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The Golden Age
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
ora dell'uom fatale;
né sa quando una simile
orma di piè mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrà.Mastio, Presidio Errante } ~
La vita era fatta così. Attimi. Vissuti nel caos, nel disordine e nel dolore.
Vivere era fatto anche di questo: cadere e rialzarsi. Forse rialzarsi, poi cadere e non alzarsi più.
Morire era anche questo -era partire, lasciarsi alle spalle qualcosa e qualcuno. Vivere e morire.
Attimi persi nella confusione. Certezze infrante dalla fragilità dell'esistenza.
Su di un altare freddo e marmoreo stava una figura.
Nivea pelle e sguardo gelido, per sempre chiuso dietro la barriera delle palpebre.
Ammantato ancora della sua corazza -danneggiata, a segno della battaglia da cui era uscito deceduto. Sconfitto, forse. Ma si poteva davvero dire che avesse duellato veramente? Chi lo conosceva, chi aveva avuto modo di alzare la spada verso di lui... chiunque sapeva che era più facile strappargli una stretta di mano che strappargli la vita. Eppure eccolo lì, morto. Freddo. Come i ghiacci di cui era stato fruitore. Gelido, come solo la carezza della morte sapeva rendere. Giovane. Eterno. Immobile.
Attorno a lui, persone. Amici. Familiari.
Chi gli aveva voluto bene e chi forse lo invidiava soltanto, chi invece era distante anni da lui pur avendolo sempre di fianco. Tutti riuniti per dargli l'ultimo saluto? Oh no, non ora. Non adesso. La Dama signora dei Venti non avrebbe mai permesso -come non aveva già permesso anzitempo- che uno dei suoi più valenti andasse via, non senza il suo permesso.
Così, non era strano pensare che fosse giunta, assieme agli altri, nella speranza di vederlo rialzarsi dal suo giaciglio freddo e spoglio. Dunque, notizie attendevano di uscire dalla bocca di tal Virginia -colei che era stata preposta alla rinascita del Falco.Merovish, Presidio Sud } ~
A te che eri assetato di giustizia.
A te che sei affamato di vendetta.
Tu, corroso di malevolenza e malevolmente evoluto.
Tu. Bid'daum. Terrore dei bassifondi. Gerarca degli Eversori. Castigo per chi brama la luce.
Proprio tu, ovunque fossi e qualsiasi cosa tu stessi facendo... fu come averlo davanti: la tua nemesi, colui che al Mastio aveva calato la sua spada su di te. Come uno spettro luminoso volteggiava davanti a te. Sorridendo. La sua coscienza? Forse. La sua anima? Probabile.
Forse sapendo di lasciare questo mondo, aveva pensato di giungere a te e farsi sapere della sua dipartita? Durò assai poco e sparì così com'era venuto -lasciandoti tante domande e una sola certezza...
Grifis era caduto.
E non per mano tua.Lordaeron, Presidio Est } ~
Tra gli elfi si diceva che le brutte notizie, spesso, correva prima tra gli alberi, e poi sulle bocche dei mortali. Forse perché il buon Aulë non desiderava arrovellare le menti e i cuori dei suoi figli -o forse perché tutto ciò che era mortale, proprio perché caduco, tendeva a spargere più rapidamente ciò che sapeva o ciò che apprendeva.
Quel giorno però fu diverso. Potevi giurarlo sul vento, sulle foglie, sugli alberi stessi. Qualcosa mormorava, bisbigliava quasi -era come se la natura stessa piangesse, come era già capitato per i tanti suoi figli caduti, vuoi per un motivo o vuoi per un altro. Fu allora che ti apparve: era uno spettro, una creatura evanescente e indistinguibile -eppure era lui, Grifis, quello che i tendaggi del tuo palazzo ti guardava.
La luce passava oltre il suo corpo e la sua intera essenza sembrava avvilupparsi alle nuvole, o essere fatta di nuvole essa stessa. Come un figlio che parte per un lungo viaggio, non uno da cui era certo di poter fare ritorno, così lui ti salutò con un gesto della mano. Quindi sparve, lasciandosi dietro la cattiva nuova.
Un altro figlio dell'Est era morto.
E forse non sarebbe più tornato.Pentauron, Presidio Centrale } ~
I sogni sono fatti per sbiadire al mattino, impedendo che chi si risvegli sia scontento della realtà.
Gli incubi, invece, sono fatti per rimanere dentro all'animo: affinché chi si svegli sia grato della realtà! Era anche il tuo caso, Cavaliere Bianco? In fondo, quanto tempo era passato da quello strano viaggio altrove... quanto, di preciso, dalle vicende che ti avevano visto affrontare il Falco, seppur sotto altre spoglie?
Dei tanti chiamati dalle stelle, in qualche modo anche tu eri stato trascinato dal Karma. Così durante la notte, in un tuo soggiorno nel Pentauron per motivi vari, avesti l'ennesimo incubo su quella creatura scura e dalle nere ali. Quell'essere che, nel regno d'altrove, ti aveva sfidato per sottrarti il tuo regno -e che ora sembrava infliggere un danno fatale ad un cavaliere di luce, sconfitto da cotanta malvagità.
Perché sognarlo? Cosa voleva mai da te?
Tante domande ma quante risposte... forse, nessuna.Angolo QM } ~xgli Aviatori: siete tutti al capezzale del Falco, ove Virginia è stata incaricata di "resuscitarlo" (Jira può presentare Harium come png volendo). Sapete tutti perché è morto e come, ergo non c'è bisogno di dover scendere nei particolari -anche se ciò non esclude, comunque, una bella introspezione^^
xMadhatter/Jira/MysteryBox: siete tutti raggiunti in qualche modo dalla morte del Falco. Dama Kalia e Bid'daum vengono visitati dallo spirito del Falco. Zephyrus sogna -anzi, ha un incubo- su Phemt e ne sogna l'ascesa al potere, a dispetto della controparte luminosa. Siete liberi di agire e interagire come preferite, sapendo che comunque lo "spirito/incubo" sparirà per non lasciare altre tracce.
Unica richiesta, vorrei che fosse Dru a postare per prima^^
Detto ciò, spero vi piaccia e boh al massimo aspetterò a fine mese per pngizzare o andare avanti XD non voglio mettere pressioni ma nemmeno stagnare: ne va del ritorno del falco!. -
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"Come quando, sconfitta la Morte, ritorna la Vita, così
una volta cancellato il Peccato, ritorna la Giustizia".
San BernardoCamera Ardente, Mastio.
Presidio Errante, Endlos.Erano lì, tutti intorno alla sua salma.
Nonostante la perdita di un amico ed il dolore che questa generava negli animi di chi, in un modo o nell'altro, era entrato a far parte della sua famiglia, solo in pochi mostravano occhi rigati dal pianto come di norma accadeva ai funerali. Un pò per l'imbarazzo di una morte così rapida ed inaspettata -banale, fin troppo facile, considerando le abilità guerriere del Falco- ed in parte perchè abituati a riportare indietro gli elementi più valenti della loro gilda, attendevano tutti con calma che l'Aviatrice di nome Virginia, abile sacerdotessa dai poteri divini, iniziasse il rito di ricongiungimento dell'anima al corpo, così da condurlo nuovamente tra i vivi e dargli modo di terminare il suo mandato come Ufficiale del Presidio e Bianco Comandante del Liberi Aeris Milites.
Con movimenti delicati, la fanciulla dall'abito blu congiunse le mani in un atto di preghiera, invocando la Volontà del Dio così da essere per una volta tramite dei Suoi poteri sulla terra. Accadde tuttavia che, nonostante la luce intensa che prese ad espandersi attorno a lei e l'altare su cui giaceva Grifis, segno quantomai palese della benevolenza del Padre, nulla si mosse, nè prima e nemmeno dopo il rito.
Il Gran Maestro lì presente aggrottò le sopracciglia scure e ben definite da un'elegante arcata.
-Ehm... abbiamo un problema.Pronunciò Virginia imbarazzata, le gote tendenti ad un vistoso bordeaux, nel silenzio della sala ormai sempre più pressante. Drusilia non rispose, ma continuò a fissarla come ad invitarla a proseguire senza indugi.
-Non posso recuperare il suo spirito nè dal Paradiso, nè dal Purgatorio e nemmeno dagli Inferi perchè ...beh, l'anima è già dentro il suo corpo.
Le vaste arcate ed i colonnati furono sommersi dal chiassoso vociare dei presenti. Chi poco convinto della verità di quell'affermazione, chi dubbioso riguardo la reale morte dell'Ufficiale e più favorevole all'idea di qualche strano sortilegio lanciato dal Magister Khatep durante il loro scontro. Chi ancora, semplicemente, in confusione per la serie di eventi che ultimamente avevano visto il Falco come protagonista. Anche Drusilia, a modo suo, si scompose; si avvicinò alla suorina con passo marziale e prese a gesticolare come una forsennata.
-Ma se è morto! L'ho detto io, lo ha detto Khatep prima di me e perfino il Magisterium ha certificato il suo decesso! Non puoi venirmi a dire che l'anima è ancora lì dentro!
Con un movimento rapido ed ampio delle braccia andò ad indicare il cadavere disteso sull'enorme tavola marmorea ricoperta di fiori ed incensi.
-Non è che ultimamente hai qualche difficoltà a riportarli in vita? Anche Jattur, infondo...
Nonostante la foga dell'amica, Virginia rimase particolarmente composta e, con sguardo mortificato, mosse il capo in segno di dissenso.
-No, non riguarda me: sono le loro anime che non collaborano.
Di risposta la Dama del Vento lanciò uno sbuffo seccato, particolarmente carico di frustrazione. Prese a massaggiarsi le tempie in un disperato tentativo di calmarsi.-Bene, perfetto. Ho capito.
Non fu chiaro se stesse parlando con l'aviatrice o da sola, ma tutti sapevano che non era scelta saggia infastidirla in quegli istanti. A volte Drusilia non si controllava, ed allora erano guai.
Per fortuna di tutti, dopo uno sforzo sovrumano, la sua parte lucida e razionale riprese rapidamente il sopravvento e, nonostante lo sguardo arcigno intrecciato a movenze trasudanti violenza, l'Alfiere si ricompose per poi avvicinarsi al centro di quella sala, così da essere ben visibile a tutti. Non una parola di scuse, e nemmeno di commiato: solo un ordine secco e brutale.
-Preparatevi: andiamo a riprendercelo.
Edited by Drusilia Galanodel - 7/10/2013, 20:21. -
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Non era rimasto nulla di vagamente umano tra quelle stringhe di carne.
I resti di una persona erano affusolati attorno ad una trave scheggiata, imbrattata dai fluidi versati in quelle tre ore e mezza di torture. Urla e lacrime si erano impastate con tutta quella carne sì sbrindellata eppure ancora viva: era un sadico incantesimo nero a mantenere in vita quei rimasugli, e una mente ancor più deviata osservava i risultati della vivisezione.
I sentimenti dell’anima torturata venivano progressivamente incisi sul tessuto magico imbastito dal carnefice in quella stanza degli orrori.
La sensazione di avere la cassa toracica aperta come una cozza, di avere le ossa impantanate negli intestini - e di essere ancora vivi per sentirlo - era qualcosa di molto simile alla quintessenza del terrore; qualcosa di talmente perverso da poter essere convertito in pura energia oscura.
E Bid’daum non riusciva mai a saziarsi di questa forza.
La luce fioca del sotterraneo non nascondeva i suoi avambracci imbrattati di sangue, della stessa sfumatura vermiglia che schizzava le sue iridi e i suoi capelli.
Era sul punto di affondare nuovamente le mani in quel groviglio di carne, poteva ancora sentire il flebile pianto dello spirito straziato che lo supplicava in ogni modo di smetterla e di lasciarlo al sonno eterno; per sua sfortuna, erano proprio questo tipo di suppliche che iniettavano il godimento fisico nelle sue vene.
Di colpo si stagliò davanti a lui della fuliggine luminosa dalla forma vagamente umana. L’impronta d’anima assunse proprio le fattezze che il Kuthiano non si sarebbe mai aspettato di rivedere. Non quel giorno, non in quel modo.
Il volto etereo di Grifis posò il suo sguardo enigmatico su di lui.
« T-tu… »
Sparì d’un tratto, come un bocciolo d’erba calpestato, tanto in fretta da non lasciare sulla retina nemmeno i contorni lucenti della sua apparizione. Servì qualche istante di stasi per comprendere pienamente il significato di quella visita: non che fosse particolarmente indecifrabile, piuttosto era la testa del Castigo che faticava ad accettarne tutte le implicazioni.
Nell’istante in cui capì, una voragine immensa si dilatò nel suo spirito. Un’eruzione di flussi oscuri travolse il salone, la città, il mondo intero. Era una brezza di vuoto che spirava ad ogni morte di stella, era l’incontenibile rigetto d’odio di un’anima a cui era stata asportata la controparte con la forza.
La cavia che aveva mantenuto sul ciglio della vita per ore fu letteralmente polverizzata, i muri di quello scantinato si accartocciarono su se stessi come foglie secche, come se d’un tratto avessero perso ogni solidità. Dove prima c’era un anonimo caseggiato rimase solo un fumante cratere squadrato, il cui epicentro era un mezzo diavolo ritto in piedi, ingobbito e con lo sguardo perso nel vuoto.
Nient’altro poteva avere importanza.
Grifis era caduto.
E non per mano sua.. -
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Morte.
Si trovavano tutti davanti al capezzale del Falco, quello che avrebbe potuto e dovuto essere il suo luogo di riposo eterno ma che ovviamente non lo sarebbe stato.
Drusilia non poteva certo permettere che uno dei suoi più valenti, possenti e lagnosi comandanti restaste defunto troppo a lungo, il suo concetto di “famiglia” glielo impediva oltre all’ovvio fatto che Grifis era a conoscenza di moltissimi dei segreti del Presidio Errante e, volente o nolente, anche l’Antico doveva riconoscere che era un ottimo elemento dell’entourage di Laputa.
Il Bianco aveva una rara combinazione di potere, acume intellettivo, irriverenza e ironia che in fondo Khatep apprezzava, sebbene i due si punzecchiassero praticamente in continuazione non poteva non ammettere con se stesso di aver sviluppato quasi come una simpatia nei confronti di quell’elfo dai modi pomposi.
Per questo si era decisamente stupito quando quel cretino si era fatto ammazzare come un piccione, perché lui se n’era decisamente accorto, aveva osservato bene le condizioni del suo avversario e sebbene il colpo che aveva sferrato mirasse a spiccargli la testa e niente di meno era cosciente che se avesse voluto, il suo temporaneo avversario avrebbe potuto deflettere il colpo.
Avrebbe perso comunque, ma questo era scontato, però si sarebbe salvato la vita ma non l’aveva fatto e questo aveva costretto tutti loro a un’interminabile sequela di incredibilmente lunghe pratiche e scemenze del genere, oltre a quella cerimonia completamente inutile che si sarebbe potuta benissimo svolgere in uno scantinato buio e umido invece che con tutti quegli sfarzi, con gran risparmio delle casse del Presidio.
Ma no, Drusilia che fosse tutto bello e luccicante per il suo cavaliere, per quanto lo riguardava tutta quella messa in scena avrebbe anche potuto non verificarsi e il caro Grifis avrebbe potuto rimanere morto per sempre, in fondo si era praticamente ucciso da solo.
Poteva solo sperare che finisse in fretta, speranza che si infranse nel momento stesso in cui la luce della magia sacra di Virginia si spense lentamente e con occhio clinico notò che il Falco era ancora morto.
Che l’anima fosse ancora nel corpo era un dettaglio che lui non avrebbe potuto immaginare, che la suora gentilmente condivise con la platea, anche se non era questo a preoccupare l’Antico, lui aveva già idea di cosa sarebbe accaduto da lì a breve e lo sapeva perché conosceva anche fin troppo bene il suo Alfiere.
Si preparò psicologicamente alla notizia, ripassando rapidamente tutti i progetti che aveva in sospeso sperando che ce ne fosse qualcuno abbastanza importante da impedirgli di abbandonarlo ma disgraziatamente non trovò nulla di significativo, il fatto che ultimamente avesse detto a Drusilia che era curioso come non ci fosse nulla di vitale ultimamente in cantiere non giocava a suo favore, per quanto fosse ingenua non avrebbe potuto imbrogliarla in modo così palese.
Non restava che attendere il momento fatidico in cui l’avrebbe detto.Preparatevi: andiamo a riprendercelo.
Oh per la luce, l’aveva detto davvero!
Perché non si poteva lasciare i morti, morti?
Lui per evitare tutte quelle noie dall’altro mondo era diventato immortale, era tutto così più comodo quando si era immuni alla morte ma ovviamente era chiedere troppo da Grifis, ovviamente no, persino da morto doveva per forza portare su di se l’attenzione di tutti.
A volte disprezzava seriamente quel pennuto troppo pomposo, non fosse stato che poi Drusilia avrebbe organizzato un altro viaggio per andare a prenderlo di nuovo, quando l’avessero resuscitato l’avrebbe ucciso di nuovo.
Giusto per scaricare un po’ la tensione.
Magari se poi avesse fatto in modo che non potesse essere riportato in vita si sarebbe anche risparmiato il viaggio.
L’idea era da valutare, decisamente.
Edited by Settra - 7/10/2013, 21:51. -
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Freddo.
Avvolto in un gelido abbraccio il Cavaliere Bianco tentava il riposo.
Un sonno tormentato da tenebre ed ombre di ghiaccio.
Zephyrus Lancaster era prigioniero di un incubo.
Un terrore cieco lo pervadeva insieme a quel terribile gelo. Un gelo freddo, tremendamente reale, che si aggrappava al suo corpo sognante con artigli letali. Artigli che laceravano con ferite invisibili la sua schiena e la sua carne. Artigli veri che rammentavano e riportavano allo scoperto ferite sanate, memorie sognanti di un duello lontano.
Il Falco e la Lepre.
Prigioniero di buio, ghiaccio e paura il Cavaliere si scosse solo per vedere lui.
La visione delle sue ali nere e tutto quel potere che sembrava emanare non fecero altro che condannarlo e soggiogarlo in quella prigione di incubo.
Già una volta era scampato alle grinfie di quel Predatore, ma adesso si sentiva così insignificante.
“Lord Phemt.”
Parole mute rivolte più a se stesso che all'avversario affrontato in un regno ed un passato così lontani.
Ma il Malvagio era in quel momento alle prese con un altro duello.
E come spettatore di quel duello Zephyrus assisteva e osservava inerme a quella lotta tra bene e male.
Vide le tenebre infliggere un colpo mortale a quel Cavaliere di Luce, rilegandolo nell'oscurità.
Era l'ascesa del Male.. -
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Stentò a crederci.
Si trovava nel Magisterium, quando gli venne comunicato il decesso del Falco Bianco. La Volpe si limitò ad annuire senza nemmeno alzare lo sguardo dal foglio ove l'inchiostro continuava a scorrere senza alcuna sosta. Aveva l'aria indaffarata, quell'espressione tipica delle persone che tutto potevano permettersi in quel momento fuorché perdere dell'ulteriore tempo dietro ad inutili provocazioni di cattivo gusto.
Fu una notizia che gli venne comunicata più e più volte, nel corso di quella sola giornata.
Ed ogni volta si ostinò nell'ignorarla, con un fastidio crescente che trovò termine solo quando a riportargli ancora una volta dell'accaduto vi pensò Drusilia Galanodel in persona.
Era una situazione a dir poco surreale.
Ritrovarsi dinnanzi alle spoglia gelide di una persona cara istigava nel Demone sofferenza, e rabbia più di ogni altra cosa. Il solo realizzare la caduta di un Cavaliere della portata quale era Grifis risultava essere un'impresa ben lontana dal concepibile, persino ritrovandosi dinnanzi all'altare marmoreo su cui era adagiata immobile la sua salma.
Per quanto tempo avesse potuto trascorrere ad osservarlo, era certo che mai sarebbe riuscito ad accettare ciò che gli venne raccontato: non la mano di un nemico, ma quella di un alleato.
Non per una sconfitta, né per un errore; ma per una scelta, per una sua unica e personale scelta.
Era surreale.
Ritrovarsi dinnanzi al corpo privo di vita di un caro amico, senza un solo bersaglio verso cui poter riversare tutta la propria collera, era motivo per l'Elessedil di una profonda frustrazione.
La stessa, probabilmente, che in quel momento accompagnava l'Alfiere Errante ed ogni persona riunita in quella stanza.
-Non posso recuperare il suo spirito nè dal Paradiso, nè dal Purgatorio e nemmeno dagli Inferi perchè ...beh, l'anima è già dentro il suo corpo.
Seguiva lo scambio di battute in assoluto silenzio, consapevole che nessuno avrebbe accettato la parola fine in una vicenda tanto assurda.
-No, non riguarda me: sono le loro anime che non collaborano.
Grifis non era uno stupido, di questo ne era ben più che certo; ma in quel momento, il Magister faticava seriamente a trovare una spiegazione plausibile a quella catena innaturale degli eventi.
-Preparatevi: andiamo a riprendercelo.
Solo allora la Volpe mosse le iridi dorate dall'altare, posandole su Virginia prima e sulla sua amata poi.
Se era vero che l'anima del Falco non aveva abbandonato il suo corpo...
« Dove? »
Dove sarebbero potuti andare per riprenderselo?
E soprattutto... come avrebbero fatto?SPOILER (clicca per visualizzare)
Status Fisico: illeso.
Riserva Magica: 110%.. -
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D'un tratto, l'aria si fece densa di presagio, e un fruscio attirò i suoi occhi verso il davanzale; mentre le mani bianche deponevano il dispaccio in grembo, l'udito abituato al Canto della Valle ebbe l'impressione che il vento di Chediya si facesse più mesto, e attraverso l'occhieggiante danza delle tende del balcone, la Dama Azzurra lo vide stagliarsi contro il vano della porta: lo spettacolo non durò che pochi fugaci secondi -l'illusione di un istante dilatato all'infinito-, ma le iridi blu zaffiro catturarono la sua immagine.
Vide il biondo dei suoi lunghi capelli e ricordò le orecchie a punta al di sotto;
riconobbe la foggia della sua armatura, e notò il cenno di saluto che le rivolse con mano...
Ma, soprattutto, sentì il peso del suo sguardo quando i loro occhi si incatenarono.
« . . . »
Un secondo più tardi, l'anima svanì come un miraggio, lasciando l'Alfiere Orientale solo con la consapevolezza che Grifis dei Minos aveva attraversato l'impalpabile velo del Sudario... e che toccava a lei dirlo a Sylvanas.
« Per quanto ancora hai intenzione di restare a fissarmi senza spiccicare una parola...?
Si può sapere per quale motivo mi hai fatto convocare? »
Uno sbuffo secco e una nota aspra tradirono il nervosismo di quella voce, ma il silenzio tra le due si protrasse per un altro interminabile minuto, e gli occhi blu della Castellana -lucidi specchi di zaffiro su un oceano di tristezza- nascosero il loro dolore dietro il velo sottile di palpebre bordate di lunghe ciglia mentre distoglieva lo sguardo ed esalava un sospiro afflitto.
« ...dannazione, Kalia: mi stai inquietando. »
sbottò l'Elfa, insofferente, chiusa sulla difensiva con le braccia incrociate
« Che diavolo sta succedendo?! »
« Grifis è morto. »
Quelle poche parole fluirono dolcemente dalle labbra rosse della donna, come l'acqua corriva spilla da una fonte... ma l'effetto che produssero fu più simile a quello dell'alluvione che -rotti gli argini- sommerge ogni cosa sotto un impeto che travolge, rendendo ogni sentimento confuso come il fango.
« Che...?! È uno scherzo? »
nel rifiuto di quella realtà, il dolore sfumò i suoi confini nella rabbia
« Tu sei sicura di questa... questa cosa, Kalia? »
« Ho ricevuto conferma della notizia da Laputa. »
annuì mestamente la Dama Azzurra, con un sospiro e lo sguardo basso
« Tsk. »
stizzita, la Ranger volse le spalle all'Alfiere, facendo ondeggiare il mantello
« Come è successo? »
« ...durante un torneo dei Liberis.
Sembra che lui e lo sfidante abbiano fatto un po' troppo sul serio. »
asserì mestamente la fanciulla celeste, giungendo le mani sul cuore
« Domani, la salma sarà portata al Mastio per il rituale, o... per le esequie. Io andrò. »
« Ti accompagno. »
dispose l'elfa dai capelli d'oro, e non si trattava di una richiesta
« Syl... posso comprendere come ti senti, ma... ne sei sicura? »
domandò la Castellana, fcendosi ancor più seria e preoccupata
« Laputa è dall'altra parte di Endlos, e la permanenza là potrebbe protrarsi.
Come farai se... »
« Ho il mantello della Principessa Amelie: posso resistere. »
l'interruppe laconica l'altra, scoccandole un'occhiata da sopra una spalla
« E poi... voglio proprio vedere da quale idiota si è fatto uccidere quel babbeo. »
A passi risoluti e misurati, la leader dei Falchi di Fanedell si incamminò in direzione della porta per lasciarsi alle spalle la sua Regina e la Sala delle Udienze: aveva delle cose da fare prima di partire.
Quando la piccola delegazione dell'Est -l'Alfiere e il suo Ufficiale di accompagnamento- fece il suo ingresso nella camera ardente che il Mastio era stato predisposto ad ospitare, gli occhi blu della Dama Azzurra scorsero rapidamente la folla lì radunatasi, alla ricerca di volti di sua conoscenza: naturalmente, trovare Grifis non fu difficile, ma... Kalia non aveva mosso che un paio di passi in quella direzione quando la voce della Dama del Vento richiamò altrove le sue attenzioni.
-Ma se è morto! L'ho detto io, lo ha detto Khatep prima di me
e perfino il Magisterium ha certificato il suo decesso!
protestò Drusilia, intenta a discutere animatamente con una giovinetta in abiti blu
-Non puoi venirmi a dire che l'anima è ancora lì dentro!
Non è che ultimamente hai qualche difficoltà a riportarli in vita? Anche Jattur, infondo...
-No, non riguarda me...
si difese compostamente la sacerdotessa dai capelli biondi
-...sono le loro anime che non collaborano.
Uno sbuffo frustrato le evase le labbra rosse, e il Gran Maestro prese a massaggiarsi le tempie in preda all'emicrania che la corsa furiosa del sangue doveva starle provocando nel suo fluire rabbioso verso il cervello, e -nel vederla così provata- alla Signora delle Terre Orientali venne spontaneo pensare che la sua vicinanza avrebbe magari potuto placare i tormenti dell'amica.
« Syl... io mi fermo un momento con Drusilia. »
avvisò in un sussurro delicato, sfiorando il braccio della sua scorta
« Tu va pure a slutarlo... »
Uno sguardo verde tra le ombre del cappuccio -alzato sul capo- e un leggero cenno della testa sancirono l'assenso della Ranger, e mentre ella proseguiva verso il catafalco -per fermarsi alle spalle della prima fila lì radunatasi-, la Dama Azzurra raggiunse il fianco dell'Autocrate.
-Bene, perfetto. Ho capito.
brontolò lapidario l'Alfiere Errante
-Preparatevi: andiamo a riprendercelo.
« Drusilia... Ho sentito la faccenda, e... »
chiamò gentilmente l'Alfiere Orientale, sfiorandole timidamente un braccio
« Vorrei partecipare in qualche modo – e anche l'elfa che mi accompagna...
Sai... è un'amica di infanzia di Grifis... ». -
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The Golden Age. -
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Seccatura.
Quella storia era appena cominciata e già il Sommo non ne poteva più, si chiedeva sinceramente perché Grifis non potesse fare le cose con cognizione di causa o almeno evitare di creare problematiche a tutti coloro che si trovavano in necessità di usufruire della sua presenza ora e in futuro.
Avrebbe potuto fare molte meno storie e resuscitare al primo tentativo, ma ovviamente sarebbe stato troppo semplice e non avrebbe attirato abbastanza l’attenzione di tutti coloro che lo conoscevano, no, lui doveva andare a farsi riprendere.
Quanto al “come”, la domanda sollevata dall’amante demoniaco di Drusilia era tutt’altro che fuori luogo, lui personalmente non era a conoscenza di incantesimi che fossero in grado di trasportarli nel luogo in cui si celava l’anima del Falco, nel regno dei morti ci sarebbe anche potuto andare volendo, ma era ormai evidente che Grifis non si trovava in nessuna delle dimensioni normalmente definibili come “aldilà” e a cui lui avrebbe potuto avere accesso.
Confidava che come per la resurrezione di Jattur, Virginia o qualcun altro avesse a disposizione un incantesimo adatto anche se cominciava a notare che il tasso di mortalità tra i comandanti LAM era quantomai elevato sebbene la cosa non lo turbasse minimamente.
Quando l’Antico sentì una voce vicino a lui che si rivolgeva al suo Alfiere non potè fare a meno di voltarsi, concentrato com’era nella soluzione di quel problema di trasporto dimensionale non aveva notato minimamente la donna che si era avvicinata.
La pelle del colore della porcellana, i lunghi capelli e l’apparenza eterea corrispondevano grossomodo alle descrizioni che aveva avuto dell’Alfiere dell’Est, una donna spesso definita come l’incarnazione stessa della bontà oltre che a capo del suo presidio da un numero talmente considerevole di anni che i suoi abitanti hanno persino dimenticato ci sia mai stato qualche predecessore.
Una longevità a dir poco sospetta, se si considerava che quella donna sembrava umana in tutto e per tutto a parte il curioso colore di capelli e la sua apparenza tanto eterea da risultare quasi ultraterrena.
Indubbiamente sarebbe stato interessante scoprire qualche notizia in più su quell’essere dall’età sospetta, sebbene l’Antico non ritenesse di aver nulla da temere da lei dato che era un’amica di Drusilia e che la sua fama era tanto perfetta e senza macchia da far dubitare celasse lati nascosti oscuri o letali.
Per quanto lo riguardava Lady Kalia stuzzicava la sua curiosità intellettuale, così come facevano tutti i tipi di apparente immortalità, si chiedeva tra se e se come lei avesse ottenuto la sua e per questo si avvicinò alle due donne, aspettando pazientemente che Drusilia rispondesse all’amica e che, accorgendosi della sua presenza, lo presentasse all’altro Alfiere.
O almeno questo era il piano che purtroppo venne rovinato completamente, ancora una volta dalle manie di protagonismo di quel piccione deceduto.
Era incredibile: riusciva a provocargli più fastidio da morto che da vivo.
La spada di Grifis, quella che si supponeva fosse piena di spiriti provenienti direttamente dalla foresta di Fanedell, cominciò a levitare come animata da volontà propria e dopo qualche sciocca piroetta in aria l’arma si fermò, sempre levitando ed emanando una luce abbagliante che una volta dissolta rivelò l’apparizione di un grosso albero dove prima era situato il cadavere.
Fantastico, ora avrebbe anche dovuto far rimuovere quell’arbusto da una squadra di uomini presumibilmente armati di artefatti magici, dato che lo stesso era stato forgiato dalla magia rimuoverlo non sarebbe probabilmente stato facile.
Avrebbe detratto il costo dell’operazione dai fondi destinati al Ramo Bianco degli aviatori, diamine il Falco doveva prendersi le responsabilità economiche dei danni provocati dai suoi gingilli magici, anche se doveva ammettere che era stato un bel trucco sebbene era facile che non fosse ancora terminato.
Forse era il caso di tenere gli occhi aperti in caso di altre magie casuali dagli oggetti che il morto portava con se, e che lui avrebbe volentieri sequestrato e messo sotto chiave nel Palazzo Blu.
L’albero era decisamente grande, a guardarlo meglio, oltre che estremamente rigoglioso con la spada degli spiriti silvani incavata nel legno, per finire era gravido di frutti, mele per la precisione e di quelle una in particolare attirò l’attenzione dell’antica mummia.
Non poteva fare nulla per evitarlo, si sentiva attratto irresistibilmente da quel frutto, inconsciamente sapeva che morderlo avrebbe avuto qualcosa a che fare con la resurrezione del Falco ma in quel momento non gli importava gran che, esisteva solo quel frutto e il suo irrefrenabile desiderio di addentarne un pezzo.
Si mosse lento, il Sommo, verso il luogo ove prima c’era il cadavere, accompagnato dal ritmico battere del suo lungo bastone sulla marmorea pavimentazione del luogo scelto per le esequie.
Non appena si fu avvicinato abbastanza fu semplice allungare la mano per cogliere il frutto a lui designato, avvicinarlo alla bocca e staccarne un generoso pezzo che poi logicamente cadde dalla vuota mascella dell’Antico, impattò contro il suo sterno e infine precipitò al suolo sotto lo sguardo un po’ sgomento di Khatep.
Prima o poi avrebbe ammazzato Grifis di nuovo e quando l’avesse fatto avrebbe fatto in modo che non potesse più resuscitare.
Mai più.
Edited by Settra - 31/10/2013, 07:38. -
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La Dama Azzurra aveva appena finito di parlare alla Dama del Vento quando -come in risonanza alla sua presenza- la sacra Spada degli Spiriti Silvani si staccò dal fianco del suo defunto custode -dove riposava- per librarsi in volo sopra le teste dei presenti: tre volte descrisse un cerchio in aria, e poi -nel silenzio attonito degli astanti- ridiscese verso la salma, che aveva cominciato a risplendere di un tenue lucore.
Nel momento in cui il lampo esplose, nessuno fu in grado di vedere cosa accadde, ma non appena i contorni del mondo tornarono ad emergere dal biancore accecante, grande fu la sorpresa di trovare un albero dalle foglie d'oro cresciuto là dove riposavano le spoglie di Grifis: la lama del Popolo Silvestre giaceva conficcata nel legno, e del corpo dell'elfo non v'era più traccia... ma per quanto sconvolgente fosse quella vista, altro richiamò lo sguardo di zaffiro dell'Alfiere Orientale.
Guidata da una volontà esterna, la Dea dell'Est sollevò la candida mano davanti a sé, e una mela d'argento piovve nel suo palmo dalle chiome dell'arbusto come se vi fosse stata riposta da mani amiche: le iridi blu contemplarono assorte quel frutto, e mentre le dita l'abbracciavano con gentilezza, Kalia fece per portarselo alle labbra... e una mano inguantata nel cuoio glielo sottrasse prima che l'atto fosse compiuto.
Gli occhi blu della Castellana incrociarono con aria interrogativa le iridi di smeraldo di Sylvanas, e con un sorriso indomito -eppure di scuse- sulle labbra ben disegnate, il Capo-Ranger di Fanedell accostò il pomo alla bocca e l'addentò.. -
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« Drusilia... Ho sentito la faccenda, e...
Vorrei partecipare in qualche modo – e anche l'elfa che mi accompagna...
Sai... è un'amica di infanzia di Grifis... »
Gli occhi smeraldini si posarono sugli zaffiri della Dama Azzurra con fare sconsolato. Il problema era che sapeva esattamente cosa fare ma, considerando l'ultima traversata negli inferi alla ricerca di Jattur, il sol pensiero le metteva angoscia.
-Sei sempre così premurosa, Kalia. Ti ringrazio ma...Improvvisamente, la Spada degli Spiriti Silvani posata sul corpo di Grifis prese a volteggiare in aria e, dopo tre giri, esplose in un boato di luce intensa, tale da accecare tutti i presenti.
Quando le tinte scure presero ad alternarsi ai riflessi candidi del sole che filtrava dalle finestre, definendo nuovamente le immagini in tutta la loro complessa bellezza, al posto della salma del soldato Drusilia ritrovò un melo.
Si, un albero.
I rami si espandevano ovunque a raggiera, e su di essi decine e decine di frutti dall'aria invitante. Travolta dall'insolito desiderio di assaggiarli, l'Alfiere Errante afferrò una mela d'oro ad un palmo da lei.
La osservò per qualche attimo, prima di addentarla.
Edited by Drusilia Galanodel - 31/10/2013, 21:04. -
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Le macerie fumanti ribollivano ancora d’energia nera, l’intera atmosfera sotterranea di quel distretto pareva pulsare e divergere dal centro di tutto: lui, il Gerarca sanguinario, ansimante e annebbiato in ogni grinza dell’encefalo. Seguì un silenzio tombale, tutto il resto cessò di esistere per lunghissimi minuti.
Quell’ultimo commiato del suo spirito non poteva essere privo di significato: è comprovato che la visita di un’anima è sempre associata a qualche cosa rimasta inconclusa. La loro esistenza antitetica, le ferite ancora aperte, nonché i desideri inconfessabili che ancora aspettavano un responso. Tutto era un conto in sospeso, ribollente come i fiumi di sangue che sgorgano all’Inferno.
Cosa doveva fare quindi? Seguirlo nelle profondità dell’Oltretomba, attingendo ad ogni stilla dei suoi poteri sciamanici?
Di colpo tutte le ansie si coagularono davanti ai suoi occhi, raggrumandosi fino a prendere la forma di un pomo argentato. Quelle curve lucide erano ammalianti, una voce di sirena sussurrava al suo orecchio di cogliere quel frutto proibito. Allungò la mano artigliata fino a toccare la mela.
L’agguantò e la soppesò per qualche istante.
Senza nemmeno accorgersene l’avvicinò al viso. Sulla superficie curva vide il suo volto deformato, il bagliore sanguigno dei suoi occhi trovò un punto di flesso nell’argento.
Spalancò la mascella come per slogarla, ormai non pensava più a nulla che potesse essere vagamente razionale. Sbranò la scorza del frutto con quanta forza gli era concessa.
Portami da lui.. -
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Quella notte di incubi fece del risveglio del Cavaliere qualcosa di simile ad un caldo abbraccio. Destarsi dal sonno non fu mai tanto piacevole. Tornato alla realtà poteva scrollarsi di dosso ciò che aveva visto e ciò che aveva provato. Tanto più che i raggi del nuovo giorno, caldi e luminosi, sembravano invitarlo a godere di quella che poteva rivelarsi una buona giornata per dimenticare i terrori notturni, reali o immaginari che fossero.
Peccato però che non fosse destinato a crogiolarsi in quel bagno di luce.
Una mela, tonda e argentata si trovava davanti a lui tra le lenzuola.
Il leprotto assaporò con uno sguardo sognante quelle curve invitanti. Cercò inconsciamente di carpirne invano l'essenza con l'olfatto.
Irreale.
Come irreale era stata la sua visione.
In questa le tenebre avevano vinto ed un nuovo paladino del male era sorto.
Il suo cuore gli diceva che doveva agire, non poteva permettere che quell'oscurità calasse sul Mondo.
L'ombra che aveva sognato lo tormentava ancora.
Mentre un brivido gelido scivolava lungo la schiena si ritrovò ad affondare il muso leporino in quella piccola luna piena.. -
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Non solo da Laputa, ma anche dalle terre alleate dell'Est si mossero in soccorso del Falco.
Fu Kalia a raggiungerli per prima in quella stanza, figura ben nota all'Elessedil che in più di un'occasione vi aveva già avuto a che fare; e ad accompagnarne la presenza, notò la determinazione di un'elfa. Non gli era noto il suo nome, ma certo era che anch'essa fosse lì chiamata per il loro stesso motivo.
Regnava un silenzio surreale, nella mente del Demone.
Poiché nonostante fossero numerose e valide le menti riunite per trovare una soluzione, nessuno era stato ancora capace di fornire in qualche modo una risposta. Non vi era una spiegazione apparente, non vi era una ragione. Niente che nessuno sarebbe probabilmente mai stato in grado di motivare.
Nessuno...
...se non Grifis stesso.
Prese vita la Spada degli Spiriti Silvani, e tramite essa sembrò trovare nuova vita anche la salma dell'Aviatore: un Albero, fiorì d'improvviso ad avvolgere l'altare marmoreo ove egli riposava, e con esso, inglobò il corpo oramai gelido del Cavaliere.
« Ma che..? »
Non seppe trovare una spiegazione nemmeno per quello, il Magister.
Ma in quel momento, in fin dei conti, nemmeno vi pensava.
Non vi era più alcuna utilità per le parole, né ad alcun gesto si sarebbero dovuti dedicare.
Una sola certezza risuonava assordante nelle loro menti, ed era quella mela d'oro che ora tutti stringevano con convinzione nelle mani.
La addentò, certo che in qualche modo li avrebbe condotti nuovamente da Grifis.. -
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The Golden Age.