Oracoli Onirici

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    Sebbene solo in forma di spirito, percorse in silenzio i sentieri segreti del bosco di Fanedell, seguendo con fiducia la marcia di uno splendido pavone argenteo, che -per via dell'iridescenza che lo circondava- ella sapeva essere uno degli animali sottoposti ad Amarth...

    Il bisogno di vederlo si intrecciava alla consapevolezza che ogni Arcano sviluppa quando calca le familiari lande del sogno, e mentre attorno a lei le foglie cadevano lente dalle svettanti chiome dorate -aleggiando nell'aria immota come pensieri persistenti, e ad ogni passo che compiva scricchiolavano sotto le suole delle sue scarpette e mormoravano fruscii contro l'orlo dell'abito lungo- gli occhi blu scivolavano tra i tronchi degli alberi, alla ricerca di un segno.


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    « . . . »

    Il suo errare la condusse così ad una piccola radura, e quando si guardò intorno per ispezionarne i contorni, il suo sguardo di zaffiro scorse con dolore la presenza di quattro sepolcri di cristallo; il fatto che la bestia sacra allo Zero si fosse dileguata le fece capire che ora si trovava dove doveva essere... e mentre con passi misurati e solenni si avvicinava ad uno dei feretri, per contemplare al di là del freddo abbraccio della gemma il volto del suo occupante, Kalia attese che il Destino si rivelasse.

     
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  2. L'Ordine
     
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    Il triste cimitero giaceva ormai muto, né l'erba cresceva sul vitreo sepolcro: un cerchio intoccato dal tempo, al punto che non poteva essere detto da quanto tempo esistesse. Non v'era neppure il soffio di una voce, né il verso di animali, né il canto della natura. Stanchi delle lunghe fatiche, i Quattro Vascelli vivevano la morte che era scesa in loro, sgravati come furono del Potere che ne aveva corroso l'animo e stravolto il cuore.
    E l'Alfiere stava lì, a guardare il tempo che non passava sulle carni di quelli, né sul prato dove caddero silenziosi: lei, unica che vivesse e che avesse parola, una presenza radiosa e bella, alla quale ogni cosa si mostra cortese e le rende grazie, le più dovute e Giuste. Ma al cospetto dei Sepolcri non vi era potere che ne piegasse la Sorte, se non la Sorte stessa, sicché per qualche tempo la Dama non ebbe alcun segno che la richiesta sua fosse stata esaudita, né che il suo Volere, quella volta, coincise col Dovere dell'Ordine.

    -Qui Sirrah ha condotto il tuo spirito, e quello ha condotto me.-

    Una voce ruppe il silenzio mortale, una voce che alle orecchie del mondo era nuova, e pure tanto antica che la terra la ricordava, quando questa era ancora fresca e giovane, sì da schiudersi in mille loti, e dove prima si vedeva un prato, ora si stava a galleggiare su di una pozza dove i fiori del Destino danzavano, e su quello più grande di tutti, argenteo e santo, s'innalzavano i tristi sepolcri.
    Ma la voce aveva corpo, e quando cominciò a parlare a Kalia prese forma da una nebbia come iride, svelandosi solo alla fine in una figura che era comparsa accanto all'Arcano: un giovane, era. Lunghi i capelli d'argento, e gli occhi chiusi nei pensieri; indosso un'armatura che scintillava di sole, e pure non bruciava la vista. Anche questa era d'argento, e vi danzavano i colori come le onde del mare in un andare sereno. Ciò che di lui suonava familiare, era il tono con il quale si era rivolto alla Dama Azzurra, calmo e quasi freddo, una voce che, nel dire, soppesava parole e pensieri.
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    -Perché affliggi il tuo sguardo con quattro cadaveri?-
    Chiese, e s'era fatto più amichevole, e quasi pensieroso
    -Non ti parleranno, né torneranno a vivere, qualunque arte intenda praticare: non c'è più vita dentro i sepolcri, né un'anima dormiente: non sono più ciò che furono, né ciò che poi divennero.
    Sono ossa e carni silenziose.
    -

    Aveva raccontato quel pensiero con parole malinconiche, e benché egli avesse un tono ancora severo, la voce non era imperiosa, ma dolce e triste, come un bel ricordo che sbiadisca, od un mesto autunno. Forse ciò per cui la Dama venne s'era invero mostrato, o forse quello era solo da doversi chiamare sogno, oppure ancora l'artificio di chi non avesse altro divertimento che turbare i cuori dei viaggiatori.
    Ad ogni modo, quello ancora non apriva gli occhi, né aveva rivolto la testa o le palpebre chiuse verso l'Alfiere ma, standole accanto, rivolgeva l'attenzione al loto centrale e alle teche sopra di esso.

     
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    -Qui Sirrah ha condotto il tuo spirito, e quello ha condotto me.-

    La voce familiare del Celebliant risuonò nello spazio atemporale della radura, richiamando istantaneamente l'attenzione della fanciulla celeste; voltandosi per ricercarne la fonte, ella scorse con gli occhi di zaffiro la sostanza prendere forma dal pensiero, e un sorriso mesto le incurvò le belle labbra rosse come petali di fiore davanti a ciò che vide: al suo fianco si ergeva ora un giovanotto dai lunghi capelli d'argento, vestito di un'armatura dello stesso colore, che pure brillava dell'iridescenza dell'arcobaleno.

    E se pure quel viso le era sconosciuto, da qualche parte nel suo cuore

    Kalia seppe che quello era Amarth.

    -Perché affliggi il tuo sguardo con quattro cadaveri?
    Non ti parleranno, né torneranno a vivere, qualunque arte intenda praticare...
    -
    le chiese il cavaliere, continuando a tenere gli occhi chiusi
    -Non c'è più vita dentro i sepolcri, né un'anima dormiente:
    non sono più ciò che furono, né ciò che poi divennero. Sono ossa e carni silenziose.
    -

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    « Perché, mi chiedete...?
    Immagino sia perché mi mancano, perché mi erano molto cari... »

    mormorò dolcemente la Dama, ripercorrendo mestamente i lineamenti del Primo al di là del cristallo
    « ...e mi addolora il fatto di non aver potuto far nulla per alleviare
    o anche solo comprendere i loro tormenti... »

     
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  4. L'Ordine
     
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    -Purtroppo, Dama Azzurra, non sarebbe stato in tuo potere, né essi l'avrebbero permesso.-

    Aprì gli occhi, e svelò ciò che questi nascondevano: mille colori danzanti nell'iride argentea. Lo sguardo del cavaliere cercò Kalia, sorridendole di una nostalgia benedetta, come a volerla rinfrancare. Chiunque l'avesse osservato, benché questi assomigliasse allo Zero, avrebbe notato quanto ne differisse per carattere, quello austero e saccente, questo accorto e dolce. E infatti volle prendere la mano di lei, e scaldarla alla sua, in un tocco che l'Alfiere poteva dire familiare.

    -Non vi era figura, per quelli, più importante di te, Alfiere dell'Est. Nessuno osò parole contrarie, né mai evitarono di portarti in gloria. Se scelsero questa morte silenziosa, è perché preferirono lasciare il ricordo di loro quando ancora avevano potere, e non ombre consumate dal mondo. Avresti sofferto di più, essi credettero, se avessero mostrato quel malessere che li attanagliava, e che ogni giorno li faceva sprofondare nel vuoto.-

    E come in un sogno, su ognuno dei loti guizzarono immagini e scene passate, dei Guardiani assieme all'Alfiere, e le emozioni erano manifeste, e pure se a Kalia veniva mostrato il loro pensiero quando questa non era con loro, ebbene era palese, come una luce nel cuore, quanto l'amassero e onorassero, e quanto non avrebbero desiderato abbandonarla.

    -Non rimpiansero alcun momento in tua compagnia, neppure il Terzo, che è senza cuore.-

    L'uno di fronte all'altro, l'Arcano ed il giovane stavano stavano assieme, al punto che quasi poteva sembrare che il viso ed il carattere di Amarth fosse sempre stato quello che Kalia adesso guardava, e forse lo spirito era lo stesso.

    -Perché hai desiderato che fossi presente? Cosa desideri sapere dal Destino, Dama Azzurra?-

    Domandò quello, con volto disteso come di chi goda un bel panorama dopo aver scampato molti pericoli, conscio che tutto, ora, è sicuro e lieto. Sembrava che quelle morti non lo riguardassero affatto, che il giovane fosse di un'altra realtà, di un tempo che non esiste, incapace di capire. Forse, però, egli conosceva tutti gli esiti e le risposte, e non le temeva.

     
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    -Purtroppo, Dama Azzurra, non sarebbe stato in tuo potere, né essi l'avrebbero permesso.-

    Nel pronunciare quelle parole, il giovane dai capelli d'argento schiuse gli occhi, sollevando le palpebre che aveva fino a quel momento tenute abbassate e rivelando nelle iridi il familiare caleidoscopio di colori che così tante volte la fanciulla eterna aveva visto danzare sulla figura dello Zero.

    -Non vi era figura, per quelli, più importante di te, Alfiere dell'Est.
    Nessuno osò parole contrarie, né mai evitarono di portarti in gloria.
    -
    esordì l'Essenza, rendendo la sua voce un balsamo lenitivo per le ferite del suo cuore
    - Se scelsero questa morte silenziosa, è perché preferirono lasciare il ricordo di loro quando ancora avevano potere, e non ombre consumate dal mondo. Avresti sofferto di più, essi credettero, se avessero mostrato quel malessere che li attanagliava, e che ogni giorno li faceva sprofondare nel vuoto.-

    Nel contemplarne la benevola -premurosa- mestizia che ne trasfigurava il viso bello ed elegante, sentimenti che non ricordava di aver mai visto riflessi nel suo amico in modo così vivido, anch'ella fu colta da un doloroso accesso di nostalgia...

    -Non rimpiansero alcun momento in tua compagnia....-
    garantì ancora per rincuorarla, mentre attorno a loro fiorivano loti, custodi di ricordi
    -....neppure il Terzo, che è senza cuore.-

    ...e quando lui le prese la mano, la giovane trasalì per un momento, prima di ricambiò la stretta e carezzargliene gentilmente la pelle del dorso con le dita affusolate. E per quanto diverso, Kalia fu certa che quello fosse Amarth.

    -Perché hai desiderato che fossi presente?-
    le chiese il suo astante, incatenandola con lo sguardo
    -Cosa desideri sapere dal Destino, Dama Azzurra?-

    Sentendo lo stomaco contrarsi e poi sciogliersi in una massa gelida che la lasciò vuota, l'Alfiere distolse lo sguardo, e un sospiro tremante le evase dal petto come un timido uccellino dalla sua gabbia; avrebbe voluto dare una risposta soddisfacente al Guardiano, ma... non le veniva in mente nulla che non fosse egoista.

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    « Li rivedrò ancora...? »

    E quel suo timore lo confessò infine, standogli davanti con gli occhi bassi,
    perché al Destino non è dato mentire.

     
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  6. L'Ordine
     
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    Non rispose.
    Gli occhi dai molti colori guardarono la Dama con uno sguardo nuovo, a metà fra la buona meraviglia e la severità di una domanda troppo ardita. Non poteva negare a lei vere parole, né del resto Poteva incartarle nella nebbia. Ella aveva domandato al corpo che, più di tutti, non è Limitato, guidata dall'incedere del Caso o dal Destino che era nel suo cuore. E così fu come un vortice che subito sprofondi nel mare, veloce e senza tregua, e il momento giunse al culmine, perché infine il Destino fu costretto a dire:

    -No, essi infatti non sono scomparsi, né tornati Oltre. Il Potere che era in loro è stato sciolto dentro Endlos, nella roccia e nella sabbia, nel cielo e nella luna. Non potranno essere richiamati indietro, non potranno essere pescati ed ammassati nuovamente dentro alcun corpo...-

    Spiegò, e la voce era come un sussurro di tristezza, ma pura e bella, perché quella era la Prima. Ma il Destino, come è noto, toglie e da in egual misura, e la Disperazione cavalca accanto alla Speranza; Così fu anche per la Dama, alal quale vennero concesse entrambe, senza misteri:

    -...A meno che non sorga un potere nuovo, spontaneo come i fiori della terra dopo la pioggia. Non tutto il Potere è visibile, Alfiere, né può essere spiegato. Quando la Ruota del Destino gira, essa conferisce le maggiori forze. E sulla terra è l'Amore la grazia più alta. E quando l'Amore, che per le Cose che Sono nasce senza limiti, supererà il Destino, che invece per Esse viene coi Vincoli, allora Essi si riuniranno a voi nel Bisogno, chiamati dal cuore.-
    E si fece più triste, scrutando con gli occhi in lontananza, come a vedere cose che non Sono ancora
    -Ma ora non vedo né il Bisogno, né l'Amore. Se qualcosa di buono Essi lasciarono presso voi, adesso cova la Vita sotto la terra, e sarà come un fiore che, ricevute belle cure, si aprirà al tempo di Primavera.-

    E rimase a guardare la Dama, con lo sguardo dell'amico che ne legga il dolore e le stia accanto per sorreggerla. E come la marea porta a riva cose nuove trascinando indietro le vecchie, allo stesso modo il cavaliere d'un tratto non esisteva più, e l'Alfiere adesso guardava una donna, avvolta in panni d'ogni colore che rilucevano come argento, e tutta la testa era fasciata, e come drappi scendevano decori; lo sguardo iridescente era penetrante e sincero.

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    -Questa era la risposta che desideravi? Questo avevi previsto nel cuore?-

    Chiese, e il tono era mansueto e curioso, e benché fosse Vuota nell'animo, restava tranquilla e quasi emanava un calore benevolo, e la sua presenza era familiare alla Dama, come se la conoscesse da lungo tempo.

     
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    -No, essi infatti non sono scomparsi, né tornati Oltre. Il Potere che era in loro è stato sciolto dentro Endlos, nella roccia e nella sabbia, nel cielo e nella luna. Non potranno essere richiamati indietro, non potranno essere pescati ed ammassati nuovamente dentro alcun corpo...-

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    « . . . »

    Dunque, non esisteva alcun modo per riportarli indietro...?
    Sulle prime, quella notizia fu per lei dolorosa come una stilettata in petto, perché la fiducia e l'affetto che aveva sempre serbato per Amarth le rendevano semplicemente inconcepibile credere lo Zero capace di proferirle menzogna... eppure, mentre i viticci spinosi della disperazione annientavano il seme della speranza come una pianta parassita fa con qualche tenero e fragile fiore, una parte di lei resistette: non poteva essere così. E le nuove -sconosciute- sembianze che aveva davanti, allora...?

    -...A meno che non sorga un potere nuovo, spontaneo come i fiori della terra dopo la pioggia.-
    con un lieto sollievo -e una solitaria lacrima- la Dama accolse quella profezia
    -Non tutto il Potere è visibile, Alfiere, né può essere spiegato. Quando la Ruota del Destino gira, essa conferisce le maggiori forze. E sulla terra è l'Amore la grazia più alta. E quando l'Amore, che per le Cose che Sono nasce senza limiti, supererà il Destino, che invece per Esse viene coi Vincoli, allora Essi si riuniranno a voi nel Bisogno, chiamati dal cuore.-
    con attenzione scolpì nella mente ogni parola, mentre l'Essenza guardava lontano
    -Ma ora non vedo né il Bisogno, né l'Amore. Se qualcosa di buono Essi lasciarono presso voi, adesso cova la Vita sotto la terra, e sarà come un fiore che, ricevute belle cure, si aprirà al tempo di Primavera.-
    e senza timore mirò il cambiamento del suo aspetto, facendo tesoro dei suoi dettami
    -Questa era la risposta che desideravi? Questo avevi previsto nel cuore?-

    Nonostante ora si ergesse davanti a lei un altro volto -la figura austera e regale di una donna straniera-, l'eterna iridescenza che danzava sulle vesti che indossava, sulla fascia che le imbrigliava le chiome e negli occhi che la fissavano di rimando, Kalia seppe scorgere ancora la familiare presenza del Celebliant... e mosso un passo verso di lui volle abbracciarlo.

    « Non ci sono previsioni che abbia l'ardire di fare sul Destino... »
    mormorò dolce e docile la voce della fanciulla celeste, soffocando tra le stoffe
    « ...solo preghiere. E una è stata accolta. »

     
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  8. L'Ordine
     
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    Strinse la Dama nell'abbraccio che per prima aveva desiderato, e fu nella donna il calore di un tocco mai dato, e in quell'unica volta, all'Alfiere fu concesso il poter toccare il Destino a piene mani, come chi, assetato da lungo tempo, s'abbeveri avido alla fonte. Ma il tempo stringeva il cappio attorno al copro di Nebbia, perché seppure l'Azzurra avesse avuto il dono della Chiamata, ora le forze erano fin troppo deboli per restare, e così presto quel sogno sarebbe svanito, ma non prima che il Ciclo si fosse chiuso.

    -Vedi-
    Incominciò la bella voce della donna d'Argento
    -Quell'Amarth che un tempo stava presso te ebbe più volte nel cuore e sulla lingua le tue lodi, perché in te vide quella Saggezza che cercava da secoli. Infatti ti disse Saggia fra le mura di Palanthas, e non sbagliò, perché tu possiedi un Dono a noi prezioso, e sulla terra di Endlos non vi è creatura che abbia al tempo Potere, Purezza, Pietà e Sapienza.-

    Era chiaro che parlasse non già con i consigli di un cuore amico, bensì con la placida Conoscenza delle regole del mondo, e benché suonassero come complimenti di un animo alleato, era però una verità assoluta, un tesoro prezioso. E continuò a dire, perché i diamanti non devono restare grezzi nella roccia, ma splendere sotto la migliore luce.

    -Tante cose hai compiuto, e tante ne compirai, Lieta Papessa. Ogni azione verrà a te in gloria, perché nessuno dei tuoi passi ha in sé la maledizione del dubbio, né è morso da un Destino bieco. E quando pure ti sembrerà che tutto crolli addosso a te, che la certezza vacilli, questo io ti dico, che non sarai sconfitta in alcun modo, perché il tuo regno è eterno, avendo tu nel cuore la grazia più alta, l'Amore che tutto salva.-

    E di nuovo la figura svanì nella nebbia, disciolta nelle iridescenze dei suoi panni, e quando la foschia venne a diradarsi, agli occhi di Kalia stava un giovinetto esile, grigio nell'abito come una nuvola sotto il sole, e sulla fronte avena in centro tre segni come gemme, e un'espressione furba.

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    -So che la tua purezza ti rende schiva, e che preferiresti negare di essere Grande, piuttosto che accoglierlo. Ma hai chiamato il Destino, Bella Dama, e non vi è posto per la vergogna dinnanzi alla verità. Forse che tu non la meriti? Io non credo affatto. Da noi che siamo il Destino non hai ricevuto mai menzogne, né ti abbiamo detto cose più belle di quanto non fossero per davvero. Certo, avremmo potuto parlarti di guerre e di tristezze, ma a che scopo, quando è certo che non vi sarà sconfitta per te e le terre che proteggi?-

    Le disse allegro, come se ora a Parlare fosse una Sorte complice, che aiuta senza chiedere in cambio, perché ama coloro cui rivela la verità. Anche gli occhi erano più vivi che mai, e i colori guizzavano svelti nelle iridi, e al tempo erano un poco afflitti, per essere riusciti a guardare l'Alfiere solo in questa circostanza, poiché gli Eventi furono infausti. Infatti, nel silenzio che precede la parola, aprì il suo abito in petto, e fu evidente la cicatrice di una spada nel mezzo. Di questa non disse nulla, ma rivelò un'ultima cosa:

    -Prima di estinguersi, Amarth desiderò che tutto ciò cui teneva fosse protetto e benedetto dal Destino, e così su di te splende il suo pensiero, perché seppur egli non Cammini più, in te vivrà il suo ricordo, e con esso il Destino e ogni bene che ti augurò fin dal primo giorno che ti vide.-

     
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    -Vedi... Quell'Amarth che un tempo stava presso te ebbe più volte nel cuore e sulla lingua le tue lodi, perché in te vide quella Saggezza che cercava da secoli.-
    esordì pacata al suo orecchio la donna iridescente, ricambiando il suo abbraccio
    -Infatti ti disse Saggia fra le mura di Palanthas, e non sbagliò, perché tu possiedi un Dono a noi prezioso, e sulla terra di Endlos non vi è creatura che abbia al tempo Potere, Purezza, Pietà e Sapienza.-

    Parole lusinghiere vennero dallo Zero, ma la Dama non se ne inorgoglì, e non solo perché mai era stata vulnerabile all'adulazione, ma perché sapeva che nulla viene dal Destino senza che ve ne sia ragione o ne manchi la necessità: se il Celebliant gli stava dicendo una cosa simile, era perché doveva avere uno scopo... e confidava di trovarlo quando avrebbe con più attenzione -da sveglia- vagliato il senso della profezia che le era stata fatta poc'anzi.

    -Tante cose hai compiuto, e tante ne compirai, Lieta Papessa. Ogni azione verrà a te in gloria, perché nessuno dei tuoi passi ha in sé la maledizione del dubbio, né è morso da un Destino bieco.-
    riprese l'Oracolo, mostrando di aver compreso -o forse ricordato- la sua identità di Arcano:
    la Papessa, custode dei segreti.

    -E quando pure ti sembrerà che tutto crolli addosso a te, che la certezza vacilli, questo io ti dico, che non sarai sconfitta in alcun modo, perché il tuo regno è eterno, avendo tu nel cuore la grazia più alta, l'Amore che tutto salva.-

    Mentre si scostava un poco dall'entità, e sollevava le iridi di zaffiro in cerca del suo sguardo, la fanciulla celeste vide ancora una volta il viso del Fato mutare sotto i suoi occhi, e la saggia donna che le stava davanti divenne giovane uomo dall'aria acuta ed enigmatica; punto fisso in comune ad ogni aspetto, l'argenteo caleidoscopio di colori.

    -So che la tua purezza ti rende schiva, e che preferiresti negare di essere Grande, piuttosto che accoglierlo. Ma hai chiamato il Destino, Bella Dama, e non vi è posto per la vergogna dinnanzi alla verità. Forse che tu non la meriti? Io non credo affatto.-
    l'interrogò, con un tono gioviale di cui ancora di più avrebbe sofferto la mancanza
    -Da noi che siamo il Destino non hai ricevuto mai menzogne, né ti abbiamo detto cose più belle di quanto non fossero per davvero. Certo, avremmo potuto parlarti di guerre e di tristezze, ma a che scopo, quando è certo che non vi sarà sconfitta per te e le terre che proteggi?-
    quesito senza risposta, e -nel silenzio- il giovane aprì la casacca rivelando una cicatrice
    -Prima di estinguersi, Amarth desiderò che tutto ciò cui teneva fosse protetto e benedetto dal Destino, e così su di te splende il suo pensiero, perché seppur egli non Cammini più, in te vivrà il suo ricordo, e con esso il Destino e ogni bene che ti augurò fin dal primo giorno che ti vide.-

    Nel sentire nuovamente gli occhi bruciare e la vista appannarsi, la Dama Azzurra abbassò il capo e distolse lo sguardo, lasciando che le lunghe chiome cerulee celassero le gote -già pallide per il dispiacere- che lentamente si rigavano di lacrime perché non turbassero lo spirito del Guardiano.

    « Non mi è di conforto sapere che Amarth non tornerà... »
    mormorò la donna, riuscendo con dignità a mantenere la voce ferma e limpida
    « ...ma poiché il suo volere ha infuso me e l'Est della benevolenza del Destino,
    farò tutto ciò che è in mio potere per non deluderlo. »


    Nel pronunciare quel voto, un tremito leggero le scosse le mani delicate,
    e le dita si intrecciarono le une alle altre per contenerlo -
    come in preghiera.

     
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  10. L'Ordine
     
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    -E non lo farai.-

    Strizzò l'occhio alla Dama, perché Egli non era legato alle catene della Sorte, e presto avrebbe mostrato la causa. Poi si guardò in basso, dove fra il petto e lo stomaco aveva un segno chiuso, un'antica ferita. Con la mano toccò la carne, e tutto intorno i loti resero visibile il tragico evento che rese il corpo del Destino spezzato e morto: i Quattro stavano assorti nel Rito, quando all'improvviso, inaspettato, giunse la Bestia e compì la strage. Erano ormai passato 877 anni da quell'evento, e tante cose erano cambiate: non ultimo, i Guardiani non erano più, e le Essenza stavano in Endlos oramai pure e disperse.

    -Fa ancora male, dopo tutto questo tempo.-
    Sorrise, imbarazzato
    -Chaos fece proprio un guaio, quella volta.-
    Guardava l'Alfiere, e sorrideva quasi divertito: il segreto era stato svelato
    -Ma tu questo lo sai già, non è vero?-

    E in quelle parole il Destino aveva messo potere, così che nel cuore di Kalia adesso stavano, come nuovi ricordi da tempo perduti, gli ultimi istanti di vita di quel Rito, e tutto ciò che seguì dopo l'omicidio dello Zero e della Seconda: la lotta furiosa di Yin, e la magia disperata di Yang per salvarli entrambi.

    -Tu sai tutto.-

    E come la Donna d'Argento regalò parole Vere, il Giovane diede all'Alfiere tutti i ricordi dei Guardiani dal Giorno della disfatta. L'Accademia di Kora, l'arrivo su Endlos, il Rituale, e tutto ciò che, separati o insieme compirono e dissero, fino al giorno della loro Morte.
    Adesso la Papessa custodiva le memorie dei Quattro, perché era lei l'eredità comune a tutti.

    -E' il momento che aspettavi, Kalia.-
    Le sorrise
    -E' per questo che sei venuta.
    Per lui.
    -

    Disse, e mostrò alla donna una riverenza compita, ed ecco che, come il vento spazza via le foglie accumulate sulla terra e fa sì che si torni a vedere la bellezza nascosta, così i petali dei molti loti portarono in volo l'aspetto del giovinetto inchinato, svelando la ben nota tunica e la compostezza tanto familiare. Quando alzò il volto era l'Amarth che Endlos aveva conosciuto. Allora mise le iridi in quelle della Dama Azzurra, ma queste erano tristi e avvilite, ed egli non aveva il coraggio di prendere parola, lui che, invece, sempre per primo si rivolgeva a tutti.

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    -...-

     
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    -E non lo farai.-

    La sicurezza nella voce di quel giovane Amarth e la strizzata d'occhio sbarazzina che le rivolse fecero rifiorire un timido sorriso sulle labbra rosse della fanciulla celeste... ma quel momento durò poco, perché nel seguire il suo sguardo iridescente fino alla cicatrice che gli solcava il petto, anche gli occhi blu zaffiro della Dama furono testimoni dell'ultimo ricordo vissuto dallo Zero: la morte di Tre dei Quattro Guardiani... per mano della Carta del Mondo.

    jpg-Fa ancora male, dopo tutto questo tempo.
    Chaos fece proprio un guaio, quella volta.
    -
    le sorrise con imbarazzo, incrociando le loro iridi
    -Ma tu questo lo sai già, non è vero? Tu sai tutto.-

    Quell'asserzione -quella domanda retorica- riversò in lei la conoscenza e la reminescenza dell'Ordine a partire dal momento in cui il loro fato era stato alterato... e il frammento di Eterno che custodiva raggiunse la sua pienezza, perché era quella la quintessenza del suo essere: la Papessa, custode dei segreti.

    -E' il momento che aspettavi, Kalia.
    E' per questo che sei venuta.
    Per lui.
    -

    Con una riverenza, il giovane prese congedo, e al suo posto comparve il volto severo, amico e familiare di Eru Elen Amarth, Custode di Palanthas e Custode dell'Est di Endlos... e l'Alfiere ristette in silenzio per un lungo istante, con gli occhi incatenati ai suoi, sopraffatta da quella vista che tanto aveva agognato. Tuttavia c'era silenzio anche nello Zero, e con esso una tristezza addolorata che le fece male, e Kalia capì che avrebbe dovuto fare il primo passo.

    E così fece: sollevò la destra, e lo prese per mano.

    « Amarth... »
    lo chiamò -conciliante, carezzevole e materna- la voce della Dama
    « Oh, Amarth... perdonami se ti ho incatenato ad un destino a te inconciliabile... Mi dispiace tanto... »

     
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    Quando la donna prese l'eterna mano, lo Zero non resse all'emozione di quell'incontro, o al pensiero di doverne presto fare a meno; e così pianse, e nel severo addolorarsi del viso, una lacrima segnava le guance, e nel cuore una tristezza infinita, e sulla voce il pianto. Per quella volta, il Destino aveva sofferto davvero.

    -Non darti colpe che il tuo cuore non ha commesso, mia dama.-
    Cominciò con la voce di sempre, il cui suono era desso affranto e svilito
    -Tutto ciò che facemmo, che io stesso feci, non l'ho rimpianto mai. Eravamo pronti a questa fine, ma per una volta abbiamo desiderato essere Parte di qualcosa, e ora, volenti o nolenti, lo saremo per sempre.-
    Ma c'era dell'altro ad attanagliare il cuore
    -Sono io a dovere a te delle scuse, nobile Alfiere, per la mia condotta. Rintanato nel mio studio, o assiso sul trono del Tempio, soffrivo per il Mondo che mi corrodeva. Non sarei dovuto sparire, ma, come ti disse Dharma il Cavaliere, se te ne avessi messo al corrente, avresti sofferto del vedermi scivolare e spegnermi, più della notizia di un'improvvisa morte.-
    Esitò un poco, sospirando
    -Scegliemmo questa sorte quando decidemmo di restare con le persone cui tenevamo, incuranti di non essere stati creati a questo scopo. Il Destino dà e toglie insieme: ha concesso a noi di perdurare, e ci ha sottratto la felicità e, infine, i corpi ed il nome di Guardiani.-

    Misa l'altra mano su quella della donna, come a voler confortarla, perché la tristezza di lui era solo di averla perduta, non di averla servita a scapito della vita.

    -Non piangere per noi, perché ora siamo vicinissimi a te, e a tutti coloro che ci hanno amati. Non potrete vederci o parlarci, ma se qualche cosa di buono capiterà alle vostre vite, ai terreni che coltivate, agli affetti che nutrite, se vi piace, potete dire che è il nostro potere su di voi.-

    Disse, e d'un tratto gli occhi persero il colore di mille colori, e pure la veste e la chioma. Restava l'Argento sullo Zero, e nell'aria la nebbia d'iride. Adesso guardava il Vuoto, e scorgeva eventi lontani. Ma sorrideva, e portò una lieta notizia, quando il colore tornò a scorrere sulla sua veste, ed egli a guardare con tanto affetto l'Alfiere:

    -Dharma ti ha schiuso il Nostro Destino; la Sibilla ha guardato il tuo, e ha mostrato la tua gloria passata, presente e futura; il Giovane ha donato a te i Nostri ricordi; io intendo donarti un'ultima cosa, se l'accetterai.-
    Sorrise di nuovo
    -Solo tu ne hai capacità; io non ti imporrò nulla.-

     
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    Sotto il tocco della mano della donna, il gelo che sempre attanagliava lo Zero nella sua rigida compostezza si sciolse in gocce di rugiada al sole di primavera, scivolando dagli occhi iridescenti in scie d'argento lungo le guance d'avorio del Guardiano... e nel percepire forte la sua sofferenza, il tormento di Kalia crebbe.

    -Non darti colpe che il tuo cuore non ha commesso, mia dama. Tutto ciò che facemmo, che io stesso feci, non l'ho rimpianto mai. Eravamo pronti a questa fine, ma per una volta abbiamob desiderato essere Parte di qualcosa, e ora, volenti o nolenti, lo saremo per sempre.-
    a sentir tremare la sua voce, la fanciulla avanzò ponendogli l'altra mano sulla gota
    -Sono io a dovere a te delle scuse, nobile Alfiere, per la mia condotta. Rintanato nel mio studio, o assiso sul trono del Tempio, soffrivo per il Mondo che mi corrodeva. Non sarei dovuto sparire, ma, come ti disse Dharma il Cavaliere, se te ne avessi messo al corrente, avresti sofferto del vedermi scivolare e spegnermi, più della notizia di un'improvvisa morte.-
    un sospiro sofferente gli si librò dal petto, e la Dama non riuscì ad interromperlo
    -Scegliemmo questa sorte quando decidemmo di restare con le persone cui tenevamo, incuranti di non essere stati creati a questo scopo. Il Destino dà e toglie insieme: ha concesso a noi di perdurare, e ci ha sottratto la felicità e, infine, i corpi ed il nome di Guardiani.-

    Quando Amarth pose la mano libera sull'intreccio delle loro dita, Kalia fu per un momento tentata di ritrarsi -sebbene non ebbe il cuore di farlo, resta immobile-, perché la colpa affondò nel suo tenero cuore come le fauci di una bestia selvaggia facendola però trasalire: per suo egoismo, per la gioia di non separarsi da loro, li aveva costretti alla sofferenza... e quella consapevolezza le fece male.

    -Non piangere per noi, perché ora siamo vicinissimi a te, e a tutti coloro che ci hanno amati. Non potrete vederci o parlarci, ma se qualche cosa di buono capiterà alle vostre vite, ai terreni che coltivate, agli affetti che nutrite, se vi piace, potete dire che è il nostro potere su di voi.-
    rivelò il Destino, mentre un caleidoscopio riprendeva a danzare e rifulgere su di lui
    -Dharma ti ha schiuso il Nostro Destino; la Sibilla ha guardato il tuo, e ha mostrato la tua gloria passata, presente e futura; il Giovane ha donato a te i Nostri ricordi...-
    l'Iridescenza si quietò, e al mondo non rimase che il sorriso di Amarth e l'affetto nei suoi occhi
    -Io intendo donarti un'ultima cosa, se l'accetterai. Solo tu ne hai capacità;
    io non ti imporrò nulla.
    -

    « Mai mi sono opposta al fluire Destino,
    perché in esso c'è sempre giustizia e misericordia... »

    mormorò in risposta la Papessa, carezzandogli la guancia con le dita affusolate
    « ...e mai il mio cuore o la mia mente rifiuteranno il dono di un amico. »

    E oltre il velo lucido delle lacrime che le gravavano la vista,
    splendeva sincera la verità di quella promessa.

     
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    -E sia.-

    Disse il Guardiano, e nella voce aveva ritrovato una lieta speranza, perché ora, in verità, non avrebbe mai lasciato l'Alfiere tanto cara. Così stese la mano verso il ciondolo al collo di lei, quello stesso monile che tempo addietro ebbe il piacere di regalarle, e che conteneva parte dell'Essenza dello Zero. Come le dita toccarono il metallo, davanti agli occhi della Dama stavano i Quattro, e ciascuno teneva la mano su quella di Amarth, insieme per benedire nuovamente il Dono.
    C'era Yin con lo sguardo perverso, Yoe nella sua bella fierezza, e Yang col blu degli occhi suoi dolci. Ma non parlavano, perché Kalia domandò del Destino, non già del Male, del Bene o della Natura.
    Allora il ciondolo cominciò a brillare forte di ogni colore, e una alla volta, le anime dei 4 si sciolsero in esso, venendone risucchiate; restava solo Amarth in piedi davanti all'Alfiere, perché la sua anima ancora non aveva terminato il compito.
    Quando la luce si spense, il pendente aveva cambiato aspetto, e ora non brillava d'ogni colore sull'argento, bensì appariva ora fatto di rami e foglie intrecciate a onde, ora di fiamme e saette nell'abbraccio dell'abisso, ora, invece, di puro cristallo e nevi belle sotto un vento fresco di luce.

    -Ecco. L'opera è compiuta, Saggia Alfiere.-
    -Tolse il dito dall'oggetto e respirò forte, come per darsi coraggio-
    -In questo ciondolo, che io stesso ti diedi, adesso cova un potere nuovo. Quando il tuo Amore sarà bello e forte, e Bisogno e Desiderio saranno una cosa sola, tu sola avrai il Potere di convocarci di nuovo nel Mondo. Noi però non potremo restare che per poco tempo, e ti appariremo con i corpi a te noti, e però leggeri come l'aria e a guisa di spettri. Pur avendo un intelletto ed un parere proprio, sarà il tuo volere a Comandarci. Torneremo e ti staremo accanto, e dove tu dirai esserci bisogno del nostro Potere, noi andremo.-
    Spiegò, pacato ma severo
    -Perché tu hai le nostre Eredità, tu sola che sei benvoluta dai Quattro e baciata dal destino. Nessuno, escluso te, avrebbe potuto richiamare, dopo la nostra disfatta, un'Essenza, tanto meno tutti i suoi Vascelli. Dharma, il cavaliere che vedesti, fu in verità il primo Guardiano numero Zero che la Storia abbia partorito; poi venne la Sibilla ed il Giovane senza Nome, ucciso da Chaos. Eru Elen Amarth non è che il Quarto Vascello dell'Essenza Zero.-
    Indugiò un poco, poi riprese e concluse
    -Ma poiché noi siamo in Endlos, potrai piegare il nostro Potere disciolto e farlo tuo, se desideri che il Mondo ti aiuti.-

    Questo disse, e adesso stavano tutti schierati i Vascelli che Kalia aveva veduto, e le si inchinarono, già suoi servitori.

     
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    -E sia.-

    <i>Nel proferire quelle parole, la voce dello Zero suonò rasserenata, e -come uno specchio riflette la luce- anche le nubi che offuscavano i pensieri e il cuore della Dama si diradarono, lasciandole solo la dolce malinconia che precede i commiati e le partenze di amici tanto cari... e nel silenzio denso di quell'istante, Amarth sollevò la destra per avvicinarla al sottile collo da cigno della fanciulla, lasciando che le dita sfiorassero il metallo del pendente circolare che egli stesso le aveva donato.

    A quel contatto, Amarthrind reagì iniziando a scintillare di ogni colore i mondi potessero celare o concepire, e se già quello spettacolo sarebbe bastato a lasciare chiunque senza parole per la meraviglia, un'altra ancor più toccante visione si presentò alle iridi di zaffiro della donna celeste: davanti a lei, ciascuno con la mano tesa a replicare la benedizione del Destino,
    stavano tutti i Guardiani.

    -Ecco. L'opera è compiuta, Saggia Alfiere.-
    disse il Saggio, di nuovo solo al suo cospetto, una volta che il prodigio fu intessuto
    -In questo ciondolo, che io stesso ti diedi, adesso cova un potere nuovo.-
    abbassando istintivamente lo sguardo sul gioiello, Kalia ne rimirò la nuova forma
    -Quando il tuo Amore sarà bello e forte, e Bisogno e Desiderio saranno una cosa sola, tu sola avrai il Potere di convocarci di nuovo nel Mondo. Noi però non potremo restare che per poco tempo, e ti appariremo con i corpi a te noti, e però leggeri come l'aria e a guisa di spettri. Pur avendo un intelletto ed un parere proprio, sarà il tuo volere a Comandarci. Torneremo e ti staremo accanto, e dove tu dirai esserci bisogno del nostro Potere, noi andremo. Perché tu hai le nostre Eredità, tu sola che sei benvoluta dai Quattro e baciata dal destino. -
    le spiegò lo Zero, solenne e fermo nei modi come lo era sempre stato
    -Nessuno, escluso te, avrebbe potuto richiamare, dopo la nostra disfatta, un'Essenza, tanto meno tutti i suoi Vascelli. Dharma, il cavaliere che vedesti, fu in verità il primo Guardiano numero Zero che la Storia abbia partorito; poi venne la Sibilla ed il Giovane senza Nome, ucciso da Chaos. Eru Elen Amarth non è che il Quarto Vascello dell'Essenza Zero. Ma poiché noi siamo in Endlos, potrai piegare il nostro Potere disciolto e farlo tuo, se desideri che il Mondo ti aiuti.-

    Fu con occhi spalancati per l'incredula meraviglia la Signora dell'Est accolse quella notizia -e quell'immane dono-, e mentre tutte le incarnazioni dello Zero si inginocchiavano davanti a lei, Kalia rimase lungamente in silenzio, sentendosi impallidire e lasciandosi accecare dal fitto velo di lacrime di commozione.

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    « Io...Oh, Amarth... »
    un singulto le incrinò la voce, e portò una mano alle labbra con uno spasmo di dolore
    « ...io non so cosa dire... e non so come ringraziarti. »
    di nuovo, le lacrime ruppero gli argini del suo cuore, straripando in rivoli lungo le gote
    « Sono davvero felice che voi siate con me... »

     
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