[LAM] Lie to Me

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    ~ { Prigione (Albero-Casa), Lie to Me n°1


    I Nove Giorni erano finiti. Una nuova alba era iniziata per Laputa, c'erano ancora ferite da sanare ma nel cuore di tutti, ancor più nei LAM, viveva forte la speranza. Speranza di un alfierato forte, duraturo e stabile. Forse nessuno avrebbe dimenticato gli orrori della guerra civile, ancor meno tu Grifis, Comandante Bianco dei Liber Aeris e famoso condottiero del presidio errante.

    Il fatto che la guerra fosse finita, però, non significava che fossero finite anche le battaglie che vedevano la giustizia sempre in campo. Battaglia che, quel dì, si sarebbe consumata non tra l'erba di una collinetta, né tra i ruderi di un castello... La Prigione dell'Albero-Casa avrebbe fatto da sottofondo per un palcoscenico assai caratteristico. L'anello, così ribattezzato per la sua funzione carceraria, era formato dalla stessa pianta a croce dell'intero arbusto/edificio. Benché le dimensioni non siano notevoli, esso dipartisce equamente su ogni braccio fino a quattro celle: una sola di queste aveva però una diversa funzione. Data la forma, ogni braccio prendeva il nome dei rispettivi presidi posti nei punti cardinali: nord, sud, est ed ovest. Rispecchiando inoltre la politica degli stessi, si aveva detenzione dei violenti e dei peggiori criminali nel Sud, il Nord per i prigionieri politici, l'Est per chi era colpevole di reati minori, e l'Ovest generalmente riservato ai non-umani o a coloro che, per cause di natura, necessitavano di celle che differissero da quelle per gli uomini. Come già detto, ogni braccio ha una cella speciale, ripartita in tale modo: il Nord ha una sala per gli interrogatori politico/diplomatici, l'Est e l'Ovest una semplice sala d'interrogatorio, mentre il Sud includeva una vera e propria cella delle torture per tenere a bada i detenuti più scalmanati. Alla prigione, infine, si accedeva soltanto mediante un sistema di ascensori, su cui erano caricate le vettovaglie, le guardie o i criminali -di cui quest'ultimi all'interno di un cerchio magico anti-magia e paralizzante.

    Nonostante la sua così ben ideata struttura, la prigione dell'Albero-Casa non era per nulla paragonabile a quella di Laputa, né per le dimensioni e né per il numero di carcerati che poteva contenere, o che conteneva attualmente. Eppure, per quanto concerne la sicurezza, essa non era seconda a nessun'altra struttura carceraria: all'interno di quelle mura, poteri di sorta erano inefficaci e il mana stesso, se speso, arrecava un senso di nausea e di disgusto. Non deve quindi sorprendere sapere che, alla tua discesa, quelli ch'erano reclusi iniziarono a fischiare, ad insultarti, a minacciarti: tutta feccia, nessuno di loro toccava nemmeno di un'oncia la tua persona. E d'altronde, si permettevano tanto solo quand'eri distante, giacché al tuo passaggio ammutolivano.

    Il tuo passo -militare- si sarebbe soffermato nel braccio Sud, lì dove la sala delle torture e degli interrogatori sostava una figura in parte ammantata dalle ombre. Quando apristi la porta, la luce che portavi con te illuminò per qualche istante il viso altrui. Quindi, quando la tenebra tornò a regnare, solo lanterne ad olio permettevano una degna percezione sensoriale. Ti sedesti con fare pacato e tranquillo, sapendo che l'altro non poteva far altro: oltre a due guardie armate e addestrate, era privo di equipaggiamento e l'intero influsso della prigione -cioè dell'Albero-Casa- estingueva sul nascere ogni tentativo ostile d'aggressione. Era solo un numero, dunque, in mezzo a tanti altri numeri.

    Un numero però speciale.

    Oggi il Sole splende. Laputa rimargina le ferite, e i topi di fogna, com'è giusto che sia, tornano alle loro tane. Tutti tranne uno.

    Il tuo braccio poggiò con il gomito sul tavolino di legno, la sola cosa che ti separava dall'altro. La mano prontamente sorresse il tuo viso, e con esso tutto il peso di uno sguardo sdegnoso e profondamente glaciale.

    Lontano da casa. Tradito dai tuoi compagni. In mano ai nemici. Non so dire se tu sia sfortunato o cos'altro, ma non sei certo in una bella situazione. Prima però che si inizi a fare sul serio, ci sono anche altri che vorranno assistere... Dato che non andrai da nessuna parte, possiamo aspettarli. No?

    Una leggera risata, non una provocazione. Più una forma acuta di fastidio: se avessi potuto, avresti iniziato subito l'interrogatorio, in cuor tuo sperando che l'altro ti desse ogni ragionevole motivo per farsi torturare fino alla morte. Ma ti sovvenne, in fondo, che alle volte anche i più spregevoli tra i criminali sapevano cogliere l'occasione, pur di tenersi la propria vita.
    dunque, quoto solo le passive che saranno preponderanti nella scena, fermo restando che Grifis indossa tutto l'equip. A questo però rimando al topic della revisione, dato che la scheda dovrà subire aggiornamenti.

    Halo of the Justice
    Altro non è che una aura di "cárisma" che circonda alcuni degli appartenenti alla gilda. Tale aura è invisibile tuttavia splendente per chi è in grado di guardarla, ed è un concentrato di Salvezza, Misericordia e Grazia. Coloro che avranno modo di osservare un portatore di tali doni, vedranno nelle sue gesta, anche quelle non apprezzabili, la manifestazione più alta di Giustizia, perchè Aviatore è colui che scelse di avere il dono di una vita spesa al servizio dei fratelli "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto" { l'appartenenza ai LAM dona a Grifis il potere d'ammaliare passivamente gli altri, inducendoli a ritenere giusta qualsiasi sua azione }.

    Sonata Arctica
    Grifis è solitamente paragonato per similitudine ad una gelida sinfonia. E proprio da questo termine prendeno il nome alcune sue capacità, ovvero Sonata Arctica: questa lo vede emanare un'aura particolare e fine, avvertibile da chiunque gli sia prossimo o si trovi in un raggio pari a sette metri; e tale influsso, altrimenti conosciuto come influenza psicologica, induce il prossimo a rivolgersi al Falco con il dovuto garbo e rispetto. Diviene dunque impellente, per chiunque gli fosse prossimo, a frenare la lingua evitando sproloqui o altri scivoloni poco graditi. E' chiaro che il suddetto potere sia soggetto all'interpretazione altrui, oltre che ad essere bloccato da eventuali schermature e/o difese fino ad un livello medio { Grifis emana un'aura capace di influenzare psicologicamente il prossimo passivamente, inducendolo a comportarsi nei suoi confronti con rispetto e riverenza }.
     
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    Era la prima volta che si addentrava così in profondità nei recessi dell’albero casa, le celle si trovavano al di sotto del livello del suolo ed erano perfettamente organizzate in un modo che lui personalmente trovava delizioso.
    Soprattutto c’era la sala degli interrogatori con annessa sala delle torture, anche se erano secoli che non doveva più torturare nessuno per farsi rivelare delle informazioni doveva ammettere che l’idea di ridurre il nuovo prigioniero ad un ammasso di carne truculenta lo allettava non poco.
    Avrebbe potuto far da cavia per il suo nuovo siero guaritore, la formulazione era ormai piuttosto stabile ed era un po’ che nessuna delle sua cavie si apriva da sola il ventre nel tentativo di liberarsi da un dolore che difficilmente potrebbe anche solo essere concepito.
    Forse era un buon momento per testarlo su un essere umano.

    Si incamminò lentamente lungo il corridoio che l’avrebbe condotto fino alla cella degli interrogatori, sapeva che Grifis e il prigioniero lo stavano già attendendo lì, il primo perché era sempre il primo a fare qualsiasi cosa e il secondo perché non aveva alcuna scelta in materia.
    Poteva sentire distintamente la pressione dell’immenso albero casa sopra di se e quel posto, come tutti quelli che si trovavano sotto la superficie del suolo, non gli piaceva per nulla, così lontano dalla luce del sole.
    Il campo di annullamento poi, che rendeva difficile l’utilizzo della magia, gli provocava un vago e distante senso di oppressione data la leggera interferenza con il potere che lo teneva in piedi.
    Ovviamente nessun campo antimagia avrebbe potuto neutralizzare il potere dei soli, esso era troppo grande, però poteva disturbarlo e il tutto rendeva Khatep assai di cattivo umore e desideroso di prendersela con qualcuno.

    Appena arrivò alle celle i prigionieri cominciarono a fischiargli contro allungando le mani, normalmente gli sarebbe semplicemente passato accanto beandosi della propria libertà e beandosi del loro disprezzo ma quel giorno non era in vena quindi decise di zittirli, poiché i loro sbraiti fastidiosi gli causavano un orrendo mal di testa.
    Era estremamente tentato di fratturare due dita al più vicino per dimostrare a quegli idioti chi comandava, ma poi si rese conto che sarebbe servito solo a farli urlare più forte e che a parte ucciderli tutti non c’era modo farli stare in silenzio.
    Reggendosi la testa con la mano proseguì dritto fino alla sala interrogatori, dove una volta entrato chiuse la porta sbattendola violentemente, chiudendo fuori le urla di quel branco di scalmanati.
    Se ne avesse avuto l’autorità li avrebbe affamati tutti quanti fino alla morte.

    Ancora reggendosi il cranio rinsecchito prese una sedia per se, vicino al Comandante Bianco, e vi si sedette, non era più abituato a quel tipo di dolori, in fondo cose del genere non gli appartenevano più dal almeno quindici secoli.

    Fuori è una splendida giornata e a me tocca essere rinchiuso in questa topaia con dei ratti di fogna.
    Ma almeno c’è qualcuno con cui parlare, non trovi Grifis?
    Speriamo che il nostro amico abbia cose interessanti da dirci, ci sono molte domande che necessitano di una risposta.


    Estrasse tutte le ampolle contenute nella propria borsa e le dispose accuratamente in fila davanti a se, sul tavolo, rimirandole come se in esse fosse contenuto chissà quale miracoloso potete.
    Ed effettivamente di potere in quelle ampolle ce n’era da vendere, anche se non tutte erano utili allo scopo aggiungevano un tocco di mistero alla figura degli interrogandi, come a confermare che le loro possibilità assolutamente non si fermavano alle parole o all’uso di tutti quei divertentissimi e perfettamente ordinati strumenti di tortura appesi alle pareti.

    Edited by Settra - 6/2/2013, 22:54
     
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    Nesrìn
    Appena giunta al cospetto dell’immenso Albero Casa, sede rinomata dei famosi Aviatori, guardiani pronti a morire per difendere la città sospesa da ogni sorta di pericolo, Nesrìn tirò un lungo sospiro di sollievo; il peggio era ormai passato, le Nove Giornate erano infine terminate, anche se a costo d’innumerevoli vite fra cittadini confusi dalla rabbia - e pure un poco ingenui, e Liberi forse ancora più incerti sul da farsi perché costretti ad alzare le armi contro coloro che avevano giurato di proteggere. Una sanguinosa guerra civile, responsabile d’un caos indicibile propagatosi dai recessi della città bassa fino a raggiungere, contro qualsiasi aspettativa, le mura del Mastio in un’ondata traboccante morte e fiamme - senza freni quanto un fiume in piena; normale allora vedere le guardie cittadine e i celebri custodi del presidio celeste in preda al panico, mai preparati ad affrontare un nemico interno, uno scontro intestino architettato fin nei minimi dettagli dal Sodalizio. Ora finalmente si conosceva il nome dei responsabili del massacro, ma alla rossa nulla importava di tali soggetti, ne le interessava sapere la ragione dietro alla scelta di ribellarsi all’autorità - se così poteva definirsi, della Dama del Vento e ai suoi fedeli accoliti, considerata al pari d’una strega ammaliatrice assetata di potere; baggianate, c’erano motivazioni politiche dietro tutto quel casino, sicuro come l’oro. La metadrago invero ignorava gli intrighi governativi, troppo noiosi a suo dire, però doveva ammetterne l’esistenza; infondo, persino su Àedùn veniva portata avanti tale pratica, lei prima di chiunque altro l’aveva subita sulla propria pelle, secoli addietro. Ebbene, a muovere i passi della focosa presso la dimora dell’ordine degli Aviatori e all'anello sotto le sue fondamenta, era bensì un impulso molto più infimo: la vendetta, il mercenario avrebbe pagato caro il suo affronto; abbandonato dai compagni, le speranze d’una uscita indenne dall’interrogatorio erano davvero minime per il poveretto. Tanto meglio, qualunque crimine andava punito e lei non avrebbe certo esitato a ricordarglielo, chissà, magari sarebbe bastata solo qualche semplice fiammata a farlo cantare; perché sì, Nesrìn era irascibile e sempre disposta a menar le mani, ma sadica no davvero.

    L’ascensore terminò la sua corsa, lasciando la rossa in balìa delle ingiurie dei prigionieri; soltanto i pensieri concentrati su diverse questioni, l’aiutarono a evitare distrazioni. La meta adesso prossima, avanzò a passo rapido verso il portone al termine dello stretto corridoio, badando ben poco agli insulti e alle grida colme d’astio rivolte verso la sua persona; istanti per disgrazia destinati a scomparire nel momento stesso in cui la parola vipera destò le attenzioni della dama del fuoco. Bloccando il cammino quasi di scatto, si voltò a osservare l’individuo colpevole dell’illazione con un sorriso divertito stampato in faccia, facendogli poi la linguaccia mettendo in bella mostra la bizzarra lingua biforcuta - simile a quella d’un serpente, causa dell’accento sibilante che tanto la caratterizzava; gli occhi dell’uomo parvero uscire dalle orbite, mentre questi saltava dalle sbarre direttamente contro la parete sul fondo della cella, il volto contratto in una maschera di terrore misto a sgomento.

    La porta della stanza s’aprì con violenza sotto la forza d’un calcio, rivelando tramite scricchiolii contrariati l’arrivo della donna-drago, lesta a prender parola dopo la rabbiosa entrata in scena.
    - Dov’è il basstardo che ha tentato di pugnalarmi a tradimento?!
    Prese una sedia e vi si accomodò sopra incrociando le braccia sullo schienale, una posizione nient’affatto elegante per una signora.
    - Lascia perdere quelle sstupide ampolle, ci pensso io a farlo cantare!
    Esclamò sicura, il pugno avvolto dalle fiamme in un gesto piuttosto eloquente. Kathep e le sue fiaschette potevano andare a farsi incenerire.



    Edited by Kallisto - 16/2/2013, 22:01
     
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  4. Amadar Tellan
     
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    Era da un po' troppo tempo che era stato tenuto rinchiuso lì dentro. Ed era incazzato nero per quel fatto: normalmente sarebbe uscito in trenta secondi da quella cella, avrebbe impiegato un altro paio di minuti per riprendersi le sue cose e altri cinque minuti per andarsene con tanti saluti, lasciando all'asciutto quei grandissimi figli di... E invece non ne aveva la possibilità: risvegliatosi, aveva elaborato un piano sufficientemente elaborato per riuscire ad evadere senza colpo ferire, ma poi al momento di metterlo in pratica avva cercato di usare l'alchimia e si era ritrovato piegato a combattere la nausea!
    *Fanculo! Ma che cazzo succede!? La mia Alchimia...! L'hanno bloccata!*
    Una volta ripresosi in maniera sufficiente da tornare a pensare con sufficiente lucidità, si guardò intorno, in cerca di qualsiasi simbolo, cerchio, runa o pietra fuori posto, per individuare la fonte del problema e disinnescarla, ma purtroppo non trovò niente di niente. Quei bastardi dovevano averlo occultato benissimo apposta per evitare che qualcuno abbastanza competente con quelle cose potesse rimuoverlo e andarsene. E in quel modo fare ricorso alla mera forza bruta sarebbe stato controproducente: avrebbe rischiato solo di farsi altro male per niente.
    Quindi... non gli restava altro che restare dietro quelle maledette sbarre, maledicendo ogni cinque minuti quei bastardi che l'avevano abbandonato e soprattutto quell'ingrato che aveva dovuto attaccarlo invece di andare semplicemente al tappeto dopo che gli aveva fatto il favore di dargli una ripassata invece di ammazzarlo come a quel punto si sarebbe meritato... Tutti avrebbero dovuto morire... se solo l'avessero pagato per uccidere qualsiasi ostacolo fino all'obbiettivo, non sarebbe lì, in attesa di essere avvelenato da un bastardo di un secondino corrotto oppure interrogato e poi mandato a morte da quei bastardi dei suoi carcerieri. Tutto perché anche quel dannato Codec o come accidenti si chiamava gli si era pure scaricato! Più sfiga di così...

    Invece erano passati chissà quanti giorni ed era rimasto vivo, fino a quando non era stato preso dalla sua cella, ammanettato e portato lì in quella stanza. In tutti quei giorni aveva fatto il punto della situazione e aveva concluso che qualcuno non aveva semplicemente potuto raggiungerlo o pensare a lui... a malapena gli veniva dato da mangiare qualcosa e ogni volta aveva controllato il piatto in cerca di veleni che poi non c'erano mai stati. Gli avevano tolto tutto, ma non erano riusciti a trovare la maschera che aveva indossato... e aveva quindi deciso di conservare l'aspetto mutato che gli era rimasto addosso fin da quella fottuta sfigatissima notte: in qualche modo pensava che non essere riconosciuto come Amadar Tellan potesse risultargli utile e se fra tutti quanti nessuno era riuscito a scoprirlo, era meglio restare nell'anonimato. Non che volesse tornare tanto presto, ma era meglio avere libertà di circolazione piuttosto che troppi posti da evitare.
    E così, piantonato da due secondini, si ritrovava con a malapena i pantaloni addosso e un bel paio di robuste manette seduto su una sedia e di fronte ad un tavolo. Fondamentalmente avrebbe anche potuto cercare di prendere la palla al balzo, ma purtroppo quello che l'aveva trattenuto negli ultimi tempi continuava a trattenerlo: era senza forza, senza poteri e praticamente senza nemmeno una forchetta per difendersi in un poto sconosciuto... e verosimilmente ancora sulla maledettissima isola volante, per cui anche se fosse miracolosamente riuscito ad andarsene da quella prigione, poi dove accidenti sarebbe potuto andare? Prima o poi l'avrebbero riacchiappato, se se ne fosse andato da solo. E quei porci comodi dei suoi clienti non lo avrebbero certo aiutato andarsene, se non all'altro mondo. Una situazione tutt'alto che invidiabile. Se solo quel dannato Codec avesse ripreso a funzionare...
    Le sue riflessioni vennero interrotte dall'arrivo di una "vecchia conoscenza": l'algido elfo massacratore di ostaggi innocenti entrò e gli si piazzò dall'altro lato del tavolo e iniziò a fargli un preambolo tanto stupido quanto inutile per digli che anche altri sarebbero arrivati, condendo il tutto con una chiara espressione di fastidio, probabilmente per l'attesa.
    "Non che abbia preso molti altri appuntamenti..." gli rispose lui con fare rilasato, predisponendosi all'attesa.
    Il secondo turno toccò ad un altro protagonista di quella sera: lo scheletro del necromante per cui aveva già lavorato in passato la prima volta che era stato su quella dannata città volante. Il codardo continuava a non mostrarsi di persona, ma a mandare il suo rinsecchito avatar direttamente dall'armadio della sua lussuosa casa. E quest'ultimo poi tiò fuori dallla borsa che aveva appresso tutta una serie di filtri e composti alchemici schierati in bell'ordine sul tavolo. L'Alchimista allora cominciò a squadrarle tutte dalla prima all'ultima con occhio critico e competente: alcune le riconobbe subito, mentre altre boccette gli erano inaccessibili finché non ne avesse esaminato meglio il contenuto. Quello che stava vedendo non gli era comuqnue granché piacevole e doveva fare attenzione... soprattutto perché non voleva sperimentare di persona qualcosa di non distillato da lui, soprattutto perché aveva già fatto da cavia una volta e il risultato lo ricordava ogni volta che si guardava allo specchio o si guardava mentre si rivestiva dopo essersi divertito abbastanza con una bella figliola.
    E approposito di figliole, gli venne quasi da sobbalzare quando la porta venne praticamente sfondata dalla terza arrivata, che entrò come una furia, acchiappò una sedia e si piazzò anch'essa davanti a lui, guardandolo malissimo e scambiando parole tutt'altro che gentili nei confronti del secondo. Quella constatazione lo fece sorridere sotto i baffi e gli fece rispondere alla prima domanda della focosa: "Penso che tu faccia riferimento ad un pezzo di strada e a chi non è qui, rossa."
    Poi, dopo un paio di istanti, si rivolse all'elfo e gli disse: "Adesso ci siamo tutti o dobbiamo aspettare il quartetto completo?" Quello sarebbe stato forse il colmo... così come la voglia di spaccare qualche dente praticamente a vista.
     
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    ~ { Prigione (Albero-Casa), Lie to Me n°2


    Audace. Quel tipo ti piaceva, a suo modo. Aveva gli attributi, di uno che era abituato, magari, a stare seduto dall'altra parte, a contrattare. Forse per questo avevi abbassato la mano sulla spada più lentamente del solito, benché all'atto di estrarla, questa guizzò come un fulmine verso l'altrui direzione. Mai fendente fu più veloce e mai come allora la lama toccò qualcosa che non era pelle. Perché, quando tornasti e depositare la Spada nel suo fodero, il viso altrui parve aprirsi in due e cadde in terra, rivelandoti un'altra faccia. Così, sorpreso, commentasti:

    E io che speravo di sfregiarti, si vede che oggi sei fortunato.

    Fortunato, sì. Specie se si considera che il viso non aveva riportato alcun danno, cosa che quasi ti dispiacque. Giacché però non eri lì per giocare, mettesti subito in chiaro il perché di quel tuo gesto.

    La fortuna non ti aiuterà una seconda volta, perciò considera il mio come un gesto d'avvertimento. Parla in una maniera che non mi piace e ti uccido. Respira in una maniera che non mi piace e ti uccido. Pensa anche solo ad una cosa che non mi piace e ti uccido. Intesi?

    Giusto per fargli comprendere che non amavi giocare, specialmente dopo quanto ti era capitato con quel tale, Timmons, ti alzasti iniziando a girare attorno al tavolo come uno squalo affamato.

    Il fatto che tu sia ancora vivo dipende in realtà da un motivo preciso, ovvero che la tua vita ha un che di prezioso. Cosa ti chiedi? Beh io le chiamo, confidenze. Ma tu puoi chiamarle anche informazioni, se vuoi.

    L'ennesimo giro attorno al tavolo, la spada sguainata che, strusciando sulle mattonelle, emetteva un leggero suono metallico.

    Siete venuti in quattro su Laputa ma sappiamo così poco di voi. E considerando come ti hanno trattato, immagino tu non sia così sciocco da voler tenere segrete certe informazioni, dico bene?

    Fermatoti di colpo, rinfoderasti la spada per battere lievemente i palmi delle mani sul tavolo, fissando l'altro a brevissima distanza.

    Le cose stanno cosi e non mi ripeterò due volte. Rispondi alle nostre domande, a tutte le nostre domande, e io ti assicuro che lascerai la prigione sulle tue gambe e con le tue cose. Fermo restando che avrai una notte per sparire, dato che a Laputa non sei più il benvenuto. Affare fatto?

    E finalmente la prima parte di quell'interrogatorio era cominciata, adesso toccava a Kathep e Nesrin avanzare le proprie richieste, alle quali confidavi che quel tale non avrebbe esitato a rispondere in maniera affermativa. D'altronde, ne andava della sua vita.
    il mio "attacco" conta come un colpo autoconclusivo che fa danno 0 ma ti priva della maschera :sisi:

    Halo of the Justice
    Altro non è che una aura di "cárisma" che circonda alcuni degli appartenenti alla gilda. Tale aura è invisibile tuttavia splendente per chi è in grado di guardarla, ed è un concentrato di Salvezza, Misericordia e Grazia. Coloro che avranno modo di osservare un portatore di tali doni, vedranno nelle sue gesta, anche quelle non apprezzabili, la manifestazione più alta di Giustizia, perchè Aviatore è colui che scelse di avere il dono di una vita spesa al servizio dei fratelli "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto" { l'appartenenza ai LAM dona a Grifis il potere d'ammaliare passivamente gli altri, inducendoli a ritenere giusta qualsiasi sua azione }.

    Sonata Arctica
    Grifis è solitamente paragonato per similitudine ad una gelida sinfonia. E proprio da questo termine prendeno il nome alcune sue capacità, ovvero Sonata Arctica: questa lo vede emanare un'aura particolare e fine, avvertibile da chiunque gli sia prossimo o si trovi in un raggio pari a sette metri; e tale influsso, altrimenti conosciuto come influenza psicologica, induce il prossimo a rivolgersi al Falco con il dovuto garbo e rispetto. Diviene dunque impellente, per chiunque gli fosse prossimo, a frenare la lingua evitando sproloqui o altri scivoloni poco graditi. E' chiaro che il suddetto potere sia soggetto all'interpretazione altrui, oltre che ad essere bloccato da eventuali schermature e/o difese fino ad un livello medio { Grifis emana un'aura capace di influenzare psicologicamente il prossimo passivamente, inducendolo a comportarsi nei suoi confronti con rispetto e riverenza }.
     
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    Nesrìn.

    A quasi sfondare la porta di quella cella non poteva che essere stata lei, supposizione che effettivamente si rivelò esatta.

    Dov’è il basstardo che ha tentato di pugnalarmi a tradimento?!
    Lascia perdere quelle sstupide ampolle, ci pensso io a farlo cantare!


    Si chiese perché quella donna dovesse fare sempre tutto quel rumore, non era forse capace di muoversi con il minimo indispensabile di grazia che era proprio del suo sesso?
    Non che si aspettasse che le donne diventassero improvvisamente tutte delle principesse, nei modi e nel porsi, però che non si comportassero come dei carovanieri sbronzi.
    La Rossa era appena entrata e già il suo mal di testa andava peggiorando.

    Oh no, tu non farai proprio un bel niente e agitare quel pugno infuocato non ti servirà a far valere le tue ragioni, quindi smettila di frignare.
    Non sei tu a condurre questo interrogatorio, ma io e Grifis.
    Tuttavia se il prigioniero dovesse rivelarsi…intrattabile ti lasceremo giocare un po’ con lui.


    Questa era una minaccia rivolta soprattutto al loro caro ospite, il quale probabilmente avrebbe preferito evitare di farsi massacrare di botte dalla donna drago, chiunque avrebbe preferito evitarlo.
    Lei aveva la tendenza ad andarci piuttosto pesante.

    Poi fu il turno di Grifis, il quale con un movimento rapidissimo del braccio sfregiò il loro prigioniero.
    Il vecchio già stava portandosi una mano al viso quando notò che la faccia dell’altro cadde, letteralmente, al suolo rivelando ciò che era stato nascosto fino a quel momento, l’incantesimo di camuffamento venne spezzato e il vero aspetto rivelato.
    Khatep lo riconobbe subito, era il “Lupo Grigio”, come gli piaceva farsi chiamare e aveva lavorato per lui molto tempo prima.
    La cosa non avrebbe contato.

    Comunque il Falco continuò con il suo teatrino e la sua sciocca pantomima, minacciandolo di morte in caso avesse pensato, fatto o detto qualcosa che non gli piaceva.
    Per la Luce era la cosa più sciocca che avesse mai sentito, loro non potevano ucciderlo prima che avesse fornito loro le informazioni che gli servivano e questo lo sapevano loro come lo sapeva lui, non aveva alcun senso minacciarlo di morte in questo modo.
    Inoltre il rumore della spada che strisciava sul pavimento gli accrebbe ancora di più l’emicrania.

    Grifis, perché non ti siedi?
    Sono sicuro che il nostro gentile ospite sa bene di essere completamente nelle nostre mani e che possiamo ucciderlo in ogni momento, inoltre ti pregherei di non strisciare più quella spada sul pavimento, produce un rumore alquanto fastidioso.


    Non poteva certo dire che risentiva dell’influenza del campo antimagia davanti al loro prigioniero, chissà come avrebbe potuto usare quell’informazione in futuro.
    Si rivolse infine all’indesiderato intruso.

    Ben tornato a Laputa, Lupo Grigio.
    Se credi di poter fare leva su un qualunque nostro legame passato, ti sbagli, giusto perché tu lo sappia.
    Detto questo, perché non cominci con il rivelarci il tuo vero nome e cosa ti ha portato nelle nostre belle terre?
    Ai tuoi compari verremo dopo, avremo tutto il tempo di parlare di loro piuttosto diffusamente, ma per ora parlaci di te.

    Ti conviene farlo, vedi, io non ritengo che pestare o uccidere un prigioniero prima che abbia parlato sia molto logico…
    …cerca di non farmi cambiare idea.

     
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    Nesrìn
    Giunta ormai alla sede dell’interrogatorio, Nesrìn diede solo una rapida lettura dell’ambiente circostante, molto più interessata al prigioniero colpevole di tentato omicidio e non certo all’arredo, troppo tetro e spoglio per incontrare il suo gradimento; già, perché questo caratterizzava un’autentica sala delle torture e nient’affatto gli strumenti del mestiere! Requisito invece fondamentale, proprio d’ogni camera del tormento che si rispetti, ma del tutto ignorato dalla rossa; la ragione era forse legata allo spirito draconico, forgiato dal fuoco di mille battaglie e ora quasi assuefatto verso quei dettagli all’opposto considerati macabri dalla gente comune. Uno sguardo distratto vagò allora sull’intero scenario, analizzando il minimo indispensabile, fissandosi poi negli occhi del criminale appena questi diede sfoggio della sua arroganza, rispondendo alla domanda retorica della focosa con un commento ironico; facile quindi immaginare la reazione della dama, poco amante delle battute di spirito, specie se pronunciate da chi avrebbe preferito incenerire: il volto contratto e i nervi a fior di pelle, la metadrago s’incendiò come un tizzone ardente, sfogando senza freni la rabbia crescente.

    « Taci! »
    Sibilò spazientita all’odiato interlocutore, mentre una fiammata le sfuggiva dalle labbra.
    « Ritieniti fortunato ad esssere ancora vivo! Fossse sstato per me, ti avrei già carbonizzato! »

    Se davvero intendeva stuzzicarla, o era un pazzo, oppure un aspirante suicida; grazie al cielo, la sedia sulla quale poggiava il bel sederino della donna-drago pareva sopportare bene le fiamme (chissà, magari l’avevano messa lì apposta pensando a lei), sennò si sarebbe presto trovata a far compagnia al freddo pavimento.

    « Oh no, tu non farai proprio un bel niente e agitare quel pugno infuocato non ti servirà a far valere le tue ragioni, quindi smettila di frignare. »

    Colta alla sprovvista dal subitaneo commento seccato del redivivo, Nesrìn quasi saltò sulla seduta, lanciando in seguito alla mummia una delle sue migliori occhiate ostili, chiaro segno di quanto l’uscita del compagno l’avesse offesa: la rossa odiava essere rimproverata, inutile dirlo ... e il fatto che fosse stato Kathep a riprenderla, alimentava ancor più il suo disappunto.

    « Non ssto frignando. »
    Obbiettò alle parole dello scheletro ambulante, cercando di mantenere la calma.
    « Volevo ssolo ssottolineare l’inutilità delle vosstre minacce. »
    Una breve pausa, le iridi color ambra ora posate sulla figura dell’interrogato.
    « Contano ssoltanto i fatti ... quindi, prima gli sspacchiamo la faccia e poi gli facciamo le domande! »

    Ottimo piano, nevvero? Anche Grifis sembrava dello stesso parere, lo dimostrò sfoderando la spada e menando un fendente mirato al volto del malcapitato, col probabile intento di sfregiarlo; ahimè, fu uno sforzo vano, giacché la lama del Bianco non tagliò della carne, bensì le fibre d’una maschera, così rivelando finalmente il vero volto del nemico. La focosa sgranò gli occhi stupita, ma si riprese subito.

    « No, Comandante, il lavoro ssporco lascialo a me, ti prego. »
    Sorrise beffarda, la faccenda stava diventando interessante.



    Edited by Kallisto - 11/3/2013, 13:57
     
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  8. Amadar Tellan
     
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    Sorrise sornione di fronte allo sbotto della rossa e a vederla sostanzialmente litigare con il cadavere mosso da chissà dove dal necromante: a quanto pareva, quella focosa non solo era tanto impetuosa quanto sciocca, ma era anche la subordinata del tezetto. Chissà, forse avrebbe potuto sfruttare quella cosa per agitare un po' le turbolenze e approfittarne quantomeno per fare in modo che la sua posizione apaprisse più leggera e affossare l'altra sciocca. Non pensava che avrebbe potuto scatenare una baraonda tale da permettergli di fuggire, anche perché gli altri problemi sarebbero rimasti tali e quali, ma forse forse avrebbe potuto anche divertirsi un po' alle loro spalle senza che nemmeno se ne accorgessero, allietando un po' una situazione che voleva essere resa piuttosto pesante.
    Che la sua situazione non fosse bella gli era infatti ben chiaro. Che quei tre stronzi potessero avercela con lui per essersi fatti scappare gli altri, più colpevoli di lui di fronte a quello che era successo, non lo metteva in dubbio. Ma che quell'elfo decidesse di partire all'attacco andando contro ogni possibile ed immaginabile protocollo e codice della cavalleria non se lo aspettava. Per sua fortuna almeno mosse il braccio troppo lentamente per coglierlo di sorpresa, ma anche in quel modo non iuscì a scansarsi del tutto, ma solo a tirare indietro la faccia abbastanza per non farsela taccare di netto.
    La maschera, purtroppo, non resistette al taglio e non olo venne troncata a metà, ma gli saltò pure via dal viso. Il modo con cui ciò avvenne si rivelò inaspettatamente doloroso, forse anche più di quanto gli era costato indossarla, tanto da costringerlo a piegarsi sul tavolo, mentre il suo corpo veniva preso dagli spasmi mentre i muscoli crescevano, si rigonfiavano, le vene si esponevano più dure che mai e la pelle asusmeva caratteristiche più chiare, quasi albine e i faceva meno liscia e perfetta, quanto piuttosto solcata da un numero abbastanza consistente di cicatrici sia sul petto sia sulla schiena, segno di numerose battaglie e torture subite tempo addietro. E con i muscoli, mutò persino il volume del suo corpo e in mezzo agli spasmi, il giovane uomo tra i trenta e quarant'anni divenne sotto gli occhi un ultraventenne alto più di due metri e abbastanza largo da poter impensierire molti bell'imbusti che raggiungevano tale stazza solo con addosso strati di armature molto pesanti. Purtroppo per lui e per fortuna di tutti gli altri presenti, anche le catene che gli serravano i polsi crebbero abbastanza da adeguarsi alle nuove dimensioni del Lupo Grigio, altrimenti avrebbero sicuramente ceduto di fronte a quella crescita spropositata.
    Probabilmente le due guardie dierto di lui dovevano esersi prese un bello spavento e dovevano pure aver spianato le armi di fronte a quel fenomeno. Quello era forse l'unico risvolto vagamente comico in quella situazione surreale, ma non riuscì a trovarlo divertente perché lui vi era direttamente coinvolto. In altri frangenti forse avrebbe sorriso in una maniera macabra di fronte a tale prospettiva.
    Quando i dolori gli furono passati e il suo respiro divenne più regolare, come i battiti del suo cuore, il ritornato Amadar Tellan mosse la testa e i lunghi capelli grigi verso la parte della maschera che era finita sul tavolo e allungò lentamente le mani verso di essa, la afferrò risollevò il viso, coperto in parte dalla chioma e rigirò il pezzo, valutando precisione e nettezza del taglio, valutando ancora una volta, e mai ne avesse avuto bisogno, quanto quella lama fosse pericolosamente affilata, forse anche più della sua Spada di Otataral.
    "Beh... è il caso di dire 'alla faccia di tutto'" commentò con una certa amarezza, abbasando di nuovo il frammento ul tavolo e lasciandolo di fronte a sé, ormai inutile e svelato.
    Le reazioni dei tre che aveva di fronte si rivelarono le più varie: l'elfo rimase apparentemente impassibile e rimase nel suo ruolo di torturatore minaccioso, aggirandosi per la stanza come una sorta di avvoltoio con tanto di codazzo metallico sonoramente strisciante sulla pietra, spuntandogli addosso considerazioni e minacce tanto poco velate quanto inutili, come poco dopo osservato dal cadavere. Di fornte a quella scena di palese sofferenza ed insofferenza, Amadar si chiese quanto potesse essere sbagliato il piede con il quale era sceso dal letto quella mattina il necromante se nemmeno tramire il suo corpo di servizio riuscisse a nascondere il proprio stato di malessere.
    *Tanto valeva che venisse di persona, a questo punto...* commentò fra sé, che per la seconda volta non vedeva in faccia quell'altro interrogatore.
    La terza semplicemente rimase sorpresa e pregò l'elfo, il comandante in capo, di poter svolgere il lavoro sporco, implorando alla stregua di una cagnolina. Ma quanto era inutile quella ragazza?
    Ad ogni modo, era il caso di rispondere, ignorando ovviamente il piagnisteo di quella che nemmeno gli aveva rivolto una domanda, ma solo una velata minaccia che rivelava la sua frustrata impotenza di fronte a quella situazione e alla quale preferì non replicare. Prima di tutto parlò all'elfo, risollevando il capo: "Hai preso in pieno. Non sono uno stupido come tanti altri potebbero esserlo nelle mie circostanze: come anche il mio corpo dovrebbe testimoniare, ho già avuto la mia buona razione di patemi e torture e non ci tengo particolarmente ad avere altre memorie scolpite nella carne. E soprattutto non ho alcun motivo per tenere la bocca chiusa, ragion per cui sì, per me l'affare è fatto."
    Poi si rivolse all'altro, che gli aveva fatto delle domande e ci tenne a precisare una cosa: "Presumo che il comandante abbia parlato a nome di tutti gli altri presenti, quindi rispetterò la mia parte dell'accordo nella stessa misura in cui sarà rispettata nei miei confronti" e con ciò lanciò un'eloquente occhiata sia alle pozioni sia soprattutto alla focosa cagnolina che uggiolava per potergli mettere le mani addosso. Se non avesse potuto fare leva per migliorare la sua poizione, avrebbe ritorto il pasato contro di lui: se c'era qualcosa che non gli andava giù era un cliente pienamente soddisfatto che poi si rivelava essere un totale ingrato. Poi si dispose più comodamente sulla sedia e cominciò a parlare: "Per quanto riguarda la mia identità, nemmeno io sono uno che ama ripetersi, quindi passerò sopra alla prima domanda, dato che l'avevo già rivelata a te, come all'altro impiastro che si è aggregato e anche a quella ragazza, quella Drusilia Galanodel che mi hai chiesto di difendere e che sarebbe rimasta schiava nel tuo mondo se non ci avessi pensato io sul momento." Fece una piccola pausa che usò per aggiustarsi meglio sulla sedia e continuò: "Per quanto riguarda la mia venuta qui... beh, come mi hai assunto tu una volta per una missione di furto e omicidio, così un altro pezzo gosso di Laputa mi ha ingaggiato. Un buon compenso per un lavoro tutto sommato tranquillo: creare un po' di confusione al vostro Mastio, senza nemmeno che fosse necessario uccidere qualcuno... cosa di cui c'è gente che avrebbe dovuto essermi grata invece di tentare ed imbroccare colpi fortunati come quello che ha portato a questa... conversazione."
    Quello era un azzardo, ma conveniva parlare chiaro e dire anche in faccia quella che in fondo era la pura e semplice vrità: lui avrebbe potuto ammazzare tranquillamente quel fortunato bastardo e se solo fosse stato pagato per farlo, non avrebbe nemmeno avuto la possibilità di fare nulla prima di ritrovarsi in bara... e per com'erano andate le cose, lo stesso potva disi anche per qualcun altro dei presenti. "Posso dirvi inoltre" aggiunse per sviare un po' "che chi mi ha ingaggiato assieme agli altri aveva anche abbastanza potere non solo per aizzare la folla, ma anche per conoscere, nascondere e sfruttare a proprio vantaggio delle debolezze strutturali delle vostre mura, cosa che spiega anche il modo in cui abbiamo superato con tanta facilità tutti i casini di piazza che abbiamo trovato lungo il percorso. Peccato non ce ne fossero di direttamente collegate al Mastio..."
    Di fornte a quella rivelazione voleva vedere come l'avrebbero presa e come avrebbero reagito. Soprattutto voleva capire quanto sarebbero stati di parola: se lo avessero aggredito subito, avrebbe avuto la certezza che volessero semplicemente fregarlo e che lui non sarebbe riuscito ad uscire loro sponte da quella celal e che avrebbe dovuto prendere altri provvedimenti. Se invece si fossero limitati ad un richiamo a fare attenzione, la storia sarebbe andata diversamente.
     
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    ~ { Prigione (Albero-Casa), Lie to Me n°3




    Tu mi piaci.

    La tua voce ruppe il silenzio conseguente alle sue parole.
    Forse nessuno avrebbe mai immaginato che dalla tua bocca potesse uscire una tale frase, ma prima che chiunque fraintendesse, prendesti la sedia per tornare a fissarlo in faccia -e anche per accontentare Khatep.

    Sei uno sveglio e hai più cervello di quelli che erano assieme a te. Non dubitavo che avresti collaborato, quindi continua così e domani potrai respirare aria pulita.

    Rimuginando su ciò che ti aveva detto, avevi compreso che Kathep si era servito di lui già una volta, per giunta per una missione in cui aveva aiutato Drusilia. Questo non cambiava certamente la sua condizione, ma quanto meno ti permetteva di riflettere meglio sulla sua natura: un mercenario, un uomo avido di soldi, non mosso da interesse personale ma solo dal guadagno -si presume- facile.

    Quindi tu e gli altri siete stati assoldati, come mercenari, per la missione che vi ha poi indotti ad combatterci.

    Non solo, che fosse stato un pezzo grosso questo, loro, lo sapevano già. Dopo i Nove Giorni non c'erano stati dissidenti che, braccati, avevano dovuto scegliere tra la galera o l'esilio. Anche che le folle fossero state aizzate contro Drusilia non era, affatto, una novità. Tuttavia la questione dell'interrogatorio tornò a bussarti prepotente, e tu senza fare resistenza cedesti.

    Posso desumere che tu non abbia incontrato mai prima di allora i compagni che ti hanno tradito, e che eravate accomunate solo dalla missione. O forse mi sbaglio? Come pure le vostre maschere, sono equipaggiamenti vostri o vi sono state donate successivamente?

    Quegli oggetti avevano avuto il potere di cambiare le fattezze di coloro che le indossavano, motivo per cui era da supporre che, a parte quel tale Dimitry, anche gli altri avessero usato tale stratagemma per nascondere le proprie identità.

    Ti saresti infine fermato, cedendo la parola a Kathep, che speravi rivelasse l'altro nome del Lupo Grigio, oltre a fargli qualche altra domanda. Idem avresti fatto con Nesrìn, se avesse voluto aggregarsi.
    ricapitolando, le domande che Grifis ti ha fatto sono:

    -Hai mai conosciuto prima gli altri mercenari?
    -Se sì, eravate accumanti solo dalla missione o avevate altri legami?
    -Le maschere mutaforma sono vostre o vi sono state date?

    Halo of the Justice
    Altro non è che una aura di "cárisma" che circonda alcuni degli appartenenti alla gilda. Tale aura è invisibile tuttavia splendente per chi è in grado di guardarla, ed è un concentrato di Salvezza, Misericordia e Grazia. Coloro che avranno modo di osservare un portatore di tali doni, vedranno nelle sue gesta, anche quelle non apprezzabili, la manifestazione più alta di Giustizia, perchè Aviatore è colui che scelse di avere il dono di una vita spesa al servizio dei fratelli "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto" { l'appartenenza ai LAM dona a Grifis il potere d'ammaliare passivamente gli altri, inducendoli a ritenere giusta qualsiasi sua azione }.

    Sonata Arctica
    Grifis è solitamente paragonato per similitudine ad una gelida sinfonia. E proprio da questo termine prendeno il nome alcune sue capacità, ovvero Sonata Arctica: questa lo vede emanare un'aura particolare e fine, avvertibile da chiunque gli sia prossimo o si trovi in un raggio pari a sette metri; e tale influsso, altrimenti conosciuto come influenza psicologica, induce il prossimo a rivolgersi al Falco con il dovuto garbo e rispetto. Diviene dunque impellente, per chiunque gli fosse prossimo, a frenare la lingua evitando sproloqui o altri scivoloni poco graditi. E' chiaro che il suddetto potere sia soggetto all'interpretazione altrui, oltre che ad essere bloccato da eventuali schermature e/o difese fino ad un livello medio { Grifis emana un'aura capace di influenzare psicologicamente il prossimo passivamente, inducendolo a comportarsi nei suoi confronti con rispetto e riverenza }.
     
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    Cercare di usare la Galanodel come punto a proprio favore era stata una mossa tanto ingenua quanto inutile, sicuramente non sarebbero stati i loro rapporti passati a dargli una mano in quella situazione così grigia per lui.
    Non sarebbe certo stato così semplice.

    Oh certo, devo riconoscere che quello è stato un lavoro ben svolto però vedi, sei anche stato pagato per quel lavoro quindi io non ti devo più assolutamente nulla.
    Temo proprio che appellarti a rapporti passati o al fatto che tu abbia salvato la Galanodel, cosa di cui sinceramente dubito dato che confronto a lei sei poco meno di una formica storpia, non ti sarà di alcun giovamento nella posizione attuale.


    Lo disse con la voce più candida che gli riuscì di fare con quella lacerante emicrania, se si aspettava una qualsiasi gratitudine aveva sbagliato di grosso.

    Comunque, sì, Grifis parlava a nome di tutti noi, se risponderai a tutte le nostre domande indipendentemente da quanto ripetitive possano essere, lascerai questa prigione sulle tue gambe e con le tue cose.
    Ora perché non dici il tuo nome a tutti i presenti, adesso.


    Quel tizio doveva capire che il coltello dalla parte del manico l’avevano loro e loro soltanto quindi avrebbe dovuto abbassare la cresta e fare ciò che gli avrebbero detto oppure gli sarebbero potute succedere cose piuttosto spiacevoli.
    Perché se da un lato era vincolato a lasciarlo andare qualora avesse risposto prontamente a tutte le loro domande, dall’altro ciò significava che bastava che facesse il furbo su una per far decadere l’intera questione, allora avrebbe potuto interrogarlo a modo suo e la cosa non gli sarebbe piaciuta per nulla.

    Comunque sia hai parlato di debolezze strutturali nel nostro sistema di mura, gradirei molto che ci illustrassi la questione un po’ più nel dettaglio.
    Si trattava di un passaggio segreto sotterraneo o di un sistema di teletrasporto?
    In ogni caso, dov’è il sistema di entrata?
    Fornisci ogni dettaglio da te conosciuto, te lo consiglio.


    Piegò la testa poi in direzione di Nesrìn, implicando fortemente che in caso avessero scoperto che le informazioni fossero state false o inesatte, il Lupo Grigio avrebbe rimpianto amaramente di non trovarsi in una delle sale di tortura in cui gli avevano procurato quelle cicatrici.

    Edited by Settra - 12/3/2013, 23:52
     
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    Nesrìn
    Il mercenario vuotò il sacco. Rivelò tutto ciò di cui era a conoscenza, ignorando, privo d’alcun rimorso, il rapporto che lo legava ai compagni, colpevoli d’averlo abbandonato al suo destino; anzi, forse fu appunto per questo, se l’uomo decise d’accettare l’accordo offertogli da Grifis: spifferare ogni cosa, in cambio della libertà. Cantò quindi come un uccellino, rispondendo servizievole alle domande quanto un bravo ed educato informatore, dando pure sfoggio d’una bella parlantina - quasi dimentico della sua attuale posizione, e infine ben fu lieto d’illustrare il proprio disappunto all’idea d’uscire dalla stanza con delle nuove cicatrici marchiate a fuoco - o comunque tramite qualsiasi altro mezzo, sulla povera pellaccia; pensiero lecito, infondo, già ne era ricoperto dalla testa ai piedi, i Liberi neanche volendo avrebbero potuto trovare uno spazio libero da dedicare ad una sana tortura, non senza passare sopra degli sfregi vecchi di secoli ... e ulteriori ripassi, rischiavano sul serio d’imbruttire il grigio oltre l’umana sopportazione.

    Volto imbronciato, la rossa ascoltò distratta il discorsetto dell’assassino, rattristata dalla prospettiva nient’affatto remota di veder sparire l’interrogato ancor prima d’avergli fatto incassare un decente manrovescio, quando, ormai arrivato alle ultime battute, il prigioniero pensò male d’accennare a un certo lavoro svolto tempo addietro sotto l’ingaggio dello scheletro ambulante; immediata, allora, la reazione ostile della metadrago. No, ripicca o meno verso i soci (mica tanto) in arme, il signorino era un vigliacco con la v maiuscola! Il perché, è presto detto. Nesrìn poteva sembrare una stupida, ma certo definirla ric*******ta era decisamente esagerato.

    « Citare quessto tuo “eroico” ssalvataggio di Drussilia, non ti rissparmierà la pena. »
    Ergo: ti spacco la faccia lo stesso. Andiamo, pensava davvero di cavarsela grazie ad una simile scusa?
    « Temo proprio che appellarti a rapporti passati o al fatto che tu abbia salvato la Galanodel, cosa di cui sinceramente dubito dato che confronto a lei sei poco meno di una formica storpia, non ti sarà di alcun giovamento nella posizione attuale. »
    Pensiero condiviso da Kathep. Soddisfatta e contenta, la focosa gli rivolse uno sguardo complice, chiaro segnale della sua approvazione: il mucchio d’ossa s’era appena guadagnato il rispetto della dama del fuoco; piacere, ahimè, effimero, giacché venne subito sostituito da un cipiglio teso e confuso appena il Falco prese parola, quasi fosse sotto l'effetto di sostanze stupefacenti.
    « Tu mi piaci. Sei uno sveglio e hai più cervello di quelli che erano assieme a te. Non dubitavo che avresti collaborato, quindi continua così e domani potrai respirare aria pulita. »
    Uno scatto, gli occhi fuori dalle orbite dell’ardita giovane incontrarono quelli più calmi e rilassati del Comandante Bianco.
    « Sstai sscherzando?! »
    Inutile dirlo, i buoni intenti del suo superiore le davano i brividi.
    Scosse il capo sconsolata, meglio lasciar perdere e stare al gioco, perché in verità, nient'altro poteva fare.
    « Vissto che ssiamo tutti in vena di domande, io voglio ssapere il nome di quella ssgualdrina ... »
    Voleva vendicarsi. Voleva carbonizzarla.
    « ... ammessso ssia davvero una donna. »



    Edited by Kallisto - 21/3/2013, 14:24
     
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  12. Amadar Tellan
     
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    Alle sue parole ci furono diverse reazioni, ma fondamentalmente una positiva e due negative, delle quali una più connotata di stupidità dell'altra.
    L'unico che la prese bene fu l'elfo, che gli andò a garantire che se tutto fosse continuato in quel modo, sarebbe stato presto libero di andarsene per conto proprio. Forse non un rilascio ufficiale per non perdere la faccia, ma quello che contava era il risultato. Quindi prese a fargli altre domande riguardo alla sua posizione e a quelle degli altri e alla maschera che aveva tagliato in due con un colpo netto. Poi la parola passò agli altri e lì cominciò la fiera dell'idiozia.
    La pima attrazione fu il necromante, che tramite lo scheletro che aveva mandato lì al posto suo ebbe lo caso buon senso di andare a mettere in dubbio ciò che era avvenuto per suo conto, nonostante non avesse avuto le palle di tornare laggiù da solo, ma di mandare loro e quindi non poteva minimamente sapere che cosa diavolo fosse successo laggiù. senza contare il modo in cui gli ribadì come qualsiasi cosa fatta in passato non lo avrebbe aiutato in quel momento. Ovviamente non aveva capito proprio un tubo ed era probabile che non ci sarebbe riuscito nemmeno se gli avesse tirato il bastone in testa di persona.
    *Stupidamente stronzo, oltre che ingrato!* il tipo di cliente che Amadar avrebbe volentieri mandato a quel paese anche a dispetto dei soldi e ad un eventuale successivo incarico avrebbe lasciato il piacere a qualche altro "volontario" della fuffa. Non gli sfuggì però l'alta considerazione per quella topona, la Galanodel, che asserì essere tanto potente da spazzarlo via... e a quel punto fu il turno di Amadar di avere dei dubbi: effettivamente aveva fatto praticamente tutto lui, quindi non aveva esattamente il polso del suo potere, ma se esso era pari alla stupidità che quella tettona aveva dimostrato nel corso dell'incarico, avrebbero fatto meglio ad andare a nascondersi tutti quanti. Se invece fosse stato un discorso inversamente proporzionale, la cosa sarebbe anche potuta cambiare ed effettivamente i calcoli teorici avrebbero potuto essere anche abbastanza esorbitanti...
    Poi udì le domande di quell'altro, ma non fece in tempo a rispondere che arrivò la sibilante voce della rossa ad interromperlo con i suoi commenti a sproposito. Quella tipa aveva continuato a guadarlo torvo, come se non avesse sentito nulla di quanto il suo superiore avesse commentato prima e non vedesse l'ora di eseguire materialmente un qualche genere di tortura o di pestaggio... qualcosa di cui non solo avrebbe potuto pentirsi lei, ma di cui poi avrebbero pagato le conseguenze anche gli altri, perché non avrebbe più risposto e soprattutto non si sarebbe più contenuto rispetto a come stava continuando a fare fino a quel momento... né gli sarebbe più convenuto farlo, almeno per qualche istante. Quindi, quando parlò, le rivolse un'occhiataccia, come a volerle dire "ma tu cosa c'entri con questa storia?" Peraltro aveva parlato di quella Drusilia come se la conoscesse bene e avesse una qualche rilevanza all'esterno di quelle mura... e in tal modo aveva confermato nella maniera più sciocca ed impetuosa possibile quello che già il necrostronzo gli aveva fatto prospettare... ragion per cui, decise di accantonare l'argomento, soprattutto alla presenza di ben due individui particolarmente suscettibili su quel nome e così poco propensi ad usare un briciolo di cervello più del necessario. Ammesso e non concesso che ce ne avessero uno a testa, nel caso del morto letteralmente. Ma quello che lo fece spontaneamente sorridere fu il modo in cui la soddisfazione della ossa si spense quando sentì a scoppio ritardato ciò che l'elfo gli aveva promesso. Anzi, quasi si sarebbe messo a ridere di fronte a quella dimostrazione di cervello a scoppio ritardato!
    *E dire che di solito sono le bionde ad essere delle cretine o delle sadiche stronze. Questa non è bionda, ma è entrambe le cose!*
    A quel punto, scocciata come non mai, la rossa diede un'ulteriore sfoggio di quanto se ne fregasse altamente degli altri e di cosa fosse più conveniente o utile sapere, dato che andò a domandargli qualcosa che l'aveva riguardata da vicino, ovvero il nome di chi l'aveva combattuta e praticamente umiliata in mezzo a quella strada.
    Fu da lì che il Lupo Grigio cominciò a rispondere: "Oh beh, mi spiace dirtelo, rossa, ma non hai ancora capito che non ti sei battuta con altro che un viados..." E se qualcuno avesse avuto esperienza di vita nei bassifondi, avrebbe capito che quel termine, che indicava un uomo travestito da prostituta e che il meretricio lo praticava anche come mestiere, era un non tanto velato insulto a quel suo cosiddetto compagno.
    Poi passò a rispondere all'elfo. "Nel mio caso, è precisamente così: sono stato semplicemente rintracciato ed ingaggiato come di solito avviene nel mio mestiere e degli altri non sapevo nulla fino al momento in cui non li ho incontrati e a cui sono stato aggregato dal cliente. Per gli altri invece il discorso è diverso: tutti e tre si conoscevano già ed era evidente a chiunque. Non so se il cliente voleva semplicemente un sovrannumero che quelli non potevano fornire o li abbiano rintracciati tutti uno per uno e poi per caso si sono ritrovati tutti dalla stessa parte, ma è un'ipotesi che non terrei molto in conto: quei tre non solo si conoscevano, ma erano anche ben rodati e seguivano schemi e regole tipici dei gruppi eversivi organizzati. E venivano tutti e tre da Merovish, al comando dell'unicornuto. Se avessero delle connivenze precedenti con il cliente o abbiano semplicemente colto l'occasione per venire qui per altri motivi e cercare di guadagnarci pure qualcosa, questo dovreste chiederlo a qualcun altro."
    Fece una piccola pausa, poi indicò con una mano i resti della maschera. "Quella ci è stata data dal cliente, uno per uno. Posso dirvi che non è piacevole indossarla e lascia anche un po' spossati, ma il risultato credo che l'abbiate visto tutti. Roba magica comunque, cose di cui non mi intendo granché, dato che il mio campo è quello dell'Alchimia, ma credo sia un po' mal ponderato come forma. Ma lo saprete dire voi, se la analizzerete meglio. Venendo a questioni più concrete, l'unico che non l'ha usata è il tizio cornuto, che ha preferito agire alla luce della luna, se mi passate la metafora modificata. L'altro, quel Dimitry, vi ha invece ampiamente fregati, perché oltre a quella, aveva una seconda maschera e quella vi ha mostrato. Non so per quale ragione vi abbia detto il suo nome: quello corrisponde al vero, per quanto ne so." Passò quindi a dare una descrizione abbastanza utile per un identikit dei due che si erano lasciati a volto coperto e spifferò il nome della finta puttana, soddisfacendo così la curiosità della rossa.
    "Per quanto riguarda me, visto che il vostro compare non ha il buon senso di sorvolare su qualcosa dove lui non c’era e io ho i testimoni, non ha voglia di lasciare qui due secondi il suo cadavere per interpellare gli stessi testimoni di allora e ha troppo mal di testa per..." fece una pausa e lo guardò più direttamente. "Un momento, hai chiesto il mio vero nome?" si appoggiò al bancone per avvicinasi un po' di più a quella faccia rinsecchita. "Quello te lo puoi anche scordare! L'ho lasciato nel mio mondo, più morto e sepolto del tuo cadavere... e lì è bene che rimanga" soggiunse significativamente.
    Si riappoggiò ancora rabbuiato allo schienale e disse ancora: "Anche perché saperlo vi servirebbe ancora meno del corno di chi non c'è: non uno in tutta Endlos saprebbe ricondurre quel nome al mio volto. Se ci tenete ad avere un nome più riconducibile alla mia persona, chiamatemi Amadar. Amadar Tellan."
    Passò un po' di tempo di silenzio, in attesa di reazioni, poi continuò, un po' più calmo di prima: "Tornando alla tua domanda, non c'è nulla di magico nel trucco che abbiamo usato e sarebbe da sciocchi, viste le dimensioni della città: non sono un mago, ma so bene che ci sono dispositivi e capacità di rilevamento della magia a vari campi ed estensioni e scommetto quello che volete che se non ce l'avete già, un modo per tenere sotto controllo la magia dell'intera città lo potete trovare presto. Molto più furbo aggirarvi nel sottosuolo. La cosa non richiede nemmeno troppo: basta un appezzamento da una parte delle mura, un appezzamento dall'altra sulla stessa linea d'aria, uno o due prestanome per maggiore sicurezza e qualche scavatore, magari anche da ammazzare a fine lavoro se si vuole maggiori certezze che non venga scoperto niente. Un classico: perché rispettare integralmente le regole, quando è possibile aggirarle con scarso rischio di essere beccati? E se l'ha fatto chi mi ha ingaggiato, nulla vieta che anche altri ricconi l'abbiano fatto e non mi stupirei troppo se le vostre mura fossero una cattedrale dalle fondamenta di sabbia... o di groviera, come preferite." Specificò quindi il percorso che avevano fato nel latifondo, dando il maggior numero di dettagli che poteva per riconoscere il posto: non essendo un locale, ogni posto era buono per lui, ma la ua pratica gli aveva insegnato che la precisione era fondamentale.
    A quel punto, le domande erano state esaurite... per quel giro, presumeva.
     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    ~ { Prigione (Albero-Casa), Lie to Me n°4


    Adamar.
    -commentasti, sottovoce-

    Ho avuto il tuo stesso sospetto. Vivo da lungo tempo in un'associazione da sapere che, quando si combatte per la stessa causa, alcune consuetudini divengono automatiche.

    Per anzianità di servizio eri quello che, più di tutti i presenti, poteva parlare per esperienza. Anche se comparare l'operato dei LAM ad un gruppo di beceri criminali ti fece rabbrividire, non potevi far ammeno d'ammettere che, ovunque ti fosse capitato d'incontrare personaggi legati da patti o gilde, il modus operandi alla lunga si riduceva al pensier comune. E persone che convivevano per del tempo al raggiungimento di un'obiettivo, nel bene o nel male, imparavano a condividere determinate abitudini... diventando tutti più simili, ma al tempo stesso originali.

    Dai resoconti di Firion e di Nersìn so che, per quanto individuali, le vostre azioni in un modo o nell'altro confluivano nel supporto reciproco. Anzi, le loro azioni. Di contro, tu sei stato il più solitario tra i solitari. Per quanto loro hanno avuto ognuno un modo indiretto di appoggiarsi, tu sei rimasto letteralmente per conto tuo. Salvo qualche sporadico attacco a mio danno. Attacco che però non hai sferrato se non quando eri sicuro che il Kuthiano fosse ormai battuto, e che io fossi stanco.

    Non avevi programmato quell'interrogatorio sul nulla. Non eri sceso nelle prigioni dell'Albero-Casa con un pugno di mosche e tante domande. Adamar non rispondeva a tue domande, appunto. Confermava per lo più congetture di cui eri quasi padrone, ma che, in quel caso, avevano bisogno di un'incentivo in più. Il Lupo inconsapevolmente non solveva nessun dilemma, bensì rafforzava soltanto quanto avevi pensato e ipotizzato. Dalle ipotesi alle certezze, il passo era breve.

    Ricapitolando, il Kuthiano è il solo che non ha usato la maschera. Mentre Dimitry è il solo di cui sappiamo il vero nome -a parte te. Ciò significa che di voi quattro conosciamo solo la tua identità per completo, quella del Kuthiano solo di viso, quella di Dimitry solo per nome, e l'ultimo è rimasto nel completo anonimato.
    -prendesti un po' di respiro, come a raccimolare le idee-
    Adesso quel che mi interessa, e poi penso si possa anche concludere, è sapere se hai visto anche i volti degli altri e se, come tu dici, quei tre avessero qualcosa che distinguesse la loro provenienza e... la loro associazione, sempre se di associazione si tratta.

    A quel punto, anche tu avevi terminato le domande.
    direi che siamo ai giri finali, se non proprio all'ultimo^^ se accetti, Grif userà le anime dela natura e ti darà dei fogli per farti riprodurre i visi degli altri tre in modo perfetto MA SE E SOLO SE Adamar ha visto i volti degli altri (anche se erano camuffati, suppongo che per mettersi la maschera debbano aver mostrato le loro vere facce; altrimenti, rifiuta dicendo che non hai visto i loro volti).

    Halo of the Justice
    Altro non è che una aura di "cárisma" che circonda alcuni degli appartenenti alla gilda. Tale aura è invisibile tuttavia splendente per chi è in grado di guardarla, ed è un concentrato di Salvezza, Misericordia e Grazia. Coloro che avranno modo di osservare un portatore di tali doni, vedranno nelle sue gesta, anche quelle non apprezzabili, la manifestazione più alta di Giustizia, perchè Aviatore è colui che scelse di avere il dono di una vita spesa al servizio dei fratelli "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto" { l'appartenenza ai LAM dona a Grifis il potere d'ammaliare passivamente gli altri, inducendoli a ritenere giusta qualsiasi sua azione }.

    Sonata Arctica
    Grifis è solitamente paragonato per similitudine ad una gelida sinfonia. E proprio da questo termine prendeno il nome alcune sue capacità, ovvero Sonata Arctica: questa lo vede emanare un'aura particolare e fine, avvertibile da chiunque gli sia prossimo o si trovi in un raggio pari a sette metri; e tale influsso, altrimenti conosciuto come influenza psicologica, induce il prossimo a rivolgersi al Falco con il dovuto garbo e rispetto. Diviene dunque impellente, per chiunque gli fosse prossimo, a frenare la lingua evitando sproloqui o altri scivoloni poco graditi. E' chiaro che il suddetto potere sia soggetto all'interpretazione altrui, oltre che ad essere bloccato da eventuali schermature e/o difese fino ad un livello medio { Grifis emana un'aura capace di influenzare psicologicamente il prossimo passivamente, inducendolo a comportarsi nei suoi confronti con rispetto e riverenza }.
     
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    A quanto aveva rivelato il cosiddetto “Amadar” avevano utilizzato un tunnel sotterraneo per andare da una parte all’altra delle mura e la cosa era assolutamente inaccettabile.
    Che un simile sistema di viaggio esistesse e che nessuno ne fosse a conoscenza era una mancanza gravissima, una palese violazione di qualsiasi protocollo esistente e un pericolo mortale per la stessa incolumità dell’Isola nel Cielo.
    Le mura avrebbero dovuto essere assolutamente invalicabili.

    Si prese quindi qualche istante per riflettere, intanto che Grifis diceva la sua e poneva qualche altra questione sulla natura del legame che univa i tre che erano loro sfuggiti e arrivò alla conclusione che la sua presenza, in quel luogo, non era più necessaria.
    Il Falco sembrava avere tutto perfettamente sotto controllo, inoltre sembrava davvero intenzionato a lasciare andare il loro gradito ospite, mossa che secondo l’Antico era assai stupida e invero non necessaria ma in quel momento non aveva la forza di controbattere, sia perché aveva una montagna di lavoro da sbrigare e sia per il lacerante mal di testa che gli perforava il cranio da parte a parte.
    Lanciò un ultima occhiata ad Amadar, puntandolo col bastone in modo che i piccoli occhietti ferini dell’aspide fossero rivolti direttamente contro quelli del massiccio mercenario.

    Bada bene, Amadar Tellarn, questa volta te la sei cavata con davvero poco ma fai in modo di non tornare mai più a Laputa, non solo, se mai dovessi incontrarmi nuovamente ti consiglio di fuggire come il piccolo roditore che sei, perché non avrei molti problemi a ridurre il tuo corpo in una poltiglia sanguinolenta.
    Ah, se te lo stai chiedendo, non è una minaccia.


    Detto ciò raccolse con calma e tranquillità le proprie pozioni, sebbene avrebbe ardentemente voluto usarne qualcuna sul Lupo Grigio per poi vederlo contorcersi in preda ad una lenta e straziante agonia, ma purtroppo non era quello il giorno.
    Conosceva Grifis, lui riteneva che il prigioniero avesse dato le risposte che volevano e quindi l’avrebbe lasciato andare, sebbene ne riconosceva il valore e l’indiscutibile potere, il buonismo di quel ragazzino a volte lo disgustava, assieme alla sua folle cocciutaggine.
    Era peggio di un mulo.
    Si avvicinò comunque all’orecchio del Falco per sussurrargli qualcosa, se Nesrìn si fosse mossa per origliare gliel’avrebbe concesso, in fondo l’importante era che non sentisse Amadar.

    Ora vado a fare in modo che tutte le falle nel nostro sistema di cinte murarie vengano individuate e sigillate per sempre.
    Tu fai ciò che vuoi con il prigioniero, sebbene il mio consiglio sia di tenerlo sigillato qui dentro fino alla morte, tu gli hai promesso facilmente la libertà quindi ora sta a te rispettare i tuoi patti, tuttavia della chiusura dei passaggi mi occuperò io e lo farò alla mia maniera.
    Detto questo, ti attendo nel mio ufficio per le considerazioni finali su quanto abbiamo appreso dal nostro amico qui presente.


    Poi si volse, abbracciando con uno sguardo tutti i presenti e infine Amadar.

    Non farti mai più rivedere.


    Detto questo si allontanò, passando nuovamente per il corridoi con le celle e nuovamente i carcerati gli urlarono contro frasi irrispettose e orrendi gestacci, ma questa volta l’Antico era troppo di cattivo umore per soprassedere quindi avvicinò a se una guardia e le diede una piccola boccetta di colore viola, ordinandole di aggiungere qualche goccia di estratto ai pasti dei detenuti e raccomandandosi di non berla per nessun motivo.
    Quei bastardi si sarebbero piegati dal dolore per giorni, ogni loro pensiero concentrato sul desiderio di ricevere una morte rapida e indolore, straziati dalla sua pozione mortale.
    Non sarebbero morti, questo no, ma la cosa gli avrebbe insegnato il rispetto.
     
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    Nesrìn

    L’interrogatorio stava diventando fin troppo noioso: tante chiacchiere e nessun osso rotto.

    Il mercenario, poi, s’era addirittura rifiutato di fornire alla rossa una risposta decente, liquidando la sua unica domanda con un commento a metà fra l’irrisorio e il sarcastico; in tal modo palesando, senza mezzi termini, la propria avversione nei confronti della metadrago.

    Nesrìn, da acuta osservatrice qual’era, lo notò quasi subito; questo Amadar mal sopportava l’immagine della focosa, forse perché la considerava inappropriata e, magari, pure inutile. Un’ipotesi errata sotto ogni aspetto, infatti, la dama del fuoco si trovava laggiù per fare ciò che meglio s’addiceva alla sua natura: minacciare e ... carbonizzare, se necessario. Quindi, sì, la presenza della rossa in quella sala aveva uno scopo, molto preciso e invero anche abbastanza semplice, ma non per questo meno importante; eppure, fu davvero uno strazio, essere lì pronta a scatenare l’inferno e invece vedere il comandante tarparle le ali, deciso a rispettare il patto stretto con il fuorilegge.

    Il mento ad appoggiare svogliato sul palmo della destra, lasciò fuggire una lieve fiammata dalle labbra, contorte in una smorfia nervosa, mentre gli occhi vagavano spazientiti fra il bianco vicino e il bastardo davanti a lei. Una cadenza ritmica e costante, silenziosa, ma eloquente; appena uno terminava il proprio intervento, presto lo sguardo andava a posarsi sull’altro, attendendo la risposta di quest’ultimo, come a voler dire: “sì, sì, parlate, parlate! Io intanto son qui a far nulla!”

    Purtroppo, il peggio doveva ancora venire. Difatti, chissà per quale scherzo del destino, Grifis decise di concludere l’incontro con un bel riassunto dell’intera conversazione. Ottimo. Sbatté la fronte sul tavolo, esasperata; una tortura in piena regola ... alla persona sbagliata, però! La festa era finita, lei nemmeno aveva mosso un dito e ora la costringevano pure ad ascoltare gli sproloqui finali del grande paladino della giustizia! Nesrìn rispettava il Falco, certo, anche se adesso avrebbe preferito incenerire lui e lo sfregiato al suo cospetto.

    « Fa ciò che vuoi con il prigioniero, sebbene il mio consiglio sia di tenerlo sigillato qui dentro fino alla morte. [...] »
    Udì solo poche parole isolate dell’intervento di Kathep, ma ne comprese comunque il senso.
    « Macché! Diamogli fuoco e facciamola finita! »
    Commentò stizzita, poi abbandonò la seduta e s’incamminò verso la porta.
    « Io vado, mi ssto annoiando. »
    Voleva andarsene, rivedere infine la luce del sole.

     
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