[LAM][EM] Ne(a)mici di vecchia data!

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    [...] La tua lealtà alla nostra causa è ben gradita.
    Fra tutte le cose di valore che possediamo,
    di certo questa è la più riconosciuta,
    nonchè tesoro più grande.
    ~ Drusilia Galanodel


    Presentazione

    Sembrava ieri ma non lo era, no davvero. Il Sud ti appariva più atroce di quanto in realtà non fosse, lasciandoti chiedere a te stesso se nascondesse più cadaveri che segreti; se erano davvero valsi gli sforzi del famoso Primo di tenere assieme persone amanti del sangue abbastanza da affogarci dentro. Di propria scelta.
    Creature bizzarre e in larga misura tristi.

    Ma forse ora meglio le capivi. Adesso solo.
    Quel desiderio bruciante di aprire gli artigli,
    e affondare bene dentro la carne della preda.

    Sono qui per il Castigo.

    Non potevi fare entrata migliore. O peggiore? Ti guardarono smarriti.
    Magari si chiedevano "ma è davvero lui?". Facevi un cenno col capo, sorridendo a tutti.
    Mai come prima d'ora la Quinta Bolgia zittì all'istante.

    Si, sono io signori. Avanti, non fatemi aspettare!

    La tua voce quasi giovanile, lontana dal timbro miliare di una volta, echeggiò fra tutti. Qualcuno poco avvezzo agli Aviatori si fece avanti e poggiò una mano sulla tua spalla. Ti intimidì di andartene; da quando Kathep ti aveva ucciso, molti si erano messi in testa che non era ormai così difficile far cadere il Falco dal suo piedistallo.

    Divertente.

    Non sono qui per attaccar briga: non sono nemmeno armato.

    -e ti voltasti, guardando l'altro ma senza togliere la sua mano dalla tua spalla-

    Eppure sai, per un Falco è così difficile tenere a freno gli artigli.
    E io è da così tanto tempo che non assaggio una preda fresca.




    -brillò per un attimo una luce nel tuo sguardo e l'altro si fece indietro impaurito-

    Che peccato! Sarà per un'altra volta?

    Tutti sapevano che il Falco era tornato dalla morte.
    Nessuno si era mai chiesto quale era davanti a loro.
    Il tuo sorriso più sinistro suggellò l'inquietudine generale.






     
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    Gli giunse un sussurro all’orecchio. Una Voce che dall’oscurità riferiva ciò che era successo in città. Merovish non aveva più segreti per lui, però poteva essere ancora foriera di sorprese. La rete di spionaggio segretamente amministrata dagli Eversori ebbe un sussulto, al pari di una ragnatela in cui s’impiglia una preda troppo grossa.

    Un comandante degli Aviatori laputensi si trovava nella Tana, apparentemente da solo.
    Quel comandante cercava Bid’daum, che all’insaputa delle spie era proprio il destinatario della loro soffiata.
    E il nome di quel comandante era Grifis, il celebre Falco Bianco.

    S’incamminò immediatamente, una luce nuova brillava nei suoi occhi. Di tante visite che poteva ricevere, quella era insieme la più inaspettata e la più ovvia. Dopo tutto quello che era successo non potevano più rimandare il loro incontro. Grifis aveva fatto il primo passo, insinuandosi in una città in cui il suo ordine militare era malvisto – se non odiato. Non si sarebbe aspettato nulla di meno dalla sua nemesi.

    Adesso era il suo turno: quel giorno aveva un ospite speciale, doveva fare gli onori di casa.

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    Quando entrò alla Quinta Bolgia tutti gli occhi si spostarono su di lui, poi furono di nuovo sulla figura bianca, capace di raggelare il sangue di chi osava sostenere il suo sguardo. Mentre il Kuthiano avanzava, tutti gli altri avventori uscirono defilati. In breve la bettola si svuotò di tutta la sua clientela. Zimmer lo avrebbe perseguitato per i mesi successivi, ma per adesso non era un problema di cui curarsi.

    Il problema adesso era un altro.

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    « Ti piace questa tana di vermi? Pensavo che i falchi non ci strisciassero dentro. »

    Le parole erano le stesse di quella notte lontana, ma a distanza di anni assumevano un significato del tutto nuovo. In quel lasso di tempo i vermi erano diventati crisalidi, poi avevano spalancato le loro ali da falene. Avevano imparato a volare come i rapaci del cielo.

    « Ma tu sei sempre stato un falco un po’ diverso dagli altri. »

    Parlava come se lo conoscesse da una vita, nonostante fosse passato parecchio tempo dall’ultima volta che si erano visti in carne e ossa. La rinascita dalla morte lo aveva visibilmente cambiato, anche se il guscio sembrava sempre lo stesso. Fu sorpreso di non vederlo armato, ma non aveva dimenticato che gli artigli più pericolosi del Falco non erano quelli visibili a tutti.

    « Perché sei qui, Grifis? »

    Quel nome era capace di risvegliare tutto ciò che di torbido era sommerso nel suo spirito.

     
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    Atto Primo



    Ed eccolo qui, il Castigo.

    Apparivi poco più che fanciullo allo sguardo del Kuthiano. Lui che ti aveva affrontato nella tua più austera forma, poteva ora scorgere il grande cambiamento? Eri curioso di sapere cosa elaborava quel suo cervello contorto, perché sulle iridi scure vedevi l'immagine curvata di un giovinetto dai capelli biondo cenere e non aveva l'aria di sapere cosa fosse una battaglia.

    Dovresti sapere che qualche volta mi piace smettere di volare.
    Tanto posso librarmi al vento quando voglio!


    Una voce sbarazzina fu la tua. Nessun odio, né risentimento.
    Non che fossi scevro di questi sentimenti, ma stavano taciuti
    tutti quei pensieri che, in altri tempi, ti avrebbero fatto balzare
    con la spada tratta e bella lunga alla gola del tuo dirimpettaio.

    Mi hanno detto che sei in parte responsabile della mia nuova vita.
    E ho pensato di passare a ringraziarti di persona: in fondo, te lo devo.


    Facesti per sederti al bancone, incitando il barista (rimasto ancora lì, spaventato più dalla forca del Rosso che dal castigo del Kuthiano) a versare per te e per l'altro il peggior liquore strappa budella della casa.

    Ci massacreremo di botte un altro giorno.
    Per oggi non sei preda ma un altro rapace.


    Creatura emblematica eri.
    Chi avrebbe afferrato mai
    anche solo un'oncia di te?




     
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    L’altro aveva una voce più gioviale. Era energico, meno austero, più vivace. Guardandolo meglio, notò che perfino i suoi lineamenti avevano perso ogni connotazione adulta. L’assurdità maggiore fu sentire la giustificazione della sua visita: era giunto fin nelle terre selvagge dell’estremo Sud per ringraziare un suo nemico. Proprio lui, che si era opposto corpo e anima al suo assalto contro il cuore di Laputa. Proprio lui che, pur non essendo privo di macchie, ci teneva a rimarcare la differenza sostanziale tra loro due. Contro ogni aspettativa, il Falco aveva planato fin nel suo mondo di sabbia e sangue. Aveva visto nel Kuthiano un suo pari, a cui riservare della gratitudine che suonava quanto mai sincera.

    « Tu… non sembri lo stesso di quella notte. »

    E pensare che era stata sua la frase l’attesa ci cambia dentro. Era veramente sorpreso di vederlo così cambiato? Oppure era più angosciato dal pensiero che - mentre l’altro era riuscito a reinventarsi - lui era rimasto a ristagnare nel suo odio?

    « I tuoi amici laputensi cosa penseranno della tua scappatella nella tana del nemico? C’erano anche loro all’altro mondo, e non mi sono sembrati tanto accomodanti. »

    Ricordava perfettamente che in quel mondo evanescente erano volate parole grosse tra i membri della bella famiglia laputense. Avevano parlato di tradimenti, di lasciarlo all’inferno che si meritava, di addossargli la colpa per aver mostrato il lato debole delle alte sfere al cospetto di Bid’daum, nemico del presidio errante. Se si erano tanto incazzati per aver fatto brutta figura, forse non erano così imperturbabili ai suoi latrati da cane rabbioso, come invece gli sarebbe piaciuto mostrare.
    Mentre un Ufficiale di Laputa vagava in un limbo di non-morte, i suoi compagni più intimi avevano pensato solo alle apparenze.

    « La mummia era felicissima di rivedermi, e ho pure conosciuto la tua regina e il demone-volpe che gli scodinzola dietro. Sono sempre così impulsivi e permalosi? »

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    « Ad essere sincero, mi aspettavo qualcosa di più. »

    Fece cenno al barista di servirgli il solito: un liquore distillato da una varietà di pianta grassa dello Yuzrab. Tra tutti i torcibudella che erano esposti alla Bolgia, quello era il suo preferito. La faccia stupita che ricevette in risposta non aveva senso di esistere: dopotutto, quando gli sarebbe capitato ancora di brindare col suo peggior nemico?

     
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    Atto Secondo

    Mandasti giù di un soffio quella brodaglia focosa e parzialmente cancerogena. Ed era come se fossi abituato a quel tipo di intruglio da una vita. E sì, forse lo eri davvero.

    Mettiamola così, Castigo: tu hai conosciuto
    che una piuma ma io sono tutto il piumaggio.


    Di certo non avevi perduto la criptica facoltà di favellare,
    in modo e schemi che non sempre erano decifrabili. Invero,
    contavi che il Kuthiano fosse ormai consapevole di tutto ciò.
    Ordinasti il secondo bicchiere. Uno era troppo poco.

    Conosco i dettagli di quanto accaduto e so che i miei compagni non erano molto felici della tua presenza. Non dovresti biasimarli: nessuno di loro gradisce la tua esistenza.

    Intanto che l'oste versava il liquido nefasto, ti soffermasti a fissare il vetro sporco e grezzo che chiamavano bicchiere. Sorridevi immaginando cosa stesse passando per la mente del maligno, adesso che sembravi spezzare una lancia a sfavore dei laputensi. Ma era davvero così?

    Che i miei commilitoni sappiano o meno, non è affar mio e in larga misura nemmeno il loro. Io seguo il vento ed è grazie ad esso che posso volare, ma sono io che decido dove volare e se e quando il mio volare coincide con la direzione del vento, solo allora io seguo il vento.

    Questo per dirti che oggi io scelgo di sedere qui in tregua
    ma domani il vento potrebbe chiedermi di spazzarti via
    e non ti nego che non mi sarebbe difficile accontentarlo.


    Con un gesto di forza posasti il bicchiere sul bancone, producendo un tonfo sordo del legno battuto dal fondo di vetro; con rapido guizzo avresti voltato in direzione del Castigo, fissandolo con gli occhi più atroci che un uomo potesse avere: gli occhi di un Falco che punta una preda.

    Ma non ti crucciare, Kuthiano! Semmai dovessi,
    ti distruggerei non per la giustizia e né per la Dama;
    ti distruggerei per il solo piacere di distruggerti.






     
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    Se prima aveva qualche dubbio sull’identità di quel nuovo Grifis, bastò sentirlo parlare per fugare ogni dubbio. Nonostante tutti i cambiamenti e la sua congenita volubilità, lui restava sempre il Falco Bianco di Laputa, l’unica anima che era riuscita ad opporsi alla sua. Si scolò il suo bicchiere mentre l’altro gli ricordava come il volo di un rapace potesse essere condizionato solo dal vento. Era una delle metafore con cui amava riempirsi la bocca, e il Kuthiano poté constatare che anche in questo non era cambiato. Lo sguardo omicida che gli rivolse era intenso come pochi altri che aveva incrociato: c’erano giornate in cui nemmeno il Monocorno aveva uno sguardo tanto terrificante.

    « Non pensi mai di essere fuori posto a Laputa? In quella terra d’ipocriti sei l’unico ad ammettere che il sangue che versi può essere fine a se stesso. »

    Il sorriso del diavolo non era quello di biasimo, ma quello di complicità.

    « Non sei nemmeno nativo di quell’isola, quindi non capisco il tuo attaccamento a quella terra. »

    Era un elfo di Fanedell, imparentato probabilmente con quell’altra elfa orientale che aveva incontrato a Memoria. Anche lei era stata simpatica come un Wyrm in un occhio.

    « Un giorno il vento potrebbe portarti lontano e farti cambiare la prospettiva con cui vedi le cose. Magari allora capirai che l’interventismo militare e il parassitismo sono troppo ingombranti da nascondere dietro l’egida della Giustizia. »

    Al contrario del suo interlocutore non si lasciò trasportare da gesti violenti o impulsivi. L’ultima provocazione del Cavaliere aveva infiammato qualcosa dentro di lui, ma riuscì a controllarsi. Non era quello il loro momento. Non ancora.

    « Io non voglio distruggere soltanto te. Devo radere al suolo tutto ciò che rappresenti. Tutti i deboli che si nascondono dietro la tua spada, tutte le falsità che avete accettato come dogmi. Non risparmierò niente e nessuno, Grifis. »

    Fu tutto chiaro finalmente. Non sarebbero stati solo loro due a combattere. Non era più un conto aperto tra due guerrieri, i due protagonisti erano soltanto la nuova incarnazione di uno scontro millenario tra due diverse visioni del mondo.

     
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    Atto Terzo

    Una sonora risata accompagnò le prime parole del Castigo. Certo, ora che potevi guardare il mondo da tutt'altra prospettiva, ti chiedevi cosa ancora ti legasse così saldamente a Laputa. La risposta non fu scontata.

    Colui che un tempo era mio padre non desiderò mai per me la libertà. Desiderava che io rimanessi prigioniero tra i boschi, ma io agognavo al cielo e non a una verdeggiante gabbia. Gli Aviatori sono stati un trampolino di lancio che ho preso per spiccare il volo e, in tutti questi anni, essere un laputense mi ha portato grossi benefici.

    Forse un tempo avresti detto che stare tra gli Aviatori era il coronamento del tuo sogno di giustizia, uno che la Dama portava a gran bandiera ovunque andasse. Eppure alla tua rinascita si era destato un sentimento nuovo, qualcosa che in realtà ti era sempre appartenuto ma che, per vari motivi, era andato frammentandosi nei numerosi altri falchi.

    Dovresti prestare attenzione, Bid.
    Ho detto che un aviatore vola grazie al vento, però
    non è detto che vada solo dove lui vuole che vada.
    Il Falco vola con il vento ma va dove vuole. Invero,
    è solo un caso che l'odio di Laputa per te coincida
    con il mio desiderio di affondarti addosso gli artigli.


    Perché ciò che il Kuthiano forse ancora non aveva compreso
    era che tu non avresti più dato la caccia alla tua preda per
    motivi di giustizia; avresti dato caccia a una preda perché
    questo fa un predatore. Vuoi che sia per nutrirsi o per altro.

    Ahahahaha e sia Castigo, tieni fede al tuo nome. Ma sappi che non ho intenzione di difendere più nessuno con la mia spada. Insegnerò ai deboli come difendersi e lascerò che spicchino il volo da soli. E se un predatore più grande di loro ne farà cibo per vermi, o per se stesso, io non accorrerò a vendicarne la morte. Dopotutto, chi muore sul campo di battaglia non è preda o predatore: è solo un perdente.






    Edited by flama - 9/9/2014, 18:57
     
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    Il Castello del Cielo era stata un’occasione per sfuggire ad un futuro da guardiano della foresta che poco si accordava con le inclinazioni naturali di Grifis. Aveva ricevuto dei benefici non da poco per aver scalato la piramide gerarchica di Laputa, e fin qui poteva anche apprezzare il suo ragionamento opportunistico, ma c’era una domanda che ancora doveva fargli. Un interrogativo che forse avrebbe finalmente rivelato la vera natura del Falco.

    « L’alleanza tra Est e Laputa al momento è stabile, ma come tutte le alleanze non potrà durare in eterno, e tu lo sai. Cosa faresti se un giorno ti venisse ordinato di rivolgere le armi contro il tuo presidio d’origine? Quel giorno saresti Elfo di Fanedell o Falco di Laputa? »

    Era una prospettiva bizzarra, ma un individuo così altolocato come lui aveva il dovere di pensare a tutte le evenienze future.

    « E se l’esercito laputense decidesse d’invadere un presidio - non per difendere qualcuno, ma per il solo gusto di aggredire - quel giorno saresti Cavaliere o Mercenario? »

    C’era comunque una sorta di felicità disturbata nel Kuthiano. Fronteggiare un integralista della Giustizia sarebbe stato alquanto noioso, ma il nuovo Grifis presentava molte sfaccettature interessanti. In molte cose, paradossalmente, si sarebbero trovati d’accordo: sul fatto che i martiri della guerra erano semplici perdenti, ad esempio. Chissà, forse in un’altra vita sarebbe andata diversamente fra loro due.

    « Per stavolta offro io… »

    Allungò al barista i soldi per pagare i torcibudella di entrambi.

    « …ma la prossima che passerò a Laputa toccherà a te offrirmi da bere. E ti assicuro che per allora sarò assetato. »

    Si voltò, dando le spalle alla sua Nemesi.

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    « Goditi questa seconda vita che ho contribuito a darti, goditela finché puoi… perché un giorno verrò a riprendermela. »

    Mentre s’incamminava verso la porta, il suo corpo si sfilacciò in migliaia di stringhe di fumo nero. Dopo qualche passo il Castigo svanì, come un brutto incubo al risveglio. Ma non finiva lì: quell’incubo sarebbe tornato ben presto a tormentare altre notti, fino alla fine del mondo.

    Fino alla fine del sognatore.

     
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    Atto Quarto

    Il Kuthiano sapeva sempre trarre fuori argomenti interessati, nessuno che tu non avessi già vagliato abbondantemente. Perciò la risposta non fu semplice ma nemmeno affrettata.

    Laputa non avrà mai il coraggio di invadere l'Est. Se volessi parlare solo di potere militare, la Dama Azzurra ne possiede più di quanto ne abbia Drusilia; ma sono molti altri gli affari che impediscono una guerra tra le due fazioni, come ad esempio la parentela tra la Dama del Vento e Quarion, Ambasciatore dell'Est.

    Mandasti giù l'ultimo sorso. Le papille gustative di suggerirono che era meglio non continuare. Non che non potessi reggerlo... ma tutti si sarebbero accorti del fatto che, in realtà, nessun cibo o liquido veniva davvero integrato nel tuo corpo. Non ne avevi più bisogno, poiché non avevi più un corpo.


    Ma fingiamo per un istante che una tale guerra dovesse avvenire
    non potrei stare dalla parte degli Aviatori, rei d'invadere la mia casa
    ma né siederei dalla parte di Fanedell, verso cui ho nutrito rancore.
    Quasi certamente potrei sfidare a duello la mente dietro la guerra,
    né per fermarla né per impedirla: per il gusto di affondare la lama
    dentro un'anima così geniale da appiccare le fiamme tra i Presidi.


    E mentre la figura del Castigo si allontanava,
    ti chiedevi cosa egli pensasse della tua risposta;
    una che forse mai avrebbe creduto di poter sentir
    provenire proprio da te. Araldo adesso di ben altro,
    distante dalle faccende terrene. Misterioso. Austero.

    Diverso.



     
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