[LAM] The Sound of Winter

Noi siamo i padri dei figli caduti,
serpi al tempo di mutar la cute
strisciamo sinuosi, zoppi e muti
sulle angoscie di lacrime perdute.

Cattedrale delle Rose, Curtis Arcana.

Negli oscuri giardini della Corte, un silenzio atroce le martellava la testa, spaccandone i timpani. La Cattedrale delle Rose era deserta, la sua porta spalancata senza ritegno. Drusilia entrò esitante in quella che le ricordava una bocca aperta e continuò alla cieca il suo percorso fra colonne di pietra umidiccia e muschio. L'interno era abbastanza buio da non permetterle nemmeno di distinguerne le pareti, e l'intero spazio si deformava in una vasta pianura senza fine. L'unico suono che sentiva era il proprio respiro che le tornava indietro in un'eco ovattata.
L'aria puzzava di acqua ristagnante come in piena palude. Poco distante, una luminescenza azzurrina aldilà di una botola che non aveva mai notato prima attirò la sua attenzione. Avanzando di qualche passo, si rese conto che era proprio da lì che proveniva la puzza. Si sentiva anche un leggero gorgoglio, come di un pozzetto che perdeva. La Dama del Vento inspirò profondamente con la bocca e lanciò un'altra occhiata a quella botola. Qualcosa dentro di sè le suggerì che si era spinta troppo oltre con lo sguardo per tornare indietro, dunque prese a scendere la scala a chiocciola appena visibile fra i riflessi azzurri, diretta a quella che supponeva fosse la cripta.
Ad ogni passo verso il basso, la luce divenne sempre più debole fino a lasciare che la totale oscurità l'abbracciasse di nuovo. Nel buio pesto cercò di immaginare come potessero essere disposte le tombe e cosa potesse contenere quella cripta di così importante. In mancanza di luce, andò a tastare le superfici lisce con la propria mano, così da leggere le scritte intagliate con lo scalpello.

α 211F - 224F ω
Fenix Juliette
1252.

No, non la conosceva. Con un movimento fluido si allontanò dalla superficie cercando di riposarsi e riflettere un attimo, abbastanza sicura di aver sbagliato qualcosa. Procedette per alcuni passi andando verso il fondo, poi riprovò a tastare le scritte.

α 650KU - 671KU ω
Kadashinta Miko
16702271.

No, nemmeno questa. Drusilia si allontanò perplessa, domandandosi cosa esattamente stesse cercando. Chiuse gli occhi, ascoltando i sussurri del buio.
Li riaprì: un ultimo tentativo all'ultima lapide, poi si sarebbe arresa.

α 7849DC - 7868DC ω
Drusilia Galanodel
16702272.

Latifondo, Presidio Errante.

Deboli raggi di luce si adagiavano furtivi sulla stoffa, macchiando le bianche lenzuola di un bagliore color sangue.
Un corpo femminile bagnato di sudore si contorceva come in agonia, scivolando prima verso destra per poi gettarsi sul fianco sinistro. La lunga camicia da notte bianca, leggermente sbottonata al seno, giaceva scomposta su quel corpo di donna lasciando le gambe scoperte. Lunghi capelli castani si stendevano sul cuscino come onde di mare in burrasca; in parte coprivano il volto dell'Alfiere, concedendo al romantico bacio dell'alba soltanto il calore delle labbra rosse.
Un respiro strozzato le riempì petto e gola, gli occhi verdi si spalancarono di scatto.
Il diaframma fu colto da una contrazione e la Dama levò il busto dalla posizione supina. Le mani tremanti si attardarono sul collo a tastare il bagnato, il volto contratto in un'espressione indecifrabile, confusa; per alcuni attimi Drusilia focalizzò la propria attenzione sulla frequenza dei battiti del polso, e con molta calma riuscì a riassumere il controllo del proprio stato d'animo.
Ormai nuda come nell'anima, la Dama del Vento si dedicò alla cura per il corpo nel silenzio teso di chi si nascondeva da qualcosa. Indossò un abito per il giorno, dunque uscì dal Mastio, diretta all'Albero Casa.
Respirò profondamente: era solo un sogno.

~

Grifis?
Fu il primo pensiero che le giunse quando notò i riflessi argentei di un'armatura far capolino fra le fronde arboree di un pioppo poco distante. Guidata da quell'intuizione, diede un leggero colpetto sui fianchi della bestia alata su cui era seduta, bianco esemplare femmina dagli occhi ambrati, così da invitarla atterrare in una campagna poco distante.
Non le ci volle molto per scoprire quanto non si fosse sbagliata. Sorriso sulle labbra e profumo di rose fresche sulla pelle, la Dama del Vento lo raggiunse correndo, felice di potergli rivolgere la parola ora che a Laputa era tornata la quiete.
Perchè infondo il Presidio Errante doveva andare avanti, nonostante il ricordo del sangue tormentasse ancora i sopravvissuti al massacro della Guerra Civile. E no, quella ferita non si sarebbe mai rimarginata.

-...Grifis?

La Dama del Vento fermò il proprio incedere ed il sorriso sulla bocca di rosa si spense come la fiamma in una grotta priva di ossigeno. Gli occhi verdi di Drusilia erano fissi sul volto dell'elfo, stranamente offuscato da un'ombra che sapeva di presagio funesto.

-Grifis, stai bene?

Reclinò la testa cercando di catturare il suo sguardo, le labbra contratte ma ferme, così da mascherare la propria apprensione.

Soffice neve ricopre la tomba,
il popolo tutto s'abbevera triste
mentre nel fiume l'acqua torba
disseta le gole di povere bisce.

Latifondo, Presidio Errante.

-Famiglia.

Rispose la Dama del Vento, ed il tono fu ben capace di render palese ciò che per lei era la più naturale delle cose. Proprio per tal ragione si sentì in qualche modo offesa da quella domanda: avrebbe potuto permetterla ad uno straniero, un cittadino, anche ad un militare... ma non a lui, non al suo Comandante.
Grifis non doveva domandarlo, non ne aveva il diritto: non dopo tutto il tempo trascorso insieme, combattuto per anni fianco a fianco coprendosi le spalle a vicenda; non dopo l'esser discesi fin nelle viscere dell'inferno ed aver affrontato demoni, Cavalieri dell'Apocalisse e quant'altro con l'unico scopo di recuperare un fratello, un loro Aviatore, strappato con inumana violenza alle accoglienti ed aspre braccia della vita.
No, il Comandante Bianco non avrebbe dovuto chiederlo; ciò che per molti sarebbe parso semplice dubbio, sulle labbra fredde e sottili dell'elfo avrebbe presto mutato la propria essenza in veleno.

-Come mai lo domandi, Grifis?

Il tono della voce era tranquillo e mai avrebbe smascherato la sua inquietudine nel porre il quesito. Sesto senso o no, aveva già avuto modo di constatare quanto l'animo dell'uomo fosse sensibile ad alcune situazioni, e lo conosceva da abbastanza tempo per intuire che la sua risposta non si sarebbe rivelata affatto rassicurante.

-Immagino sia la stessa ragione per cui non ti sei più fatto vedere... o trovare.

Gli occhi verdi si posarono sull'azzurro glaciale dell'Aviatore, e ricambiò l'affronto senza alcun timore nè cedimento. Anima mobile come il vento, nel suo sguardo smeraldino si nascondevano la durezza e la tenacità del diamante.

-Se il pensiero di tuo padre ti tormenta, allora basta che tu me lo chieda e ti lascerò andare: sei sempre stato libero di rimanere quanto di intraprendere altre strade come hanno fatto molti altri prima di te. Tutto ciò che ci unisce è la volontà, nessun obbligo.

L'angelico volto inespressivo, uno sguardo in grado di sfiorare l'anima.
In quel momento Drusilia avrebbe dato qualunque cosa per averlo con sè, completamente sereno, e di non esser più vittima di tutte le pugnalate che l'elfo continuava ad infierirle semplicemente guardandola.
Eppure sapeva -ne era certa- che non sarebbe finita lì.

-Io vi amo. Il vostro bene ha priorità su qualunque altra cosa.

Speranza divampa al verbar dell'ade
che tempo per anni ha avuto alla croce,
dal pugnal che or sacrificio cade
presto avrà un delitto atroce.

Lontano... nel tempo e nello spazio.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò un una stanza fredda e spoglia: la luce al neon leggermente danneggiata provocava un ronzio fastidioso alle orecchie e le ci volle un pò per abituarsi a quella luce asettica. La terribile sensazione del sangue che lento sgorgava dal suo corpo di bambina non l'aveva ancora abbandonata e, nonostante la coperta di lana con cui era stata amorevolmente avvolta, Drusilia tremava visibilmente dal freddo.
Poco più distante, un giocattolo rotto e lercio di sangue.
Ricordava di non averlo mai lasciato andare, eppure era lì, lontano dalle sue braccia; avrebbe voluto allungarle ed afferrarlo, ma non ne aveva più la forza.



Gli occhi verdi si spostarono sull'ombra di un uomo a lei vicino, che con solerzia improvvisava un tavolo operatorio con quel poco che era riuscito a recuperare senza farsi scoprire. -Resisti, piccola mia. Presto sarà tutto finito- cercò di rassicurarla, ma la creaturina che giaceva fra le coperte era troppo stanca per comprendere davvero le sue condizioni, come anche gli stati d'animo celati dietro quella voce apparentemente ferma. A dire il vero, in un certo senso non le interessava, non le interessava più nulla.

-Sai, Arthur, vorrei che tu fossi il mio papà.

Sentì una mano gentile posarsi sulla testolina, e poi due braccia forti intente a sollevarla così da spostarla sul lettino operatorio. -Ma lo sono già, piccola Lady.
Il vampiro al suo fianco sorrise, ma lei lo ricambiò con sguardo assente.
-No, non lo sei- rispose con tono monocorde, totalmente privo di emozioni -Non avresti permesso che mi facessero del male.
Non si sentiva adirata con lui, nè offesa... a dire il vero non provava proprio niente: era come se fosse stata svuotata, come se coloro che si definivano la sua "famiglia" le avessero strappato via anche le lacrime, oltre che la carne.
Arthur rimase in silenzio, totalmente paralizzato da quel commento così insolito e cinico. La bambina fra le sue braccia non era più la piccola Drusilia, ed i suoi occhi assenti lo ferirono ancor più della vista di piaghe ed ustioni su tutto il corpicino. Secoli prima il vampiro aveva giurato di affiancare la stirpe dei Galanodel per espiare le proprie colpe... ma era davvero quella la strada giusta? Era quello il "Bene" a cui aspirava?
Lui non ne vedeva... osservava solo la luce dei suoi occhi in bilico fra la vita e la morte, torturata brutalmente dalle uniche persone di cui si sarebbe dovuta fidare.

-Invece si, Drusilia, io sono tuo padre- La strinse forte a sè, premendo con una garza su una ferita che sembrava essersi riaperta. -Non importa se non condividiamo lo stesso sangue... la nostra vera famiglia è quella che ci scegliamo.
Qualcosa gli accarezzò le dita, per poi stringerle: la manina sanguinante della piccola si era arrampicata con fatica per poi aggrapparsi disperatamente a quella che per lei era l'unica speranza.

-Allora andiamocene via.



-Voglio andarmene da qui, voglio la mia vera famiglia.

Il silenzio che ne seguì fu il solo testimone a quell'ardita confessione.

Latifondo, Presidio Errante.

Nel peggiore dei casi, questa famiglia in realtà non esiste.

Il dardo infuso nel veleno le raggiunse il petto, affondando nella carne e dilaniando il cuore che, discreto, si celava dietro al morbido ed accogliente seno di donna. Drusilia non gli rispose, non subito; abbassò semplicemente lo sguardo, così che leggere ciocche color ebano coprissero il bel volto da silfide trasfigurato in una maschera di muta sofferenza. Una crepa le squarciò l'anima zampillando sangue all'eco delle sue parole, fendenti mortali lanciati con fanciullesca incoscienza... da una creatura ormai dimentica delle verdi stagioni dell'innocenza.

Fu come un lampo, fulmine a ciel sereno: la mano del Gran Maestro si levò minacciosa alle nubi lasciando presagire il disastro.
Poi calò rapida, il sol fine d'infierire con inaudita violenza sul volto androgino del Comandante Bianco. E così sarebbe stato, unico ed inumano sfogo di dolore, rabbia e frustrazione di una donna, ora Alfiere, lasciata per mesi abbandonata a sè stessa, volutamente isolata con la sola volontà di proteggere ciò che negli anni era diventata la sua famiglia. Lei li aveva scelti, lei si fidava: dell'Amore, non del giudizio. Eppure lui le diede modo di ricredersi pure su quello, ignorando totalmente la parola che così raramente la Dama del Vento si lasciava sfuggire e che più d'ogni altra rappresentava tutto ciò per cui continuava ad esistere.

Le foglie adagiate sulla terra umida si levarono all'impatto, volando via al ruggito della donna.

-E' facile dileggiare ciò che non si conosce, oltre che ipocrita.


-Non hai alcun diritto di sputare sentenze.

Un capro espiatorio, ecco in cosa si era immolata: ogni peccato, ogni morte, ogni lacrima di vedova oppure orfano sarebbe stata imputata a lei e lei soltanto; tutto il dolore di una guerra fratricida confluito su un'unica e sola figura.
Un'anima per migliaia di anime.
Nessun altro doveva portare quel peso: era sempre stata lei l'Alfiere.

Profeta maledetto che gli animi smuove
cantò per tempi l'amaro miele,
ascesa del foco, come gocce piove
un demone soffia sulle macabre vele.

Latifondo, Presidio Errante.

L'infelice arringa pronunciata dall'elfo ebbe su Drusilia un effetto... demoralizzante. La rabbia si dissolse in un sospiro avvilito ed il braccio, ancora rigido in seguito allo schiaffo, scese lentamente sul fianco della donna come una lama elegantemente riposta nel proprio fodero. Probabilmente ci sarebbe passata sopra, se solo non fossero giunte anche le offese.

-Vittimista, io?- le labbra rosse si curvarono in un sorrisetto quasi divertito per l'incoerenza dell'intero discorso del Falco. Di chi stava esattamente parlando Grifis? Di lei o di sè stesso? -Forse non ti sei ancora reso conto dell'esistenza di ruoli, ruoli che vanno rispettati, anche in una famiglia.
Le bastò un attimo, e lo sguardo smeraldino tornò serio, deciso, mentre l'intero volto ne mimava l'apparenza.

-Per quanto odi ripeterlo, ricorda che sono un tuo superiore: è mio dovere preoccuparmi per la vostra salvaguardia ed agire di conseguenza.

E se Grifis non aveva compreso neanche quello, allora il Gran Maestro avrebbe presto avuto molto su cui riflettere, primo fra tutti l'inutilità palese del proprio atteggiamento amichevole ed accomodante verso chiunque. Per anni aveva ripetuto a sè stessa che la forza non era il mezzo adatto per ottenere l'altrui rispetto... ma era davvero cosi?
Le stagioni -intanto- trascorrevano lentamente, alternandosi ciclicamente come raggi di una ruota che avanza, ma quel dubbio non riusciva ancora ad abbandonarla.

-E' lecito nutrire dubbi riguardo il mio operato, come anche provare sentimenti negativi nei miei confronti. Puoi odiarmi per quello che ho fatto, ma non ti concedo questi discorsi campati per aria: se non ti ho reso partecipe della situazione, evidentemente avevo le mie ragioni. Non certo perchè penso tu sia l'ultima ruota del carro; non saresti il Comandante Bianco, altrimenti.

Ne seguì il silenzio, ed il mondo attorno a loro ammutolì.
Perfino il vento tacque e le foglie degli alberi, trepidanti, placarono la loro danza in attesa della tempesta.

E se non ti è ancora chiaro, allora infilzerò le mie parole ben oltre il tuo orgoglio, perché con questa spada posso ucciderti quando voglio.

Come riverbero al suo atto di sfida, il Falco scattò rapido verso di lei rinfoderando la spada e generando attorno a loro del nevischio di cui Drusilia, per esperienza personale, aveva soltanto sentito parlare. Nessuna informazione concreta a riguardo ma, considerando l'evidente pericolosità il suo avversario, nella mente della fanciulla balenò chiaro il pensiero che sicuramente non sarebbe stato nulla di piacevole.

A quella evidente consapevolezza la Dama del Vento richiamò attorno a sè la potenza delle correnti d'aria di cui il Latifondo non era certo sprovvisto e, come lo Zefiro in primavera, scacciò in un turbinio violento la sgradita presenza della morsa invernale ancor prima che questa la raggiungesse.
Non le fu quindi difficile schivare il rapido -ma non abbastanza- colpo di spada dell'elfo, arretrando di qualche passo mentre il miracolo di tre bianche ali angeliche si manifestava ora quanto mai minaccioso dietro la sinuosa figura dell'Alfiere.
Sullo sfondo nubi oscure gravide di pioggia ed energia elettrostatica.

-Attento a ciò che fai, Grifis.



-Non mettere alla prova la mia pazienza.

Un battito d'ali le permise di levarsi nell'etere arretrando ancora di pochi metri. Forte di movimenti rapidi da esperto arciere, le bastò un istante per sfoderare Alcarcalime ed incoccare la freccia. Fra il nevischio residuo distinse chiaramente il lucido scintillio di un'armatura bianca alla luce del sole, dunque scoccò il suo primo dardo mirando alla coscia destra dell'avversario. Non un punto vitale, perchè infondo suo intento era solo quello di placare la furia del Comandante.
Al primo lancio ne seguì un altro, questa volta mirato alla sinistra dell'elfo: se non si fosse mosso non l'avrebbe preso, così Drusilia sperava, perchè al solo contatto di quel dardo con un qualunque corpo fisico si sarebbe presto generato un violentissimo tornado, troppo pericoloso per chi ne era colpito in pieno. Così facendo avrebbe potuto rompergli le ossa, ma l'attacco non si sarebbe certamente rivelato fatale. Perchè avrebbe dovuto ucciderlo? Anche la sola idea di ferirlo la disgustava... ma era necessario. Non voleva, non voleva combattere seriamente.

Fu per tal ragione che, quando Aeglos si avvicinò al campo di battaglia -allarmato dal repentino mutamento climatico- Drusilia ne rifiutò l'aiuto nel muto gesto di un dito proteso ad indicare le alte fronde di un albero lì vicino. Fedele alla Dama del Vento, la chimera avrebbe deviato il proprio percorso per poi appollaiarsi fra i rami più esposti ed osservare lo scontro dei due Aviatori senza mai intervenire.

Infondo Grifis non era un nemico, e quello altro non era che uno scambio di opinioni, una lezione da impartire.
In un modo o nell'altro.

Giudici impiccati è il nome che vi addica,
la piramide dei re è ormai seduta,
seguir con attenzione quel che io dica,
spianar col sangue la giovane venuta.

Latifondo, Presidio Errante.

Niente, era proprio andato.
Le illazioni di Grifis sfioravano ormai l'assurdo, e perfino la Dama del Vento -di sentimenti tendenzialmente instabile e di natura permalosa- si ritrovò ben presto senza parole, in lei la terribile consapevolezza di essere finita in un labirinto senza uscita. Aveva provato con le carezze, poi con dolci parole, con il distacco ed infine anche la forza bruta. Cos'altro poteva fare per farsi prestare ascolto? Le sarebbero bastati pochi secondi, giusto quel che bastava per fargli notare che stesse delirando, preda di chissà quale tormento.

Non dire oltre. Non ti voglio più ascoltare.

-Come se prima tu l'avessi fatto...- sbottò acida Drusilia, in un certo senso esasperata da quella pantomima -E santo cielo, smettila di piagnucolare! Non ti ho fatto proprio nulla.

Come posseduta dalla volontà -non così lontana dal vero- di tirargli un altro schiaffo, il Gran Maestro sollevò rapida la mano, ma dal suo palmo si dipanò senza indugi una barriera invisibile che, imitando lo schiudersi dei petali di un bocciolo appena fiorito, le avrebbe ben presto fatto da riparo a quella curiosa pioggia che certamente non era in programma. Perchè la Dama del Vento sapeva esattamente che tempo doveva esserci in quell'istante: era lei a controllarlo, captando ogni singolo mutamento all'istante attraverso l'aria stessa che la circondava. Diamine, pensava davvero il Comandante Bianco di confonderla in quel modo? Superarla giocando con l'elemento di cui era Signora indiscussa?
Che il suo avversario stesse dando di matto era cosa ormai più che evidente.

-Non ho idea di cosa ti stia prendendo, ma Grifis non risolverebbe i problemi in questo modo, nè tantomeno combatterebbe... così- il tono della voce sull'ultima parola fu carico di deludente sufficienza -L'unica ragione per cui sto continuando a darti retta è perchè voglio concederti un'altra possibilità per farti perdonare.

La sua voce era insolitamente tranquilla, rasserenata all'idea che forse non si trattava più di lei, ma di lui. Qualcosa ne aveva intaccato la psiche -ne era certa- esattamente come era accaduto tempo prima in seguito alla missione del sigillo nel Pentauron. In quell'occasione, lo ricordava fin troppo bene, l'elfo aveva perfino sviluppato una seconda personalità.
Date quindi le circostanze e le parole infelici lanciate quà e la come coriandoli di un carnevale nettamente in anticipo, Drusilia non ebbe più dubbi a riguardo. Mente e cuore le sussurravano che Grifis, il suo Grifis, non si sarebbe limitato ad inveire a caso, piuttosto avrebbe riflettuto sull'accaduto, elaborato tutte le informazioni in possesso, cercato risposte lì dove mancavano e pensato a cosa avrebbe potuto indurre gli altri ad intraprendere determinate strade, così da comprenderli fino in fondo. E se anche una sola di queste cose fosse mancata, poco importava: in ogni caso saltare a conclusioni affrettate per poi aggredire un proprio superiore non rientrava fra i metodi più sensati o utilizzati dell'elfo.
A quel punto le rimaneva una sola cosa da fare.



-Mi stai annoiando... impegnati di più ♥

Sorrise, questa volta maliziosa.
Nessun dialogo avrebbe fermato il suo Comandante, nè un gesto avrebbe concesso un'insperata tregua fra i duellanti. L'unica sua speranza era di sfiancarlo, ridurlo al limite delle proprie forze... oppure ferirlo, bloccarlo, non dargli modo per continuare ad agitarsi: alle cure avrebbero pensato in seguito; infondo non aveva alcuna intenzione di ucciderlo.

-E' l'ultima occasione di colpirmi che ti concedo: dopo passerò alle maniere pesanti.

Rapida come un proiettile si sarebbe presto spostata su di un lato arretrando ancora con un colpo d'ali per mantenere le giuste distanze. Le dita pallide scivolarono lentamente dietro la schiena sfiorando gli intarsi argentei dei suoi dardi; non le servì più di un attimo per lanciarne uno diretto alla coscia sinistra del soldato. Avrebbe giocato al tiro al bersaglio, nella speranza che Grifis si fosse dato una mossa e l'avesse attaccata come più conveniva ad un uomo che portava il titolo di Comandante Bianco degli Aviatori.
Il vento lanciò uno sbuffo mentre, piegato alla volontà delle bianche ali, sosteneva la Dama nella sua rapida virata verso destra. Si arrestò di nuovo, scoccando un secondo dardo e mirando alla spalla destra, ben lontana dal cuore.

Questa volta, però, il bell'elfo dagli occhi di ghiaccio avrebbe dovuto lottare per muoversi, in primis con la sua coscienza, ma anche con la morsa invisibile che, silenziosa ed impalpabile come l'aria di cui era generata, lo avrebbe avvolto in un dolce abbraccio con il solo intento di non lasciarlo.
Come la Dama del Vento comandava.

Sogno disperso il loco celestiale,
canto furioso le vie degli umani,
parebbe diverso l'eco immortale
se solo sangue vi sia nelle mani.

Latifondo, Presidio Errante.

Allucinante.
Gli smeraldi della Dama del Vento si sbarrarono per lo stupore nell'osservare il Comandante Bianco -immobile e dallo sguardo perso, complici i suoi pensieri- sacrificarsi come centro dei suoi dardi senza opporre resistenza alcuna. La linea scura sulla pelle diafana che le disegnava un sopracciglio s'inclinò leggermente di appena pochi gradi, abbastanza da conferire all'espressione accigliata della donna un accento assai perplesso.

Drusilia, io...
Sono uno stupido.

Di risposta Drusilia non potè esimersi dall'abbassare lo sguardo sulla gamba sanguinante dell'elfo.

-In effetti... si.- riconobbe in un moto di genuina, anche se poco cortese, sincerità. Prese poi un respiro profondo e terminò quell'affermazione con un'alzata di spalle -Però che vuoi farci, ti voglio bene lo stesso.

Ma lui continuava ad autocommiserarsi e, sebbene l'Alfiere non fosse certo estranea ad improvvisi e spesso incontrollati crolli emotivi, quella volta si trovò a sbuffare sonoramente. Perchè credeva che si stessero ancora picchiando?!?! Lei voleva che si sfogasse, non che continuasse su quel binario autolesionista! Grifis doveva imparare a vincere i suoi demoni da solo: per quanto gli fosse sempre stata vicina, l'unico potere che la ragazza avrebbe mai potuto esercitare su di lui era quello di guida e nient'altro. Fu così che quando l'elfo terminò di esprimere il proprio pensiero, convincendosi finalmente a tornare all'attacco, la bella Drusilia ripose lentamente l'arco sulla sua schiena, sostituendolo con la Nanatsusaya.

-A me non dispiacerebbe invece che ti facessi una bella risata, ogni tanto.

Il sorriso amichevole che ne seguì sarebbe stato il sigillo perfetto per chiudere quel discorso. O almeno così si trovò a pensare pochi attimi prima che l'avversario fendesse l'aria con la propria lama, generando un taglio netto nell'etere estremamente leggero e sottile; se non avesse avuto piena padronanza del proprio elemento, ne era sicura, non l'avrebbe di certo sentito.



Lo schivò per un pelo, la Dama del Vento: ben cosciente di quanto fosse arduo reagire in tempi così stretti, non mostrò alcun indugio nel render estremamente densa l'aria che li separava, così da rallentare in modo consistente la propagazione del colpo. Ruzzolando fra l'erba soffice del prato su cui si era lanciata, ebbe modo di intravedere il taglio dell'Eternal Refrain incidere di netto la corteccia di un albero poco distante.

-Davvero non male!

Esclamò tutta contenta. Che i colpi lanciati da ambo le parti fossero evidentemente mortali sembrava solo un dettaglio piccino picciò, ipotesi assai remota fra i pensieri ammassati e totalmente privi ordine in quella testolina castana.

-Ora tocca a me!

Sorrise allegramente lasciando che la propria spada roteasse leggera fra le dita affusolate e ben curate finchè queste non si serrarono con presa ben salda attorno all'impugnatura, aiutate dalle gemelle della mancina, rimasta fino a quel momento libera. Lo scatto che ne seguì fu repentino, quasi inaspettato: veloce come il vento balzò in aria per poi gettarsi su di lui al pari di un rapace. Lo spadone a sette punte sarebbe calato su Grifis rapido e letale, così da disegnare un percorso di sangue sul suo avambraccio sinistro, letto di un fiume cremisi arginato dalla superficie candida e liscia della pelle.
Che fosse stato questo il finale, o che l'elfo avesse scelto di parare il colpo per non perdere un arto, poco sarebbe importato: nel momento dell'impatto quattro sfere elementari si sarebbero generate attorno alle eleganti figure dei duellanti e, vorticando all'impazzata, trascinate da una corrente spiraleggiante, si sarebbero infine congiunte in un'unica, enorme esplosione di luce sacra. Perfino per un animo nobile quanto un cavaliere questa avrebbe bruciato quanto e più delle fiamme infernali.

Con l'arrivo del sole, l'Inverno avrebbe infine ceduto il suo regno alla Primavera.

Sogno l'oblio di un gioco mortale,
preghiera che piega verso contrario,
boia colpevole non vuol ascoltare,
lacrime nere versate al sudario.

Latifondo, Presidio Errante.

In un rapido quanto letale alternarsi di fendenti e magia, dopo la fatica e la rabbia, Drusilia si sentì infine degnamente ricompensata dall'ombra del sorriso finalmente comparso anche sui gelidi lineamenti del volto di Grifis. La tensione, che come l'artiglio di un rapace li aveva stretti fino a quell'istante, sembrò mollare la sua presa ben salda e perfino l'aria attorno a loro divenne tersa; la Dama del Vento lo sapeva, lo aveva avvertito, ed al solo pensiero di quale fosse il reale esito dello scontro il suo cuore si era fatto scudo di rinnovata speranza: abbandonato ogni astio, era pronta per tornare a casa con lui, mano nella mano come veri fratelli.

Questa mia instabilità... temo sia opera di qualcosa d'oscuro.

Sussurrò l'elfo mentre i suoi cristalli incanalavano la luce dell'Alfiere fino ad inglobarla e poi lasciarla risplendere in quelle prigioni di specchi come tante, piccole stelle. Succube del gioco di luci, Drusilia si sentì come una ballerina sul ghiaccio concentrata nell'eseguire l'ultima presa di una gara che non aveva precedenti, sfinita ma euforica per la perfetta esecuzione della loro danza. Serena, perchè consapevole di aver donato all'altro tutta sè stessa.

-Passerà anche questa, come tutte le tempeste.

Gli avrebbe risposto con serenità e pacatezza abbassando la guardia, quasi dimentica del duello. Ed in fondo fu proprio questo il suo errore; da bravo condottiero quale era, Grifis non perse tempo nel cogliere l'avversario in fallo e sferrare il proprio colpo lì dove nessuno avrebbe immaginato: l'urlo che brutale squarciò l'aria non le diede tempo di pensare, e perfino la sua reazione istintiva a rumori estremamente forti -per lo più un riflesso condizionato, frutto degli allenamenti del Maestro Owl ai tempi dell'Accademia- non fu in grado di salvare le sue orecchie. Mentre, frastornata, Drusilia mollava la presa sulla lama che, strattonata con forza da quella di Grifis, schizzava via per ricadere inerme fra l'erba ed il terriccio, nell'aria che li separava si era generata una misera zona di vuoto in grado di arrestare il doloroso propagarsi di qualsivoglia onda sonora assassina, generando addirittura delle piccole correnti che ne deformarono l'invisibile corpo elastico, tramite necessario alla loro esistenza, senza dare alcuna noia ai due contendenti.

Ma frattanto, arrenditi!
Perché così, vinco.

Le puntò una spada alla gola, ed il Gran Maestro approfittò della momentanea condizione di scacco per osservarlo negli occhi. Il petto della fanciulla si muoveva sotto la punta dell'arma a ritmo irregolare e frenetico mentre leggere goccioline di sudore scendevano lente dalla fronte bagnandone il bel volto. Le ali si dissolsero in centinaia di piume bianche prima di sparire in un fascio di luce esattamente come erano apparse; per un attimo Drusilia gli lasciò davvero credere che fosse finita. Sorrise, riprendendo fiato e quel poco di forze che le rimanevano, orgogliosa del suo Comandante e di ciò che era in grado di fare -fregarla, per l'appunto- maledicendo con tutta sè stessa i ruoli che negli ultimi tempi aveva ricoperto e che, con l'avanzare delle stagioni, l'avevano resa debole e fiacca. Sarebbero passati davvero pochi anni prima che il Falco riuscisse a troneggiare sul corpo sfinito della Dama del Vento in una vittoria schiacciante e senza precedenti, tuttavia il dato di fatto lasciò modo a Drusilia di riflettere che nell'oggi senza un domani, come suo superiore, aveva ancora una lezione da impartirgli.



-Ti piacerebbe, vero?

Sorrise monella al suo indirizzo prima lanciarsi contro la lama affilata con cui il Cavaliere minacciava l'incolumità avversaria, in barba ad ogni assioma e fondamento della razionalità più spicciola. Qualora fosse stato colto alla sprovvista, Grifis avrebbe senza dubbio visto la propria arma affondare nella gola della ragazza da parte a parte senza che questa si macchiasse di una sola goccia di sangue. Uno sbuffo di fumo color carne sarebbe partito dal collo diafano verso l'esterno, disperdendosi nell'aria come vapore aqueo, in risposta ad un fulmineo cambio di direzione che ne avrebbe estratto di taglio e senza sforzo la spada dal corpo, oltre a permetterle di raggiungere completamente illesa il fianco sinistro del soldato, probabilmente perplesso ed al tempo stesso atterrito dalla successione di eventi così bizzarri.

-Ricorda, Grifis: non esistono piani perfetti.

Lo avrebbe ammonito con fare paziente, fermandosi al suo fianco.
Una mano si sarebbe levata al cielo, e con vigore sarebbe scesa a dargli il colpo di grazia: il suono generato dallo schiaffo sul sedere avrebbe portato il grifone, unico spettatore, a reclinare la testolina d'aquila con fare incuriosito, forse perchè non aveva mai visto la sua padrona comportarsi così contro un avversario.



-Touché!

Avrebbe esclamato allegra e soddisfatta, pronta a scattare via qualora Grifis le avesse urlato qualcosa contro, divertita all'idea di vederlo finalmente vestire i panni di una persona normale, e non del solito cavaliere senza macchia di cui tutti parlavano.
In fondo, per Drusilia, "famiglia" voleva dire anche quello.
Qualunque cosa fosse.