Sentieri d'Asfalto

Raggiunto il luogo della consegna, vi fu chiesto di deporre il corpo privo di sensi in un loculo ad apertura. Fatto ciò, una voce impersonale al di là di una feritoia vi chiese di attendere.
Probabilmente stavano controllando che tutti i parametri vitali del ragazzo fossero ai livelli standard.
Una volta conclusa l’analisi, confermarono la riuscita della vostra missione. Nessuno di mostrò apertamente a voi, ma vi fu passata una grossa borsa con tre tasche, contente il compenso che spettava a ognuno per il lavoro svolto.
Ma non appena avreste provato ad aprirla, un blackout totale dei sensi vi avrebbe travolto, senza darvi la possibilità di reagire.
Chissà quante ore dopo avreste ripreso conoscenza.

Eravate in una stanza d’albergo, adagiati in qualche modo sul letto matrimoniale. A parte voi, la stanza era vuota. Non appena avreste provato a risollevarvi, un sensore di movimento avrebbe attivato un registratore vocale, lasciato sulla scrivania della camera.
La voce affannata di un uomo fece capolino dagli altoparlanti.

— fzz... fzz... fzztz. Questo messaggio lo lascio a voi, mercenari. Sono stato io a salvarvi da quelle carogne che vi hanno tramortito. In realtà non ero venuto lì per voi, io puntavo al ragazzino che avete catturato. Ma non ho fatto in tempo. Devo lasciare subito la città o mi rintracceranno, quindi non ho tempo per raccontarvi tutto. Purtroppo nemmeno io conosco tutti i particolari, ma di una cosa sono certo: quel ragazzo che avete consegnato è una minaccia per il nostro mondo. Voi siete stati ingannati, e lo avete consegnato nelle mani di chi vuole distruggerci. Se volete vendicarvi di loro, cercate la verità a Klemvor... dove tutto ha avuto inizio e dove tutto avrà fine.

La registrazione s’interruppe bruscamente. Il ripetitore sembrò essere folgorato da qualcosa. Un odore acre di circuiti fusi poteva farvi intuire cosa fosse successo.
Di fianco al registratore ormai inutilizzabile c’era una fotografia. Era stata scattata davanti a un muro a cui era stata fissata una mappa. La dicitura in basso rivelava che quella era una pianta di Klemvor, il dominio delle macchine. Un fascio di cerchi tracciati a pennarello delimitava interi quartieri, ma l’andamento indicava un restringimento della zona presa in analisi.
Soltanto una piccola zona della città era inclusa nell’intersezione di tutti i circoli. Probabilmente il vostro anonimo benefattore aveva scoperto dove recarsi, e voleva rendere partecipi anche voi della sua scoperta.

Il caldo sole del mattino filtrò dalla finestra dell’hotel fino a lambirvi. Confusi, ingannati, forse colpevoli di aver iniziato un’escalation di disgrazie che non poteva più essere fermata.
Vi restava solo una meta piuttosto vaga verso cui incamminarsi, sempre a patto che la questione v’interessasse. Se così non fosse stato, potevate anche lasciarvi tutto alle spalle, cancellare quel brutto sogno e continuare a vivere: dopotutto, fuori da quel posto si diramavano migliaia di sentieri d’asfalto che si perdevano nel silenzio.