[Quest] L'eredità di Laputa

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  1. Marvick
     
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    Luogo Sconosciuto«Vista la ricorrenza dei temi della morte e del sacrificio, le probabilità che il finale della storia se ne discosti, sono esigue. Tuttavia, se grazie alle loro morti Laputa è ancora in piedi ai giorni nostri, queste creature non la troverebbero una buona conclusione?»

    Quanto tempo prima aveva sentito quelle parole? Dieci minuti, forse anche meno.

    ____________________________________________________________

    Quello con gli occhiali era scomparso tra le file di scaffali, a cercare chissà cosa. Marvick non si era dato il disturbo: fino a quel momento, le prove che avrebbero dovuto affrontare si erano mostrate in modo piuttosto palese. Aspettava solo di vedere quale fosse l'ostacolo da superare, quella volta.

    Una porta, sospesa in aria. Aperta, ma decisamente troppo alta per essere raggiunta, visto che non era in nessun modo collegata a terra. Stavolta il mantello mi tornerà utile...

    Ma si sbagliava. Guardò Brifos, di fianco a lui, con aria preoccupata. E capì che non era il solo ad essere bloccato. Frustrante. Il suo mantello era solo un vecchio pezzo di stoffa nera. Per quanto provasse, nulla, i piedi non si staccavano da terra.

    «Credo che potrebbe trattarsi di qualche meccanismo difensivo. Ne abbiamo uno simile anche a Palanthas.»

    Marvick si sentiva nudo. La magia gli dava sicurezza. Essere un mago significava potersi mostrare intelligente. Poter entrare nel Magisterium con una certa autorità, anche se non ne aveva mai fatto parte. Potersi sentire superiore alla maggior parte delle persone che incontrava, e pari ai pochi eruditi come lui. Potersi difendere. Sì, anche dalle frecce e dai coltelli, ma soprattutto da se stesso. Con la magia dimostrava a se stesso di non aver sprecato la propria vita, di averla spesa bene. Di essere veramente soddisfatto di qualcosa.
    Ma era convinto che il suo ingegno l'avrebbe comunque aiutato.

    «Questa è la vostra ultima prova.»

    La vide. La sfera, sopra di lui, così distante, ora che non poteva volare.

    «Ed avete un solo modo per superarla.»

    Guardò il globo di energia dividersi in due. Entrare nei due pilastri. Guardò la scala comparire. Guardò i due simboli incisi sulle colonne.
    No.

    (vista la ricorrenza)
    Non l'avrebbe fatto. Marvick sguainò
    (morte e sacrificio)
    la spada, facendo un passo indietro. Non poteva morire così. Non
    (le probabilità sono)
    per quella stupida storia.
    (esigue)

    Il cuore gli batteva a un ritmo frenetico, i nervi erano tesi, i riflessi pronti. Non avrebbe buttato così la propria vita. Non poteva
    (morte e sacrificio)
    finire lì. Non l'avrebbe permesso.
    Era pronto a combattere, anche senza i suoi poteri, con quella spada che aveva imparato a maneggiare in modo approssimativo.

    «Chiunque prosegua, porti questa storia fuori di qui.»

    Abbassò la spada.
    Il cuore decelerò i battiti, i muscoli tesi si sciolsero. Davvero?
    Davvero era disposto a buttare la propria vita così? Era pieno di libri in quel posto, avrebbero potuto accatastarli per formare una scala...

    Non si era nemmeno girato indietro.

    Quello con gli occhiali si avvicinò. Marvick avrebbe voluto mettersi in guardia, ma era totalmente paralizzato, con gli occhi fissi sul corpo esanime di Brifos.

    «Porta questa storia fuori di qui.»

    Cercò di aprire la bocca. Non ci riuscì.

    «Cerca il comandante Khatep. Promettimi che ti dedicherai anima e corpo alla protezione di una persona. Il suo nome è Asaliah. Ha bisogno di aiuto, e tu la dovrai aiutare.
    Me lo devi.»


    «No, aspetta...»

    Due persone erano morte al posto suo.
    Di una non conosceva neanche il nome.


    Marvick rimise la lama nel fodero, e varcò la porta.


    Condizioni Fisiche: illeso.
    Condizioni Psicologiche: sconvolto.
    Mana: 110%.

    Equipaggiamento
    Lama dei Sogni
    L'unica arma di Marvick è una nagamaki, ovvero una spada di foggia orientale, con un manico troppo lungo per essere considerata una vera spada, ma piuttosto un'arma inastata.
    L'impugnatura è lunga 60 cm, in ebano, ricoperta di pelle e con una piccola elsa d'argento. La lama è monofilare, lunga un metro e leggermente ricurva. La Lama dei Sogni pulsa di una luce azzurra quando Marvick è sul Piano dei Sogni.

    Mantello Planare
    Durante i suoi studi, Marvick ha viaggiato per moltissimi piani di esistenza. Raccogliendo da ognuno diversi materiali, ha cucito questo mantello, con maniche e cappuccio, che ha diverse proprietà magiche.
     
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    Crollava.
    Per quanto veloci fossero i passi, il mondo alle loro spalle continuava a sgretolarsi senza che potessero far nulla. Una mano distruttrice avanzava implacabile, ed il cuore da salvare appariva sempre più distante ai loro occhi.
    La magia li supportava, quella volta come mille altre prima. Ma non bastava, non dopo le fatiche di quella battaglia, non dopo che avevano perso uno ad uno i loro compagni.
    La verità gettava un'ombra sulle loro speranze, tormentandoli nella consapevolezza che nessuno di loro avrebbe raggiunto il Mastio. Il passo era corto, la stanchezza e le ferite un cappio da cui non si sarebbero potuti liberare. Il loro mondo avrebbe cessato di volare, infrangendosi al suolo, e con esso anche loro due.

    Così lui decise di fermarsi.
    Allentò d'improvviso la presa, e lasciò andare la mano che fino a quel momento aveva sempre tenuto stretta. Lei si fermò qualche passo più avanti, e con lo sguardo andò rabbiosa a interrogare l'altro. Non potevano permettersi una pausa, non in quel momento, sembrava urlargli silenzio.
    Lui la guardò negli occhi, e le sorrise di rimando.
    Il tempo che seguì il loro scambio fugace di sguardi fu solo un battito di ciglia, abbastanza breve da generare una barriera eterea senza che lei potesse impedirlo. Picchiò contro la superficie, cercò di infrangerla, gridò e con ogni forza che aveva in corpo lo supplicò di non abbandonarla. Non anche lui.
    Le due mani si sfiorarono, combaciando in forma e dimensione dai lati opposti della parete.
    Lacrime scesero sul viso di lei, aldilà della gabbia.
    Un muro che li avrebbe separati per sempre.

    Congedando la sua amata con un ultimo sorriso, il corpo del mago si accasciò inerme al suolo, abbandonato dal soffio caldo della vita. La terra smise di tremare e tutto divenne immobile, lasciando null'altro che un silenzio straziante attorno all'unico superstite, inginocchiato al suolo e preda di lacrime e singhiozzi accanto al corpo esanime dell'unica creatura che era mai riuscita ad amare.

    L'anima dello stregone si dissolse, mutando nella stessa magia che da sempre aveva amato e studiato. Sarebbe sempre rimasto lì a vegliare, come tutti gli altri.
    Legato per sempre al cuore di Laputa.

    png

    "Il suo spirito divenne Conoscenza, laddove una Scuola gli fece dono di un nuovo corpo."

    Un sacrificio è stato richiesto ai tuoi compagni, ed un sacrificio è stato svelato nella tua mente grazie all'ultima rivelazione.
    Al pari dell'ormai lontano Jabìr, altri due soldati hanno offerto la loro vita affinché uno potesse andare avanti.
    Affinché tu, Marvick, oramai unico sopravvissuto, potessi farti carico del fardello così tanto ricercato: l'Eredità di Laputa.
    La fine di quel viaggio.

    png

    Ad accogliere il tuo arrivo al di là del portone magico vi è una stanza non molto differente dalla precedente. Scaffali, libri e scalinate, con al centro una sfera d'energia cangiante.
    Nessuna presenza si sarebbe tuttavia mostrata per rispondere alle tue domande, non sino al momento in cui la tua mano avrebbe desiderato sfiorare la perfezione di quella sfera.

    « Quello » solo allora lui ti avrebbe interrotto, facendoti sussultare per la sorpresa « è il cuore di Laputa. »

    Ciò che in precedenza si mostrò come un vago costrutto etereo, comparve ora non più astratto ma concreto al tuo fianco.
    Le sue orecchie erano lunghe ed appuntite al pari d'un elfo. La stazza era invece piccola, al di sotto probabilmente persino del metro. Scuri i suoi occhi vispi, castani nelle iridi e rotondi nella forma.
    Avresti riconosciuto quella razza: era la stessa di colei che aveva organizzato quella missione.
    Un tarutaru, al pari di Shantotto.

    « Siete stati bravi. »

    Disse, sorridendoti.
    E solo allora saresti stato in grado rivederli: Brifos, Augustus e Jabìr. Disposti come te vicini ed intorno a quella sfera, come se mai da lì si fossero allontanati.

    « Il mio nome è Āciriyàr, e sono... il Magisterium. »

    Non vi fu alcuna sorpresa nel suo volto, quando lesse lo scetticismo nei vostri sguardi.

    « Lasciate che ve la racconti.
    La storia di noi tutti, la storia del Presidio Errante. »


    La piccola mano accarezzò la superficie d'energia cangiante e da essa una luce vi avvolse per intero, così come in precedenza era sempre accaduto per ciascuna delle visioni.

    « Un tempo quest'Isola era governata dagli Dei.
    Stufi della perdizione che albergava nell'animo degli uomini, essi strapparono una regione alla terra per riporla in cielo.
    Quì, così spiega il mito che da secoli viene tramandato, avrebbero costruito un nuovo mondo, un paradiso immacolato laddove la dannazione non avrebbe trovato più radice.
    Per secoli, forse millenni, essi sostentarono la terra. Sorressero il Presidio, proteggendo e generando vita. Non esisteva creatura che non li amasse e li venerasse.
    Con lo scorrere del tempo, tuttavia, l'utopia da loro stessi ideata li stufò. Ciò che era libertà divenne pian piano impedimento, ciò che era concessione divenne infine costrizione.
    Ciò che era figlio, divenne schiavo. »


    Una voce avrebbe guidato le vostre orecchie, laddove immagini avrebbero dipinto di pari passo per i vostri occhi.

    « Il popolo si ribellò.
    D'altronde, era questo ciò che avevano programmato istigandoli. Per secoli hanno ottenuto guerre e ribellioni, giocando con la vita della gente. Quello che non avevano previsto è che qualcuno li avrebbe sconfitti.
    Ciò che avete vissuto attraverso le visioni è ciò che accadde dopo la battaglia: privata della forza che sino a quel momento l'aveva sostenuta, l'Isola iniziò a crollare.
    Ne fummo consapevoli, era stato previsto; per questo studiammo una soluzione in grado di sopperire alla loro mancanza.
    Ma commettemmo un errore: la distruzione fu più rapida di quanto avessimo immaginato.
    Il resto della storia... l'avete vissuto coi vostri stessi occhi. »


    D'improvviso, allora come in precedenza, il lampo di quelle visioni abbandonò le menti per riportarvi laddove il corpo era rimasto.

    « Ciascuno di noi pagò con la propria vita per consentire agli altri di andare avanti. Ma l’Isola stessa rifiutò quel sacrificio. Ci strappò dalla morte, e scelse invece di condannarci.
    Fummo costretti a sostituire gli Dei che quel giorno combattemmo. »


    La sfera prese a brillare come fosse dotata di vita propria, ed ancora delle immagini -stavolta a voi già note- presero a scorrere nelle vostre menti.

    « Cuvar, il gigante dal cuore buono. Colui che in vita aveva sempre amato e protetto il prossimo, divenne le mura che ora avvolgono la nostra terra. Fra le sue possenti braccia i più deboli trovano riparo. »

    Egli scelse di fermarsi poiché il suo peso accelerava la caduta, condannando coloro che a lui stavano vicino.

    « Mullai, spirito guerriero e cuore di madre. Colei che fra di noi in vita lottò per la propria prole, divenne l'Albero più grande del Latifondo. Le sue radici sono ora aria, cibo e acqua per i nuovi figli del Presidio. »

    Ella cadde combattendo, proteggendo -come sempre aveva fatto in vita- l'avanzata dei compagni.

    « Manitan, la mente più brillante. Colui che in vita fu capace con il solo intelletto di oltrepassare ogni limite imposto dalla propria razza. Suo è il cuore che sostiene questa terra ora in volo. »

    Egli scelse di privarsi del nucleo che aveva incastonato al petto, affinché l'energia che alimentava il corpo potesse donare nuova vita e speranza alla sua Isola.

    « Ed infine... me. La magia era la mia vita, la conoscenza la mia più grande ambizione. Il mio spirito trovò un nuovo corpo in una scuola: il Magisterium. »

    Egli consumò le sue ultime forze per richiamare un incantesimo: sfidò il tempo stesso, quel tanto che sarebbe stato necessario per rimediare al loro errore.

    « I vostri passi nella nostra storia ci hanno risvegliato da un sonno durato secoli; ciò che quest'oggi noi vi offriamo è la terra stessa che calpestate e la libertà per cui abbiamo lottato.
    A voi consegnamo l'Eredità di Laputa. »

    Qm Point

    Complimenti: avete superato la quarta ed ultima prova, e siete finalmente giunti al termine della quest. Brifos e Augustus, il vostro status di morte era fittizio, pertanto vi ritrovate immediatamente nella stessa sala in cui arriva Marvick. Con voi è presente anche Jabìr (che muovo io come png).

    Nel racconto ci sono diversi punti non approfonditi e volontariamente trascurati: a voi, come ultimo compito della quest, quello di far luce con delle domande sugli aspetti tuttora oscuri.
    Ragionateci bene e con calma: è l'unica occasione che avrete, poiché questo è l'ultimo turno della quest.

    Scadenza: 11 Maggio (compreso)

     
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    .†.Amakudari.†.

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    Una volta che il palmo si fu adagiato sul metallo luccicante della stele, un senso di gelo e di spossatezza si irradiò in tutto il corpo del gigante a quel contatto, e mentre le energie e la vita scivolavano inesorabilmente via da lui, i contorni della realtà sfumarono e la luce venne meno, inabissandolo in una pacifica e familiare oscurità... E dalle tenebre, emerse una visione.

    Due piccole creature correvano a perdifiato per sfuggire alla distruzione;
    correvano verso il cuore dell'Isola con l'unico desiderio di proteggerlo...
    Correvano con la disperazione nel cuore... eppure,
    mano nella mano.

    ...almeno finché -gravato da una consapevolezza tanto dolorosa quanto ineluttabile- uno dei due non si fermò, sciogliendo il nodo delle loro dita; l'altra presenza -la sua compagna- si volse a fissarlo con un furente sguardo interrogativo, ma un sorriso fu l'unica risposta che ottenne, e troppo tardi scorse in esso le sue intenzioni: provò a riagguantarlo, forse, ma -oramai- un campo di forza arcana li separava.

    La creaturina, picchiò con forza i piccoli pugni su quello scudo magico, urlando proteste e preghiere, ma niente avrebbe evitato quell'addio... e mentre lacrime le scendevano dagli occhi per rotolare sulle guance, il Mago immolò sé stesso al cuore di Laputa: il tremito della distruzione cessò,
    e nel silenzio tonante, solo singhiozzi.

    "Il suo spirito divenne Conoscenza,
    laddove una Scuola gli fece dono di un nuovo corpo."


    Non sarebbe dovuto essere possibile, ma... riaprì gli occhi, e nel contemplare di nuovo l'ambiente sacrale della stessa biblioteca dove era andato incontro alla morte, il Demone delle Tempeste sbatté un paio di volte le palpebre con interdizione, poi reclinò il testone blu cobalto da una parte, e -infine- lasciò che ad esprimere la sua perplessità fosse solo il crepitio azzurro lungo il suo corno dorato.

    L'unica differenza occorsa alla stanza era la comparsa di una grande sfera su cui si avvicendavano in un caleidoscopio tutti i colori dell'iride, e... le iridi grigio ardesia del Saggio la trovarono davvero interessante: chissà se poteva studiarla più da vicino...


    « Quello è il cuore di Laputa. »

    La voce -la stessa dell'energoforme di prima- gli giunse all'orecchio proveniente da non molto lontano, interrompendo l'Amal a metà dell'azione; con la calma e la lentezza che sempre caratterizzavano i suoi movimenti in assenza di minacce, il Raitei volse il testone in direzione dell'interlocutore: vide Marvick, ma non era stato lui a parlare.

    « Siete stati bravi. »

    Seguendo il suono, gli occhi si spostarono alla ricerca della sua origine, corressero il tiro, e il viso si orientò verso il basso, trovando una creatura piccola, dagli occhi vispi, scuri e tondi, che... somigliava molto all'attuale rettrice del Magisterium.

    « Il mio nome è Āciriyàr, e sono... il Magisterium. »
    proseguì l'esserino, mentre Brifos notava anche Augustus e Jabir
    « Lasciate che ve la racconti. La storia di noi tutti, la storia del Presidio Errante. »

    "Storia"? All'udire quella parola magica -più magnetica di qualsiasi incantesimo-, il Figlio della Folgore divenne estraneo a qualsiasi altro pensiero, e mentre appuntava gli occhi bigi sulle visioni generate dai giochi di luce della sfera d'energia cangiante, ascoltò il racconto con totale attenzione, scolpendone ogni istante nella memoria.

    Vide gli Dei e la costruzione della loro utopia in mezzo alle nubi,
    la concordia e la serenità diramarsi in quel reame prospero per secoli e millenni,
    e il seme del male germogliare nel marcire dei loro buoni propositi.


    « Il popolo si ribellò.
    D'altronde, era questo ciò che avevano programmato istigandoli.
    Per secoli hanno ottenuto guerre e ribellioni, giocando con la vita della gente.
    Quello che non avevano previsto è che qualcuno li avrebbe sconfitti. »


    Ai loro occhi, gli avventurieri videro la battaglia e la sua conclusione... e come la sconfitta delle divinità non fu una vittoria, ma solo l'inizio di un incubo ancora peggiore: il crollo dell'isola, inesorabile e inarrestabile come una condanna.

    « Ciascuno di noi pagò con la propria vita il consentire agli altri di andare avanti. Ma l’Isola stessa rifiutò quel sacrificio. Ci strappò dalla morte, e scelse invece di condannarci.
    Fummo costretti a sostituire gli Dei che quel giorno combattemmo. »


    E di nuovo furono testimoni del sacrificio del gigante Cuvar, della donna-elfo Mullai, del geniale Manitan, e -infine- del piccolo ma prodigioso mago Āciriyar, che ora stava loro davanti.

    « I vostri passi nella nostra storia ci hanno risvegliato da un sonno durato secoli; ciò che quest'oggi noi vi offriamo è la terra stessa che calpestate e la libertà per cui abbiamo lottato.
    A voi consegniamo l'Eredità di Laputa. »


    jpg
    « Avrei alcune domande. »
    esordì, col tono neutro ma educato di uno scolaro
    « Cosa ne è stato di lei - la tua simile, che era con te nella visione...?
    E per quale ragione non ha perpetrato la vostra storia? »


    C'erano ancora molti altri quesiti che avrebbe voluto porre: sugli dei, responsabili originari di quella tragedia, sulla Laputa dell'epoca d'oro, e su eventuali superstiti a quella guerra tra i civili, perché -nei tempi in cui Raylek frequentava ancora la biblioteca- ricordava che gli era stato raccontato qualcosa circa il suo ritrovamento da parte del Goblin...

    Così, rimase in silenzio, in attesa di una risposta a quell'interrogativo principe: era uno studioso, e raccogliere dati in quel genere di indagine era il suo principale ambito di interesse e competenza, ma non era solo per quello... un'altra parte di lui -quella che meno comprendeva, quella emotiva- aveva ragioni diverse, ma entrambe conversero in un unico determinato desiderio.

    Avrebbe fatto tesoro di ogni cosa.

     
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    ???



    Mani che si poggiano contro quella sfera. La rassegnazione di dover andare avanti qualcuno. Però, c'è anche dell'amaro che invade la sua mente. Ha ovviamente notato la reazione del Mago inviato per prima. La cosa lo ha ferito in qualche modo, non saprebbe nemmeno dire come e perchè, ma in bocca ha un sapore amoro come il fiele.
    Il sapore della morte è amaro
    Questo è l'ultimo pensiero solitario che taglia la mente del Numerologo privato anche della compagnia dei suoi spiriti. Avrebbe voluto confessare i suoi pensieri più celati a Giulietta, dirle che, scavando in profondità è un bravo spirito. Avrebbe voluto dire alla Duchessa che come balla lei non balla nessuno. Avrebbe voluto dire ad Udoh che le sue storie sono scontate e che deve impegnarsi di più nell'intreccio dei personaggi. Avrebbe voluto direi tante cose, ma si rende ora conto che non potrà fare niente di tutto questo. Sente le energie che fluiscono fuori dal proprio corpo e trascinando con sè i suoi pensieri, le sue emozioni, i ricordi, il suo corpo, la sua vita.
    Il
    sapore
    della
    morte
    è


    No, non avrebbe mai pensato che morire fosse così. Si aspettava un oltre colmo di numeri, dove tutto raggiunge una sublimazione tale che l'uno è in grado di spiegare ogni cosa. Invece si ritrova ancora una volta in un cinema in cui è mero spettatore. Ancora una volta una storia straziante in cui non può intervenire, può solo lasciarsi consumare dal senso di mpotenza e tristezza. Non gli piace questa versione di oltre.
    Inoltre pensava che una volta morto ci fosse qualcosa di più scenografico, certo, però quel globo è anche bello-bello. Forse, però, avrebbe anche preferito una compagnia diversa.
    Ooooh
    Arriccia la boccuccia in una smorfia al fianco del mago. Non capisce da dove provengano quelle parole, ma dopo breve giunge anche una risposta visiva. Fissa quelle orecchie da elfo concentrate in una statura ridotta. Che sia qualche parente del Rettore? Non si azzarda a fare collegamenti, da quel poco che conosce quest'ultima potrebbe fargli pagare a caro prezzo una simile supposizione.
    Lascia che il Magisterium in persona-cosa ricolleghi tutti i tasselli del mosaico che hanno attraversato, che hanno vissuto. Rivive e rivede i drammi di quei personaggi così familiari. Si immedesima di volta in volta in ognuno di loro. Si sarebbe sacrificato anch'egli?
    Grazie
    Si sente investito da un senso di responsabilità bruciante. Ma si concentra per metterlo da parte perchè, a fronte di quanto è appena avvenuto, ci sono una serie di domande che vorrebbe porre. La prima viene anticipata dal cornomunito, vorrebbe aggiungere se conosce Shantotto, ma spera che sia il Magisterium stesso ad aggiungere questo eventuale dettaglio.
    Quindi...è opera vostra l'arrivo di Laputa qui? E se si perchè proprio in questo piano?
    Si, forse la domanda sarà banale, ma gli stuzzica la curiosità.
    E...e....visto che vi abbiamo risvegliato, spero che abbiate riposato abbastanza e fatto bei sogni, da oggi resterete svegli con noi, circa, in qualche modo?
    L'idea di potersi appolipare al Magisterium stesso e portare così avanti le sue ricerche, poter finalmente capire alcune cose e così poter concretamente aiutare qualcuno, anzi qualcuna, è un'eventualità che lo mette di colpo di buon umore.
    Con un sorriso naturalmente dipinto sul viso, dopo essersi sistemato gli occhiali quadrettati, resta in attesa di ascoltare la risposta alle domande poste.





    CITAZIONE
    Equipaggiamento: Mazzo di Tarocchi (Dieci tarocchi incisi su lamine di metallo affilato)
    Mana: 55%

    Status Fisico: Perfetto
    Status Mentale: Curioso
    Tecniche
    Sussurri – Auspex spiritico [Passiva]
     
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  5. Marvick
     
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    Luogo SconosciutoMarvick sentì una strana sensazione, all'altezza dello stomaco. Tutta la tensione accumulata nei momenti precedenti si era dissolta in un colpo: i suoi due compagni erano ancora lì. E ce n'era anche un terzo, uno che non aveva mai visto.
    Ovviamente, nulla di tutto ciò si tradusse in un qualche tipo di espressione sul suo volto.

    «Siete stati bravi. Il mio nome è Āciriyàr, e sono... il Magisterium.»

    Solo allora si accorse della piccola figura al suo fianco. Somigliava paurosamente alla direttrice del Magisterium, ma il mago non si soffermò più di tanto a osservarla. Era immerso troppo profondamente nei suoi pensieri.

    «Lasciate che ve la racconti. La storia di noi tutti, la storia del Presidio Errante.»

    Ascoltò in assoluto silenzio, gli occhi fissi nella sfera rilucente davanti a lui. Si era trasferito a Laputa volontariamente, ma non perché davvero desiderasse stare lì. Una città valeva l'altra alla fine, e quella sembrava abbastanza diversa dalle città terrestri da permettergli di vivere più o meno serenamente. Ma in quel momento... si sentiva in qualche modo legato a quel posto, come se l'avesse costruito lui stesso. Non sapeva decidersi: era un sentimento non razionale, ma sentiva che era giusto.

    «I vostri passi nella nostra storia ci hanno risvegliato da un sonno durato secoli; ciò che quest'oggi noi vi offriamo è la terra stessa che calpestate e la libertà per cui abbiamo lottato.
    A voi consegnamo l'Eredità di Laputa.»


    Rimase ancora in quel silenzio meditativo durante le domande dei suoi compagni. Se non aveva ben chiaro in testa come comportarsi rispetto alla situazione circostante, Marvick rifletteva.
    Alla fine, fece anche lui una domanda.

    «E noi, di preciso, cosa dobbiamo fare?»


    Condizioni Fisiche: illeso.
    Condizioni Psicologiche: disorientato.
    Mana: 110%.

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    L'unica arma di Marvick è una nagamaki, ovvero una spada di foggia orientale, con un manico troppo lungo per essere considerata una vera spada, ma piuttosto un'arma inastata.
    L'impugnatura è lunga 60 cm, in ebano, ricoperta di pelle e con una piccola elsa d'argento. La lama è monofilare, lunga un metro e leggermente ricurva. La Lama dei Sogni pulsa di una luce azzurra quando Marvick è sul Piano dei Sogni.

    Mantello Planare
    Durante i suoi studi, Marvick ha viaggiato per moltissimi piani di esistenza. Raccogliendo da ognuno diversi materiali, ha cucito questo mantello, con maniche e cappuccio, che ha diverse proprietà magiche.
     
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    Terminato il suo racconto, il piccolo mago si mise in paziente attesa: mani congiunte dietro la schiena ed espressione vispa, a seguire con lo sguardo le vostre reazioni. Sapeva che il suo racconto non poteva aver saziato il vostro desiderio di conoscenza, poiché diversi -troppi!- erano i dettagli ancora mancanti. Particolari che lui stesso aveva lasciato come tali.
    Dopotutto questo era il Magisterium: una scuola. E come tale, suo era il compito di instillare curiosità e raziocinio nei suoi studenti.
    Ascoltò tutte le domande. Sorrise a quella di Augustus, poiché la trovò insolitamente buffa. Infine le collezionò una per una nella sua mente così che, una volta stabilito un suo ordine, potesse finalmente rispondervi.

    « L'arrivo dell'isola su Endlos non dipese da noi. »

    Si rivolse dunque per primo ad Augustus, con voce calma ed accomodante.

    « In punto di morte fummo costretti ad un lungo sonno. Ciò che accadde dopo fu completamente fuori dal nostro controllo. Se Laputa si trova ora qui, nel vostro mondo, è dovuto alle forze imprevedibili del Maelstrom ed alla volontà di colui che ne assunse il controllo in nostra assenza. »

    Per chi aveva conoscenze sufficientemente recenti riguardo la storia del Presidio, sarebbe stato facile ricondurre la descrizione alla persona di Raylek, Primo Alfiere Errante, oramai scomparso dalla sua stessa terra.

    « Non lo definirei un sonno propriamente riposante... però sì: d'ora in avanti, come è nostro compito, resteremo al vostro fianco. In quanto nuovi Guardiani di Laputa, è nostro dovere proteggere e sostentare la vostra vita. »

    Questo era ciò che l'Isola stessa aveva scelto per loro in punto di morte, e non sarebbe andato contro quella sentenza: avrebbero sostituito gli Dei caduti.
    Senza commettere i loro stupidi errori.
    Si voltò in direzione di Marvick e pian piano posò il proprio sguardo anche sui suoi due compagni. Cosa dovevano fare? Eppure la risposta gli sembrava così semplice...

    « Siete studiosi. »

    Disse, e la voce risuonò naturale e rincuorante.

    « E' vostro dovere imparare, arricchire la vostra conoscenza.
    Quest'oggi voi avete appreso una nuova storia: ora, a voi spetta il compito di tramandarla. »


    Infine, per ultima... giunse la risposta per il gigante -e davvero sembrava tale, raffrontato alla stazza minuta del tarutaru!-, Corona di Regalia e Saggio di Palanthas. Si domandava che fine avesse fatto lei, la sua simile. Per quale ragione non era lì.

    « Immaginavo che mi avreste posto questa domanda. »

    E nel dirlo sorrise di pieno gusto. Non perché potesse apparire come un quesito banale e prevedibile, ma... sembrava ci fosse qualche altra ragione, dietro quella sua smorfia.
    Qualcosa che lo spinse a poggiare le piccole mani lungo l'abito ai suoi fianchi, gonfiando il petto in avanti come se stesse per alzare volontariamente la voce, e...

    « Il quinto Guardiano, l'ultimo ed unico sopravvissuto »

    « Scomparve. »

    Una voce femminile, a voi in realtà familiare, s'intromise senza alcun preavviso nel discorso.
    Ci avreste impiegato del tempo per intuire a chi appartenesse. Piccoli passetti, veloci ed assai ravvicinati; avrebbe fatto capolino da una delle tante file di scaffali a voi vicini, ed allora l'avreste riconosciuta immediatamente.

    « Scomparve? »

    Domandò lui, con aria incuriosita.

    « Così racconta il libro. »

    Replicò prontamente lei, nella sua inconfondibile arroganza: fu Shantotto in persona a raggiungervi nella stanza, esibendo ben serrato fra le sue dita un curioso libro dalla fattura estremamente pregiata.

    « Oh... »

    Si lasciò sfuggire il Magisterium, e non vi sareste sbagliati nell'avvertire in quello scambio di battute una sorta di gara o competizione per accaparrarsi la parola.

    « Purtroppo non posso sapere cosa le sia capitato in seguito alla nostra morte. Ciò che vi posso raccontare, però, è quel che divenne allora il suo destino.
    A lei venne affidato il compito più duro: la sua vita venne vincolata al cuore di questo Presidio, affinché ella ne diventasse la sola ed unica custode. »


    Suo era ed è ora il compito di proteggere il cammino che quest'oggi vi ha quì condotto.

    « Wow... è davvero ben aggiornato, quel libro! »

    Concluse ancora lui, con un velo di "impercettibile" sarcasmo.

    « Ma... non capisco. »

    Fu un intervento del ritrovato Jabir, il solo sino a quel momento a non aver ancora avanzato una domanda, ad interrompere -fortunatamente?- il curioso siparietto.

    « Non abbiamo trovato nessuno a protezione di questo cammino. »

    E fu così che d'improvviso calò un silenzio. Entrambi i tarutaru, che sino a quel momento avevano fatto a sportellate per accaparrarsi la parola, decisero di tacere per qualche istante, dandogli modo e tempo di scambiarsi qualche occhiata fugace.

    « Questo »

    Prese infine coraggio il piccolo maghetto, voltandosi nuovamente nella vostra direzione.

    « è perché »

    Buio.

    Magisterium -entrata photo Magisteriumentrata_zpsda242659.jpg

    Nel bel mezzo del suo discorso, lo spirito del Magisterium scomparve senza alcun preavviso dalla vostra vista. O forse, per meglio dire... foste voi a scomparire dalla sua.
    Eravate in un grande atrio.
    Il rumore di una campanella, l'inizio di una nuova lezione, si distingueva appena dal chiacchiericcio diffuso di gruppi di studenti che si affrettavano per raggiungere la loro aula.
    Il Magisterium, punto di partenza e d'arrivo.
    Voi, siete tornati a farne parte.

    png

    Altrove...

    « ...è il Guardiano stesso ad avervi garantito l'ingresso. »

    Quando Āciriyàr ultimò infine la sua rivelazione, era oramai troppo tardi.
    Il silenzio era calato d'improvviso intorno alla sua figura minuta, ora, dopo secoli di riposo, non più sola. Invero un pò spaesato, le rivolse timidamente lo sguardo. Lei sorrise; le manine paffutelle si intrecciarono ancora una volta, ed in quel silenzio sacrale nessuno ebbe più la forza per parlare.
    Non vi sarebbe stato alcun muro etereo, questa volta, a separarli.
    Né ora, né mai.

     
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