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    Corollario numero n alla legge di Murphy: più la tua destinazione è lontana ed esotica, e più sarà importante et insostituibile l'oggetto che puntualmente ti dimenticherai di mettere in valigia.
    E io, da autentico cretino, ho ovviamente dimenticato qualcosa di assolutamente vitale per la mia sopravvivenza.
    No, non sono i porno, quelli sono al sicuro nel portatile. E mi sono portato pure il solar recharger per alimentarlo batterie, tiè.
    Perché i nerd rimangono tali anche quando sono dispersi in mondi sconosciuti.

    Peccato che Google Maps non funzioni da queste parti.
    Istvàn era un luogo relativamente tranquillo, se si esclude la presenza di certi mangiametallo esagitati, mentre Kisnoth è... L'equivalente fantasy di una grande metropoli. Le strade brulicano di gente che urla, gente che compra, gente che si azzuffa e gente che nemmeno sembra essere tale, anatomicamente parlando. Ovunque, architetture impressionanti, caos, e la sensazione da capogiro di essere solo, completamente isolato e sperduto, come mai lo sono stato prima.
    Non pensavo che l'avrei mai pensato in vita mia, ma voglio tornare a casa.
    Peccato che io non possa farlo.

    Tra un sospiro e l'altro, cerco di muovermi tra le vie. Cappuccio in testa, schiena curva, aria da "lasciatemi in pace e io lascio in pace voi."
    Il mio corpo, già teso come una corda di un violino, s'irrigidisce ogni volta che sento qualcuno sgomitarmi, o sfiorarmi lo zaino. Sono solo, sono fragilino, e soprattutto, sono paranoico. Mi sento addosso gli sguardi di mille malintenzionati, pronti a pestarmi in un vicolo per rubarmi quel poco che ho.
    Se non posso andarmene da questo mondo, vorrei almeno andarmene da questa città. Ci sono giunto scroccando un passaggio sul carretto di un mercante, ed è solo una delle tante tappe sulla via dell'isola di Laputa.
    Intendo partire il prima possibile, ma prima devo assolutamente trovare quella cosa. Se davvero è possibile trovare ad Endlos un oggetto così terrestre, allora dev'essere qui.
    Certo, inizio a non crederci molto, dopo il quinto negozio d'alchimia visitato.

    Il sesto negozio in cui entro riesce a darmi un briciolo di speranza. Forse per la sua architettura vagamente terrestre (giapponese, quasi), forse per la vetrina piena di oggetti strani. Forse perché è sembrato un dono divino, unico negozio in una via in cui non avevo visto altro che locande.
    «Buongiorno.» mormoro, nell'aprire la porta. L'aria all'interno è satura di odori strani, spezie e profumi e olio da motori e polvere e altre cose a cui il mio naso risponde facendomi starnutire. Mi porto una mano al volto appena in tempo.
    «Mfgh.»
    Gli scaffali sono altrettanto carichi di varietà, con boccette, ninnoli e ingranaggi che traboccano da ogni superficie. Alcune cianfrusaglie hanno un che di familiare, o dalla funzione facilmente indovinabile, ma molte mi sono del tutto aliene.
    Mi guardo intorno, cercando di individuare il commesso.
     
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    Kisnoth, casa. Un luogo al di fuori delle loro attuali possibilità, una parte di mondo che li accoglie inconsapevole dei desideri che quelli portano con sè. Una città caleidoscopica, pulsante, viva in ogni istante; una città con i suoi quartieri scintillanti di meraviglia, finanche eccessivi. Quantomeno Kisnoth ha il pregio evidente di non essere il Bloodrunner. E questo assicura che il degrado più bieco non la popoli mai.

    »»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»»««««««««««««««««««««««««««««««

    Un campanellino suona, colpito dallo spigolo in moto, e con i propri rintocchi gentili annuncia a chi nel negozio risiede l'ingresso di un probabile cliente. Il vecchio pavimento in legno -usurato quanto un tempo prezioso- scricchiola invece sotto il fragile peso del ragazzo or giunto, ripercorrendo quel che in antichità valeva un sistema d'allarme. La padrona, Yuuko, lancia uno strillo morbosamente mellifluo -dal retrobottega o dal giardino privato (regni che mai la vedono abbandonare la propria postazione in favore del lavoro) ella richiama l'attenzione di tutti sulla presenza di ospiti.
    E Miron, solidale alla causa di Rikku, comprende ch'è giunto il momento di sostituirla come promesso; la bionda svaporata se n'è infatti partita per il Sud, abbandonando senza grossi crucci il di lei incarico presso quest'emporio ha solcato le sabbie in direzione di Merovish (senza peraltro elargire ulteriori dettagli circa la sua destinazione o i motivi di quella). Ne rimane, quindi, che la coppia d'amanti ha in gestione sia lo spaccio sia il magazzino -com'è avvenuto, dunque, la Rondine minuta si è vista offrire dal fratellone l'incombenza più semplice, laddove l'altro s'è sobbarcato anzi il compito di maggior impegno.

    "Salve!"

    Saluta gioviale, sbucando dal fondo della stanza (dopo aver opportunamente accostato il pannello che conduce agli alloggi in cui si trovava) per poi raggiungere il bancone principale e da lì rivolgersi ancora al fresco avventore.

    "Benvenuto al Reliquiario d'OgniDove."

    Cita, in riferimento all'insegna che un tempo -ora non più- era affissa all'esterno della bizzarra costruzione orientaleggiante -quello stesso cartellone appariscente che mesi e mesi prima aveva attirato il due fin oltre la soglia del presente negozio.

    "Ti serve una stanza? Oppure cerchi un qualche oggetto in particolare?"

    Il braccio che mima un display all'indirizzo dei molti, moltissimi scaffali, mentre la voce aggiusta il tiro e passa da un invisibile lei ad un tu manifesto: a seguito della prima, neutra impressione, infatti, il giovane sudcoreano scopre in quel gobbo pallidissimo (e nonostante stia curvo, abbondantemente più alto di lui) un ragazzo dall'età stimata affatto dissimile dalla propria -forse più affine a quella del Gallo, forse no, la Lancia opta comunque per un rapporto meno impegnato, sicuramente non formale; è un acquirente, vero, merita tutto il rispetto che tipicamente si attribuisce ad un compratore -ancora una volta corretto- ciononostante è poco proficuo instaurare un dialogo sorretto dalla mera freddezza, non è così che all'orfano piace conversare.
     
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    Il disaaaaagio.
    Essendo cresciuto in una bolla di vetro, non ho mai avuto molti contatti coi ragazzi della mia età. Mi danno una brutta sensazione, come se fossero sempre pronti a ridermi alle spalle o a farmi lo sgambetto a tradimento.
    Generalmente, sono anche molto più stupidi di me.
    Questo tizio invece non sembra né malvagio né stupido. È addirittura gentile e carino, e ciò aumenta la mia paranoia.
    Non riesco a staccargli gli occhi di dosso. Il che da una parte è positivo, perché mi fa sembrare un normale essere umano in grado di reggere il contatto visivo altrui durante una conversazione.
    «S-Salve.»
    Deglutisco, e istintivamente indietreggio di mezzo passettino.
    «Sto cercando un oggetto. Cioè, è una specie di pozione del mio mondo che uso di solito, ma la sto finendo e nessuno degli Alchimisti di qui pare in grado di farne una simile.
    Aspetti, gliela faccio vedere.
    »
    Chinandomi a terra, mi sfilo lo zaino dalla schiena, e lo poggio a terra con un bel tump.
    È fottutamente pesante. Mi prendo un attimo per massaggiarmi una spalla, prima di affondare le mani nel confuso sacco dei miei averi.
    Corollario numero n alla legge di Murphy: più un oggetto ti sarà necessario, e più profondamente sarà sprofondato nello zaino/borsa/contenitore del caso.
    Devo frugare un po' tra cavi e vestiti prima che le mie dita sfiorino qualcosa di liscio, tondeggiante e plasticoso. Tengo fermi i vestiti con l'altra mano, per evitare che straripino fuori, e a fatica recupero Quella Cosa dal fondo dello zaino.
    «È questa.»
    Mi rialzo in piedi, raggiungo il commesso e gli porgo l'oggetto allungando le braccia il più possibile, cercando di tenermi a distanza.
    È una bottiglietta di plastica trasparente, riempita per metà con un liquido incolore che potrebbe sembrare acqua.
    "Soluzione unica per lenti a contatto", recita l'etichetta.
     
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    [Chi è?]
    (Un ragazzo che ti somiglia.)

    Risponde mentalmente alla domanda del fratellone curioso, ben conscio di quale sarà la di lui replica dopo averlo così stuzzicato.

    [Davvero?
    E' alto, slanciato, prestante e pure bellissimo?]

    Chiede quello, sfruttando il legame intimo al quale un piano e molte pareti di distanza non pongono problemi di sorta: la domanda è ovviamente un tranello -si è descritto esagerando su tutto, per ottenere una risposta certa- cionondimeno un pizzico di preoccupazione filtra attraverso il contatto e dà modo di capire all'altro che di fondo sta sempre e comunque la gelosia -se davvero il cliente fosse un bel bocconcino (e sì, visto la gente che gira su Endlos, è molto più che probabile) al di là della cieca fedeltà reciproca la diffidenza permane come un avvertimento.

    (Sicuro!
    Per essere alto è altissimo. Ed è affascinante, mooolto affascinante.)

    Mente, giocando con malizia per nascondere l'ilarità che lo muove. Perchè, di tutto quello che si può dire su Laz, charming non è certo la qualità prima -nonostante, scrutando ben bene, attraente lo sia pur lui, la prima impressione non paga affatto per chi come Miron preferisce ragazzi robusti e sicuri di sè.

    [Bene; allora non fartelo scappare!]

    Chiude, con evidente risentimento. Al piano inferiore, infatti, si ode un rumore brusco seguito da un tintinnare metallico a catena -è caduto o si è rovesciato qualcosa, come se Skarn avesse perso di colpo la presa su ciò che teneva in mano.

    Al pianterreno, invece, frattanto che questo dialogo di coppia prosegue l'ospite descrive sommariamente la necessità che l'ha condotto lì nella bottega -con uno sguardo a tratti invadente (perchè c'è da ricordare che pure Miron è di carattere timido, o almeno lo è stato nei momenti di assenza del Gallo), il ragazzo dalla chioma eburnea fruga tra i suoi effetti e ne estrae una boccetta: è di plastica -primo segnale cui fare attenzione, giacchè su Endlos la plastica non è contemplata- e al suo interno contiene un liquido che per proprietà visive potrebbe essere tanto acqua quanto vodka -una pozione facile da occultare, motivo quello (forse) della riluttanza degli altri mercanti già interpellati (dopotutto a Kisnoth la gente qualche scrupolo se lo fa, anche prima di vendere con proprio guadagno). La reale sorpresa, però, avviene quando Miron accetta dalle timorose mani del cliente -e dal suo porsi come lontano da una minaccia ferina- un flaconcino la cui chiara etichetta non lascia adito a dubbi -una composizione che, letta, porta il giovane ad un sorriso leggero, prima anzi di ruotare un poco il capo e di fissare lo sguardo negli occhi dell'avventore.

    "Posso capire perchè ti è stato tanto difficile reperirla altrove."

    Comincia, riflettendo brevemente su tutto ciò che quella sciocca informazione presuppone quanto a conseguenze.

    "E può darsi che nemmeno io possa fare alcunchè: oggetti che provengono da una Terra industrializzata sono piuttosto rari, soprattutto perchè sembra sia destino comune assistere ad un fallout di proporzioni mondiali oppure ad un progresso tale da privarci dei difetti con cui siamo nati."

    Ed in effetti è così -di tutte le Terra-versioni che hanno generato i molti naufraghi ora inquilini del semipiano, la stragrande maggioranza prevede scenari apocalittici o ancora episodi di indiscutibile fantascienza (laddove, s'intende, non siano viandanti strappati loro malgrado da un'ambientazione medievaleggiante).

    "C'è comunque chi abbandona un mondo assai meno tragico e che -magari- ha portato con sè quel che ti serve."

    Il sudcoreano aggira infatti il piano di legno e guadagna lo stesso lato di Lazarus, con una spontaneità senza secondi fini continua a parlargli mentre si fa strada nel reparto dedicato agli intrugli; dato che non sembra pericoloso fa comunque piacere chiacchierare su di un ipotetico, medesimo luogo d'origine -anche se difficilmente proviene dalla stessa realtà di Arma e Artigiano, non si può mai dire che non l'abbia visitata prima di affacciarsi su Endlos.
     
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    La Terra ha la brutta tendenza ad implodere? Perché non me ne stupisco? L'umanità fa schifo.
    Annichillimento, o un progresso talmente avanzato da renderci più che umani. È un futuro facile da accettare, quasi scontato per chi come me è vissuto a pane e romanzetti di fantascienza.

    Seguo il ragazzo nel labirinto di scaffali, cercando di tenermi al centro del corridoio. Non voglio urtare nulla, non avrei i soldi per ripagarlo.
    Sezione intrugli vari. Mobili ingombri di boccette piene di liquidi, creme e gelatine multicolor. Poche bottiglie plasticose, poco di terrestre.
    Una parte di me ne è felice, sentendosi immersa in un'atmosfera da rpg giapponese. La parte con un po' di buonsenso invece si dispera, perché ho la conferma che tutto ciò che ho dimenticato a casa è perduto per sempre. E cos'altro ho dimenticato a casa?
    «Se proprio non si trova nulla di simile, non è che avrebbe un paio di occhiali da sole?»
    Gli occhiali di emergenza, ovviamente.
    «Mi servirebbero occhiali per l'astigmatismo. Oh, e delle lenti da sole graduate, ma immagino che anche queste siano impossibili da trovare.
    Mi accontenterei di normali occhiali scuri. Fotofobia.
    » spiego, tamburellandomi l'indice su una palpebra chiusa «La luce mi ammazza gli occhi. Eee se esiste un qualche trucchetto magico per rimediare alla cosa, io non l'ho ancora scoperto.»
    Perché ovviamente la magia va sempre benissimo quando c'è da spaccare le cose, ma si rivela utile quanto un cerotto quando c'è gente da rattoppare.
    Qualcuno mi spiega perché in Harry Potter nessun personaggio si è degnato di imparare mezzo incanto di cura, pur sapendo che la guerra era ormai imminente?
    È una cosa che mi ha sempre urtato tantissimo. Quella, e il dannatissimo Giratempo.
    «Lei viene dalla Terra, quindi? Sembra conoscere il luogo.»
    Chissè se io ci tornerò mai, sulla Terra.
    Ho come la vaga impressione che morirò da queste parti entro un paio di mesi.
     
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    Per non parlare delle perle di Kankor, quelle sferette fluo che -all'interno dei loro trasparentissimi contenitori piramidali- ciclicamente evaporano, ricondensano contro il vetro e -meraviglia delle meraviglie- decidono di aggregarsi in piccoli globi per ripetere il tutto daccapo; senza alcun dubbio di roba strana in quel negozio ce n'è a bizzeffe -ancor peggio, poi, se si considera che gli intrugli non sono nemmeno la più bizzarra.

    "PERCHÈ NESSUNO MAI HA PENSATO DI RADUNARE TUTTA L'OGGETTISTICA DI ORIGINE TERRESTRE IN UN'UNICA SEZIONE?"

    Grida quindi, non tanto per farsi sentire dal fratello quanto piuttosto per urtare -frustrato- la tranquillità di una padrona mai in comodo di lavorare come si deve -Yuuko ch'è sempre pronta ad urlare nel caso di nuove incombenze da svolgere, Yuuko che mai si è prodigata per risolvere lei stessa gli incarichi così propinati.

    "Scusami. Era il metodo di comunicazione più rapido ed efficace."

    Fa quindi al tuo indirizzo, strizzando l'occhio per rimediare allo strepito improvviso e procedendo poi con l'ennesimo scaffale di robaccia fantasy rifilata alla bottega da alchimisti di dubbia morale; il più degli articoli presenti riguardano pseudo-filtri d'amore e miscele che incrementino il desiderio, qui e là spuntano anche droghe in soluzione il cui uso sicuramente non è tra le buone azioni da compiersi -in quel marasma di ciarpame fanno la loro comparsa anche saponi spray e profumi capaci d'indurre l'esaltazione tipica degli alcolici, questi ultimi stipati accanto a veleni letali al punto da riuscire ad oltrepassare la spessa cute d'un lossodonte.

    "Temo comunque di non avere a disposizione quello che cerchi."

    Una smorfia a mimare il dispiacere nel darti una notizia infausta, un timido sorriso per cercare di salvare la situazione mediante una labile -benchè sincera- speranza.

    "Anche se, campione alla mano, potremmo riuscire a commissionarla ad uno dei molti frequentatori di qui."

    Il plurale è d'obbligo -non potrà essere Miron, nell'immediato, a compiere una tale richiesta- però c'è da dire che al ritorno dal loro viaggio -quando Laputa sarà stata meta delle attenzioni di coppia- l'Arma si darà sicuramente da fare per esaudire come possibile quanto Laz è a chiedergli ora; bisogna però vedere se il giovane è disposto ad aspettare tanto, oltre che a cedere quel poco di liquido rimasto in suo possesso -ovviamente no, la sua seconda esigenza parla chiaro: se non c'è, posso accontentarmi d'altro. Ed è perfettamente comprensibile.

    "Occhiali sì. Occhiali da sole, anche.
    Non una scelta vastissima -lo ammetto- però sono tutti in buono stato."

    Ti conduce quindi attraverso nuovi corridoi zeppi di chincaglierie -visto che hai citato il mago con la cicatrice, l'esempio calzante è la Stanza delle Profezie all'Ufficio Misteri- e per nulla orgoglioso di quanto puoi osservare ti indica tre paia di lenti di cui una sola brunita -la prima con montatura in osso, la seconda in legno, la terza in (miracolo!) plastica: è proprio quest'ultima a sfoggiare i vetri sacri in tinta bordeaux fumè, anche se -sinceramente- ci vuole parecchio coraggio a volerli indossare.

    "Sulla gradazione delle lenti, però, non so cosa dirti: provali e dimmi se sono utili, ma è davvero tutto quello che c'è a disposizione."

    Ancora una volta il tono si fa contrito e il "commesso" partecipa empaticamente alle tue sventure -comprendendo al volo che il tuo leggero disturbo alla vista è oltremodo fastidioso, azzarda un pensiero balzano che sulle prime rimane a metà (interrotto da un'altra domanda assai più diretta).

    "Sì, io e il mio fratellone veniamo dalla Terra."

    Annuisce vistosamente, con gli occhi che s'illuminano come a rimembrare tanti trascorsi (e felici e tristi) più una particolare questione tuttora irrisolta (un -come dire- diverbio tra lui che su Endlos non si dispiace e Skarn che ardentemente desidera fare ritorno al mondo di prima).

    "Da una delle infinite Terra-realtà di cui si compone il Multiverso."

    Precisa, quasi all'istante -mai abbastanza in fretta perchè il Gallo, tramite l'intimo legame, non se ne accorga.
     
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    Terra. È una parola così bella da sentire, che lo perdono persino per l'urlaccio di poco fa.
    «Oh. Speak English?»
    Sorrido un po' ansioso. Spero tanto che dica di sì! So leggere bene la lingua comune di Endlos, ma non ho mai avuto molte chances di usarla prima. Ne consegue che la mia pronuncia fa un po' schifo, e che io mi sento ancora più impacciato del solito quando parlo. Se dirà di sì, passerò istantaneamente al mio British English.
    «Credo di poterle lasciare un campione, comunque, se trovo degli occhiali adatti.»
    Se avessi degli occhiali potrei tenere le lenti a riposo nel contenitore, senza bisogno di cambiare il fluido ogni giorno. Sì, può funzionare.
    «Tanto credo che rimarrò in città per un po'.»
    Mi stringo nelle spalle. Il quanto, non lo so nemmeno io. Devo trovare qualcuno che mi accompagni nell'Ovest, ma non ho i soldi per pagare dei mercenari. Dovrei cercare di fare amicizia con qualcuno abbastanza folle da unirsi a me, ma è la parte sul "fare amicizia" ad essere un problema. Quella che implica il parlare a perfetti sconosciuti, essere una persona socievole e tutto il resto.
    Forse potrei appendere dei volantini.

    Prova degli occhiali, dunque. Osservo titubante i tre modelli che mi vengono offerti, mi chino a fissarne le montature stravaganti. Devo proprio?
    «Mi dia un attimo.»
    Torno al mio zaino, mollato sul pavimento in mezzo all'ingresso, e depongo le lenti nella loro scatolina.
    Tutto si fa molto luminoso e troppo, troppo sfocato. Strizzo le palpebre, resto accucciato di fronte allo zaino mentre cerco di abituarmi al cambio di visuale.
    Dopo qualche istante mi rialzo in piedi, e mi volto verso il corridoio da cui sono venuto.
    Una massa sfocata di cose marroni che credo siano scaffali, puntinata da masse colorate che dovrebbero essere le boccette di vetro. Quelle che dovrei evitare di urtare e rompere, ecco.
    Ripercorro il corridoio cercando di stare esattamente al centro di esso. Mi sento come un oggetto dell'Allegro Chirurgo, un corpo estraneo da tirare fuori senza fargli toccare i bordi.
    Massa verticale e scura davanti a me. Riciao, commesso, è bello (non) rivederti.
    «Okay, ci sono. Perdoni l'attesa.»
    E perdonami se ora sembro uscito da un film horror. Non è colpa mia se gli occhi di un albino sono [così], e non tutti rossi e figosi come negli anime giapponesi.
    Raggiungo a tastoni gli occhiali e provo il modello più a sinistra, quelli che paiono caduti dal naso di un vecchietto. Lenti rotonde e montatura d'osso.
    Devono essere davvero degli occhiali da vecchietto, da quello che vedo attraverso le lenti. Correggono una fortissima miopia, che è una delle poche patologie oculari che mi mancano.
    «Occhiali da lettura.» commento, rimettendoli al loro posto con una smorfia.
    Il prossimo. Mi metto sul naso gli occhiali dalla montatura in legno, ed è come se non li avessi. Non perché sono leggeri, ma perché davvero, non c'è un cazzo di differenza rispetto a prima.
    «...Qualsiasi cosa curino, non è un difetto grave quanto il mio.»
    Me li levo con un sospiro, e acchiappo con la destra il paio di lenti rimaste.
    Sono scure. Piacevolmente scure. Il mondo fa meno male, e sembra essere anche meno sfocato.
    «Queste vanno bene.»
    Sì, sono lenti per l'astigmatismo. Sono abbastanza leggere, ma meglio di nulla.
    «Purtroppo.»
    E sono anche delle lenti rosso fumé che paiono essere uscite dagli anni 60.
    Alzo gli occhi al soffitto.
    Sospiro.
    «Qualcuno lassù mi odia.»
     
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    Are you really wondering if he can speak English? A guy who has spent two years in Nevada, where no-one understands Korean (so that English is the only way to communicate)?
    Well... yes! Obviously not a British English, but a fluent American one!


    Certo, quei due anni li ha passati nel bel mezzo del Mojave Desert, là dove non dovrebbe esserci nulla tranne arida roccia e qualche cactus stentato (più un paio di coyote patiti, qualche turista munito di fotocamera e il ranger di turno). Pur tuttavia, nel mondo dal quale proviene, là dove il caldo è fin troppo secco e gli avvoltoi banchettano sorge un'intera città con tanto di possenti mura -costruita in un luogo tanto inospitale per motivi che la Rondine non conosce, colà ha sede la Shibusen, un'accademia per la formazione tattico-guerriera di Armi e Artigiani al servizio di Lord Shinigami.
    Insomma, just your average oddity!

    "Dici?"

    Chiede anzi, retorico, all'ultima affermazione -lo fa sempre in inglese, per metterti come possibile a tuo agio, dato che con le lingue ci sa comunque fare a sufficienza.

    "Quando prima hai accennato a trucchi magici per risolvere il tuo problema... beh, devo ammettere che non ci sono mai stato e tutto quello che conosco deriva da voci condivise da viandanti e clienti di sorta, però..."

    E' reticente perchè sta per esporti l'idea matta che gli era venuta in mente poco fa, è reticente perchè sta per rivelarti quanto andranno a fare lui e il fratellone, è reticente perchè non vuole invadere con rozzezza la tua ritrosia -perchè non ti conosce ancora abbastanza da proporti ciò che sta comunque per fare.

    "...sembra che a Laputa, lassù..."

    Ed indica una generica direzione verso l'alto -non si perde in dettagli a puntare il dito precisamente verso i cieli dell'Ovest.

    "...vi sia il circolo dei più abili maghi del semipiano, gente che con la propria magia è in grado di compiere qualsiasi meraviglia."

    Il che è più vero del vero, visto che il Magisterium pullula di arcanisti votati ad ogni sorta d'incantesimo -anche quelli totalmente inutili, in verità, come il far cambiare sapore ad una pietanza (ma solo dopo che ha superato lo stomaco) oppure l'accendere un fuoco utilizzando l'estremità legnosa di un fiammifero la cui capocchia sia ancora integra.

    "Magari qualcuno ti odia, è vero.
    Ma magari qualcuno ha da proporti la soluzione che cerchi!"

    Quanto desidera che sia così -quanto vorrebbe che tutti possano ottenere quanto desiderano, meno che loro: l'idea d'entrare in possesso di un secondo Plasmamondi o di un suo sostituto per certi versi spaventa Miron, l'idea di ricominciare la monotona routine dell'Accademia lo avvilisce, in un modo ch'egli, però, ha imparato a nascondere alla propria ignara metà.

    "Io e Skarn pensavamo di andarci, perchè cerchiamo qualcosa che pur lavorando in questo negozio mai siamo riusciti a trovare."

    Cercano un modo che li riporti indietro al proprio mondo d'origine -giunti al crocevia dei mondi quasi per sbaglio, sono sulle tracce di una sorta di serratura (un meccanismo tecno/magico nel quale inserire la chiave per il ritorno a casa).

    "Ti va di venire con noi?"

    Altro rumore sordo dal basso, trambusto rapido su per le scale, il Gallo che compare spalancando di colpo il pannello di legno e calcando le scene con passo evidentemente iroso.
     
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    Ok, rettifico: forse qualcuno lassù non mi odia, si limita a sfottermi un pochino ogni tanto.
    «Che curiosa coincidenz-»
    SBAM. Una porta che si apre, i passi di qualcuno in rapido avvicinamento.
    Il sorriso mi muore sulle labbra.
    C'è un ragazzo che sta venendo verso di noi. Somiglia un po' al commesso, ma è più alto, muscoloso e cattivo.
    «S-Salve.»
    Indietreggio di un passo, finendo con la schiena premuta contro le mensole. Alle mie spalle, qualche boccetta tentenna in maniera minacciosa.
    Fisso insistentemente il commesso, come a dirgli "questa la risolvi tu". Cerco di ignorare la presenza del nuovo arrivato, almeno finché il commesso non farà le presentazioni di rito.
    «Anch'io sono diretto a Laputa.» gli spiego in un fil di voce.
    E dopo aver sentito questa storia degli occhi, sono sempre più convinto che la mia sia la scelta giusta.
    Una scuola piena di maghi e studiosi sarà la soluzione a tutti i miei problemi. Magari potrei persino trovare un mago più figo di me a cui affidare la mia missione di vendetta, così io potrei fare... Non lo so. Qualcosa di diverso dal vendicarmi, suppongo.
    «Stavo giusto cercando qualcuno che mi accompagnasse... So che Klemvor è un posto pericoloso, però, e io sono un po' inutile in combattimento... Non vorrei essere un peso.»
    E soprattutto, non vorrei viaggiare con quel tizio appena comparso che continua a guardarmi malissimo.

    Cioè, se è perché ho mollato lo zaino in mezzo all'entrata del negozio, basta dirlo che lo raccolgo subito...
     
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    «SALVE UN CAZZO!»

    Sbraita, liquidandoti con una sola frase (e una sola occhiata) prima di rivolgersi furente al quasi-fratello.

    «Lui non viene con noi. No.
    Punto e basta.»

    Non c'è spazio per i compromessi, non c'è luogo per le discussioni: Skarn ha deciso che Lazarus non andrà con loro -non ne vede il motivo, non c'è spiegazione plausibile alcuna- e Miron dovrà adeguarsi. Perchè, a stringere la corda -a voler sempre fare a modo del più giovane- prima o poi quella si spezza.
    Soprattutto se c'è la gelosia che la corrode piano piano.

    «E non cambierò idea -non dopo tutte le volte in cui mi hai fatto sopportare Gajeel!»

    Il ricordo dei vari incontri con il rozzo dragonslayer -il ricordo di tutti i rospi che ha dovuto ingoiare e di tutta la bile che ha trattenuto senza sfogare la propria antipatia- riemerge mescendo il magma contenuto nell'orecchino affisso al lobo sinistro -alimentandosi con la rabbia che il Gallo prova, alimentando quella a sua volta, il singolare ornamento sobilla uno stato d'animo che rapidamente porta l'Artigiano a cessare ogni lucidità, affidandosi anzi alla pura collera del momento.

    «Se questo gessetto vuole andare a Laputa, che si arrangi!»

    Sì, il gessetto saresti tu -neanche a farlo apposta sei passato da persona ad oggetto, da partecipe a spettatore.

    «Io e te ci andremo da soli, non accetto alternative.»

    Volto contratto d'odio (ingiustificato) che si gira di scatto a fissare il povero Laz -occhi densi di fiele che penetrano a fondo nell'albino, prima di decretare qual'è l'estrema misura cui eventualmente ricorrere.

    «Anche a costo di sbarazzarmene personalmente.»
     
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    Gessetto? Questo me lo segno. Era da un sacco di tempo che non mi appioppavano nuovi, fantasiosi soprannomi.
    Era anche da un sacco di tempo che non mi urlavano in faccia.

    Chino il capo, cercando di sfuggire allo sguardo dello sconosciuto.
    Chiunque sia, non mi piace. Non mi piace come mi fissa, non mi piace il suo tono di voce e non mi piace il modo in cui è comparso all'improvviso, intromettendosi in una conversazione che non lo interessava. Che poi, come ha fatto a sentirla? Telepatia col commesso, super-udito, microfoni nascosti?
    Nemmeno vale la pena di chiederselo. In un mondo come Endlos, ci sono almeno una ventina di maniere per rendere la cosa possibile.
    «Stia tranquillo, non ho alcuna voglia di viaggiare con qualcuno che mi odia senza alcun apparente motivo.» mormoro in un fil di voce.
    Anche se un po' mi dispiace: da come ne parlava il commesso, la loro era una spedizione già programmata, con tappe e obiettivi ben chiari. Io sono totalmente allo sbaraglio, e la mia unica fonte di informazioni consiste in una cartina tutta storta comprata stamattina al mercato.
    «Hai modo di contattare Gajeel, per caso?» domando, voltandomi verso il commesso «Posso chiedere a lui di accompagnarmi, così da non procurarvi fastidi. L'ultima volta che l'ho incontrato eravamo nel Presidio Est, e non ho avuto l'intelligenza di chiedergli il numero di telefono.» o di qualsiasi metodo di comunicazione gli Endlossiani (Endlossini?) usino al posto dei cellulari.
    Fratello Metallo (per la serie "soprannomi fantasiosi") è un compagno di viaggio un po' troppo chiassoso per i miei gusti, ma è sempre meglio di gente a caso che mi detesta a caso.
    Almeno lui non mi urla in faccia.
    Il problema è che urla a tutto il resto del mondo.
    «Ah, cosa vi devo per questi?» domando, stringendo le stanghette degli occhiali con due dita e alzandoli appena.
    Non chiedo "quanto" perché il concetto di "denaro" è qualcosa di abbastanza relativo, su Endlos. Se sono terrestri, forse troveranno appetibili i miei pochi spiccioli: qualche dollaro, qualche pezzo d'oro, pietruzze, roba simile.
    Altrimenti posso sempre fargli un assegno.
     
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    "I clienti sono clienti -sai cosa ne pensa la padrona al riguardo."

    Viene in aiuto il fratellino, quasi con aria saccente, quando dallo sguardo di Lazarus egli capisce che l'albino non riuscirà a tenergli testa da solo.

    "Vanno trattati con il dovuto rispetto, accondiscesi per quanto possibile, dissuasi dall'andarsene senza nulla avere acquistato."

    Perchè, dopo tutto, il qui presente Reliquiario si tratta pur sempre di un negozio -perdere tempo con ogni avventore senza peraltro riuscire a vendergli nulla rappresenta la principale fonte di perdite (affari potenziali bruciati per chissà quale motivo, costi da sostenere e cianfrusaglie che non si riuscirà mai a smerciare).

    "Se costui cerca una guida per avventurarsi nei territori dell'Ovest..."

    Linguaggio formale per raffreddare l'istinto e la passione che vivi ardono in Skarn, tenero abbraccio da parte della Rondine a circondare i fianchi del Gallo (volto questo, invece, a spostare il conflitto su di un evidente piano emotivo -separarlo dal contesto di lavoro, condurre la questione alla realtà di cui fa invero parte).

    "...nostro compito è provvedere a procurargli una guida; non fargli necessariamente da guida, non condurlo noi stessi là dove vuole -come potremmo, ogni volta, conciliare i nostri impegni qui presi?
    No: rintracciare una guida che lo scorti come richiesto."

    Frase che s'incastra alla perfezione tra il prima e il dopo -tra la quiete e la tempesta.

    "Nulla di più, nulla di meno."
    «Sì, si, sì: ho capito cosa vuoi dire. Lui non ne ha colpa, non ha fatto niente di male, si è rivolto alla bottega per un aiuto e bla bla bla
    [Però non mi va giù -sei stato fin troppo rapido a garantirgli il nostro aiuto e tutto senza prima nemmeno consultarmi.]
    (Gli ho solo offerto di condividere le fatiche del viaggio fino a posare piede in quel di Laputa -non gli ho ancora assicurato (come faremo) che cercheremo di arrivare tutti e tre sani e salvi a destinazione.)
    [Ciò non toglie che tu mi abbia trattato come se nemmeno esistessi.]
    (Nè che tu sia oltremodo geloso e veda il tradimento in ogni mio gesto altruista.)

    Sguardo finto-arrabbiato che sancisce qualche secondo di stasi tanto a parole quanto a pensieri -dando anzi a Laz l'impressione che i due si siano congelati a metà di un discorso, che quel sospetto di telepatia sia una certezza considerati i flebili cenni comparsi di volta in volta sul viso della coppia.

    [Sì, sono geloso. Lo saresti anche tu nella mia posizione.]

    Trova infine il coraggio di ammettere, facendo sbollire tutto l'astio accumulato nell'unica consapevolezza che quello è un mero gioco di passione e possessione. Una consapevolezza tosto premiata da quel bacio volitivo che il quasi-fratello gli ruba spingendo da una bocca all'altra la lingua ansiosa di contatto -un bacio che vede Skarn farsi rapidamente partecipe, ricambiando il gesto con medesimo ardore.

    «Sei fortunato. Abbiamo appena deciso che per te farò un'eccezione.»

    Avverte in direzione del terzo incomodo, una volta scissosi da quel compenetrarsi di labbra (fortuna che, troppo presi dalla discussione mentale prima e dal bacio poi, nessuno dei due abbia prestato attenzione a quel nome infame o alla richiesta impossibile -fortuna che, persi nel loro mondo d'intimità comprovata, nè Miron nè tanto meno Skarn si siano accorti di quella che altrimenti sarebbe stata una catastrofe chiamata Gajeel).

    "E quindi rimane solo da chiarire il prezzo degli occhiali:"
    «cos'hai da offrirci che reputi del medesimo valore?»
     
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    Non ho capito cosa sto guardando, ma lo spettacolo mi piace. Cioè, Commesso-gentile e commesso-incazzato sono stati un po' a fissarsi nelle palle degli occhi, e ora stanno limonando in una maniera che mi sta facendo profondamente dubitare della mia eterosessualità.
    Osservo lo spettacolo da dietro le lenti rossiccie dei miei nuovi occhiali, chiedendomi vagamente se dovrei voltarmi per cortesia o cosa. Fortunatamente, i due tornano a rivolgersi a me prima che io abbia il tempo di pensarci.

    "Sei fortunato. Abbiamo appena deciso che per te farò un'eccezione."

    Sono davvero fortunato? Come compagni di viaggio mi sembrano un sacco strani. E l'unica capacità che dimostrano, al momento, è quella di essere appiccicati come una cozza e il suo scoglio.
    Perlomento Gajeel era una guardia del corpo competente, anche se poco affidabile...

    "E quindi rimane solo da chiarire il prezzo degli occhiali:"
    "cos'hai da offrirci che reputi del medesimo valore?"


    La domanda mi prende un po' in contropiede, e la prima, istintiva risposta è una smorfia crucciata.
    Ero pronto a sborsare qualche pietruzza, ma quella domanda così specifica fa presupporre uno scambio a livello più spirituale. Un valore dettato dalla funzione, e non dalla mera economia.
    E in cambio di un oggetto per vedere, posso solo offrire qualcos'altro di correlato alla vista, come...
    «Ho una grande collezione di film porno gay.»
    Ok, lo ammetto: non credo di aver mai avuto un'eterosessualità.
    A quanto pare, invece, possiedo una tale sfacciataggine da poter dire una frase simile con una maschera di impassibilità degna di un giocatore di poker.
    Non credevo di saperlo fare. Cioè, il sarcasmo è parte integrante del mio essere, ma raramente esterno la cosa al mondo.
    Raramente esterno qualsiasi cosa al mondo. Che questo viaggetto dimensionale mi stia svegliando nel carattere? Non so se la cosa mi piace.

    O che il Narratore mi abbia confuso con l'altro suo pg bianchiccio, quello pazzo e dalla linguaccia troppo lunga?
     
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    Occhei, tralasciamo il fatto che -in verità- le parole Gajeel e competente figurano nella medesima frase unicamente se tra di loro vi è pure la locuzione è tutto fuorchè e dedichiamoci al resto (chè posso capire Laz sia stato traumatizzato dall'aver condiviso parte della propria esistenza col metallaro del Nord, però -davverò- che Gajeel sia competente è poco meno credibile dei pipponi cosmici di Adam Kadmon e compagnia bella).
    Ad ogni modo, dire che quella dimostrata dal giovane albino è pura sfacciataggine mi pare, sotto ogni punto di vista, riduttivo e per nulla pregnante -solo perchè non agita un paio di struzzi rosa shocking e non mette in mostra lo slip attillatissimo (a nascondere un rigonfiamento sospetto tra campi di pelle oliata quanto abbronzatissima), non si può certo nascondere che il Lee abbia seri problemi quanto a pudore: cioè, giusto per mettersi d'accordo, cos'altro dovrebbe rivelare affinchè ci si metta l'anima in pace e si abbandoni ogni tentativo di approcciarlo per vie canoniche?
    [Sìsìsì, sto scherzando: immaginarsi il tuo post mi ha fatto sbellicare, perciò -gasatissimo- ho provato questa malriuscita serie di allusioni e sarcasmi. Prometto però che da dopo quest'incito totalmente Off riprendo con il mio consueto (e pallosissimo) stile narrativo!]

    "..."

    Smascellata completa -Rondine che rimane a bocca aperta senza trovare il modo di emettere suoni. Questo, ovviamente, prima di rendersi conto di tutte le implicazioni e richiuderla arrossendo verso tinte tanto vivide da potersi dire porpora -questo, ne consegue senza bisogno d'altro, impazzando una fittissima discussione mentale con il fratellone che invece non dà segno d'esser caduto preda dell'imbarazzo.

    (Ho... ho capito bene?)
    [Da come sei avvampato direi di sì.]
    (Ma ha detto... ha detto...)
    [Ha detto: film porno gay. Una grande collezione di film porno gay.]
    (E ti pare qualcosa da ripetere con quell'espressione speranzosa? Da sbandierare come fosse il proprio sport preferito?)
    [Non vedo perchè no; mica tutti i mondi sono uguali a quello che ci ha visti crescere, perciò nel suo potrebbe essere una cosa molto meno ardua. E, quantomeno, lui non ha dovuto convivere con il proprio amore limitando ogni effusione perchè il regolamento scolastico vietava manifestazioni affettive in pubblico.]
    (Non è così semplice! Ci sta offrendo il materiale con cui si... eccita!)
    [Eh, appunto: ero forse in torto a preoccuparmi e ad essere geloso?]
    (Ma non aveva fatto nessun tipo di avance, prima! Non mi guardava con occhi avidi!
    Solo che... beh, dopo aver visto che ci baciamo deve aver pensato di non aver motivo di nasconderlo...)

    [E comunque è qualcosa che non ci riguarda: io e te formiamo già una coppia, perciò lui dovrà trovarsi qualcun altro.
    Piuttosto, cosa gli rispondiamo?]

    (Non penso sia una buon-...)
    [Se non sono delle vecchie videocassette può essere che ci sia il modo di recuperare un lettore funzionante qui o tra i tecnocrati al servizio di sua maestà Lord Aeon. Se siamo fortunati, poi, potremmo addirittura trovare il modo di portarceli in viaggio per non dover sempre temere spiacevoli interruzioni da parte di Rikku o di Yuuko.]
    (Stai davvero pensando di-...?)
    [Perchè, tu non sei curioso?]

    Domanda alla quale -nel bel mezzo di un lampeggiare di occhiate e di sguardi- Miron rimpolpa ben bene il proprio rossore diffuso -quesito silente che, per via della propria natura pungente ed intima, sobilla tanto desideri laidi quanto un innocente pudore nell'animo del più giovane tra i due quasi-fratelli.

    (Non serva che ti risponda. Ma non sono ancora convinto sia la cosa giusta.)
    [E chi ce lo impedisce, dunque? Non ci siamo forse promessi che da quando siamo giunti qui avremmo rivendicato la nostra libertà senza alcun compromesso?]
    (Cosa c'entra questo?)
    [Se siamo noi e noi soli a dover decidere del nostro futuro, allora non sarà il giudizio altrui nè una paura inconsistente a privarci di un po' di sano divertimento: dopotutto è un'occasione che sarebbe un vero peccato sprecare -chi mai pensi ci farà un'offerta simile?]

    Giusto per precisare che nella loro vita pre-Endlos non hanno mai messo le mani su qualcosa di tanto pruriginoso -sottoposti a rigidi controlli perchè vivevano in un'Accademia zeppa di minorenni e altrimenti spersa nel deserto, Miron e Skarn hanno approfondito la propria sessualità da soli e senza supporto esterno alcuno (nel chiuso della loro camera, nella gioia della propria intimità fisica e spirituale).

    "Po-potrebbe andare bene."

    Risponde infine, con un tono di voce che si affievolisce ad ogni parola -traballando anzi per l'imbarazzo che lo pervade.

    "So-so-sono o-originali?"

    Azzarda ancora, venendo subito sostituito dal fratellone che -con voce salda- prende in mano le redini della discussione e salva dalla ridicola situazione il surriscaldato Miron.

    «Vuole sapere se sono piratati o meno. Ma non stava pensando che al di fuori del tuo mondo è del tutto superfluo assicurarsi della loro effettiva commerciabilità.»
    "E-esatto!"
    «L'importante è che sono un bene grossomodo assimilabile a quello che tu desideri, proveniente da un universo simile e rivolto ad un'altrettanto scarna nicchia di mercato. Perciò sì, direi che costituiscono un perfetto sostituto per l'articolo che hai prelevato dallo scaffale.»

    Gli nasconde che in realtà quei preziosi video non finiranno mai tra gli oggetti in vendita ma anzi appariranno magicamente tra gli effetti personali del duo -gli nasconde pure che, in cambio del paio di lenti, starà proprio all'Arma e all'Artigiano reperire qualcosa di alternativo per rimpiazzare l'ammanco nell'inventario.
     
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    Dire cazzate è divertente. Non lo sapevo! I commessi stan facendo delle espressioni buffissime. Quello gentile, in particolare, è arrossito come una ragazzina.
    Lui e l'altro si fissano intensamente nelle palle degli occhi, conversando senza dire una parola. Io celo i miei, di occhi, dietro alle lenti, e mi sforzo seriamente di non ridacchiare.
    Mamma di Bambi. Pensa alla morte della mamma di Bambi...

    "So-so-sono o-originali?"

    No, okay, non ce la faccio.
    «PFFFFFFFFFFFFFFFFT.»
    Mi porto una mano alla bocca; le spalle scosse dal mio trattenuto sghignazzare, la schiena piegata in due.
    «I porno si pagano?!» domando con ghigno storto, cercando di raddrizzarmi e riacquistare un briciolo di contegno.
    In questo momento capisco che quei due provengono da una Terra molto differente dalla mia.
    «Li ho su computer comunque, posso metterli in una pennina USB. Sempre che abbiate modo di leggerla. Altrimenti... Boh.» mi stringo nelle spalle
    «Troveremo il modo di organizzarci.»
    Forse qui il formato standard non è l'USB, ma il "ti infiliamo un cavo in un buco che hai nella spina dorsale", come su Existenz. Sapete che esiste una novellizzazione di quel film di Cronemberg, scritta da Christoper Priest? Lo scrittore di fantascienza, non l'omonimo sceneggiatore di fumetti. Quello non mi è mai stato simpatico, ha scritto una run di Deadpool semplicemente atroc- passo troppo tempo su TvTropes, lo so.
    Passavo. RIVOGLIO L'INTERNET.
    «Come vi siete organizzati per raggiungere Laputa, comunque?
    Non sono pratico di questi luoghi, ma ho sentito parlare dell'approdo.
    Posto un sacco pericoloso. Sicuri che siamo in grado di farcela?
    »
    Li fisso con un po' di apprensione. Non so nulla delle loro capacità combattive, ma conosco benissimo le mie.
    E sono pessime.
     
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17 replies since 11/9/2013, 18:28   288 views
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