[CSV] All hail the pumpkin king!

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    Era in quella biblioteca da due giorni.
    Aveva la vaga impressione di essersi perso.

    Non era un grande problema. Aveva del cibo nello zainetto, una bussola magica non funzionante, e un globo luccicoso che aveva scambiato per un paio di poesie. Camminava stringendolo per un filo come fosse una lanternina, lasciandosi guidare dalla sua lice soffusa.
    Gli avevano detto che c'erano livelli segreti, nella biblioteca. Luoghi in cui trovare libri antichi quanto l'universo, conoscenze dimenticate e magie che il mondo non vuole ricordare.
    Stanze dai nomi fichissimi e misteriosi come il Cimitero delle parole, che doveva essere un gran posto perché beh, il nome era fichissimo.

    Il problema non era trovare la giusta strada, ma sforzarsi di cercarla. C'erano troppi libri intorno a lui! Continuava a distrarsi. La sua lanternina illuminava lì il dorsino dorato di un'enciclopedia, là i colori sbiaditi di un bestiario. E poi ohh, lì c'era un libro grande grande! E di là ce n'era uno con una faccia sulla copertina!
    Era come dover attraversare un intero negozio di dolci avendo tantissima fame.

    Fece un profondo respiro e abbassò le palpebre. Camminando ad occhi chiusi, avrebbe resistito ad ogni tentazione!
    Però non sapeva più dove andare.
    Si incamminò verso una direzione a caso, e nel giro di due passi finì col naso a terra.
    «AHI!»
    Spalancò gli occhi. Gli erano caduti gli occhiali! Annaspò sul pavimento, agitando le braccia e recuperando le preziose lenti.
    Se le riappoggiò sul naso con una certa solennità. Perdere gli occhiali, per un Bibliotecario, è come perdere il lavoro.
    Si rigirò. La lanternina si era crepata, ma continuava a emettere luce. E i suoi piedi... Erano inciampati su un grosso volume arancione.
    Sospirò.
    Forse era meglio sedersi un attimino. Recuperare la concentrazione. Prese il libro arancione, e si trascinò accanto a uno scaffale su cui poggiare la schiena.
    Qualsiasi fosse l'argomento di quel libro, lui doveva leggerlo.
    Aprì il tomo, e sorrise. Era un libro di canzoncine!

    «Pumpkin pumpkin
    big and round,
    I'm glad you grow
    upon the ground.
    I'm glad you don't
    grow in a tree
    for then you might
    fall down on me.
    »


    Ridacchiò tra se e se, felice della sua esibizione. Quel libro parlava solo di zucche! Chissà che sapore avevano, non le aveva mai assaggiate. Sapeva solo che erano grosse, arancioni, e a volte nascevano con una faccia sopra.
    Non ne era sicuro, ma pensava che quelle con la faccia mangiassero le persone.

    «Five little pumpkins
    Sitting on a gate.
    The first one said,
    "Oh, my it's getting late!"
    The second one said,
    "There are witches in the air!"
    The third one said,
    "Well, I don't care..."
    »


    Continuò a canticchiare, agitando la testolina a destra e a sinistra a ritmo con la melodia.
     
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    All'ennesimo libro inutile, Arthur si concesse un profondo sospiro. In realtà era lì per diversi motivi, ma quello ufficiale era sostanzialmente il suo interesse verso antiche forme di alchimia che -si supponeva- fossero praticate dal primo Alfiere, lo stesso di cui parlavano le leggende. Eppure, cercando informazioni sulla misteriosa figura di quest'uomo (in molti dicevano fosse di sesso maschile) aveva trovato solo leggende tutt'ora abbastanza comuni. Nulla di misterioso o poco conosciuto.
    Forse doveva indagare ancora.

    Iniziò così a vagare per le infinite strade della conoscenza, turbolento e smarrito al pari di un naufrago alla deriva, e nella sua ricerca non aveva potuto ignorare quanto quella biblioteca fosse malmessa: tornato a casa, avrebbe posto quest'osservazione all'attenzione dei suoi colleghi. Non sapeva se fosse possibile, ma l'idea di ridarle nuovo splendore non gli sembrava poi tanto male, soprattutto perchè al momento sembrava letteralmente abbandonata.

    «Five little pumpkins
    Sitting on a gate.
    The first one said,
    "Oh, my it's getting late!"
    The second one said,
    "There are witches in the air!"
    The third one said,
    "Well, I don't care..."
    »

    Un sopracciglio scuro si levò perplesso al suono di quel motivetto allegro, accompagnato perfino da qualche risata. A dire il vero si trovò spiazzato dalla presenza di qualcuno in quel luogo, si estremamente affascinante, ma al momento abbandonato da Dio. Osservando i cumuli di polvere sugli scaffali e sul pavimento non osò nemmeno immaginare da quanto...

    Seguì la voce, proseguendo lentamente nel tentativo di non perdere mai l'orientamento. Infine trovò uno strano omino canticchiante, apparentemente allegro nonostante gli desse l'idea di essersi perso. In realtà non ne era sicuro, ma cantare le canzoncine gli sembrò soltanto un modo di perdere tempo in attesa di riprendere il proprio viaggio.
    Distratto da quei pensieri, scelse di ignorarli in un'alzata di spalle: non voleva disturbarlo nella lettura, ben cosciente che se avesse davvero avuto problemi, lo sconosciuto avrebbe certamente chiesto informazioni al primo essere vivente che passava. Tipo lui, ad esempio.

    -Buona sera.

    Gli concesse un semplice saluto, dunque continuò la propria ricerca su uno scaffale a lui vicino.

    divisorescheda

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    Informazioni Generali


    • Riserva Energetica: 100%

    • Stato Fisico: Ottimale.

    • Stato Psicologico: Ottimale.

    • Energia spesa nel turno: 0%

    • Informazioni Generiche: //




    Equipaggiamento


    • Anello Galanodel [x]: Anello forgiato appositamente per Arthur, gli permette di muoversi alla luce del sole senza rimanere incenerito.

    • Occhio del Drago [x]: Spada a una mano in acciaio.

    • Sacca di Sangue [x]: Sacca impermeabile contenente mezzo litro di sangue.

    • Provette Vuote [x]: Semplici provette in vetro vuote e ben pulite: possono servire come contenitori.

    • Bisturi [x]: Bisturi medico sterilizzato. E' particolarmente tagliente ed è perfettamente utilizzabile come arma, oltre che per le operazioni chirurgiche o le semplici ricerche su cavie.

    • Siringa [x]: Siringa sterilizzata e sempre pronta all'uso: dagli infiniti utilizzi medici e scientifici, può anche fungere come arma.

    • Revolver [x]: Il revolver, rivoltella, o pistola a tamburo è attualmente un tipo di pistola a retrocarica a ripetizione semplice (tecnicamente arma corta a ripetizione multicamera monocanna), caratterizzata da un serbatoio a tamburo capace di compiere illimitate rivoluzioni intorno al proprio asse longitudinale; dal particolare moto del tamburo deriva il nome. Comprende anche un set di proiettili sia normali che d'argento.




    Abilità Passive


    • Dono Oscuro: Arthur è un vampiro, dunque clinicamente morto. A tale caratteristica conseguono vari vantaggi e/o svantaggi; ad esempio non emana calore, non può essere rintracciato attraverso strumenti di rilevamento di forme di vita (antiauspex), e non può essere ucciso se non con il famoso paletto in legno di frassino, di Siliquastro (comunemente chiamato "albero di Giuda"), Biancospino o semplicemente la luce del Sole. L'acqua santa gli provoca dolore ma non lo ferisce e tende ad allontanarsi dai crocifissi, nonostante non gli facciano nulla....insomma ha tutte le caratteristiche del classico vampiro. In più odia l'aglio ma solo perchè puzza. (Antiauspex + immortalità= 10 pt)

    • Visione Notturna: Essendo un vampiro, gli occhi di Arthur hanno la caratteristica di avere una nitida visione notturna, anche più potente di quella dei felini; esattamente come se fosse pieno giorno. (Scurovisione= 5pt)

    • Maestro della Mente: Inquanto psion ormai da tempi antichi, Arthur ha ottenuto, grazie ad un'esperienza praticamente millenaria, la capacità di riconoscere qualsiasi attacco psichico -percependone a volte anche la tipologia- atto a ledere o manipolare la sua mente o quella di chi gli sta intorno. In termini di gioco la passiva non serve come protezione ma come sentore di allarme qualora avvenisse un attacco da parte di un nemico, così da ricorrere alle giuste difese. In più funge anche come difesa da malie. (Antimalia + sentore raggiri mentali = 10 pt)

    divisorescheda



    Edited by Arthur Friederick Giles - 4/9/2013, 05:45
     
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    Una persona! Non l'aveva sentita avvicinarsi, impegnato com'era a canticchiare, ma il suo saluto si insinuò tra una nota e l'altra della filastrocca zuccosa.
    Fissò il nuovo arrivato scivolare via, intento ad esaminare alcuni scaffali.
    Un collega?
    Piano piano, Ez si tirò in piedi e si avvicinò quatto quatto al nuovo amico, alzando la sua lanternina per squadrarlo da capo a piedi.
    Lo fissò in silenzio, il nasino all'insù, il collo teso nell'osservargli il volto.
    «Mi scusi, lei è il bibliotecario?» domandò infine, il naso arricciato, una smorfia sul volto.
    Sperava per lui che non fosse così. Si presentava in maniera pessima, per essere un custode di biblioteche.
    Tanto per cominciare, era privo di occhiali. E, cioè, gli occhiali sono essenziali per ogni bibliotecario che si rispetti, un po' come i camici bianchi per i dottori e le barbe per i Babbi Natale. Li indossava anche lui anche se ci vedeva benissimo, per una questione di immagine.
    E poi, non gli aveva detto di fare silenzio. Il silenzio è importante anche se non c'è nessuno, perché poi i libri si svegliano e possono sputare cose brutte. O inoltrare un reclamo.
    «Perché temo di essermi perso. Cioè, non è che mi disturbi, perdersi è divertente, ma avevo una vaga destinazione e mi piacerebbe sapere quanto distante sono da essa.»
    Io sì che sono serio e professionale pensò, mentre di aggiustava i lembi della giacca. Avrebbero dovuto assumere lui come bibliotecario, ecco. Forse c'era una scatolina vicino all'ingresso in cui lasciare il proprio curriculum? Avrebbe dovuto controllare prima di andarsene. O forse poteva evitare di uscire da lì, e diventare bibliotecario per usucapione. Era possibile una cosa simile? Avrebbe dovuto informarsi sul codice giudiziario di quel mondo.
    Uhm. Stava pensando troppo e parlando poco, e sembrava solo uno scemo che fissava il vuoto, vero?
    Perché nella realtà non c'è mai tempo per qualche pagina di introspezione?
    «Starei cercando un posto chiamato Cimitero delle Parole.» concluse con una certa solennità, alzandosi sulle punte dei piedi e gonfiando il petto per implicare fisicamente l'importanza metafisicopsicologica del luogo.
    Almeno, pensava che fosse importante.
    Aveva un nome figo.
     
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    «Mi scusi, lei è il bibliotecario?»

    Dopo averlo fissato per molto tempo come un bambino curioso, l'interlocutore azzardò una domanda dimenticando totalmente il saluto. Non che ad Arthur desse particolarmente fastidio -per quanto fissato sulle regole, era di natura abbastanza accondiscendente, oltre che spaventosamente paziente- ma il suo modo di fare lo lasciò abbastanza perplesso. Lo sconosciuto sembrava infatti un bambino, esattamente come Brifos, anche se dai modi sostanzialmente diversi.

    «Perché temo di essermi perso. Cioè, non è che mi disturbi, perdersi è divertente, ma avevo una vaga destinazione e mi piacerebbe sapere quanto distante sono da essa.»

    ...si, un bambino. Mentre lo ascoltava, Arthur non fece altro che ripeterselo: personalmente aveva avuto molta esperienza con i bambini, qualcosa come circa mille e ottocento anni nelle vesti di tutore dei figli di un nobile casato, generazione dopo generazione, e fu probabilmente per questo che pensò ad un approccio gentile come buon inizio per entrambi. Magari, invece, si trattava semplicemente di buonsenso... infondo non ci voleva nè tanta esperienza e nemmeno una laurea per capire che essere gentili era un buon modo per iniziare le conversazioni.

    Mi spiace giovanotto: questa biblioteca non ha nessun bibliotecario.

    ..."è anche per questo che son venuto qui" avrebbe aggiunto, se solo non fosse naturalmente restio a dare informazioni proprie. A dire il vero, se fosse stato per lui e per le sue capacità di "attaccare bottone" con la gente, probabilmente avrebbe chiuso la discussione lì e si sarebbe diretto altrove senza mostrare il minimo interesse. Accadde tuttavia che l'altro gli parlasse di un certo posto chiamato "Cimitero delle Parole" e beh... fu allora che il viso praticamente inespressivo del Saggio sembrò assumere una qualche nota di colore. Ad esempio, il sopracciglio alzato sul lato destro della faccia lo rendeva già più umano, come anche la bocca corrugata o il naso arricciato.

    -Temo che potrebbe non arrivarci oggi. Forse mai: nessuno può decidere di andarci- cercò di spiegargli, accostandosi leggermente al suo angolo di lettura -E il luogo stesso che si manifesta a chi è scelto. Ci sono così poche informazioni a riguardo che in molti lo ritengono una leggenda col fine di attirare visitatori.

    Scostando leggermente due ciocche corvine scivolate sul lato del volto, il vampiro si concesse di osservare meglio la sua nuova compagnia. Sembrava umano, ma non aveva un odore che fosse diverso da quello dei libri. All'inizio non gli diede molta importanza, ma lo trovò comunque bizzarro.

    -Cercate un libro in particolare?



    Edited by Arthur Friederick Giles - 4/9/2013, 05:45
     
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    Una biblioteca senza bibliotecario.
    Una biblioteca senza bibliotecario.
    Una biblioteca senza bibliotecario.

    Sgranò gli occhi, ogni traccia di colore prosciugata dal suo volto.
    Tutto ciò non aveva senso! Ogni biblioteca deve avere il suo bibliotecario. È uno dei principi fisici alla base del multiverso, come il fatto che il cielo sia blu, l'acqua sia bagnata e i pianeti siano generalmente tondi, quando non sono poggiati sulla schiena di qualche colossale tartaruga cosmica.
    Deglutì nervosamente, e cercò di costringersi a respirare.
    «I... I-Io. Io. Volevo andarci, perché. Sembrava un posto interessante.» rispose a capo chino. Scrollò le spallucce, e per qualche istante non fece altro che fissare il pavimento, sforzandosi di respirare.
    Una biblioteca senza bibliotecario.
    Una biblioteca senza bibliotecario.
    Una biblioteca senza bibliotecario...

    «DEVE esserci un bibliotecario.» dichiarò infine, rialzando la testa di scatto. Lo disse quasi ringhiando, provando un odio improvviso per colui che aveva appena cercato di sballare le regole della Sua esistenza. Ma non potev a essere vero, no? Quel tizio gli stava mentendo, assolutamente. Che ne sapeva lui dei bibliotecari? Nemmeno aveva gli occhiali.
    «In un posto così pregno di magia, solitamente è la biblioteca stessa a creare un custode, se esso non è presente» spiegò all'uomo, tutto di un fiato. Gesticolando.
    «Se non l'avete mai visto è solo perché è molto bravo a nascondersi.
    O forse è così giovane da non essersi ben manifestato, è pura energia. Ad ogni modo, deve esserci
    »
    e annuì più volte, soddisfatto della propria spiegazione
    «E io lo troverò.»
    Fece il broncio al tipo, voltandogli le spalle, e si incamminò verso una direzione a caso.
    Tre passi dopo, tornò a voltarsi verso il signore.
    «...Qualche idea sul dove iniziare?»
    Nota da farsi al Bibliotecario di quel luogo: deve assolutamente mettere delle cartine alle pareti.
     
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    Evidentemente, qualcosa l'aveva sconvolto.
    Il sopracciglio destro del vampiro disegnò una curva decisamente più acuta rispetto al gemello sinistro, quasi ad indicare una certa perplessità verso quella reazione apparentemente senza senso. Che si fosse ricordato di qualche trauma infantile? No, non credeva. E se magari avesse riconosciuto la sua natura vampirica e si fosse spaventato? No, neanche: come avrebbe potuto in quel momento? Non puzzava nemmeno di sangue...

    «I... I-Io. Io. Volevo andarci, perché. Sembrava un posto interessante.»

    Il saggio rimase in silenzio, immobile come una statua, a fissarlo con i suoi occhi freddi ed inespressivi.

    «DEVE esserci un bibliotecario. In un posto così pregno di magia, solitamente è la biblioteca stessa a creare un custode, se esso non è presente. Se non l'avete mai visto è solo perché è molto bravo a nascondersi»

    Svelato finalmente l'arcano -che continuava comunque a non avere molto senso- tutto ciò che riuscì ad esprimere la sorpresa dell'uomo fu un misero sorriso appena percettibile. Per chi lo conosceva era certamente segno che si stesse divertendo ma... per gli estranei, forse, sarebbe parso un tantino freddo.

    -Può essere... o può darsi che ne abbia già chiamato uno a sè. Alcune biblioteche lo fanno, sai?

    La sua risposta fu particolarmente gentile ed amichevole, esattamente come quella di un maestro nell'atto di rincuorare un bambino spaventato. Abituato per millenni a fare da tutore a giovani fanciulli, non gli era infondo così difficile comunicare con animi candidi come quelli dello strano giovanotto lì presente, di cui non conosceva nemmeno il nome.

    -E' per questo che sono qui. Ho sentito la sua voce.

    Gli si avvicinò lentamente e gli tese la mano in un gesto cortese.

    -Comunque il mio nome è Arthur, piacere di conoscerti.



    Edited by Arthur Friederick Giles - 4/9/2013, 05:46
     
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    Il sollievo durò solo un istante. Il suo cervello fece subito due più due.
    L'uomo aveva dichiarato che quella biblioteca non aveva un bibliotecario. Perché ora diceva di essere stato chiamato per quel ruolo?
    Perché mentiva, ovviamente.
    E poi cioè, non aveva nemmeno gli occhiali.

    Un lungo respiro, prima di stringere la mano dell'uomo.
    «Mi chiamo Ezazèl.» disse, per poi alzare il capo e fissare nelle palle degli occhi il suo interlocutore.
    Con serietà.
    Non quel tipo di serietà artefatta, eccessiva, di un bambino che cerca di parlare con un adulto. Era come se improvvisamente si fosse ricordato di avere il decuplo degli anni che dimostrava, e fosse intenzionato a mostrarli tutti. Raddrizzò appena la schiena, assottigliò lo sguardo, controllò il tono di voce per renderla meno squillante di prima.
    «E non mi dica bugie, per favore. Non sono mica un bambino.»
    Giocare a fare il bimbo grande gli faceva venire voglia di ridacchiare, però, e mettersi a ridere ora avrebbe rovinato la sua credibilità.
    NON. DOVEVA. SORRIDERE. Irrigidì il volto, bloccando sul nascere ogni mutamento d'espressione.
    Fare le persone serie è così difficile. Perché il resto del mondo riusciva a farlo con tanta leggerezza? Come se quasi si divertissero, le persone, ad avere sempre una faccia triste e grigia.
    Hey, magari il mondo era impegnato in un'eterna partita a "fissiamoci intensamente e facciamo a chi ride prima" e lui non se n'era mai accorto!
    Spiegava perfettamente ogni cosa.
     
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    Di risposta, il piccolo Ezazèl gli tese la mano nel più classico gesto di saluto, esibendo un'espressione particolarmente seria rispetto a prima. Forse qualcosa di lui lo aveva innervosito... o magari aveva semplicemente l'umore volubile, come molti dei suoi colleghi.

    «E non mi dica bugie, per favore. Non sono mica un bambino.»

    Gli occhi grigi del vampiro si sgranarono per un solo istante. Bugie? In un certo senso ciò di cui parlava era vero... lui era un Bibliotecario di Palanthas ed era lì anche per controllare lo stato delle Cave del Sapere. Successivamente avrebbe fatto un rapporto ai suoi colleghi così da proporre una distribuzione degli elementi della loro Gilda in tutti i centri del sapere di Endlos abbandonati in modo da restituire loro nuova vita.

    -Bugie? ...perchè dovrei mentire?

    Con un gesto elegante estrasse un paio di occhialini dal suo taschino, dunque li pulì con un pezzo di stoffa per poi posarli sull'elegante naso greco, unico elemento del volto in grado di ricordargli ogni giorno quali fossero le proprie origini.

    -Non credi che le Biblioteche possano chiedere aiuto?

    jpg

    -...o forse non credi che io sia un bibliotecario?



    Edited by Drusilia Galanodel - 4/9/2013, 16:10
     
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    Per qualche secondo se ne stette un silenzio, una mano al mento, lo sguardo fisso sul volto del signorino Arthur.
    Gli occhiali gli stavano bene. E non in un senso puramente estetico: parevano fatti per incastonarsi perfettamente nel suo viso, completando il mosaico dei suoi lineamenti.
    Quello era un volto fatto per indossare due ovali di vetro davanti agli occhi.
    Il volto di un Bibliotecario.

    Possibile che si fosse sbagliato? Pensava di essere in grado di riconoscere un collega. Cioè, lui conosceva tutte le caratteristiche tipiche della professione, e le incarnava alla perfezione. Incontrare un compagno avrebbe dovuto provocare una sensazione di familiarità, un po' come guardarsi allo specchio.
    Forse la sua conoscenza era un po' troppo teorica. Idealizzata.
    La verità è che non aveva incontrato molti bibliotecari, oltre a sé stesso.

    Sbuffò, più annoiato dalla propria ignoranza che dalla situazione. Odiava non sapere le cose. Fece un passo indietro, incrociò le braccia, e scrutò l'uomo dall'alto in basso. Anche se il più basso dei due era lui, sì.
    «Classificazione Dewey, Colon o Fenchurch?» domandò, con la gravità di un professore che interroga un allievo.

    Personalmente, preferiva riorganizzare i libri secondo un metodo Dewey modificato da lui stesso. Aveva problemi con la classificazione Colon, troppo basata su elementi materiali per essergli comprensibile, ma ne riconosceva la superiorità strutturale.
    E la Fenchurch? Quello era un piccolo tranello: era un sistema di classificazione utilizzato dai Karshgoviani, che costruivano biblioteche viventi in cui le conoscenze erano incise su foglie e tronchi d'albero.
    Il sistema prevedeva una complessa rete di canali, sistemi di irrigazione, e bovini che pascolavano liberamente nelle biblioteche per creare il fertilizzante.
     
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    Ricambiò gli attimi di riflessione del giovane Bibliotecario con altrettanto silenzio, curioso di studiare la prossima reazione del suo interlocutore a quelle domande. Si sarebbe tranquillizzato? O magari gli avrebbe urlato contro qualche ingiuria? Il risultato fu uno soltanto: uno sbuffo seccato e la tacita ammissione di aver sbagliato. Per abitudine ebbe l'istinto di tirargli un buffetto, ma non lo fece.
    No, non era un bambino: più trascorreva il tempo in sua compagnia e più Arthur si rendeva conto di quanto Azazèl nascondesse dietro il sorriso ed i modi fanciulleschi una saggezza estremamente profonda, qualcosa che andava oltre i metodi di classificazione o le semplici nozioni assimilabili dalla massa.
    Azazèl non era soltanto un erudito: in lui v'era la gemma di un Custode.

    «Classificazione Dewey, Colon o Fenchurch?»

    Alla domanda del biondino, Arthur non potè fare altro che sorridere compiaciuto. Evidentemente quel piccoletto prendeva davvero molto a cuore il suo lavoro.

    -Uso un metodo Dewey modificato. E' simile all'originale, ma cambiano le classi fondamentali che, in questo caso, si rifanno alla Leggenda di Celebliant, una storia molto antica tramandata verbalmente per secoli su Endlos ed alcuni piani dimensionali.

    Una storia che parlava di ricerca, sofferenza e sapere. Una storia di dolore, separazione, morte e rinascita. Una storia dal finale aperto, ancora da scrivere... la storia di una speranza.

    -Tutti i Saggi di Palanthas utilizzano questo metodo: se siete interessato potreste osservarlo con i vostri occhi. Sarei felice di mostrarle il mio mondo.

     
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    Annuì più volte, soddisfatto della spiegazione dell'uomo. Il Dewey è una buona base di partenza per la classificazione di una biblioteca, anche se l'idea di modificarlo su una leggenda gli pareva poco... Scientifico. Che leggenda era, poi? Il nome gli suonava familiare.
    Socchiuse gli occhi, strinse le manine, e immaginò la sua Biblioteca.

    Immaginò di guardarla dal soffitto; di osservare le ramificazioni di scaffali, simili a rami di un albero, le file ordinate di libri e rotoli e pergamene.
    868 - Letteratura del piano di Gnisis, o 210 - religioni naturali? Scese mentalmente in quei reparti, cercando il libro-ricordo corretto. Toccò i dorsini consumati di libri che non esistevano più, sforzandosi di rammentare. Celebliant, Celebliant...

    Celebliant ( Ké-lɛ-ɓli-ant)
    1. Polimero sintetico composto da polietilene tereftalato.
    2. Inflorescenza azzurrina appartenente al gruppo delle monocotiledoni.
    3. Gruppo musicale interdimensionale symphonyc-techno-funk.

    Scosse il capo con una smorfia. No, no, no. Eppure il nome gli suonava familiare...
    Piano di Gnisis, aveva detto prima? La lingua più parlata lì era il Virnuviano, composta da suoni sibilanti e taglienti. Una parlata da rettile, tipica degli uomini-coccodrillo che abitavano quei piani. Quindi forse la leggenda si era diffusa identica, ma e a cambiare era stato...

    Sahelian ( ʂa-ħɛ-li-an)
    1. Zona climatica di transizione tra il deserto e la savana.
    2. Famoso nutrizionista esperto in medicina naturale.
    3. Figlio dell’Universo, ricercatore di Conoscenza. Protagonista dell'omonima leggenda.

    Il nome.
    Spalancò le palpebre, un lieve sorriso sul volto.
    «Conosco quella leggenda.» disse con soddisfazione al collega.
    Quanto ci aveva messo a ricordarla? Almeno sei secondi, ne era sicuro.
    Troppi. Si sentiva vecchio, stanco e con una memoria arrugginita, ecco. O forse la sua memoria era perfetta, ma era lui a non saperla più utilizzare.
    Il suo Palazzo della Memoria iniziava a farsi sempre più sfocato, sfilacciato ai margini. Aveva basato la sua costruzione su una vera biblioteca, quella in cui aveva sempre vissuto, e ora che l'edificio reale non c'era più, anche quello immaginario iniziava a farsi confuso.
    Mi serve una mappa.
    Non voglio dimenticare.


    Aveva appena passato altri cinque secondi buoni a fissare il vuoto in silenzio, vero?
    Stupida storia del mondo reale. Perché devi andare avanti anche se nessuno ti sta leggendo, eh?
    «Non conosco questa associazione di Saggi di Palanthas, ma da come ne parlate sembra composta da persone molto preparate e meritevoli di rispetto.» una mano sul pettò e si esibì in un lieve inchino, i lunghissimi capelli biondi che ondeggiavano come un mantello «Sarei onorato di saperne qualcosa di più.»
    Quindi quell'Arthur non solo era un bibliotecario, ma era anche più bravo/figo/conosciuto di lui.
    Se gli rodeva?
    TANTISSIMO, dannazione.
     
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    Osservò compiaciuto i modi di fare gentili e rispettosi del suo interlocutore: nonostante non apparisse vecchio quanto lui, il biondino sapeva come comportarsi e questo non poteva essere altro che un ennesimo punto a suo favore. Magnifico, davvero magnifico: sarebbe potuto diventare un ottimo Saggio, volendo.

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    -Oh, siamo una gilda di studiosi, infatti.

    Proseguì il vampiro con voce vellutate ed un sorriso affabile.

    -Ci occupiamo principalmente di ricercare e custodire la Conoscenza. Nonostante il nostro sapere non sia settoriale, a ognuno di noi è stato assegnato un Sentiero da custodire, uno dei sette rami del grande albero del Sapere. Io, ad esempio, appartengo a Khymeia, la Via della Genesi: il mio scopo è capire l’origine della Vita e del Mondo, impadronirmi dei loro meccanismi così da creare nuove entità funzionanti o materiali all'interno dei miei laboratori e le mie officine. In poche parole, sono una specie di ingegnere.

    Occhi grigi e freddi osservarono attentamente Ezazèl come quelli di un predatore: Arthur non aveva alcuna intenzione di morderlo -infondo non odorava neppure di umano- ma era giunto alla conclusione che parlargli del proprio lavoro avrebbe potuto invogliarlo a far parte dei Custodi delle Sette Vie. Pochi erano infatti gli Eruditi su Endlos e, da buon Saggio quale era, non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione di attirare a sè un possibile futuro collega. Infondo le potenzialità c'erano tutte, anche in abbondanza... sarebbe stato un peccato non cogliere l'occasione.

    -Però ci sono altri sei rami oltre al mio: potrebbe rimanere affascinato dal Sapere in essi custodito.

     
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    Non capiva.
    Doveva essere l'occasione che aspettava da una vita, no? E allora perché l'unica frase che gli uscì dalla bocca fu un «Ci devo pensare.» detto a capo chino, con voce un po' tremante?
    Fissò la sua ombra dipinta sul pavimento dalla luce della lanternina.
    Perché, si sentiva come se il cuore volesse schizzargli via dalla gola?

    «È un'offerta molto allettante, e vorrei valutarla con l'attenzione che merita.» si sistemò gli occhiali sul naso « Con calma. Sistemando prima alcune faccende.»

    Forse gli faceva paura l'idea di tutte quelle persone. Persone con cui parlare e confrontarsi, persone che forse sapevano un sacco di più di lui su tante cose, e che magari gli avrebbero detto che tutto quel che lui sapeva era stupido ed errato, scemenze basate su testi ormai superati, e, e...

    «Questa vostra assemblea di Saggi ha una sede o un qualcosa di simile? Potrei mettermi in contatto io con voi appena presa una decisione.» disse con un sorriso, rialzando la testolina.

    E se tutto quello che so è sbagliato, allora che senso ha avuto la mia vita fino a questo momento?
     
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    «Ci devo pensare.»

    Il commento invero abbastanza saggio e ben ponderato del suo interlocutore gli diede una singolare sensazione di disagio. Non che si sentisse inferiore a lui, nè tantomeno provava fastidio per la sua persona... ma sentì chiaramente che qualcosa non andava. Anche se non capiva cosa.

    «È un'offerta molto allettante, e vorrei valutarla con l'attenzione che merita. Con calma. Sistemando prima alcune faccende.»

    E se fosse...? Gli domandò pure il luogo di provenienza, ragion per cui non poteva esser disinteressato. Che l'avesse messo in difficoltà? Che fosse intimorito da qualcosa?

    -Oh, che invadente che sono stato! Perdonate il mio entusiasmo, ma è per me così raro discorrere con un amante dei libri che mi son fatto prendere troppo la mano- sorrise, portandosi le ciocche ribelli e corvine dietro le orecchie -Sa, noi a Palanthas abbiamo Rekishi, il Saggio della via dei Mondi. Lui è un letterato e non fa altro che leggere... quelle poche volte in cui riesco a rivolgergli la parola inizia a parlare di sè stesso in terza persona. E' un buon'uomo, sia chiaro, e non nego che sia divertente confrontarmi con lui, ma in discorsi troppo complessi la sua singolare parlantina finisce per confondermi.

    Lo sguardo si fece serio, ed il ditino si levò sentenzioso.

    -A volte si stufa perchè non riesco a seguirlo bene nei suoi discorsi e va a sfogare lo stress dormendo sulle panchine della biblioteca. Per questo tutti i nuovi arrivati finiscono per scambiarlo per un barbone!

    A quella confessione iniziò a ridacchiare. Se davvero aveva messo in difficoltà il biondino, allora era il caso di rimediare tirandolo un pò su di morale con qualche battuta. Sperò solo di aver scelto il tipo di umorismo giusto.

    -E comunque, da come avrai capito, la nostra Gilda è sita a Palanthas, nel Presidio dell'Est- asserì con voce pacata -Siamo un gruppo di ex-disadattati che non amano uscire e preferiscono trascorrere la loro vita sui libri e gli esperimenti. Detta così è un pò triste, ma stiamo bene insieme, tutto sommato.

     
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    Sapeva che quell'uomo stava cercando di rassicurarlo, ma tutto quel parlare di altre persone riuscì solo a metterlo ulteriormente a disagio.
    Grandi saggi e bibliotecari. Quanti erano, esattamente? Lui non era abituato a stare in biblioteche contenenti più di... Una persona, ovvero lui stesso medesimo.
    «Da come ne parla sembra un posto in cui mi troverei bene» disse, continuando a sorridere «Ma così su due piedi non me la sento davvero di decidere. Si fermerà al lungo qui al Nord? Magari potrei raggiungiungerla al momento del suo ritorno nell'Est, così le farei compagnia durante il viaggio.»
    Anche perché non era sicurissimo di voler viaggiare da solo da quelle parti. Aveva visto ben poco della città di Merovish, ma quel poco non gli era piaciuto: polvere, disordine, un sacco di brutti musi. Volti scavati dalla sabbia e dal sole, peggiori persino delle facce dei soldati con cui aveva vissuto per un breve periodo della sua vita.
    Chissà come sta il comandante Alak.
    Fuori dalla città, solo sabbia. Aveva fatto qualche giretto tra le dune, e ne aveva ricavato solamente noia e sudore. L'est doveva essere un posto più verde, giusto? L'aveva letto in qualche libro.
    Probabilmente sarebbe andato lì in ogni caso.
    Cioè, lo sapete quanto è odioso e difficile togliere la sabbia dalle pagine dei libri? Si insinua nelle costine e nelle rilegature...
     
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16 replies since 8/7/2013, 09:59   323 views
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