La Festa dell'Arrivo

~ Presidio Est

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    Sebbene siano trascorsi ormai più di tre secoli dal giorno in cui il Maelstrom sradicò una città dal suo mondo d’origine per precipitarla nel centro della più rigogliosa e florida delle vallate del semipiano, il ricordo di quel momento è rimasto vivo nella memoria delle genti dell’Est: altresì nota come Festa dell’Arrivo, questa importante ricorrenza celebra le numerose circostanze fortuite che portarono alla nascita della Cittadella della Luce -prima- e al suo miracoloso approdo nelle lande di Endlos -poi-... eventi che cambiarono il destino di molti, per una volta tanto, in meglio.


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    Le Origini Storiche | L’Oracolo dei Fiori | Altre Tradizioni



    © Madhatter



    Edited by Madhatter - 4/6/2014, 16:21
     
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    Le Origini Storiche
    { La Nascita di Istvàn e il suo Arrivo su Endlos }

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    L’Isola senza nome

    Sperduta in mezzo al Grande Mare, da qualche parte a metà tra il continente di Azeroth e quello di Kalimdor, sorgeva un’isola senza nome: quest’atollo roccioso era posto in una piana di bonaccia racchiusa tra terribili vortici, capaci di schiantare le navi più robuste come ramoscelli secchi... e completamente disabitata, se si escludevano gli occasionali naufraghi, reduci dai tentativi di attraversare la distesa salata che aveva spazzato via le loro imbarcazioni.

    Del tutto sconosciuta alle rotte navali, la sua posizione geografica condannava alla disperazione i sopravvissuti: a quelli che erano stati così fortunati da non aver riportato ferite o menomazioni, non restava che morire di fame e stenti... spesso dopo aver contratto malattie o aver perso il senno per la solitudine. O per la paranoia, perché le inimicizie tra razze diverse non restavano confinate alle guerre sulla terraferma... e anche il fratello di una vita poteva scatenare l’istinto della lotta per la sopravvivenza.

    Sul come sia stato possibile che un’utopia come Istvàn nascesse e prosperasse su una zolla di aspra roccia galleggiante in mezzo al nulla viene tramandato un preciso mito sulla sua fondazione, che scaturisce direttamente dalla leggenda della Dea del Mare.



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    La Dea dell’Acqua

    La storia racconta che era una notte di plenilunio quando un Tauren e un Cavaliere -naufragati dopo un conflitto in mare-, si incontrarono sull’unica stretta lingua sabbiosa che dava accesso promontorio: il minotauro aveva perso un braccio in battaglia passata, e la menomazione rendeva ancora più infelice la sua prigionia sull’isola, mentre l’umano -provato dagli stenti e dalla morte di un compagno- si era ridotto all’ombra di sé stesso...

    La fame protratta per giorni e il dolore più disperato ottenebrarono le loro menti, e d’un tratto ciascuno fu certo che l’altro l’avrebbe ucciso senza esitazione: per appartenenza a schieramenti in guerra, per il desiderio di porre fine a quella sciagura, o per sopravvivere cibandosene... Cominciarono così ad affrontarsi in uno scontro mortale, e non badarono a come il vento avesse cominciato a mugghiare, la marea a salire e i marosi ad infuriare sulla battigia, finché non furono travolti da un cavallone che li divise, lasciandoli ansanti sulla rena bagnata.

    L’onda anomala aveva sparso attorno a loro del pesce, ma quel dono -per le circostanze ben più prezioso dell’oro- non fu il solo che i flutti portarono a riva: una donna splendida -pallida quanto la luna del cielo e dagli occhi più blu del cuore degli oceani- emerse lentamente dall’acqua, che fluiva incessante in riflessi d’argento nella sua lunga chioma cerulea, e nel vedere la miseria di quelle creature coperte di ferite e pervase dall’odio ne ebbe pietà.

    I due la fissarono increduli e rapiti quand’ella si fece loro vicina, e mentre già sentivano la mente schiarirsi e il cuore placarsi in sua presenza, furono benedetti dal suo tocco materno e divino: il miracolo di guarigione rifulse d’azzurro mentre il braccio mancante veniva restituito al Tauren e la salute tornava al Cavaliere insieme al senno, e ogni dolore fu lavato via mentre il plenilunio illuminava in silenzio la notte.

    La Dea del Mare li confortò con parole gentili, e non chiese nulla in cambio, ma quando -esausti e sollevati- entrambi caddero in ginocchio sotto il peso della gratitudine, giurandole fedeltà e votandole le loro vite, la Dama sorrise benevola e accettò... e, per la prima volta, su quell’isola ci fu pace.



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    La Cittadella della Luce

    Come il Tauren e il Cavaliere scoprirono ben presto, la Dea del Mare possedeva anche molte altre capacità: oltre a poter risanare i mali del corpo e alleviare quelli dello spirito, l’acqua obbediva alla sua volontà, il canto della sua dolce voce cominciò a rinverdire la terra brulla, il suo potere riportava in vita i morti... e i suoi sensi percepivano la presenza dei naufraghi.

    Essendo in grado di sentire quanti finivano dispersi sull’arcipelago di scogli che circondava il promontorio, la fanciulla cominciò a radunare attorno a sé quei sopravvissuti in seno ad una natura risvegliata e non più inospitale: la sua saggezza, la sua generosità e le sue doti di guaritrice le permisero di prendere le redini di quella nuova civiltà nascente, e sotto la sua guida prese pian piano forma l’utopia di una società in cui elfi, orchi, umani e ogni altra creatura potesse essere gettata dal destino su quelle coste, potesse vivere in armonia, vincendo le ostilità che erano sempre state in vigore nel mondo esterno.

    Dapprima un piccolo villaggio di rifugi di fortuna, l’agglomerato -cui la Donna dell’Acqua volle dare il nome di Istvàn- crebbe progressivamente fino a divenire una vera e propria città, un luogo in continua evoluzione grazie all’impegno di tutti, dove i talenti di ciascuno venivano coltivati ed incentivati, e le conoscenze portate dai “nuovi arrivi” contribuivano a trasformare il centro abitato in un’opera di ingegno mai vista prima, che fondeva i punti di forza di molte tecnologie differenti e ne eliminava i punti deboli.

    Ogni anno -in corrispondenza del plenilunio-, veniva celebrata sulla spiaggia la Festa dell’Arrivo che celebrava la venuta sull’isola della Dea del Mare, e... quasi ottant’anni dopo -ironia della sorte- fu proprio allora che il Maelstrom diede alle genti di Istvàn un nuovo motivo per ricordare quel giorno.



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    Il Rapimento del Maelstorm

    Quando la grande tempesta dimensionale si abbatté sulla Cittadella, i suoi abitanti erano impegnati a festeggiare la ricorrenza della sua fondazione: in un attimo, dense ed oscure nubi di tempesta velarono il volto della notte dai mille occhi stellati, e i nembi ribollenti dilagarono ovunque, avviluppando l’isola nella stretta eterea dei suoi caotici flussi.

    Subito si scatenò il panico, ma la Dea del Mare rimase quieta: dette ordine ai suoi di portare al sicuro la popolazione, e senza paura si erse in cima alla torre più alta del suo maniero, promettendo che a nessuno sarebbe accaduto nulla di male; rintanati nei loro rifugi, da cui potevano solo udire il vento ruggire mentre sradicava le case dalle loro fondamenta, gli abitanti dell’isola confidarono in lei... ma la loro fede avrebbe senz’altro vacillato se avessero avuto modo di scorgere lo zoccolo di roccia su cui poggiava l’isola ergersi dapprima nel vuoto di un cielo sconosciuto e infine precipitare su una terra aliena.

    Lo schianto fu terribile, e nessuno poté ignorarlo: molti edifici crollarono, interi quartieri finirono distrutti, ma... vuoi per i suoi poteri, vuoi per semplice fortuna, ci fu appena qualche lieve ferito e neanche un morto. Proprio come la divinità protettrice di Istvàn aveva promesso.
    Non appena la curiosità ebbe la meglio sulla paura, la gente abbandonò i suoi rifugi per contemplare la reale entità dei danni riportati dalla Cittadella: subito, il loro cuore gioiva per il miracolo che li aveva salvati tutti da quel cataclisma... poi, i loro sguardi sbarrati dalla meraviglia contemplarono il dono che la Tempesta aveva dispiegato intorno a loro: le verdi lande di un giardino dell’Eden.



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    La Rinascita dell’Est

    Quando l’isola precipitò nella landa orientale del semipiano -con l’intera città di Istvàn sopra-, le genti che abitavano la valle videro in quella meteora un segno inequivocabile della fine: il ristagno delle acque aveva già generato molte paludi e acceso i focolai di numerose epidemie, e con la popolazione decimata dai morbi e dalle carestie seguita alla moria del bestiame, l’ipotesi che il Maelstrom avesse lanciato sulle loro teste un masso per schiacciarli all'indomani della Danza degli Dei (primi giorni del mese di Sirio) e porre fine alle loro miserie non sembrava tanto improbabile...

    Ma in molti erano destinati a ricredersi sulle intenzioni del Grande Vortice, perché le voci che ben presto cominciarono a circolare sul conto della città piovuta dal cielo e dei suoi abitanti fecero in fretta il giro di ogni villaggio, sostituendo alla rassegnazione il lume di una speranza: i racconti parlavano di una donna celeste capace di guarire ogni malattia con un solo tocco o un solo sguardo, mentre fattori e contadini appresero dai naufraghi dimensionali nuovi metodi e accorgimenti capaci di ridurre gli sforzi e moltiplicarne il profitto.

    In capo ad un solo anno, la Cittadella della Luce fu ricostruita, adattandosi alle nuove geografie ed espandendosi ad abbracciare le famiglie desiderose di trasferirvisi: le sue conoscenze d’avanguardia -condivise e trasmesse ai vicini- e i poteri della Dama Azzurra e di alcuni misteriosi Eroi -di cui non è stato tramandato il nome- rimisero in sesto la vallata, e quando giunse di nuovo il giorno della Festa dell’Arrivo, esso aveva ormai assunto per tutti un nuovo e lieto significato.



    Edited by Madhatter - 4/6/2014, 16:58
     
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    L’Oracolo dei Fiori
    { Il Tributo alle Stagioni }

    Uno dei momenti più importanti e suggestivi della Festa dell’Arrivo è fuor di dubbio la cerimonia dell’Oracolo dei Fiori, ma da dove deriva questa tradizione? E che cosa rappresenta davvero? Famosa per essere allegra e colorata, la celebrazione è stata esportata anche al di fuori del presidio orientale, e viene spesso eseguita senza che se ne conosca il senso profondo... le cui radici più autentiche giacciono ad Est, insieme al mito cui è legata.


    Il Mito dei Fiori Protettori | La Danza Rituale


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    Il Mito dei Fiori Protettori

    Come viene accennato in maniera vaga, la storia fa riferimento ad alcuni individui che operarono ad Istvàn durante il suo primo anno su Endlos e a come le loro azioni svolsero un ruolo fondamentale nella rinascita di Chediya; tuttavia, se le loro imprese sono note, di loro non si conosce molto altro: qualche studioso ha affermato che una così grave omissione non può che nascondere qualcosa, e nelle sue congetture ipotizzò che essi fossero in realtà araldi di un qualche dio, ma -naturalmente- non esistono prove contrarie o a favore della tesi.

    Nei pochi tomi che analizzano con minuzia l’intera festività, viene solo esplicato che costoro possedessero poteri straordinari, che agissero per volontà di qualcuno che chiamavano l’Oracolo, e che non vollero consegnare i loro nomi alla storia, preferendo ricorrere a pseudonimi corrispondenti a specifici fiori... una stravaganza evidenziata in un singolo manoscritto ad opera di un botanico del tempo, che si dilunga per alcune pagine in una serie di curiosi riscontri tra alcune caratteristiche delle piante in questione, e certi tratti peculiari della persona che ne portava il nome.

    In segno di encomio e gratitudine per le loro gesta, la Dama Azzurra volle dare il nome di “Oracolo dei Fiori” alla danza simbolica eseguita -per la prima volta su Endlos- nel giorno della Festa dell’Arrivo: essa servì per festeggiare tutti insieme la rinascita della valle, ma anche per salutare la partenza di quegli Eroi misteriosi, che così tanto avevano fatto per l’Est; da quel giorno la cerimonia viene ufficiata regolarmente in occasione delle feste popolari per propiziare e festeggiare le stagioni e i raccolti, pur restando una celebrazione solenne e particolarmente sentita da tutta la popolazione.


    La Danza Rituale

    La Festa dell’Arrivo non sarebbe la stessa senza la cerimonia per l’Oracolo dei Fiori, e non solo per la bellezza pittoresca dell’evento, che rende magica la sua atmosfera... ma soprattutto per l’aspettativa con cui viene attesa dai giovani della valle. Ma andiamo con ordine.
    La celebrazione prevede delle danze rituali e celebrative tra coppie formate da giovani che vengono scelti di volta in volta in tutto il territorio della città -in pari numero per entrambi i sessi-, il cui assortimento verrà unicamente deciso dal caso. O, forse, dal Destino.

    Da tradizione, è usanza che gli uomini scelgano un fiore tra le varietà che sono state appositamente raccolte il giorno prima, mentre alle donne spetterà di fregiarsi di un singolo nastro in uno dei colori prescelti per la festa; la storia narra che in origine fosse un'indovina cieca del luogo a decidere le corrispondenze, abbinando -il giorno precedente alla celebrazione- ogni fiore ad un differente nastro colorato per creare una corrispondenza biunivoca tra l'uomo e la donna le cui mani sarebbero state guidate alla scelta di questo o quell'altro ornamento... oggigiorno, l’identità di questo “sacerdote” è sconosciuta.

    Quando poi gli abbinamenti vengono svelati, il folclore vuole che la coppia si presenti e si scambi le insegne di riconoscimento: l'uomo offrirà i fiori alla donna in segno di omaggio, e la donna ricambierà donando il proprio nastro al suo cavaliere come portafortuna; sempre stando alla leggenda, è buon costume che le coppie ballino insieme almeno il primo giro di danze, sebbene è auspicabile che trascorrano insieme l'intera serata...

    Poiché gli abbinamenti casuali hanno in molte occasioni creato stretti nodi nei destini di molti -non di rado sfociati in unioni felici tra le coppie-, si è creato un mito secondo il quale gli incontri che avvengono sotto l’insegna dell’Oracolo dei Fiori siano particolarmente propizi; qualche inguaribile romantico parla anche di “appuntamento col destino”, “attrazione fatale” e “anima gemella”... e ovviamente, tra fanciulle e giovanotti pieni di sogni e belle speranze, la cosa alimenta più di una fantasticheria.



    Edited by Madhatter - 4/6/2014, 16:24
     
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    Altre Tradizioni
    { Usanze minori della Ricorrenza }


    La Vigilia e gli Allestimenti


    Per celebrare l’avvento di Istvàn nel semipiano viene ogni anno osservato dagli abitanti della valle uno specifico protocollo di preparazione alla Festa: in memoria dei tempi bui che la Cittadella della Luce trovò al suo arrivo, per un periodo di tempo comunemente denominato “Vigilia” -che va dal tramonto precedente la festa al mezzodì del giorno fatidico- tutte le attività lavorative della capitale sono sospese, e le porte dei quattro ingressi della città vengono chiuse, lasciando fuori i viaggiatori.
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    In questo lasso di tempo, all’interno delle mura fervono i preparativi: per tradizione, case, palazzi e vie vengono completamente addobbati di piante e fiori, e massima cura viene dedicata a questo allestimento, dal momento che le decorazioni floreali saranno la prima cosa che il giorno dopo accoglierà i visitatori con un tripudio di colori e nell’abbraccio di dolci fragranze naturali.

    Buona parte del lavoro sugli ornamenti è affidato a incantatori di diverse “scuole” -la Biblioteca di Palanthas, il Popolo di Fanedell, gli scienziati di Garwec o i coltivatori della città di Matafleur- che usano l’intera città come campo di sfida per mettersi alla prova... e per questo c’è chi considera il rituale di Vigilia come parte integrante dei suggestivi spettacoli della festa.
    Chi desidera competere nel campo delle decorazioni può partecipare ad un apposito contest cittadino, ma sono ben numerosi anche i visitatori a cui basta assistere, e che si mettono in viaggio con abbastanza anticipo per trovarsi già in città quando le porte vengono chiuse.

    Le Rappresentazioni Teatrali
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    Quando le cronache diventano leggenda, e le leggende divengono miti, la cosa più saggia da fare perché non siano dimenticati è trasformare la storia in una fiaba da raccontare; seguendo questo principio,nel giorno della Festa dell’Arrivo è facile imbattersi in gruppi eterogenei che ripetono battute, provano costumi e provano scene mentre attendono -nervosi ed emozionati- il loro momento per esibirsi.

    Sarà stato l’influsso di Lafiel, la vicina città dei Teatri, ma anche la competizione tra spettacoli teatrali è divenuta una delle attrazioni di questo grande giorno: ad aprire l’evento è per tradizione la recita dei bambini di Miséricorde, che -al cospetto dell’Alfiere- mettono in scena uno dei tanti miti che costellano l’Est (la Dea dell’Acqua, l’Eroe Dimenticato, i Fiori Protettori, il Canto del Vento, i Tramontati...); poi -a seguire-, tocca ai gruppi veri e propri, che entrano in scena secondo l’ordine precedentemente estratto a sorte.


    Il Rito delle Investiture

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    Sebbene meno rinomata dell’Oracolo dei Fiori, anche questa tradizione si lega alla Leggenda dei Fiori Protettori: durante la Festa dell’Arrivo, sono molti i viandanti che si riversano in città...e anche i naufraghi possono precipitare dal cielo così come successe alla stessa Istvàn, così è sempre stata usanza per i mistici della Cittadella individuare tra la folla gli individui più promettenti con i loro sensi sovrannaturali e -in una rievocazione del mito- fregiarli di un fiore incantato il cui significato rispecchi le loro nature e personalità.

    Spesso, i prescelti sono ignari del senso profondo del piccolo dono ricevuto, e trascorrono la giornata di festa senza sapere di quale onore sono stati investiti... ma quando giunge l’ora del tramonto, i mistici -di pattuglia insieme alle guardie- li trovano in mezzo alla gente, e li conducono al palazzo dell’Alfiere, dove la folla già inizia a radunarsi, in attesa.

    Al cospetto della Dama Azzurra, agli ospiti viene raccontata la storia dell’Arrivo su Endlos della città di Istvàn, e una volta messi al corrente della loro condizione di “eletti” viene fatta loro la proposta di mettere i doni che possiedono a servizio e tutela del presidio Est; quelli che rifiutano vengono congedati e sciolti da ogni vincolo... ma quelli che accettano ricevono all’istante un luogo che possano chiamare casa, vengono investiti di un ruolo confacente ai loro talenti e capacità, e presentati alla gente in attesa di acclamarli come Custodi della Valle... come in passato fu per gli Eroi dell’Oracolo.

    Lo Scambio di Doni
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    Quando giunge la Vigilia, ciascun abitante -uomo, donna, vecchio o bambino- si lascia prendere dalla laboriosità e dall’entusiasmo perché tutto sia perfetto l’indomani: in linea con lo spirito della festa, è buona abitudine mantenere una condotta ancor più disponibile e generosa del solito, tanto che viene considerata un’usanza benaugurante il compiere buone azioni.

    Naturalmente, anche questa celebrazione prevede uno scambio di doni, piccoli pensieri simbolici per comunicare affetto e per sdebitarsi con chi ci fa una gentilezza: le donne passano la giornata a sfornare i dolci tipici dell’Est per regalarli in giro, e i bambini creano lavoretti come solo loro sanno fare... come per ogni regalo, quel che conta è che sia fatto col cuore.

    In origine -quando Istvàn era ancora un’isola-, il presente più tipico consisteva in monili realizzati con conchiglie dipinte o lavorate, ma dopo l’arrivo in Endlos -a causa dell’irreperibilità dell’oggetto- l’obolo è stato sostituito da semi o bulbi di fiori, più reperibili nella valle di Chediya.



    Edited by Madhatter - 4/6/2014, 16:26
     
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