The Road to the Sky

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    Un oceano di rovine. Degli alberi nient'altro che sterpi rinsecchiti, delle imponenti costruzioni solo cataste di mattoni la cui rapida erosione non sa certo di fenomeno naturale. Le strade sono state fagocitate senza pietà dalla sabbia del deserto, lo stesso che sta gettando secchiate d'aria calda ed un calore già insostenibile a pochi minuti dall'alba. Presto sarà giorno ed il dubbio che ci si possa trovare chissà dove nello Yuzrab senza alcuna indicazione su come raggiungere un riparo inizia a farsi strada come un tarlo.

    Risalendo fino a dove un tempo vi era la fontana, forse per sincerarsi delle condizioni del moribondo Aristotelis o semplicemente per raccapezzarsi un minimo, la situazione appare ancora più disastrosa. Della città non rimane più assolutamente nulla e l'inquietante silenzio è rotto unicamente dai singhiozzi della donna salvata alla furia omicida di Jumana. Prona tra le rovine e sommersa dai calcinacci, stringe tra le braccia il corpo senza vita della figlia. Poco più in là, anche della casa in cui era stato lasciato il greco non rimane altro che un ammasso di travi e mattoni.

    Eppure, in cima alle rovine dell'edificio si trovano altre due figure. La prima è proprio quella dell'Eversore, distesa in una non proprio rassicurante posizione da salma. La seconda è qualcuno dall'aria familiare per Brifos, considerando che è stato l'artefice della sua ferita alla gamba. Un uomo dalla carnagione color della sabbia adornata da tatuaggi e dalla folta chioma rossiccia che si agita al vento. Non appena vede il duo agita il braccio sinistro nella loro direzione. Anche perché il destro gli manca. La spalla termina in una rozza fasciatura macchiata di sangue, con una ferita che pare cauterizzata in qualche modo.


    Angolo del Master

    xTutti: stavate scendendo dalla torre quando tutta la città viene letteralmente distrutta. Brifos stava usando una tecnica quindi tutto ok per lui. Un po' meno per Dimitriy, ma niente di tragico. A conti fatti basta un consumo basso + la sua passiva di agilità/riflessi/quelcheè per tirarsi fuori dai guai. Considerando che qui il pk è off e non ci sono consumi a lui la scelta di descrivere come si è salvato.

    Il post riprende da quando vi muovete verso i resti della fontana (scusate la autoconclusività ma era la scelta più probabile visto che Aristotelis stava lì). Vedete la donna-gatto tra le macerie con la figlia morta che piange. Dell'edificio dove avete lasciato Aristotelis ovviamente ci sono solo rovine, però in cima alle rovine c'è quello che ha tutta l'aria di essere il corpo del greco (la cui posizione immobile fa senz'altro presagire il peggio) ed il vero aspetto di Talib (che ha visto per poco tempo solo Brifos) senza un braccio (il pegno da pagare per essersi salvato).

     
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    Inconsistente al pari dell’aria sua ancella, il Raitei era atterrato ai piedi della torre, e come un fantasma aveva iniziato a muoversi tra le rovine che erano state la città di Serendip, babilonia di ogni miraggio e promessa; se avesse avuto un senso dell’umorismo, il gigante avrebbe trovato ironico l’aver affrontato un lungo e periglioso viaggio in cerca della conoscenza, salvo rimettersi in cammino verso casa non solo senza aver capito nulla di quel delirio, ma avendo teoricamente perso anche i suoi ricordi...

    Eppure, nemmeno il più sagace degli avventurieri avrebbe avuto la forza o il coraggio di riderci su: nel riprendere -avanzando- la sua fisicità, la Corona di Regalia attraversò stoico quella distesa di distruzione e morte, e quando ebbe raggiunto quel che restava della piazza della fontana, gli occhi bigi si posarono sulla donna-gatto che il Russo aveva salvato dalla danzatrice; stringeva al petto il corpo esanime della figlia, e nel vederla piangere il suo lutto, Brifos col proprio dolore, passando oltre in rispettoso silenzio.

    Fluttuando a pochi centimetri dal suolo per non gravare sulla gamba incapacitata, l’Amal si diresse verso i ruderi dove aveva dovuto lasciarsi indietro l’Oplite ferito, ma quando fu nei pressi del cumulo su cui giaceva il fagotto privo di conoscenza -ancora imballato nelle sue fasciature di fortuna-, fu un’altra la creatura che catturò l’attenzione del suo sguardo di ardesia.

    Il Cantastorie che aveva incontrato nella taverna -e che per primo lo aveva attaccato, soccombendo alla sete di sangue- agitò il braccio sinistro nella sua direzione, e in risposta a quel cenno di saluto, il Demone delle Tempeste reclinò un poco il capo da una parte e lasciò che una scintilla cerulea guizzasse lungo il corno dorato che gli sormontava la zazzera blu.


    « É un bene che tu sia vivo, Talib. »
    gli si rivolse quieta la voce profonda dello youkai
    « Sei ancora in debito di una storia. »

     
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    Dimitriy non fu abbastanza rapido a lasciare la torre, visto che quest’ultima iniziò a sgretolarsi sotto i suoi piedi. Purtroppo lui non sapeva volare come il gigante, così dovette adattarsi in qualche modo per evitare di cadere nel vuoto... e le sue doti atletiche gli tornarono molto utili. Le sue gambe si mossero rapide, evitando gran parte dei detriti che piovevano dall’alto, però non era solo da quelli che doveva guardarsi, visto che anche il pavimento stava crollando. Così, quando quello iniziò a mancargli sotto i piedi, il russo fece l’unica cosa sensata da fare, oltre che parecchio rischiosa. Rapidamente e con maestria, il biondo saetto da una detrito all’altro mentre questi precipitavano verso il basso, sfruttando le sue ultime energie per non morire, solo questo.
    Quando l’ultimo frammento della torre cadde al suolo, Dimitriy si ritrovava su di esso, accucciato per attutire la caduta, impolverato ma vivo. A fatica il giovane si tirò su, barcollando appena mentre le sue gambe stanche cercavano di ritrovare la stabilità. Il suo corpo era una selva di ferite, ma la cosa più brutta era che il destino continuasse a prendersi gioco di lui. Era vivo ma aveva perso i suoi ricordi, il suo passato era privo di numerosi frammenti, anche se da un certo senso ciò poteva essere un bene... visto che non aveva nulla di buono da ricordare. Erano comunque i suoi, e li rivoleva.
    L’assassino lanciò uno sguardo al suo compagno d’avventura, notando come anche lui stesse bene, in qualche modo. Nel frattempo l’alba stava giungendo al termine e presto, quel luogo, si sarebbe trasformato nel forno a cielo aperto che era anche prima, prima della parentesi di Serendip. Mentre avanzava nuovamente verso la piazza, però, Dimitriy notò come il destino gli avesse tirato un nuovo scherzo, visto che la donna che aveva salvato nella torre, dandole la possibilità di rincontrare sua figlia... si ritrovava con la piccola stretta tra le sue braccia, ormai priva di vita. Aveva sperato fino alla fine che fosse viva, che la donna la trovasse in vita... e invece nulla. Il ragazzo giunse a pochi passi dalla donna, allungò una mano verso di lei ma la ritrasse subito dopo, spostando lo sguardo altrove. Le aveva mentito, il suo dolore era abbastanza grande, pensò bene di superarla, in silenzio.
    Voltandosi il sicario adocchiò il luogo doveva avevano lasciato Ariste, una casa che ovviamente era crollata e il giovane pensò subito al peggio. No, il Fato non poteva portargli via anche il suo compagno, l’uomo che aveva promesso di portare via da li. Accelerò il passo, avvicinandosi rapidamente ai ruderi e fu in quel momento che l’Eversore notò qualcosa di strano. In cima alle rovine dell’abitazione, si trovava il greco, disteso in una posizione che faceva presagire molto bene la sua sorte... accanto a lui un’altra figura: capelli rossi, carnagione sabbiosa e un numero infinito di tatuaggi. Dimitriy non lo conosceva, ma poco gli importava, molto più preoccupato per la sorte del compagno.
    Il russo si avvicinò quindi all’Oplite, superando le rovine e lanciando uno sguardo allo sconosciuto, quindi si accucciò vicino al capo Eversore e posò una mano sul suo petto, voleva capire se fosse vivo o meno... e nel suo mondo si faceva così.
    Ti ringrazio per averlo protetto.
    Non aggiunse altro il giovane, aspettando che il suo compagno desse qualche segno di vita, almeno per non uccidere anche la speranza. Era un pezzo troppo importante della Gilda, non gli avrebbe permesso di lasciarci le penne in quel luogo ormai in rovina.



    Ho usato la tecnica per velocizzare i movimenti, spero vada bene XD
     
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    Alle parole del Saggio il sopravvissuto prorompe in una fragorosa risata, decisamente fuori luogo vista la situazione, che però muta in un sospiro quando il russo si avvicina.

    «Penso che i ringraziamenti siano prematuri.» Nessun battito del cuore. «Ho evitato che gli crollasse la casa addosso, e giusto perché quella bambina là mi ha avvertito prima che tirasse le cuoia.» Un linguaggio duro e freddo. Per fortuna la madre è abbastanza lontana per non sentire. «Ma quando l'ho preso stava già così. Direi che è un miracolo sia sopravvissuto tutta la notte con quelle ferite.»

    Avrebbe lasciato qualche istante ai due per metabolizzare il lutto, poi avrebbe continuato a parlare. In piedi, come si rivolgesse ad un pubblico.

    «Che volete fare? Bruciarlo credo sia il metodo migliore. Non credo di potermi fidare a seppellire qualcuno nello Yuzrab. Girano brutte storie, sapete. E...» Volge lo sguardo al cielo, scrutandolo con attenzione per alcuni istanti. «...siamo belli lontani da qualsiasi campo nomadi o cittadina.» Come lo possa dire con certezza rimane un mistero. E' forse un bluff? Osserva prima Dimitriy, poi sempre più pensieroso Brifos. «Beh, visto che sono in debito di una storia facciamo che saldo la questione proponendovi una possibile alternativa. Si dice che tra la tribù nomade dei Kel Ajjer viva uno sciamano. Un tale Dayak. E pare che una volta abbia fatto ricrescere una mano mozzata ad un guerriero. Ci volevo passare per il braccio, ma un tentativo in più per il vostro...amico...potrei pure farlo. Magari le voci son vere...oppure son tutte balle. Di sicuro non vi posso dare rassicurazioni. Sono pur sempre storie. Questa è casa mia, conosco modi per muovermi rapido ed arrivare prima che il corpo inizi a marcire.»

    Il tutto spiegato con il solito sorriso di chi sta arruffianandosi la platea. Solo alla fine del discorso, pronunciato senza quasi prendere fiato, qualcosa sul suo volto cambia. Lo sguardo. L'Eversore non può che notarlo immediatamente. E' lo sguardo di chi sa uccidere a sangue freddo e lo ha già fatto parecchie volte.

    «Ma se fossi in voi lascerei stare.» Le parole bruciano come il caldo torrido del deserto. «Non mi sembra il caso di fidarsi di uno che ha lavorato per quelli che sono gli artefici di questo massacro, no?»


    Angolo del Master

    xTutti: poco da dire. Non so se ci siano nomadi nello Yuzrab, quindi l'ho buttata un po' lì a caso citando una tribù Tuareg ed un sedicente sciamano.

     
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  5. _MajinZ_
     
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    Dimitriy chinò nuovamente il capo, chiudendo a pugno la sua mano poggiata sul petto di Ariste. Il suo cuore non emetteva più nessun battito, il corpo era freddo e nessun alito di vita proveniva da esso. Il russo aveva fatto due promesse ed entrambe erano state spezzate... aveva promesso di salvare l’Oplite, ma aveva fallito. La sua promessa di far tornare insieme madre e figlia andò in frantumi... la promessa fatta a se stesso di ritrovare i suoi ricordi, era stata strappata via con brutalità. Era quello il massimo che poteva fare un semplice uomo? No, non voleva crederci... non poteva crederci.
    L’unica cosa che rimaneva all’assassino era un corpo, un corpo gelido da seppellire. Poteva dare al suo compagno solo una degna sepoltura, una mera consolazione per non averlo riportato indietro come aveva promesso. Però in quel momento qualcosa attirò l’attenzione del biondo, il quale tese le orecchie mentre osservava il volto del greco.
    « ...Si dice che tra la tribù nomade dei Kel Ajjer viva uno sciamano. Un tale Dayak. E pare che una volta abbia fatto ricrescere una mano mozzata ad un guerriero. Ci volevo passare per il braccio, ma un tentativo in più per il vostro...amico...potrei pure farlo. Magari le voci son vere...oppure son tutte balle. Di sicuro non vi posso dare rassicurazioni. Sono pur sempre storie. Questa è casa mia, conosco modi per muovermi rapido ed arrivare prima che il corpo inizi a marcire. »
    Esisteva quindi una possibilità? Dimitriy non era mai stato un individuo abituato a sperare, ma dopo aver ascoltato quelle parole e aver compreso che c’era una briciola di speranza, beh, anche lui iniziò a crederci e sperare per la prima volta nella buona sorte. Poteva anche essere un buco nell’acqua, ma il sicario non aveva nessuna intenzione di arrendersi senza prima aver provato ogni strada, ogni sentiero dove brillava la luce della speranza.
    Quando però lo sconosciuto terminò il suo discorso, il sorriso che si era formato sul suo volto scomparve, lasciando spazio a un cambiamento più che evidente. Il ghiaccio andò a posarsi sul viso del cantastorie, riconoscendo subito quello sguardo... quelli erano gli occhi di un assassino. L’Eversore si riconobbe in quell’espressione, non era l’unico ad aver ucciso un numero incalcolabile di persone con le sue stesse mani...
    « Ma se fossi in voi lascerei stare. Non mi sembra il caso di fidarsi di uno che ha lavorato per quelli che sono gli artefici di questo massacro, no? »
    Il consiglio dell’abitante del deserto non fece vacillare la sicurezza del russo, il quale si tirò su dalla sua posizione accucciata, stringendo poi con forza i pugni. Poteva essere una semplice leggenda quella, prima però voleva sincerarsene, anche perché lo stesso Talib aveva intenzione di recarsi li per farsi rigenerare il braccio, quindi doveva esserci per forza un fondamento di verità. Ma soprattutto, al giovane non importava che quello fosse uno spietato assassino... in quel momento gli serviva il suo aiuto.
    Portami da questo Dayak.
    Voglio aiutare Ariste, ho promesso.... e anche se sto chiedendo troppo, voglio aiutare anche quella bambina.
    Ricambierò il favore, puoi starne certo.

    Lo sguardo freddo del giovane Dimitriy era determinato, non vi erano dubbi in quei due occhi... gli serviva l’aiuto di quella persona e non si sarebbe mosso da li finché non avesse avuto una risposta positiva, anche a costo di usare la forza.

     
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    Talib dette in una sonora risata, ma ogni sua ilarità si spense con l’intervento del Russo,
    un’esternazione di gratitudine che suscitò un riflessivo sospiro nel cantastorie.


    «Penso che i ringraziamenti siano prematuri.»
    replicò, lasciando che Dimitry si rendesse conto da solo della condizione del Greco
    «Ho evitato che gli crollasse la casa addosso -e giusto perché quella bambina là mi ha avvertito prima che tirasse le cuoia-, ma quando l'ho preso stava già così. Direi che è un miracolo sia sopravvissuto tutta la notte con quelle ferite.»
    seguì un istante di silenzio, necessario all’Eversore per digerire la notizia; poi riprese
    «Che volete fare? Bruciarlo credo sia il metodo migliore. Non credo di potermi fidare a seppellire qualcuno nello Yuzrab. Girano brutte storie, sapete. E... siamo belli lontani da qualsiasi campo nomadi o cittadina.»
    assicurò, spiando le reazioni dei due sopravvissuti al crollo della Torre
    «Beh, visto che sono in debito di una storia facciamo che saldo la questione proponendovi una possibile alternativa. Si dice che tra la tribù nomade dei Kel Ajjer viva uno sciamano. Un tale Dayak. E pare che una volta abbia fatto ricrescere una mano mozzata ad un guerriero. Ci volevo passare per il braccio, ma un tentativo in più per il vostro...amico...potrei pure farlo. Magari le voci son vere...oppure son tutte balle. Di sicuro non vi posso dare rassicurazioni. Sono pur sempre storie. Questa è casa mia, conosco modi per muovermi rapido ed arrivare prima che il corpo inizi a marcire. »

    Reclinando da una parte il testone coronato dal crine blu cobalto, il corno aureo dell’Amal emise una scintilla azzurrina accompagnata da un pigro ronzio, e sebbene il suo immutabile sguardo vacuo mai l’avrebbe fatto trasparire, una perplessa delusione spinse un sopracciglio ad arcuarsi verso l’alto: non era granché, come storia, quella.

    Dopo la baraonda di cui era la Corona di Regalia stata vittima e testimone si sarebbe aspettato qualcosa di più avvincente e impressionante, ma -per quella che Kalia gli aveva spiegato essere delicatezza- preferì tacere quel pensiero; dopotutto, Talib non doveva essere più in forma di loro altri, quindi -cercando di far pratica con l’esercizio della tolleranza- si limitò a fissare il suo nuovo conoscente mentre il suo sguardo tornava simile a quello che aveva visto nella locanda.

    Una trasfigurazione che sarebbe stata probabilmente di impatto per un umano...

    ...o per chiunque avesse una qualche dimestichezza con le emozioni.

    «Ma se fossi in voi lascerei stare. Non mi sembra il caso di fidarsi di uno che ha lavorato per quelli che sono gli artefici di questo massacro, no?»

    « Forse, no... »
    assentì il Raitei con voce calma e profonda, prendendosi il mento in una mano

    Tuttavia, prima che il Demone delle Tempeste potesse terminare di esprimersi, la voce del Russo -che, dalle scelte che gli aveva visto compiere, Brifos aveva scoperto alquanto avventato- si sollevò dal capezzale del suo compagno ormai defunto per prendere la parola.

    Portami da questo Dayak.
    chiese con decisione, rivolgendosi a Talib
    Voglio aiutare Ariste, ho promesso.... e anche se sto chiedendo troppo, voglio aiutare anche quella bambina. Ricambierò il favore, puoi starne certo.

    « Se avessi bisogno di un guaritore, è ad Est che andrei. »
    esordì con calma, affiancandosi al Russo per esporgli una contro proposta
    « So per certo che i poteri della Dama Azzurra possono ricondurre i defunti alla vita, perché glielo ho già visto fare; tuttavia, poiché il trapasso è avvenuto all’interno di una realtà distorta, potrebbe volerci del tempo. »
    espose il gigante, fissando le iridi grigie come nubi in quelle del biondo
    « A conti fatti, le due possibilità si equivalgono, ma ad Est ci sarebbe un posto sicuro per le spoglie del tuo amico... e la garanzia che niente vi verrà richiesto in cambio. »

    Finito di parlare, rivolse la sua attenzione a Talib, rimbalzandolo lo sguardo dal suo viso al moncherino e poi di nuovo al volto; il corno emise un'altra scintilla mentre il Figlio della Tempesta incatenava lo sguardo a quello del cantastorie.

    « L’invito è valido anche per te. »

     
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  7. _MajinZ_
     
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    Dimitriy ormai aveva preso la sua decisione, ma proprio in quel momento, non appena il discorso del biondo ebbe termine, la voce profonda del gigante giunse alle orecchie del giovane. Ciò lo lasciò per qualche secondo interdetto, mentre lo sguardo andava nuovamente a posarsi sulle spoglie del povero Ariste, il quale non aveva potuto godere della vista dell’alba. Non poteva lasciarlo così... e soprattutto, se vi era una possibilità più concreta di riportarlo nel mondo dei vivi, beh, forse quella era la cosa più giusta da fare. Il problema era la lontananza con l’Est, ma forse era la proposta migliore.
    Il biondo aveva sentito parlare della Dama Azzurra, non sapeva molto, ma ciò che aveva compreso gli era bastato per scoprire la risma di quella donna. L’assassino si voltò così verso il gigante, puntando le sue iridi glaciali in quelle grigiastre dell’elettrico, infine sospirò. Restando per troppo tempo in quell’ambiente, il corpo dell’Oplite si sarebbe sicuramente deteriorato, in quel momento esso aveva solo bisogno di un posto sicuro per riposare in attesa della rinascita che, a giudicare dalle parole del blu, sembrava qualcosa di reale, non una fantasia per bambini.
    Non posso lasciare il suo corpo in balia degli elementi... e le tue parole mi sembrano sincere.
    In questo momento devo scegliere la via più sicura, quindi ti seguirò ad Est... e spero che la tua signora possa fare qualcosa anche per quella bimba.

    Concluse infine il russo, mentre si aggrappava a quella possibilità molto più certa e sicura di quella proposta dal cantastorie. Voleva mantenere a tutti i costi le promesse che aveva fatto, mettendo per il momento in disparte quella che aveva fatto a se stesso, i suoi ricordi potevano attendere... al momento voleva fare qualsiasi cosa per redimere la sua anima. La sentiva ancora più sporca e non voleva rimangiarsi le sue parole, avrebbe fatto il possibile per aiutare le persone a cui aveva promesso di salvare la vita.
    Per la prima volta nella sua breve esistenza, Dimitriy voleva fare qualcosa per gli altri, qualcosa che non fosse un semplice omicidio, ma un gesto sincero per qualcuno che voleva veramente salvare. Così prese la sua decisione, senza alcun ripensamento... l’aveva già detto, ma questa era davvero la sua decisione finale, una decisione piena di speranza.

     
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    Alla risposta del russo, Talib sgrana gli occhi. Tutto avrebbe pensato tranne che finissero per fidarsi così ciecamente. Disperati forse, ma incauti mai. «Mi chiedo come tu sia sopravvissuto, ragazzo...» E nessuna considerazione sul suo “schieramento”. «...avventato e dal cuore fin troppo tenero.»

    «Mi dispiace.»
    sussurra con un imbarazzo fuori luogo persino per lui. «Per metodi rapidi intendo metodi davvero rapidi. Una zavorra me la posso permettere, ma due no. O uno o l'altro. I favori non centrano nulla.»

    Annuisce invece alle parole del Raitei, quasi ci trovasse un pensiero più affine al suo. «La Dama Azzurra. Beh, si, famosa è famosa.» risponde grattandosi pensieroso il mento. «Ma nell'Est dubito di essere il benvenuto. A molti non sono andati a genio i miei ultimi lavori. Anche se si dice che guarisca persino la gente come me...» Sbuffa sonoramente, valutando attentamente le due ipotesi.

    Infine proclama la sua sentenza. «Invito allettante, ma direi che siamo ben lontani dall'Est. Come pensavi di arrivarci, volando? E te, biondo? Lo vuoi seguire attraversando lo Yuzrab nelle tue condizioni?» E sorride con un fare tra il canzonatorio ed il rassegnato.
     
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  9. _MajinZ_
     
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    Ad un primo sguardo Dimitriy poteva sembrare uno sprovveduto, una persona che si fidava del prossimo senza mai dubitare della gentilezza offerta... ma tutto ciò era solo apparenza. Il motivo principale per cui si stava comportando in quel modo, alla fine, era per una pura e semplice promessa. Aveva già macchiato diverse volte il suo onore, ma per una volta aveva intenzione di rispettare la parola data e per far ciò doveva mettere al primo posto gli altri, lasciando per un attimo la ragione da parte.
    Non fraintendere... lo faccio solo per mantenere la promessa.
    Disse infine il biondo con un tono piatto, studiando ancora una volta la situazione. Purtroppo non riusciva mai a lasciarsi andare completamente, ma forse era meglio così: in un mondo come quello era sempre meglio restare allerta, infatti basava poco per cadere intrappola e accorgersene prima era fondamentale per evitare cose molto peggiori. Apprende la notizia che era impossibile per lui salvare anche la bimba, beh, il biondo venne pervaso da un certa tristezza... non era riuscito a salvare quella bambina e la madre aveva trovato un cadavere al posto degli occhi dolci della piccola. Si sentiva quasi in colpa per quella situazione, e proprio per quel motivo voleva fare qualcosa anche per loro.
    Il russo si lasciò sfuggire un sospiro, restando ancora in silenzio mentre udiva le parole di Talib. Come era prevedibile, infatti, lo sconosciuto declinò l’offerta di unirsi a loro per andare ad Est e infondo quelle motivazioni potevano essere valide anche per il biondo. Comunque ben presto i problemi del loro piano vennero fuori e le parole pronunciate dal desertico fecero quasi aprire gli occhi al sicario, il quale osservò per un attimo il corpo dell’Oplite... e arrivare fino al presidio Est in quelle condizioni, era un po’ come gettarsi da un dirupo: in un deserto come quello significava morte certa. Dimitriy sollevò per un attimo gli occhi al cielo, per poi tornare a fissare Talib negli occhi.
    Io verrò con te al villaggio dei nomadi... Brifos invece porterà ad Est la bambina.
    Mi pare l’unico modo possibile per salvare entrambi, anche perché... non credo di riuscire ad attraversare il deserto in queste condizioni.
    Però il mio dovere è salvare prima Ariste.

    Concluse infine il naufrago, in attesa di sapere cosa ne pensassero gli altri del loro piano, ben sapendo che con quel caldo ogni minuto perso a parlare poteva risultare fatale per i corpi, non potevano permettere che si deteriorassero, dovevano agire in fretta se volevano riuscire a far tornare le cose al loro posto, se non totalmente almeno in parte.

     
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    «Mi chiedo come tu sia sopravvissuto, ragazzo... avventato e dal cuore fin troppo tenero.»
    fu il commento sorpreso del Cantastorie, cui seguì una più imbarazzata confessione
    «Mi dispiace. Per metodi rapidi intendo metodi davvero rapidi.
    Una zavorra me la posso permettere, ma due no. O uno o l'altro. I favori non centrano nulla.»


    Non fraintendere... lo faccio solo per mantenere la promessa.
    ribatté Dimitry con uno stanco sospiro

    Mentre il Russo si prendeva del tempo per pensare bene alle possibilità, Talib volse lo sguardo verso il Demone delle Tempeste, muovendo un lieve cenno di assenso e soppesando l’offerta che gli era stata posta.

    «La Dama Azzurra. Beh, si, famosa è famosa. »
    replicò, grattandosi pensosamente il mento con l’unica mano rimastagli
    «Ma nell'Est dubito di essere il benvenuto. A molti non sono andati a genio i miei ultimi lavori. Anche se si dice che guarisca persino la gente come me...»

    In silente attesa, il gigante dai capelli blu si limitò a fissarlo con una certa aspettativa negli occhi grigi: gli sarebbe piaciuto mostrare Palanthas a Talib; dopotutto, se si eccettuavano i Saggi e la Famiglia, non gli capitava spesso di trovare qualcuno che potesse apprezzare i libri di storie quanto lui...

    «Invito allettante, ma direi che siamo ben lontani dall'Est.
    Come pensavi di arrivarci, volando?»


    ...così, quando il suo nuovo amico declinò l’invito, una pigra scintilla delusa crepitò lungo il corno dorato; ad ogni modo, gli era stata fatta una domanda, e -vista la poca dimestichezza che aveva a distinguere l’ironia dalle altre sfumature emotive- Brifos schiuse le labbra per rispondere, ma Talib non gliene diede il tempo, perché le sue attenzioni si erano già rivolte al Dimitry.

    «E te, biondo? Lo vuoi seguire attraversando lo Yuzrab nelle tue condizioni?»

    Seguì un istante di silenzio, poi l’Eversore prese la parola.

    Io verrò con te al villaggio dei nomadi... Brifos invece porterà ad Est la bambina.
    annunciò il Ningen, esponendo il suo pensiero
    Mi pare l’unico modo possibile per salvare entrambi, anche perché... non credo di riuscire ad attraversare il deserto in queste condizioni. Però il mio dovere è salvare prima Ariste.

    Senza aggiungere null’altro che il crepitio di una nuova scintilla lungo il corno che gli sormontava il capo, il Raitei volse prima lo sguardo al Cantastorie e scrollò le spalle -magari sarebbe stato per un’altra volta...-, poi posò gli occhi in quelli dell’Assassino ed annuì.

    Fluttuando ad una spanna dal suolo -per non gravare sulla gamba ferita- si diresse verso la donna-gatto e la bambina, e dopo aver conferito e promesso una speranza alla madre prese in consegna la figlia; gettò poi un ultimo sguardo a quelli che erano i suoi compagni in quell’avventura, piegò la schiena in un lieve inchino di commiato, e al comando di quella piccola scorta prese congedo.

     
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    «Dovere, dovere.» sventaglia la mano come a voler cacciare via un cattivo odore. «Ci frega sempre il dovere. E a proposito di dovere...» Sorride, poi fruga in tasca ed estrae quella che sembra una piccola biglia nera. «Ognuno ha un concetto di dovere diverso. Noi mercenari, per esempio, consideriamo dovere il terminare la missione assegnata. Anche perché poi nessuno assolderebbe uno che non termina le missioni.» Giochicchia con la biglia, passandosela tra le dita. «Raduna coloro che hanno scalato la torre e poi getta a terra questa perla.» La voce è stridula, quasi fosse una parodia malriuscita. «Certo, ci avessero anche detto che la percentuale di sopravvivere sarebbe stata quasi nulla magari avrei rifiutato. Ma ormai...» Lo sguardo incrocia quello del biondo. «...non resta che il dovere.»

    Lascia di colpo la presa e la biglia cade.
    Scariche elettriche scuotono la sabbia mentre l'artefatto viene inghiottito dal terreno.
    Poi il silenzio.


    La sabbia si alza e si gonfia.
    Si stabilizza in una forma vagamente umanoide.

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    Talib scuote la testa rassegnato. «Ma che simpaticone!» Poi, senza pensarci due volte sciocca le dita ed una frusta di fuoco decapita il costrutto. «Se vuole finire il lavoro venisse di persona quel damerino da strapazzo.» Sbuffa spazientito. «A quanto pare anche questa era una fregatura. Mi spiace. Ora possia...»

    OBIETTIVI RICONOSCIUTI
    Una voce metallica proveniente chissà da dove.
    SOGGETTO 1 BRIFOS
    Il mercenario si guarda intorno, cercando di cogliere l'origine della voce.
    SOGGETTO 2 DIMITRIY KOZLOV
    La testa del golem di sabbia si rigenera.
    ACCESSO ALL'ARCHIVIO 3 CONSENTITO
    PROIEZIONE DEL DOCUMENTO 45 IN CORSO


    Il golem porta entrambe le braccia in avanti, ponendo le mani a formare una conca. Linee luminose danzano nell'aria intrecciandosi e dando vita ad un volto. Un uomo, con indosso un tricorno ed una parrucca, il cui volto è celato da una maschera di fattezze indonesiane.

    «Prestate orecchio, voi che più di ogni altro io amo.» La voce è gracchiante. «Voi che avete assistito ad una forza pari a quella di un Dio, volete ancora combattere? Volete riavere indietro ciò che avete perso?»

    Liberissimi di colpire il golem anche voi (come reazione alla sua creazione o semplicemente come attacco). Purtroppo non sembra sortire alcun effetto (lo trapassate, lo tagliuzzate, etc. ma poi si rigenera).
     
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  12. _MajinZ_
     
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    Dar torto alle parole di Talib era praticamente impossibile, Dimitriy aveva un concetto molto simile per quanto riguardava il dovere... un tempo doveva terminare le missioni per salire in quella graduatoria fissata dall’Organizzazione, infatti solo i migliori potevano restare, gli altri... beh, semplicemente sparivano. Quindi era un suo preciso dovere portare a termine i compiti assegnati, ma in quel momento era tutto diverso. L’assassino aveva il preciso dovere di riportare indietro Ariste, per se ma anche e soprattutto per la Gilda: gli Eversori non potevano perdere uno dei loro Gerarchi e quel giorno, in mezzo al deserto, il sicario non poteva lasciare l’Oplite a marcire. Doveva fare qualsiasi cosa in suo potere, ed era un suo dovere dare il massimo per salvarlo.
    Lo sguardo glaciale del russo si posò, incuriosito, sul mercenario, il quale aveva preso a frugarsi nelle tasche e dopo poco ne estrasse una biglia completamente nera, iniziando a passarsela tra le dita. Poi iniziò a parlare di quale fosse il suo compito, incrociando lo sguardo del biondo mentre finiva di parlare e infine lasciò cadere la biglia al suolo. Non appena l’oggetto cadde sulla sabbia, diverse scariche elettriche dipartirono da esso mentre viene inghiottito dal terreno... e dopo qualche attimo di silenzio, la sabbia si mosse, gonfiandosi per dare forma a una figura vagamente umanoide. E quel giorno Dimitriy ne aveva visto fin troppe di esseri antropomorfi, iniziava veramente a seccarsi.
    Istintivamente l’Eversore si fece indietro, mettendosi in una posizione di guardia per poi fissare insospettito quel coso... era troppo stanco, non sarebbe riuscito a combattere, ma per fortuna la frusta di fiamme di Talib tagliò via la testa a quell’essere... il quale non ne risentì molto. Una voce metallica, infatti, conobbe subito sia il gigante che il biondo. Quel costrutto sembrava quasi funzionare come un archivio dati, anche se era impossibile capire come facesse. Infine l’essere sabbioso portò le mani in avanti e in quel momento i sensi dell’assassino erano tesi al massimo, pronti al peggio, quando invece diverse linee luminose danzano all’interno di una conca sabbiosa, dando infine vita a un volto. Il volto di un uomo con indosso una parrucca e una maschera dalle fattezze orientali.
    «Prestate orecchio, voi che più di ogni altro io amo. Voi che avete assistito ad una forza pari a quella di un Dio, volete ancora combattere? Volete riavere indietro ciò che avete perso?»
    La voce del tizio era gracchiante, forse a causa della strana trasmissione, però quella persona sapeva bene cosa era accaduto li, anche se il suo modo di parlare non piaceva affatto a Dimitriy. Le sue domande, però, fecero diventare lo sguardo del ragazzo un po’ più sicuro: rivoleva ciò che aveva perso, desiderava ardentemente riappropriarsi dei suoi ricordi.
    Io... voglio vendetta.
    Gli occhi dell’assassino si assottigliarono, diventando due fessure da cui si poteva vedere solo uno spiraglio di ghiaccio.
    Ma tu chi sei?
    Domandò infine, osservando per un attimo gli altri compari, magari loro sapevano chi fosse quel tizio... soprattutto Talib.

     
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    Ci volle qualche istante perché le iridi di ardesia rilevassero una qualche reazione, ma non appena il significato delle poche parole del Raitei venne assimilato, la donna-gatto inghiottì il suo ultimo singhiozzo e sollevò gli occhi vitrei verso i suoi -non certo più espressivi-, cercando di trarre una qualche forza dalla notizia di una speranza concreta; il gigante, si limitò a fissarla di rimando -senza empatia- tendendole la mano per aiutarla a rialzarsi.

    Effettivamente, se il nome dell’Alfiere dell’Est e la fama dei suoi miracoli non fossero stati così noti, probabilmente la madre a lutto non gli avrebbe dato minimamente retta, e mai avrebbe accettato di attraversare l’oscuro squarcio nelle dimensioni che era stato aperto per lei, ma... mentre la donna si risollevava dalle rovine dove si era accasciata nel dolore, stringendo il corpo esanime di sua figlia, accadde qualcos’altro, qualcosa di inaspettato e -tanto per cambiare l’andamento di quell’avventura-
    assolutamente insensato.

    Vista la distanza presa dall’Eversore e dal Cantastorie, e l’opera di convincimento in cui si era impegnato -comunque al meglio delle sue limitate possibilità-, al Demone delle Tempeste era del tutto sfuggito il monologo di Talib sull’etica professionale, ma quando le scariche elettriche cominciarono a crepitare dalla sabbia in quei dintorni, lo sguardo bigio dell’Amal si proiettò in quella direzione, e una crepitante scintilla azzurrina risalì il corno aureo.

    Ci fu un intervallo di silenzio, in cui il gigante si mise davanti alla donna-gatto per coprirle la fuga; poi, la rena si sollevò per acquistare le sembianze di una sorta di golem o elementale, e mentre il Menestrello mercenario richiamava una frusta di fuoco per cercare inutilmente di porre fine all’esistenza del costrutto, il gigante si volse indietro senza una parola e spinse la madre -e la salma che stringeva- oltre la soglia: la ferita nel paesaggio si richiuse, svanendo come un miraggio.


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    Il mercenario si guarda intorno, cercando di cogliere l'origine della voce.
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    La testa del golem di sabbia si rigenera.
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    PROIEZIONE DEL DOCUMENTO 45 IN CORSO


    Incrociando le braccia sul petto, il Raitei inclinò il testone cornuto da una parte, lasciò sibilare una scintilla perplessa sulla sua lunghezza dorata, e -sbattendo le palpebre- con un’espressione vagamente scettica rimase in ascolto, e in attesa di scoprire quel che l’ologramma dell’uomo in maschera -appena proiettato dall’essere di sabbia- avesse da dire.

    «Prestate orecchio, voi che più di ogni altro io amo.»
    ...un messaggio personale indirizzato a Talib?
    «Voi che avete assistito ad una forza pari a quella di un Dio, volete ancora combattere?
    Volete riavere indietro ciò che avete perso?»


    « ... »
    in silenzio, inarcò un sopracciglio

     
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    Alle parole del russo Talib scuote la testa. Doloroso ammetterlo ma neanche lui ci stava capendo qualcosa. «E' così importante un nome?» Il tono sembra divertito. O è solo per via di quel sorriso di scherno stampato sul volto? «Sono solo un umile benefattore, uno che vi ama e che intende preservare questo piano. Già, preservare. Perché tra poche ore, quando lui si desterà, esigerà la sua risposta e marcerà su Rivenore per ottenerla con le cattive. E neanche io, uno tra i più potenti Diogene, potrei riuscire a fermarlo. Forse un altro Dio, forse qualcuno che conoscete o forse lo stesso Aeon, ma chiunque sia dubito ci possa riuscire senza distruggere buona parte di Endlos. E perciò convengo che prevenire sia meglio che curare.»

    Tra i presenti, sicuramente quello meno convinto rimane il monco, che ha già subodorato la fregatura prima che si palesasse. «Si, certo.» si intromette trattenendo una risata. «Affidiamoci allo sconosciuto che ha organizzato un massacro. Pare il discorso di uno che mi sta per chiedere un prestito sapendo di poterlo restituire. Belle parole, ma le prove quali sono?» L'immagine ride di gusto. Una risata sporca e viscida. «Non ci sono.» risponde, riguadagnata la compostezza. «Si potrebbero avere, ma in quel caso sarà troppo tardi. E che loro siano potenti lo avete comunque provato sulla vostra pelle. Per loro non siete che scarafaggi, ma non per questo hanno intenzione di sottovalutarvi. Mi sembra giusto che non vogliano grane. Perciò, se avete pensato di andarci da soli lassù, mi spiace darvi questa brutta notizia. Non ci arrivereste neanche con l'aiuto della tecnologia o dei maghi più potenti che potete convincere in questo lasso di tempo.»

    SKY ROAD INITIALIZATION

    «Volete salire in cielo? Volete vendicarvi? Volete riprendere ciò che vi è stato sottratto? Io vi posso offrire un mezzo per arrivare. Un mezzo a cui loro non hanno pensato. Un mezzo solo per voi due.»

    PENDING AUTHORIZATION
    ...

    «Ovviamente non farò nulla senza il vostro consenso. Volete andare? Basta un “Confermo” pronunciato da entrambi. Ma come tutti i regali è a tempo limitato. Cinque minuti, per l'esattezza. Una volta passati non sarò più in grado di portarvi su Gradia. Il tempo scorre.»
     
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    Dimitriy non ricevette una risposta, anzi, alla sua domanda quella voce gracchiante rispose con un’altra domanda. L’immagine si definì un semplice benefattore, una persona a cui stava a cuore il destino di Endlos... eppure quel tizio, agli occhi del russo, diventava sempre meno affidabile, una di quelle persone con cui era meglio non avere nulla a che fare. Ormai era palese che in quel luogo fosse successo qualcosa di molto importante, ma chi poteva confermare ai presenti che quelle parole fossero alla fine vere? Non vi era nessuna certezza, potevano essere benissimo delle frottole inventate al momento. Il biondo osservò per qualche istante quell’immagine, volgendo lo sguardo verso Talib proprio mentre trattenendo una risata, questi rispondeva alle parole dello sconosciuto.
    Il monco sembrava avere gli stessi sospetti dell’assassino, nemmeno lui si fidava soprattutto perché mancavano delle cose fondamentali... come delle prove. A quella richiesta l’immagine rise in modo viscido, negando la presenza di prove e giustificandosi con la scusa del tempo ridotto. Eppure in qualche modo aveva ragione: per un umano era impossibile librarsi nel cielo, quindi senza quell’aiuto non poteva riprendersi ciò che gli era stato rubato. Ma il sicario non poteva prendere quella decisione alla leggera, infatti benché bastasse una semplice parola, non si sarebbe mai perdonato il fatto di aver lasciato Ariste al suo destino... però quella poteva essere l’unica occasione per riappropriarsi dei suoi ricordi e avere la sua vendetta.
    Che poteva fare? Agire per se o per gli altri? Proteggere quel mondo o proteggere un suo amico, un suo compagno?
    Tante domande a cui rispondere e nessuna certezza... il desiderio di accettare quella proposta, però, si faceva sempre più prepotente e non poteva di certo perdere quell’occasione. Il biondo strinse con forza i pugni, posando il ghiaccio dei suoi occhi sulla salma dell’Oplite, portandoli quindi in direzione dell’abitante del deserto, soffermandosi sul suo braccio ormai monco.
    Io non posso restare qui.
    Te lo chiedo... per favore. Porta Ariste a quel villaggio, se lo farai potrai chiedermi qualsiasi paga: non te la negherò.

    Nello stesso istante il naufrago si voltò, osservando nuovamente quel viso disegnato. Doveva solo pronunciare una parola, una singola parola per raggiungere quel luogo... agendo in un modo così egoista, ma che forse il greco avrebbe approvato... forse.
    Confermo.
    Dimitriy pronunciò infine quella parola, sentendosi un verme della peggior specie. Però i ricordi erano la cosa più importante e, che fossero belli o brutti, lui li rivoleva indietro e l’unico modo per farlo era raggiungere il cielo, raggiungere Gradia.

     
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