Anima Sotto Vetro

[Aurora Occidentale]

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    Rinvieni lentamente, lottando con le palpebre come incollate per un tempo indefinibile: potresti aver dormito pochi secondi come anni interi, per quel che ne sai, e il senso di stordimento che ti fa pulsare la testa non aiuta affatto a far mente locale sulla tua situazione; hai la vista appannata, e -pur sforzandoti di mettere a fuoco con gli altri tuoi sensi il luogo in cui ti trovi- ti rendi conto di non riconoscere nulla di ciò che percepisci... a dirla tutta, non sei nemmeno sicuro di ricordare dov'eri e cosa stavi facendo prima.

    Dunque: un passo alla volta. Per prima cosa, apriamo gli occhi!
    Sollevi le palpebre facendo forza su te stesso, e subito le riabbassi, con gli occhi feriti dalla luce e dal bianco asettico che riempie tutto; ripeti il procedimento più volte, perché ti ci vuole un pò per abituarti alla luminosità, ma -finalmente- riesci a guardarti intorno: sei in una strana stanza bianca. Una stanza bianca che, ti accorgi subito, è molto meno vasta di quel che sembra.

    Pareti trasparenti (vetro, forse?) dividono lo spazio in sei cubicoli più piccoli -tre per lato, con un corridoio nel mezzo-, tutti occupati da altrettante persone che non conosci; tu ti trovi in uno di quelli di centro, seduto su una sedia di metallo non troppo comoda e non troppo rassicurante... e non puoi alzarti: cinghie robuste di una rigida fibra nera ti tengono legato al tuo posto per polsi, caviglie, bacino e pettorali. Ok. Che sta succedendo?

    Dove diavolo sei capitato? Non ti risulta che sulla tua Berjaska ci siano strutture anche solo lontanamente simili a quella, e... senza motivo e senza logica Yoko ti torna alla mente. E dal ricordo del suo viso la memoria degli ultimi avvenimenti comincia a ricomporsi: la tua amica sta male, e tu hai lasciato il villaggio per cercare chi possa aiutarla; è con quel proposito che sei andato ad Undarm in cerca della Strega che hai sentito -sulla costa- abitare nel bosco ed essere in grado di compiere prodigi!

    Sì, sì... e ci sei pure arrivato ad Undarm, ti pare; infatti...
    La visione del sangue fa irruzione nel tuo flusso di coscienza con una violenza che ti strappa un sussulto: hai trovato dei morti, in quel bosco. C'era quel nanerottolo verde e sgradevole insieme a te. Avete combattuto - per difendervi dai soldati e dalle loro accuse. Avete ucciso. Riesci a ricordare la luce spegnersi negli occhi del capitano, trafitto dalla tua spada?

    ...la tua spada. Ecco. Dov'è? La cerchi in giro con gli occhi, e la trovi poggiata su uno dei tavolini all'angolo opposto della camera, a ridosso della parete traslucida che confina con l'andito; magari ti sarebbe d'aiuto per liberarti, ma... come fai a raggiungerla?


    Eccoci qua, la situazione è questa: sei legato ad una sedia in uno strano posto; potresti provare a liberarti, ma ogni ricorso a tecniche è sospeso -forse per il collare metallico che ti hanno messo- perciò... che altro dire? :8D: Benvenuto :pazz:
     
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    ...mh...

    Che...succede..?

    Dove...sono..?

    Che...è...successo..?

    Provo ad aprire gli occhi, richiudendoli subito per la troppa luce che li colpisce.
    Bianca, asettica, artificiale.

    Dopo un po' di tentativi riesco a mettere a fuoco quello che c'è oltre la luce.

    S...sono...dove sono?

    Una stanza bianca divisa da...qualcose che non riesco a capire...trasparenti...come delle specie di pareti aggiuntive...

    Non riuscendo a capire esattamente come sono queste pareti e come sono nella stanza abbasso lo sguardo cercando nel pavimento: le linee dove le pareti trasparenti sono un po' più evidenti, e riesco a capire: sei cubicoli, divisi in tre da una parte e tre dall'altra di quello che sembra un piccolo corridoio.

    !!!

    Ci sono altre persone oltre me!
    In ognuno dei cubicoli c'è qualcun altro che sembra nella mia stessa condizione...

    Ma...loro sono seduti su delle sedie...

    Abbasso ancora di più lo sguardo, verso di me: anche io sono su una sedia.

    E a guardar bene non sono coperte pesanti quelle che sentivo premermi il petto, le caviglie e i polsi: sono delle cinghie che hanno tutta l'apparenza di essere abbastanza resistenti.

    Ma che succede?
    Dove sono?
    Nessuno, a Negara ha...


    Non sono più a Negara!
    Me ne stavo andando, e Yoko mi aveva detto...
    E i pescatori mi avevano detto...

    E il boschetto...

    Il...goblin!
    Drakkar, si chiamava.

    Mi aveva dato una testata allo stinco e si lamentava non potesse più sposarsi, poi...

    !

    Cadaveri, il tipo con la spada sparito, i militari...

    Il capitano.

    Io...io l'ho...l'ho visto morire...per mano mia.

    Poi c'era stato il finto militare...
    Aveva spiegato qualcosa...
    Ma io ero impegnato a pulire la spada dal sangue...

    La spada!

    Giro la testa rapidamente cercando con lo sguardo in ogni angolino del cubicolo...
    Dov-eccola.

    Dall'altra parte della stanza.

    Forse con la spada posso tagliare le cinghie... ma come accidenti faccio?

    Sono completamente legato alla sedia: non riesco a muovere niente per più di qualche centimetro...se la raggiungo potrei cercare di sfregarci contro le cinghie che ho ai polsi... poi, una volta liberate le mani, sarebbe tutto più facile...

    Guardo il pavimento.
    Guardo la spada.
    Sospiro silenziosamente.

    Guardo attraverso le pareti, nel corridoio, per controllare che non ci sia nessuno...
    Poi comincio a muovere la testa a destra e a sinistra cerco di andare a tempo e fare "risonanza" per far ballare la sedia in modo da sbilanciarmi sempre di più fino a...

    Ahi!

    Che dolore alla spalla!
    Ma come fanno gli eroi dei racconti a..?

    E poi...ora?
    Ho le caviglie, i polsi, e il bacino, bloccati.

    Cerco di muovermi sfruttando l'unico piede che riesce a toccare terra, il destro, e le mani per darmi la direzione...

    Se riuscirò ad arrivar là, vedrò poi cosa fare, come organizzarmi...

    Eccomi!

    Rapido come al solito (anche se so che hai molte cose da fare e quindi non potrai rispondere prima di un po' di tempo^^)... xD

    Piccolo particolare: ho gestito il fatto di cadere con la sedia autoconclusivamente, semplicemente per evitare di dover allungare le cose, perché poi tanto avrei dovuto passare un post solo per muovermi fino alla spada, così ho preferito accorciare. Tanto quello che ho fatto lo saprei fare pure io (anche se non lo farei per via della caduta, di solito xD) e quindi mi sembrava abbastanza facile^^

     
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    Il ticchettio dei suoi passi sul bianco e liscio linoleum dei laboratori era solo il modesto e discreto contrappunto ad un'intera sinfonia di strumenti musicali di cui amava considerarsi il direttore d'orchestra.

    Disseminati in varie celle, senza logica alcuna, sfilava tra gente di tutti i tipi -Non-Umani di varie razze, colori, forme ed età-, lasciando che il fruscio del lungo camice bianco si perdesse in quella cacofonia quieta e disperata: c'erano i pazzi che battevano in silenzio la testa contro le pareti -dove ormai le abrasioni sulle loro fronti consumate aveva lasciato macchie e sgocciolature rossastre-, e c'erano gli arrabbiati che inveivano e maledivano i loro carcerieri in chissà quale lingua, i farneticanti che parlavano da soli o con le loro allucinazioni, i supplici che invocavano i loro dei, i loro invisibili aguzzini o le proprie allucinazioni; c'erano i pazienti smorti, in stato catatonico, e c'erano i ribelli che si scuotevano come epilettici sulle loro sedie, facendo schioccare il cuoio rigido e robusto delle cinghie contenitive.


    jpg
    « ...e come sta il nostro amico Frank? »

    In realtà, non sapeva come si chiamasse davvero quella creatura: Frank era un nome che gli aveva dato lui una volta portatolo al laboratorio, perché... beh, in parte gli piaceva il clima di familiarità che la cosa creava -era come adottare un animale domestico-, e in parte si trattava di una comoda funzionalità tutta pratica: molti dei soggetti tendevano a diventare poco comunicativi dopo gli innesti sperimentali che seguivano i suoi test, e lui faceva fatica a ricordare la lunga sequela di lettere e cifre che costituivano il codice identificativo di ciascuno di loro. Per non parlare del fattore umano: chiamarli per numero... che pratica disumana!

    Dalla finestrella a sbarre della cella imbottita gli rispose solo un urlo disarticolato, e il Ricercatore sospirò, scuotendo i riccioli neri che gli coronavano il capo prima di scrollare le spalle e tornare a tirar dritto per la sua strada, annotando qualcosa sulla cartellina; forse era il caso di ridurre leggermente le somministrazioni e stare a vedere come andava a finire...

    Nel dubbio, meglio fare qualche altro test prima di passare alla fase successiva...
    E, per quello, avrebbe avuto bisogno di un nuovo
    cucciolo.

    png

    Il settore 4 era quello che ospitava i nuovi arrivi, per questo era proprio lì che si era diretto; ricordava di un giovanotto che i soldati avevano preso in custodia per suo conto nel Kijana Fahari -il Bosco della Strega di Undarm-, e visto l'indirizzo dei suoi studi, gli sembrava davvero il tipo più adatto a fargli da assistente. Era ancora messo piuttosto bene, a differenza del Mutaforma... e decisamente preferiva avere a che fare con lui piuttosto che col goblin con cui si accompagnava - un cosetto verde, basso e rachitico, d'aspetto sgradevole in maniera irritante.

    Distrattamente, passò il tesserino magnetico nella fessura a scorrimento del dispositivo accanto alla porta a tenuta ermetica, digitò la password sul quadrante, e -non appena i doppi battenti scorrevoli si desigillarono- oltrepassò l'uscio e prese a percorrere i divisori di vetro piombato che dividevano il camerone bianco in sei celle più piccole.


    Ed eccolo là il suo nuovo amichetto...! Continuava a contrarre i muscoli per cercare di ribaltare la sedia metallica su cui i suoi inservienti lo avevano ben assicurato, perciò... l'uomo in camice dedusse che egli non doveva essersi avveduto di viti e bulloni -cose grandi quanto il suo pugno- che assicuravano l'arredamento al pavimento di metallo, rendendo impossibile ogni tentativo in quel senso.
    Doveva pensare ad un nome da dargli...

    « Ben svegliato, Robb! »
    lo salutò il moro in camice, entrando nella sua cella non appena la porta si aprì
    « Come andiamo? Hai dormito bene? »


    La sedia è ancorata al pavimento, quindi non riesci a ribaltarti; ad ogni modo, sono arrivate visite: è il dottore che ha catturato te e Drakkar ad Undarm; qui, a figura intera [Link] - al momento è da solo.


    Edited by Madhatter - 15/6/2014, 23:50
     
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    « Ben svegliato, Robb! »

    Alzo la testa verso la voce: un uomo è entrato mentre ero concentrato a far ribaltare questa sedia che sembra essere ancorata al terreno.
    Quella cosa che ci ha fatto nauseare e svenire dev'essere ancora in circolo: ero sicuro di essere riuscito a ribaltare la sedia, ma quando quello ha parlato mi sono accorto di essere rimasto qui sulla sedia.

    Rimango fermo e cerci di metterlo bene a fuoco mentre lui mi chiede se ho dormito bene.

    Ricordo, prima di perdere i sensi nel bosco, erano arrivati degli uomini...e tra loro uno col camice... proprio come lui.
    Uno col camice che aveva detto di portarci via.
    Non ricordo...mi pare avesse parlato di cavie. Che effettivamente è tutto quello che sembro ora.

    In tutto questo rimango a guardare la sua figura in camice mentre sta fermo davanti a me, tenendo la testa bassa...

    Xị̂ rokhcit.

    Mi escono quelle parole dalle labbra senza neanche pensarci: un insulto nel dialetto stretto di Negara che conosco fin da quando ero giovane.

    Psicopatico.

    Uno che prende uomini e donne per usarli come cavie per chissà quali esperimenti...

    Non mi chiamo Robb, se è con me che parli.

    Con queste parole alzo un poco la testa fermando i miei occhi sui suoi, protetti da un paio di lenti di occhiali piccoli, quasi rettangolari.

    Cosa vuoi da me?

    Xị̂ rokhcit si pronuncia simile a "Ai ròk zi", e sono un po' di brutte parole prese dal tailandese con google translate. xD


     
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    Il nuovo designato cucciolo salutò il suo ingresso con uno sguardo torvo, abbassando la testa in una postura naturalmente minacciosa e rivolgendogli sillabe in un idioma esotico, che gli uscirono dalle labbra in soffio basso come un ringhio.

    Xị̂ rokhcit.

    jpg
    « Oh... questo non è affatto carino. »
    lo rimproverò il medico, come se l'avesse perfettamente inteso

    Non mi chiamo Robb, se è con me che parli.
    mise in chiaro il prigioniero, inchiodandolo con un'occhiata intensa

    « Strano. Avrei giurato che la tua fosse una faccia da Robb... »
    ribattè l'altro, con fare affabile e rilassato - molto irritante

    Cosa vuoi da me?

    Le labbra ben disegnate del medico si piegarono in un sorriso compiaciuto: sembrava davvero contento che l'ospite della loro struttura gli avesse alfine rivolto proprio quella domanda; adorava che i suoi amichetti fossero collaborativi.

    « Beh: io sono un dottore, il Dottor Harold Blue... ma puoi chiamarmi Harry, se preferisci! »
    o "Dr. Horrible", come facevano alcuni della sua equipe, senza farsi sentire
    « Dimmi, Robb, ti andrebbe di farmi da assistente in un paio di test?
    E' per il progresso, sì: per la scienza...! »

     
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    Alla mia domanda il suo volto sembra illuminarsi, come se gli avessi detto una cosa bellissima.
    Mi spiega: lui è un dottore.
    Ma che tipo di dottore?

    Harold...

    Gli faccio eco dopo che mi dice che posso anche chiamarlo come un amico di vecchia data, giusto prima di chiedermi se mi andrebbe da fargli da assistente.

    Alzo la testa guardandolo dritto nelle pupille.

    Cosa?!

    « E' per il progresso, sì: per la scienza...! »

    Abbasso la testa strizzando gli occhi un paio di volte: forse ho ancora allucinazioni come prima, forse nessun medico è entrato in questa gabbia e io starò qui ancora per molto, troppo, tempo.

    Rialzo la testa.
    Harold è ancora lì.
    Con la stessa identica espressione di due secondi fa.
    Aspetta una mia risposta.
    Prendo un respiro lento e profondo, cercando le parole più adatte:

    Cosa...come...come potrei assisterti...
    ...Harry?


    Cerco di avere un tono più affabile possibile, per quanto un uomo appena svegliato da un sonno forzato e legato come un salame alla sedia della stanza di un laboratorio, possa apparire affabile quando parla con il suo carceriere.

     
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    Harold... Cosa?!
    ripetè il prigioniero, rimasticando quel nome e fissandolo con intensità
    Cosa...come...come potrei assisterti...Harry?

    Oh, sembrava proprio un animaletto sperduto! Se in quel preciso istante Robb non fosse stato proprietà del laboratorio, se lo sarebbe portato a casa... anche se, pensato così, la faccenda suona un tantino più bizzarra ed inquietante di quanto fosse; ridacchiò tra sé e sé nell'esaminare il proprio flusso di coscienza, e -nel reclinare un pò da una parte la testa coronata di riccioli neri- rivolse al giovane un sorriso affabile di rimando.

    « Beh... pensavo di iniziare con qualche domanda per definire il tuo quadro clinico. »
    esordì con tono allegro e colloquiale, stringendosi nelle spalle
    « Dopo, vorrei presentarti gli altri assistenti e fare un pò di lavoro di gruppo...! »

    Non suonava tanto male, no?

     
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    Dopo la mia domanda non risponde subito.

    Mi guarda.

    Noto nei suoi occhi qualcosa di molto simile all'affetto che qualcuno potrebbe provare per il proprio animale da compagnia.
    Poi noto come quel pensiero viene scacciato un attimo prima che la testa venga inclinata da una parte rivolgendomi un gentilissimo e quasi paterno sorriso, con il quale risponde alla mia domanda spiegandomi che vorrebbe iniziare con delle domande per poi presentarmi agli altri...assistenti, per fare lavoro di gruppo.

    Sorrido gentile: la parte delle domande va benissimo, in fondo che male potrà farmi rispondere a qualche domanda seppur posta dal mio aguzzino?
    La parte del lavoro di gruppo...beh, chissà cosa intende questo squilibrato con quel termine, ma se vuole presentarmi ad altre persone, cavie che lui definisce assistenti, ci potrebbe essere qualche migliore possibilità di uscire.

    Oh!
    Non sembra male: e io che pensavo volessi infilarmi decine di aghi in corpo, o provare chissà quale genere di medicina su di me, e finire per annullarmi la personalità!
    Ma che stupido...


    Inclino la testa un attimo in avanti mentre sorrido un poco.
    Un sorriso amaro, preparatore di forse qualche cazzata che dovrò fare.
    Ma se sarà per essere libero non saranno tanto cazzate.

     
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    Oh! Non sembra male: e io che pensavo volessi infilarmi decine di aghi in corpo, o provare chissà quale genere di medicina su di me, e finire per annullarmi la personalità! Ma che stupido...

    Il prigioniero inclinò il capo da una parte, sfoggiando un sorrisino stentato e tutt'altro che bendisposto; il Dottor Blue, dal canto suo, gettò indietro la testa coronata di riccioli scuri e rise sonoramente.

    « Ma nooo, Robb! Che cosa vai mai a pensare? »
    rispose, una volta esaurito quello scroscio di ilarità
    « Per quello, non si usano mica gli aghi! Sono obsoleti, ormai... Non devi interdetene molto, di medicina, o -per lo meno- non devi essere molto aggiornato. »
    prosegue scuotendo il capo, comprensivo, e frugando una tasca del camice
    « Ad ogni modo, direi di cominciare con l'anamnesi... »

    Terminando la sua ricerca, il medico estrasse una specie di telecomando, e schiacciò un solo pulsante prima di riporlo dove lo aveva preso; in reazione all'impulso impresso, uno dei pannelli di metallo liscio che ricoprivano il pavimento scivolò da una parte, e dalla sezione davanti alla sedia del prigioniero emerse una sorta di semplice sgabello di ferro.

    jpg
    « Bene, tanto per cominciare: da dov'è che vieni, Robb? »
    chiese il doc., accomodandosi sul trespolo e sfilando la cartelletta da sotto al braccio
    « Sei del semipiano o vieni da fuori Endlos? »

     
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    « Ma nooo, Robb! Che cosa vai mai a pensare? »

    Ma nooo, ma cosa vado a pensare?
    Gli aghi sono obsoleti, devo essere stato proprio distratto mentre non studiavo niente di simile.

    Alzo la testa, mostrando uno sguardo sconcertato, quando lui dice che si deve iniziare con...l'anamnesi...

    Sono tentato di chiedergli di cosa si tratta, ma quello sta già armeggiando con un telecomandino che ha tirato fuori dal suo camice, e pochi attimi dopo uno sgabello è uscito dal dov'era un pannello del pavimento che si è spostato alla pressione del tasto.

    Quello si siede, mettendo la cartella sotto il braccio mentre mi chiede in tono amichevole se sono nativo o se sono un naufrago.

    Sono nativo di Endlos.

    Cerco di muovermi un po' nella sedia per sentirmi un po' più comodo, ma le cinghie mi impediscono tutto.
    Vabbè. Che palle.

    Vengo da Berjaska, da Negara per la precisione.

    Pochi la conoscono a dire il vero, è sul lato ovest dell'isola, ed è un ammasso di case molto ristretto...non credo sia definibile come niente più di un paesello...

     
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    Sono nativo di Endlos.
    ribattè il giovanotto, agitandosi sulla sedia per il poco che gli riusciva
    Vengo da Berjaska, da Negara per la precisione.

    Annuendo tra sè e sè con un mugugno assorto, il Dottor Blue appuntò quell'informazione sulla sua cartelletta; poi, gettò uno sguardo al suo progioniero, e -dalla smorfia in cui le sue labbra si arricciarono- sembrò soppersare qualche pensiero dubbioso nella mente, cullandolo nel segreto del palato fino al momento in cui non gli sovvennero i termini più adatti per tradurlo in parole.

    Quando parlò per porre a Robb la sua prossima domanda,
    reclinò la testa coronata di ricci neri da una parte e sorrise amichevole.


    « E dei tuoi genitori che cosa sai dirmi...? »
    chiese, prima di specificare ciò che davvero gli interessava sapere
    « Sì: insomma: erano entrambi umani...? »

     
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    Annota la risposta sulla sua cartelletta, pensieroso, per poi guardarmi indeciso forse sulla seconda domanda da farmi.
    Pochi attimi dopo ha deciso e mi guarda sorridente:

    « E dei tuoi genitori che cosa sai dirmi...?
    Sì: insomma: erano entrambi umani...? »


    Lo guardo con espressione leggermente stralunata: ma che domande fa?

    Certo!
    E con loro ho sempre fatto una vita normalissima!


    Visualizzo mio padre che mi raccontava le storie prima di dormire.
    Mi vedo nel bosco di Negara mentre lo aiutavo a prendere la legna per fronteggiare l'inverno dell'ovest.
    Mi torna in mente il suo sguardo rassegnato quando gli ho detto che me ne sarei andato a cercare qualcosa...

    ...
    Abbasso leggermente il capo mentre parlo a voce un po' più bassa
    ...io...
    Non ho...

    Io non ho mai conosciuto mia madre.


    Alla fine dico la frase tutta d'un fiato, come per scacciare i problemi che hanno accompagnato la sua mancanza.
    Alzo la testa a guardarlo, dritto negli occhi.

    È morta.
    In un incidente alla miniera di Negara.


    Sposto lo sguardo da quel visino tutto perfettino e amichevole e guardo le linee che le vetrate divisorie fanno sul soffitto: mi da sui nervi parlare del fatto che sono orfano.

    A quanto mi è stato raccontato portava le provviste per i minatori, ed un pezzo di galleria le è crollato sulla testa: non l'hanno più trovata.

    Riabbasso lo sguardo sui piedi del dottore, aspettando che dica qualcosa, qualsiasi cosa.

     
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    Certo! E con loro ho sempre fatto una vita normalissima!
    ribattè il giovanotto, squadrando il medico con uno fare stralunato e perplesso
    ...io... Non ho... Io non ho mai conosciuto mia madre.
    È morta. In un incidente alla miniera di Negara.
    sibilò ancora, quasi stizzito, spostando lo sguardo dal suo interlocutore alle vetrate
    A quanto mi è stato raccontato portava le provviste per i minatori, ed un pezzo di galleria le è crollato sulla testa: non l'hanno più trovata.

    Reso irrequieto da quelle domande snervanti, il prigioniero tornò ad appuntare gli occhi sul pavimento, e -per un lungo istante- a fargli eco fu solo lo sfregamento che una penna a sfera produce su un foglio di carta quando vi verga tracce di inchiostro; il dottore stava evidentemente prendendo una lunga nota su qualcosa, ma... il fatto che fosse sprofondato d'un tratto in un composto silenzio dava da pensare.

    « Capisco. Mi dispiace. »
    esordì asciutto il Dr. Blue, e un sospiro mesto gli evase dalle labbra
    « Nessun bambino dovrebbe crescere senza sua madre. »

    ...e la cosa più sconvolgente fu che sembrava sincero, e inconcepibilmente umano: la voce -sempre modulata per essere suadente ed amichevole- aveva assunto toni più neutri e distaccati, i lineamenti del suo volto tradivano una remota amarezza, e anche i suoi occhi -nascosti dagli occhialini- si erano allontanati da Robb per vagare lontano.

    Quel silenzio si protrasse per ancora lunghi minuti, ma quando il Ricercatore prese di nuovo la parola fu per cambiare argomento - e i suoi modi erano tornati i soliti, sfoggiati in precedenza.


    « Vedo che hai una spada... »
    sorrise affabile, indicando con un pollice l'arma alle sue spalle
    « Come te la cavi ad usarla? »

     
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    « Capisco. Mi dispiace.
    Nessun bambino dovrebbe crescere senza sua madre. »


    Alzo leggermente gli occhi, guardandolo ma senza fissarlo direttamente: la nota di dispiacere che ho sentito nelle sue parole si associa perfettamente con l'espressione distaccata ma comprensiva che ha sul viso.

    O coso, Harold, è bravo a fingere anche queste cose(cosa che mi sembra anche abbastanza vera), oppure gli faccio pietà.
    E se gli faccio pietà...

    « Vedo che hai una spada...
    Come te la cavi ad usarla? »


    Ecco: il tono di voce è tornato quello di sempre e il sorriso testato e funzionante di nuovo sul suo volto.
    Attore!

    Lo guardo negli occhi, questa volta, con uno sguardo tutto sommato tranquillo e rilassato, mentre cerco le parole più adatte:

    Non la uso da molto...
    ...non sono ancora molto bravo...

    espressione leggermente triste, abbasso lo sguardo un attimo prima di continuare
    Ma qualche giochetto sono riuscito a impararlo,
    nel bosco vicino a Negara, quando nessuno poteva vedermi...


    Guardandolo cerco di capire che intenzioni ha: perché se questa mia patetica messa in scena sui "giochetti" riesce a mettergli la pulce nell'orecchio e fargli venire in mente di liberarmi per fargliela vedere...beh, metà del lavoro è già fatta.

    Anche se poi dovrei trovare il modo di uscire da questo posto...

     
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    Non la uso da molto... ...non sono ancora molto bravo...
    replicò Brost, guardando il doc. con aria distaccata prima di abbassare il capo
    Ma qualche giochetto sono riuscito a impararlo,
    nel bosco vicino a Negara, quando nessuno poteva vedermi...


    « Perfetto! Molto bene, direi...! »
    esordì il Ricercatore, abboccando facilmente all'esca
    « Non resta che vedere come te la cavi sul campo, allora! »

    ...ma quel che accadde poi, il ragazzo dell'isola di Berjaska non doveva averlo previsto: Mr. Harry-Blue -detto "Dr. Horrible", e non senza ragione- saltò giù dallo sgabello con entusiasmo, sprofondò le mani in tasca, e gli andò incontro con stampate sulle labbra un ampio sorriso accomodante... troppo per essere davvero rassicurante.

    jpg
    «Non preoccuparti, ci vorrà solo un attimo. »
    garantì, estraendo di tasca un cilindro di metallo e spostandosi alle sue spalle
    « ...ora sentirai una punturina. ♥ »

    Probabilmente, il ragazzo di Negara non aveva mai avuto dimestichezze con le iniezioni, quindi... per usare un termine di paragone per lui comprensibile, fu come ricevere sul collo una fastidiosa puntura di insetto; poi, una pesante sonnolenza si sarebbe inesorabilmente impadronita di lui, gettandolo nel torpore
    di un sonno senza sogni.


    « Non lottare... Lasciati andare... Chiudi gli occhi... »
    fu l'ultima cosa che sentì dire dall'uomo in piedi dietro la sua sedia
    « ...fai sogni d'oro, Robb. ♥ »

     
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