-
..
-
.
Il Sud.
Cosa aveva di interessante un posto fatto di sabbia, assassini, predoni e creature che sembravano uscite dall’ inferno?
Tutto per Karakuriki.
Ogni roccia gli ricordava casa e ogni granello di sabbia un ricordo che aveva lasciato in essa.
Era arrivato in quel luogo in modo innaturale, guidato dalla sua stessa indole bestiale, come in cerca di risposte a domande che non riusciva a formulare.
Cosa era veramente quel nuovo mondo chiamato Endlos?
Aveva chiesto in giro maggiori informazioni e qualche suo dubbio era stato dissipato, nonostante i piccoli inconvenienti.
Non aveva timore ne dei cunicoli più buii e neppure di quelli più pericolosi, era nato e cresciuto per poi diventare Re indiscusso dei Goblin, per lui i cunicoli erano solo una strada diversa per tornare a casa.
Eppure quel posto pullulava di umani, stupidissimi e ottusi umani.
Se solo il suo popolo si fosse trovato li, qualche incommensurabile strage si sarebbe consumata.
La stessa razza del proprio Re era anche la stessa che gli aveva fatti soffrire maggiormente.
Perché gli umani avevano deciso di distruggere il popolo Goblin?
Paura, desiderio di rimanere l’ unica razza senziente sul pianeta?
Quelle domande lo torturavano ogni secondo, ma sapeva che non avrebbe trovato una risposta.
Lui gli umani gli aveva uccisi tutti, eppure su Endlos vi erano più che mai.
Ma le sue erano domande e tali sarebbero rimaste.
I giorni passarono e dai vari briganti udì alcune voci affatto male, difatti li vicino sembrava esserci una biblioteca sotterranea.
Amava leggere.
Quando aveva conquistato il castello imperiale aveva letto ogni libro della biblioteca.
Interessanti, ricchi di informazioni e emozioni.
Dal suo punto di vista i libri erano più che rilegature di fogli, erano veri e propri maestri di vita.
Peccato che il suo popolo non condividesse il suo stesso pensiero, anzi, per i Goblin i fogli pieni di inchiostro erano ottimi tovaglioli per pulirsi la bocca a fine di ogni pranzo.
Ed ecco che più di sedici milioni di pagine erano andate perse per sempre.
”Libri.”
Fu questa la prima parola che disse colui con tutti gli arti entrando nelle cave del sapere.
Enormi scaffali impolverati contenenti leggende e puro sapere.
Non aveva adocchiato particolari libri o generi, ma qualcosa lo colpì.
Un manufatto di modeste dimensioni, così come i centimetri di polvere che lo ricoprivano.
Karakuriki lo afferrò e lo tirò fuori dalla sua prigione di cui le mura erano altri manufatti.
”Creature magiche: Dalla A alla Z.”
Disse leggendo piano, non per il fatto che sapesse di trovarsi in una biblioteca, ma perché era proprio quello il suo stile di lettura.
Aprì iniziando a leggere.
Gli occhi fecero loro ogni cosa che fosse scritta con l’ inchiostro, fino a quando non giunse alla parola:
Goblin.
Stava per leggere quali cose pensavano quelli di Endlos sul suo popolo, quando una voce attirò la sua attenzione.
C'è qualcuno?
Era una voce.
Una voce umana.
”Qualcuno si umano.Mi chiamo Karakuriki ovvero colui con tutti gli arti, Re dei Goblin. Sono lieto di vedere un’ altro studioso come il sottoscritto.”
Normalmente si presentava in quel modo, anzi ci aggiunse anche un doppio inchino.
”Vedo che almeno uno della gente del Sud, non ha la testa piena di sabbia. I miei complimenti.”. -
..
-
.
La conversazione era iniziata in modo bizzarro, quasi innaturale.
Ma da quel poco che aveva visto sembrava che fosse una normalità su Endlos.
Probabilmente una persona comune avrebbe preferito girare a largo da uno che si auto proclamava Re dei Goblin e invece quel’ umano lo invitò pure a sedersi al suo fianco.
Karakuriki che di natura non era cattivo, pensò che non sarebbe stata una brutta idea torchiarlo di domande.
Rimise il libro al suo posto, memorizzandosi però la pagina.
”214, come i morti durante il terzo contrattacco degli umani.”
Non era proprio un genio a ricordarsi le cose, quindi per pura semplicità preferiva affiancargli ad aneddoti della guerra.
Andò verso l’ umano sistemandosi a sua volta su di una sedia.
”Già, la sabbia è un problema per tutti. Pensa che neppure i goblin ,eccetto alcuni, riescano a mangiarla. Eppure a quegli esseri gli ho visto mangiare di tutto. Pietra, metallo, ossa.”
Per eccetto alcuni si riferiva ai Goblin minatori, che forse ricoprivano il titolo di Goblin più “strani”, anche se il termine strano si sarebbe dovuto estendere a ogni singolo Goblin.
”Quindi saresti un forestiero? Beh, io invece sono un naufrago o almeno spero che si dica in questo modo. Ero intento a festeggiare la vittoria della guerra, quando il Maelstorm, o come gran masso si chiami quel coso, mi ha assorbito e portato qui.”
Sospirò.
Già gli mancava casa.
Gli mancavano le gare a chi tirava sassi più lontano, a chi mangiava più fango e a chi affrontava un rinoceronte con una mano legata dietro la schiena.
Chissà, si chiese, se sarebbe mai più riuscito a tornare a casa.
Ma se il processo si era ripetuto una volta, cosa impediva di ripetersi di nuovo, ma all’ inverso?
”Comunque che maleducato, non ti ho chiesto il nome, che dunque di grazia quale sarebbe?”. -
..
-
.
Tre cose colpirono l’ attenzione di Karakuriki in quello scambio di battute.
Il gelido Nord.
Il nome Augusutus e una strana sensazione di essere osservati.
Partì ad analizzare la prima cosa che aveva attirato la sua attenzione.
Sembrava che il Nord fosse inospitale e se uno che vi era cresciuto lo confermava, doveva essere senza dubbio in quel modo.
Colui con tutti gli arti non aveva mai amato le temperature al di sotto dello zero e forse era stato questo il suo più grande errore.
Difatti sapeva con sicurezza che nel Nord del suo mondo, disperso fra i ghiacciai, vi era un’ entità molto potente.
Entità che non aveva mai potuto incontrare per questo suo odio verso le rigide temperature.
”Archet.”
Pensò.
Quel nome gli rimbombava nella mente giorno e notte, difatti era una delle cose più importanti che aveva lasciato in sospeso sul suo mondo.
”Augustus. Fammi pensare … in lingua goblin se non sbaglio il tuo nome significa “Fango limpido”, credo, ma non ne sono sicuro.”
Aveva senza dubbio uno dei nomi più particolari che avesse mai sentito.
La prima parte del suo nome significava una cosa sporca in lingua antica Goblin, mentre la seconda parte significava l’ opposto ed era un vocabolo in uso nella nuova lingua.
Il suo nome era in parte antico ma nuovo al tempo stesso.
Un nome che sembrava essere fatto per durare nel tempo.
”Dici che qualcuno ci spia? Cosa vorrebbe mai volere da noi?D’ altronde siamo solo studiosi.”
L’ ultima volta che qualcuno l’ aveva spiato, quindi sempre da quando era arrivato nel Sud, lo aveva minacciato con un coltello, sicuramente lo aveva attaccato ignorando quali effettive abilità possedesse il Re.
Difatti era bastato uno solo dei suoi Goblin per ridurlo in poltiglia. Per sfortuna di colui con tutti gli arti, la carne del bandito non era delle migliori.
Aveva ossa dure e la carne sapeva di marcio.
”I Goblin non sono estremamente voraci, sono pozzi senza fondo. Figurati che io e tre miei sudditi ci siamo mangiati ben cinque uomini adulti. Ossa comprese e se te lo dico io puoi credermi sulla parola.”
Il Re si mise la mano sul cuore, come a far segno di promessa.. -
..
-
.
Mi sembra una traduzione adeguata. Ed il titolo che accompagna il suo nome è la traduzione o altro?
Karakuriki subito si esaltò.
A pochi importava conoscere le usanze del popolo Goblin e quei pochi che avevano provato ad immergessi, non si erano mai abituati ad alcuni costumi.
”Traduzione letterale. Anche se ho dovuto aspettare ben diciotto anni per ricevere il mio nome. Beh vedi Augustus, i Goblin hanno la brutta abitudine di dare il nome ai propri figli solo alla loro maturità, che però si aggira solamente dopo due giorni dalla loro nascita, mentre io essendo umano ho dovuto aspettare un bel po’ di più.”
Già, si ricordava ancora bene i giorni passati a girare per la colonia sotterranea, senza che nessuno lo chiamasse per nome.
Solitamente lo chiamavano “Coso”,”Coso umano”,”Coso umano con pelle rosa” e anche con il suo nome preferito.
“Lancia Radici”, nome provvisorio che aveva guadagnato tirando una radice.
”Ogni Goblin ha un nome, più o meno lungo e ogni nome ha la propria fedele traduzione.”
Si mise comodo.
La conversazione stava diventando interessante e Augustus si dimostrava un’ ottimo interlocutore.
Poi però arrivò la domanda scomoda, domanda che doveva aver scosso Augustus riguardo all’ affermazione poco prima fatta dal Re.
”Fieri? Alcuni ne vanno fierissimi. Nella grande covata Goblin non vige quel tabù conosciuto come “Cannibalismo”. In tempo di fame c’è chi è stato costretto a mangiarsi i propri fratelli e i propri genitori. Io fortunatamente non sono bestiale come i Goblin, una parte umana risiede ancora in me, ma non sempre sono riuscito a tenere sotto controllo quella bestia.”
Karakuriki si lasciò scivolare lungo la sedia, come se il mondo si ergesse sulle sue spalle, come se fosse stanco di tutto.
”Sono stato allevato dai Goblin e quando ho provato ad uscire dalla tana sotterranea, gli altri uomini mi hanno deriso e torturato, per non parlare di quando attaccarono il mio popolo. Ho combattuto una guerra contro i miei simili, per non so qualche sasso di motivo, è stato frustrante. Colpa degli umani se i Goblin gli odiano con ogni fibra del loro corpo.”
Gli occhi del Re si erano fatti di brace e digrignava i denti come un cane alla catena.
”Di umano ho solo l’ aspetto.”
Si calmò o almeno ci provò.
Per lui non era stata facile la guerra.
Ad ogni corpo che mutilava si chiedeva se aveva fatto veramente la cosa giusta, se si sarebbe potuta risolvere la cosa in un’ altro modo.
Ma ormai di umani sul suo mondo non c’erano più, se non lui.
Possibile, quindi, che il Maelstorm lo avesse risucchiato e portato su Endlos per dargli una seconda possibilità ?
Sospirò.
Forse si o forse no, chi lo sa.
Guardò il ragazzo con gli occhiali e disse:
”Io di lavoro faccio il Re, mentre tu cosa fai?”. -
..
-
.
Quindi Augustus non era uno studioso solamente per diletto personale, ma anzi, era proprio immerso anche nella vita lavorativa in quel ruolo.
Burocrate, alchimista e quant’ altro.
Nei libri che aveva letto Karakuriki le maggiori invenzioni,cure ecc. erano stati inventati proprio da gente come lui.
Quindi poteva anche darsi che da qualche parte ricoprisse una speciale carica o di un certo carisma, anche se non gli sembrava ne uno e ne l’ altro.
”Aree di interesse?”
Colui con tutti gli arti si afferrò pensieroso il mento con la mano destra. Aveva capito bene cosa intendesse il corvino, ma aveva bisogno di tempo per formulare una risposta adeguata.
”No. Tra i goblin esistono regole non scritte, regole raccolte nel così detto “Galateo Goblin” .Regole che vanno rispettate se sempre ci si riesce.”
Si stiracchiò sulla sedia con aria stanca.
”I goblin hanno solo un compito.Scavano. Scavano sempre e neppure io so il perché.”
Era vero, mai nessuno lo aveva informato sul perché scavassero, era anche vero che neppure i goblin sapevano perché scavano.
Alcuni perché erano nati per scavare, altri perché era la loro passione, ma sotto quella pelle colorata c’ era qualcosa di più grande a tutto questo.
Era nel loro istinto.
”Nella tana sotterranea vi è un profondo e lungo canyon chiamato “La mascella dell’ inferno”, per attraversare questo canyon c’è il ponte di FerroLegno e oltre questo ponte le miniere. Li i goblin scavano sempre, scansando la terra,le pietre,l’ oro, i diamanti. Ignorano tutto ciò che un umano ritiene prezioso e scavano.”
Karakuriki fece spallucce, come se non sapesse altro.
”Non gli ho mai capiti. Neanche Archet è riuscito a darsi una risposta.”
Il Re sbadigliò e roteò il piede in senso antiorario contemporaneamente, rispettando in questo modo la regola numero due del galateo goblin.
”Ma quindi se sei del Nord ma non stai a Nord, se nel Sud sei in visita, se nell’ Ovest ti senti sempre osservato e l’ Est non l’ hai mai nominato, dove è casa tua?”. -
..
-
.
L’ obbiettivo iniziale del Re era quello di risolvere alcuni quesiti che aveva nella testa da tanto tempo, ma la discussione con Augustus non ne dissipò alcuno, anzi lo portò a farsi ancora più domande, tra cui quella che in fondo, in fondo, ci aveva sempre pensato.
Perché i goblin scavano?
Forse conosceva anche la risposta, anzi per essere più precisi conosceva chi avesse la risposta.
”Archet.”
Da anni che non nominava quel nome, eppure si era già ritrovato a pensarlo più di una volta in una sola giornata.
Che fosse il clima del Sud a mandarlo così in paranoia?
”Sciamani?! Certo che abbiamo degli sciamani nella tana e ti dirò di più Augustus, conoscono dei trucchi niente male. Tra cui quello del rituale di sangue e della rigenerazione multipla.”
Annuì tutto soddisfatto dei propri sudditi.
Ma forse il tipo aveva bisogno di una prova.
Karakuriki si morse il pollice e come di natura per qualsiasi essere umano uscì del sangue.
Del sangue strano per essere precisi.
Un tetro arcobaleno, sgorgava lentamente dal pollice di colui con tutti gli arti.
Caddero poche gocce sul tavolo, tutte di colore diverso.
Una era verde brillante,una viola e una trasparente come acqua.
Ma in tutte c’ era una venatura rossa.
”Tramite infusione mi sono fatto iniettare il sangue dei miei servi nelle vene. Macabro vero? Ma è proprio grazie a questa cosa che riesco a richiamarli in qualsiasi posto e in qualsiasi momento.”
Non lo diceva per vantarsi, nonostante fosse una delle cose di cui andasse particolarmente fiero, era semplicemente felice di parlarne con qualcuno.
Però quello stesso qualcuno lo lasciò senza parole a nominare una certa Laputa, una vera e propria città volante.
”Intendi dire che una città si è improvvisata un’ isola nel cielo, il cui mare è l’ aria stessa e le navi che passano affianco le nuvole? Hahahahahaha.”
Non riuscì a trattenersi, gli rise proprio in faccia, non che volesse mancare di rispetto, ma era la prima volta che sentiva una cosa del genere.
”Ti credo.”
No, non voleva consolare un improvviso attacco di follia di Augustus, ma di cose strane ne aveva sentite così tante e tutte si erano dimostrate vere.
Una in più che differenza avrebbe fatto?
”Quindi lavori come burocrate in una città volante. Non credo che ci andrò mai. Odio le grandi altezze, a proposito … lo vuoi vedere un goblin?”. -
..
-
.
Augustus accettò la sua proposta e ovviamente Karakuriki non se lo fece ripetere due volte.
Di piccola statura per non distruggere nulla della biblioteca.
Non particolarmente affamato.
Quella descrizione era perfetta per uno dei suoi più fedeli sudditi.
Ghanrci.
Le vene aumentarono di spessore e se non ci fosse stata la pelle a fermale, con molta probabilità sarebbero saltare fuori dal corpo del Re.
Per il resto il rito fu alquanto semplice.
Una delle gocce di sangue, per essere precisi quella verde, si mosse come dotata di vita propria e davanti ai due comparve il suddito.
Un Goblin dal portamento fiero, nonostante l’ età e con entrambi gli arti superiori assenti.
Dei grossi occhiali a specchio nascondevano due piccoli e furbi occhi, mentre i quattro denti che gli erano rimasti saltarono subito all’ occhio in quello che doveva essere un sorriso sarcastico.
”Ghanrci.”
Esclamò il Re tutto contento nel vedere il suo servo.
Quest’ ultimo sputò per terra e guardò il burocrate.
”Chi è questo stronzo?”
”Ghanrci non parlare così agli sconosciuti.”
”A me basta sapere che è un umano, almeno che non sia un mutaforma.”
”No è umano.”
”Allora è uno stronzo a prescindere.”
Con un potente colpo di reni saltò sul tavolo, fermandosi proprio davanti allo studioso nativo di Endlos.
”Tu piccolo sasso nel mio stivale … mi aggiusteresti gli occhiali da sole capo?”
Karakuriki si alzò dalla sedia e andò a sistemare gli occhiali del suo servo e già che c’era gli tolse le pieghe che vi erano sulla sua giacca di pelle nera.
”Grazie capo … TU NON SAI CON CHI HAI A CHE FARE.”
Tutto tranquillo e soddisfatto della sua presentazione, scese dal tavolo andando a fermarsi proprio vicino al suo Re.
”Scusalo Augustus, è fatto così. Ti posso comunque assicurare che è quello meno incazzato con voi umani ed è anche uno di quelli più piccoli. Nella colonia ci sono goblin di ogni tipo.”
Tornò a guardare il servo con sguardo severo.
Quella presentazione andava cambiata.
”Che c’è? Ho gli occhiali fuori posto?”. -
..