[EM] Identità Femminile

Una lettera, ancor prima di essere entrata in azione per conto della nuova organizzazione. Una lettera di una affiliata, un membro di cui non sapevo praticamente niente e di cui a dirla tutta me ne importava ben poco. Non fraintendiamoci… non è che io volessi essere la snob, o colei che dal cuore freddo ignora ogni buon rapporto di conversazione: ma realisticamente… siamo innanzitutto dei soldati. Farmi però delle inimicizie sin dall’inizio non rispettando le gerarchie non sarebbe stato certamente intelligente o come si sul dire un azione egregiamente diplomatica. Alla fine in quei giorni, in quei primi giorni in cui l’alba di una nuova era della mia vita aveva cominciato a brillare... decisi di mettere da parte la mia solitudine per conoscere questa estranea anch’essa membro degli Eversori. Il simbolo era chiaro, indistinguibile, ma soprattutto semplice. Una semplice E a simboleggiare un’idea, un’iniziativa, uno status. Camminando fra le sporche vie della città mi stavo dirigendo verso quella che era nominata la Quinta Bolgia: luogo da come dettomi da Dimitry… base operativa dell’organizzazione. Osservavo il cilma che vi era in città, un clima grottesco e di basso profilo che non garantiva certo la tranquillità di una convivenza pacifica fra i cittadini.

Ladri, assassini, stupratori, delinquenti di ogni genere… erano l’ossatura forte di questa città perversa dove avevo deciso di terminare il mio viaggio: Ironico. Io che ero sempre stata una devota delle regole, ora, mi trovavo a risiedere in un posto che di regole non ne aveva nemmeno l’ombra. Tutto era paradossale e sicuramente curioso, curioso per il semplice fatto di capire come io potessi abituarmi a un simile clima: in cui ero distinguibile come un gatto in mezzo a milioni di topi. Comunque… ormai avevo accettato il gioco e ne avrei rispettato le regole, anche se tale frase era un eufemismo. Arrivata dinnanzi l’ingresso di quella fogna che doveva rappresentare un luogo di interazione sociale… feci il mio ingresso, avendo come prima disgustosa impressione l’odore acre di carne arrostita mista al tanfo della poca pulizia che si professava all’interno di quel postribolo. Rimasi un attimo guardinga, scrutando l’imponente spazio che raffigurava un luogo di culto di Merovish.

Non sembrava esservi molta gente, se non a contare gli individui che vi lavoravano all’interno o che spacciavano un tale ricettacolo di confusione per professione lavorativa. Solo una persona sembrava più ordinata e dall’aspetto ben curato: sicuramente anche superiore a quello della mia persona. Una ragazzina che poteva avere non più di diciotto anni, stazionava seduta a un tavolo, nella tranquillità più totale, nell’assoluta pace dei sensi, non curante di pericoli che potevano minacciare la sua delicata figura. Che fosse lei la fautrice del messaggio? Una ragazzina? In che razza di meccanismo mi ero inserita? e come potevano pensare di dominare l’intera città con ragazzini che puzzavano ancora di latte. Ero al quanto allibita e perplessa nel dover avere a che fare con bambini per di più vestiti come personaggi delle favole. Ma ormai mi ero scomodata, e dovevo sempre pensare che la prima impressione può essere solo una falsa facciata: quindi.... mi avvicinai al tavolo dove si trovava labambina, em… collega, rivolgendomi a quest’ultima.

Sei chi penso che tu sia?

Mi limitai a interloquire tramite questo linguaggio senza senso, ma che sarebbe ben stato inteso se la persona dinnanzi a me fosse stata colei che aveva deciso di convocarmi. Non potevo parlare apertamente: una cosa che mi aveva insegnato l’organizzazione era la discrezione e l’anonimato, senza che parole troppo pesanti a orecchie indiscrete fossero percepite apertamente.

La ragazza non perse tempo a rispondere, e a dirla tutta il suo tono non sembrava ne preoccupato ne tanto meno nervoso. Anzi… una certa quiete si poteva percepire nel suo sguardo, una quiete che una ragazzina dell’età sua non avrebbe mai avuto facendosi dominare dalle emozioni. Il suo tono come detto era molto tranquillo anche se intuivo una certa tracotanza nel rispondermi, una tracotanza che riflette l’irruenza e la giovane età di chi si fa dominare dal protagonismo. Cominciavo a scocciarmi, mi ero precipitata in questa topaia a un orario certamente insolito, per di più avvicinandomi a una ragazzina che sembrava essere mezza ebete.
Forse avevo preso semplicemente un abbaglio ed ero in anticipo rispetto alla persona che dovevo incontrare: ma la cosa comunque non andava bene. Se i miei compagni erano dei ritardatari, allora… questo dimostrava inaffidabilità e poca serietà nel rispettare gli impegni. Ero in questa città da meno di due giorni, ma già i dubbi e le perplessità sulla scelta che avevo preso cominciavano a impossessarsi della mia mente. D’un tratto però qualcosa di strano accadde, qualcosa di unico e assolutamente singolare.

Dapprima che il mio sguardo osservava stizzito la ragazzina… in un secondo momento fui come incantata da quella figura, come affascinata e interessata a voler intraprendere una conversazione con quella piccola donna. Una brezza primaverile accarezzò la mia pelle, muovendo i miei capelli a ondeggiare accarezzati da quel vento che per un’evento bizzarro si era creato all’interno di un luogo chiuso. Cosa mi stava succedendo? non era da me essere così emotiva e sensibile, ero una claymore, una guerriera, non era normale che io provassi attrazione per una bambina. Scuotendo la testa provai a far si che quella sensazione si allontanasse dai miei pensieri e riuscissi a riprendere il controllo di me stessa, razionalizzando il tutto e riflettendo in maniera ponderata e tranquilla. Ma ancora sentivo il disperato bisogno di parlare con lei, di averla vicino a me e di sentire il suo sguardo posato sul mio viso: assurdo. Provai nuovamente a imbastire un discorso per non pensare a quelle sensazioni confuse che mi stavano investendo come l’onda del mare in tempesta su una nave. La sua non curanza mi imbestialiva.... un tale gesto non lo avrei mai permesso… trattandomi con indifferenza a tal punto da sminuirmi: con quella sufficienza che dimostra ogni ragazzino con poca educazione. Ma stranamente… le mie sensazioni erano di profonda ammirazione e non di discussione polemica.

Che fosse lei a controllarmi? che fosse capace di qualche malia su di me… se fosse stato possibile ciò, a quel punto, si spiegava il fatto perché gli eversori puntassero su una ragazzina che dimostrava doti di persuasione emozionale di un certo livello. Mi ricordava una mia compagna, una claymore in grado di controllare i movimenti degli avversari mediante la sua volontà. Dovevo ottenere una risposta, ne sentivo il bisogno e la necessità di avere ancora la sua attenzione, per quanto dentro di me rifiutassi un simile comportamento da parte mia: a tal punto da parlare apertamente dell’invito pervenutomi.

Sono il nuovo membro dell’organizzazione e mi è stato dato appuntamento in questo posto da parte di un altro rappresentante. Sei dunque tu quella che cerco?

La fissavo come una stupida, nella speranza involontaria che fosse lei e che mi desse ancora la possibilità di parlare e condividere la sua compagnia.

Quanto era sfrontata? Il suo modo di atteggiarsi e rispondere con tanta maleducazione mi faceva ribollire il sangue al punto quasi da rischiare di rilasciare una discreta quantità di Yoki e deturpare le mie forme. La fissavo con i miei occhi argentei, lasciando che nemmeno un minimo di espressione comparisse sul mio volto: ero una claymore… era la normalità per noi essere indifferenti. La ragazzina andava messa in riga, e sinceramente un po’ di attività motoria mi avrebbe fatto bene. Però… c’era anche da comprendere il fatto che ero appena giunta e di conseguenza creare casini sin da subito poteva mettermi in cattiva luce. Quindi… decisi semplicemente di rimanere in piedi e far si che il mio Yoki distorcesse l’emanazione che rilasciava la poppante, così da essere nuovamente nel pieno e totale controllo delle mie facoltà mentali ed emozionali. Incrociando le braccia decisi di darle un’ultima possibilità a spiegare il perché di tale incontro, prima che io girassi i tacchi e riprendessi attività ben più utili e interessanti di parlare con una mocciosa.

Certo sei in gamba se mi hai costretto a rilasciare il mio Yoki per interferire con le tue capacità… ma ti avverto…. non ho tempo da perdere… e ne tanto meno ho voglia di giocare con una ragazzina viziata e maleducata come te. Quindi… se ti dispiace dirmi il motivo di questo incontro te ne sarei grata… al contrario ti lascio bere il tuo latte e facciamo finta che questo incontro non sia mai avvenuto.

Mi sentivo offesa e umiliata. Già il semplice fatto che quel rilasciare informazioni così importanti di fronte altre persone che non avevano nulla a che fare con l’organizzazione era stato una non curanza a non saper resistere adeguatamente come mi avevano insegnato. Noi claymore eravamo state cresciute fin dalla più tenera età nel sopire le emozioni e ragionare sempre in maniera lucida, razionale e mirata: e io che avevo dimostrato? di cascare nella ragnatela di un individuo abbastanza discutibile che era l’esatto opposto della mia personalità.

Odio perder tempo.

Uno stupido test. Una di quelle valutazioni che di solito si fanno ai novellini: ma per favore. Osservandola con sguardo non curante mi limitavo ad ascoltare cos’altro avesse da dire, e cosa cercasse di ottenere da quell’incontro. Stavo scoprendo troppi ammiratori che si ostinavano a darmi attenzione e a richiedere la mia compagnia.

Prima Dimitry, ora lei, insomma.... da che sul mio vecchio mondo ero semplicemente un numero, ora… scoprivo che la mia identità era studio di fascino e ammirazione: prevedibile. Rimasi un attimo ancora silente, osservando come la ragazzina cambiava tono e mi metteva sul livello di un suo pari invitandomi ora a sedere. La cosa mi scocciava non poco, in quanto non ero una di quelle persone predisposte a colloquiare, ma più similmente un’arma da scagliare per risolvere problemi. Comunque… ormai ero li e sinceramente fare un viaggio a vuoto perdendo del tempo mi infastidiva non poco, rendendomi visibilmente nervosa. Spostando una sedia così da avere lo spazio necessario per sedermi, acconsentì al suo desiderio di compagnia nell’azione di poggiare il mio sedere sulla piattaforma lignea e condividere un momento di discussione. A braccia conserte rimanevo immobile nella mia posizione chiudendo un secondo gli occhi e liberando la mente così da sopire lo Yoki e non rischiare che mi dominasse a tal punto di essere controllata dalla rabbia e dall’istinto omicida: dovevo rilassarmi. La ragazza di nome Nike, fece delle domande molto banali a cui anche un bambino di tenera età poteva arrivare alle risposte, soffermandosi su argomenti scontati e qualunquisti. Non mi piaceva parlare, decisamente lo trovavo un diletto che non portava a solleticare il mio interesse - preferendo un comando ben preciso a una mia opinione o osservazione:ma ormai nel gesto di sedermi avevo acconsentito a darle retta.

Si sono una guerriera… precisamente una claymore… nome che deriva dall’arma che impugno e che utilizzo per smembrare chi mi rompe un po’ troppo le palle.

Una battuta che poteva sembrare una provocazione, ma che in realtà era semplicemente un pensiero sincero su cosa preferissi fare per occupare il mio tempo e darmi gratificazione.

Per essere una mercenaria sei molto giovane… non sembri una che si sporca le mani di sangue.

Adorabile? Lei pensava che io fossi adorabile? Povera sciocca… era proprio un infante allora. Dentro di me si celava un mostro minaccioso che al solo semplice risveglio avrebbe potuto massacrare ogni presente nell’arco di centinaia di metri: e lei mi trovava adorabile. La sua risposta non tardò ad arrivare, e nel suo tono potevo percepire un pizzico di polemica: come a voler rispondere a tono alla mia affermazione di avere un’aspetto troppo delicato per aver a che fare con mercenari. Ma non era affar mio giudicare le scelte dell’organizzazione, o valutare se tali scelte fossero adatte alla causa: no… io ero semplicemente un soldato. La sua ultima affermazione sul fatto che non disdegnasse gli scontri mi solleticava al punto di sfidarla in duello e vedere quanto fosse stata capace oltre alla parlantina facile, di usare anche il fisico per dimostrarsi degna del suo ruolo. Ma dare spettacolo tramite risse da bar non era nel mio stile e oltretutto volevo dimostrare la mia serietà per affermarmi nell’organizzazione e recitare un ruolo da protagonista così da avere il rispetto sul campo e non certo per il mio carattere impulsivo: mostrando un’inesperienza che non mi apparteneva. Rimasi semplicemente impassibile... rifacendomi alla calma e riflessione che mi contraddistinguevano, e che mi avevano fatto salire in graduatoria nella vecchia organizzazione fino al numero 3 su 47 claymore.

Le sue domande da ficcanaso però non sembravano terminare e la sua parlantina continuò ad assillare i miei timpani con altre curiosità che la vedevano interessata ad informarsi sulla mia persona. Non capivo se era voglia di fare amicizia o più semplicemente uno scopo a voler capire le potenzialità di un nuovo membro.

Semplicemente il bisogno di avere ancora uno scopo e valere come individuo per far parte attivamente di un idea.

La mia risposta era sincera, era la sacrosanta verità ad affermare che la mia partecipazione era volontaria e dovuta al senso di appagamento che mi aveva abbandonato da molto tempo. Non cercavo ne fama, ne gloria, ne tanto meno ricchezza, semplicemente… la possibilità di credere ancora in qualcosa e darmi quella sostanza che mi avrebbe reso nuovamente viva.

Da dove provengo io… gli individui come me sono giudicati mostri e tenuti a debita distanza per la bestia che risiede nel nostro sangue e nella nostra carne… venendo chiamate streghe dagli occhi d’argento. Non pretendo che tu capisca ne tanto meno voglio la tua compassione… Dimitry ha visto in me quella personalità che per molti era inesistente e che mi rendeva reietta agli occhi della razza per cui combattevo e proteggevo da bestie fameliche chiamate Yoma… le stesse bestie che risiedono dentro noi claymore e che ci rendono dei bizzarri esperimenti di laboratorio.

Speravo che con questo breve racconto la sua curiosità fosse placata e che mi permettesse di ritornare ai miei compiti finendo di perder tempo in chiacchiere da bar per rivendicare quella femminilità nel fare discorsi da the come due donnete frustrate alla ricerca di attenzione.

Ti posso garantire che quando rilascio il mio potere demoniaco non è una visione piacevole e il mio corpo deturpato ne è una prova di come il sangue Yoma all’interno di me abbia distrutto ogni grammo di femminilità lasciando solo che ora sia una bizzarria che non mi fa completamente appartenere a nessuna delle due specie.

La mocciosa aveva ancora di che parlare e continuare con le sue sciocche domande per dimostrarsi non altro che una ficcanaso. Odiavo la troppa curiosità, mi rendeva nervosa e mi portava a diventare dispotica e poco propensa alla discussione.
La sua spiegazione di cosa l’aveva portata a unirsi agli eversori, tra l’altro affermato di sua spontanea volontà, senza che io avessi minimamente preso il discorso… mi faceva intendere quanto amasse il protagonismo e facesse dell’ambizione il suo scopo principale. Ora voleva sapere cosa era lo Yoki, l’energia a cui attingevo e che mi rendeva simile più a una bestia che a un essere senziente con spiccate doti combattive: che due palle parlare.

Devi sapere che sia gli yoma che le claymore possiedono un'aura combattiva chiamata yoki che... se liberata... permette di accrescere la propria forza fisica in modo esponenziale con una determinata percentuale con cui noi ci rendiamo conto di quanta potenza stiamo utilizzando. Più Yoki rilasciamo… più le nostre fattezze fisiche si avvicinano ai mostri che combattiamo e che ci rendono dei veri e propri demoni. Rilasciare il 100% del potere significa trasformarsi totalmente in uno Yoma e di conseguenza non poter invertire il processo diventando una creatura che si nutre di viscere. Fortunatamente questa cosa non contempla la sottoscritta.... dato che riesco a prescindere dalla percentuale rilasciata… a invertire il processo e ritornare quella che osservi ora dinnanzi a te.

Un sorriso diabolico si dipinse sul mio volto, mentre osservavo la ragazza che attenta ascoltava la mia spiegazione, incurante di ciò che avessi in mente e che avrei proposto al piccolo scricciolo.

Se vuoi saperne di più… dato che ti vedo molto interessata… potrei darti una dimostrazione: anche se penso che rimarresti turbata. In effetti da quando sono arrivata su questo mondo sono stata un po’ pigra non avendo possibilità di allenarmi ai miei soliti standard. Ti interesserebbe fare un piccolo scontro di allenamento?

Ero una bastarda… mi dimostravO sempre una persona non molto socievole ma che preferiva la brutalità a passatempi più pacifici e tranquilli prediligendo il mio spirito combattivo.

Se sei d’accordo ci potremmo ritrovare nello Yuzrab… dove non saremmo disturbate e lasciare che l’azione sostituisca le parole. Che ne dici?

Quel mio sorriso insano continuava a predominare sul mio volto, aspettando che la provocazione da me scaturita producesse i suoi risultati e lasciare che la piccola mosca fosse ospite nella mia ragnatela.

Riportandomi in piedi, lasciai che il sorriso fosse il biglietto da visita che mi contraddistingueva quasi in ogni momento: non per nulla ero soprannominata Nadine del sorriso. La mia provocazione aveva avuto successo, e la ragazzina aveva deciso di imbarcarsi in una situazione dove non ne sarebbe uscita bene. Ora rimaneva solo da fissare il luogo preciso e il momento in cui avremmo lasciato che le parole fossero sostituite dai più concreti fatti: in cui a rischio di sembrare montata ero efficace. Già immaginavo la scena, dove la mia spada fendeva la sua carne deturpandone la liscia pelle e facendo fuoriuscire dalla sua rosea carne quel liquido caldo e scarlatto conosciuto meglio come sangue. Adoravo quel fluido, mi estasiava e mi gratificava a ricoprire il mio corpo e la mia spada con la sua colorazione: fino a provocarmi un vero orgasmo dovuto da un impulso sessuale.

Bene… ci troveremo domani all’albeggiare del sole… fuori dalle mura della città… così che il deserto sia il nostro campo di battaglia.

La ragazzina ancora non aveva ben chiara l’idea di cosa significasse scontrarsi con me, e quanto pigliassi seriamente una battaglia: sia che fosse amichevole che per sterminare qualcuno. Le mani già mi fremevano e il mio Yoki ribolliva nell’intento di risvegliarsi e farmi apparire più come un demone che un soldato dai lineamenti delicati.

Mi raccomando riposati bene… non vorrei che i miei colpi possano essere troppo pesanti e lasciare libero un posto nell’organizzazione. Hahahaha!

Una risata a terminare ogni discorso e lasciare che la mia figura così come era entrata, sparisse all’orizzonte... nel gesto di aprire la porta e fuoriuscire da quella topaia puzzolente che veniva tanto amata da quella massa di bifolchi che altro non erano i cittadini di Merovish.

A domani scricciolo.