[CSV][CC]Difendere gli Inermi

Fighting the Beast - Epilogo

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    The guru in the darkness...

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    Strade del Pentauron.
    Presidio Centrale, Endlos.

    Aveva tredici anni, la dolce Tara: lunghe trecce rosse ricadevano sulla sua schiena sottile e lacrime salate scendevano dai grandi occhi da cerbiatto come ruscelli scavati sulle guance cicciottelle decorate di tante piccole lentiggini. Aveva perso i suoi genitori fra la folla in fuga dall'arrivo imminente della Bestia e poi era stata attirata dal loro vicino in un vicolo buio. Che fosse tranquillo, spaventato o posseduto, poco cambiava: le era saltato addosso non appena erano rimasti soli e, nonostante le sue urla, i rumori della guerra avevano trasformato le grida in silenzio.
    La piccola Tara piangeva nella sua fuga, la spallina dell'abito che tanto amava strappata fino al braccio destro al punto da doverla reggere con la propria mano per non far cadere l'intero vestito; era riuscita a divincolarsi dalla presa del suo assalitore... ma fra le fiamme ed i posti di blocco ebbe come la sensazione di girare a vuoto senza mai uscire da quel quartiere che era diventato il suo incubo.
    Ed eccola di nuovo: l'ombra da cui fuggiva; la placcò con la forza bruta che solo un uomo adulto poteva liberare, ed in un impeto bestiale la gettò per terra, strappandole l'altra parte dell'abito. Tara urlò, di nuovo, e per l'ennesima volta nessuno parve sentirla. Pianse, pianse ancora, consapevole del fatto che sia lei che l'individuo sopra il suo ventre cercassero a modo loro di fuggire dalla fine imminente. Sarebbero morti, tutti quanti, non c'era ragione di urlare... o lasciarsi frenare da una qualche morale.

    d0fu

    -Ancora vergine, giovanotto?
    Le signorine non vanno mica prese in quel modo.


    Una splendida voce maschile, leggera ed al tempo stesso profonda, proveniente dalle spalle dell'uomo sembrò bloccarlo da quelli che erano i suoi intenti. Questa era cosa buona e giusta, ma Leon e Kalia erano ancora lontani, Quarion era da solo e violentare una bambina non era fra le cose che l'Ambasciatore apprezzava maggiormente. Se non fosse stato certo delle tempistiche sfavorevoli lo avrebbe evirato e poi impalato, ma alla fine si limitò a posargli una mano sulla spalla con fare estremamente, pericolosamente cortese.
    pwh

    -Mi permetta di suggerirle qualcosa che non aveva mai contemplato.

    Quando Kalia e Leon lo raggiunsero, avrebbero trovato Quarion inginocchiato vicino alla piccola Tara, spaventata ed avvolta dal mantello indaco dell'Ambasciatore. Poco distante un uomo di circa quarant'anni accovacciato su sè stesso e preda di terribili spasmi, come un epilettico in piena crisi: piangeva, sbavava come un cane rabbioso, in alcuni momenti lanciava grida soffocate e continuava inspiegabilmente a toccarsi il sedere e le parti intime.

    -Lasciatelo stare, questa ragazzina sta peggio di lui- tagliò corto il Galanodel, lasciando intendere a Leon che la punizione di quello sconosciuto fosse opera sua -ha bisogno di cure e di qualcuno che le stia vicino.

    Castata questa tecnica con i risvolti più macabri che si possano immaginare:

    →DIPENDE DAI PUNTI DI VISTA»
    Derivazione: classe PSION
    Descrizione: Quarion è in grado, grazie al semplice contatto fisico in comunione ai suoi poteri mentali, di creare illusioni nella testa delle sue vittime. Questa in particolare, sebbene non dia danni fisici, è in grado di ferire più di ogni altra; infatti la vittima immaginerà di essere "amata" in senso carnale dal simpatico Quarion. Si tratta per di più di una illusione non solo di "immagini", ma coinvolgerà tutti i sensi come olfatto, udito e poi...ehm... gusto e tatto.
    Consumo: Critico
    Drurata: Istantanea
     
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    .†.Godwrath.†.

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    Avendo massima cura di esercitare con delicatezza la forza di cui disponeva, Lord Leon Belmont -Cavaliere del Sole dell'Est- sollevò senza sforzo tra le braccia il corpo fragile e rattrappito dell'anziana donna, e tenendola salda nella sua stretta balzò sul retro del carretto con posata eleganza; piegando un ginocchio, adagiò la passeggera di spalle contro l'alto bordo del rimorchio, e mentre la sua dolce sposa si preoccupava di render più comodo il giaciglio della vecchina -ponendo un cuscino di fortuna dietro quella schiena stanca-, un sorriso tenero schiuse le labbra ben disegnate del Paladino.

    La premura con cui Amelie si prendeva cura degli altri era una cosa in grado di farla risplendere di una luce ultraterrena, e quando le iridi blu del Cavaliere contemplavano il suo candido volto illuminarsi con un sorriso, non poteva che restare rapito da quel miracolo; piccola ed esile come appariva,
    lei gli dava forza: non l'impeto effimero e distruttivo delle fiamme, ma quello tenace e inamovibile della terra... e quella contagiosa forza interiore si spandeva attraverso i suoi piccoli gesti, e ramificava nel cuore degli altri come radici antiche e profonde. Esattamente quello di cui aveva più bisogno la gente di Endlos in quelle ore buie.

    Dopo essersi chinato su di lei per deporle un bacio sui morbidi capelli rosso mela, Leon scese dal carretto lasciando la Fata alle lodi e ai ringraziamenti degli anziani: il Drago Divora-Mondo era in marcia verso il cuore del Pentauron, e nonostante qualunque creatura sul semipiano in grado di reggere un'arma o scagliare un incantesimo si fosse radunata al fronte -sotto un unico stendardo- per fermarlo, le possibilità di riuscita restavano basse; era per questo che, volendo esser preparati al peggio, Kalia aveva ritenuto parimenti importante assistere e mettere in salvo tutte quelle persone rimaste sole o impossibilitate a trovare rifugio in un posto più sicuro.

    Dominando la preoccupazione che riempiva i suoi pensieri, il biondo si risolse a concentrarsi su ciò che aveva davanti: Amelie stava finendo di salutare i nonnini che aveva rincuorato, Kalia -avvolta nel suo mantello che le celava il viso- stava dando disposizioni alle Vesti Blu di Palanthas, nel cielo e in lontananza lampeggiavano i bagliori della battaglia in corso, e....
    aveva perso di vista l'Ambasciatore.

    « Vado a cercare Quarion...! »
    disse, rivolto alle Dame dell'Est, avvisandole prima di muoversi

    Seguendo l'eco della Risonanza con la stessa facilità con cui un cacciatore segue tracce fresche, Leon si mosse per le vie deserte, fino ad un vicolo da cui provenivano singhiozzi e gemiti; con una buona dose di riserve verso quello che sarebbe potuto essere lo scenario, il Paladino si fece coraggio e proseguì... e ciò che vide lo lasciò interdetto: non tanto per il Galanodel -protettivamente inginocchiato accanto ad una ragazzina in lacrime, avvolta nel suo mantello indaco-, quanto per l'uomo fatto e finito che -poco distante- se ne stava rannicchiato su sè stesso, sbavando, piangendo e sussultando.

    Il Paladino non chiese spiegazioni: aveva sufficiente intuito, esperienza e conoscenza dell'animo umano per capire cosa fosse successo e ricostruire la vicenda; tuttavia, nonostante quell'uomo avesse di certo meritato il trattamento ricevuto (per quanto crudele e capriccioso, Quarion non agiva mai senza cognizione di causa), l'indole gentile e leale di Leon -e la sua fedeltà all'Antico Codice- gli impediva di lasciare qualcuno in quello stato.

    -Lasciatelo stare, questa ragazzina sta peggio di lui...
    esordì l'Ambasciatore, indovinando lo scrupolo pietoso del Sole
    -...ha bisogno di cure e di qualcuno che le stia vicino.

    jpg
    « Kalia e Amelie saranno qui a momenti. »
    annuì il Teurgo, avvicinandosi al collega e alla ragazzina per aiutarli ad alzarsi
    « Andate pure ad aspettarle fuori dal vicolo, o rischiano di non trovarci. »
    rivolse un sorriso rassicurante alla piccola, e trattenne il Galanodel indietro di un passo,
    indicando con uno sguardo l'uomo vittima dell'illusione, abbassando la voce

    « ...è permanente? »

    -Non lo so...! Non me lo ricordo. ♥
    per tutta risposta, Quarion ridacchiò come un bimbo birichino e si allontanò con Tara

    Rimasto solo con il carnefice ridotto ad un relitto urlante, Leon sospirò con pazienza e liberò la destra dal guanto: essere un Paladino devoto alla luce gli aveva permesso di sviluppare almeno le più rudimentali attitudini del chierico, e per quanto non fosse capace di compiere i prodigi di Amelie o di Kalia, osservarle e affiancarle nel mezzo delle loro funzioni di guaritrici lo aveva reso in grado di operare quantomeno una diagnosi... così, gli bastò un contatto con la fronte dell'uomo per tranquillizzare la sua coscienza: presto si sarebbe ripreso, e se ne sarebbe andato per la sua strada; quell'incubo lo aveva probabilmente punito a sufficienza... e il suo ricordo sarebbe stato un deterrente per sempre.

    Voltandogli le spalle, il Cavaliere del Sole uscì dal vicolo
    per ricongiungersi alla sua bizzarra famiglia.

     
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    « Fatto! »
    esclamò la Fata, non senza una punta di soddisfazione - specie quando Leon depose un bacio sui suoi capelli
    « Così il vostro viaggio sarà almeno un po' più confortevole... Abbiate cura di voi! E non temete: andrà tutto bene! »

    Dopo essere scesa dal carretto, Amelie si volse a salutare con la mano i vecchietti sul carro, che tanto si prodigavano in ringraziamenti per i loro salvatori. Nessun velo di ansia o di preoccupazione sembrava adombrare il suo bel volto di porcellana, nonostante la situazione non fosse delle più rosee... e come poteva esserlo, con un Drago pronto a divorare il cuore di Endlos? Effettivamente, la sua apparente spensieratezza sembrava stridere vistosamente con le grida, i pianti e le fughe concitate dei cittadini del Pentauron che avevano affollato le strade fino a poco prima, ma quella ragazza dalla dimensioni di un scricciolo sapeva covare dentro di sé un'incrollabile fiducia nelle persone e negli eventi, quando voleva. Proprio per questo poteva dirsi assolutamente certa - ogni oltre ragionevole dubbio - che quella faccenda si sarebbe risolta nel migliore dei modi possibili.
    E non aveva altro da aggiungere.

    Quando il carro si fu finalmente avviato, Amelie si volse verso la sua famiglia: sua madre era impegnata a istruire i Monaci delle Vesti Blu, avvolta nel mantello che la celava agli occhi degli altri, mentre Leon sembrava raccolto nei suoi pensieri, preoccupato e distante. Vederlo così era una vista insopportabile - aveva promesso a se stessa che avrebbe fatto di tutto per allontanare da lui ogni pensiero fosco - ma, al contempo, non voleva interrompere i suoi ragionamenti: il Capitano delle Guardie di Istvan sapeva dare il meglio di sé in questi frangenti.


    « Vado a cercare Quarion...! »

    Esordì il Cacciatore d'improvviso, e la Fata annuì - a malincuore: non voleva perderlo di vista, ma trovare lo Zio era molto più importante. D'altronde l'Ambasciatore, con il suo fisico esile e perfettamente proporzionato, non sembrava molto avvezzo allo scontro fisico: lui amava duellare con le parole, farle scorrere sulla lingua come il sangue sulla lama di un guerriero, rigirarle tra le dita come ciocche di capelli… ma non sembrava altrettanto aduso al maneggiare una lama.
    Dopo tali pensieri, Amelie si scoprì sinceramente preoccupata per Quarion.


    « Mamma... »
    disse, accostandosi all'Alfiere dell'Est
    « dovremmo seguirlo… sono preoccupata per Zio Quarion. »

    Ricevuto l'assenso del genitore, Amelie prese per mano Kalia e si lasciò guidare nel dedalo ordinato delle vie ora polverose, giungendo piuttosto velocemente ad un piccolo incrocio con un vicolo, dove subito spiccò ai suoi grandi occhi verdi la presenza dell'Ambasciatore accostata a quella più fragile e minuta di una ragazzina dai capelli rossi - dettaglio che le strappò un sorriso. I piedi consumarono presto la distanza tra i due piccoli gruppi, e i dettagli della scena emersero come piccoli e vividi tocchi di pennello; l'indaco intenso del mantello di Quarion delineavano la linea sottile e ancora acerba delle spalle della fanciulla, e un interrogativo apprensivo affiorò spontaneo sulle belle labbra di melograno della Principessa:

    « Zio, cosa è accaduto? »

     
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    Lo spezzarsi del Sigillo aveva provocato grande trambusto in tutto la semipiano, e dove il caos germina per mettere radici di piovra, loro finivano per apparire... o magari era il contrario: nonostante si fosse unito al gruppo da secoli, non gli era ancora chiaro se la sventura fosse un presagio del loro arrivo, o piuttosto una conseguenza del loro passaggio; di certo, c'era soltanto il fatto che presto il prologo sarebbe giunto a conclusione, e il sipario si sarebbe alzato per la Notte della Prima.

    Tuttavia -come Aren amava ripetere ogni qual volta li richiamava all'ordine- la riuscita di uno spettacolo dipende interamente dalla sua studiata pianificazione, e mentre il Drago Divora-Mondo seminava panico e distruzione tra le genti di Endlos, i preparativi fervevano in quella stessa città, che sarebbe stata la cornice della
    piéce: infondo, quale momento migliore di quello? Chi avrebbe mai badato ai movimenti di derelitti e saltinbanchi nel mezzo di quell'inferno?

    Non certo le
    Sentinelle, troppo impegnate a ripristinare l'ordine.
    Non i guerrieri e i maghi intenti ad ingaggiare battaglia, né i civili pronti all'esodo.

    In una città fantasma, non cadono sguardi che notino gli spettri.

    Tracciò un altro segno con il pugnale sull'architrave di una casa, dove e come gli era stato ordinato di fare, e proseguì per la strada deserta; ironia della sorte, fu il giovane albino dagli occhi bendati a vederli prima di inciampare nel raggio di interferenza dei loro sensi... e nonostante avesse precise disposizioni circa il non fare nulla che attirasse l'attenzione, non seppe trattenersi.

    La testa rossa che aveva mondato Fanedell dalla loro contaminazione e l'orribile essere che l'aveva tenuto segregato nella sua ancor più orribile magione -con la compagnia forzata dell'insopportabile Harleen e dell'odiata Volpe- sembravano essere lì apposta per permettergli di vendicarsene... così sfoderò i pugnali dagli alloggiamenti della cintura -dove riposavano-, li soppesò nelle mani cambiando il punto di presa dall'impugnatura alle lame, e li scagliò contro i due bersagli, rendendoli proiettili pericolosi, perché carichi della sua volontà omicida.

    « Amy...! »

    Il Paladino biondo si accorse però degli stiletti che sibilavano in rapido avvicinamento nell'aria, e mentre col braccio sinistro avvolgeva prontamente il vitino sottile della Fata -attirandola contro il suo petto-, il destro -protetto dal gauntlet- si sollevò per circondarle la schiena e consacrarsi alla sua difesa; con un lampo di luce bianca e un sordo rintocco metallico, la lama scagliata contro Amelie rimbalzò lontano, e subito gli occhi cerulei di Leon scandagliarono le vie alla ricerca della minaccia.

    Ma non la trovarono: il Lanciatore di Coltelli si era prontamente dileguato, adirato per via di quella intromissione, ma soddisfatto a metà... perché uno dei suoi lanci aveva fatto centro.



    Edited by Madhatter - 27/6/2013, 15:17
     
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    "Si avvicina una guerra cruenta, qualcosa che metterà in pericolo sia te che lei.
    Statene fuori, o la stirpe dei Figli del Cielo si estinguerà senza possibilità d'appello.
    Statene lontani e lasciate il lavoro agli altri, perchè non sarete voi gli eroi di questa storia.
    Fatevene una ragione e rimanete al vostro posto".


    Hesediel.

    zac

    Camminava di fianco al Sole tenendo per mano la piccola Tara. Alla ricerca dell'Alfiere e della Principessa, l'Ambasciatore e l'ex Capitano dell'esercito orientale procedevano a passo spedito, entrambi coscienti che una lunga separazione non sarebbe stata nè proficua e nemmeno sicura. Infondo erano in guerra, ed una mastodontica creatura si stagliava all'orizzonte scuotendo la terra sotto di loro ad ogni passo. Per un breve, lungo attimo, Quarion si voltò a fissare la Bestia.
    Non la vedeva... ma lì doveva esserci sua sorella, in aria a far qualunque cosa per evitare la catastrofe.

    fcrp

    Alcuni giorni prima avevano parlato a lungo a riguardo e, memore dei presagi di Hesediel, Quarion l'aveva pregata, supplicata di rimanere chiusa nel suo Mastio a vegliare sul Presidio Errante; a combattere avrebbe potuto tranquillamente mandare i suoi guerrieri scelti, o magari anche tutto il proprio esercito... ma lei doveva rimanere al riparo nel proprio territorio, esattamente come aveva fatto lui per quei lunghi, insopportabili mesi. Nella speranza di convincerla, le aveva confermato la notizia che quasi tutti i momentanei reggenti in circolazione non si sarebbero presentati al Pentauron, Moloch non si sarebbe mosso dal suo castello, e nemmeno Lord Aeon sarebbe uscito allo scoperto.
    Ma sua sorella era una zuccona: totalmente incurante del pericolo gli aveva rivoltato contro le sue argomentazioni, uscendosene che era anche quell'atteggiamento da parte delle grandi cariche a costringerla a scendere in campo; la sua sola presenza, oltre a quella di Kalia, avrebbe dimostrato ai deboli che gli Alfieri non si erano dimenticati di loro.
    A quel punto, l'Ambasciatore si era ritrovato senza più parole.

    Drusilia ci riusciva sempre: il tentativo di invitarla ad imitarlo era fallito nel peggiore dei modi, al punto che Quarion si era stranamente ritrovato a mandare al diavolo tutti i suoi piani e scendere in campo al fianco del proprio Alfiere. Gli occhi aurei, in parte risentiti per quella scelta, scrutarono l'orizzonte nel tentativo di intravedere la sua gemella, ma il fuoco ed il fumo copriva ogni cosa. Un ultimo pensiero a lei, ovunque fosse.
    Le labbra si contrassero, gli occhi si sgranarono.

    « Zio, cosa è accaduto? »

    Nessuna risposta giunse dalle labbra rosse dell'Ambasciatore.
    In silenzio egli si accasciò, lentamente, ricadendo sul corpicino ancora tremante della dolce Tara. Lei, però, non riuscì a reggerlo, e caddero entrambi al suolo; una larga pozza rossa si allargò sulla pietra, impregnandole gli abiti ed il mantello color indaco.
    Un oggetto metallico faceva capolino sulla sua schiena.
    All'altezza del cuore.

     
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    Un sibilo fendette l'aria alle sue spalle.
    Qualcuno l'afferrò per la vita, poi un rumore forte e subitaneo di metallo contro metallo risuonò dopo il suo nome.

    « Cos..? »

    Un'ombra improvvisa era calata sui suoi occhi, e l'odore familiare di Leon aveva riempito le sue narici insieme a quello più intenso della paura.
    Era talmente assorbita dalla situazione che i suoi sensi non l'avvertirono del pericolo imminente, ma elargirono in compenso una confusione nebbiosa e paralizzante mentre tentava di cogliere il senso di quanto accaduto.
    Si staccò dell'ex Capitano delle Guardie con un'espressione vagamente spaurita sul volto minuto, mentre il luccichio dell'acciaio catturava il peridoto dei suoi occhi... non fu l'unico, però: il gemello brillava di uguale intensità, ma di una sfumatura diversa. Il cinabro del sangue risplendeva come un rubino liquido sotto il cadavere riverso, tingendo di rosso i suoi riflessi.
    E se dapprima l'implicita conseguenza di quella vista sfiorò appena la sua mente con un lieve stupore, il peso agghiacciante di quella visione precipitò con la stessa violenza di un pugno sul suo stomaco impreparato. Associare le delicate tinte argentee - ora macchiate di rosso - di quella capigliatura ai morbidi ciuffi dell'Ambasciatore fu semplice e naturale per la Fata, ma nemmeno le urla della fanciulla dalle trecce rosse - intrappolata sotto il peso della carne fasciata d'indaco - riuscirono a scacciare l'improvviso ronzio che aveva colmato il suo udito come un'anfora pronta a traboccare.

    Ristette solo per un attimo, come imbambolata e priva di vita, ma prima ancora che le lacrime riuscissero a scavare la loro strada sino agli occhi verdi, Amelie sentì montare dentro di sé una rabbia nuova eppure assolutamente familiare, un sentimento che appariva sconosciuto data la lunga assenza dal suo cuore, ma che sapeva avere già provato in un altro tempo e in un'altra epoca, in luogo molto diverso da Endlos, al capezzale di una donna chiamata Elisabetha.

    Ma vi era adesso un'ineludibile verità a sostenerla, la consapevolezza di capacità che allora non sapeva ancora di possedere. Aveva così imparato a percepire la morte come un evento ineluttabile e solo a volte eterno, una multiforme manifestazione della Vita, una possibilità tra le tante che poteva essere scelta, evitata o persino
    ribaltata. Perciò non attese che qualcuno le dicesse cosa fare, perché fu lei a deciderlo.
    E lo fece per prima.

    Senza indugiare oltre si inginocchiò al cospetto di Quarion, e mentre allungava la mano per sfiorarne il corpo, il potere che rilasciò generò una luce bianca e tiepida, che avvolse entrambi in un abbraccio protettivo.
    Quando riaprì gli occhi, la visione delle lande dei morti - una distesa interminabile di biondi asfodeli, indescrivibile e sopraffacente - si dipanò dinnanzi allo sguardo della fanciulla, scivolando poi dolcemente sotto i piedi candidi della Principessa, incamminatasi alla ricerca di Quarion. La danza ipnotica dei fiori accompagnava i suoi passi in quella terra apparentemente desolata d'ogni vita ma, tra le anime che punteggiavano il prato sconfinato come sottili lingue d'energia, tra di esse Amelie poté scorgere - e
    sentire - quella del Galanodel.

    « Quarion... »
    disse fievole, sollevando la mano a sfiorare l'anima
    « ...torniamo a casa. »


     
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    Presto c’immergeremo nelle fredde tenebre;
    addio, vivida luce di estati troppo corte!
    Sento già cadere con un battito funebre
    la legna che rintrona sul selciato delle corti.

    Percorreva a passi lenti una radura oscura; l'erba fresca ed umida sotto i suoi piedi scalzi brillava di graziosi chiaroscuri alla luce riflessa della luna alta sopra la sua testa. Perduto nel limbo, continuava a camminare senza chiedersi come o quando, guidato da un istinto più forte di lui, marchiato a fuoco nella sua stessa anima: in balia di quella volontà aliena, presto si ritrovò imprigionato in una foresta di rovi alti e fitti.

    3mgo

    Tutto l’inverno in me s’appresta a rientrare;
    ira, odio, brividi, orrore duro e forzato
    lavoro e, come il sole nel suo inferno polare
    il cuore non sarà più che un blocco rosso e ghiacciato.

    Una mano si allungò fra le spine, e le fasce di cui era coperta si strapparono in più punti, rivelando un'anima piagata e sanguinante. Il verde dei rovi ed il bruno della terra si tinsero di cremisi ad ogni suo passo verso il dolore, il cielo era una cupola stretta ed asfissiante, le stelle sempre più lontane. Ebbe l'istinto di urlare, ma alla sua anima era stata strappata anche la voce. Nessuno sarebbe accorso al suo richiamo, lui era solo.

    Rabbrividendo ascolto ogni ceppo che crolla;
    non ha echi più sordi l’alzarsi di un patibolo.
    Il mio spirito è simile alla torre che barcolla
    ai colpi dell’ariete instancabile e massiccio.

    La fitta gabbia di spine si fece più larga in un punto, e l'anima defunta si spinse verso di esso per trovar pace mentre bende, sangue e pezzi di carne continuavano a cadere sulla terra, nutrendola, invitando nuovi rovi a crescere attorno al corpo dilaniato. Il volto sporco di fango ed icore spalancò le palpebre, e gli occhi aurei furono attratti da una flebile luce aldilà della gabbia. Infilando la testa in un pertugio ed allungano le braccia verso quel chiarore, l'anima distinse un corpo di fanciulla addormentata. Sedeva su di un trono di pietra, regale nella sua umanità, più bella di un angelo.

    3uq9

    Mi pare, così cullato da questo tonfo monotono,
    che una bara qui accanto si stia inchiodando d’urgenza.
    Per chi? - E’ autunno: soltanto ieri era estate!
    Questo suono misterioso sa di partenza.

    Turbato dalla consapevolezza irrazionale di un orrore ormai prossimo, l'anima urlò, un grido senza voce per destarla: si protese ancora agitando il braccio, le spine raschiavano sulle sue guance, incidendole di rosso. Eppure lei continuava a riposare, del tutto ignara di ciò che era ormai pronto ad accadere: non guardava nemmeno la figura ormai in lacrime nel roveto. Che l'avesse sempre saputo? Che ne fosse consapevole, forse rassegnata? Oppure... forse era Destino che accadesse.

    Mi piace dei tuoi lunghi occhi la luce verdastra,
    dolce beltà, ma oggi tutto per me è amaro,
    e niente, nè il tuo Amore, nè il fuoco, nè il tuo boudoir
    mi compensa del sole che fiammeggia sul mare.

    Leggere fiamme si levarono dalla terra, bruciando l'erba e correndo sulla pietra: le lingue avvolsero la fanciulla che, ormai sveglia, urlò, urlò anche lei senza voce. I folti capelli castani si annerirono come legno nella brace, la pelle si gonfiava in bolle, spaccandosi in ferite profonde e vaste. Ancora su quel trono continuava a contorcersi sofferente, mentre il corpo morbido continuava a bruciare finchè non fosse diventato cenere. L'anima nel roveto cadde in ginocchio mentre si sforzava di non guardare; il braccio teso verso di lei si inumidì di lacrime, e queste lo ferirono più del fuoco.

    nnje

    Ma tu, tenero cuore, amami ugualmente!
    Sii madre anche a un ingrato, anche a un perfido;
    sorella o amante, sii la dolcezza effimera
    di un autunno glorioso o d’un sole un tramonto.

    L'incendio lo raggiunse e lui bruciò con lei nel roveto; le spine divennero nere e caddero, mentre gli steli bruciati si annodavano fra loro disegnando immagini fra le lingue di fuoco. Vide una donna sanguinante fra le braccia di un bambino in lacrime, vide una donna bruciata su di un rogo, ne vide una stuprata e poi uccisa, una fatta a pezzi, ne vide una annegare legata ad un peso di piombo. E poi ancora assassini, morti innaturali, violenza oltre ogni altra immaginazione: pianse alla tragedia di una fanciullina murata viva in compagnia del cadavere del suo amato. Alla fine, e solo allora, ne vide una trafitta da una lancia. Un uomo la teneva fra le braccia, uniti dalla stessa arma che li avrebbe uccisi entrambi. Le sussurrava parole dolci di cui non conosceva la lingua, nonostante comprendesse il significato.

    "Nessuno ti amerà più di quanto ti abbia mai amata io".

    Nonostante la loro fine, Quarion pensò che quella donna fosse stata fortunata, a differenza delle altre. Evidentemente un angelo custode vegliava su di lei.

    Compito breve! La tomba aspetta: è avida!
    Ah! lasciami, la fronte sulle tue ginocchia, gustare,
    rimpiangendo l’estate bianca e torrida,
    il giallo, dolce, ultimo raggio autunnale!

    « Quarion ...torniamo a casa. »

    Un tocco gentile lo risvegliò dalla sua visione, trascinandolo via dal loro Inferno. L'anima, terrorizzata eppure ancora integra, levò il braccio verso la fanciulla davanti a lui; la sua chioma tingeva le verdi terre di quel giardino come i petali di un rosso papavero, la sua presenza inondava l'aria di un profumo intenso di fiori. La sfiorò ancora, accettò di afferrarle la mano.
    Aprì gli occhi, mentre le spoglie mortali riprendevano ad esistere, ancora deboli e tremanti dal freddo tocco della Mietitrice. l'Ambasciatore si piegò su di un lato, tossendo e contorcendosi. Poi, richiamando a sè tutte le proprie forze, fece perno sulle braccia, levandosi in ginocchio e stringendo le dita sulla stoffa del suo abito, all'altezza del cuore.

    b117

    -Q-quanto... quanto tempo... quanto tempo è passato?


    La poesia è "Chant d’automne" di Baudelaire.
    La traduzione in italiano è di Luciana Frezza
     
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    -Q-quanto... quanto tempo... quanto tempo è passato?

    « Il tempo non esiste nelle Lande dei Morti, Quarion.... ma adesso sei tornato. »

    Gli occhi esausti della Fata guardavano amorevolmente lo Zio, ma un lampo di preoccupazione si fece largo prepotentemente nel suo sguardo; che cosa gli era successo laggiù per ridurlo in quello stato? Sembrava un segreto che non volesse svelare.

    Mossa a compassione dallo stato in cui versava l'uomo e dal legame affettivo forte e caldo che li univa, nonostante le sembrasse di venire quasi a mancare per l'immane sforzo appena sopportato, Amelie si risolse a di impiegare almeno parte delle sue energie restanti nel nobile tentativo di calmare l'animo tormentato del caro amico.
    Vederlo in quello era un vista insopportabile e un peso opprimente sul suo cuore: lasciar correre come se nulla fosse un'ipotesi impensabile.
    Senza esitare ulteriormente, quindi, cinse il suo busto a terra in un abbraccio colmo di dolcezza e serenità, cercando così di rassicurarlo trasmettendogli ed infondendo in lui uno stato di quiete che di solito era in grado di placare perfino le belve più feroci del bosco.


    « Non ti preoccupare, Zio Quarion. Ora va tutto bene, sei di nuovo sano e salvo... »
    sussurrò alle sue orecchie, cominciando ad accarezzarlo sul capo e sulle spalle
    « Non c'è più nulla a vessare la tua mente ed il tuo corpo.
    Placa il tuo dolore, torna alla realtà, apri gli occhi e guardati attorno...
    È tutto a posto, adesso. »


    Non importava quanto debole si sentisse, non importava che stesse per svenire... non avrebbe sciolto quel nodo di membra sino a quando l'animo tormentato dell'Ambasciatore non si fosse quietato.



    Placare la Bestia interiore: Mediante questo potere si può placare temporaneamente il lato più selvaggio dell’anima di un animale o da un qualsiasi altro essere vivente, rendendolo mite, gentile e quieto semplicemente toccandolo. Questo incanto si rivela particolarmente utile nei casi di accessi d’ira improvvisi – naturali o provocati da particolari ascendenti spirituali o psichici – , e non si tratta di una influenza mentale o di ipnosi: si tratta di una sorta di temporaneo anestetico dell’anima, che ne placa i lati più violenti e tormentati, ridonando pace e serenità.
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    Quando i suoi erano corsi a dirle che avevano visto Lord Galanodel e la Principessa subire un misterioso attacco, una irrazionale paura le aveva stretto il cuore in una morsa dolorosa: sapeva che erano entrambi in possesso di grandi poteri, e -in più- con loro c'era Leon, che li avrebbe di certo protetti, però... senza quasi neppure rendersene conto, si era ritrovata a correre nella direzione in cui si erano diretti, intimamente raggelata dall'orrore.

    Al suo arrivo, ciò che videro i suoi occhi blu la lasciò preda di emozioni discordanti: fu sollevata che la piccola dolce Fata dai capelli fulvi fosse incolume, ma quando lo sguardo si posò sull'Ambasciatore riverso in una pozza di sangue, Kalia si sentì venir meno; fortunatamente, essendosi avvicinata alla sua famiglia, trovò il braccio forte di Leon a sorreggerla, e anche se avrebbe voluto gettare le braccia al collo della figlia, carezzarle i capelli rosso mela e prenderle il faccino candido tra le mani per chiederle se stesse bene, non osò deconcentrarla: circondata da un'aureola di tiepida infusione magica, capì che Amelie stava operando il supremo incantesimo della Resurrezione, ed era il momento di lasciarle il suo spazio.

    Tuttavia, inorridita da quella situazione, la Regina dell'Est si portò una mano alle labbra schiuse in un anelito di raccapriccio, e le iridi di zaffiro spaziarono intorno – alla ricerca di una spiegazione.
    Tutto ciò che scorse, però, fu una ragazzina singhiozzante, ferma al capezzale di Quarion: riconobbe il mantello della Guardia Indaco in cui era avvolta e le macchie cremisi che ne imbrattavano il tessuto, e a Kalia venne naturale immaginare che -per la sua indole nobile-il suo più fidato Consigliere fosse incorso in quel fato terribile per difendere la piccola
    -cosa non troppo lontana dalla verità-, di certo frapponendo il suo corpo a quello della fanciulla... così, dopo aver rassicurato le mute preoccupazioni negli occhi di Leon con uno sguardo, si mosse verso di lei per consolarla.

    I secondi si rincorsero, i minuti si moltiplicarono – e tempo passò.
    Poi, la Dama Rossa schiuse le iridi verdi come il peridoto, e con un singulto segreto come un pensiero, l'anima recisa si ridestò a nuova vita con un vagito.

    -Q-quanto... quanto tempo... quanto tempo è passato?

    « Il tempo non esiste nelle Lande dei Morti, Quarion.... ma adesso sei tornato.
    Non ti preoccupare, Zio. Ora va tutto bene, sei di nuovo sano e salvo... »

    replicò, stanca ma premurosa la Fata, abbracciando il Galanodel per infondergli conforto
    « Non c'è più nulla a vessare la tua mente ed il tuo corpo. Placa il tuo dolore, torna alla realtà, apri gli occhi e guardati attorno... È tutto a posto, adesso. »

    Nel vedere il giovane tornare alla vita, un sorriso commosso sbocciò tra le labbra rosse dell'Alfiere, e dopo aver affidato la piccola Tara alle cure di una veste blu, ella si avvicinò per cingere la Figlia e il Consigliere in uno stretto abbraccio, mentre -trascendendo il suo controllo- lacrime di gioia scivolarono lente dai suoi occhi di zaffiro.

    Sarebbe potuta restare così per sempre, ma il ruggito del Drago Divora-Mondo scosse la città, mandando in risonanza i vetri delle finestre e delle vetrine di ogni strada, generando una pioggia di cocci affilati; le abilità del Paladino permisero loro di uscirne incolumi, ma era chiaro che non potevano restare in mezzo alle vie, senza un riparo.

    « Togliamoci da qui... »
    esortò la donna celeste
    « ...sarà meglio iniziare a ripiegare verso i rifugi. »

    Dopo essersi spolverato le maniche dalle schegge più piccole, Leon annuì con fare grave, e una volta assicuratosi di essersi ripulito da ogni traccia pericolosa prese sottobraccio la sua sposa per scortarla al sicuro; rimasti indietro, Kalia si volse verso Quarion, in attesa che la affiancasse per raggiungere la coppia, ma -con sua sorpresa- il Galanodel prese congedo.

    -Credo che prenderò un po' d'aria da solo...

    Davanti a quella richiesta, l'Alfiere dell'Est rimase combattuta: dopo quanto accaduto, l'ultima cosa che voleva era separarsi di nuovo da Quarion, ma... l'ombra nei suoi occhi d'oro -un riflesso di terribile serietà- sembro persuaderla a dargli fiducia e a rispettare il suo desiderio di solitudine; dopotutto, il più shockato doveva essere proprio lui, e aveva tutto il diritto di prendersi il tempo di cui aveva bisogno per placare il suo turbamento.

    « Ti aspettiamo al campo base...»
    gli disse semplicemente, e con sguardo premuroso lo guardò allontanarsi

    Rimasta sola, la Dama Azzurra fece per incamminarsi dietro a Leon e Amelie, ma dovette fermarsi quando una veste blu -sbucata di corsa da una traversa parallela- la chiamò a gran voce.

    « Mia signora! Abbiamo tirato fuori un ferito dalle macerie! »

    « Macerie...? Ma... »
    domandò perplessa la fanciulla eterna, avvicinandosi all'attendente
    « Non mi pare che il Drago abbia già fatto danni in città... »

    « Sì, mia Signora, il Drago non c'entra... »
    assentì quello, fermandosi davanti a lei e riprendendo un po' fiato
    « Quello è caduto dal cielo e ha sfondato il tetto di una bancarella... »

    « Un Naufrago, quindi...? »
    un sospiro afflitto si librò fuori dalle sue morbide labbra rosse
    « Poverino... che pessimo momento per arrivare su Endlos... »

    Ancor più pensierosa, la donna cerulea si mise in marcia dietro al servitore.

     
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  10. Cas†iel
     
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    Vagava tra le tenebre come un pellegrino, con chiara in mente un'idea della meta, ma con la vista velata dall'impossibilità di raggiungerla: per quanto si sforzasse di discernere qualcosa in quell'oscurità, il nero lo chiudeva da ogni parte... pesante come un sudario.
    Di buono, c'era soltanto che anche il dolore era lo spettro di un ricordo lontano.

    Il Vermiglio lo aveva sorpreso nel momento peggiore, quando -ancora provato dalla permanenza nella Gabbia- si era ritrovato frastornato dal caos di gente in delirio, incalzato dalla distruzione più indiscriminata, e combattuto circa la priorità da dare ai grandi imperativi che gli erano stati dettati... e un pensiero indignato lo aveva colto in quel momento: se i suoi compagni fossero stati presenti, quel Demone non avrebbe avuto partita facile; se la sua Maestra fosse scesa in campo, lo avrebbe sistemato facilmente... invece si era ritrovato stanco e solo, costretto alla fuga per salvarsi la vita.

    D'un tratto, un tenue bagliore rischiarò le tenebre che lo avviluppavano, e una sensazione placida e serena -come frescura sulla pelle di un febbricitante- si impadronì di lui; gli parve di star emergendo da una lunga apnea quando percepì vicino quella presenza assai familiare, e anche se le membra ricominciavano a dolere di pari passo con quella risalita verso la coscienza, lottò per raggiungere la superficie e annaspare in cerca di aria.

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    « ...ma-maestra. »

    Spalancò gli occhi azzurri come il cielo, e la mano scattò a ghermire il bianco ed esile polso di una fanciulla... e fece appena in tempo a specchiarsi in iridi blu come lo zaffiro, incastonati sul volto eburneo di una Dama dai capelli cerueli, e a capire che si era sbagliato; poi, il dolore lo morse come cento scorpioni, e quel veleno lo riconsegnò all'oblio.

     
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