[LAM][EM] Melancholy Beasts

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    ~ { Latifondo, Laputa


    Ridevi.
    Il viso deformato in un sorriso bieco.
    Te ne stavi seduto, leggermente arcuato con la schiena. Poggiavi un gomito sul ginocchio, piegato in sù apposta. I capelli biondo-cenere scendevano dalle spalle, ricadendo verso il busto. Non c'erano le ali, quelle le avevi rimosse. Invece la tua spada pendeva sul fianco, legata saldamente con una cintola di cuio.

    Sono venuti in molti. Oggi.
    E ne verranno ancora, presto o tardi.


    Che ironia.
    L'ultimo era arrivato poco vicino alla vetta, poi si era afflosciato.
    In poco tempo aveva perso colore, mescolandosi all'irregolare collinetta di corpi su cui eri adagiato. Trovavi divertente il sussiego con cui arrivavano per seguirti, quasi quanto il fatto che tu sembravi prenderli sul serio.

    Io gli dico di non seguirmi...
    ma loro non ascoltano! E muoiono,
    imbecilli, per emularmi.

    -ridacchiasti, con te stesso-
    Ce ne sono così tanti, vedo.
    Ma qualche mucchio non è sufficiente, e le loro anime sono così sporche. I loro sogni non sono da meno...


    Muto, ti ritraesti per un'istante nell'asciutta sobrietà del tuo pensiero.

    Ad ogni modo, si può dire che li abbia uccisi io. Nevvero?

    Detto così sembro un'insulto, un sarcastico e marcato pugnale infilato nella loro condizione -morta- d'impotenza. La tua armatura luccicò come per sgridarti. Lì nel buio palesasti qualcuno. Chi era? Cosa voleva? Si mescolavano assieme frammenti di posti che conoscevi, assieme a ricordi che pensavi di dover cancellare. Tutto era un groviglio ma nulla era in subbuglio. Adagiavi così la vista nella penombra artificiale, proiettata da quel che pareva metà di un gigantesco albero, con nidi spopolati di enormi uccelli (grifoni?).

    La piacevolezza della nuova visità ti conquistò.
    Squisitamente, con sincerità ovattata, sorridevi chiudendo la risata nel silenzio. La tua buona etichetta, e l'ottima educazione, imponevano che l'altro si presentasse.

    Io sono Grifis.

    Ma non eri proprio in te.

    { STATUS - EQUIP - ABILITA' PASSIVE - ABILITA' ATTIVE }-


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    Status Fisico: Ottimo 100%
    Ferite Riportate: Nessuna

    Condizione Metale: Onirico.

    Mana Consumato: 0%
    Mana Residuo: 100%

    Altro: :yuppi: a te





    EQUIP

    Armatura del Falco Bianco
    { Equip: Armatura }
    Passive: Peso Leggero, Volo
    Attive: ndr.

    Bussola d'Oro Rosa dei Venti
    { Equip: Bussola }
    Passive: Bussola d'Oro (only gdr), Orientamento
    Attive: ndr.

    Spada degli Spiriti Silvani
    { Equip: Spada }
    Passive: Richiamo di Fanedell (only gdr)
    Attive: ndr.

    Guaina Silvestre
    { Equip: Guaina }
    Passive: ndr.
    Attive: ndr.

    Vera Runa dell'Acqua
    { Equip: Vera Runa }
    Passive: Passiva Inganna Auspex, Malus Visibilità agli Auspex
    Attive: ndr.



    ABILITA' PASSIVE

    Elfic Eritage
    Passive: Bellezza eterna (only gdr), Vista Aumentata

    Way of the Sword
    Passive: Doppio Discernimento Attive (Tipologia + Potenza)

    Sonata Arctica
    Passive: Influenza Psicologica (Riverenza)

    Etlreth The White Album
    Passive: Instant-Cast

    Halo of the Justice
    Passive: Malia Aura di Giustizia

    Knight of the Light
    Passive: PW Up 25% (Velocità e Agilità)



    ABILITA' ATTIVE


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    Edited by flama - 17/3/2013, 00:08
     
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    Lottava strenuamente, l’assalto di scheletri dai volti dimenticati pareva infinito.

    Il subconscio non perdeva l’occasione di palesare vittime irrequiete nei viaggi onirici del nostro, incubi che Bid’daum non smetteva mai di aggredire, nel blando tentativo di rispedirli indietro, nell’Averno da cui provenivano. Ma quelli non cedevano, e lui arretrava come un coniglio braccato dai cagnacci, attraversando cunicoli illusori che la sua psiche ricostruiva malamente ogni notte. Camminava e non sentiva il suo peso, era immerso nell’irreale ma non se ne rendeva conto, mai sospettava della falsità di quel teatrino degli orrori fintanto che ci brancolava dentro.

    Girava un angolo, e l’ambiente cambiava liberamente, senza mai privarlo dei lugubri tocchi d'invisibili mani in cerca di vendetta. Era giunto in una specie di landa coltivata, forse un libero assemblaggio dei suoi ricordi legati a Laputa... non poteva rendersi conto di esser sconfinato oltre il chiuso putridume del suo cranio, finendo in un’onirica terra di nessuno. E non sapendolo, pensò con disinvoltura che anche la collina di cadaveri fosse un’altra prova da affrontare durante quel sogno inesauribile.

    Avanzava tra i prati, al suo passaggio l’ambiente appassiva e scoloriva, come se l’anima nera risucchiasse tutta la vita dal suolo: un occhio attento avrebbe notato che anche il suo stesso corpo si sbriciolava lungo il cammino.

    Non fece caso al cielo, sicuramente di un colore irreale, ma la sua attenzione fu subito catalizzata da una risata lontana. Avvicinandosi cupamente all’altura di morte, aleggiando a pochi centimetri da terra come un’entità spettrale, avrebbe percepito una presenza familiare. Non sapeva spiegarselo razionalmente – dopotutto niente era logico nel mondo dei sogni – ma era certo di riconoscere chi avrebbe inquadrato a breve. Così il suo occhio mentale si spostò verso la cima, mentre il falso corpo continuava la scalata, e poté vedere il cavaliere bianco di Laputa.

    La voce gli giunse limpida, cristallina, come fosse un bisbiglio all’orecchio in una stanza vuota.
    Il rivale declamò il suo nome, e parve al Kuthiano di riscoprire qualcosa che un tempo aveva sicuramente saputo ma che - chissà come mai? - la memoria aveva brutalmente rimosso. Il volto immaginario di lui avrebbe mostrato un’espressione stupefatta, quasi imbambolata, mentre tutta la sua figura era avvolta da un alone incendiario, come se un eterno rogo ardesse alle sue spalle.

    n19iOyv

    Io sono Bid’daum.

    Si lasciò scappare il nome dalle labbra inesistenti giacché, in quel mondo, pensieri e parole coincidevano, senza una possibile distinzione tra i segreti della mente e le falsità del verbo.

    E ti odio.

    Aggiunse con semplicità, senza ricordare esattamente il motivo di tanto astio: sentiva ribollire lo spirito, bruciavano sulla pelle vecchie cicatrici, eppure il sentimento oscuro restava ingiustificato.
    Era ormai pochi metri sotto la vetta, pestava cadaveri sconosciuti, e non riusciva a distogliere lo sguardo dal Falco: un fascino magnetico permeava la sua limpida figura, talvolta snaturata in turpi espressioni.

    E poteva percepire le loro anime entrare in risonanza, come frammenti di un’unica completezza, smaniosi di ricongiungere le loro sfilacciate fratture.

     
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    ~ { Reame onirico, ???




    Odio? Lo guardavi sorpreso, come se un pezzo di mobilio avesse appena preso la parola: una cosa tanto inaspettata quanto terrorizzante. Essere odiato? No, affatto. Il non esserlo.

    Sì.
    -mormorasti, sorridendo maligno-
    E cosa, altrimenti?

    Quel sogno era un paradosso in cui riscontravi un certo ordine. Era più che giusto che il vile ti odiasse, era più che sacrosanto che le folte stuole dei leccapiedi, pessimi burattini dell'inferno, biascicavano blasfemi il tuo nome; ora, colto in quella rivelazione, sembravi più consapevole di te, ma non per questo meno malizioso. Ti tormentava l'essere osannato dai figli della notte, come marchiature a fuoco sulla pelle, nonché la mancata rivalità con il tuo opposto.

    Ti piaceva.



    Tu mi piaci.
    -era così naturale. Se l'altro era tanto stupido da non notarlo, tu non potevi che farglielo notare: il tuo animo s'irrobustiva nel mare dell'odio-
    Sì, lo sento. Avverto il tuo odio, molto chiaramente. E ne sono fiero! Del tuo rancore mi nutro, e del tuo risentimento vado orgoglioso. Più mi odi e più mi sento potente. Le tue sofferenze, e quelle della tua progenie, sono la misura della mia grandezza.

    Ti alzasti. Il volo durò poco, giustappunto per scendere dal tuo scranno e giungergli di spalle. Eri certo che ti avrebbe seguito -almeno con gli occhi-, e non dubitavi che non si sarebbe perso un'oncia del tuo discorso, prossimo a chiudersi.

    I tormenti dei figli della notte mi hanno reso forte e onnipotente.

    Perché nei sogni, si poteva dire qualsiasi cosa.
    Perché nei sogni, si poteva essere chiunque si volesse.

    E tu, tu avevi scelto di essere Bid'Daum.

    { STATUS - EQUIP - ABILITA' PASSIVE - ABILITA' ATTIVE }-


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    Altro: per "essere Bid'Daum" intendo che Grifis nel sogno è più vicino ad un legale malvagio, che ad un legale buono; e si ringrazia inoltre Deathmask dei CDZ per la citazione^^



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    { Equip: Armatura }
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    { Equip: Bussola }
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    { Equip: Spada }
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    { Equip: Vera Runa }
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    L’altro pareva una condensa di tutto il suo odio, e poteva percepire chiaramente i sentimenti oscuri defluire verso la sua statuaria bellezza.

    MyjdplE
    Parole che non erano parole giunsero a pizzicare il nostro, ora pietrificato e teso a comprendere la natura di quell’essenza. Nella sua voce c’erano tracce di divinità, non sembrava nemmeno respirare quella fetida aria che i mortali dovevano deglutire.
    Il figuro sognato si sollevò, pulsando da un luogo all’altro, con la naturalità di un fiore che perde la propria corolla. Il Kuthiano si affrettò a voltarsi, per non vederlo dissolversi alla minima disattenzione, secondo un’altra legge non scritta di quel mondo. Fortunatamente l’angelo era rimasto lì, saldo nelle sue apparenze, immutato nel suo sguardo compiaciuto.

    E il sognatore maledetto parve assorto in qualche pensiero, che fu quindi esternato con naturalezza da un’arcana voce fuoricampo, sua e non sua allo stesso tempo.

    Quindi, se ti nutri del mio odio... tu vivi in funzione di me.
    Senza il mio astio tu saresti il nulla, o – ancora peggio – potresti essere l’ultimo degli anonimi senza uno scopo.


    Folgorato da quella rivelazione così spontanea, il catalettico Bid’daum non poté escludere la seconda parte del suo ragionamento.

    Certo non posso negare che anch’io esisto in funzione di te, poiché esploderei dall’interno senza qualcosa su cui riversare il mio tormento.
    Capisci quindi cosa vuol dire questo?


    Lentamente cominciavano a riaffiorare scarni ricordi di quel cavaliere, qualche dettaglio dell’incontro avvenuto dall’altra parte qualche tempo prima.
    Centellinati come gocce di rugiada che picchiettavano sul teschio di un morto, minute memorie zampillarono in quella mente così lucida, ma così confusa.

     
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    ~ { Reame onirico, ???


    Le sue parole risvegliarono qualcosa.
    Quasi... un'intenzione che, sepolta, scavava da sola la sua esistenza.
    Le tue dita si destarono come da un torpore, scendendo sinuose e bianche verso il manico della spada. La presero, senza estarla però. Il gesto che ne risultò fu magnifico e sentenzioso. Di colpo era come se tutto l'ambiente fosse investito da un'esondazione, energia liberata dalla sua prigionia, ugualmente maestosa e tremenda; l'essenza dei sogni e i frammenti dei tuoi pensieri, quelli più piccoli e visibili, vibrarono in azzurro.



    Sorridevi.
    Torvo come non lo eri mai stato.

    Kuthiano.
    -ricordasti, di getto, una parte dell'altro-
    Siamo bestie malinconiche, che vivono per completarsi... Alla strenua ricerca di quella metà della nostra medaglia, che per sorte o per infamia, non c'è dato avere del tutto.

    E poi eccola, brillare in aria come una stella. Tre cerchi concentrici del colore degli oceani, si potevan vedere dentro le onde ruggire. E ancor più dentro di esse, in quell'immensità, s'annegava lo spirito tuo. Ma naufragar era dolce in quel mare.
    Ma bada bene. Non ho certo insinuato che tu da solo, anima incompresa, fossi sufficiente a completare l'altra parte di me; né il mio opposto.

    Facesti scivolare l'arma lentamente, dalla guaina silvestre, fino a dirimpetto. Come a trafiggere il niente, dove la punta, immaginando una linea ottica, partiva da te e finiva al cumulo di corpi dietro al Castigo.

    Una montagna non è bastevole a soddisfarmi, come pretendi tu -solo- di riuscire dove mille hanno fallito? Sei un sasso che mi è capitato di calciare durante il mio incedere, e stai certo che, come molti, sarai messo da parte.

    La smorifa sul tuo viso si allargò. Attorno al tuo ego cresceva il maremoto, l'essenza della Vera Runa amplificava l'eco della superbia. Come onde si infrangevano su di te piccoli ricordi -una battaglia, una vittima, il Kuthiano, e un raid- e ogni risucchio di spuma rinsaldava il pugno stretto attorno alla spada.

    Ma sono ansioso di vedere come farai a smentirmi.

    Attorno e oltre te ruggiva impetuoso un malinconico richiamo.


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    Altro: il post fa in buona parte riferimento al potere passivo della Vera Runa, che amplifica a tal punto l'aura magica di Grifis che chi ha l'auspex per le aure lo sente come "presente ovunque"; di contro, il Falco non può mascherarsi dagli Auspex dello stesso tipo^^



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    Bastarono poche parole – le uniche giuste – per risvegliare l’energia sopita, che giunse a tempestare la stantia aria del sogno. Quasi in risposta alla vampa di potenza emanata da Grifis, s’intensificò il legame arcano che quella notte – collegando due anime – trascendeva lo spazio.

    Attonito il Castigo ammirò l’altro, senza mai smettere di rimestare i sentimenti tetri e folgoranti.
    Anelli cristallini, limpidi come polle d’acqua, avvolsero il candido cavaliere.
    Fu poi la volta della lama, stranamente familiare, e infine la provocazione.

    E finalmente riconobbe quella superbia.
    Ricordò tutto.

    A sua volte esplose, eruttando tutta la disperazione stipata nelle spire della sua anima: il torrente fangoso dei ricordi aveva spalancato i cancelli della sua furia, e l’abbraccio putrescente del suo spirito si estese fino a dilaniare lo spazio onirico in cui era relegato. Se l’altro accompagnava la sua presenza al boato degli oceani, invece di Bid’daum si sarebbe detto che era l’epicentro di un globo disperante, marcio e crepitante come il nucleo di una stella morente.

    Le due aure espanse avrebbero trovato prima o poi un punto d’intersezione, stridendo orribilmente nel luogo di contatto, e annientando tutto ciò che di esterno era rimasto: tutta la montatura del sogno fu nebulizzata, opponendo la blanda resistenza di un quadro slavato dalla pioggia torrenziale.

    Rimasero solo loro due, al centro dell’Universo.

    Il Kuthiano non smorzò minimamente il flusso empatico che avrebbe raggiunto il Falco, come se fosse desideroso di far comprendere all’altro la sua vera identità.
    Pensieri sfumati di perfidia, ricordi di solitudine – orfano, prigioniero, esiliato –, la strenua brama di sopravvivere, l’abisso e il fascino delle arti animiste proibite.
    E poi l’inarrestabile devianza mentale, condanna insostenibile per qualunque creatura comune.

    Ma lui voleva dimostrare di non essere uno dei tanti.
    Ebbene, aveva venduto l’anima pur di non annoverarsi tra i milioni di ciottoli anonimi.
    Pur di risplendere sfolgorante, anche a costo di consumarsi anzitempo.

    Bid’daum sollevò la destrorsa fino a raggiungere la spalla corrispondente, per poi stendere stizzito l’avambraccio verso il basso, con un colpo di frusta, come a voler far scattare un meccanismo a serramanico.
    Si palesò una spada nel suo pugno, nient’altro che la figurazione mentale dell’originale lama spiritica da lui brandita.

    Il volto era devastato dall’odio distillato, contratto in un’abominevole espressione.

    zFDRbE8

    Vediamo se questo ti basta.

    Sibilò all’altro, poi il mezzo diavolo si proiettò verso l’angelo, perforando - al pari di una cometa - la tenebra soffusa del sogno ormai svuotato. Portò avanti l’arma, calando un fendente carico di tutto il suo disprezzo.
    Forse i due miraggi sagomati in forma di spade avrebbero impattato l’un sull’altro, trasmettendo empaticamente molto più di quanto le normali parole avrebbero potuto spiegare.

    E - mentre le aure ruggivano - il reame onirico collassava su se stesso, non riuscendo più a contenere l’immenso potere sprigionatosi.

     
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    ~ { Reame onirico, ???


    Tutt'intorno il mondo cedeva. L'eco delle vostre intenzioni -finte o vere che fossero- esplosero come in boato di applausi, retto soltanto dall'eco frammentato dei cocci che, cadendo in terra, dividevano quel sogno dalla nuova alba. Sì, perché alle soglie di quella realtà, costruita per esistere poche ore e nient'altro, la luce del nuovo giorno irruppe come un fiume in piena; la luce allagò il tuo corpo, e ti sentivi come se tante mani tirassero verso il lato opposto. Ma prima di cedere, lasciasti ancora una frazione di te al Kuthiano.

    Maledetti i passi, le strade e gli architetti dei giorni, Kuthiano -facesti aumentando il tono con l'ormai imminente risveglio- che vi hanno generato, condotto e poi mosso fino a me.

    Poi il tuo corpo si disgregò. O almeno, solo una parte. Lentamente, come parte di un grazioso cristallo franato a terra, ti dissolvevi in braci luminose e pezzi di specchio. La tua coscienza però non svaniva, lasciandoti giusto il tempo di un ultimo saluto.

    Maledetti, perché non ti hanno condotto da me prima.

    E di te non rimase niente, se non l'eco della tua ragione.

    *

    Ti destasti stranamente eccitato. Il cuore batteva veloce e avevi già afferrato la spada, che pur essendo vicino al tuo letto come di consueto, non era mai stata estratta dal fodero durante il sonno. Eppure, alzando lo sguardo allo specchio del mobilio di fronte, un sorriso inarcò sul tuo viso una nuova consapevolezza.

    Avevi ritrovato il Castigo e avevi sancito una volta per tutte un legame di rivalità eterna. Lui era la tua nemesi, perché con la sua esistenza negava e ripudiava ciò che tu rappresentavi. E come più di tanti altri, da semplice sasso stava diventando grande e doloroso. Ti alzasti senza curarti d'esser semi nudo, e volgendoti verso la finestra della tua camera ti sovvenne un augurio.

    Spero di rivederti, Kuthiano.

    Ma non ci fu nulla d'amichevole in quel desiderio.

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    Altro: direi che siamo alla chiusura :D grazie per l'ottima giocata



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    Crollarono i pilastri del ponte che collegava le due menti, rimanendo in bilico tra sogno e veglia, finché i rivali - dalle parvenze ormai confuse e frammentate - avrebbero annunciato i rispettivi commiati.

    La voce dell’altro lo raggiunse a fatica, giacché a questo punto i suoni del mondo reale si facevano sempre più prepotenti, ma non una sola parola sfuggì alla memoria del nostro.
    Rispose di getto all’opponente, affidando il suo messaggio all’ultimo spiro di quella tempesta di pensieri.

    A volte l’attesa ci cambia dentro, Cavaliere.
    Nel frattempo aspettami e prega i tuoi dèi, perché quando tornerò, sarò pronto a distruggerti.


    E l’ultima voce si perse nell’eco di una testa infine svuotata.

    *

    La sua coscienza onirica precipitò, lasciandosi cadere giù dalle nuvole, dall’atmosfera fino al terreno. Ma il suolo di sotto era arido e morto, e solo un immenso lago vitreo lo stava aspettando nel suo fermo abbraccio. Purtroppo le braccia inesistenti non afferrarono il suo spirito, che continuò a cadere, oltre la superficie della terra.
    Finì nell’abisso del sottosuolo, infine schiantandosi lievemente sul giaciglio che aveva accolto le sue stanche membra... così il diavolo era tornato nel suo inferno.

    Aprì gli occhi.

    La camera era afosa, irraggiata dalla luce spettrale che filtrava dal deserto. I suoni del mattino meridionale giunsero alla sua mente eccitata e frastornata, la folla già si stava formando per le vie del Bazar. Si alzò e mosse pochi passi, fino ad accostarsi alla finestra, tacciando per un momento il prorompente grido che giungeva da dentro di lui, proclama di una forza nuova.
    Guardò verso il lago di vetro che incombeva su quel quartiere di Merovish, e gli parve di poter ripercorrere la sua caduta immaginaria a ritroso, solo con la spinta di uno sguardo, fino all’ultima sommità del cielo. Incrociò lo sguardo del Falco, poteva esserne certo.

    Ci rivedremo presto, Cavaliere.

    E il sadico ghigno tornò a deformare i lineamenti del Castigo.

     
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