La Radice del Mondo

Capitolo Primo

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  1. Hýbris
     
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    La 'mela' è solo una scusa.

    Il 'senso di colpa' si è sempre nascosto bene, salvaguardato grazie alle menzogne dei ministri della fede, pronto a smuovere l'animo e incutere timore. Anche e soprattutto da tenera età.

    Nella favoletta del 'peccato originale', mi dispiace, tutti siamo attori non protagonisti e comparse. Alcuni hanno ruoli migliori di altri, perché alle audizioni non hanno risentito dell'emozione, sorretti da un carattere audace e dominante, o magari hanno usufruito di qualche comoda raccomandazione. E questi sono i peggiori, e lo sappiamo bene.

    Religioni fondate su un gesto, una azione, dove l'attenzione è ghermita tutta dal punctum di Barthes, più che dal suo studium. Il contesto è solo un fondale di cartapesta, che deve fungere da artigiana scenografia e poco altro. Al termine dello spettacolo nessuno più si cura di lui.

    Eppure... se l'attore è manchevole, l'occhio mira oltre e allora ci accorgiamo di lui, ne analizziamo le cromie, la materia di cui è composto, la profondità e la tridimensionalità. La resa visiva ed emozionale.

    La forma che assume.
    La forma che assume è quella di un albero.

    Non un albero comune.

    Nessun albero è mai comune. O scontato.

    Gli alberi sono le entità che più di tutte legano il cielo alla terra: sfiorano e abbracciano nello stesso istante. E se la carezza è eterea, sottile e delicata, la forza con cui si lega e sorregge è inaudita, senza fine.

    Noi, però, di un albero vediamo tutto — la corteccia, i rami, le foglie, i fiori o i frutti, come nel caso della 'mela' — tranne le radici: mani contorte che si spingono sempre più a fondo, ravvolte l'una sull'altra, che s'avvinghiano con sassi e humus.

    Sul ramo maturò la 'mela'.
    Dalla 'mela' nacque il peccato.

    Possibile però che dalle radici di quell'albero... nulla si generò?

    Ma questa è un'altra storia.

    È proprio questa la storia che ho intenzione di raccontare...


    […]

    CITAZIONE
    Il background nella forma più chiara e spero meno prolissa possibile lo riporterò nella scheda, ma ritrovandosi in un mondo e in un tempo totalmente differenti da quelli in cui è nato, serve a poco conoscere qualcosa del suo passato.

    La pelle ribolle, ustioni si estendono su gran parte del corpo. Si notano meno perché la pelle è scura, un colorito tendente all'ebano, con un pizzico di giallo e magenta in più, in grado di virarlo più su una terra bruciata che la nera pece.

    È rachitico e denutrito. Le vertebre sono esposte, e ben visibili, così come le articolazioni principali, tutta la struttura della clavicola, la gabbia toracica e il cranio.

    Eppure... è in piedi, il capo è chino su stesso. Il respiro è profondo e portato con la sola bocca. L'aria viene tirata dentro rapida, a strappi e vien gettata fuori in maniera viscerale, stanca, rassegnata.

    Un arbusto giovane, ma in crisi. E forse non solo fisica, per trovarsi laggiù.

    Le dita come su un pianoforte battono sulle cosce una serie sterminata di accordi, le ginocchia sono sensibilmente incurvate all'interno, spossate.

    È nudo, ma ciò non può turbarci più di tanto, soprattutto se allarghiamo l'inquadratura ed iniziamo a dare spazio al contesto in cui egli si trova: una sporgenza rocciosa, poco più ampia di due metri quadrati, che s'affaccia su un lago di magma incandescente.

    Siamo nella gola di un vulcano.

    La luce e il calore sprigionati non sembrano infastidirlo. Lo sguardo è spento: la pupilla è persa nell'iride, impossibile distinguere l'una o l'altra. Solo la sclera lattescente definisce la forma degli occhi, intensamente vuoti.

    Lapilli arroventati schizzano verso l'alto e ricadono tracciando scie meravigliose, bolle magmatiche esplodono soffocando su se stesse, fumi nerastri salgono verso le labbra del cratere, che distano almeno un quarto di miglio.
    Polveri e fuliggine riempiono la scena, mentre l'astante perento attende in silenzio... qualcosa o qualcuno.

    Che lo svegli.

    CITAZIONE
    Posterò una seconda volta per descrivere il risveglio e l'uscita dal vulcano, perché è palesemente improbabile che dei Teeka si possano accorgere di una presenza del genere, nelle profondità di un vulcano, quindi se ti interessa fare un intervento introduttivo fa pure, ma qualunque tipo di incontro avverrà intorno alle pendici di Pietravuota. Sei d'accordo? Rispondimi pure in privato.

    Licenza Creative Commons
    Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.

    Edited by Hýbris - 16/5/2013, 19:41
     
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  2. Hýbris
     
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    Da qualche parte nello spazio.
    In un qualche istante del tempo.


    Lei ha i capelli ricci, foltissimi, e il più bel sorriso a cui abbia mai risposto. Indossa un vestitino rosa che risalta la carnagione scura. La pelle è liscia e la luce del sole si diffonde omogenea sui polpacci e le spalle. Ai piedi porta dei sandali di legno con delle fibbie in pelle.
    Stringe tra le dita dei semplici fiori di campo e lì fissa con quegli occhi luminosi e liquidi, che tanta bontà sprigionano ogni volta che li si incrocia in uno sguardo.

    Con le mani dietro la nuca e le gambe distese mi godo la brezza che spira da oriente, che smuove le fronde e frastaglia la luce proveniente dall'unica stella presente. Un mosaico in perpetuo divenire definisce uno scenario d'altri tempi, una coreografia maestosa coinvolge cento e più danzatori.

    — Guarda, guarda, guarda!

    — Eh?

    Il viso è contratto, le labbra si restringono ad un bottoncino, gli occhi si incrociano all'interno e le sopracciglia si inarcano sulla fronte. Con l'indice della mano sinistra indirizza il mio sguardo, che s'accende perché proprio sulla punta di quel dolce nasino si è appena posata una farfalla, con una splendida colorazione variopinta, viola e arancio. Batte le ali fino ad assestarsi, poi le distende per darci modo d'amminare quel piccolo capolavoro pittorico, infine le chiude e con le antenne cerca di orientarsi.

    Spalanca la labbra e sorride, e io la amo tantissimo quando lo fa.

    Ancora qualche istante e la farfalla vola via, in verticale verso la chioma della quercia antica. I nostri sguardi la seguono finché non scompare nel contrasto dell'ombra. Restiamo per poco attoniti e silenti. Infine lei rompe gli indugi.

    — È la prima che vedo da quando siamo arrivati. A proposito, tu non dovresti andare?

    Distolgo lo sguardo dalla chioma e lo porto verso l'orizzonte, sfumato e imperfetto. Indecifrabile.

    — Già, è quasi ora.

    — Sei ancora arrabbiato?

    — Non credo di esserlo mai stato.

    — Sei stato in silenzio per tanto tempo, da solo.

    — Tanto tempo per chi?

    — Sai a cosa mi riferisco. Lo hai lasciato laggiù e senza un vero motivo. Potrebbero arrabbiarsi molto.

    — Che lo facciano. Sono pronto.

    — Sei in collera e non te ne accorgi. Come possono fidarsi di te se li respingi ogni volta?

    — È meglio che io vada. Detesto quando litighiamo.

    — Stiamo solo parlando. Devi assolutamente incontrarlo e chiedergli aiuto. Capirà.

    — L'ultima volta si è dimostrato più superficiale del previsto.

    — Hai fatto credere a loro tutti che avresti distrutto ogni cosa. Lui si è dovuto schierare dalla parte di coloro che non sanno. Ha dimostrato lealtà in questo. Devi incontrarlo e insieme dovete recuperare l'ultimo pezzo, o saranno guai.

    Sospiro nervoso, faccio passare qualche istante ancora, poi lentamente mi alzo sulle ginocchia e poi in piedi. Mi sgranchisco la schiena e faccio scrocchiare il collo un paio di volte.

    — Prendi.

    Si fruga nelle tasche del vestito rosa e ne tira fuori un piccolo pacchetto fatto di garze marroni. Il contenuto è noto ad entrambi.

    — Solo una volta.

    Nonostante lei sia mia sorella, nonostante io la ami più di ogni altra cosa, i nostri segni reciproci di affetto si sono sempre limitati a qualche sorriso o sguardo.

    Qualsiasi contatto fisico diretto, come un abbraccio, un bacio sulla guancia, una mano stretta al petto, o anche uno schiaffo, è proibito da sempre. Così è stato e così sempre sarà.

    Cammino, inizio a camminare e in pochi istanti quell'orizzontale indefinito e lontanissimo è già sotto i miei piedi. Non ci sono più. Non sono più lì.

    CITAZIONE
    Con sommo ritardo riesco finalmente a postare una delle due scene. Il prossimo spero di farlo a giorni. Poi ti darò il via libera.

    Licenza Creative Commons
    Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.

    Edited by Hýbris - 19/5/2013, 01:04
     
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