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Magnolia~.
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«Ecco…»
Una giovane ragazza si era chinata, poggiando a terra una ciotola di cibo per gatti, che adesso spingeva con il piede scalzo verso un persiano un po’ in sovrappeso, intento a miagolare sonoramente nell’attesa di ricevere la giusta dose di cibo e attenzione.
Il sole che filtrava attraverso le tende sottili della finestra accendeva di riflessi vivaci al particolare chioma della fanciulla, tinta del rosa dello zucchero filato, mentre i suoi occhi, languidamente socchiusi nel gesto, avevano il colore delle magnolie appena sbocciate.
«Ti rendi conto che mangi troppo? È per questo che stai diventando così chiattone!»
Si chinò verso l’animale solo per arruffargli teneramente il pelo, con la mente già rivolta alle cose da prendere prima di andar al lavoro. Quello si limitò a miagolare soddisfatto prima di tuffare il muso nel cibo.
«Da oggi considerati a dieta.»
Senza indugiare oltre, la ragazza raccolse rapidamente i vestiti sparsi per il piccolo appartamento, pronta a infilarseli alla velocità della luce mentre si infilava in bocca una fetta tostata. Dopotutto era già in ritardo, ma non era una novità per ci la conosceva: la puntualità non era mai stata il suo forte – e neppure l’ordine.
E comunque non era importante: non era importante che avesse trangugiato l’ultimo sorso di spremuta buttando quasi all’aria il bicchiere, non era importante che le si arruffassero i capelli ogni volta che indossava cappello, sciarpa e cappotto, e non era importante che dimenticasse sempre di infilare qualcosa di indispensabile nella sua borsa – ed era più una tasca dimensionale, a giudicare dalla capienza.
Si buttò giù per le scale, lasciandosi il piccolo appartamentino alle spalle, e spalancò l’ingresso, improvvisamente investita dall’aria pungente del mattino e da un sole insolitamente tiepido per una giornata invernale.
Quella ventata di energia fu un toccasana per il suo umore – generalmente ballerino, come quello di ogni vero artista –, e fu per quello che decise di farsi un giro in bici, anziché la solita passeggiata mattutina: si sentiva particolarmente energica. Salì sulla sua bici un po’ retrò – era di un colore antico, verde salvia, e sopra il voluminoso fanale faceva bella mostra di sé un grazioso cestino di vimini – e ingranò la quinta, dritta verso il Mercato di Epartis.
Con la grazia di chi è avvezzo a muoversi in quella babele di odori, colori e suoni che era il Mercato delle Sette Note, la fanciulla scivolò tra i barrocci e le bancarelle carichi di merce, salutando qui e là i visi conosciuti tra la marea di volti che, ogni giorno, popolavano quella fetta di mondo.
Dopo un po’, la bicicletta si arrestò dinnanzi a quello che sembrava essere un piccolo negozietto, più precisamente una libreria. Sembrava essere lì da molto tempo, invero, a giudicare dal legno antico, colorato dal sole e dal vento, così ricco di venature da sembrare una mappa geografica. Sull’entrata campeggiava un’insegna che recitava “Librarie E. Pinet”, numero civico 18.
Magnolia – questo era il nome della ragazza –, scavò rassegnata la strada nella borsa alla ricerca delle chiavi, armeggiandovi un bel po’ prima di averla vinta. Fu un gioco, poi, aprire la porta del negozietto e dichiarare ufficialmente “aperta” quella giornata lavorativa; davanti a lei un discreto numero di scatoloni stracolmi di libri aspettava beatamente di essere svuotato del suo contenuto, il quale poi doveva essere diligentemente catalogato sia a mano, sia digitalizzato: il suo datore di lavoro non amava particolarmente la tecnologia.
Era il caso di darci dentro: alla colazione ci avrebbe pensato dopo.. -
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Edited by Zaho - 12/2/2015, 22:09. -
Magnolia~.
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Lo sapeva. Come ogni martedì mattina, Elliot le aveva lasciato tutti quei bei scatoloni carichi di libri appena arrivati da sistemare. Era un naso fino, lui. Riusciva sempre a scovare i titoli più strani, antichi e particolari per la sua libreria, garantendo la soddisfazione dei palati letterari più esigenti. Intratteneva rapporti commerciali con tutti i Presidi, per riuscire ad accaparrarsi per primo le primizie che il Maelstrom si degnava – a volte, quando gli aggradava – di lasciar cadere sul semipiano. Erano libri proventienti da ogni parte del multiverso, magari scritte in lingue sconosciute ai più, ma lui, lui trovava sempre il modo di piazzarli... E, mal che andasse, c'era sempre la Biblioteca di Palanthas a cui fare donazioni.
...Ed era per questo che adesso Magnolia si trovava arrampicata su di una scaletta traballante – non che si decidesse a spendere un po' di soldi per la sicurezza del personale, lui! – cercando di distribuire ordinatamente e con dovizia di cure tutti quei preziosi volumi al loro giusto posto.
Peccato che, proprio nel momento più delicato, nell'istante in cui il suo equilibrio si feceva più precario per lo sporgersi del corpo verso la scaffalatura, esattamente nell'istante in cui il baricentro di quell'esile figura si spostò sulla punta dei piedi e il braccio si tese verso l'alto... beh, proprio in quel momento, lo scampanellio della porta d'ingresso ruppe il quieto silenzio della piccola libreria e attirò – forse troppo – l'attenzione della giovane
«Cacchio, un cliente!»
Bisbigliò a denti stretti, agitandosi pericolosamente sulla stretta base d'appoggio per tentare di spiare l'ingresso.
«Scusate...C'è nessuno? Buon giorno...?»
«Ah! eh! Buongiorno a lei! A-arrivo, un attimo! Arrivo, eh!»
Urlò, tentando di piegare la schiena all'indietro per capire chi fosse entrato, facendo superare alla vista l'ostacolo della minuscola porticina che separava quel piccolo ambiente da quello principale. Che si trattasse di un uomo era lapalissiano - la voce era quella -, ma che aspetto poteva avere? Umanoide? Ferino? Ne aveva viste tante!
Il fatto è che la sua non fu proprio un'idea felice. Perché la fanciulla si sbilanciò tanto, così tanto da ruzzolare giù dalla scala senza troppi complimenti. Non che di per sé fosse un problema - era abituata ai voli rocamboleschi, ai lividi e ai bernoccoli - ma i libri! I libri no, quelli non potevano cadere! Significava rovinarli!
I libriiiiiiiihhhhh!
La vocina nella sua testa gridò così tanto da far scattare in lei una caratteristica tanto inutile quanto particolare. Magnolia era una esper, una psion, o come si voglia dir si dica. Il suo problema più grande, però, era che non poteva usufruire dei suoi poteri a piacimento; di norma non funzionavano. Per quanto si impegnasse, per quanto ci provasse e si esercitasse e ci spendesse ore intere della sua esistenza, Meg non riusciva a smuovere neppure una matita da un tavolo.
O a dire ciao a Krapf.
Funzionavano per fatti loro, senza dar conto alla sua volontà; insomma.... Magnolia era una psion senza poteri psionici.
Figo, eh?
A volte, tuttavia, accadeva però che essi decidessero di attivarsi; in genere nei momenti di pericolo, o quando l'istinto, più in generale, prendeva il sopravvento sul raziocinio.
Peccato che quei maledetti - e non che la ragazza risparmiasse su epiteti peggiori di quello - avessero deciso di operare solo sui libri, lasciando che il suo bel deretano baciasse il pavimento con malagrazia.
SBAM.
E i libri levitavano.
Belli, carini, leggiadri come farfalle, tutt'intorno a lei.
Ma il suo sedere no.
Il suo sedere era a terra, il suo sedere non levitava. E la sua schiena era dolente e la sua voce mugulante.
Il massimo, per iniziare bene la giornata.
«Ahio...»
Adesso arrivo, eh.
Edited by Magnolia~ - 22/2/2015, 18:20. -
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Orgia.
Era un’orgia quella che stava imperversando nella sua mente, un profluvio di pensieri, una tempesta di parole, un bombardamento di frasi degno del peggiore raid aereo.
Un cervello coventrizzato, in pratica.
Le parole si rincorrevano, incespicavano nella sua mente in una corsa ad ostacoli, sfidando il disordine imperante della sua testa indisciplinata.
Perché quel tipo era nel retro? Eh? Voleva aiutarla? Ma come, doveva esser lei ad aiutare lui! E i libri! Oddio, saranno mica caduti? E che faccia avrà quel tipo? Diamine, doveva aprire gli occhi, ma il dolore aveva zittito ogni impulso neurale nel suo cervello del cavolo!
Rassegnata a quello che era lo status quo della sua mente, Magnolia tirò un sospiro profondo, e poi un altro, e un altro ancora. Schiuse una palpebra e spiò dalla sua posizione ribassata il nuovo ospite della libreria: sembrava un tipo curioso, vestito tutto di nero com’era. Nonostante l’aspetto da duro, però, era così galante da porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi. Mag, però, era un tipo tosto... si potrebbe dire tutto d’un pezzo.
Più che altro, riteneva che – essendo lei colei che si occupava del negozio e, di conseguenza, dell’incolumità dei suoi clienti – dovesse essere lei infondere sicurezza nel pubblico, aiutandolo in caso di bisogno e mantenendo, di contro, un certo savoir faire, con tutto l’aplombe del caso.
Declinò quindi l’educata offerta con un sorriso e il pollice alzato – lo agitò pure in aria, tanto per stare sicuri –, tirandosi in piedi con una certa dose di goffaggine, mentre tratteneva tra i denti piagnucolii di dolore per il suo deretano maciullato e sforzandosi di zittire quell’assordante affastellamento di parole inutili nella sua testa. Dopotutto, Magnolia era un fanciulla pelle e ossa – di muscoli neanche a parlarne -, ci voleva poco per lei ad avvertire dolore, senza quel buon, sano strato di grasso e massa muscolare ad ammortizzare gli urti.
Cercò quindi di ricomporsi, continuando a sorridere in quel modo che riteneva assolutamente ebete e che tanto soleva criticare nei commessi delle attività commerciali che era abituata a frequentare. Eppure adesso, con un guizzo di genio che diede corpo ad un’improvvisa epifania dell’infuori di sé, Mag comprese quanto diavolo dovesse essere difficile intessere una rete di rapporti – seppure così labile, proprio come quella che poteva nascere tra un commerciante e il suo cliente – per gli incapacitati sociali, esattamente come lei. E si maledì per la sua ottusaggine, riuscendo al contempo a compatirsi un po’ per la situazione assurda in cui si era ritrovata a essere.
Il fatto era che tutti quei pensieri non erano un semplice brusio di sottofondo, oh no. Non era il normale flusso di riflessioni che, a volte – con un pelino d’invadenza – soverchiava tutto il resto, spazzando via la realtà esterna dalle sue poco allenate percezioni sensoriali e facendola al contempo apparire come una decerebrata sotto effetto di stupefacenti.
No, quello era un concerto in piena regola, un’orgia anarco-punk con tanto di chitarre spaccate e crowd surfing. Impossibile pensare di averla vinta contro il delirio allo stato puro. Cosa puoi fare, Magnolia? Niente. Assolutamente niente.
E allora sorrise.
Chiuse gli occhi azzurri – sfumati di quel particolarissimo tono d’indaco – inspirò profondamente e si lisciò con cura le pieghe del vestito, desiderando più di ogni altra cosa al mondo mettere in pausa quell’istante e potersi massaggiare il sedere così a lungo da diventare ottuagenaria e poterlo raccontare alle tre generazioni successive.
E invece niente. Lei e il dolore erano ancora lì, e il tipo pure. Per non parlare dei libri.
Sorrise, e con il tono più gentile che le sue corde vocali fossero in grado di modulare, domandò:
« Buongiorno, signore. Benvenuto alla Libreria Pinet. Cosa posso fare per lei? Ovviamente, la ringrazio molto per l'aiuto offertomi. »
Ne era certa: a forza di tenere quell'espressione idiota stampata sul viso, le sarebbero spuntate le rughe.
Edited by Magnolia~ - 3/4/2015, 22:46. -
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«...Grazie a te per l'accoglienza. Diamoci pure del tu, anche se ho settecento anni.»
«Err... complimenti!»
Ma perché adesso le aveva spiattellato la sua età di punto in bianco? Cosa c'era di strano (almeno su Endlos)?! Fu per quello che non le venne nulla di più intelligente da dire; quel tipo oltretutto assunse d'improvviso una strana espressione persuasivo-ammiccante, lasciandola d'un tratto basita e senza parole: più lui sorrideva - innalzando complice un angolo della bocca - più il sopracciglio di Magnolia le increspava la fronte sollevandosi, finendo per creare una strana situazione di paradosso emotivo.
Sei forse un pervertito? avrebbe voluto chiedergli, ma la buona etichetta imposta dai rapporti cliente-commerciante la trattenne dal dar fiato a frasi poco propizie. In effetti, però, l'ipotesi più probabile era che l'uomo stesse tentando di rendersi simpatico. Non che fosse una colpa, ecco... ma a che pro farlo? Era solo un cliente, dopotutto, e la loro interazione si sarebbe consumata nel giro di pochi istanti; era sempre così con i nuovi arrivati.
Perché - diciamocelo - non ci voleva un genio o lo sforzo di tutto il suo invidiabilissimo quoziente intellettivo per comprendere che quel ragazzo (vecchio?) fosse solo di passaggio, prima ancora che lui lo esplicitasse.
«Bel sistema di salvataggio libri comunque! Cos'è, piastre ad antigravità selettiva? O telecinesi ad area? Il motivo per cui sono qui, in ogni caso, è che sono nuovo di Endlos e cercavo una mappa del luogo. Per informarmi, orientarmi, "scoprire il mondo". Ne avete, per caso? Essendo una libreria, ho pensato che le probabilità che voi ne teniate qualcuna fossero maggiori rispetto agli altri negozi e bancarelle che ho visto qui attorno.»
« Mhm... una mappa... »
Replicò pensierosa, porgendo le mani d'istinto per farsi restituire il prezioso carico. L'espressione perplessa di poco prima era stata spazzata via da una genuina dose di concentrazione intanto che lo soppesava con lo sguardo, indugiando con gli occhi su quello che -apparentemente - attirava di più la sua attenzione: l'aggeggio che lui portava al polso. Fu per quello che glissò completamente sull'altra domanda... non per maleducazione, ma per distrazione.
Mag era sempre distratta.
« Ne desidera una versione digitale o cartacea? Inoltre, le interessa solo il Presidio o tutta Endlos? Perché nel caso ne avrei svulippata una niente male... »
Fu così che si ritrovò a fissarlo, in attesa della prossima risposta.. -
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