[CdK] The Butcher Bird

.soggettiva — Omryn Shadowstep.


Infine c'era riuscito: grazie alla comunione, che ne aveva acuito le doti, era stato capace di farsi strada all'interno del capannone. Il primo balzo fu facile; il secondo meno, ma poté avvalersi dei punti d'appoggio che trovò: appigli di ferro o scalfitture profonde, che gli aprirono la strada fino al piano di sopra. I soldati sembravano non essersi accorti della sua scalata, troppo intenti a malmenare il ragazzo. Le loro risate erano forti, più forti della pioggia scrosciante.

Quando arrivò, si ritrovò in una stanza quadrata, abbastanza grande, in cui avrebbe potuto nascondersi grazie a dei covoni in cui era stato installato verticalmente il fieno. Non poteva infilarcisi, purtroppo, e questo era un bel problema, dato che gli emissari del Corvo guardavano esattamente nella sua direzione. Poteva solamente celarcisi dietro, e affacciarsi in fretta per scoccare le sue frecce, oppure avanzare: era ancora troppo lontano per gettarsi e colpire, se avesse voluto farlo. Quali che fossero le sue intenzioni, uno dei due parve cogliere il movimento della sua ombra, perché si bloccò di scatto, lasciando il pugno a mezz'aria. Il viso della vittima era già gonfia di lividi.

— Cosa...?
Domandò, e nello scatto sottrasse il ragazzo alla portata dell'altro, con suo gran disappunto.
— Che hai? Tocca a me, accidenti! Non puoi divertirti solo tu!
— Anche a me è sembrato di vedere qualcosa...
Disse, ma non mosse un passo, deciso a non separarsi dal prigioniero, utile come scudo umano in caso di attacco. L'altro, invece, che doveva essere il meno furbo della combriccola, si mosse nella sua direzione, recuperando la balestra dalla panca in cui l'aveva posata. La sua espressione non era solamente ebete: era cattiva.
— Veeeengo a preeeendertiiiii!
Cantilenò, caricando il quadrello. Ogni secondo, Omryn lo sapeva, il soldato gli si faceva più vicino.

Poi tutto fu abbastanza confuso. Ci fu un rumore e uno dei due gridò, quindi si udirono risate acute. Evidentemente il cavaliere doveva aver fatto il suo ingresso, spaventandoli con qualche scherzo da caserma, perché ora quello cauto lo stava salutando. — John! Lurido idiota... Dove diamine sei stato, tutto questo tempo?
Anche il balestriere rise, e abbassò la guardia, riavvicinandosi ai commilitoni. Per il momento, sembravano essersi scordati di lui.

Ma doveva agire, e in fretta.

.soggettiva — Roryn Macduff.

Dove accidenti si era cacciato l'elfo? Questa era l'unica domanda che ronzava nella testa di Roryn Macduff, uomo dalla leggendaria pazienza: ne aveva davvero poca. I soldati nemici erano tutti moine e pacche sulla spalla, e da questo dedusse che John, tale il suo nome da canaglia, doveva essere un gran simpaticone. Lui, invece, li avrebbe volentieri appesi per le natiche al primo buffetto: odiava questi atteggiamenti insulsi. Dovette trattenersi stringendo bene i pugni.
"Non sono venuto qui per uccidere degli idioti, ma per salvare il ragazzo.", dovette ricordarsi a mente. Lo guardò di sfuggita, come se vi fosse incappato per caso. Le condizioni in cui versava erano così pietose che si sforzò di non tradire nessuna espressione, sebbene il cappuccio gli coprisse il volto. Percy notò che la sua attenzione si era diretta verso il prigioniero, e cominciò a ridere, tradendo un'eccitazione perversa. — Hai visto, John? Stasera ci divertiamo così. Si è praticamente gettato tra le nostre braccia, mentre tu davi una ripassata alla puttana.

Diede un calcio al ragazzo, facendolo rotolare sul fianco. Il prigioniero emise un verso basso e rauco. Probabilmente era già svenuto diverse volte, ma gli uomini del Corvo stavano ben attenti a far durare il gioco quanto più a lungo fosse possibile. Audley, l'altro soldato, lanciò un urlo di approvazione. — Bel colpo, Percy! Dagliene uno anche tu, John.
Roryn esitò, ma solo per un attimo. Aveva gli occhi dei soldati addosso, e sapeva di non potersi fare vedere interessato alla sua sorte. Si abbassò e gli sferrò un pugno nello stomaco, cercando di causarne la perdita dei sensi: l'unica cosa che poteva aiutarlo.

Ci fu un lampo, seguito dal rombo di un tuono. La luce e il movimento di Roryn evidenziarono l'arma alla sua cintola, la cui fattura era parecchio strana... Audley non poté non notarla: conosceva John e il suo equipaggiamento, e non aveva mai avuto una spada, prima.

— E quella dove l'hai presa?

Il cavaliere guardò, con una certa sorpresa, il punto che gli stava indicando il soldato: era la lama di Omryn. Un brivido gli percorse la schiena. Cominciò a sudare freddo, temendo di essere stato scoperto.
« L'ho rubata. », rispose, facendo spallucce e cercando di essere quanto più naturale possibile. L'affermazione dovette apparire convincente, segno che il gruppetto si dava volentieri a ruberie, tra le altre cose.
— Ho un'idea! — esclamò Percy con un sussulto. — Dovremmo battezzare la tua nuova spada, John. Tagliamo qualche dito al nostro amico.
« No. » La sua risposta era stata secca. Forse troppo: lo capì dalle occhiate che gli vennero lanciate.
« Riscaldiamo prima la lama. Sarà più divertente. »
Percy batté le mani, entusiasta. — Hai sempre avuto le idee migliori, John!

Roryn avanzò, prendendo della paglia da un covone e gettandola in un recipiente di latta. Audley gli si fece accanto, controllando le sue mosse. Era in trappola.

Dove accidenti si era cacciato quel dannato elfo?

.soggettiva — Roryn Macduff.

E mentre arroventava la lama, cercando di guardarsi intorno per capire come avrebbe potuto cogliere di sorpresa i due, tuttavia non rischiando la vita del prigioniero, udì una voce.
— Molto bravo, 'John'.
L'elfo era uscito alla scoperto: dentro di sé, il cavaliere tirò un sospiro di sollievo. Tuttavia, quella sensazione sfumò ben presto in una più vaga, di sgomento. Non stava puntando l'arco solo contro il nemico. Lo stava facendo anche contro di lui. Si lasciò sfuggire un'imprecazione: allora, alla fine, era un nemico del Nord, un traditore qualunque. Come aveva potuto fidarsi di lui, dell'ennesimo emissario del Corvo? Gli avrebbe dato la morte. Sapeva chi era e presto avrebbe scoccato la freccia.
— Per lo meno hai il coraggio di ammettere la tua grande impresa...
Ma Omryn continuò a parlare. Perché non si limitava a farla finita? Fu in mezzo a quel discorso che capì cosa intendeva fare. Stava prendendo le parti dell'uomo derubato, accusandolo di furto. Stava prendendo tempo.
— ...derubare un uomo privo di sensi... ma prego, tienila ancora un po'...
Il soldato davanti era sotto tiro, e se ne sarebbe occupato Omryn. Doveva aggredire Percy, togliergli il prigioniero dalle grinfie. Lo guardò sottecchi, vedendo la sua bocca spalancata in un moto di sorpresa. Era il momento giusto.
— Fa pure ciò che devi, me la restituirai dopo.

Dannato elfo, più furbo di una faina: gli dava pure il segnale d'attacco.
Ma questa volta, Roryn non se lo fece ripetere due volte.

Scattò verso l'uomo con un balzo rapido e teso, più simile a un animale che a un uomo. Percy non capì, non subito: gli fu addosso troppo in fretta e lo scaraventò sul pavimento. Gli diede una testata, poi un'altra; il soldato gli stringeva le mani sul collo, tentando di soffocarlo. Schizzò del sangue: il suo o quello del soldato?; non sapeva, non riusciva a distinguere. Vedeva rosso. Il fiato gli mancava. Roryn ringhiò, tentando di liberarsi. Il sicario aveva la faccia ridotta a una mucillagine rivoltante, il naso in mille pezzi, ma era riuscito a sbilanciarlo e ora gli stava di sopra. Sentì il sangue che ribolliva, pulsando con veemenza, come un torrente che non può essere frenato; la vena rigonfiarsi contro la parete di pelle. Non respirava più. Allungò le mani contro il viso dell'uomo. Le dita gli scivolavano, sporche della vita che fuggiva. Cercò gli occhi e affondò le dita.
Premette e premette e premette.

Premette finché l'uomo non cacciò un urlo disumano e lui gli fu di nuovo di sopra.
Lo finì con la lama, incidendogli una mezzaluna cremisi lungo tutta la gola.


.soggettiva — Audley, soldato del Lord Corvo.

Ma Audley, a differenza del suo amico, aveva capito che cosa stava succedendo. Scappare significava farsi scoccare una freccia nella schiena, andare incontro a morte certa. Se fosse stato abbastanza veloce con uno scatto in avanti, invece... era un suicidio, ma bisognava tentare. Sul suo viso passò l'ombra di un ghigno malevolo: in una qualche maniera, quella situazione lo eccitava...

Si gettò su Omryn con tutta la furia di cui era capace, azionando la lama celata che teneva sotto il polso: l'ultima risorsa di un soldato del Corvo. L'aggeggio scattò con un rumore metallico, rivelando l'acciaio: piccolo, ma letale. Lo diresse al suo stomaco con un montante. Non gli avrebbe dato il tempo di trafiggerlo, no:
prima avrebbe dovuto difendersi.

.soggettiva — Roryn Macduff.

Si rialzò a fatica, tossendo e scrollando la testa. La presa del corvo gli aveva lasciato segni lividi sul collo e sui polsi, oltre a svariate ecchimosi. Era sporco di sangue ovunque, e si dovette tamponare con la manica della camicia per tornare a vedere. Anche Omryn aveva sconfitto il suo avversario, abbattendolo nonostante il tentativo dell'uomo di sorprenderlo.
— È un problema se prendo la sua arma? Tanto a lui non serve più.
Domandò, riferendosi alla lama celata con la quale il sicario aveva tentato di colpirlo. Roryn rispose con un grugnito di assenso e una scrollata di spalle. A lui quei meccanismi non destavano una particolare simpatia, e le considerava armi buone solo per assassini e ladri. L'elfo, invece, doveva essere uno di quelli che si appassionavano a certi meccanismi ingegnosi, e forse voleva studiarne il funzionamento. In ogni caso, non era affare suo.

Si avvicinò al ragazzo svenuto, prendendolo tra le braccia con una facilità sorprendente. Era davvero malridotto; il viso era una maschera pesta, in cui si scorgevano appena i lineamenti. Ma si sarebbe salvato; e ora lo avrebbe condotto all'accampamento dei cavalieri, dove un buon cerusico avrebbe saputo rimetterlo a posto.
Fece per andare, ma esitò, incontrando lo sguardo del suo interlocutore.
«Ti ringrazio per quello che hai fatto.»
Disse, infine, restituendogli la lama che gli aveva prestato. Non poteva scordare quanto Omryn fosse stato d'aiuto in quell'impresa. Lo aveva sottovalutato, e invece era stato un ottimo compagno d'arme. D'altra parte, il Leone dei Macduff era sempre disposto a ricredersi: quell'uomo severo sembrava davvero capace di provare stima verso un alleato valoroso, e Omryn si era conquistato la sua fiducia seguendolo in un'impresa suicida.

«Uno come te potrebbe esserci utile. Verrai con noi? Potresti unirti alla causa. Liberare il Nord...», e qui fece una leggera pausa, indicando col capo i corpi ora senza vita dei due soldati, «... da feccia arrogante come questa.»

Le ragioni dell'elfo erano semplici, e Roryn le accettò con una scrollata di spalle. Si avviò verso l'uscita della stalla, continuando a tenere tra le braccia il povero ragazzo: non poteva perdere un istante di più. Prese un cavallo, dirigendosi verso i monti di Koldran.
La notte ingoiò le loro figure.