[CSV] Stand back, we're going to rewrite Science.

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    EzazélStava cercando Brifos per fare della Scienza.
    Cioè, non proprio Scienza scientifica, quella fatta coi numeri e gli esperimenti e le formule chimiche. Le sue erano ricerche di dogmi e filosofia, di storie e di parole, che con la vera Scienza condividevano solo il fine ultimo: la comprensione della struttura del Multiverso.
    Brifos seguiva la via delle Leggi. Lui avrebbe capito.

    Non l'aveva trovato nei corridoi di Palanthas, quindi si era fatto spiegare da Arthur dov'era la sua stanzetta. Secondo piano, camera d'angolo a destra, opposta a quella di Julian.
    Percorreva il pavimento zompettando, lo sguardo fisso sulle mattonelle. Stava giocando a "il pavimento è lava": doveva evitare di mettere i piedi nelle intersezioni tra le piastrelle, o si sarebbe scottato.
    E hop, e hop, e hop: saltellava con attenzione, i lunghi capelli biondi che ondeggiavano come fossero un mantello. Aveva lasciato di sotto il giaccone rosso, con quell'afa sopportava a stento la maglietta bianca e i pantaloni scuri che indossava.
    Magari lui e Brifos potevano andare a cercare del gelato.

    Con un ultimo hop, si piazzò di fronte alla camera del collega. Spiaccicò la faccia contro il portone, una guancia contro il legno. Sentiva dei rumori! Era indubbiamente là dentro. Scrocchiò il collo e fece un bel respiro.
    Toc toc toc.
    «Brifos?»
    Toc toc toc.
    «Brifos?»
    Toc toc toc.
    «Brifos?»

     
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    « Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione. »

    Le iridi grigio ardesia del Demone scorrevano incuriosite sulle righe stampate in inchiostro di quel sottiile libriccino, tenuto un pò a scomodamente aperto tra le manone del gigante, ben concentrato a cercare di non rovinarlo; si trattava di una lettura interessante, per quanto piena di termini sconosciuti -il lemma "stronzata" era ricorrente, ma... che voleva dire?-, ma il Raitei si era comunque ripromesso di arrivare fino alla fine di quel saggio di sociologia.

    « Tutti lo sanno. Ciascuno di noi dà il proprio contributo. Tendiamo però a dare per scontata questa situazione. Gran parte delle persone confidano nella propria capacità di riconoscere le stronzate ed evitare di farsi fregare. »

    Le parole a cui non sapeva dare un senso le segnava via via su di un foglio man mano che le incontrava, così -finito il racconto- sarebbe andato a cercare Arthur o Julian per chiedere a loro se ne conoscevano i significati; dopo la ricerca avrebbe dato al testo una seconda lettura, e poi sarebbe stato libero di rilassarsi con qualche stringa di operazioni tra numeri... o con una favola.

    Gli piacevano le favole. Anche se... leggerne, ultimamente, gli dava una sensazione spiacevole; se avesse avuto più dimestichezza con i sentimenti umani, avrebbe potuto concludere con facilità che quel sentimento fosse tristezza, ma -razionalmente- l'unico pensiero oggettivo a cui la sua mente giungeva era la constatazione che, da quando la Luna si era addormentata, nessuno gliene raccontava più.

    Toc toc toc.
    «Brifos?»

    Il picchettio di picoli pugni sul battente della sua stanza, e la vocina acuta di un bambino lo ridestarono dai suoi pensieri, e mentre gli occhi bigi si sollevavano verso la porta, superando la muraglia di tomi impilati che lo attorniavano, la sequenza di suoni si ripetè.

    Toc toc toc.
    «Brifos?»

    Con un movimento fluido -facendo leva sulle braccia-, il Demone delle Tempeste si sollevò dal tappeto dove si era accoccolato a gambe incrociate, scavalcò la muraglia di libri -facendo attenzione a non provocare un cedimento strutturale-, e raggiunse l'uscio a grandi passi compassati.

    Toc toc toc.
    «Brifos?»

    Abbassò la maniglia e fece scattare la serratura: aprì la porta ruotando il battente verso l'interno, e si affacciò al corridoio; rimase in attesa per un istante, guardò a destra e sinistra, ma non vide nessuno.

    jpg
    « ... »

    Più in basso...!


    Quel che Brifos legge è una citazione di "Stronzate. Saggio filosofico." (On Bullshits) di Harry G. Frankfurt, professore emerito di filosofia all'Università di Princeton.
     
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    EzazélBrifos non l'aveva notato, e per un istante pensò che era meglio così.
    Dei Bibliotecari, era quello che più lo inquietava: era troppo alto, troppo serio e ricambiava la sua parlantina con frasi secche e lunghi silenzi. A volte aveva quasi l'impressione che il gigante lo odiasse un po', che lo considerasse quasi un moscerino fastidioso.
    Avrebbe potuto andarsene in silenzio, e Brifos non avrebbe mai saputo chi l'avrebbe disturbato. Ma doveva farsi coraggio, provare a parlarci.
    Le sue idee erano affini a quelle della Corona di Sophia, ma i loro metodi di ricerca non potevano essere più diversi: il Protodeus ambiva al trono della Storia, lui voleva capire come fosse costruito. Studiarne l'intelaiatura, leggere i progetti, fare i complimenti al suo creatore.
    Forse il signore delle Leggi e della Logica se ne intendeva di falegnameria cosmica.

    «Brifos!»
    Piegò le gambe e accompagnò la frase con un bel saltello, cercando di farsi notare.
    «Scusa se ti disturbo!»
    Altro saltello.
    «Sto facendo delle specie di ricerche, e» hop! «mi servirebbe il tuo parere!» hop! «Posso entrare?»
    Era faticoso parlare così! Curvò la schiena e, una mano sul petto, riprese fiato.
    La prossima volta si sarebbe portato dietro uno sgabello.

     
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    «Brifos! Scusa se ti disturbo!»

    Il pigolio allegro di una vocetta familiare, e i movimenti rilevati dal Mantra all'altezza delle sue ginocchia -oltre la portata del suo campo visivo- indussero il gigante ad abbassare il capo, e fu allora che le apatiche iridi color ardesia si scontrarono con il visetto infantile e allegro del piccolo Ezazél, suo collega: un affarino dagli occhioni verdi e vispi, lunghi capelli dorati, e chiassoso come poche altre cose... tutti tratti caratteristici che Brifos tendeva ad associare ad un archetipo positivo dei suoi lacunosi ricordi, la Luna.

    «Sto facendo delle specie di ricerche, e .... mi servirebbe il tuo parere!»
    proseguì il suo interlocutore, saltellando ad intermittenza per farsi notare
    «Posso entrare?»

    Dopo aver saltellato sul posto per una manciata di minuti, il piccolo si fermò a riprendere fiato, e -nel vederlo così affaticato- il Raitei reclinò il testone blu cobalto da una parte, e una crepitante scintilla azzurrina risalì la lunghezza del corno dorato.

    « Sì. »
    rispose semplicemente lui, facendosi da parte per farlo passare
    « Prego. »

    L'interno della stanza -al contrario del suo proprietario- era piuttosto piccolo e disordinato, quasi come se un colosso del genere non avesse bisogno di poi tanto spazio né di tanti fronzoli.

    jpg

    Semplici mura di pietra, mobilio essenziale -la scrivania e qualche seggiola di legno-, lanterne e lampadario spenti -ad eccezione di quello sul suo scrittorio-, e libri ovunque... sulle scaffalature, sul ripiano da lavoro, e anche impilati sul pavimento della stanza come obelischi, come a ricreare i paesaggi del Pentauron, non a caso detto "Stato delle Cento Torri".


    « Vuoi qualcosa da bere? »
    chiese, perché Kalia gli aveva insegnato che -se si hanno ospiti- si fa così
    « Del thè...? »

     
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    EzazélAlzò la testolina per fissare Brifos. Lo stava davvero invitarlo a entrare, o voleva tipo chiuderlo in uno sgabuzzino e ucciderlo? Lo sfrigolio elettrico del suo corno prometteva malissimo.
    Deglutì. E a passettini timidi timidi, si fece strada nelle sue stanze.

    Non che ci fosse molto spazio in cui camminare: la stanzina era piccina quanto la sua, solo che il collega era grande il doppio di lui.
    Si guardò intorno, osservando i libri accatastati e cercando di immaginare dove dormisse il collega.
    Forse si appendeva a testa in giù sul soffitto, come i pipistrelli.
    «Del té va bene, grazie.» mormorò. Stava cercando un posto in cui sedersi, ma tutti i tavoli e le sedie erano pieni di libroni. Zigzagando tra le pile, raggiunse la finestra e decise di accomodarsi lì sul bordo.
    «Senti... Tu sei la Corona della Via delle Leggi, giusto?» domandò, con voce sottile «Perché io tecnicamente sono un accolito di Sophia, ma credo che le mie ultime ricerche abbiano più a che fare con la tua Via che con la mia...»
    Chinò il capo, non sapendo bene come continuare. Con le manine si tormentava nervosamente l'orlo del giaccone rosso, strizzandolo e spiegazzandolo tra le dita.
    «Potresti... Spiegarmi un po' meglio di cosa ti occupi tu?»

     
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    Le iridi color ardesia del gigante osservarono il disagio con cui il suo piccolo ospite si addentrava nella stanza con il distaccato interesse dell'accademico: per quanto lo incuriosissero, le emozioni umane restavano sempre un meccanismo velato di mistero ai suoi occhi... e anche se in anni di osservazione aveva imparato a riconoscerne alcune dai loro sintomi e ad identificarne i tratti peculiari, l'enigma permaneva sul come si originassero e perché.

    «Del té va bene, grazie.»

    Al timido mormorio di Ezazél, che -zigzagando tra le pile di volumi- aveva raggiunto il davanzale della finestra, una crepitante scintilla azzurrina percorse il corno dorato del Raitei, e il testone coronato di crine blu si mosse in un conciso segno di assenso; poi, si mosse in direzione della libreria, scosto qualche volume da uno scaffale, e ne riesumò un bello scrigno di legno intarsiato - coperto da uno spesso strato di polvere.

    «Senti... Tu sei la Corona della Via delle Leggi, giusto?»

    « Sì... »
    rispose, ripulendo il bauletto con il controllo telecinetico dell'aria
    « ...Amarth, Arthur e Kalia me lo hanno detto. »

    Concentrato nella sua missione, l'Amal volse le spalle al piccolo visitatore, recuperò un becher pulito da una piccola credenza dove coservava alcuni dei suoi giocattoli materiali, e lo riempì con l'acqua che venne fuori dal lavandino di un piccolo lavabo -seminascosto dal disordine della stanza-, prima di adagiarlo sul fornello della stufetta panciuta, di cui ravvivò la fiamma con una piccola saetta.

    «Perché io tecnicamente sono un accolito di Sophia, ma credo
    che le mie ultime ricerche abbiano più a che fare con la tua Via che con la mia...
    »

    proseguì l'altro con voce sottile, tormentando nervosamente la giacca rossa
    «Potresti... Spiegarmi un po' meglio di cosa ti occupi tu?»

    Con calma, il gigante raggiunse la scrivania in appena un paio di passi, fece un pò di posto sul ripiano sgomberando libri e appunti per riallocarli su un cubo di tomi lì accanto -a portata di mano, come un comodino-, e vi posò lo scrigno mentre si accomodava sulla sua semplice seggiola.

    « Mi piace scoprire come funzionano le cose che non conosco. »
    replicò semplicemente, riportando lo sguardo sull'ospite
    « Le studio e... cerco di capire. »

     
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    EzazélAnnuì pensoso alle parole di Brifos.
    Comunicare con lui era così difficile. Parlava troppo poco! E quel poco che diceva era così laconico. Sembrava quasi che gli scocciasse parlare, che rispondesse per pura cortesia. O forse, semplicemente, il linguaggio parlato non l'attraeva quanto quello scritto.
    Forse doveva provare a comunicare usando dei biglietti. O dei disegnini! Con le matitine colorate.

    Rimuginò una risposta, lo sguardo fisso su Brifos che preparava il thé.
    Studiare le cose che non si conosce e cercare di capirle non è forse l'obiettivo di ogni Saggio?
    «Però ogni Saggio di solito si concentra su un campo specifico, mentre il tuo campo specifico è Il Tutto» rispose cautamente. Si portò le braccia sopra il capo, allargandole a formare una circonferenza immaginaria «Dico bene? E analizzi il Tutto dal punto di vista scientifico. Cerchi le regole che fanno funzionare il mondo.»
    Almeno, così gli aveva spiegato Arthur quando gl'aveva descritto le varie Vie. Ci aveva messo parecchio a decidere la propria, e ancora non era sicuro che la scelta fosse davvero quella giusta.
    Lui stava studiando le regole della Narrativa. E al contempo, lui studiava l'Universo.
    Perché le regole della Narrativa sono le stesse dell'Universo.

     
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    «Però ogni Saggio di solito si concentra su un campo specifico,
    mentre il tuo campo specifico è Il Tutto.
    »

    continuò un po' esitante il suo ospite, allargando le braccine corte
    «Dico bene? E analizzi il Tutto dal punto di vista scientifico.
    Cerchi le regole che fanno funzionare il mondo.
    »


    Un piccolo scatto metallo confermò l'aprirsi della serratura del piccolo scrigno, e mentre le manone dalle dita affusolate sollevavano con delicatezza il coperchio per mettere in mostra diverse scatoline di latta e tutto l'occorrente per il the pomeridiano, le iridi grigie del Raitei tornarono ad appuntarsi sul piccolo visitatore.

    « Ogni Saggio si concentra su uno specifico aspetto del mondo, sì...
    Ma, una volta, una persona mi ha detto che tutte le cose sono collegate, e... »


    La voce del gigante aleggiò nell'aria della piccola stanza, e la sua frase rimase in sospeso per un lungo istante prima che Brifos tornasse ad abbassare il capo e gli occhi in direzione del set di porcellane e argenteria ordinatamente riposto nel bauletto foderato di raso verde pastello; il volto -solitamente inespressivo- rivelava inconsapevolmente una certa malinconia, e anche il corno dorato produsse un mesto ronzio e una piccola scintilla.

    A riportarlo alla realtà fu il borbottio dell'acqua bollente; allora -con calma-, il Demone delle Tempeste sbattè le palpebre e si alzò per recuperare il becker incandescente dal fornello.
    A mani nude.

    « Secondo lei, "il Tutto" si muove come un unico grande ingranaggio... »
    proseguì -forse un po' impacciato- l'Amal, preparando l'infuso
    « ...e se riesci a capire come funziona l'ingranaggio, puoi controllarlo.
    E sistemare le cose che non funzionano bene... »

     
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    Ezazél
    ""il Tutto" si muove come un unico grande ingranaggio...
    e se riesci a capire come funziona l'ingranaggio, puoi controllarlo.
    "

    Brifos lo capiva.

    Rimase a fissarlo a occhioni spalancati, le iridi luccicanti di meraviglia. Lo capiva, lui lo capiva! Avrebbe voluto scendere dalla finestra per prenderlo per manina e ballare, ma sentiva che non avrebbe apprezzato. Invece se ne rimase lì imbambolato, mille pensieri che gli frullavano dentro la testolina.
    Avrebbero fatto grandi cose, insieme. Grandi cose! Sophia e Regalia insieme per comprendere meglio il mondo.
    Avrebbe voluto chiedergli milioni di cose, cavargli le parole di bocca con una pinza da dentisti, costringerlo ad ascoltarlo per tutta la notte. Grandi cose!
    E invece, chissà perché, si trovò a chiedergli:

    «E secondo te, cos'è che non funziona bene nel mondo?»

    Inclinò la testolina, incuriosito.
    Avrebbe avuto il tempo e il modo di conoscere Brifos come studioso. Era più difficile, invece, conoscerlo come persona.

    ...Stava prendendo quel becker a mani nude?!

     
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    Recuperato il becker bollente dal fornello, il Demone delle Tempeste tornò sui suoi passi fino alla scrivania, dove recuperò una semplice teiera di ceramica dal bauletto ivi aperto, vi versò all'interno il contenuto, e vi rovesciò qualche cucchiaino della miscela di erbe -che riposava in un grazioso scatolino di latta- prima di chiudere il coperchio; bastava attendere qualche minuto di infusione, e versare poi il contenuto filtrato in una tazza da servire all'ospite.

    «E secondo te, cos'è che non funziona bene nel mondo?»
    domandò il piccolo visitatore, spalancando gli occhi verdi e reclinando il capo

    Per un lungo istante il gigante fece silenzio, probabilmente soppesando la questione; poi, il corno dorato emise un crepitio azzurrino, e -con movimenti pacati e misurati- l'Amal versò il liquido ambrato e profumato nella tazza smaltata per poi voltarsi avanzare lentamente verso il folletto biondo e consegnargli in tributo la sua offerta.

    « E' una buona domanda. »
    commentò Brifos, chinandosi su di lui per porgergli tazza e piattino
    « ...ma non sono sicuro di avere ancora trovato una risposta assoluta. »

    In attesa che le manine del suo ospite trovassero una presa stabile sulla stoviglia, il Raitei rimase piegato in avanti per tutto il tempo necessario -senza mostrare fretta o tensione per la posizione scomoda in cui doveva essere costretta la sua schiena-, occupando completamente il campo visivo di Ezazél; quando fu certo che l'Accolito di Sophia non si sarebbe rovesciato addosso il tutto -e solo allora- tornò a raddrizzarsi nella sua ragguardevole altezza e gli volse le spalle per allontanarsi lentamente... e sarebbe stato certamente curioso per quei vispi occhietti verdi notare come la piccola stanza ingombra di libri fosse mutata in qualcosa di diverso.

    jpg

    L'ambiente raccolto -al limite del claustrofobico- era stato sostituito da un ampio salone la cui volta si perdeva nel buio di una profondità che si poteva solo intuire, e il pavimento dalle fantasie geometriche sembrava costituito dalla giustapposizione di ingranaggi, i cui denti si incastravano tra loro in un colossale meccanismo e i cui perni potevano coincidere con le colonne rastremate che si innalzavano verso l'oscurità dei piani superiori e che sprofondavano nel vuoto di ipotetici piani sottostanti. Una struttura che non poteva coincidere con le architetture di Palanthas.

    « La Luna -una volta-, mi ha detto che non sempre c'è qualcosa di sbagliato quando le cose non funzionano bene, perché esistono dei meccanismi perfetti che -però- non sono in sintonia con altri – e non sempre è possibile ricalibrarli. »
    cominciò il gigante, fermandosi al centro dell'ingranaggio
    « In quest'ottica, basterebbe conoscere bene le diverse parti: scoprire se si possono modificare o imparare a conoscere le condizioni in cui possono essere valorizzate, ma... »
    si fermò, un po' a disagio per il fatto di star parlando più del suo solito, e concluse
    « Ci sono elementi che, sottoposti a dati stimoli, hanno comportamenti non prevedibili.
    Per questo cerco di studiarli. »

     
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    Ezazél
    A-Aveva detto qualcosa di male? Lo innervosiva sempre quando Brifos faceva luccicare il corno. Ora gli avrebbe tirato la tazzina di the in faccia, aaaaaaah! Chiuse gli occhi, alzando le braccia per proteggersi il capo.
    Uno, due, tre.
    Non succedeva niente.
    Quando rialzò le palpebre, si trovò il collega davanti, intento a porgergli gentilmente la tazzina. La prese con un «Grazie.» sussurrato, sentandosi per un attimo un po' scemo.
    Tazzina che fece quasi cadere, quando si accorse di quello che era successo.

    «Ooooooooooooh!»
    Difficile dire se lo stupisse di più il panorama, o il fatto che Brifos stesse parlando così tanto.
    Si guardò intorno, ammirando il tappeto di ingranaggi ai suoi piedi. Quel posto era enorme! Gli sembrava di essere nella pancia di un orologio gigante.
    Gli piaceva Palanthas perché era una biblioteca e al contempo non lo sembrava davvero. C'erano stanze che non erano stanze, e mai si era sentito intrappolato tra quelle mura.

    «Secondo te anche le persone sono dei meccanismi?» domandò, mentre muoveva qualche timido passo in avanti.
    Lo sguardo era fisso sul pavimento. Aveva paura che gli ingranaggi si muovessero all'improvviso, facendolo cadere.
    «Secondo me sì. Sembrano gli elementi più imprevedibili, ma è solo perché non conosciamo bene le regole che li muovono.
    La medicina studia gli uomini a livello biologico. Psicologia e sociologia ne studiano i comportamenti dell'uomo nel singolo e nel gruppo, ma non sono abbastanza scientifici per i miei gusti.
    »
    storce la boccuccia «E sono materie così... Statiche. Non tengono in considerazione il tempo, lo svolgersi degli avvenimenti, i sistemi, le reazioni causa-effetto.»
    Agita le manine con una certa frustrazione. Non sa come esprimersi, e la cosa lo urta.
    Beve un sorso di the, per poi girarsi di scatto verso Brifos.
    «Tu cosa ne pensi delle storie?» domanda. La voce seria, gli occhi che vanno a cercare quelli del collega «Non parlo della storia vera, degli eventi già accaduti. Parlo di ciò che non è mai successo.»

     
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    «Ooooooooooooh!»

    Dopo una stravagante reazione di cui Brifos non colse il senso, Ezazél accettò la tazza di té che gli era stata porta, e sebbene il vocalizzo che gli venne fuori dalla boccuccia -modellata in una graziosa “o”- facesse facilmente intendere che fosse rimasto meravigliato dal cambio di scenario occorso in un istante attorno a lui, la cosa era ben lungi dal lasciarlo senza parole.

    «Secondo te anche le persone sono dei meccanismi?
    Secondo me sì. Sembrano gli elementi più imprevedibili...
    »

    esordì infatti, avanzando con circospezione sul mosaico di ruote dentate
    «...ma è solo perché non conosciamo bene le regole che li muovono. La medicina studia gli uomini a livello biologico. Psicologia e sociologia ne studiano i comportamenti dell'uomo nel singolo e nel gruppo...»

    Arricciando la boccuccia in una smorfia, il biondino indugiò in una breve pausa prima di voltarsi di scatto verso il suo interlocutore e proseguire il discorso... ma nell'osservarne -di rimando- l'espressione facciale, contratta nei tratti mimici tipici di una reazione a qualcosa di spiacevole, il primo pensiero del Demone delle Tempeste fu che -effettivamente- aveva dimenticato di chiedere al suo ospite se gradiva dello zucchero nel thè caldo. Doveva rimediare, ma forse era meglio lasciarlo fare a qualcuno di specializzato...

    «..ma non sono abbastanza scientifici per i miei gusti. E sono materie così... Statiche. Non tengono in considerazione il tempo, lo svolgersi degli avvenimenti, i sistemi, le reazioni causa-effetto.»
    proseguì imperterrito il folletto, agitando le manine e sorbendo un altro sorso di thè
    «Tu cosa ne pensi delle storie? Non parlo della storia vera, degli eventi già accaduti.
    Parlo di ciò che non è mai successo.
    »


    jpg
    « Desidera dello zucchero, Signore? Ne abbiamo quattro varietà. »
    domandò con garbo un giovanotto in livrea, rivolgendosi con un sorriso al visitatore
    « O magari preferisce del miele? Del latte? Panna? Qualche dolcetto? »

    Non era possibile dire quando, come o perché fosse accaduto, ma un elegante maggiordomo era apparso al fianco del piccolo Ezazèl, e -piegato su un ginocchio per non costringere l'ospite a farsi venire il torcicollo per guardarlo in faccia- reggeva in equilibrio su una sola delle mani inguantate nel bianco un bel vassoio d'argento, su cui erano disposte in bell'ordine diverse zuccheriere, una brocca di latte e una di panna, oltre che ad un piatto di ceramica stracolmo di biscottini di varie tipologie.

    « L'essere creature senzienti rende gli umani in grado di riscriversi, sovrascriversi e modificarsi a vicenda: studiarli è complesso, perché occorrerebbe una conoscenza sincronica e diacronica dei loro più intimi processi mentali singoli, e dei modificatori dati dalle loro relative interazioni. »
    rispose imperturbabile il Raitei, per nulla turbato dalla comparsa di quel figuro
    « Quanto alle storie che non sono accadute... hai mai sentito parlare di “continuum”, “universi tangenti” e “orizzonte degli eventi”? »

    Reclinando il testone coronato di crine blu da una parte, l'aureo corno dell'Amal frizzò una scintilla azzurrina, e le sue iridi color ardesia si appuntarono in quelle verdi del piccolo Ezazél... e nel gigante non c'era la minima traccia della superiorità di un insegnante in cattedra durante un'interrogazione, ma tutto il candido interesse con cui uno studente confronterebbe le proprie conoscenze con quelle di un compagno di classe. O, chissà, magari finanche con un amico.

     
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    Ezazél
    Era appena comparso un maggiordomo dal niente! Un maggiordomo pieno di dolcini.
    Latte, miele, panna o dolcetti? Tutto, ovviamente: era ora di fare merenda!
    «Facciamo un picnic!» decretò, sedendosi su un ingranaggio e invitando il maggiordomo a fare lo stesso. Poi sventolò un braccio, invitando anche Brifos a raggiungerli.
    Per un attimo tornò ad essere un bambino.
    Ma soltanto per un attimo.

    Sorseggiò il suo the, riflettendo sulle parole del collega.
    Gli piaceva il suo approccio al problema, era così metodico. Non l'aveva mai sentito parlare così tanto.
    «Io credo che la conoscenza del singolo individuo venga sopravvalutata.» rispose infine «A prescindere dalle caratteristiche individuali di ognuno, le persone tendono a comportarsi secondo schemi predefiniti.
    La Storia si ripete sempre. È uno dei concetti alla base della mia Via.
    »

    E non solo la Storia, ma anche le Storie. Tutto era interconnesso, mondi veri e immaginari che agivano secondo gli stessi schemi.
    «Temo invece di non avere molta familiarità con “continuum”, “universi tangenti” e “orizzonte degli eventi”. Non secondo il modo in cui tu li intendi, almeno. Potresti spiegarti?» chiese con un sorriso, cercando di ignorare il modo inquietante in cui scintillava il corno.
    Conosceva quei principi per via generale, ma avrebbe favorito volentieri un approccio più "scientifico". Era per quello che era lì, dopotutto: analizzare un concetto tipico di Sophia secondo i dettami di un'altra Via. Sperimentare nuovi punti di vista.
    Perché i sette rami della conoscenza erano tutti parte dello stesso albero.

     
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    «Facciamo un picnic!»

    La prima risposta dello Spiritello non fu ovviamente per la domanda rivoltagli dal suo collega, tuttavia gli venne fuori dalla boccuccia sulla spinta di un entusiasmo così innocente da essere impermeabile ad ogni biasimo, e mentre il piccolo ospite si metteva seduto su uno degli ingranaggi centrali per banchettare con il tributo in derrate alimentati offertogli dall'apparizione (spettrale o divina?) che era custode di quel focolare inesistente, la sua manina si mosse per invitare il Raitei a prender posto vicino a lui.

    «Io credo che la conoscenza del singolo individuo venga sopravvalutata. A prescindere dalle caratteristiche individuali di ognuno, le persone tendono a comportarsi secondo schemi predefiniti. La Storia si ripete sempre. È uno dei concetti alla base della mia Via.»
    enunciò il biondo, sorbendo il suo thè di tanto in tanto, prima di continuare
    «Temo invece di non avere molta familiarità con “continuum”, “universi tangenti” e “orizzonte degli eventi”. Non secondo il modo in cui tu li intendi, almeno. Potresti spiegarti?»

    Con passo lento e misurato, il Demone delle Tempeste raggiunse l'accolito di Sophia, si mise seduto in posizione del loto a poca distanza da lui, e -dopo che il corno d'oro ebbe crepitato una scintilla azzurrina- prese lentamente a parlare, contento in un modo tutto suo di avere qualcuno di interessato con cui condividere la conoscenza di quelle nozioni.

    « Nelle discipline di mia pertinenza, si definisce continuum spazio-temporale -per brevità “continuum”- un sistema a quattro dimensioni -lunghezza, larghezza, profondità e tempo- entro cui si collocano i fenomeni di un universo. »
    cominciò ad esporre il gigante, partendo dalla definizione in linguaggio settoriale
    « Visualizza questo concetto come se fosse una stanza: tu sei al centro, e puoi scegliere di camminare avanti e indietro -nella dimensione della lunghezza-, a destra e a sinistra -nella dimensione della larghezza- e dal pavimento al soffitto -nella dimensione della profondità. Dal momento ragioniamo per ipotesi, postuliamo che tu possa anche decidere di muoverti avanti e indietro nel tempo. »

    Brifos tacque un istante, sia per lasciare ad Ezazél il tempo di assorbire quel primo enunciato -forse più difficile a parole di quanto non fosse nei fatti-, sia per richiamare l'attenzione del maggiordomo -“Runibaldo...!”- rimasto in piedi; questi si chinò per accostarsi al padrone e parlottare un po' con lui, e dopo essersi raddrizzato nella sua altezza, il domestico si frugò la tasca interna della giacca nera per estrarne un rocchetto di lucido nastro iridescente e una scatolina di metallo, che porse con garbo alla Corona di Regalia.

    « I punti che compongono la linea dello spazio-tempo prendono il nome di Eventi: ognuno di essi corrisponde ad un fenomeno che si verifica in un certo luogo e in un certo momento, e si identifica con quattro coordinate. »

    Nel pronunciare quell'asserto, il gigante prese tra pollice e indice il capo della fettuccia, lo stese davanti a sé appuntandone l'estremità con una puntina da disegno, e dette una spinta al rocchetto per farlo srotolare: quello, rotolò verso il bordo della piattaforma sospesa dove i Saggi si trovavano, e scomparve oltre il ciglio, precipitando nel vuoto, verso i -chissà quanti- piani sottostanti; poi, Brifos aprì il piccolo scrigno di latta, ne estrasse un punes dalla testa di un rosso sgargiante, e la conficcò nel pavimento, inchiodandovi l'estremità del filo argenteo.

    « Immaginiamo l'inizio del tuo continuum con l'ingresso nella stanza. »
    puntando l'indice sul segno, l'Amal sollevò il capo per fissare il suo interlocutore
    « Da questo primo Evento, il semplice atto di scegliere cosa farai genera diversi possibili snodi. »

    Come in risposta ad una propria volontà, la fettuccia si sfilacciò nel senso della sua lunghezza, scindendosi -a partire dalla tacca del pennarello- in tante diramazioni che, per facilitare i fini illustrativi di quell'esempio, assunsero ciascuna una tinta diversa, scindendo l'argento iridescente in colori ben differenziati, come in un diorama.

    « Spostarsi in avanti. Andare indietro. A destra. A sinistra. In alto. In basso. Muoversi avanti nel tempo. Saltare indietro nel tempo. Restare fermo dove ti trovi. Persino uscire dalla stanza... »
    proseguì, indicando con l'indice un colore diverso per ogni possibile opzione
    « Da una decisione in apparenza banale, possono generarsi Storie -realtà- diverse, e il loro svilupparsi nelle quattro dimensioni crea continuum differenti. »

    Alzandosi lentamente da terra, uscendo dalla posizione meditativa con movimenti pacati ma fluidi, il Raitei tornò a torreggiare sul piccolo ospite, porgendogli poi una manona per aiutarlo a rimettersi in piedi e invitarlo a seguirlo: con una prospettiva dall'alto -per la differenza che poteva fare per lo Spiritello-, sarebbe stato certamente più facile anche per lui notare le altre puntine da disegno -comparse dal nulla- che spiccavano ad intervalli asimmetrici sui diversi percorsi colorati... e da cui il sentiero si diramava ulteriormente.

    « Solitamente, ciascun osservatore è costretto a basarsi sul suo sistema di riferimento, quindi assumerà il continuum in cui si muove come quello originario, ignorando l'esistenza di tutti gli altri. »
    continuò, avvicinandosi un passo per volta alla domanda che gli era stata rivolta
    « Per lui, le scelte che non ha compiuto conducono a storie mai successe, ma altrove -nel tempo e nello spazio- quelle storie si sono realmente verificate, stanno accadendo, o potrebbero accadere, generando altri mondi, talvolta anche profondamente diversi da quello che conosciamo. »
    abbassando gli occhi bigi su Ezazél, il gigante sperò di non trovarlo troppo confuso
    « In ambito di studio, questo concetto e queste ipotesi prendono il nome
    di “Teoria degli Universi Paralleli Tangenti”. »


    Di nuovo, il Demone delle Tempeste tacque: forse voleva dar tempo al suo ospite di assimilare quella questione complessa, magari doveva solo riprendere fiato, o -più insospettabilmente- iniziava a sentirsi vagamente in imbarazzo, pur non essendone comunque consapevole; dopotutto, eccettuando Arthur e i suoi Fratelli, Ezazél era il primo con cui si ritrovava a parlare così tanto di qualcosa che lo appassionava.

    Lasciando la manina del bimbetto biondo, l'Amduscias avanzò lentamente in direzione del vuoto oltre cui il rocchetto era precipitato... e oltre cui ora scomparivano una innumerabile quantità di fili colorati.


    « Naturalmente, devi tenere presente che per vedere con chiarezza i punti in cui gli universi tangenti si diversificano -gli Eventi-Chiave che determinano il verificarsi di una storia anziché delle altre- sarebbe necessario un punto di vista esterno al tempo e allo spazio... »
    continuò, esponendo gli inconvenienti che precludevano quel mondo di possibilità
    « Sarebbe un punto di vista assoluto, da cui è possibile scorgere tutto lo spazio e tutto il tempo, sia quello trascorso che quello futuro: un potere che -nelle diverse culture- i popoli tendono comunemente ad attribuire a creature superiori come le divinità.

    ...ciò non di meno, questa condizione di “conoscenza assoluta”
    resta -per ora- concepibile solamente a livello ipotetico. »


    Fermandosi sul bordo dell'ingranaggio la Corona di Regalia attese che il suo ospite lo raggiungesse, per scorgere con i suoi stessi occhi -verdi e vivaci- il risultato di quel piccolo esperimento: un groviglio di nastri di tutti i colori dello spettro, intrecciati in maniera apparentemente indistinguibile, riempiva ogni anfratto del baratro sottostante come una rete, o una nuvola di stoffa.

    « Nelle mie discipline di studio, la posizione privilegiata da cui è possibile vedere tutto e nella quale nessun evento può influenzare un osservatore esterno prende il nome di “Orizzonte degli Eventi”. »

     
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    Ezazél
    Brifos era un bravo insegnante. Spiegava i concetti in maniera semplice, scandiva bene ogni parola, e sfruttava oggettini interessanti per catturare l'attenzione del pubblico.
    Spille colorate e fili luminosi! Ezazél era totalmente affascinato.
    Del tutto dimentico del suo the e biscottini, si lasciò prendere per mano da Brifos. Insieme al collega fissò il buio ventre del mondo, colmo di stringhe luminescenti.
    Era come se l'Albero della Conoscenza si stendesse ai suoi piedi.
    Brividi.

    «Io credo che si possa capire il mondo anche senza diventare un Dio. Non è necessario essere sull'Orizzonte degli Eventi per capire i meccanismi del mondo: è sufficiente dedurli. Con questo.»
    Si battè l'indice contro la tempia.
    «Ad ogni Evento, la realtà si divide. Ma non tutte le ramificazioni sono uguali, no? Alcuni esiti sono più plausibili di altri. Eventi simili tendono a risolversi nella stessa maniera. Le ramificazioni più improbabili tendono a estinguersi, crollando sotto il peso della loro stessa illogicità.
    Non è una semplice questione di probabilità: ci sono delle regole, dei principi alla base della realtà. Dei... Programmi.
    »

    Parlava a voce bassa, come se avesse paura di disturbare i fili col suo fiato.
    La testa ondeggiava qua e là, ma lo sguardo rimaneva fisso sulla ragnatela.
    Come se potesse costringerla a rivelare i suoi segreti fissandola intensamente.
    «Così come l'universo fisico ha i suoi principi, io credo che anche la parte più... Sociale si muova secondo schemi prestabiliti.
    Alcuni lo chiamano Destino. Io la chiamo Scienza Narrativa.
    »

    In realtà se l'era appena inventata, ma non suonava male.

    Si voltò verso Brifos, il faccino dubbioso. Cercando nel volto del collega i suoi stessi dubbi, le stesse insicurezze.
    Non sapeva se Brifos stesse capendo le sue idee strampalate. I Saggi erano tutti colleghi, ma i loro campi di studio differenti li rendevano a volte così... Alieni.
    Solo la (le?) Corona/e di Sophia avevano saputo capirlo, ma loro al momento erano fuori Palanthas. E lui non intendeva stare lì ad aspettari, girandosi i pollici in attesa che il Maestro/i riportassero chissà quale verità dal mondo.
    I suoi studi li avrebbe svolti a modo suo.
    «Tu leggi mai romanzi, Brifos?
    Hai mai l'impressione di sapere come andrà a finire una storia?
    »

    Perché quella sensazione di deja-vu era alla base di ogni sua ricerca.

     
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