[CSV] Siete gentilmente pregati di non urlare in biblioteca.

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    Ezazél
    «ARTHUR!»
    La regola sul fare silenzio in biblioteca era totalmente sconosciuta al piccolo Ezazél.
    O meglio, la conosceva. Ma la reputava piuttosto noiosa, quindi l'aveva cancellata dal regolamento della biblioteca abbandonata in cui era vissuto prima.
    Nessuno se n'era mai lamentato.

    «AAAAARTHUUUUR!»
    Gioronzolava per Palanthas saltellando, un fazzoletto bianco stretto in una manina.
    Agitava il capo qua e là, cercando di individuare la sagoma del vampiro in mezzo agli scaffali. Diede anche un'occhiata alla bussola che portava al collo, sperando che una volta tanto gli indicasse la strada corretta, ma nulla: le lancette giravano vorticose, indicando tutte e nessuna direzione.
    Sospirò, rimise l'oggetto sotto la giacca e continuò ad esplorare.

    Non conosceva ancora benissimo la planimetria della Grande Biblioteca, e ciò lo urtava e lo spaventava un po'. La porta rossa che aveva appena adocchiato, ad esempio, non l'aveva mai vista prima.
    Si avvicinò zompettando. Che bel portone tutto decorato! Forse custodiva cose segretissime. E poi era dipinta di vermiglio, che era il colore del sangue. Doveva essere lo studio di Arthur!
    Poggiò una spalla contro un battente, fece un gran respiro, e spinse. La porta si aprì, e lui cacciò la testolina bionda oltre l'uscio.
    Guardò a destra.
    Guardò a sinistra.
    «AAAAARTHUUUUR!»
     
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    E’ un vento innaturale a spingere dentro Ezazèl e a chiudere alle sue spalle la porta. Nessuna traccia di Arthur a prima vista e nessuna risposta se non il cinguettare di uccelli ed il fruscio dell’acqua nei torrenti. I suoi piedini si trovano ora immersi in un mare d’erba tinta di rame da un sole ormai prossimo al tramonto. Intorno a lui si estende un paesaggio da sogno, degno di un quadro. Ruscelli tagliano in più punti il prato trasportando un’acqua limpida e costellata di ninfee. Piccoli ponti in legno permettono di passare da un lato all’altro a cui seguono sentieri battuti diretti verso collinette dove svettano sporadici alberi. Aironi passeggiano sulle sponde e colorati colibrì assaggiano i fiori presenti sui rami.

    In quel paesaggio poetico qualcosa però è decisamente fuori luogo. Al centro esatto sorge un parallelepipedo di vetro ed acciaio rugginoso. Una struttura d’altri tempi e luoghi su cui campeggia una scritta in neon azzurri e rosa: “Vintage Cafè”. All’interno la luce è accesa ed alcune note allegre intaccano i suoni naturali. Ma soprattutto proviene un invitante odore di pancake appena fatti. Come resistergli?
     
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    Ezazél
    Ooh, un giardino! Era ancora dentro la biblioteca?
    Alzò la testolina. Sopra di lui, il cielo era tinto coi colori del tramonto.
    Era già così tardi? Abbassò lo sguardo e ritirò fuori la sua bussola con tante lancette, sperando che gli segnasse almeno l'ora, ma niente.
    Il suo stomaco, in compenso, iniziò a brontolare per la fame. C'era un buon odore di pancakes nell'aria, e lui non aveva fatto merenda...

    L'odore di pappa buona proveniva da una specie di bar in cima a una collina.
    Si avvicinò zompettando al parallelepipedo e lo guardò con attenzione. Sembrava un po'... Stonato? La sua presenza era fuori luogo, un pugno di metallo e neon in un paesaggio totalmente naturale. Come se un gigante l'avesse staccato da una città e appoggiato malamente lassù in cima.
    Però facevano i pancakes. Anche la Natura diventava migliore con i pancakes.
    Poggiò le mani sulla porta e spinse forte, infilandosi nell'edificio.
    Sperava che accettassero bacche e tappi di bottiglia come forma di pagamento.
     
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    Aperte le porte, oltre all’inconfondibile aroma del pancake appena cotto, balza all’orecchio un’assordante musica che per gli standard della terra appartiene al periodo a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Guardandosi intorno sembra provenire da un jukebox appoggiato ad un muro con centinaia di dischi in vinile all’interno e pieno di lucette colorate corrispondenti ai diversi brani selezionabili. Il locale è, invece, un tripudio di colori fluo. Il soffitto e le lampade che scendono sul bancone sono arancioni mentre i divanetti e gli sgabelli sono turchesi. Un locale dall’atmosfera accogliente dove le famiglie vengono per mangiare qualche snack o bersi una bibita. Peccato sia praticamente vuoto.

    L’unica altra persona presente siede ad uno degli sgabelli che danno sul bancone ed è dannatamente fuori luogo come lo è quel diner nel giardino. Sulla trentina, dai capelli castani che gli sfiorano le spalle e dalla barba curata, è curvo sul bancone intento a versarsi un’altra tazza di caffè lungo dalla brocca. Indossa una sciarpa cremisi così lunga da fare tre giri intorno al collo ed una tunica verde smeraldo che si apre all’altezza della vita rivelando un paio di pantaloni a palloncino dello stesso colore. Con i piedi, che calzano pantofole di seta, segue svogliatamente il ritmo della canzone. Accanto a lui è stato apparecchiato per un’altra persona con una porzione di pancake inondati di sciroppo d’acero. L’uomo fa un gesto eloquente con la destra invitando lo spiritello a raggiungerlo. «Ti sei perso Ezazèl?» domanda. Ed è una voce difficile da ignorare.

    Julian Lambert
    » Guardiano delle Sette Vie e Corona di Sophia

    » Fisico: illeso

    » Mana: 100% / 100%

    » Consumi: -


    » Passive

    Protodeus: immortalità, rigenerazione, corpo vuoto e insensibilità al dolore

    Gate of Eternity: tasca dimensionale

    One Thousand and One Tales: resistenza malie, sesto-senso illusioni & intrusioni psion, presenza multipla/intensificata

    The Crown of Sophia: aura di carisma (quando parla), conoscenze.

    » Equip

    The Thread of Life: insieme di fili d'acciaio di 3 metri (forma di sciarpa) + 2 passive (Auspex aure, Telecinesi)

    » Tecniche

    -

    » Note&Riassunto




     
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    Ezazél
    Oooh, un locale strano! Di uno spaziotempo differente di quello di Endlos, sicuramente. Ma di quale, di preciso.
    Si guardò intorno, cercando di identificare lo stile del luogo. Magari aveva anche letto romanzi ambientati in un posto simile, ma... Era difficile associare descrizioni e immagini. Non tutti i libri hanno le figure!
    Uff. Il posto sembrava carino, comunque, e c'era un buon odorino di cibo.

    Qualcuno lo invitò a sedersi, e lui si accomodò al tavolo senza fare domande.
    Non era preoccupato: era nella Biblioteca, e non c'era nulla di male lì (ragnoni a parte). Se sapeva il suo nome, doveva essere un collega! O almeno, così gli sembrava tale dall'abbigliamento (anche se non aveva gli occhiali).
    E poi aveva i pancakes. Nessuna persona cattiva può avere i pancakes.
    «Sto cercando Arthur. Il signor EmmeEmme ci ha invitato a fare merenda!» spiegò, poggiando sul tavolo il fazzolettino. Lo spiegò bene con le mani, mostrando l'indirizzo che Mercuzio vi aveva scritto col sangue.
    «Però non so bene come funzioni la merenda per i vampiri. Dici che bevranno roba rossa dai calici e parleranno di letteratura antica? O forse mangeranno delle cose fatte col sangue, tipo il sanguinaccio.» inarcò un sopracciglio «Avranno anche del succo di pomodoro per me? Altrimenti mi sentirei un po'a disagio. Anche il succo ai lamponi va bene, mi piacciono i lamponi.»
    O forse la merenda sarebbe stata lui?
    Naaaaah. Arthur era un vampiro buono!
    Sorrise allo sconosciuto.
    «Tu come ti chiami?»
     
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    Lì, seduto ad uno sgabello di distanza i nostri occhi incrociano quelli di un bambino sotto ogni aspetto: fisico minuto e mente ancora acerba. Eppure chi più di un bambino ha sete di sapere e vuole esplorare il mondo? Per di più alcuni di noi lo sono stati o lo sono tutt’ora, perciò non ci sembra saggio schernirlo e prenderlo in giro. Anche perché non è che ci sia poi un gran via vai nella nostra stanza di Palanthas.

    «Il nome in genere non si usa per entità come la nostra.» spieghiamo cordialmente. «Siamo semplicemente la Corona di Sophia, uno dei Saggi di Palanthas.» Lentamente riempiamo la tazza di caffè bollente nero. Un po’ diluito per i nostri gusti, ma ottimo con i pancake. «E temiamo che questa non sia la stanza che stavi cercando. Porta sbagliata.» Incrociamo le braccia formando una ics. «Ma in compenso non crediamo dovresti temere per la merenda. Si, i vampiri bevono sangue, ma quando Arthur va da Drusilia lei beve semplice thè.» Riguardo al cosa parlare in un certo senso ce lo siamo chiesti anche noi. Forse si pettinano a vicenda e parlano del passato, o si dilettano a fare discorsi più seri. «E non credo parlino di letteratura. Arthur è più tipo da videogiochi.» Sempre chiuso con Brifos a provare le nuove invenzioni. Troppo rumorose e piene di lucine per i nostri gusti. E meno affascinanti di girovagare ad Istvàn per osservare la gente .«Anche se non possiamo rassicurarti su questo signor EmmeEmme. Chi sarebbe?»
     
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    Ezazél
    «Il signor EmmeEmme è un vampiro spaventosissimo!» si alzò in piedi e spalancò le braccia «L'avevo incontrato tanto tempo fa quando sono finito per sbaglio nella città di dei tipi chiamati von Liebewitz. Mi aveva dato una missione! Che ho fallito.» concluse, tornando ad accomodarsical tavolo. Prima di continuare, spezzò il pancake con la forchetta e ingollò un boccone.
    «Mi fa paurissima, ma credo che sia un vampiro buono anche lui, perché non mi ha ancora mangiato.»
    O forse aveva paura del cappotto rosso. Alle zanzare certi colori disturbano, giusto? Forse anche per i vampiri era così.
    No, un attimo, a volte i vampiri bevono sangue dai calici o cose simili, per sembrare più fighi. Loro il rosso lo bevono!
    E allora boh.
    Forse, semplicemente, il sangue di Spiritello non è poi un granché.
    Mentre meditava su questi argomenti, mangiucchiava distrattamente altri pezzettini di pancake. Dopo un minuto buono di silente rimuginamento, però, gli venne in mente un piccolo dettaglio.
    Masticò in fretta il boccone e deglutì. Non è educato parlare a bocca piena.
    «Ah!» esclamò, rialzando il capo «Perché parlate al plurale se di voi ne vedo uno solo?»
    Inclinò la testolina. Forse era posseduto da dei fantasmi!
    Forse aveva due cervelli!
    Forse aveva multiple personalità!
    Forse avrebbe dovuto smetterla di farsi troppi flash mentali!
     
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    Vampiri. Ai nostri occhi fanno parte di quella lunga lista di creature affini a Khatep ed i lich. Esseri che ricercano il potere e che ordiscono complesse trame facendo perno sull’immortalità. Eppure Arthur è diverso, segno che forse le esperienze vissute possono modificare profondamente un carattere. Che questo misterioso EmmeEmme sia come lui o che stia invece sfruttando Ezazèl per qualche oscuro scopo? Ma soprattutto: ci interessa davvero? Sbadigliamo inarcando la schiena all’indietro e rischiando di cadere dallo sgabello.

    Riacquistato l’equilibrio buttiamo giù il restante caffè e riempiamo una seconda volta il bicchiere. Palanthas possiede un sistema difensivo perfetto; se è venuto a cercare guai o a trattarci come pedine resterà deluso. Forse vale la pena andare a farsi una risata alle sue spalle. Ma parlare di loschi trame e scacchiere virtuali di fronte ad uno spiritello così innocente e ingenuo ci riesce difficile. Forse si è fatto semplicemente fregare da quel vampiro o addirittura gli è stata data una missione ridicola per toglierselo di torno. Tipo comprargli il pranzo. «Mmmmhhh…» mugoliamo. Da quello che la biblioteca ci ha sussurrato il piccoletto sembra avere un interesse verso i libri e la cultura. «Hai mai sentito parlare di Protodeus?»

    Se il tuo pg sa qualcosa le info sono queste:

    Il Protedeus è una creatura formata dall’unione di più anime. Sono creature immortali ed altezzose, che si credono pari a Dei in quanto hanno una coscienza collettiva cosa che per loro significa superare lo status umano. Spesso fondano culti sulla propria persona ed alcuni sono forti quanto divinità, altri molto di meno.
     
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    Ezazél
    Alle parole della Corona, Ez gonfiò le guanciotte con aria un po'scocciata. Lo fissò malissimo ed espirò l'aria in un botto, con uno sbuffo dal rumore di un palloncino scocciato.
    «Sentito parlare? No.» replicò «Letto cose su di loro? .»
    Tkz. Cosa osava insinuare quel tizio multiplo, che lui non leggeva i libri che custodiva? Sarebbe stato un sacrilegio. Un insulto all'ordine dei Bibliotecari.
    La cultura è inutile se la tieni ad ammuffire in una teca.
    «Protodeus. Dal greco antico πρῶτος, ovvero "primo", e dal latino Deus, "divinità".» iniziò a ripetere meccanicamente, come se avesse un libro davanti agli occhi. Per tenere il ritmo del discorso, faceva ondeggiare la testolina.
    «Creatura dotata di una coscienza collettiva formata dall'unione di più anime. Praticamente immortale, e con conoscenze e capacità che trascendono il limite umano.
    Il nome deriva dall'abitudine di questi esseri di fondare culti basati sulla propria persona.
    »

    Man mano che parlava, il tono di voce diventava via via più dolce. La momentanea stizza di prima, già dimenticata.
    Al termine del discorso, azzannò felicemente un altro pancake.
     
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    Lo abbiamo infastidito? Alziamo un sopracciglio al gonfiarsi delle guance dell’ospite incerti sul significato di quel gesto. La mente umana è così strana, piena di sorprese. Districarsi nel groviglio dei suoi meandri è difficile e…non ci compete. Lo ascoltiamo sviolinarci una definizione da manuale, perfetto in ogni sua forma. Tutto conferma i sussurri che ci sono giunti dalla biblioteca ed il perché si trovi lì.

    «Bravo.» esclamiamo, dipingendo sul volto un sorriso stanco. La destra scivola nella manica e quando vi riemerge vi è un dolcetto al caffè stretto nel pugno che depositiamo sul piatto di Ezazèl. Un piccolo premio per la sua dimostrazione di conoscenza. Ma per noi non è abbastanza. «Dicci, cos’è che fa di noi dei Saggi?» domandiamo lentamente, passando un dito sul contorno del bicchiere. «Leggere libri? Sapere ogni riga presente in ogni libro del mondo?» C’è davvero chi lo crede. Chi pensa basti solo la conoscenza. Gente che avrebbe dovuto analizzare più le leggende. In particolar modo una. «Quello è la base, ma è solo l’inizio. Nessuno diventa un bravo meccanico senza poi applicare ciò che ha letto nella pratica. Conoscere, pensare e verificare. Ma andiamo per gradi.»

    Ci voltiamo verso di lui mentre lo sgabello cigola. Il jukebox passa da una canzone all’altra spostando i vinili che vi sono all’interno. «Che ne pensi dei Protodeus?»
     
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    Ezazél
    Oh, un dolcetto nuovo! Battè le mani, felice del nuovo cibo da assaggiare.
    Era un poco umiliante la cosa, in realtà. Si sentiva un po'come un cagnolino che riceve una ricompensa perché ha fatto bene un esercizio.
    Però il dolcetto lo mangiò lo stesso.

    Mentre mangiucchiava il dolcetto (gusto strano, un po'amaro. Non era certo che gli piacesse) scosse il capo alle parole dell'altro/altri. No, non era così che doveva essere un Bibliotecario.
    Andiamo con ordine, comunque. I Protodeus. Ingollò in fretta il dolcetto e si pulì la bocca con una manica.
    «Non avevo mai conosciuto un Protodeus prima d'ora, indi il mio pensiero sarà orribilente derivativo. Me ne scuso in anticipo.»
    Sguardo fisso sul suo interlocutore, le dita intrecciate sul tavolo. Nessun sorriso da bimbo sul suo volto, ora, ma una serietà che stranamente non stonava coi suoi tratti infantili.
    Perché aveva il nasino a patata, le guanciotte tonde e le orecchie di un gattino, ma gli occhi erano quelli di un Antico.
    Anche lui era un Figlio dei Millenni. È che raramente lui stesso se ne rendeva conto.
    «In base alle informazioni in mio possesso, quel che posso dire è che il comportamento di molti Protodeus mi sembra... Arrogante.» storse la boccuccia in una smorfia. Gli spiaceva offendere la razza del suo interlocutore, basandosi oltretutto su informazioni sommarie. Sperava l'altro non se la prendesse troppo.
    «Posso comprendere le... Buone intenzioni. Il pensare di poter migliorare le condizioni altrui grazie alle proprie abilità.
    Ci sono persone per cui il potere è un mezzo, e non un fine. I cosiddetti "tiranni illuminati"
    »
    fece il segno delle virgolette con le dita «E anche se non approvo questo tipo di comportamento, non si può negare la buona volontà di persone simili.
    Ma nel momento in cui il potere viene utilizzato per giustificare un culto della propria persona, beh... Le buone intenzioni diventano solo una scusa. Il potere diventa il fine e non il mezzo.
    »

    Si aggiustò gli occhiali sul nasino.
    «Non credo che ciò sia accettabile.
    Ma sono certo che un simile comportamento non sia la norma per i Protodeus. E... Beh, sono creature affascinanti, al punto di vista puramente biologico. Mi piace questa cosa della pluralità, anche se non sono certo che costituisca una vera evoluzione della razza umana.
    Suppongo che saranno i secoli a decretarne l'eventuale successo.
    »

    Anche a lui sarebbe piaciuto essere plurale, si sarebbe sentito meno solo. Da quando aveva abbandonato la sua mamma/libro parlante, il mondo sembrava un po'più vuoto.
     
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    Lo osserviamo compiaciuti mangiare il dolcetto. Le orecchie da cane ce l’ha già, chissà se può fare le fusa. Non sarebbe male adottarlo e tenerlo nella biblioteca per farci compagnia. Magari è per quello che Arthur l’ha portato lì. Certo, però, chi si sarebbe addossato il compito di portarlo fuori? E che cosa mangiano quelli della sua razza? Forse bisognerebbe anche costruire una cuccia…

    Con un orecchio lo ascoltiamo spiegare perché non apprezza i Protodeus, ma la nostra mente è altrove. Lo immaginiamo mentre gli lanciamo dolcetti e lui saltella felice nella stanza. Si, pensiamo ci starebbe proprio bene uno come lui. I Saggi non possono essere tutti come Amarth, se no sai che noia.

    «Non ti devi scusare.» gli diciamo quando ha concluso la filippica. «Il pensiero è tale proprio perché personale ed ancora immaturo, in quanto si basa solo sui testi. A leggere i libri di storia la Tribù di Nyrael non è altro che un gruppo di stupratori e cannibali. Eppure, incontrandoli ecco che si scopre siano tutte fandonie. Questo perché i libri di storia sono stati tutti scritti dagli storiografi dell’Impero di Tys, che è stato in guerra con la Tribù per oltre cent’anni prima di vincerla. I libri li scrivono i vincitori. Pretendere una realtà oggettiva è troppo per gli uomini…»

    Ma lui è mai stato fuori da un biblioteca? Per lui i libri sono verità assoluta. Come farglielo capire che la vita vale più di mille libri? «I Protodeus possono essere composti anche da milioni di anime. Sai cosa significa avere la conoscenza di milioni di vite?» La nostra testa sprofonda sul bancone accompagnata da un lungo sbadiglio. «C’è chi si stufa della ripetitività di una singola vita, ma non ha sperimentato il viverne migliaia. Ogni singolo aspetto rivissuto fino alla nausea, ogni evento che potrebbe dare quel pizzico di sorpresa nient’altro che noia. Gli immortali dicono che il più grande nemico per loro è la noia. Per i Protodeus il tutto è ancora più gravoso. E’ così che si devono necessariamente interessare a qualcosa…»

    O lasciarsi morire di inedia. Un sonno così lungo da divenire morte. «Ciò che di più rappresenta l’imprevedibilità è l’uomo. E’ per questo che molti Protodeus iniziano con l’osservarne la vita evitando di influenzarli. Vengono visti come eremiti e la loro conoscenza li fa sembrare saggi agli occhi delle persone comuni. Complici i loro poteri diventano degli Dei, idolatrati e serviti. Non è un caso che tra tutte le creature che popolano i mondi siamo i più vicini al Figlio dell’Universo. Poi c’è chi tra di loro punta davvero ad ascendere come divinità…» Noi, ad esempio. Ogni occasione è giusto che venga sfruttata. Quel trono fa gola a fin troppi.

    Inarchiamo la schiena all’indietro sbadigliando. Il bancone ci ha lasciato un segno rosso su metà faccia. «Hai letto libri sull’argomento. Conoscere. Hai dato la tua opinione sui Protodeus. Pensare. Hai incontrato un Protodeus ed hai sentito il suo punto di vista. Verificare. Non è stupendo?»
     
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    Ezazél
    «Non è abbastanza.» replicò, scuotendo con decisione il capo. Il tono di voce duro, una critica rivolta unicamente a se stesso.
    «Un singolo individuo non è rappresentativo della sua razza.
    Dovrei conoscerne molti altri Protodeus per poter formare una mia opinione su di loro. Cosa difficile, quando parliamo di creature così rare.
    »

    E poi non aveva mai sentito parlare di questo Impero di Tys. Altri libri da recuperare, altra conoscenza da accumulare.
    Talvolta era un po'frustrante, sapere di non sapere mai abbastanza. Azzannò un altro pancake per consolarsi.
    «Perdoni il brusco cambio d'argomento, ma... Prima si è presentato come La Corona di Sophia. Si riferisce al suo ruolo all'interno dei Saggi, nevvero?
    Essendo qui da poco, non ho avuto ancora modo di conoscere bene le Sette Vie. Mi piacerebbe comprenderne appieno le caratteristiche, prima di scegliere la mia.
    »

    Nazara, Symphonia e Obeah erano facili: Arte, Musica e Guarigione non hanno bisogno di spiegazione, ma esplicano se stesse attraverso le proprie opere.
    Semplici da capire quanto poco attraenti per lui. Ma qual'era l'esatta differenza tra Khymeia, Regalia e Dharma?
    Gli parevano tutte così astratte.
     
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    Sagace, il piccoletto. Ma certe volte non ci viene concesso di poter sentire tutti quelli che reputiamo necessario. La bravura nasce proprio da questo, altrimenti chiunque potrebbe capire tutto alla perfezione. Altre volte, invece, è il tempo a rendere difficoltoso esprimere un parere. In entrambi i casi il silenzio non può essere una risposta accettabile. La verità è che servirebbe una vita per ogni essere nell’universo, per poter osservare tutto con i suoi occhi e percepire tutto con la sua mente ed il suo cuore. Ciò che fece il Figlio dell’Universo e ciò che segretamente aneliamo. Il Trono della Storia, dove ogni anima confluisce nell’eterno Ciclo del Karma. E anziché dannarci per ottenerlo stiamo qui, seduti a bere caffè e parlare con spiritelli delle biblioteche.

    Il cambio di argomento ci cancella l’amarezza del momento, distogliendoci dai nostri pensieri e facendoci concentrare sul presente. Come potremmo dire di no alla sete di conoscenza? « Potremmo parlarti della nostra Via, ma le altre sono appannaggio degli altri Saggi e non ci competono. » Anche perché alcune non le capiamo per nulla, come quella di Brifos. Chissà che ci troverà in tutti quei numeri strani. « Sophia è la Via del Mondo. Tutto ciò che ci circonda le appartiene. Qualunque cosa tu veda ne fa parte: le persone, le cose, le storie, la cultura e le lingue. Tra tutte le Vie è la più vasta e tra le più pratiche. Ne fanno parte archeologi, linguisti ed interpreti, esploratori, strateghi e cartografi, storici e semplici cantastorie. » Eppure nessuno è venuto a bussare ancora qui, alla nostra porta. « A te piacciono le storie, Ez? »
     
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    Ezazél
    «Le storie mi piacciono.» confermò, e per un attimo il suo visino tornò a brillare di gioia infantile «Ma più che le storie in sé, col tempo ho imparato ad apprezzare... Le ripetizioni?»
    Inarcò un sopracciglio. Nemmeno lui pareva molto certo delle sue parole. Dopo un ultimo boccone di pancake, poggiò le posate nel piatto e intrecciò le dita sul tavolo.
    «Gli schemi, le strutture, gli stereotipi, i principi alla base di ogni storia. Le regole della narrativa.
    Le ho sempre ricercate anche nella realtà. All'inizio per ingenuità, perché non conoscendo il mondo pensavo che funzionasse come nei libri, ma ora... Inizio a credere che la realtà sia veramente un libro
    »
    sbattè le palpebre «e che le regole che si trovano nelle storie siano una riproduzione, più o meno imprecisa, di quelle che governano la realtà.
    È come se il mondo reale fosse l'Iperuranio platonico, lo spazio in cui risiedono tutte le idee pure. L'umanità si basa su esse per i suoi libri, ma ciò che ottiene è solo una pallida imitazione.
    Per questo, i miei tentativi di applicare la Narrativa alla Realtà non hanno avuto successo. Dato che il contrario non è fattibile, non mi resta che confrontare gli innumerevoli schemi della Narrativa per cercare di ottenere regole pure, che si avvicinino il più possibile a quelle scolpite nell'Iperuranio.
    Un'operazione di reverse engineering della realtà, insomma.
    »
    concluse con un sorrisino. Pareva soddisfatto del proprio ragionamento, le orecchiette fremevano come quelle di un micio che fa le fusa.
    «Sono idee ben bizzarre, me ne rendo conto» inclinò il capo «e non so se qualche Via si avvicini allo studio di concetti simili. Qualche suggerimento?»
     
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