Galeotto fu il libro

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  1. Magnolia~
     
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    «Ecco…»

    Una giovane ragazza si era chinata, poggiando a terra una ciotola di cibo per gatti, che adesso spingeva con il piede scalzo verso un persiano un po’ in sovrappeso, intento a miagolare sonoramente nell’attesa di ricevere la giusta dose di cibo e attenzione.
    Il sole che filtrava attraverso le tende sottili della finestra accendeva di riflessi vivaci al particolare chioma della fanciulla, tinta del rosa dello zucchero filato, mentre i suoi occhi, languidamente socchiusi nel gesto, avevano il colore delle magnolie appena sbocciate.


    «Ti rendi conto che mangi troppo? È per questo che stai diventando così chiattone!»

    Si chinò verso l’animale solo per arruffargli teneramente il pelo, con la mente già rivolta alle cose da prendere prima di andar al lavoro. Quello si limitò a miagolare soddisfatto prima di tuffare il muso nel cibo.

    «Da oggi considerati a dieta.»

    Senza indugiare oltre, la ragazza raccolse rapidamente i vestiti sparsi per il piccolo appartamento, pronta a infilarseli alla velocità della luce mentre si infilava in bocca una fetta tostata. Dopotutto era già in ritardo, ma non era una novità per ci la conosceva: la puntualità non era mai stata il suo forte – e neppure l’ordine.

    E comunque non era importante: non era importante che avesse trangugiato l’ultimo sorso di spremuta buttando quasi all’aria il bicchiere, non era importante che le si arruffassero i capelli ogni volta che indossava cappello, sciarpa e cappotto, e non era importante che dimenticasse sempre di infilare qualcosa di indispensabile nella sua borsa – ed era più una tasca dimensionale, a giudicare dalla capienza.

    Si buttò giù per le scale, lasciandosi il piccolo appartamentino alle spalle, e spalancò l’ingresso, improvvisamente investita dall’aria pungente del mattino e da un sole insolitamente tiepido per una giornata invernale.

    Quella ventata di energia fu un toccasana per il suo umore – generalmente ballerino, come quello di ogni vero artista –, e fu per quello che decise di farsi un giro in bici, anziché la solita passeggiata mattutina: si sentiva particolarmente energica. Salì sulla sua bici un po’ retrò – era di un colore antico, verde salvia, e sopra il voluminoso fanale faceva bella mostra di sé un grazioso cestino di vimini – e ingranò la quinta, dritta verso il Mercato di Epartis.

    Con la grazia di chi è avvezzo a muoversi in quella babele di odori, colori e suoni che era il Mercato delle Sette Note, la fanciulla scivolò tra i barrocci e le bancarelle carichi di merce, salutando qui e là i visi conosciuti tra la marea di volti che, ogni giorno, popolavano quella fetta di mondo.

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    Dopo un po’, la bicicletta si arrestò dinnanzi a quello che sembrava essere un piccolo negozietto, più precisamente una libreria. Sembrava essere lì da molto tempo, invero, a giudicare dal legno antico, colorato dal sole e dal vento, così ricco di venature da sembrare una mappa geografica. Sull’entrata campeggiava un’insegna che recitava “Librarie E. Pinet”, numero civico 18.

    Magnolia – questo era il nome della ragazza –, scavò rassegnata la strada nella borsa alla ricerca delle chiavi, armeggiandovi un bel po’ prima di averla vinta. Fu un gioco, poi, aprire la porta del negozietto e dichiarare ufficialmente “aperta” quella giornata lavorativa; davanti a lei un discreto numero di scatoloni stracolmi di libri aspettava beatamente di essere svuotato del suo contenuto, il quale poi doveva essere diligentemente catalogato sia a mano, sia digitalizzato: il suo datore di lavoro non amava particolarmente la tecnologia.

    Era il caso di darci dentro: alla colazione ci avrebbe pensato dopo.

     
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    ~ Libri e Magnolie ~

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    Non avrei mai immaginato che la giornata di oggi mi avrebbe regalato due cose veramente belle.

    È mattina, nel presente, e sono nel mio laboratorio. La mia villa, la mia vita...sono state spostate. È mattina, ma non sono sicuro di cosa voglia dire, in questo strano, sconosciuto posto: mi hanno accennato a qualcosa di...particolare, un qualche fenomeno che fa sì che sia mattina come su ogni altro pianeta, ma che in effetti sia quasi un'illusione. Non hanno ben saputo spiegarmi, ma sembra che questo pianeta non sia un...pianeta, ecco. Non una sfera, non un geoide né un asteroide od altri solidi siderali noti e normalmente diffusi: nulla di tutto ciò, bensì un "semipiano", un...una porzione di spazio, piatto per giunta, che poi si perde nel...non si sa cosa. Devo indagare.
    È mattina nel mio laboratorio, ed ogni strumento che mi potrebbe essere utile a capire qualcosa -qualsiasi cosa!- di quello che mi hanno spiegato è fuori uso, probabilmente a causa dello sfasamento dimensionale. Colpa mia: avrei dovuto fare più attenzione a mescere pozioni alchemiche ed ingredienti instabili. Colpa mia, anche se onestamente non so ancora se dispiacermi di questo inatteso accadimento: non so come prenderlo, cosa pensarne, e data la sua difficile reversibilità credo mi converrebbe considerarlo come un'opportunità per viaggiare, per esplorare qualcosa di diverso. Di molto diverso. Ed affidandomi quasi esclusivamente ai miei soli sensi innati e naturali, plasmati nel tempo dalla mia conoscenza.
    Colpa mia, che mi sento in parte vuoto. Ho il mondo ai miei piedi, non mi manca niente, potrei fare tutto, ho perfino viaggiato avanti ed indietro nel tempo e nello spazio. E non so decidermi: potrei davvero fare di tutto, ma cosa? Da cosa parto? Che senso ha, il tutto? Vado avanti per inerzia, a volte, quando non sono trascinato da nuove e stimolanti curiosità...Quando viaggi tanto, specie con la fantasia, il rischio è di vivere tutto già prima, di non emozionarti più per niente, e così "tutto diventa una fotocopia, di una fotocopia, di una fotocopia, di una fotocopia..."

    È il lontano 1841, su Gaia, l'ultima volta in cui ho bisogno di una mappa geografica. Col viaggio temporale successivo ritornerò nel mio tempo, e non vi saranno più cartine aggiornate, solo fotografie sbiadite di un lontano passato: la guerra avrà distrutto quasi ogni insediamento di ragguardevoli dimensioni, l'intera superficie del pianeta sarà devastata e cancellata, e con essa la geografia che conoscevamo. Le rovine saranno ancora fumanti ed alcune perfino in fiamme, le radiazioni avranno stravolto le popolazioni, io ed il mio caravan artigianalmente rinforzato torneremo a calpestare l'asfalto crepato e le strade sterrate come prima di partire per quel lungo viaggio che mi ha spalancato gli orizzonti, senza più badare al "dove andare" e senza preoccuparmene nemmeno per un istante. Libero, come gli ominidi prima dell'alba della coscienza e della civiltà. Libero, come gli outsider in cui mi son sempre rispecchiato, i critici della società corrotta e malatamente perversa che ammorbava l'intero pianeta. Unico luogo di riferimento sarà la mia villa, ma grazie ai nuovi poteri ed alle nuove tecnologie farvi ritorno non sarà più un problema.
    Ed ora, invece, sono di nuovo in un posto sconosciuto, senza riferimenti né bussole che tengano: mi serve una cartina. Ancora una volta, questo sarà il primo passo, e sarà da affrontare socializzando, chiedendola a qualcun altro, avvalendomi dei frutti del lavoro di un altro essere vivente...Come quando capitai qualche millennio nel passato, nella mia stessa terra dal volto irriconoscibilmente selvaggio ed inospitale, e per caso incontrai quelli che poi avrei scoperto essere i miei avi, i capostipiti della Casata della Luna, riscoprendoli assieme alle mie origini ed a me stesso. Cambio tempo ed incontro il mio passato, cambio luogo e...chissà cosa o chi incontrerò, stavolta.



    ”...”


    Con lenta -nascostamente incerta- cura, indosso i miei abiti pesanti ed eleganti, mentre il mio viso indossa un'espressione distaccata, pensierosa, intenta ad elaborare dati, teorie, tenui e cupe e timidamente speranzose emozioni interiori. Dolcevita nera a costine, jeans neri in velluto, anfibi rinforzati -neri, ovviamente-, cappotto lungo in pelle nera dal sapore cybergothico moderno con un vago retrogusto vittoriano, cilindro vecchio stile con un paio di goggles a rincarare il tocco steamgoth, occhiali da sole fini e tinti di blu elettrico scuro, orologio dai tratti scientifici e freddi, anelli in argento, polsini neri -rigorosamente-, ciondoli decorativi, lo Zypakna -il mio pc portatile- all'avambraccio e quant'altro.
    Sospiro, immobile, fissando il comò nella mia stanza da letto sfatta. Una lunga ciocca di capelli neri aleggia davanti al mio viso, per poi tornare a posarsi al rallentatore come un fantasma. La barba...la barba trasandata ma ancora spacciabile per il curato effetto "finto incolto" che ogni tanto torna di moda. Dovrò radermi e darmi una sistemata, in questi giorni, perché negli ultimi sono stato così preso dalle mie invenzioni e dai "colpi di genio" che son culminati in tutto questo...che ho perso di vista il tempo che passava, a differenza dei miei processi biologici che non si curano di ciò che m'accade attorno e tra le sinapsi.
    Sospiro, alzandomi e portandomi ora davanti allo specchio nero e lucido incastonato nella parete, simbolo di un riflesso che dovrebbe cogliere l'anima e non il corpo di chi guarda, l'essenza interiore e non la parvenza esteriore. In esso, il ritratto sfumato di un uomo dai tratti giovani che nasconde più di mezza dozzina di secoli dietro un carattere particolare, "strano", come piace definirlo alla gente, carattere che si riverbera nel modo di vestirsi, di comportarsi, di pensare alla vita. Un carattere indossato, non come una maschera ma come il vero e sincero specchio portatile dell'anima: chi mi guarda potrebbe, se solo avesse un po' di pazienza ed attenzione, capire che ciò che è sotto i loro occhi è proprio ciò che sono...Che non mento, a differenza di molti. Che la mia stravaganza non è l'estremo atto di chi ha bisogno di nascondersi, bensì al contrario la più totale e diretta esposizione di chi sono veramente, profondamente.

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    Mi guardo, e per un po' non so più chi sono. Le mie labbra sono piegate in un accenno di sorriso triste ed incerto, e mi sembra che non siano le mie, che non sia io quella persona. Non so più chi sono; non so più cosa farne, della mia vita. Resto immobile a fissarmi, esplorando ogni tratto, ogni ruga, ogni peculiare e personalissima ed unica postura millimetrica della mia espressione, e della semplice superficie del mio volto. "Cos'hai da ridere?", mi viene da domandargli, a lui, a me, me stesso, che fatico a riconoscere...
    A volte mi capita, periodicamente quasi potrei dire; a volte mi fermo a riflettere su me stesso, e di solito questo è sinonimo di cambiamento, è causa -o forse sintomo- di mutamenti interni alla mia psiche, qualcosa che prelude a stravolgimenti anche radicali. Forse è un sesto senso? Forse è il modo del mio cervello di avvertirmi, di dirmi "Ehi, guarda che sta per succedere qualcosa di grandioso, di rivoluzionario! La tua coscienza sta per fare il level up: preparati all'onda d'urto, tienti forte!"
    Una volta mi sono domandato che senso avesse l'intera società, le gabbie dorate in quella giungla d'asfalto che era il mio ambiente, gli schemi preimpostati in cui tutte quelle scimmie si auto-schiavizzavano come automi lobotomizzati per far arricchire altri padroni-schiavi cerebrolesi che non hanno capito un cazzo del mondo, della vita, dell'universo, della felicità e vivono di merda: era la quarta superiore, e stavo per mollare il liceo. Ho tirato avanti, ma non ero più lo stesso. Ho continuato, con l'università, ma non ero più lo stesso: studiavo piuttosto per conto mio, per me stesso, altre materie anche, scoprendo il piacere atavico per il potere intrinseco al craftare il mondo per hobby...E poi la guerra spezzò tutto, quasi provvidenzialmente, "costringendomi" a seguire più questa mia seconda via, questo "abbassamento" ed "impragmatizzamento" della mia mente, delle mie potenzialità cerebrali, delle mie materiali capacità umane...
    Un'altra volta mi son domandato cosa stavo diventando, dopo quell'esperimento di fisica fallito che mi ha donato l'immortalità -siano eternamente dannati quegli elastici e quelle graffette cadute in mezzo al reattore! Dannati con me...-, ed ho deciso che da quel giorno in poi avrei occupato la noia della mia lunghissima vita futura andando in giro, viaggiando per il multiverso, non tanto ad esplorare ma a prendere a badilate in faccia la gente. Per punirla per la sua stupidità, ovviamente. Ed è stato soddisfacente, e mi ha permesso di conoscere tantissimo, di imparare tantissimo, di crescere tantissimo. E di indignarmi tantissimo e di sbadilare ancora più forte, col mio fidato Punisher.
    Un'altra ancora mi sono domandato cos'ero stato invece, cosa c'era nel mio DNA, quali pezzi di storia mi avevano forgiato. Ed ho scoperto geni licantropi e solo la scienza sa cos'altro, in quell'accozzaglia variopinta che è l'eredità biologica sul mio pianeta d'origine. E ci ho fatto esperimenti sopra, ed ho fatto riemergere il passato come un archeologo, con la sua stessa paziente cura e l'amore per qualcosa che appartiene soprattutto a me nel mio caso.

    Chiudo il grosso portone in legno della Villa della Casata della Luna, e poi alzo lo sguardo verso l'alto accarezzandone la facciata. Guardo la porta chiusa, e mi rendo conto che ci sono più aperture e vie d'accesso altrove che se la lasciassi aperta. E ciò mi causa una certa...tristezza, malinconia, mentre la mia bocca si piega amaramente in preda ad un debole sottofondo di sconforto: la villa dei miei progenitori, perduti e ritrovati, che cade a pezzi sotto le vessazioni impietose del tempo. Un giorno la ricostruirò, la riporterò in vita al suo vecchio splendore: è solo offuscata dalla patina di degrado in cui ha versato negli ultimi...decenni, secoli. Tristezza, ma non per i progenitori: niente sciocchi sentimentalismi parentali, perché il sangue è acqua ed il cervello è l'unica cosa che conta veramente. È una sensazione di desolazione generalizzata, cosmica: tutto si distrugge, è l'entropia, sono i progetti amati che vanno in rovina, è la vanità del tutto, un male di vivere che contempla lo sfacelo di ogni cosa esistente nel mondo.

    Sospiro, di nuovo, come fosse il nuovo ritmo a cui danza il mio cuore ormai: un senso di vuoto, di abbandono, di smarrimento mi pervade, complice questo improvviso rapimento accidentale. Non che avessi alcun impegno od affare, dove stavo prima. Non che mi dispiaccia, in fin dei conti, esplorare dopo tanto tempo un nuovo mondo. Forse, tuttavia, mi sarebbe piaciuto anche riposarmi un poco, in un ambiente familiare come la mia epoca, post-apocalittica e rigogliosa come solo la rinascita a discapito dell'uomo sa essere: avrei voluto fermarmi, al posto che continuare a viaggiare, a spostarmi, a perdere tutti i nuovi amici, a sopportare da solo il peso del mondo, del tempo, di tutto...

    ...

    Il mercato di Epartis mi contagia, ora, col suo buon umore: gente che grida, folla che scalpita, colori e suoni e profumi e mercanzie di ogni genere e qualità, come avessero sintetizzato in questo posto tutta l'abbondanza variegata descrittami mentre mi parlavano di questo "Endlos" -nome curioso, invero-. Mi contagia, ma mi dà anche fastidio: una parte di me preferirebbe di gran lunga scavalcare tutta questa marmaglia passando per i tetti. Lo vorrebbe davvero, perché è la parte più selvaggia, più ostile, più scontrosa, più animalesca...più timorosa, più asociale...il lupo solitario che è in me, soffocato e nauseato dall'olezzo della gente comune e delle sue cazzate, irritato dalla loro becera mediocrità, indignato dalla loro invadenza, insistenza, arroganza...pericolosità. Perché l'ignoranza genera stupidità, e la stupidità è imprevedibile ed è pericolosa.
    Tuttavia, non lo faccio, perché credo sia più giusto così: immergermi in questo marasma cosmico colorato ed allegro potrebbe farmi bene, potrebbe alleviare il mio stress post-traumatico, potrebbe essere un ottimo cavallo di troia e strumento per auto-manipolarmi migliorando il mio stato emotivo.
    In fin dei conti, le probabilità che la gente stupida si riveli pericolosa adesso sono tutto sommato basse...
    Mi costringo perciò a passare tra le bancarelle, dando spazio alla mia curiosità ed aprendomi alle diverse novità che mi si presentano, alle usanze, ai costumi ed ai cibi locali ed agli oggetti esotici...e già un sorrisetto più sereno s'affaccia sulle mie labbra. C'è vita, qui. Questo posto brulica di vita, è quasi esaltante, euforizzante.

    Giro, continuo a girare, per una buona mezz'ora ma anche un'ora o più, ho perso la cognizione del tempo. Giro, facendo girare la mia testa per distrarla dai brutti pensieri grevi e dal retrogusto esistenzialista che inevitabilmente mi fan tornare al mio solito pessimismo cosmico, da tempo sopito e recentemente ravvivato.
    Perché mi sento solo, specie qui dove non conosco nessuno.
    Giro, fino a che non mi sovviene un'idea: la libreria che ho appena passato, forse, potrebbe avere ciò che cerco. Perché sì, ora che ci penso, mi sono spinto e costretto a buttarmi in questa giostra per un motivo preciso, ovvero reperire una carta topografica, una olografia o qualsiasi altro oggetto usino qui per orientarsi. E mi compiaccio di essermi fatto così trascinare e distrarre da aver perso di vista il mio obiettivo: il mio piano funziona, allora.
    Decido così di fare inversione e farmi strada tra spintoni altrui e "Scusi" vari, cercando di schivare tutte le persone che riesco e di impiegare il minor tempo possibile per riuscire a mettermi in salvo oltre le maestose porte in legno antico della suddetta attività commerciale. Così allegra, così piena zeppa di libri, così piccolina ed accogliente e confortevole. Così stranamente e curiosamente familiare quasi, attraente perciò.

    ~ Dli-ling! ~


    Annuncia il grazioso campanellino dorato appeso sulla soglia, intercettato di riflesso dal mio sguardo e dal sorriso compiaciuto che gli riservo.

    «Scusate...C'è nessuno? Buon giorno...?»


    Entro con passo insicuro, muovendomi lentamente, cappello in mano, con le sopracciglia alzate e la schiena incurvata in segno di pace e di non-belligeranza -posizione assunta istintivamente e prontamente rilevata e spiegata ed approvata dalla mia coscienza-, come si conviene nella migliore comunicazione non-verbale. Siamo evoluti, da milioni di anni viviamo in comunità, ma certe cose non si sono ancora aggiornate...forse proprio perché la convivenza pacifica non è affatto la norma, non è per nulla scontata, alla faccia di quegli stessi milioni di anni, ed ha bisogno di continui ravvivamenti e rassicurazioni.
    E mentre i miei occhi si fanno ampi volgendo lo sguardo da destra a sinistra e verso il fondo del negozio e verso l'alto, le mie labbra si schiudono and I stand in awe, colto da un improvviso e crescente senso di sbalordimento, di ammirazione estatica per questo prodigio che si snocciola tutt'intorno a me, circondandomi senza remora e con posata gentilezza: libri, libri a perdita d'occhio, un universo di cultura ed emozioni e magnificenza senza limiti o restrizioni. E l'odore della carta, che solo il libro sa racchiudere dentro di sé in quella maniera così eccezionale, e che risveglia ricordi assopiti nelle profondità più recondite della mia mente...

    Non avrei mai immaginato che la giornata di oggi mi avrebbe regalato due cose veramente belle.

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    ~ Stato Fisico: Ottimale.
    ~ Stato Psicologico: Ottimale | Pensieroso e malinconico, poi distratto ed allietato, poi meravigliato.
    ~ Riserva Energetica: 100|100.

    ~ Equipaggiamento e Passive:
    • Poliedrico [5]
      - Conoscenza Enciclopedica: 5

    • Multisfaccettato [8]
      - Mutaforma: 5
      - Zanne: 1
      - Artigli: 2

    • Sonic Cane [7]
      - Bastone: 1
      - Mutaforma Tecnologico: 5
      - Lama: 1

    • Zypakna [5]
      - Gauntlet: 1

    ~ Tecniche:
    ---

    ~ Riassunto:
    Distratto da riflessioni profonde e malinconiche sulla sua nuova condizione causata dall'arrivo imprevisto e potenzialmente irreversibile su Endlos, si veste di tutto punto e va al mercato di Istvan per comprare una mappa della zona. Trova la libreria di Magnolia e, soppesate le probabilità di compiere la sua missione, decide di entrare per poi rimanere affascinato dalla miriade di libri. <3

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    Edited by Zaho - 12/2/2015, 22:09
     
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  3. Magnolia~
     
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    Lo sapeva. Come ogni martedì mattina, Elliot le aveva lasciato tutti quei bei scatoloni carichi di libri appena arrivati da sistemare. Era un naso fino, lui. Riusciva sempre a scovare i titoli più strani, antichi e particolari per la sua libreria, garantendo la soddisfazione dei palati letterari più esigenti. Intratteneva rapporti commerciali con tutti i Presidi, per riuscire ad accaparrarsi per primo le primizie che il Maelstrom si degnava – a volte, quando gli aggradava – di lasciar cadere sul semipiano. Erano libri proventienti da ogni parte del multiverso, magari scritte in lingue sconosciute ai più, ma lui, lui trovava sempre il modo di piazzarli... E, mal che andasse, c'era sempre la Biblioteca di Palanthas a cui fare donazioni.

    ...Ed era per questo che adesso Magnolia si trovava arrampicata su di una scaletta traballante – non che si decidesse a spendere un po' di soldi per la sicurezza del personale, lui! – cercando di distribuire ordinatamente e con dovizia di cure tutti quei preziosi volumi al loro giusto posto.
    Peccato che, proprio nel momento più delicato, nell'istante in cui il suo equilibrio si feceva più precario per lo sporgersi del corpo verso la scaffalatura, esattamente nell'istante in cui il baricentro di quell'esile figura si spostò sulla punta dei piedi e il braccio si tese verso l'alto... beh, proprio in quel momento, lo scampanellio della porta d'ingresso ruppe il quieto silenzio della piccola libreria e attirò – forse troppo – l'attenzione della giovane


    «Cacchio, un cliente!»

    Bisbigliò a denti stretti, agitandosi pericolosamente sulla stretta base d'appoggio per tentare di spiare l'ingresso.

    «Scusate...C'è nessuno? Buon giorno...?»

    «Ah! eh! Buongiorno a lei! A-arrivo, un attimo! Arrivo, eh!»

    Urlò, tentando di piegare la schiena all'indietro per capire chi fosse entrato, facendo superare alla vista l'ostacolo della minuscola porticina che separava quel piccolo ambiente da quello principale. Che si trattasse di un uomo era lapalissiano - la voce era quella -, ma che aspetto poteva avere? Umanoide? Ferino? Ne aveva viste tante!
    Il fatto è che la sua non fu proprio un'idea felice. Perché la fanciulla si sbilanciò tanto, così tanto da ruzzolare giù dalla scala senza troppi complimenti. Non che di per sé fosse un problema - era abituata ai voli rocamboleschi, ai lividi e ai bernoccoli - ma i libri! I libri no, quelli non potevano cadere! Significava rovinarli!


    I libriiiiiiiihhhhh!

    La vocina nella sua testa gridò così tanto da far scattare in lei una caratteristica tanto inutile quanto particolare. Magnolia era una esper, una psion, o come si voglia dir si dica. Il suo problema più grande, però, era che non poteva usufruire dei suoi poteri a piacimento; di norma non funzionavano. Per quanto si impegnasse, per quanto ci provasse e si esercitasse e ci spendesse ore intere della sua esistenza, Meg non riusciva a smuovere neppure una matita da un tavolo.
    O a dire ciao a Krapf.
    Funzionavano per fatti loro, senza dar conto alla sua volontà; insomma.... Magnolia era una psion senza poteri psionici.
    Figo, eh?
    A volte, tuttavia, accadeva però che essi decidessero di attivarsi; in genere nei momenti di pericolo, o quando l'istinto, più in generale, prendeva il sopravvento sul raziocinio.
    Peccato che quei maledetti - e non che la ragazza risparmiasse su epiteti peggiori di quello - avessero deciso di operare solo sui libri, lasciando che il suo bel deretano baciasse il pavimento con malagrazia.

    SBAM.

    E i libri levitavano.
    Belli, carini, leggiadri come farfalle, tutt'intorno a lei.
    Ma il suo sedere no.
    Il suo sedere era a terra, il suo sedere non levitava. E la sua schiena era dolente e la sua voce mugulante.
    Il massimo, per iniziare bene la giornata.


    «Ahio...»

    Adesso arrivo, eh.



    Edited by Magnolia~ - 22/2/2015, 18:20
     
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    ~ Libri e Magnolie ~

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    «Ah! Eh! Buongiorno a Lei! A-arrivo, un attimo! Arrivo, eh!»

    «Faccia con calma, non si preoccupi!»

    ”Una ragazza...?”


    Una voce femminile mi raggiunge da qualche metro più avanti, attirando la mia attenzione e solleticando la mia fantasia ad un livello inconscio ed emotivo, con qualche concessione permissiva ad indulgere da parte della razionalità. Sono solo -e triste, e vuoto- da troppo tempo, in fin dei conti, è vero...e lasciare la mia immaginazione a pascolare e fantasticare un po' non ha mai ucciso nessuno. Son fatto di carne e sinapsi, dopo tutto...

    Supero il bancone a "L" munito di cassa sulla destra a passo lento e rilassato, procedo oltre gli espositori di libri curiosi ed apprezzo il salottino letterario nell'angolo a sinistra -ehi, potrebbe diventare un ritrovo abituale! Un bel rifugio, sai, Zaho? Così accogliente e colto...-, e mi avvicino così alla stanza sul retro da cui proviene, con rispettosa timidezza, per facilitarle la mia percezione e l'interfacciarsi instaurando il rapporto di customer care.
    Faccio appena in tempo ad intravedere il suo viso aggraziato dall'alto della sua posizione, poco sotto lo stipite che intralcia la visuale, ed a socchiudere la bocca e slanciare in avanti le braccia con un moto di spaventata preoccupazione, che...

    ~ SBAM ~

    «Ahio...»


    ”Che culata pazzesca!”, dice una voce istintiva in un angolo della mia scatola cranica, mentre prontamente accorro in suo soccorso doveroso da vero gentiluomo, senza lasciarmi distrarre dai libri fluttuanti -ci sarà tempo dopo, uno sguardo ammaliato di mezzo secondo è più che sufficiente ora-, porgendole la mano ed aiutandola a rialzarsi.

    «Vi siete fatta male, milady?»


    Riflesso ormai inconscio poiché temprato dall'abitudine assieme al cambio di registro -il "Voi" tipico ottocentesco ed antecedenti, secoli che ho vissuto letteralmente sulla mia pelle-, così come spontanea e naturale l'espressione empatica sul mio volto, preoccupata per la sua condizione di salute fisica. E mentre me ne assicuro, ho la possibilità di ammirare ed esplorare ogni linea del suo volto, ogni sfumatura dei suoi capelli, ogni punto luminoso dei suoi occhi, ogni sofficità morbida e rosea dei millimetrici rigonfiamenti labiali...Ed i miei pensieri, in questo tempo dilatato fatto di microsecondi, prendono a viaggiare senza coscienza, tra le lande della psicologia evolutiva, dei sentimenti, delle emozioni umane e dei rapporti sociali, delle pulsioni istintive e dell'educazione razionale e volitiva, mentre un'inspirazione profonda causa un maggior apporto d'ossigeno che va a sommarsi all'adrenalina nell'effetto di dilatare le mie pupille...E sento nel mio cervello qualcosa muoversi, sento l'assetto tipico del potenziale crescente, la posizione di disponibilità ad innamorarsi.
    ...È bella...davvero bella...
    Eccolo, è lì che va a cercare l'appoggio delle fantasie di prima, lì che cerca di prenderle per mano e farsi rassicurare e convincere. Sì... "Dai, lavora in una libreria!"... Piano, pausa... "Deve per forza apprezzare la cultura, le cose colte!"... Forza, rallenta... "Ed è bella, affascinante, attraente"... Non lasciarti trascinare, stai attento, su, concentrati...
    Emozioni senza nome, frasi senza parole, a dire il vero: sono potenziali, appunto. Potenziali da domare, da imbrigliare, da addomesticare, da indirizzare ed incanalare -pena atroci sofferenze disastrate in conseguenza-. Sono cose "che potrebbero essere dette, pensate", non sono reali, sono...desideri. Richieste di realtà, fragili sogni di vetro pronti ad andare in frantumi, in mille pezzi, alla prima folata di verità serie e realistiche, diverse dalle aspettative e dalle immaginazioni con cui sto pian piano riempiendo questi vuoti di conoscenza su di lei. Perché lei è una sconosciuta, questa ragazza mai incontrata prima che gestisce una libreria in un mondo alieno. Potenziali muti, soffocati, affiorano timidi e speranzosi dagli abissi dell'inconscio, in frammenti d'istanti, mentre fisso questi due specchi d'acqua cristallina...che riflette il cielo...con petali color indaco a galleggiare dolcemente sul pelo dell'acqua...
    Potenziali che vanno tenuti a bada, sotto controllo: sono pericolosi, per quanto maestosi, anzi proprio per questo. Sono potenti, ed ho imparato a mie spese quanto si debbano maneggiare con cura.

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    ~ Stato Fisico: Ottimale.
    ~ Stato Psicologico: Ottimale | Pensieroso e malinconico, poi distratto ed allietato, poi meravigliato.
    ~ Riserva Energetica: 100|100.

    ~ Equipaggiamento e Passive:
    • Poliedrico [5]
      - Conoscenza Enciclopedica: 5

    • Multisfaccettato [8]
      - Mutaforma: 5
      - Zanne: 1
      - Artigli: 2

    • Sonic Cane [7]
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      - Gauntlet: 1

    ~ Tecniche:
    ---

    ~ Riassunto:
    Cerca di rassicurarla e, dopo il tonfo, di aiutarla a rialzarsi con fare da vero gentiluomo d'altri tempi, perdendosi nei suoi occhi amabili <3

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  5. Magnolia~
     
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    Orgia.
    Era un’orgia quella che stava imperversando nella sua mente, un profluvio di pensieri, una tempesta di parole, un bombardamento di frasi degno del peggiore raid aereo.

    Un cervello coventrizzato, in pratica.

    Le parole si rincorrevano, incespicavano nella sua mente in una corsa ad ostacoli, sfidando il disordine imperante della sua testa indisciplinata.
    Perché quel tipo era nel retro? Eh? Voleva aiutarla? Ma come, doveva esser lei ad aiutare lui! E i libri! Oddio, saranno mica caduti? E che faccia avrà quel tipo? Diamine, doveva aprire gli occhi, ma il dolore aveva zittito ogni impulso neurale nel suo cervello del cavolo!

    Rassegnata a quello che era lo status quo della sua mente, Magnolia tirò un sospiro profondo, e poi un altro, e un altro ancora. Schiuse una palpebra e spiò dalla sua posizione ribassata il nuovo ospite della libreria: sembrava un tipo curioso, vestito tutto di nero com’era. Nonostante l’aspetto da duro, però, era così galante da porgerle la mano per aiutarla ad alzarsi. Mag, però, era un tipo tosto... si potrebbe dire tutto d’un pezzo.
    Più che altro, riteneva che – essendo lei colei che si occupava del negozio e, di conseguenza, dell’incolumità dei suoi clienti – dovesse essere lei infondere sicurezza nel pubblico, aiutandolo in caso di bisogno e mantenendo, di contro, un certo savoir faire, con tutto l’aplombe del caso.

    Declinò quindi l’educata offerta con un sorriso e il pollice alzato – lo agitò pure in aria, tanto per stare sicuri –, tirandosi in piedi con una certa dose di goffaggine, mentre tratteneva tra i denti piagnucolii di dolore per il suo deretano maciullato e sforzandosi di zittire quell’assordante affastellamento di parole inutili nella sua testa. Dopotutto, Magnolia era un fanciulla pelle e ossa – di muscoli neanche a parlarne -, ci voleva poco per lei ad avvertire dolore, senza quel buon, sano strato di grasso e massa muscolare ad ammortizzare gli urti.

    Cercò quindi di ricomporsi, continuando a sorridere in quel modo che riteneva assolutamente ebete e che tanto soleva criticare nei commessi delle attività commerciali che era abituata a frequentare. Eppure adesso, con un guizzo di genio che diede corpo ad un’improvvisa epifania dell’infuori di sé, Mag comprese quanto diavolo dovesse essere difficile intessere una rete di rapporti – seppure così labile, proprio come quella che poteva nascere tra un commerciante e il suo cliente – per gli incapacitati sociali, esattamente come lei. E si maledì per la sua ottusaggine, riuscendo al contempo a compatirsi un po’ per la situazione assurda in cui si era ritrovata a essere.

    Il fatto era che tutti quei pensieri non erano un semplice brusio di sottofondo, oh no. Non era il normale flusso di riflessioni che, a volte – con un pelino d’invadenza – soverchiava tutto il resto, spazzando via la realtà esterna dalle sue poco allenate percezioni sensoriali e facendola al contempo apparire come una decerebrata sotto effetto di stupefacenti.
    No, quello era un concerto in piena regola, un’orgia anarco-punk con tanto di chitarre spaccate e crowd surfing. Impossibile pensare di averla vinta contro il delirio allo stato puro. Cosa puoi fare, Magnolia? Niente. Assolutamente niente.

    E allora sorrise.

    Chiuse gli occhi azzurri – sfumati di quel particolarissimo tono d’indaco – inspirò profondamente e si lisciò con cura le pieghe del vestito, desiderando più di ogni altra cosa al mondo mettere in pausa quell’istante e potersi massaggiare il sedere così a lungo da diventare ottuagenaria e poterlo raccontare alle tre generazioni successive.
    E invece niente. Lei e il dolore erano ancora lì, e il tipo pure. Per non parlare dei libri.

    Sorrise, e con il tono più gentile che le sue corde vocali fossero in grado di modulare, domandò:


    « Buongiorno, signore. Benvenuto alla Libreria Pinet. Cosa posso fare per lei? Ovviamente, la ringrazio molto per l'aiuto offertomi. »

    Ne era certa: a forza di tenere quell'espressione idiota stampata sul viso, le sarebbero spuntate le rughe.



    Edited by Magnolia~ - 3/4/2015, 22:46
     
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    ~ Libri e Magnolie ~

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    La ragazza continua a tenere gli occhi chiusi, anche mentre sospira più volte. Non capisco perché lo faccia, brancolo nel buio nonostante i miei secoli di esperienza nello studio delle menti, e la cosa mi frustra un po' perché non riuscire a capirla significa non avere gli strumenti per poter interagire in maniera armonica con lei, rischiando di ottenere un rapporto scomposto e scomodo per entrambi.
    Apre infine un occhiolino e mi permette di riammirare quello spettacolo di colorazione della sua iride -affascinante ogni volta-, mentre mi scandaglia centimetro per centimetro. Mi pento ancora di più di essermi abbigliato in questa maniera, per quanto sia comunque la versione elegante del "black-tough" e non un chiodo borchiato da anarcho-punk. Avrei però fatto meglio a rimettermi gli abiti ottocenteschi, dannato me e la mia mania di aumentare la pericolosità della mia immagine come deterrente!

    Ciononostante, la ragazza sfoggia all'improvviso un sorrisone quasi esagerato, mentre tira su il pollice e lo agita allegramente in aria. Anche questo sembra un gesto..."costretto", eccessivo, sproporzionato, stentato, che tenta di sdrammatizzare qualcosa di drammatico per la sua mente... Declina l'offerta e "si arrangia". A fatica, ma si rialza. Dolorante, sospirante, con gli occhi chiusi, ma si risistema il vestito e si rende di nuovo "presentabile", tutti chiari sintomi del disagio psichico che sta provando in questo momento, uno stress veramente eccessivo, disallineato con la realtà, dettato da una visione distorta. Già: "fa da sola", "sa badare a sé stessa", sembra dire il suo comportamento. Come se fosse disonorevole, in una situazione così infimamente ridicola ed insignificante, accettare l'aiuto -infimamente ridicolo ed insignificante a sua volta- di uno sconosciuto.

    Non posso non reagire corrugando la fronte, sentendomi un poco a disagio -"un poco" solamente grazie a tutti gli sforzi razionali della mia mente ormai temprata, eh-, fuori posto, sporcandomi empaticamente della sua "social uncomfortness". Non capisco, che bisogno c'è? Cosa pensa? Arrivo perfino a domandarmi se sono stato io troppo invadente, a mettere in dubbio la stessa giustezza e correttezza e virtuosità del mio comportamento, entro in un mondo parallelo che mi mette angoscia, arrivo a mettere in dubbio la mia intera concezione del mondo, della vita, di cosa è giusto e cosa è sbagliato, la mia morale, probabilmente perché subisco effetti d'innamoramento da parte sua e quindi lei mi appare come una dea perfetta ed "è molto più probabile che sia io a sbagliarmi piuttosto che lei" -perché ci sarà sempre una parte di me che si sentirà, come un bambino, molto più potenzialmente in difetto dell'"altro", chiunque egli o ella sia-. Ed è solo a fatica mi rispondo che "eppure non...non mi è sembrato, non mi sembra, non...non direi..."
    Eccheccazzo Zaho, ancora a farti le seghe mentali?! Dai, sei stato solamente gentile! Sono settecento anni che lo sei! Ti fai mettere in crisi da una ragazza sconosciuta? Era un'offerta di aiuto, innocente e candida e pura! Dai, sii ragionevole. Quanto è più probabile che sbagli lei a reagire così per i suoi schemi mentali, piuttosto che tu a comportarti male per i tuoi, ragionati e testati in oltre sette secoli? Ecco, sì, bravo: inizia a ragionare, a domandarti. Chi mai potrebbe offendersi per una cosa del genere? Risposta: solo uno con dei blocchi mentali, che deve dimostrare di essere più figo di tutti e blablabla. La risposta è netta e precisa e chiara: tentativo di superiorità dovuto ad un complesso di inferiorità. Dai, analisi sommaria istantanea, flash, soppesa a spanne, a occhio: femmina, colta -libri come unico rifugio?-, magra/fisicamente debole e quindi vulnerabile e quindi "inferiore" nella sua ottica, buttaci anche un po' di effetto Dunning-Kruger alto...Sì: potrebbe essere che abbia dei blocchi, non trovi? Sì, onestamente sì dai, cioè: a giudicare esclusivamente dai sintomi fisici come il suo comportamento, sembra perfino palese e scontato, ma non siamo mai così precipitosi. Non è certezza, è questione di probabilità: è scienza. Diciamo perciò che, sì, le probabilità di essere in presenza di blocchi mentali si sono notevolmente innalzate a giudicare dai numerosi indizi di fila apparsi nel giro degli ultimi minuti. Dai, la sua mente ha i blocchi, come i motorini: per legge, per i vincoli sociali.
    Povera cucciola.
    Continua. Simula. Piomba pesantemente di possibilità probabili, fai inferenze indirette su campi che non hai ancora potuto visionare personalmente. Vai, ipotizza, rispolvera tutte le cose statisticamente annesse e carica lo schema che più le si avvicina, così da prevederla almeno in maniera più vicina alla realtà rispetto agli altri schemi: al massimo correggerai il tiro quando sarai in presenza di ulteriori dati, quando avrai info contrastanti, che è prassi.
    Non può permettersi di farsi aiutare, di non essere -o meglio apparire, perché è tutto un gioco di apparenze, di illusioni ottiche e mentali- autosufficiente, autonoma, "forte". L'apologia della forza bruta, la cultura del survival violento, l'ideologia del fascismo. Propaganda indottrinante. Roba grezza/emotiva/istintiva/animalesca maschile. Chissà che bio ha avuto, in che famiglia e contesto culturale è cresciuta...
    Le mancano valori femminili, di amore -anche e prima di tutto verso sé stessi-, di rispetto verso qualunque forma di vita -la sua per prima-, altrimenti avrebbe messo la sua salute ed il suo benessere al primo posto, invece è stata rozza come un maschio che se ne frega se viene ferito in un combat, tanto è duro e tira e può farlo. Come i neanderthal, che se si spezzavano le dita se le raddrizzavano da soli "a mano" perché tanto provavano meno dolore dei sapiens...Le mancano le arti marziali e la filosofia orientali, la precisione e la delicatezza probabilmente. Le manca la gentilezza come forza universale, le manca il tai-chi.
    ..."Mi ricorda Shaolin Soccer".

    ...

    Perché pensieri comici inappropriati, Zaho?! Be', anche la sua risposta è stata inappropriata e dunque è risultata comica -non so quanto involontariamente, in effetti, a onor del vero-, no? Meh...
    Torno a badare alle mie emozioni, e mi sto preoccupando e dispiacendo per lei, che prova dolore quando potrebbe appoggiarsi a me ed evitarlo...Preferisce il dolore addirittura, pur di aderire al suo ideale sadomaso di immagine forte all'esterno! Diocristo, conosco il tipo di mentalità...Non posso non pensarci lucidamente, razionalmente, consciamente con la mia conoscenza. E perciò sospiro depresso, rattristato, dispiaciuto. Perché so, e so che servirebbe una notevole mole di lavoro psicoterapeutico qui...
    ...E continua a sorride quasi avesse una scopa in culo!

    « Buongiorno, signore. Benvenuto alla Libreria Pinet. Cosa posso fare per lei? Ovviamente, la ringrazio molto per l'aiuto offertomi. »

    «...»


    Mi perplimo e mi perpletto. E sono dannatamente tentato di tiltare la testa da un lato, scrutare ben bene il suo fianco per poi quasi girarle attorno ed ispezionare il suo retro. No, maniaci, cosa avete capito? La schiena! Sto cercando il pannello di controllo, il pulsante del reset di questo automa! La sua reazione è così finta, forzata, preimpostata, formale e "ciò che ci si aspetta", "ciò che la società si aspetta". Pare quasi che la scopa in culo servisse a premere quel pulsante di ON/OFF, che fosse un floppy disk con la "Programmazione™ Aziendale® Ufficiale©" che ha preso il sopravvento sul suo cervello. "Prego, inserire scopa in culo...Attendere, il sistema sta estraendo il file di setup delle burocratizzazioni sociali...Caricamento in corso... ***Fatal Error: File Corrupted***"!
    Insomma, anche qui su Endlos le cose non sono diverse, capisco.
    ...E uff. Dovrò sbloccarla. Odio rapportarmi attraverso una lastra di perspex invisibile da dieci centimetri di spessore. Non ci son nemmeno i buchi per infilare le mani e passare gli oggetti, cheddiamine, a parte quel mini-loculo in basso al centro.

    «...Grazie a te per l'accoglienza. Diamoci pure del tu, anche se ho settecento anni.»

    ”Tecnica di trolling-grimaldello numero dieci.”


    Ammicco e sorrido sollevando un angolo solo della bocca, quasi sogghignando, finto-malizioso e palesemente ironico, per sdrammatizzare e rompere il ghiaccio spiazzandola -o almeno questo è il mio obiettivo-. Non c'è niente di meglio, per infrangere le convenzioni nell'altro, che fare qualcosa di totalmente fuori dalle regole, ad esempio un approccio unconventional e sincero e scherzoso come questo appunto: la mente rimane sorpresa, stupita, va in sovraccarico interpretativo per un attimo, non sa più che pesci pigliare, e costringi l'altro quindi ad elaborare una tecnica di reazione immediata. Essendo immediata, però, non può essere "ragionata" e formale, e trasuda dunque sincerità ed il vero carattere dell'altro. Interfacciarsi in maniera diretta, senza formalismi intermedi, crea un legame maggiore, migliore, più intimo, rilassato, alleviando lo stress di entrambi gli interlocutori. Ciapalà.
    E ovvio, sì, che è a caso, il nome della tecnica. Un giorno dovrò decidermi a scrivere veramente dei manuali del genere, lol.

    ”Che trollone bastardo che sono, mbwuahahahah.
    Fase due: tieni botta, non darle tregua, non lasciare che si possa fermare a riflettere e programmare qualcos'altro. Vai! ATTACCA!!! Alla giugulare, GO FOR THE THROAT!!”


    «Bel sistema di salvataggio libri comunque! Cos'è, piastre ad antigravità selettiva? O telecinesi ad area?»

    ”K.O.! FUCKALITY!!!”

    «Il motivo per cui sono qui, in ogni caso, è che sono nuovo di Endlos e cercavo una mappa del luogo. Per informarmi, orientarmi, "scoprire il mondo". Ne avete, per caso? Essendo una libreria, ho pensato che le probabilità che voi ne teniate qualcuna fossero maggiori rispetto agli altri negozi e bancarelle che ho visto qui attorno.»


    Inizio annuendo e complimentandomi mentre prendo alcuni libri in levitazione e li impilo sul braccio sinistro, con l'intento di porgerglieli in un secondo momento. La mia voce risulta sempre più affabile, calda, cortese, così come il mio sorriso e la mia espressione.
    Passo poi alla spiegazione della mia visita a questo interessantissimo luogo di cultura e conoscenza, guardandomi in giro ed apprezzando la vastità di titoli e tomi a disposizione, per poi tornare a fissare il mio sguardo sul suo volto sorridendo sereno e leggero, in attesa della sua risposta. Come fosse tutto normale.
    "Il primo passo per far sì che il mondo migliori è comportarsi come se quel livello qualitativo superiore fosse normale". Grazie, Hitchens: i tuoi Hitch-slaps sono meravigliosi e funzionano da dio.

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    ~ Tecniche:
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    ~ Riassunto:
    Perplesso, cerca di interpretarla e poi rompere il ghiaccio con info e domande unconventional XD poi chiede ciò per cui è entrato nel negozio asd

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    «...Grazie a te per l'accoglienza. Diamoci pure del tu, anche se ho settecento anni.»

    «Err... complimenti!»

    Ma perché adesso le aveva spiattellato la sua età di punto in bianco? Cosa c'era di strano (almeno su Endlos)?! Fu per quello che non le venne nulla di più intelligente da dire; quel tipo oltretutto assunse d'improvviso una strana espressione persuasivo-ammiccante, lasciandola d'un tratto basita e senza parole: più lui sorrideva - innalzando complice un angolo della bocca - più il sopracciglio di Magnolia le increspava la fronte sollevandosi, finendo per creare una strana situazione di paradosso emotivo.

    Sei forse un pervertito? avrebbe voluto chiedergli, ma la buona etichetta imposta dai rapporti cliente-commerciante la trattenne dal dar fiato a frasi poco propizie. In effetti, però, l'ipotesi più probabile era che l'uomo stesse tentando di rendersi simpatico. Non che fosse una colpa, ecco... ma a che pro farlo? Era solo un cliente, dopotutto, e la loro interazione si sarebbe consumata nel giro di pochi istanti; era sempre così con i nuovi arrivati.
    Perché - diciamocelo - non ci voleva un genio o lo sforzo di tutto il suo invidiabilissimo quoziente intellettivo per comprendere che quel ragazzo (vecchio?) fosse solo di passaggio, prima ancora che lui lo esplicitasse.


    «Bel sistema di salvataggio libri comunque! Cos'è, piastre ad antigravità selettiva? O telecinesi ad area? Il motivo per cui sono qui, in ogni caso, è che sono nuovo di Endlos e cercavo una mappa del luogo. Per informarmi, orientarmi, "scoprire il mondo". Ne avete, per caso? Essendo una libreria, ho pensato che le probabilità che voi ne teniate qualcuna fossero maggiori rispetto agli altri negozi e bancarelle che ho visto qui attorno.»

    « Mhm... una mappa... »

    Replicò pensierosa, porgendo le mani d'istinto per farsi restituire il prezioso carico. L'espressione perplessa di poco prima era stata spazzata via da una genuina dose di concentrazione intanto che lo soppesava con lo sguardo, indugiando con gli occhi su quello che -apparentemente - attirava di più la sua attenzione: l'aggeggio che lui portava al polso. Fu per quello che glissò completamente sull'altra domanda... non per maleducazione, ma per distrazione.
    Mag era sempre distratta.


    « Ne desidera una versione digitale o cartacea? Inoltre, le interessa solo il Presidio o tutta Endlos? Perché nel caso ne avrei svulippata una niente male... »

    Fu così che si ritrovò a fissarlo, in attesa della prossima risposta.

     
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    « Err... complimenti! »

    «Grazie.»


    La sua risposta mi coglie vagamente di sorpresa, ma prontamente rispondo com'è conseguenza logica: ringrazio, tiltando di scatto la testa a mo' di mini-inchino secondo un asse diagonale verso il basso e a sinistra, con quel mio tipico sorrisino fiero e orgoglioso e compiaciuto. No, non certo per la mia età o i suoi complimenti, ma per esser riuscito a spiazzarla, a "shockarla", a metterla "a disagio" rispetto alle convenzioni sociali. Unconventional, dissacrante, agire per vie secondarie e parallele al mainstream: è fondamentale, per vivere. Dubito però che un leggero scossone come questo possa servire a qualcosa, per lei.

    «Mhm... una mappa...
    Ne desidera una versione digitale o cartacea? Inoltre, le interessa solo il Presidio o tutta Endlos? Perché nel caso ne avrei svulippata una niente male...»


    ”Oh...!”


    Adesso è lei a prendermi in contropiede: una digitale? In un posto come questo? Ho ben visto, prima al mercato, pezzi tecnologici abbastanza fuori posto per il restante livello di progresso, ma erano più che altro cianfrusaglie rotte, arrugginite, mal funzionanti e poco valevoli insomma, come fossero stati raccattati in qualche discarica. E per di più, pare che sia stata lei a sviluppare la mappa: una scienziata, un'ingegnere, o per lo meno una programmatrice informatica? Avrà mappato lei personalmente la superficie? Domande interessanti, potrei porgliele poi, magari: intanto è meglio rispondere.

    «Mhm! Digitale mi sarebbe più comoda, se riusciamo a renderla compatibile per il mio sistema di interfaccia. E...di tutto ciò che è possibile? Scusami, ma sono veramente nuovo di questo posto, credo, e non ho la minima idea di cosa tu intenda con "Presidio" e "Endlos"...»


    ...Ed ha glissato la mia domanda sui libri. Mpf, frustrazione, che mi fa aggrottare per un attimo le sopracciglia quando me ne accorgo. Vabbeh, nulla di grave, tornerò a chiederglielo poi in caso: abbassiamo la conv a icona, intanto, e cerchiamo di ignorare il fatto che stia ancora blimpando, che sia .
    ...Uhm. Non ho mai sentito di un regno o uno stato chiamato "Endlos", su Gaia. E questo mi fa propendere ancora di più per l'ipotesi che non siamo più sul mio pianeta d'origine: maledetto Tesseract! E maledetto me, che non la smetto mai di smanettare tra pozioni, cerchi alchemici e portali dimensionali! Stress.

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    ~ Riassunto:
    Chiacchierando amabilmente XD <3

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