[CdK] The Butcher Bird

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  1. Roryn Macduff
     
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    Il sentiero, da sterrato e deforme, sul quale si era inerpicato per tutta la giornata, divenne improvvisamente più simile a una strada. Il lastricato di pietra era sicuramente più confortevole di un terreno scosceso; e, di certo, presagiva alla presenza di un qualche luogo abitato.

    La conclusione non era errata.

    La luce di diverse lanterne illuminava una notte cupa e priva di promesse, se non quella di una morte stupida per mano di selvaggi e banditi. Najaza era ancora lontana: i villici incontrati nei campi avevano detto che il maniero più vicino era quello di Cripplecrow, ben lungi dalla capitale. Non era un caso, dunque, se i pennoni che sventolavano sotto forma di lunghe liste di tessuto rappresentavano l'emblema di un corvo nero, dalla zampa spezzata, su campo argento lunato. Si trovava nel territorio del Lord Corvo, come gli era stato riferito, sebbene non avesse idea di chi fosse.
    Poco male.

    Doveva, in ogni caso, ritenersi fortunato: l'edificio che aveva davanti — una costruzione modesta, piuttosto rozza — era più largo che alto, e provvisto di un piccolo stabbio dal quale proveniva un forte odore di stallatico. Indubbiamente, si trattava di una locanda; non poteva chiedere di meglio per le sue gambe stanche, per il suo corpo che invocava riposo.

    La foresta rendeva quella notte senza luna, se possibile, ancora più buia. La poca luce proveniva tutta dalle torce appese: le fiamme danzavano sui riflessi delle pozze e dell'acciottolato, disegnando figure strane, inquietanti. Di tanto in tanto un soffio di vento faceva ondeggiare l'insegna lentamente, con uno strido acuto. Su di essa era stato scritto, a pennellate nere, rose dal tempo: "The Butcher Bird".

    I cavalli si innervosirono, accorgendosi della sua presenza.
    Uno di loro emise un lungo nitrito di spavento.

    RegiaBenvenuto in questa scena! La situazione è piuttosto semplice: il tuo pg, durante un viaggio verso Najaza, incorre in una locanda; l'ideale per un ramingo sorpreso dalla notte. Descrivi pure le motivazioni che ti hanno portato in quei pressi. Se entri, puoi anche descrivere l'interno, che è quello tipico di una locanda medievale. Ti prego solo di lasciare a me la descrizione dei personaggi che vi troverai e coi quali dovrai interagire. Io userò delle "soggettive ruotanti", metodo che mi permette di esplorare diversi punti di vista.
    Buon gioco!
     
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    Brutta abitudine quella di viaggiare indipendentemente da quali che fossero le condizioni climatiche. Definire pioggia quella tempesta che lo aveva accompagnato per quasi l'intera giornata, sarebbe stato decisamente riduttivo.
    Pochi giorni prima, all'ultimo insediamento incrociato gli avevano indicato la via verso 'cripplecrow', corvo zoppo. Omryn ricordava chiaramente di aver quasi sorriso a sentire quel nome.

    Gli era toccato percorrere sentieri impervi e che parevano ben poco battuti nelle giornate migliori, figurarsi con un tempo del genere. Fortunatamente alla fine della salita, il sentiero sembrò diventare più simile ad una vera e propria strada. Gliene avevano parlato e stando a quanto dicevano, doveva esserci un luogo abitato poco distante. A guardarsi in giro capì di trovarsi già nel territorio di questo cripplecrow. Tra se e se, non poteva fare a meno di chiedersi come lui o i suoi antenati si fossero trovati ad avere un nome simile.

    Proseguendo al bordo della strada, iniziò ad intravedere in lontananza la luce delle lanterne rischiarare l'oscurità che minuto dopo minuto, cominciava a farsi sempre più opprimente e, man mano che ci si avvicinava, l'emblema del 'Lord del Corvo' era sempre più presente sui vari pennoni.
    A lui non interessava chi fosse ad avere il controllo su quelle terre ed avrebbe preferito non avere troppo a che fare con quelli che dettavano legge nel territorio. Cercava solo informazioni e sapeva dove avrebbe fatto bene a cercare, senza dover andare a chiedere nulla al signore di quelle terre.

    Appena giunto ai limiti di quell'insediamento, infatti, notò ben presto quella che doveva essere una sorta di locanda. Vi si avvicinò, e fin da subito i cavalli si innervosirono per la sua presenza. La sua attenzione, però, venne attratta dall'insegna che cigolava sospinta dal vento che aveva rinforzato all'improvviso. Sembrava che presto avrebbe ricominciato a piovere. L'insegna, vecchia e usurata dalle intemperie, lasciava ancora leggere qualcosa.

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    Ci volle qualche istante prima di riuscire a comporre un nome dal senso compiuto e quel che ne venne fuori, non era molto incoraggiante. Ad ogni modo, sembrava l'unica locanda presente in un insediamento così piccolo, gli sarebbe bastato che vi fosse almeno un posto libero.

    Aprì la porta e venne investito dal calore e dai fumi dell'alcool all'interno. La maggior parte del vociare sembro quietarsi quando quella sagoma incappucciata e ricoperta di fango dalla testa ai piedi si presentò alla porta. Entrò dentro e chiuse la porta alle sue spalle, quando un lampo illuminò di bianco il cielo notturno.

    In silenzio si guardò attorno alcuni secondi, cercando di non incrociare lo sguardo dei presenti più del necessario per evitare inutili ostilità. Cercava solo di impressi i volti dei presenti nella testa, qualcuno magari si sarebbe rivelato utile per avere informazioni su quelle attività che di recente si stavano mettendo in moto su al Nord.
    Dopodiché, mosse i propri passi verso il bancone.

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    Stato Fisico: è stata una camminata lunga e piuttosto dura.
    Stato Psicologico: Teso. È in un posto pieno di sconosciuti e non sa che tipi siano.

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  3. Roryn Macduff
     
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    Non appena fu dentro, la prima cosa che tentò di fare fu di capire chi fossero gli altri avventori della locanda e, al contempo, di non destare troppe attenzioni con occhiate eccessivamente lunghe.
    Il silenzio che lo aveva accolto era già una notizia: molti lo avevano studiato, inserito in una categoria ben precisa prima che lui riuscisse a fare altrettanto. Bisognava sempre essere cauti, in quei luoghi di passo.
    Sul cammino aveva visto diversi uomini penzolare dagli alberi, appesi come capi di bestiame in una macelleria: briganti, monito per tutti quelli che ne volevano emulare le ruberie. Mosche e corvi ne erano attirati come se fossero stati cosparsi di miele. Gli uccelli beccavano gli occhi e la pelle del volto, strappandoli col loro becco affilato.
    Lo spettacolo era rivoltante.

    La sala non era molto grande, ma il calore che ne proveniva era confortevole, invitante dopo il lungo vagare. Omryn riuscì a distinguere i primi volti: a un tavolo v'era un gruppetto di quattro uomini vestiti con tuniche di lana grezza e cinture di cuoio, le quali reggevano il fodero della spada. Erano giovani dalla lingua facile, a giudicare dalla quantità di idromele che avevano bevuto. Con la lama, a quel punto, se la dovevano cavare molto meno. Dopo il momento di silenzio, ripresero a ridere grossolanamente, facendo un gran chiasso.
    Lateralmente, invece, stavano due soldati dalle cappe scure. Uno di loro dava le spalle all'arciere, ma l'altro, che poteva guardare direttamente la porta, gli dedicò un'occhiata intensa, seppure furtiva. Un attimo dopo, stava già rilanciando i dadi.
    Sul fondo della sala, invece, c'erano due uomini isolati. Uno doveva essere lì da molto, perché era accasciato sul tavolo, la testa tra le braccia. Con ogni probabilità dormiva, ubriaco fradicio. L'altro, invece, sembrava un tipo interessante: se ne fregava di quello che gli succedeva intorno, e aveva occhi solo per la cameriera che serviva i tavoli. Era coperto da un manto con cappuccio che ne nascondeva il viso ai curiosi. La donna doveva vederlo, invece, perché gli sorrideva con complicità.

    L'oste verso il quale si diresse era un uomo abbastanza alto, massiccio, dai capelli ingrigiti e la barba ancora spruzzata di qualche macchia di peluria nera. Le sue sopracciglia erano cispose, lunghe; incorniciavano occhi rotondi e vagamente giallognoli. Il petto e il grembo erano coperti da un vecchio grembiule di cuoio duro, mentre il resto del vestiario era anonimo. Si stava pulendo le mani, sporche di quello che sembrava sangue, su un panno bagnato: per questo, forse, non diede la minima importanza alla sua presenza. Masticava in continuazione, con l'ondeggiare lento e ripetitivo dei bovini che ruminano.

    RegiaLa disposizione, all'incirca, è questa. Immagine: tavola al centro i ragazzi, tavola laterale i soldati; i due uomini sul fondo, distanti. C'è un piano di sopra al quale non puoi fare accesso, per ora.
     
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    Omryn procedette, serpeggiando tra i tavoli che lo dividevano dal bancone. Man mano che si avvicinava allungava qualche sguardo curioso e tendeva l'orecchio nella speranza di captare qualche informazione utile tra il vociare che lentamente era nuovamente aumentato. Tuttavia nulla sembrò risvegliare il suo interesse.

    Aveva chiaramente notato il gruppo di giovani al centro della sala, era il gruppo più rumoroso e che sembrava quasi intenzionato ad attrarre le attenzioni dei presenti.
    Notò poi due individui vestiti quasi allo stesso modo, soldati o qualcosa del genere. Si accorse che uno di loro lo fissava ma fece finta di nulla e proseguì. Se c'era qualcosa che voleva evitare erano proprio guai con gli uomini del Lord del Corvo, ammesso che quei due tizi facessero parte del suo esercito.
    Sul tavolo più lontano notò altri due individui. uno sembrava essersi messo a dormire posando la testa sul tavolo. Evidentemente non era in grado di reggere altro alcool. L'altro, invece, risvegliò la sua curiosità. Forse per il semplice fatto di indossare un cappuccio a celare il proprio volto, un po' come faceva lui. Non gliene fregava niente ma avrebbe voluto poter vedere la faccia e le espressioni di quell'uomo, magari capire quali idee gli passassero per la testa. Forse erano gli stessi pensieri che aveva la gente quando notavano lui seduto agli angoli bui di una taverna.

    Giunto al bancone allungò un paio di monete d'argento all'uomo che vi stava dietro, di certo avrebbe attratto la sua attenzione.
    «Qualcosa da bere e qualcosa da mettere sotto i denti...»
    Iniziò.
    «...e mi serve una stanza per questa notte.»
    Disse, facendo poi una breve pausa.
    Aveva altre domande da porre, ma preferiva aspettare che l'uomo gli dedicasse la giusta attenzione.

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    Stato Fisico: è stata una camminata lunga e piuttosto dura.
    Stato Psicologico: Teso. inizia ad abituarsi all'ambiente, anche se tutto quel caos lo intontisce leggermente.

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    Aveva attraversato la sala in silenzio, tendendo bene le orecchie per captare altre informazioni; purtroppo, gli fu impossibile percepire qualcosa che gli fosse d'aiuto, oltre quello che aveva già intuito.

    Raggiunse presto il bancone.
    Non appena posò le sue monete sul desco, l'oste ebbe, improvvisamente, una maggiore attenzione per lui. L'uomo gettò lo strofinaccio e arraffò il denaro portandolo alla bocca, mordendolo per verificarne il valore. Sembrava buono, e si affrettò a metterlo in tasca. Quel gesto svelò denti irregolari, di una brutta tinta marrone, segno che aveva davanti un masticatore di foglie da fumo. Forse proprio a causa di quel vizio anche la sua pelle era itterosa, solcata da cicatrici, più che da rughe.

    Qualcosa da bere e qualcosa da mettere sotto i denti... e mi serve una stanza per questa notte. — dichiarò l'arciere.
    Il vecchio fece di sì con la testa, cercando sotto il tavolo. La sua voce era gracchiante, per nulla piacevole.
    Posso servirti subito per il cibo. Abbiamo cappone in crosta di miele ripieno di castagne e funghi... e contorno di patate e carote alle spezie. Da bere direi birra: non sei del Nord, giusto?
    Tirò fuori una specie di scodella d'ottone e vi sputò dentro, per poi riporre il vaso al suo posto. Lo tornò a guardare masticando lentamente, con l'aria neutra, quasi asciutta, tipica di coloro che in tutta la loro vita non hanno fatto altro che lavorare.
    Per quanto riguarda la stanza, invece, c'è da aspettare un po'. Roba di qualche ora, mi hanno detto. — fece un cenno col capo in direzione dei soldati, intendendo che la richiesta veniva da uno di loro. Rivolse a Omryn un sorriso marcio, traboccante di una becera ironia. Non ci voleva un cervello fino per capire cosa intendesse; e non era inusuale che in certe taverne si aggirassero le pubbliche mogli.
    Se aspetti ti cambio le lenzuola.

     
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    Anche su Endlos, a quanto pareva, il denaro era sempre un'ottima merce di scambio. Peccato non averne molto a disposizione ma era una situazione, quella, a cui Omryn era già piuttosto abituato anche nel suo mondo di origine.

    Ascoltò quindi le parole dell'uomo, intento a rivelare il menù di quella sera. Era anche meglio di quanto l'elfo avrebbe mai sperato né gli capitava spesso di mangiare cose del genere. Sarebbe stata una buona cena.
    «Avrei preferito del vino...
    Ma andrà bene comunque.
    »
    Rispose.
    «No, non sono del Nord.»
    Proseguì un istante dopo.
    «Qualche giorno fa ho sentito voci di 'movimenti interessanti' qui al Nord, ne sai niente?
    O sai almeno chi può fornirmi informazioni al riguardo?
    »
    Domandò in seguito.

    Nel frattempo, vide l'uomo prendere una piccola scodella di metallo, probabilmente ottone a giudicare dal colore, e vi sputò dentro. La sua saliva aveva assunto una tinta marrone scuro, quasi nero per via delle foglie masticate.

    Per la stanza pareva ci fosse bisogno di attendere. Qualche ora disse l'uomo al bancone. Omryn sembrò intendere quanto voleva dire. evidentemente i soldati aspettavano un loro compagno intento a spassarsela al piano di sopra.
    A quanto pareva c'era solo una stanza libera. L'elfo ripensò al clima che l'aveva sorpreso al suo arrivo in città e si rivolse di nuovo all'oste.
    «Non mi pare di avere molte altre alternative. Spero solo di non dover aspettare troppo, però.»
    Si fece due calcoli, a regole avrebbe perso una ventina di minuti cenando, mezz'ora prendendosela calma. Nel frattempo avrebbe potuto cercare di carpire informazioni interessanti dai presenti.
    «Fà ciò che devi.»
    Disse.
    «Mi accomoderò là.»
    Concluse, indicando con la punta del mento l'unico tavolo libero.

    Si alzò ed andò a sedersi, dando le spalle alla porta e, di conseguenza, alla coppia di soldati, tenendo il gruppo di giovani alla propria destra. Tolse lo scaglialance e lo posò alla sedia vicino alla sua, poi calò il cappuccio. Era meglio lasciare via libera alle parole che svolazzavano per la taverna affinché potesse carpirne le informazioni che cercava, se mai vi fossero state.

    Un'ora passa in fretta quando non ti stai annoiando ad aspettare senza far nulla. Dopo aver cenato avrebbe ascoltato ancora il vociare dei presenti e avrebbe cercato di carpire altre informazioni dall'oste se necessario. E se alla fine la stanza non fosse stata ancora liberata, si sarebbe offerto di dare una mano a quello che doveva essere un novizio davvero poco abile quando si trattava di darsi da fare come si deve con una donna.

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    Stato Fisico: è stata una camminata lunga e piuttosto dura.
    Stato Psicologico: Leggermente teso, all'erta. In cerca di eventuali indizi riguardo l'ordine di cavalieri di cui ha sentito parlare giorni prima.

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  7. Roryn Macduff
     
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    Movimenti interessanti? — ripeté l'oste, ciancicando parole e foglie in un miscuglio pastoso, difficilmente interpretabile. Fu scosso da colpi di tosse: qualcosa gli era andato di traverso. Poggiò il gomito sul bancone e lo guardò in tralice, sussurrando. Gli occhi gialli sbarrati da una qualche specie di ribrezzo.
    Il suo alito era acidulo, amaro. Insopportabile.
    Sta' attento, amico. Tu non sei del Nord e io farò finta di non avere sentito: non voglio problemi. — decretò, riprendendo il panno lurido fra le mani e cominciando a strofinare un bicchiere con aria insofferente. Passò appena un attimo, prima che puntasse quello stesso straccio contro il suo ospite.
    Ma se vuoi cacciarti in qualche guaio, qua c'è un po' di gente che ci sguazza dentro.
    Sputò nuovamente nel tegame, quasi a decretare che la chiacchierata sull'argomento si concludeva lì.

    E anche la loro conversazione:
    Ti faccio servire al tavolo.
    fu il modo secco in cui tagliò il discorso.

    Ebbe appena il tempo di sedersi che la porta cigolò ancora, lasciando che raffiche di vento gelido rinfrescassero l'aria, appestata dai fiati pesanti. A fare il suo ingresso fu un elfo dalla pelle scura come la notte, dai tratti affilati. Diversi tatuaggi gli dipingevano il viso, in un ordito che somigliava alla tela di un ragno per l'intrico complesso, dove arabeschi e svolazzi si intrecciavano. Quel viso, in verità né giovane né anziano, pareva antico come le rocce innevate e i dorsi montuosi. Qualcosa di atavico vi abitava, nonostante dovesse essere ancora verde negli anni. Gli occhi, stranamente all'ingiù, allungati in un tratto a mandorla, erano cobalto.

    Skàld!
    lo chiamò uno dei giovani, alzando la coppa. Non sembrava tanto un nome, quanto un appellativo generico.
    Vieni tra noi e canta. Avrai il tuo corno di kvàs come ricompensa.
    L'elfo ebbe appena un'esitazione; poi si avvicinò al tavolo dei quattro guasconi, camminando lentamente.

    Omryn poté notare, a quel punto, che il nuovo avventore portava con sé, dietro la schiena, un vecchio liuto dalla generosa e panciuta cassa armonica. Egli era una qualche specie di cantastorie; non poteva avere dubbi al riguardo. L'elfo fu fatto accomodare: gli uomini lo trattarono con molto rispetto. Gli chiesero il nome, e Omryn poté udirlo: Boccamurata; davvero strano, per uno che faceva il bardo. I giovani si scambiarono un'occhiata, intuendo qualcosa che all'arciere sfuggì.
    Cosa volete che intoni? — domandò Boccamurata, tirando un respiro di sollievo.
    A giudicare dalla faccia, doveva essere stanco. Portò alle labbra tocchi di formaggio, inzuppandoli nel miele. Quindi irrorò la gola secca di kvàs.

    I Canti della Creazione. — propose uno di loro, sorridendo.
    I suoi occhi brillavano di sagacia. Un altro dei ragazzi parve capire l'allusione, e rise.
    Quelli sui Giganti. Dei Terrori di Amnos, e di come furono sconfitti.
    Era come se fosse stata lanciata una palla tra di loro: si scambiavano vicendevolmente i rilanci di una goliardia.
    Dei valorosi uomini che difendevano il Nord e le terre degli dèi.
    Dei Cavalieri di Koldran.

    Nella sala scese un silenzio di pietra. Un silenzio stupefatto, stavolta, e persino astioso, affilato come la lama di un coltello. L'uomo solitario bevve, imperscrutabile dietro il cappuccio, quello dormiente continuò a dormire, mentre la cameriera sparecchiava il suo tavolo, togliendogli qualcosa dalle mani. Uno dei soldati rimase con il pugno a mezz'aria mentre stava per tirare i dadi, l'altro si voltò, fissando il gruppetto. Forse aiutati dall'alcool, i giovani ne sostennero l'occhiata, rincarando la dose con risate provocatorie.
    Sono storie antiche... — sussurrò il cantore, quasi a giustificarsi, percependo quell'improvviso cambio di umore nell'aria. Ma nel suo tono di voce c'era anche un che di reverenziale: evocava un ricordo dei padri, una memoria tinta di mistero e di sacro, che pochi celebravano ancora.
    Spinto dal denaro del giovane che aveva parlato per primo, cominciò a pizzicare le corde.

    La melodia era arcaica, e anche le parole lo erano: per un naufrago o per uno straniero era impossibile decifrarne il significato. Eppure la musica restituiva perfettamente il senso di un canto in cui era esaltato il valore e le gesta di quegli uomini contro i mostri di un primitivo Nord. A udirla si avvertiva un brivido inspiegabile; il sangue ribolliva nelle vene, infondendo coraggio. La voce di Boccamurata era bassa ma dolce, densa di armonici.

    Il suo canto meritava di essere ascoltato, e nessuno lo interruppe.

    Regia1skàld: poeta, cantore.
    2kvàs: tipica bevanda del Nord. Vin caldo, miele, spezie e... sangue.
    Scusa il ritardo! In ogni caso, questo è ciò che accade quando il tuo pg si va a sedere. A te deciderne il comportamento, in base a quello che vedi e senti. Viene fatto il nome dell'ordine di cui avevi sentito parlare, ma la canzone sembra riferirsi a fatti antichi... e la lingua non aiuta. Quei giovani devono sapere qualcosa, ma la reazione dei soldati è tale da metterti in allarme.
     
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    L'oste non sembrava propenso a dare le informazioni che Omryn andava cercando. Forse qualcuno dei presenti lo aveva messo in allarme, ma chi? L'uomo all'angolo? I soldati? Dubitava si trattasse dei giovani. Forse avrebbe dovuto allungare ancora qualche moneta, cosa che magari avrebbe tentato più tardi, quando la quantità dei presenti sarebbe calata o il mattino dopo, prima di riprendere il viaggio.

    Si era appena accomodato, quando una folata d'aria gelida lo colpì alle spalle. Qualcuno di nuovo doveva essere arrivato e, a giudicare dall'entusiasmo dei giovani seduti al tavolo accanto che lo invitarono ad unirsi a loro e a cantare.
    Ciò suscitò un certo interesse nel cacciatore che, incuriosito, si voltò per vedere chi fosse questo 'Skald'. Si sorprese non poco a vedere che si trattava di un elfo nero. Era il primo elfo che vedeva da quando era approdato su Endlos, la sua pelle era molto più scura di quella del cacciatore. Se non fosse che Omryn era un naufrago, avrebbe potuto dire che fosse un suo parente. Ad ogni modo, gli rivolse un cenno di saluto con il capo, quando i loro sguardi si incrociarono. Notò il vecchio liuto che recava con se. Era di certo il primo elfo cantastorie incontrato in vita sua, per quanto ricordasse.

    Omryn tornò poi a guardare davanti a se, dando le spalle ai presenti, ma continuando ad ascoltare il vociare presente nella sala. Si concentrava come poteva, nel tentativo di dividere e distinguere meglio le voci dei presenti. Intese il nome del nuovo arrivato, non era 'Skald', bensì 'Boccamurata'.
    Ciò lo fece sorridere, cosa davvero insolita per un tipo come lui, ma quel nome aveva un che di buffo, oltre che assurdo, visto che era un cantastorie. Forse era una presa in giro o qualcosa del genere, ad ogni modo, non gli importava.

    Sentì poi distintamente una ad una le voci dei ragazzi intenti a richiedere un particolare canto. Prima uno, poi l'altro, fecero le richieste a loro più gradite. Erano tutte canzoni che Omryn mai aveva sentito prima di allora né gli sarebbero interessate più di molto credeva, almeno fino a quando non sentì un nome a lui familiare. I 'Cavalieri di Koldran', quel nome lo fece trasalire. Erano proprio voci riguardanti questo ordine ad averlo portato nuovamente a Nord. Ci era già stato un mese prima o poco più, proprio nella regione montuosa chiamata Koldran, ma non aveva incontrato nessun cavaliere, a parte quel tipo con la faccia da topo che era un naufrago proprio come lui, quindi non faceva testo. Oltre a ciò, solo un piccolo gruppo di fastidiosi goblin. Forse tra le rime del canto avrebbe potuto notare qualcosa di singolare, forse vi erano informazioni su dove avrebbe potuto trovare questi cavalieri.

    Il canto cominciò poco dopo, ma la fiducia del cacciatore fu mal riposta. Le parole erano antiche, forse un dialetto elfico antichissimo che, di certo, non aveva nulla a che vedere con le origini di Omryn. Non era in grado di decifrarne neppure il significato. Anche la musica suonava strana e incomprensibile, ciò che poté fare fu solo intuirne l'armonia di una tonalità minore tanto intensa da poterti ribaltare l'anima. Dire che quella canzone provocava la 'pelle d'oca' era assolutamente riduttivo, riusciva a fare molto, molto di più, andando a scavare a fondo nell'animo delle persone.

    Per quanto apparisse ormai inutile ascoltare la canzone, Omryn si ritrovò quasi costretto ad ascoltarla ma non ne avrebbe ricavato assolutamente nulla. Avrebbe dovuto cercare di scambiare qualche informazione con il nuovo arrivato o, almeno, con uno dei quattro ragazzi al tavolo. Quando più tardi la cameriera sarebbe giunta a portargli la cena, le avrebbe allungato qualche moneta per offrire a tutti i ragazzi e all'elfo cantastorie un altro boccale di quella bevanda che a loro pareva piacere molto. Certe volte, non c'era come pagare da bere per farsi nuovi amici.

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    Stato Psicologico: Incuriosito dalle storie che l'elfo o ragazzi potrebbero sapere al riguardo dei cavalieri. Colpito e attratto dalla canzone del bardo in maniera sorprendente.

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    Negli occhi di uno dei giovani si erano formate grosse lacrime.
    Skàld, — iniziò, alzandosi, mostrando a tutti la propria commozione, non scevra di punte alticce — non so quale peccato tu abbia commesso per meritarti quel nome ingiurioso... ma il tuo canto ti salva al cospetto degli dèi e degli uomini.
    Prese la coppa di kvàs e la sollevò a mezz'aria. Ondeggiava sul posto, segno evidente di una lingua che non sapeva più essere tenuta a freno. Di lì a pochi secondi, Omryn l'elfo avrebbe ringraziato di non essersi immischiato nei loro affari. L'oste era sparito, ma la cameriera era rimasta in un angolo, osservando senza parole la scena.
    Io brindo ai Cavalieri di Koldran! Ordine che ha sempre protetto il Nord con onore... e lo farà ancora, se gli dèi non sono ciechi, liberandoci da chi ci ha oppresso a lungo!
    I ragazzi emisero una specie di muggito, levandosi anche loro per brindare fra risate e schiamazzi. La sfida, a quel punto, non era solo un'allusione sotterranea, ma un vero e proprio attacco alla legittimità del Lord di Cripplecrow.

    Un affronto che nessuno dei soldati, ora,
    era più disposto a sopportare.

    jpg

    Tutto accadde troppo in fretta.

    Un attimo prima c'erano calici levati, fiumi di alcool e una goliardia luminosa, sprezzante del pericolo.
    Qualche istante dopo, invece, la taverna era un florilegio di grida di dolore, d'odio e di paura. Il giovane che aveva parlato arretrò di due passi, tenendosi l'imboccatura dello stomaco con entrambe le mani. Il nappo gli era sfuggito dalle dita, tintinnando sul pavimento col clangore del vetro infranto; un gemito gli era affiorato fino alle labbra, come se stesse ingollando aria.
    Aodhan, che hai? — chiese l'amico che gli stava accanto.
    L'altro dischiuse le palme, in un gesto d'arresa e di sgomento: ne sbocciò un esile stelo di legno, intorno al quale rosseggiava il sangue della ferita, fiore verminoso della sua morte. Il quadrello aveva squarciato il fegato, penetrando quasi tutto nella carne: se ne scorgeva appena l'estremità corvina.
    Infame! — ringhiò il ragazzo, gettandosi sul soldato che imbracciava la balestra, i pugni alti sopra il capo. Ma doveva essere già così ubriaco che il milite non ebbe difficoltà ad evitarlo e a colpirlo in testa con l'arma, facendolo cadere a terra privo di sensi.

    L'altro soldato, nel frattempo, snudava la spada, sghignazzando mentre lo scintillare della lama rivelava l'ottima fattura dell'oggetto. — Vediamo se voi insulsi traditori siete bravi con la spada come con la lingua.
    La provocazione fu colta dal terzo giovane, che estrasse a sua volta la lama, lanciandosi in un assalto che ne rivelò tutta la pochezza di armigero. Al soldato bastarono due parate e uno scarto per trovarsi alle sue spalle, per affondare la punta tra la terza e la quarta vertebra: un combattimento fin troppo facile.

    Il quarto guascone, a quel punto, si ritrovò solo. Serrò la mascella, indeciso se rimanere e affrontare il nemico, sicuro martire di una sciocca impresa; ma non era un eroe. Cominciò a correre, raggiungendo la porta con uno scatto insicuro, caracollante.
    Il soldato con la balestra fece per ricaricare l'arma, ma era un lavoro che richiedeva del tempo. Quello con la spada gli fece un cenno con la mano, per dirgli di non preoccuparsi. — Lo prenderemo dopo. — assicurò, sputando per terra e afferrando per la collottola l'uomo privo di sensi. — Prima occupiamoci di questo.
    Il suo compare annuì ridacchiando, sfregandosi le mani. Quello era il momento che preferiva.
    Trascinò il corpo esanime verso l'uscita, diretto alle stalle. Un lampo illuminò la sala: fuori aveva ricominciato a piovere. Si fermò un attimo, guardando gli astanti che erano rimasti all'interno, ancora attoniti per quanto era accaduto.
    Signori, siete liberi di andare via.
    Il suo, più che un consiglio, sembrava un ordine perentorio.

    Che nascondesse o no qualcosa di losco, l'uomo incappucciato non se lo fece ripetere due volte. La sua figura fu presto inghiottita dalle tenebre della notte. La cameriera, invece, si rifugiò ai piani di sopra, correndo su per le scale con uno strillo.
    Erano rimasti soli: Omryn, Boccamurata e l'ubriaco. Lo skàld rimase a fissare con occhi sgranati il corpo senza vita di Aodhan. Quando fu evidente che non c'era niente da fare, cominciò a raccogliere mestamente le sue cose.

    All'esterno i cavalli nitrirono ancora.

    RegiaLa situazione peggiora di secondo in secondo, e non c'è molto tempo per reagire. Puoi decidere, a questo punto, cosa fare: uscire immediatamente per affrontare i soldati, nel tentativo di salvare l'uomo, o cercare di organizzare una strategia con quelli che sono rimasti nel locale.
     
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    Quando la canzone era sul punto di terminare, uno dei ragazzi iniziò a parlare, mentre Skald, l'elfo nero, pizzicava le ultime note facendole vibrare tristemente nella sala.
    Nonostante fosse chiaramente alticcio, con un buon orecchio era possibile avvertire sincerità nelle sue parole. Anche gli altri ragazzi si unirono a lui in quello che doveva essere un brindisi. Lo stesso Omryn si sarebbe unito a loro se solo lo avessero servito. Si era creato un clima degno di una piccola festa, un clima cui non era affatto abituato ma i modi dei ragazzi erano riusciti a strappargli almeno un sorriso forzato. Poi, qualcosa si infranse.

    Un calice a quanto pareva, ma assieme a quel bicchiere si infransero anche il clima che era andato a crearsi, la vita e i sogni di un giovane.
    Il ragazzo che aveva parlato poco prima si era accasciato a terra, trafitto nel ventre da un dardo di balestra. In pochi secondi, la tragedia si trasformò in una rissa armata, rissa che per i due soldati non risultò affatto un problema gestire per via dell'addestramento ricevuto e per l'aver a che fare con giovani piuttosto inesperti che a causa dell'alcool non riuscivano nemmeno a coordinare i propri movimenti.

    Omryn era scattato subito in piedi quando la rissa era cominciata. Aveva afferrato il proprio arco e messo la sedia cui lo aveva poggiato davanti a se, in modo da ostacolare eventuali assalitori. La mano destra era a portata dell'impugnatura del pugnale che portava sempre con se. Sembrava però, che la lite era limitata tra i giovani ed i soldati e terminò in breve tempo.

    L'ultimo ragazzo rimasto fuggì nel tentativo di salvarsi la vita. La fortuna fu dalla sua parte, in quanto il soldato fermò il compagno intento a ricaricare la balestra. I due si decisero quindi di lasciare la locanda, portando con se il ragazzo rimasto privo di sensi. Il secondo suggerì ai presenti di andarsene.

    Omryn si guardò intorno, nessuno sembrava aver mosso un dito. Per quanto ne sapeva, dovevano essere persone del posto, gente che conosceva i quattro ragazzi. Che razza di gente erano se non muovevano un dito in difesa di loro concittadini colpevoli solo di aver parlato un po' troppo? Che razza di leggi vigevano su quelle terre? Chi era questo 'Lord del Corvo' per regnare su quella provincia in modo simile?

    La situazione sembrò essersi calmata quando i due soldati uscirono e il cacciatore tirò a sua volta un sospiro per allentare la tensione. L'uomo incappucciato all'angolo non sembrava intenzionato a perdere tempo ed uscì pochi secondi dopo l'ultimo soldato.
    Il cacciatore fece danzare il proprio sguardo tra i presenti, erano rimasti in pochi. Il cantastorie dopo aver fissato a lungo il cadavere del giovane vicino a sé, iniziò a raccogliere le sue cose. Non sembrava quello che poteva essere un valido alleato in battaglia, ma era comunque qualcuno che poteva fornirgli le informazioni su ciò che cercava, insieme ai due ragazzi ancora in vita. L'ubriaco che stava vicino all'uomo incappucciato non era nemmeno da considerare, probabilmente non si sarebbe nemmeno retto in piedi, figuriamoci se era in grado di stringere una spada in pugno. L'oste non sembrava esser pienamente leale agli uomini del Lord Corvo, ma era chiaramente qualcuno che voleva evitare problemi. La cameriera era forse la più affidabile dei presenti, ma quando la cercò pareva esser svanita. Il cacciatore fu quindi costretto a prendere una decisione.
    «Nessuno si muova.»

    Disse, rivolgendosi a quelli rimasti nella sala.
    «Vecchio...»
    Riprese subito dopo voltandosi verso l'oste, notando che non era più tra i presenti in sala. Probabilmente era fuggito o, più semplicemente, si era nascosto dietro il bancone.
    «...il servizio qui fa schifo.
    Ma sembra una caratteristica di questa città.
    »
    Disse, alludendo a quanto era appena accaduto.

    Mosse un passo in direzione del cantastorie.
    «Fratello...»
    Esordì. Non sapeva se a Endlos e specialmente in quei territori gli elfi si chiamavano così tra di loro, ma così gli era stato spiegato dal suo mentore, seppur coloro a cui aveva potuto rivolgersi in tal modo nel suo mondo si potevano contare sulle dita di una mano.
    «Desidero conferire con te più tardi... resta qui o cercami nei prossimi giorni.»

    Poi lanciò un'occhiata al resto della sala e fece una smorfia.
    «Per chi ha deciso di andarsene, contate almeno fino a cinquanta dal momento in cui sarò uscito dalla porta.»
    E così dicendo si diresse verso l'uscita.
    Non gli fu affatto difficile scorgere col bagliore del primo lampo i segni di trascinamento nel terreno fangoso. I soldati dovevano aver trascinato il corpo del giovane in direzione della stalla una ventina di passi alla sua sinistra.

    Invece che dirigersi direttamente là, Omryn attraversò rapidamente la strada, andando a nascondersi in una piccola macchia di alberi presente dall'altra parte. Da lì poteva vedere distintamente la stalla e l'alternarsi dei lampi illuminava la figura dei soldati e del fagotto che si portavano dietro. Lui era il cacciatore e i soldati sarebbero stati la preda di quella sera. Incoccò una freccia e prese la mira, aspettando un lampo per poter vedere meglio i due soldati. Un secondo lampo per avere conferma della loro posizione. Quando il terzo lampo diede nuovamente conferma, tirò. La pesante freccia partì direttamente dallo scaglialance in direzione della testa di uno dei due soldati. La mano destra era poi andata ad afferrare un'altra freccia.

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    Edited by Mr. Yogi - 7/7/2014, 22:00
     
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  11. Roryn Macduff
     
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    .soggettiva — Audley e Percy, soldati del Lord del Corvo.



    Il bagliore di un lampo illuminò il viottolo che portava alle stalle.
    Dove diamine si è cacciato quel senza palle di John? — domandò Audley, trascinando il prigioniero con noncuranza. Sembrava che si assicurasse che strisciasse il più possibile, così da rivoltarlo nel fango fin dentro le ossa. Aveva il volto scavato di stanchezza e rabbia, linee dure a intagliarne i tratti marcati.
    Percy, il balestriere, cominciò a ridere istericamente. Scrollò le spalle, come a dire che non lo sapeva e che, in realtà, non gli importava più di tanto. — Vedrai che lo troveremo ubriaco fradicio tra le tette della baldracca. Sempre che quella non gli abbia rubato già tutti i soldi.
    Io non gli presterò più una moneta, nemmeno se vengono a prenderselo gli Artigli del Corvo. Mi deve cento lance.
    La rinnovata risata del compare si trasformò in un accesso di tosse.

    Aprirono la porta della scuderia: il primo ad entrare fu proprio l'uomo privo di sensi, che Audley gettò con malagrazia all'interno. — Pesa un quintale, il bastardo. — ringhiò, storcendo la bocca in una smorfia. Quindi fece il suo ingresso, lasciando che fosse il balestriere a chiudere il pesante uscio di legno alle sue spalle.
    Ci fu un altro lampo, seguito poco dopo dal rombo del tuono.
    Che è stato? — domandò Percy, riaprendo il portone e affacciando la testa fuori. Inarcò un sopracciglio, sospettoso. La notte era buia, e solo vagamente si intuiva il muoversi delle fronde dall'altra parte della strada. — Mi è sembrato di sentire un rumore.
    Vieni dentro, idiota. E' stato il vento.
    Percy tentennò, dubbioso, prima di rientrare.

    Fuori, sulla porta, proprio dove era passata la testa del soldato,
    era conficcata
    una freccia.


    .soggettiva — Omryn Shadowstep.


    Non aveva finito di scoccare la prima freccia, che già la mano era corsa a cercare l'altra nella faretra. Aveva colpito il bersaglio? Non poteva saperlo, perché il cielo era tornato buio, impedendogli di capire cosa fosse successo al di là della macchia che lo celava alla vista. I polpastrelli avevano appena raggiunto il contatto con le piume, sfiorandone la materia leggera, che qualcosa lo afferrò per il polso, bloccandolo in una morsa ferrea.

    « Non gridare e non muoverti. » intimò una voce roca, terrificante, profonda come abissi o certi valloni. La presenza alle sue spalle doveva essere umana, eppure aveva un che di non identificabile, di arcano. Di sicuro, era un tipo particolarmente forte e veloce, poiché non era stato in grado di udirlo.
    « Sei contro di loro, vero? Vorresti punirli per quello che hanno fatto... »
    L'uomo fece una pausa, aspettando una sua risposta. Sembrava desse per scontato che fosse positiva.
    « ... Come me. »

    Il figuro lasciò la presa, dandogli così l'opportunità, se avesse voluto, di voltarsi e guardarlo in faccia. A quel punto, avrebbe potuto riconoscere l'uomo ubriaco della taverna: corti capelli biondi e una fronte alta, solcata da rughe d'espressione; braccia voluminose sotto un vestiario che cadeva morbido sui fianchi. Aveva occhi ardenti, in cui abitava il fuoco di chi non sa attendere oltre: grigio-verdi, sì, ma con uno strano cerchio dorato intorno all'iride. Non pareva poi così brillo, quanto piuttosto eccitato. Al contatto, le sue mani erano roventi.

    « Siamo dalla stessa parte. » sancì, serio; e poi, voltandosi, disse:
    « Seguimi. »
    E si allontanò nel folto.

     
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    Stava per estrarre la seconda freccia, originariamente sarebbe stato il suo dono per il secondo soldato, in quanto era certo che sarebbe stato un buon centro, ma ci sono cose con cui Omryn doveva sempre fare i conti e la sfortuna era una di queste.

    Si accorse però di non riuscire ad estrarla dalla faretra. Qualcosa, o meglio, qualcuno lo stava bloccando. Che il soldato intento a divertirsi lo avesse raggiunto? No, lo avrebbe già ucciso, anziché intimargli di tacere e non muoversi.
    La voce dell'uomo misterioso era roca e profonda come forse solo quella del suo tutore era mai stata. Ma era certo che non poteva essere lui.

    Al lampo successivo, Omryn notò che i due soldati erano spariti. Dovevano essersi ritirati all'interno della scuderia.
    La voce proseguì, chiedendo all'elfo se questi fosse contro i soldati. Come lui, disse, evidentemente era un loro nemico.
    A quel punto lo sconosciuto mollò la presa e il cacciatore si voltò per vedere chi fosse stato tanto in gamba da avvicinarglisi senza che se ne accorgesse. Ancora oggi malediceva quanto le sue percezioni fossero differenti rispetto al luogo in cui viveva fino a poche settimane prima.

    Voltandosi ebbe un'autentica sorpresa. Era convinto si trattasse dell'uomo incappucciato ma, invece, trovò di fronte a sé l'uomo che era crollato sul suo stesso tavolo. Non avrebbe scommesso una moneta di ferro arrugginita, storta e bucata che quell'individuo sarebbe riuscito ad avvicinarglisi, né sul ventitreesimo parallelo né su Endlos dove le sue percezioni erano ai minimi storici.
    «Non sono contro nessuno, né dalla parte di nessuno....»
    Rispose, quasi volesse criticare le parole appena pronunciate dall'uomo.
    Omryn, dopotutto, non era tipo solito da schierarsi dalla parte di qualcuno, la maggior parte dei suoi lavori li aveva svolti come mercenario.
    «...solo non mi piace quanto è successo.»
    Concluse, mentre l'uomo si stava già allontanando.

    L'istinto spinse Omryn a seguire l'uomo, ma dopo il primo passo si fermò e si voltò ad osservare nuovamente la scuderia che venne illuminata dal bagliore di un altro lampo.
    Esitò, poi si voltò nella direzione presa dallo straniero e lo seguì. Di certo conosceva il posto più di lui e, probabilmente, aveva qualche cosa in mente.
    Ma avrebbe dovuto fidarsi di quell'uomo?

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    Stato Fisico: in forma, anche se un po' affamato.
    Stato Psicologico: Che provincia di merda se viene gestita in questo modo. E questo. Oh dei, tra poco risorgeranno anche i morti dal terreno se questo tipo è riuscito ad alzarsi e a muoversi in questo modo...

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  13. Roryn Macduff
     
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    “ qualche ora prima; taverna del Corvo Beccaio ”
    - -
    soggettiva: ???, l'uomo ubriaco


    « Finito? » ringhiò, iroso, serrando la mascella,
    « Che vuol dire finito? »

    Avrebbe voluto sputargli in faccia; si trattenne a malapena, stringendo i pugni: non voleva attirare troppo l'attenzione. L'uomo di fronte a lui, un corriere dall'aria misteriosa, dal cappuccio alzato, fece per poggiargli la mano sulla spalla: non gli permise tanto. Se la scrollò di dosso con un brivido di ribrezzo, minacciandolo di un trattamento ben più severo di qualche imprecazione. L'aveva condotto fin lì promettendogli ciò che cercava, e ora osava tirarsi indietro, credendo di poterlo gabbare?
    Il mio informatore ha sbagliato. Non accadrà più, te lo giuro. — L'uomo col cappuccio mise le mani avanti, quasi pregandolo di stare calmo, di credergli. — Ci vorrà solo qualche ora. Vedi la cameriera? Lavora per me.
    Te lo procureremo.


    Si allontanò, sedendosi nuovamente al suo tavolo. Gli ammiccò col calice levato, gesto che voleva accattivarne le simpatie, ma che riuscì solamente ad aizzarne il temperamento. Non era un tipo paziente. In quello stato, era disposto a sopportare anche meno: le sue percezioni erano sovvertite. Avvertiva il sudore colargli fino alla schiena, poteva contarne una a una le stille. Era come se perle, poi pietre e infine macigni gli rotolassero lungo il corpo, quasi che il peso salisse di grado durante la caduta. E la vista, poi? Era avvolta in una nebbia lattiginosa, che confondeva tutto; infine, il cuore: perse il conto dei battiti, e cominciò a tremare. Gli parve di morire per una bizzarra stanchezza, eppure non poteva fare nulla: non con gli uomini del Corvo seduti a pochi centimetri di distanza, non con quel puzzo di trappola, di pania, in cui sentiva di essere invischiato. Reagì malamente, guardandosi per un istante intorno con l'ira repressa di un felino in gabbia.
    Nascose di nuovo la testa tra le braccia. Una posa che non gli si addiceva, ma doveva stare ancora in quella bettola maledetta. E chissà per quanto.

    Aspettare il momento giusto.
    Aspettare.

    - -
    “ ora; macchia di fronte la taverna ”
    - -

    L'arciere lo aveva seguito, e almeno una cosa sembrava essere andata per il verso giusto, in quella giornata storta. Concluse la corsa bloccandosi davanti a qualcosa, rimuginando sulle parole dell'altro. Non gli era piaciuto quanto era successo, aveva detto. Le sue spalle ebbero un sobbalzo, quasi che stesse strozzando una risata.

    « Ciò che hai visto sono briciole. », sussurrò, non celando il rancore che provava. Si voltò verso l'elfo, squadrandolo con i suoi occhi selvaggi. Mentre parlava gesticolava lentamente, con modi secchi, decisi.
    « Io voglio salvare quel ragazzo. Se è finito là, è anche per colpa mia. Per cui, da che parte stai non mi importa. »
    Gli offrì la mano, come per siglare un patto.
    « Roryn Macduff, dei cavalieri di Koldran. », si presentò, adducendo probabilmente alla seconda parte di quell'affermazione le sue parti di responsabilità.

    « Allora, ti unisci nell'impresa, arciere? »

    A una risposta positiva, avrebbe spiegato il piano, mostrandogli cosa aveva davanti: il corpo del terzo soldato, messo fuori gioco da una bella botta sulla nuca.
    « Posso travestirmi ed entrare nella scuderia, ma non posso portare la mia spada: è una zweihander. Troppo grande, mi scoprirebbero subito; e questo bastardo è un balestriere. Lascerò aperta la porta così che potrai coprirmi le spalle. Quando inizierò il combattimento, falli fuori.
    Senza colpirmi, se ci riesci.
    »

    A una risposta negativa, non sarebbe più stato tanto
    amichevole.

    Regia1: Corvo Beccaio è una traduzione/gioco di parole di Butcher Bird.
    La prima parte del post è un flashback rispetto all'ingresso di Omryn: quest'ultimo non può esserne a conoscenza, ma è un tassello che aggiungo per il lettore.
     
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    L'uomo disse di voler salvare il ragazzo preso dai due soldati, poi offrì la mano al cacciatore e si presentò.
    L'elfo esitò, sembrava troppo facile, un attimo prima questi Cavalieri di Koldran erano solo una leggenda di cui era vietato parlare ed ora se ne trovava uno proprio davanti.
    «Quel ragazzo è finito là dentro ed altri due sono morti perché non hai fatto nulla per aiutarli.»
    Rispose, facendo poi una breve pausa.
    «Per lo meno tu dovresti sapere qual'è la situazione in questa città, avresti dovuto sapere quale sarebbe stata la reazione dei soldati.»
    Lo criticò.
    «Mi auguro che gli altri tuoi compagni non preferiscano nascondersi dietro a una bottiglia, altrimenti questa provincia è fottuta.»
    Concluse, per poi stringer la mano dell'uomo.
    «Omryn. Naufrago e vagabondo se può esserti utile.»
    Rispose, presentandosi. Non era un nobile né tantomeno un cavaliere, tuttavia disse cosa era in realtà.

    Quando l'uomo che rispondeva al nome di Roryn Macduff spiegò cosa voleva fare, Omryn estrasse una delle sue lame, la esaminò un istante e la passò all'uomo.
    «Usa questa.»
    Disse, per poi valutare la situazione tornando con la memoria alla macchia di alberi vicino la locanda.
    «Il capanno non mi offre linee di tiro, dovresti buttarli fuori. Ci conviene entrare in due e stanarli.»
    Parlò, proponendo la sua idea.

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    Stato Psicologico: E così questo è uno dei cavalieri. Sembrava solo un ubriacone qualunque, ma ha già steso l'altro soldato.

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  15. Roryn Macduff
     
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    Ascoltò le accuse di Omryn senza fare una piega, con un viso inespressivo che non lasciava intendere nulla, se non una naturale propensione alla serietà. Solo una ruga, di tanto in tanto, sprofondava nella carne, incidendola con solchi da cui trapelava l'amarezza di una vita non facile. Il Leone era un animale sussiegoso, difficile da penetrare: nel buio della notte, era quasi impossibile.

    « Quattro contro due. » disse, infine, dopo averlo fatto sfogare.
    Tacque per un pezzo, come se già avesse parlato abbastanza. Continuò solo per spiegarsi meglio, certo che lo straniero non l'avrebbe capito.
    « Dov'è l'onore in un combattimento del genere, cercato per passare una notte diversa? Se si hanno delle spade al fianco e si cerca la lotta, si dovrebbe avere l'accortezza di saperle usare, quelle lame, o gli dèi non ne saranno contenti. »
    Roryn fu duro, ma lo sarebbe stato ancora di più, se ne avesse avuto il tempo e la voglia. Nei suoi occhi brillava un fuoco risoluto, ardente, di chi non si piega. La mentalità, cocciuta e dedita ad antichi valori, incapace di compromessi, era senza dubbio quella di un uomo del nord.
    « Non sapevano neanche di cosa stavano parlando: io avrei voluto, ma non ho potuto aiutarli. Se lo avessi fatto, le conseguenze sarebbero state ben peggiori. Morire a causa della propria idiozia è una scelta... come è mia la scelta di farmi coinvolgere, a costo della vita. »
    Fece un'altra pausa, allontanando la rabbia da sé con un gesto di stizza. « E non c'è nessuna bottiglia dietro la quale nascondersi. » affermò, secco. Il timbro roboante della sua voce si assottigliò, divenendo più enigmatico che mai.

    L'elfo, nel frattempo, gli stava passando una delle sue spade gemelle. Roryn l'accettò di buon grado, studiando la linea curva della lama con curiosità. Un oggetto esotico, di cui, però, non faticò ad intendere l'utilizzo: come ogni oggetto tagliente, si affondava dalla parte affilata.
    Passò a vestirsi con la divisa del soldato, e nel mentre dette ascolto ai suoi consigli. Era un tipo accorto, quell'Omryn; così, infatti, aveva detto di chiamarsi lo straniero, accettando la sua stretta.
    Se era sveglio, anche, sarebbero riusciti a liberare il giovane sconsiderato.

    « Farli uscire sarebbe troppo faticoso. E' meglio entrare entrambi, hai ragione: io mi spaccerò per il loro amico, tu cerca di trovare un posto ben nascosto, dal quale tirare. »
    Tirò su il cappuccio della cappa corta, nascondendo il viso.

    « Sei pronto? »

    RegiaSe hai qualche preparativo da fare, fallo ora. Il prossimo post si svolgerà direttamente nel capannone, per cui, se vuoi, puoi descrivere l'avvicinamento di entrambi i pg. Hai carta bianca.
     
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