là tra le nebbie dell'Ovest la luce del Maestro gli aveva indicato una via, una strada da percorrere. Credeva di essere tornato libero, credeva di essere tornato quello di un tempo. Aveva combattuto persino demoni e mostri senza esitare un solo istante...

    Eppure adesso le incertezze continuavano segretamente o forse inconsciamente a sabotarlo?

    E se ci fosse dell'altro?

    Magari il blocco che gli impediva di accedere al contatto più intimo con l'essenza di Fanedell era ancora più antico? Magari questo ostacolo era ben più radicato e la consapevolezza di questo lato di sé doveva essere ancora scoperto. Non per farlo tornare la Volpe di un tempo, ma un nuovo individuo.

    Un cammino per l'evoluzione.

    Per un nuovo Mugen Fudo.

    Intanto il comandante si era avvicinato e posto davanti, squadrandolo da capo a piedi. Così vicino l'autorità del suo spirito era ancora più accentuata.

    Non è saccenza la mia, ma penso di poterti aiutare.
    Se è nel tuo interesse, e se la mia proposta non ti arreca fastidio, posso aiutarti a sviluppare egregiamente le tue facoltà.



    Mugen lo fissava con interesse e lo studiava con tutti i suoi sensi. Chissà se l'elfo era in grado di decifrare i lineamenti ferini del demone, che valutava la preziosa offerta. Non era offeso dalla proposta, come poteva sentirsi infastidito da qualcuno, doveva ammetterlo, che era in grado di manifestare una così grande autorità con la sua suola presenza. In più il suo legame con la Foresta era immensamente più sviluppato del suo, e sembrava conoscerne i più intimi segreti, per quanto possibile per una creatura vivente.

    Quello che stava facendo in quei brevi istanti di riflessioni era un paragone. Aveva già accettato la guida di un primo Maestro da quanto era arrivato su Endlos, e adesso un secondo gli offriva la sua guida. Stava studiando le sensazioni che provava al cospetto dei due, cercando tra le altre cose di non soffermarsi al complesso di inferiorità che naturalmente sbocciava alla presenza di entrambi.

    Se il primo era ricco di una luce particolare, caleidoscopica, la luce di chi ha raggiunto l'illuminazione suprema, il secondo, Grifis, sembrava emanare un'aura per certi versi più fredda, opprimente e vigorosa, incanalata in una direzione ben precisa. Questo era ciò che pensava ma in maniera più complessa e primitiva, difficile da esprimere a parole.

    “Per me sarebbe un onore averti come guida”




     
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    “Per me sarebbe un onore averti come guida”

    Da subito il Falco lasciò correre la sua espressione gioviale, acquisendo quasi subito un'espressione e un tono molto più serio: confacente quanto bastava per fare capire a Mugen che il momento dell'insegnamento avrebbe visto, almeno da parte sua, una rigidità inoppugnabile. Quindi subito tese la mano, chiedendogli:

    Per prima cosa ho bisogno di vedere il tuo dono.

    Non appena Mugen avrebbe consegnato lui l'oggetto, egli lo avrebbe rimirato per qualche attimo, mentre la destrosa scivolava lungo l'impugnatura della sua arma; e un leggero tocco annunciò, d'improvviso, una cascata d'oggetti in legno del tutto simili a quello ricevuto dalla volpe. Così fra Grifis e il dirimpettaio si ergeva un mare di legno, tutte identiche sotto ogni aspetto e rifinitura. A quel punto, come per restituire l'oggetto al suo proprietario, l'Aviatore lo fece scivolare in terra, perdendolo -forse per sempre- fra tutti quei doppioni.

    Il dono è tuo, e di nessun'altro.
    Ma a che ti serve, se non sai nemmeno riconoscerlo?


    Si sarebbe alzato in volo, calciando il mare che, rimescolatosi, annullò definitivamente la possibilità che Mugen risalisse subito al suo originale. E lui, allontanandosi, avrebbe ammirato le difficoltà del demone. Poiché era sicuro che non sarebbe riuscito a riavere, almeno non subito, quell'arma.
    mana: 95%

    tec usata

    Allorquando non fosse sufficiente, gli spiriti silvani che ne abitano fin dalla forgiatura possono essere richiamati e, nutriti di un obolo di mana pari a Basso, interagiscono in un'area di cinque metri come il Falco comanda loro. Impossessandosi dell'ambiente e degli elementi naturali, daranno forma a offese o difese di natura assai versatile ma, proprio per questo, gravi di un controllo ridotto ed elementare { la spada dona il potere d'evocare a consumo Basso degli spiriti, che si impadroniscono e manipolano gli elementi ambientali }
     
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    Bastò la risposta di assenso della Volpe a trasfigurare il Falco in un rigido insegnante. Certo non lo conosceva molto ma gli sembrava che quel nuovo atteggiamento avesse in se la stessa durezza che il comandante riservava ai suoi nemici. Lo capiva ed era abituato a modi ben più rudi di quelli che immaginava, o sperava, potesse dimostrare Grifis. Non era raro infatti che durante le prime battute di caccia i giovani demoni volpe facessero imbestialire qualche adulto ricevendo come monito amorevoli quanto educative azzannate. Per fortuna il comandante non sembrava il tipo, magari era capace di cose ben peggiori.

    Per prima cosa ho bisogno di vedere il tuo dono.


    Senza esitare il grosso allievo dalla pelliccia rossa obbedì, consegnando il prezioso artefatto nelle mani del suo saggio insegnante. Il quale, mentre studiava col suo occhio rapace l'oggetto, mosse la mano libera verso la sua arma e in un attimo comparvero a terra centinaia di bokken simili a quello di Mugen.
    Un prodigio strabiliante! Ma non era certo per stupire il guerriero Rosso che Grifis aveva evocato una simile magia!
    Stava per impartirgli la prima lezione!

    Il dono è tuo, e di nessun'altro.
    Ma a che ti serve, se non sai nemmeno riconoscerlo?


    Così si alzò in volo dopo aver fatto scivolare l'artefatto in mezzo agli altri e aver rimescolato i vari strumenti in modo che fosse indistinguibile dagli altri.

    Perplessità e comprensione.

    Era la prima prova da affrontare se voleva destare il potere sopito e svelare gli arcani del dono di Fanedell.

    Doveva recuperare il bokken, ma in che modo?

    In un primo scatto iniziale che lo vide avvicinarsi a quell'accozzaglia di pezzi di legno pensò di utilizzare il suo fiuto super sviluppato. Ma era la strada giusta da seguire?

    Non aveva con sé il bokken di Fanedell da così tanto tempo e a dire il vero non aveva avuto molte occasioni di usarlo. Ma anche se fosse riuscito nell'impresa in questo modo era davvero il giusto modo di fare?

    Se ci fosse stata la spada in quel mucchio non avrebbe avuto di questi problemi, avrebbe allungato la mano verso quella giusta, l'avrebbe riconosciuta all'istante. Avevano combattuto insieme così tante volte che ormai era un prolungamento del suo stesso corpo, eppure in quella lama di freddo metallo non scorreva neppure la vita.

    No, non doveva utilizzare il fiuto. Doveva riconoscerla, non ritrovarla. E in un certo senso era la stessa spada di legno a dover volere essere ripresa, doveva essere lei a chiamarlo. E lui doveva essere in grado di rispondere a quella chiamata, doveva sentirla. E meno importare doveva volere veramente la spada di legno, la sua.

    Così mentre fissava il mucchio, scrutando ogni elemento uno per uno, non solo analizzava le immagini ma esplorava dentro di sé. Forse la vera ricerca la stava facendo dentro di sé, non cercava realmente con gli occhi. Cercava col cuore, cercava la spada che avrebbe fatto sussultare il suo istinto. Cercava di ridestare il suo sopito spirito selvaggio, quella parte di sé indomabile, irrazionale e forse più sensibile ai sensi più primitivi e profondi.

    Un'indagine complessa e articolata.

    Perché forse riconoscere il Dono era il primo passo per riconoscere se stesso, compito decisamente più arduo.
     
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    Lo sguardo del Falco non lasciò andare nemmeno per un'istante l'effige del suo nuovo allievo, il quale dapprima con i sensi, e poi con lo spirito, stava sforzandosi di ritrovare il suo Bokken. Sicuramente era un tipo sveglio, poiché fin da subito aveva capito che il dono non era da cercarsi dall'esterno, ma ad intra di se stesso. Così restò a guardare, paziente e severo.

    *

    Quando e se avesse riaperto gli occhi, la volpe Mugen avrebbe riscoperto il bosco ma non quello di Fanedell, bensì quello in cui aveva passato la sua giovane esistenza di demone, fra cacce e addestramenti. Tuttavia era anch'esso assai diverso: i suoni sembravano ovattati e i contorni del bosco sfumavano, come in un vivido sogno.

    Davanti a Mugen, come in attesa da sempre, una volpe dorata dalle nove code. Sedeva esattamente sul dorso di un'albero caduto, e fissava l'altro con le sue pupille... aveva un che di triste, di estremamente malinconico, come se vedere il samurai gli provocasse un qualche genere di sofferenza.

    Perché stai scappando?

    La sua voce melodiosa era rotta solo da una punta di sofferenza. Chi era? E perché da essa proveniva un'aria di così grande familiarità?

    E' da tempo che ti chiamo, ma non senti la mia voce.


    E tutt'intorno poi il bosco prese a crollare su di sé, come divorato improvvisamente da un'ombra nera, la cui origine coincideva proprio con la posizione di Mugen.
    a te la palla :geez:
     
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    La ricerca proseguiva senza dare i risultati sperati.
    Cercava, cercava, cercava... eppure ciò che doveva trovare sembrava sempre più lontano e confuso. Quasi non sapesse realmente cosa fosse realmente a spingere il suo desiderio. Forse era tutto così arduo perché quella era una ricerca da inseguire non con i sensi acuti di Volpe, ma con qualcosa d'altro...
    Ma era pronto per una cosa del genere? O meglio, ne era capace?
    Forse era il dubbio ad impedirgli di vedere.

    Così quando riaprì gli occhi, ciò che vide il suo sguardo dorato fu inaspettato.
    Non era il bosco di Fanedell, era un'altra foresta. Lontana nello spazio e nel tempo. Sepolta nella sua memoria. Ma non era reale, i suoni non erano nitidi ma ovattati, le immagini che percepiva quasi sfocate. I colori della natura si mescolavano debolmente.
    Tuttavia riusciva lo stesso a ricordare, perché proprio in quel posto aveva azzannato le sue prime prede ed era stato introdotto alla nobile arte della spada.

    Ma ancor più importante non era solo.
    Una Volpe Dorata dalle nove code lo fissava.

    Chi era?

    Era sicuro di non averla mai incontrata. Soprattutto non in quel posto.
    Eppure era così famigliare.

    Sedeva su di un tronco caduto innanzi a lui. Aveva un'aria triste ed estremamente malinconica e la presenza di Mugen sembrava certo non giovare.

    Perché stai scappando?


    Una voce melodiosa e ancor più famigliare metteva in risalto la sofferenza della nobile creatura. Una malinconia che quasi si trasmetteva alla Volpe incredula.
    Scappare... non stava scappando.
    Come poteva scappare da qualcuno che non conosceva.

    O forse era proprio questo. Non conosceva.

    E' da tempo che ti chiamo, ma non senti la mia voce.


    Voleva ribattere, ma non sapeva come. Quella voce e quelle parole lo mettevano a disagio. Ma perché?

    Poi accadde: il bosco tutto prese a crollare tra le ombre, una fitta tenebra divorante che originava da Mugen stesso.

    La Volpe Rossa rabbrividì, scossa e turbata dalle tenebre e dal lamento silenzioso dell'altra Volpe. Mentre dubbi e incertezze cominciavano a turbinare nel suo io sollevando decine di perché senza risposta.

    Perché quell'oscurità? Da dove veniva?

    Cercò di ritrovare la calma rifugiandosi in se stesso, ed ebbe la sensazione di essere avviluppato nelle stesse ombre che divoravano il bosco. Un frammento di comprensione lo scosse. Fu un attimo, una sensazione. Non voleva crederci eppure già conosceva la risposta.

    Aveva già affrontato qualcosa del genere e credeva di averla superata.

    Ma le tenebre così oscure sembravano affermare il contrario.

    Ne era certo, era lui stesso la causa di quell'oscurità.

    Ma perché?
    Aveva affrontato le sue incertezze e superato l'esitazione.
    Possibile che non bastasse...

    Sconfitto, deluso e sconfortato.

    Alzò lo sguardo rivolto alla Volpe Dorata, con quello che poteva uno sguardo ancor più malinconico e un'ingenua sincerità sul volto ferino.

    “Io ho paura.”


    Lo aveva ammesso. Non sapeva quale ne fosse la causa né tanto meno come ci fosse arrivato. Guidato dall'istinto e seguendo le sue sensazioni aveva trovato quel brandello nero e irrazionale che si annidava nei meandri del suo cuore. E aveva trovato la forza di riconoscerlo... ma di certo non bastava.
     
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    “Io ho paura.”

    Bastò quell'affermazione per far crollare ogni cosa. Il mondo -il suo mondo- fu ingoiato dalle tenebre che si annidavano nei recessi del suo cuore, divorandone lentamente l'anima come il peggiore dei veleni. Così la Volpe, precipitando nel vuoto, avrebbe avuto la sensazione che immergersi di più nelle tenebre significasse perdere se stesso... magari diventare qualcos'altro: una bestia incapace di ragionare.

    Ma fu nel momento di massima disperazione che, alle sue spalle, una tenue luce dorata gli sussurrò nelle orecchie volpine...

    Non avere più paura.
    Non sarai più solo, perciò non aver paura.


    Assieme a lui precipitarono anche le spade di legno che il Falco aveva creato con il suo potere. Ce n'erano tantissime, così tante che distinguere l'originale era impossibile: eppure la nuova consapevolezza che andava crescendo nel cuore del demone gli avrebbe permesso di notare, persa in quel nero, in quella pioggia di legno, una tenue scia dorata. Scia che terminava poco più avanti, all'indirizzo di un Bokken che, come gli altri, cadeva nel vuoto.

    Che cosa stai aspettando?
    Afferrami.


    Doveva solo allungare la mano e prenderlo. Prima che si perdesse... prima che anche lui si perdesse.
    :guru: se qualcosa non è chiaro, pm-mmami tutto.
     
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    Con quelle parole giunse la fine. Bastò un'ammissione e il suo mondo prese a crollare inghiottito da tenebre oscure, le ombre nere che perverse si agitavano a prendevano forza divorando e corrompendo il suo animo più profondo. Distruggendo ogni sua certezza e ogni sua forza, annientandolo completamente. E man mano che le tenebre lo logoravano sentiva di perdere una parte di sé, anzi sentiva di perdere il suo intero io. Ma in fondo chi era realmente? Cosa lo caratterizzava?
    Mugen Fudo. Ma che senso poteva avere un nome, un'identità che sembrava ormai così lontana, in quella opprimente oscurità. Quello che era, o meglio quello che credeva di essere stato... era così lontano. Cos'era adesso? In cosa si stava trasformando? Cosa stava perdendo...?

    La bestia. Quell'ammasso di istinti primitivi che era celato nel suo Io, nulla a che vedere con la nobile grandezza del Sangue Antico. No era qualcosa di più radicato in ogni essere vivente, un agglomerato di pulsioni prive di qualsiasi razionalità. Stava perdendo la Ragione. Letteralmente.

    Ma forse era meglio così... in fondo era giusto che finisse così. Poteva solo arrendersi, smarrito e oppresso dalle sue paure all'oscurità sempre più nera che voleva relegarlo nell'oblio dell'irrazionale.

    Non avere più paura.
    Non sarai più solo, perciò non aver paura.



    Solo... solo... lui era solo!
    La voce melliflua sembrava regalare menzogna e inganno tra le tenebre!

    E intanto le spade legno precipitavano attorno a lui. Una pioggia di bokken destinata a svanire anch'essa in un pozzo nero senza fine. Eppure...

    … c'era qualcosa.

    In quella cascata sentiva qualcosa, qualcuno... una presenza!
    Che fosse un altro artificio beffardo di quel veleno nero che lo stava divorando? No, non poteva essere...
    Lentamente riscopriva una nuova consapevolezza, qualcosa che si stagliava nettamente contro il marcio delle tenebre. Una luce e la verità. La voce non mentiva.

    Poi la vide, dapprima leggera e sfumata, una flebile scia dorata che turbinava tra le spade di legno.
    Il Bokken di Fanedell che come lui precipitava nell'oscurità.

    Che cosa stai aspettando?
    Afferrami.



    E chiedeva aiuto, prima che si perdesse. Prima che entrambi si perdessero.

    Animato da un nuove vigore si spinse verso il bokken. Era la sua unica speranza, non aveva importanza che il mondo stesse crollando... l'importante era stare insieme. I loro spiriti dovevano restare uniti. Non sarebbero più rimasti soli.

    Con un'inedita sicurezza allungò la mano verso l'elsa, la sua elsa.
     
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    Quando e se la Volpe Rossa avesse riaperto gli occhi, avrebbe visto i bokken fasulli disintegrarsi mentre il suo, quello originale e circondato da un bagliore dorato, emanava un'energia che prima gli era stata sempre taciuta. Dall'altro lato il Falco, sorridente e soddisfatto, gli regalava il migliore dei suoi sorrisi, come a celebrare quella piccola eppur significativa conquista.

    Ben tornato Mugen. Trovato quello che stavi cercando?

    La sua era una domanda retorica, ovviamente. Sapeva che l'altro fosse riuscito a riavere quanto il bosco gli aveva dato, e quanto lui aveva nascosto abilmente. Adesso poteva sentire tra la Volpe e il Bokken un legame profondo che andava oltre il naturale oggetto-padrone.

    Qualcosa che avrebbe reso entrambi più forti.
    post conclusivo, e si passa alla seconda e ultima scena di "addestramento" per arrivare ai 2pt validi per comprare l'attiva variabile^^
     
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    Oltre le tenebre la luce e il ritorno.
    Quando riaprì gli occhi si ritrovò nuovamente nella foresta di Fanedell. Lucido e cosciente come forse non lo era mai stato. E adesso la sua ricerca poteva dirsi conclusa. Vide infatti la catasta di bokken fasulli disgregarsi, mentre il suo aveva preso ad emanare un bagliore dorato. Ma in fondo quella luce c'era sempre stata, solo che non ne era consapevole o forse non voleva vederla. Ora era finalmente sveglio e consapevole, aveva ascoltato. E non voleva rimanere solo. Non più.

    Ben tornato Mugen. Trovato quello che stavi cercando?



    La voce del maestro quasi lo prese di sorpresa. Quanto era durata la sua ricerca interiore? Di certo per lui era stato un viaggio lungo... ma alla fine aveva trovato ciò che cercava. Alla fine aveva scoperto ciò che c'era sempre stato.

    Allora strinse l'elsa del bokken e lo alzò al cielo facendone mostra a Grifis. I suoi sensi sembravano riverberare di una nuova forza, mentre le sue narici si riempivano della legnosa essenza che gli era sempre stata accanto.

    “Si... adesso vedo!”

     
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