Fighting the Beast

Ghosts

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    La stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità:
    contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere,
    in caso di necessità è possibile opporsi con la forza...


    Ma contro la stupidità non abbiamo difese.


     

     

    Così come era apparso, il Drago Divora-Mondo se ne era andato, lasciando dietro di sé solo sangue, lutto e distruzione: alla luce sanguigna del sole morente, il tempio sotterraneo che era stato teatro della sua evocazione era stato scoperchiato come un formicaio... e al pari di quegli insetti, gli accoliti suoi occupanti avevano reagito, dimenticando i loro comandi, abbandonando i loro posti, e disperdendosi per fuggire in tutte le direzioni, sopraffatti dal timore di venir masticati, inceneriti o semplicemente sepolti da quella mole smisurata.

    Contemplandoli con un certo disprezzo negli occhi rossi, Aisiling Holmion ricordò che c'era voluta tutta la sua pazienza -ben poca-, una sapiente mostra delle sue grazie femminili, e il meglio delle sue qualità di attrice per ammaliare i servi dell'Ottava Corona e restituire ai loro cervellini ottusi (ottenebrati dalla paura, dalla sofferenza per le ferite o dal dolore per la perdita di un congiunto) il bene dell'intelletto: era stata una dura prova durata quasi un giorno intero, ma alla fine era riuscita a convincerli a tornare ad adorarla e a pendere dalle sue labbra.

    Ubbidienti alla loro dea, i cultisti si erano mossi come un gregge di neri pecoroni e avevano ricomposto il circolo di potere; poi, seguendo le indicazioni della loro “Giustizia Nera”, avevano ripreso a salmodiare la litania che avrebbe imbrigliato la volontà dell'abominevole creatura, di modo che la loro regnante -in realtà una ragazzina umana trascesa in una sorta di fantasma di una succube incompleta- potesse prenderne il comando e fruirne per i suoi scopi. E ci stava riuscendo, anche se -in tutto questo- quel verme fedifrago ed infingardo di Rubicant era scomparso, abbandonandola a sé stessa.

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    « Manca poco... »
    mormorò assorta, con la mente già proiettata al coronamento della sua vendetta

    L'Incubo Rosso non immaginava che -ancora una volta-
    la Provvidenza avrebbe disposto per l'avvenire qualcosa di diverso...

     
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    Ciò che l'occhio è per il corpo,

    la ragione lo è per l'anima.


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    Il nero saio dall'ampio cappuccio a punta gli evitava di spiccare in mezzo alla folla di adoratori dell'Ottava Corona, tenendo celato in un relativo anonimato tutti quei dettagli del suo aspetto (i capelli blu, il corno dorato, e le scintille elettriche che ne scaturivano) che avrebbero altrimenti facilmente attirato l'attenzione su di lui, inficiando in maniera pesante -se non del tutto irreparabile- la missione tutt'altro che secondaria in cui lui e il socio si erano impelagati; certo, era ancora il più alto dei cultisti, e vederlo deambulare intorno al circolo di potere non passava del tutto inosservato, ma... sarebbe comunque apparso uno di loro.

    Ad eccezione della Corona di Obeah, accorsa al fronte per prestare assistenza alla popolazione insieme all'Alfiere dell'Est -sua madre- e a tutte le Vesti Blu della Biblioteca, i vertici dei Custodi delle Sette Vie se ne erano rimasti inspiegabilmente in disparte tra le mura inespugnabili della Grande Palanthas... e sebbene un comportamento del genere sarebbe potuto apparire come una diserzione in piena regola, ancor più grave ed evidente mentre tutta Endlos si mobilitava per la Guerra contro il Drago, e gli eserciti di ogni Presidio si riunivano a formare un'unica trincea tra il mostro ed il Pentauron, essi avevano in realtà un davvero ottimo motivo per agire come stavano facendo.
    Loro, fedeli fino all'inevitabile fine al loro ruolo nel semipiano,
    stavano facendo i conti.

    Il tempo per raggranellare tutta documentazione legata alla comparsa del Divora-Mondo era stato alquanto esiguo, e le notizie accertate fin troppo poche, ma questo non aveva fermato due ingegni all'opera: con gli Annali a disposizione, era bastato prendere in esame disordini e tragedie occorse su Endlos negli ultimi quattro anni, evidenziare gli eventi legati ai Sigilli con riscontro accertato, ed effettuare un tracciamento incrociato con la mappa dei Presidi.

    Sapevano che era cominciata ad Est: alcuni LAM -casualmente presenti in zona per una vacanza- si erano imbattuti in una setta pronta a sacrificare una ragazza, ma alla fine il sigillo non era risultato la giovane bensì un antico cimelio della sua famiglia; e una volta distrutto quello, il Primo Segno -un'aurora vermiglia- era apparso nel Cielo.

    Era proseguita nel Pentauron, nel centro esatto dello Stato delle Cento Torri: come i LAM si erano mobilitati per proteggere gli altri due Sigilli, la Setta aveva inviato i suoi a cercare di distruggere le Reliquie mancanti... e nemmeno stavolta, nella città sotterranea che si stendeva sotto Kisnoth, si era potuto evitare il peggio. Il Secondo Segno -innaturali nuvole d'oro- si era intrecciato al Primo.

    Infine, percorrendo un'immaginaria linea retta, l'ultima tappa era stata l'Ovest... e lì la faccenda si era ulteriormente complicata: per dare una mano nel momento del bisogno, erano stati i Custodi a coprire quella zona, e oltre ai cultisti della setta -infaustamente incappati in Kerobal, nuovo acquisto dei Saggi-, altri figuri (già noti alle forze dell'ordine dell'Est) si erano schierati in campo accanto alla fazione nemica; loro responsabilità era stata la distruzione dell'ultimo Sigillo, e l'ultimo Segno -cumuli di un ciano malsano- si erano spiegati a velare l'empireo.
    Ed era finita lì.

    Non c'era stato niente di quello che era stato temuto o annunciato dalle profezie: niente disastri, niente stravolgimenti, nessuna tragedia, cataclisma o apocalisse per più di sei mesi; poi, portali si erano aperti nel cielo -bocche comunicanti con chissà quale piano abissale- e la battaglia era scoppiata all'improvviso, travolgendo l'isola volante di Laputa...la più vicina all'ultima scena del crimine. E dopo quegli orrori, di nuovo un periodo di silenzio.

    Il semipiano non era stato esente da altri duri colpi (invasioni, calamità e guerre civili), ma confrontare le prove non aveva evidenziato alcun punto di interrelazione col caso in oggetto; per questo, l'improvvisa comparsa del Drago Divora-Mondo l'aveva lasciato perplesso per più di un aspetto: se la liberazione della creatura era diretta conseguenza della rottura dei sigilli, quei lunghi intervalli di vuoto erano inspiegabili - e una cosa senza spiegazione era sospetta.

    Parlando di cose poco convincenti, c'era anche la distribuzione geografica delle cornici di quegli accadimenti: la rottura dei Sigilli aveva seguito uno schema coerente e lineare, la fase due -l'Invasione del Cielo di Laputa- aveva ripreso da dove si era interrotta la fase uno... quindi, perché la Bestia era comparsa a Sud?

    La risposta più ovvia per la Corona di Regalia fu “errore umano”, perché un meccanismo preimpostato -come alla fin fine sono gli incantesimi- ha sempre una certa intrinseca purezza: esegue una funzione, compie una trasformazione di energia in qualcos'altro, e sottosta ad una prassi precisa che ne regola l'efficienza; quella coerenza era però venuta a mancare, e l'intuizione del Raitei era stata che quelle anomalie aleatorie fossero variabili dovute all'intenzionalità di qualche agente attivo: la rottura dei Sigilli non era stata sufficiente, e un intervento di richiamo si era reso necessario.

    Il resto di quanto avevano appreso, altro non erano che congetture e assiomi pratici desunti per deduzione dall'osservazione del fenomeno, e dopo aver tappezzato le loro stanze di formule, appunti, e calcoli differenziali, erano riusciti a stilare un rapporto paurosamente dettagliato: avevano selezionato le aree di localizzazione entro cui sarebbe stato possibile avere lo spazio e la libertà di manovra per richiamare un colosso di quella taglia, poi avevano ristretto il campo escludendo i posti dove la riunione di un gran numero di persone losche avrebbe dato nell'occhio, e infine avevano cercato tra le zone prescelte sulla mappa quelle comprese entro il raggio di movimento della Bestia in un'ora.

    L'esito della sovrapposizione era una soltanto:
    Daleli. Ed era lì che si erano diretti.
    Per amor di discrezione -oltre che per praticità- non avevano portato con loro alcuna scorta armata: i soldati sarebbero serviti alla linea del fronte del Pentauron, e -dopotutto- perché portare un esercito e scatenare uno scontro sanguinoso quando puoi distruggere un culto di infernalisti e annullare i loro rituali con un'azione semplice, discreta e risolutiva?
    Minimo sforzo, massimo risultato.

    Sorprendere una coppia di accoliti e approrpiarsi delle loro cappe per mescolarsi agli altri era stato semplice, e mentre Brifos si era diretto al cuore della struttura per avvicinarsi al circolo di potere -l'incanto con cui dovevano aver richiamato, imbrigliato o potenziato il Drago-, Arthur aveva finto di contenire a gironzolare per andare a prendere posizione al suo posto.

    « Questo è il circolo magico che controlla il Drago...? »
    la sua voce bassa e profonda si rivolse atona ad un altro infernalista lì vicino

    Sobbalzando di sorpresa nel sentirsi interpellare così all'improvviso, l'incappucciato trasalì e si volse di scatto per lanciare un'occhiataccia torva ai pettorali del Demone delle Tempeste; un po' perplesso, cercò di nuovo il contatto piegando indietro la testa per guardare in alto, ma non appena il suo sguardo andò a sbattere contro le iridi grigie di quel confratello, se ne sentì subito intimidito, e si limitò ad annuire docilmente.

    « Capisco. »
    sentenziò atono l'Amal, prima di ricordarsi le buone maniere
    « Grazie. »

    Poi, il gigante dai capelli blu sollevò la destra, e -con una manata- spinse via il suo informatore, mandandolo addosso ad un capannello di altri adoratori dei demoni; tuttavia, fu solo quando la Corona Indaco levò le braccia sopra la testa per richiamare in un crepitio elettrico la sua Raigekijin -la Lancia del Fulmine- che si scatenò il vero parapiglia: alcuni caddero a terra come birilli, in molti urlarono, e diverse paia di braccia si aggrapparono al saio per cercare di trattenere il blasfemo che voleva disturbare il rituale della Giustizia Nera.

    Fu allora che, la stoffa scadente si lacerò, rivelando le sue fattezze di demone, e se un colosso alto due metri -dal volto impassibile, con un corno d'oro e i capelli blu- e armato di un'alabarda percorsa da scariche elettriche non bastava ad incutere timore... beh, ci avrebbero pensato le rune e i sigilli alchemici che erano stati tracciati sulla sua pelle col sangue.
    Una protezione, opera di Arthur.

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    « Fermatelo! »
    strepitò una voce di donna, proveniente da qualche parte sopra di loro
    « Non deve spezzare il circolo di potere! »

    Ma era già troppo tardi: il Demone portò l'asta parallela al corpo, rinsaldò la presa sul corpo centrale con entrambe le mani, e affondòla lama ricurva della lancia -scintillante di magia come una stella- nel segno rosso tracciato sul pavimento davanti ai suoi piedi; la pietra esplose in briciole e un lampo di luce azzurra cancellò ogni cosa.



    Edited by Madhatter - 7/7/2013, 22:49
     
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    "A fare il bene come si deve, non basta avere bontà, occorre ingegno;
    e quindi il bene è raramente ben fatto".


    Carlo Dossi.

    ________________________

    Daleli, rovine dei villaggi distrutti.
    Presidio Meridionale, Endlos.

    La pietra appuntita, sapientemente legata ad una semplice asta di legno trovata fra le rovine di Daleli, scavava fra le sabbie e ciò che restava della terra arida un netto ed evidente solco lungo chilometri. Quello che doveva essere uno dei tanti cultisti incappucciati si trascinava lentamente fra le sabbie, ben attento a non interrompere quell'enorme tracciato nella terra; talvolta sollevava lo sguardo e con il pollice alzato controllava i venti, le ombre e la curvatura dell'arco di circonferenza tracciato: disegnare un cerchio perfetto non era cosa da tutti, ancor più se di 174,60 chilometri quadrati.

    Quando tornò al punto di partenza, si concesse alcuni minuti per prendere fiato: osservò il cielo ed ascoltò i rumori di una guerra all'orizzonte, estremamente distanti ma atrocemente chiari. La linea sottile delle sue labbra si curvò verso il basso, in parte rammaricata di essere in quel posto e non altrove.

    Con un colpo violento, affondò nuovamente l'improvvisata lancia fra la sabbia, e con la punta di pietra incise rune complesse e simboli arcani lungo tutto il perimetro. Dopo rapidi controlli alla bussola che si era portato dietro, aggiunse altre figure geometriche ai quattro punti cardinali: ciò di cui si occupava era una scienza esatta, perfetta, e pertanto anche l'incantesimo più complesso poteva essere realizzato con mezzi rudimentali; esattamente come la fisica era esprimibile attraverso semplici calcoli e formule sulla carta, così all'alchimia bastavano dei disegni ed una base. Non importava quale fosse la materia del piano, nè contava la meccanica con cui era generato il disegno; purchè perfetto, funzionava comunque.

    Fondamentalmente era stata questa la ragione per cui gli era venuto da sorridere quando, parecchie ore prima, si era ritrovato davanti al cerchio alchemico dei cultisti attualmente raccolti in preghiera: a differenza del suo, il loro era fatto con il sangue. Una scia di cremisi lunga chilometri, ora in parte essiccata e puzzolente, disgustosa perfino per lui che era un vampiro. Cosa diavolo gli era passato per la testa nel momento del rituale? Perchè mai avrebbero dovuto sprecare tutto quel sangue quando sarebbe bastato un semplice solco nella terra?

    Erano una massa di inetti, ecco cosa.
    Se non avesse avuto urgenza di distruggerli, probabilmente si sarebbe accomodato su un'altura ad osservarli placidamente finchè la loro stessa opera non fosse caduta da sola a pezzi, essiccata dagli effetti della decomposizione ed asciugata dal sole stesso. Se avessero davvero voluto un rituale durevole, avrebbero dovuto come minimo mettere degli assi, o delle corde... non del sangue.


    arthurkx

    -Incapaci...

    Concluse le sue critiche mentali con una semplice esternazione di disprezzo verso una massa di caproni senza cervello. Quasi si domandava come diavolo avessero fatto ad evocare la Bestia con quelle spiccate doti d'osservazione, ma alla fine era giunto alla conclusione che qualcuno li aveva aiutati.
    Non poteva essere altrimenti.

    Terminato il suo glifo, protese le mani verso il centro. L'uomo incappucciato iniziò ad intonare versi arcani, comprensibili a pochi e dal ritmo incalzante. Il solco poco prima tracciato prese a brillare di una luce violacea e, mentre le scie di sangue in esso racchiuse evaporavano, dissipandosi in pochi attimi, un enorme sfera bruna fatta di pura energia si generò a partire dal centro. Pulsando come una stella sul punto di esplodere, questa iniziò a ingrandirsi e a scendere verso il basso, inglobando qualunque cosa incontrasse al suo passaggio.

    Le loro urla non sarebbero servite a nulla
    ...e nemmeno le loro preghiere.

     
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    Al saggio non può capitare nulla di male,
    perché l’impeto delle avversità non fiacca il suo animo forte:
    egli resta al suo posto, e qualsiasi cosa avvenga la piega a sé;


    è più potente di tutto ciò che lo circonda.


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    L'esplosione del pavimento, e la relativa distruzione del circolo del potere dentro cui la setta si era raccolta in preghiera, aveva scatenato una certa agitazione nei cultisti... e sebbene il volto impassibile del Raitei non rendeva certo possibile accorgersene, egli si era sentito molto soddisfatto di quel risultato.

    Che scoppiasse una rissa era esattamente quello che i Saggi avevano preventivato nel copione del loro piano d'azione: con tutti i fanatici interamente concentrati sull'obbiettivo di agguantare Brifos, Arthur avrebbe avuto tutto il tempo di ultimare la lunga ed elaborata ppreparazione del suo cerchio alchemico,.. e quando il momento arrivò non ci fu alcun preavviso o segnale; semplicemente, il glifo tracciato sul suo petto col sangue prese come a risuonare di un controcanto arcano e privo di parole, e l'aria prese fuoco - così come anche coloro che vi erano stati immersi fino ad un istante prima.
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    Rimasto solo in mezzo al cratere fumante delle rovine di pietra, il gigante dagli occhi bigi -unica forma di vita risparmiata dall'incantesimo- diresse i suoi passi verso il punto di ritrovo con l'amico, risalendo la china di pietra annerita e sbriciolata, e librandosi come uno spettro in mezzo ai densi pennacchi di fumo acre.


    « Qui abbiamo terminato. Non c'è rimasto nessuno. »

    Così esordì la voce profonda del Demone delle Tempeste, atterrando accanto allo sperone di roccia dove l'Alchimista del Sangue sedeva in attesa, avvalorato in quell'annuncio dalla scansione dell'area effettuata dal Mantra; poi, sbrigato il dovere, dette voce ad un altro pensiero.

    « ...bell'esplosione. »

     
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    croceart

    "I saggi imparano a spese altrui, gli stolti a spese proprie".

    Proverbio Italiano.

    ________________________

    Daleli, rovine dei villaggi distrutti.
    Presidio Meridionale, Endlos.

    L'alchimista su cui gravava buona parte della colpa per quella strage sostava con aria pacata su di una roccia in attesa del compagno: gli aveva disegnato sulla pelle centinaia di simboli in grado di proteggerlo e, a meno che lui non si fosse completamente bagnato, sicuramente avrebbero fatto tutti il proprio lavoro perfettamente. La Corona della Via della Genesi non temeva infatti errori di calcolo nel campo del discreto, più che altro perchè era andato a Daleli con l'essere vivente che la sua natura di scienziato ed osservatore aveva maggiormente apprezzato in tutti i suoi millenni di esperienza; con Brifos in avanscoperta, Arthur sapeva di non dover temere nulla.

    Il cappuccio abbassato e gli occhi argentei fissi su un cratere grande quanto un paese, nell'attesa il vampiro intervallava attimi di riflessione alla semplice osservazione dell'anello dalla gemma di rubiconda che portava ancora al dito: era un segno di appartenenza alla stirpe per cui da secoli era stato al servizio ed al tempo stesso un artefatto molto potente, in grado di permettergli una vita alla luce del sole. Sorridendo fra sè penso che, nonostante la sua anima impura e le loro tendenze a giudicare come se fossero i padroni del loro mondo, i suoi signori lo avevano aiutato molto. Era un dato di fatto.

    « Qui abbiamo terminato. Non c'è rimasto nessuno. »

    La voce inespressiva del gigante dai capelli blu ed il corno d'oro lo ridestò dai suoi pensieri. Il vampiro annuì placidamente con il capo, tornando ad osservare il cratere ancora fumante e domandandosi pensieroso per quanto tempo sarebbe rimasto in quello stato. Forse per sempre.

    « ...bell'esplosione. »

    Le labbra del cainita, differente dal compagno nonostante le evidenti somiglianze che li rendevano così affiatati, si piegarono in un sorriso appena percettibile. Una ventata sollevò della sabbia che gli finì sul vestito. Scostò i granelli con la mano.

    -Grazie... ma credo sia tutto merito loro.

    Non fece nomi, ma era evidente che stesse parlando dei cultisti appena disintegrati. Loro e l'ignoranza stessa che li aveva distrutti.

    -La loro arte nell'alchimia era approssimativa ed inesatta: saranno anche riusciti ad evocare il Drago Divoramondo, ma ho il sospetto che sia stato qualcuno maggiormente istruito a dare le indicazioni generali su cosa fare, qualcuno che poi è andato via, senza presenziare alla costruzione del cerchio alchemico.

    ...e ciò significava che non erano stati fatti fuori tutti i colpevoli.


    arthursbav

    -Amico mio, credo che oggi abbiamo tolto soltanto l'erbaccia, senza estirpare la vera fonte del problema. Dobbiamo aspettarci dell'altro...

    Qualunque cosa fosse, in qualunque luogo e in qualsiasi tempo, presto ci sarebbero stati nuovi problemi, probabilmente dello stesso calibro del Drago o quasi: il colpevole era fuggito, portando con sè ogni sorta di male. Questa consapevolezza lo inquietò non poco.

    -Forse dovremmo tornare a Palanthas: i nuovi dati necessitano di essere sviluppati adeguatamente.

     
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    L’esperienza non è ciò che accade a un uomo,
    ma ciò che un uomo fa usando ciò che gli accade.


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    -Grazie... ma credo sia tutto merito loro.
    il commento del Vampiro giunse accompagnato da un lieve sorriso
    -La loro arte nell'alchimia era approssimativa ed inesatta: saranno anche riusciti ad evocare il Drago Divoramondo, ma ho il sospetto che sia stato qualcuno maggiormente istruito a dare le indicazioni generali su cosa fare, qualcuno che poi è andato via, senza presenziare alla costruzione del cerchio alchemico.

    Nel prestare attento ascolto a quella tesi, gli occhi grigi ed inespressivi del Demone delle Tempeste vagarono pigramente sull'orizzonte: enormi distanze di cielo azzurro e deserto giallo li separavano dal Pentauron, eppure era possibile intravedere la sagoma del Drago anche da lì.

    Senza bisogno di dimostrare il suo assenso, Brifos rimase in silenzio, e una crepitante scintilla azzurrina danzò sulla cima del corno dorato: effettivamente, era una cosa su cui aveva riflettuto anche lui quando aveva tentato un parallelismo nel
    modus operandi della setta nei suoi vari e distinti capitoli di attività: a volte erano stati scaltri e sottili come un insidioso avversario a scacchi, altri irruenti e avventati come guerrieri dal sangue caldo... in altri ancora, dei completi idioti. Si sarebbe convenuto che il Mastermind potesse non essere uno solo.

    -Amico mio, credo che oggi abbiamo tolto soltanto l'erbaccia,
    senza estirpare la vera fonte del problema. Dobbiamo aspettarci dell'altro...


    ...e se i più furbi -come prevedibile- non si erano fatti sorprendere in trappola,
    il ragionamento di Arthur era -come al solito- perfettamente corretto.


    -Forse dovremmo tornare a Palanthas:
    i nuovi dati necessitano di essere sviluppati adeguatamente.


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    « Hai ragione: Palanthas è la nostra meta. »
    sentenziò incolore la voce del Demone, tornando a rivolgersi al collega
    « Se riusciamo a trovare uno schema e desumere gli obiettivi
    a cui questo protocollo è stato finalizzato... »

    proseguì, evocando per loro la Soglia che li avrebbe riportati a casa
    « ...potremmo persino muoverci in anticipo, la prossima volta. »

    Perché non c'era dubbio in quello: non era finita lì.
    Ci sarebbe stata una “prossima volta”
    - e sarebbero stati preparati.

     
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    "Non esiste alcun criterio generale di verità. Ma ciò non legittima la conclusione che la scelta fra teorie concorrenti sia arbitraria: significa soltanto e molto semplicemente che noi possiamo sempre errare nella nostra scelta, che possiamo sempre vederci sfuggire la verità o che possiamo non raggiungerla, che non possiamo mai pretendere la certezza; che noi insomma siamo fallibili".

    Karl Popper.

    ________________________

    Daleli, rovine dei villaggi distrutti.
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    Ascoltò le parole del compagno con la solita pacata compostezza di cui era da sempre esempio impeccabile, ben attento a non lasciar trasparire la sua reale preoccupazione riguardo il susseguirsi degli eventi. Per quanto distaccato o razionale che fosse, infatti, un tempo - anche se molto, molto lontano- era stato comunque un uomo, con i suoi dilemmi, le gioie e le preoccupazioni tipiche di quella razza imperfetta. Nemmeno lo scorrere dei millenni era riuscito a cambiarlo ed aveva finito col giungere alla conclusione che quella parte immutabile del suo essere fosse esattamente ciò che i Galanodel chiamavano "anima".

    ggc9

    Un'anima irrequieta, un'anima tormentata: cosciente di ciò che poteva accadere ebbe un tuffo al cuore. Sapeva infatti che sia Drusilia che Kalia non si sarebbero mai tirate indietro di fronte a tragedie ed ingiustizie, e questo non poteva che renderle delle prede facili per tutti i malintenzionati che ruotavano attorno a quella vicenda. Che poi, se c'era un solo modo per sbaragliare un Alfiere, questo era proprio farlo uscire dal proprio presidio, "isolarlo" dai suoi sudditi e la sua terra.

    « Se riusciamo a trovare uno schema e desumere gli obiettivi a cui questo protocollo è stato finalizzato... potremmo persino muoverci in anticipo, la prossima volta. »

    Le parole del collega gli diedero forza: non aveva tempo da perdere in pensieri inutili, ininfluenti alle sue ricerche; se era loro intenzione giocare in anticipo, allora dovevano essere rapidi. Si sollevò dalla pietra su cui era seduto, avviandosi verso la Soglia con sguardo cupo.

    -E sia.

     
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