Memory of Disappearance

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    La jeep rombò in lontananza, lo scarico che emetteva infauste nubi color catrame ed il braccio di Vi che sbucava dal finestrino in un cenno di saluto ai due saggi, ora rimasti da soli. Per una volta, la ranger del Cotec aveva deciso di evitare di sparare musica metal a tutto volume, quindi ben presto l'eco del motore si spense in lontananza ed alle due Corone di Palanthas non rimase nient'altro che non ammirare l'unico mezzo di locomozione che restava loro.

    Una motocicletta d'epoca moderna, come quelle che usavano i portalettere crucchi durante la seconda guerra mondiale.
    Con attaccato un sidecar.

    L'anziano capo artiere Heimendinger letteralmente ci scompariva, nell'alloggio collegato al veicolo motorizzato verde militare, tuttavia il vecchietto era un mucchietto d'ossa con quasi un secolo di vita e molta poca carne rimasta appiccicata allo scheletro, quello che adesso doveva occupare il vano era invece il ben più massiccio Brifos, il che minacciava di essere... comico. D'altronde i due sapienti non avevano potuto in alcun modo ribattere all'autoritaria presenza di Vi, che dalla sua aveva motivazioni validissime per reclamare la jeep e lasciare così il Vampiro ed il Demone delle Tempeste con a disposizione solo quel mezzo così inadeguato: era abbastanza ovvio che il vecchio Donger era delicato alla stregua di un neonato e costringerlo ad un'altra odissea a bordo di quell'affare era quasi omicidio. Jayce era rimasto avvilito quando la donna -delicata come una mazza da baseball nei denti- l'aveva fatto notare, ma lui d'altronde aveva semplicemente seguito le richieste dell'anziano zio e non aveva avuto altra scelta se non la moto. Ora d'altra parte la scelta c'era, quindi non si discuteva: il capo artiere avrebbe viaggiato mummificato dentro strati e strati di coperte e cuscini mentre ad Arthur toccava la moto. E a Brifos il sidecar, ovviamente.
    Le gambe c'entravano. Solo quelle, però. Il casco invece era un problema da risolvere con un po' di inventiva, viste le caratteristiche peculiari dell'unicorno che lo rendevano decisamente poco adatto a rispettare il rigido codice della strada, che prevede il rispetto per le segnaletiche e protezioni adeguate per il cranio.

    Beh, poco male. Ultimati i preparativi, via verso l'avventura! E servono tre ore abbondanti di crociera perché il sentiero svanisce nel nulla prematuramente, e inizia la scarpinata su terreni accidentati che ben presto danno il cambio ad una brughiera dove banchi di nebbia che odorano di acquitrini rendono impossibile anche solo vedere oltre due palmi dal naso. I sassi diventano fango, il fango diventa pantano, il pantano diventa palude. Quando infine la nebbia regala un po' di tregua ai due avventurieri, ecco che il Maelstrom decide di palesare un primo assaggio del suo grande capolavoro dai tempi di Klemvor.

    Ci sono alberi di dimensioni tali che sembrerebbero alti perfino per i giganti che abitano le catene montuose del nord. Giganti che potrebbero essere antichi millenni, si stagliano verso il cielo come se la loro chioma toccasse le stelle, e non si è mai visto niente di simile nel Garwec o forse in qualunque altra parte di Endlos. Colossi del genere si possono forse trovare nella parte più oscura del Fanedell, o in certe foreste nel profondo settentrione -già vecchie prima ancora che l'uomo uscisse dalle caverne camminando in posizione eretta. Ma queste sono diverse, in qualche modo più sgradevoli. Non hanno niente della maestosità delle sequoie millenarie, e trasmettono un forte senso di sbagliato a cui probabilmente solo un elfo o qualcuno con una profonda armonia con la natura saprebbe dare un nome. Semplicemente osservandoli, i due saggi non possono capire per quale motivo quegli alberi sono così assolutamente sbagliati. Tuttavia lo sanno, è come se il loro istinto glielo sussurrasse, come se il motivo scatenante di tale sensazione sia bene in vista, ma proprio per questo incomprensibile.

    E proprio mentre i due sono al cospetto di quella foresta, sorta nel volgere di una notte laddove doveva esserci solo una distesa di roccia brulla e sterile, il Garwec si desta. Una coppia di folgori danzano in spirali, ed un tuono scuote le fronde preceduto dal bagliore di un lampo. Scende una pioggia sottile come aghi caduti dalle ceste dei sarti che dall'alba dei tempi sono impegnati a tessere le trame del firmamento, e minaccia di diventare più violenta di lì a poco -o forse spegnersi senza preavviso, come il palesarsi dello scherzo di un bambino. E mentre Brifos ed Arthur si trovano a dover decidere se immergersi nelle profondità di quel luogo a misura di titano, mille e più occhi sembrano scrutarli ed attenderli nel buio...

    Benvenuti in quest! Dunque, da questo momento ogni frammento di quest sarà intervallato da una lunga ed estenuante passeggiata nel bosco. Come dovrebbe essere standard in giocate come questa, la durata in turni delle tecniche è abolita, e queste possono rimanere attive per un tempo indeterminato finché castate ed impiegate al di fuori del combattimento. La riserva energetica andrebbe calcolata in maniera non rigida come al solito, bensì molto più libera e aleatoria. E' vero che mentre i vostri personaggi sono impegnati a marciare non hanno esattamente modo di riposare, ma è anche vero che possono concedersi liberamente pause più o meno lunghe e sarebbe insensato a mio dire pensare che risentono della spossatezza di un Consumo Basso castato diversi turni in precedenza e che quindi, a livello di gioco, magari equivale a dieci-dodici ore prima. In soldoni vi chiedo di non calcolare le riserve di energia con le percentuali canoniche, ma bensì di utilizzare status fisici molto indicativi procedendo a braccio nel valutare le condizioni di Arthur e Brifos.

    Infine, piccola nota riguardo il titolo che ho scelto per questa giocata. Si tratta di una bruttissima autocitazione di una mia vecchia quest, ma contiene al suo interno il termine steal, che va inteso ed interpretato non secondo il suo senso letterale ma bensì per quello più videoludico e impiegato in alcuni videogiochi di cui sono un grande appassionato. Non contiene soltanto il mero significato di "rubato", ma nasconde tutta una serie di risvolti che... beh, un giorno lo scoprirete, andando avanti con la trama!
     
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    .†.Amakudari.†.

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    Ruggendo come una fiera selvaggia, la Jeep con a bordo Vi, Jayce e il professor Heimendinger si allontanò spedita dallo chalet, sparendo oltre la linea dell'orizzonte e lasciando i due Saggi da soli nel cortile, a pianificare le loro prossime mosse lungo quell'indagine misteriosa: gli apprendisti di Palanthas erano stati allertati ed indirizzati alla loro destinazione, ed ora era il turno delle due Corone di pianificare il prossimo spostamento.

    « . . . »

    Fermi nel cortile -uno accanto all'altro-, i due studiosi sostavano davanti alla motocicletta di Jayce, l'unico mezzo rimasto a loro disposizione, ma se c'erano pochi dubbi su chi avrebbe dovuto portare la due ruote, bastava spostare lo sguardo di qualche centimetro e abbassarlo sul side-car perché cominciassero le domande esistenziali: Brifos avrebbe potuto smontare il motore e assemblarne uno da zero, ma non era capace di guidare, pertanto il posto alla guida toccava necessariamente al Vampiro; di conseguenza, ilside-car toccava obbligatoriamente al Raitei.

    Comprimere un uomo che -anche senza il corno- raggiungeva comunque i due metri di altezza in un quel piccolo guscio di metallo era impossibile da qualsiasi angolazione la si guardasse, perciò... ogni eventuale soluzione si avvaleva del pensiero laterale e di una buona dose di creatività: alla fine, l'Amal si risolse ad accomodarsi direttamente sullo schienale e a tenere le gambe lunghe distese su sedile ed interno; il casco, nonostante l'avversione mostrata da Vi al danneggiamento delle proprietà altrui in nome della funzionalità, dovettero invece forarlo per permettere il passaggio del corno, e Brifos si appuntò sul taccuino di chiedere a Kalia di comprarne uno nuovo come risarcimento.

    Ultimati i preparativi, il duo mise in moto e partì alla volta delle coordinate, percorrendo la strada tracciata mentre il brullo paesaggio di Garwec scivolava intorno a loro, e il viaggio proseguì così per quasi tre ore... cioè fino a che il sentiero non lasciò spazio ad un suolo molto più accidentato di quello che ricordasse, ed un fumoso banco di nebbia inghiottì il paesaggio circostante; eppure, pur non potendo vedere ad un palmo dal naso, fu piuttosto facile accorgersi che il terreno arido e duro era divenuto un molle pantano fangoso.

    Fu allora che la nebbia che aleggiava bassa e spessa attorno a loro cominciò a diradarsi, rivelando colonne colossali che la Corona di Regalia impiegò alcuni lunghi momenti prima di riconoscere come tronchi d'albero: per stazza, probabilmente eguagliavano i più antichi esemplari di Fanedell, ma... non gli ispirarono la stessa naturale armonia.

    Razionalmente non seppe spiegarsene il motivo, ma quella vegetazione non lo convinceva... tuttavia, neppure il rombo profondo di un paio di tuoni, il flash abbagliante dei lampi, o la pioggia che iniziava a cadere lo distolsero dal tentativo di comprenderlo; piuttosto, lo portarono a concentrarsi sulle altre presenze che cominciava a percepire entro il raggio delle sue percezioni: dalle forme -che nitidamente rilevava per la loro esposizione all'aria e alla pioggia- sembravano in tutto e per tutto i tipici roditori che ci si aspetterebbe di trovare in una bosco...
    eccetto che per la taglia. I topi erano grandi come pony; i lupi, come autovetture o camion.

    « Credo ci convenga lasciare la moto e proseguire a piedi. »
    fece presente il Demone delle Tempeste, guardandosi intorno
    « Il rumore potrebbe innervosire la fauna locale e... sono già qui intorno: sembrano ostili.
    E hanno delle dimensioni fuori scala per gli standard della loro specie. »


    Probabilmente, a giudicare dalla sensazione che vibrava intorno a loro, le creature dovevano averli già notati; tuttavia, c'era qualcosa che il Saggio poteva tentare per occultare sé stesso ed Arthur ai loro sensi, più di quanto già non potesse confonderli la pioggia. Dopotutto, l'aria era sempre stata sua ancella.

    « Cerca di starmi vicino: proverò a celare la nostra presenza e il nostro odore. »
    avvertì, fermandosi ad aspettare il collega e scrutando i dintorni
    « In che direzione potremmo muoverci? Lungo il limitare o in profondità? »


    Fisico:Illeso e riposato.
    Mente: Guardingo e incuriosito.
    Energie: 110%

    Passo di Vento: Il passo di vento conferisce la capacità di muoversi silenziosi come un alito di vento, con il favore delle correnti che celano la propria presenza come possono, tenendo sempre sottovento; ciò elimina anche l’attrito dell’aria e agevola la massima rapidità nei movimenti.

    Profumo dell’Inganno: La tecnica permette di mascherare o nascondere completamente il proprio odore o ancora renderlo chiaramente percepibile, a seconda che si voglia celare o rendere manifesta la propria presenza. Persino a chi possiede un odorato finissimo sarà impossibile avvertire il sentore nel turno durante in cui il potere sarà attivo.


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    Poteri Passivi


    Mantra
    Grazie alla particolare genesi, il Raitei è sensibile alle alterazioni del campo magnetico emesso dalla massa dei corpi e dagli spostamenti d'aria attorno a lui, ricavandone la capacità di vedere a 360° -sia alla luce del giorno che nell’oscurità più fonda- e di captare gli spostamenti di qualsiasi cosa entro un raggio di 30 metri, individuando nemici nascosti (mimetizzati, sdoppiati et similia) dall’esposizione all’elemento.
    Tale abilità sfrutta un livello superiore di percezione che viene anche chiamato “occhio interiore”: si vocifera che alcuni ciechi siano in grado di utilizzarlo in sostituzione della normale vista, e molti sostengono che in realtà le percezioni sono offuscate dall’inganno dei sensi, senza i quali sarebbe possibile oltrepassare senza difficoltà quelli che gli umani credono i loro limiti; questa consapevolezza rende più sensibili e difficilmente influenzabili da allucinazioni, suggestioni e concretizzazioni psichiche.
    [Vista Cieca | Sense Illusorio | Sense Psionico]


    Levitazione
    L'empatia esistente tra il Demone delle Tempeste e il vento -che per metà compone il suo essere- gli permette di galleggiare liberamente nell'aria e librarsi in volo senza il minimo sforzo ogni volta che lo desidera; sfruttando le correnti atmosferiche, può sollevarsi ad una distanza massima di 5 metri dal suolo.
    [Volo]


    Hado
    Secondo la tradizione spirituale giapponese, ogni cosa possiede una forza vitale, un’energia dotata di proprietà speciali e potere di trasformazione; questa prende il nome di "Hado" -che tradotto letteralmente significa "movimento ondulatorio" o "vibrazione"-, e la credenza che sia con esso possibile far fronte alle difficoltà non è del tutto infondata.
    Brifos è uno degli Xolot, personificazione degli elementi che la Notte della Grande Tempesta gli diedero i natali, e un'eco di queste forze -da sempre rappresentazione del potere più selvaggio- ancora permane dentro di lui, conferendogli un supplemento di energia con cui fronteggiare le avversità.
    [+10% di Mana]


    Memento
    Memento è una parola latina traducibile come “Ricordati”, un monito spesso associato ad altre locuzioni che recano -in molte varianti- il senso intrinseco di conservare sempre una piena consapevolezza di sé stessi in ogni situazione, senza dimenticare la transitorietà delle cose e il fatto che tutto può cambiare in un momento; avendo fatto suo questo principio -pur adattandolo al proprio stile di vita-, Brifos ha imparato a sviluppare una prontezza istantanea nel richiamare ogni genere di suo potere, esternando tutta la propria forza senza necessità di ricorrere al filtro del ragionamento.
    [Istant-Casting]


    Ataraxia
    L'Atarassia è un termine filosofico -tipico dell'epicureismo e dello scetticismo- che indica una condizione esistenziale ideale, caratterizzata da assoluta imperturbabilità di fronte alle passioni... e, perciò, esente da ogni dolore.
    L’estrema impassibilità del Demone delle Tempeste, unita alla forza sviluppata per sopravvivere alle asprezze della sua terra natia e alla filosofia maturata con i suoi lunghi studi, gli ha permesso di imparare ad esercitare quel distacco, e non solo dalle rare emozioni che talvolta si affacciano nell’orizzonte dei suoi imperscrutabili pensieri, ma anche -se non soprattutto- in reazione agli stimoli fisici, rendendo Brifos immune ai naturali handicap che il dolore comporta.
    [Resistenza al Dolore | Anti-Malia]


    Intuizione
    La presenza di un gran numero di anime compresse nell’essenza del Figlio della Tempesta è rimasta per lungo tempo tra le latenti potenzialità inespressa del Raitei, fino a che la meditazione, lo studio e l’ascesi lo hanno inconsciamente portato a comprendere le essenze con una nuova accezione: quella dei legami empatici possono mettere in connessione due o più spiriti. Questa passiva permette di vedere i legami karmici (flussi di natura energo-emotiva) tra due creature, permettendo di riconoscere il vincolo che lega due amici, due innamorati, un allievo e un discepolo, ma anche ciò che si instaura tra un mago e i suoi famigli - o evocazioni.
    [Vista Karmica]


    Rianimazione
    L’elettricità che scorre nel suo essere, come il sangue nelle vene, fa in modo che il Ratei non muoia mai: gli impulsi elettrici continuano ad alimentare l’encefalo, a mantenere attivo il circolo cardiaco e a preservare perfettamente reattive le funzioni motorie e i suoi riflessi. Può restare K.O. per qualche tempo, ma il Signore del Fulmine si riprenderà sempre, dopo la sconfitta.
    [Immortalità]


    Voce della Saggezza
    E' questo un suono che tutti possono udire, perché scaturito dall'alta sapienza di coloro che lo pronunciano; la volontà dei Saggi muove questo potere, così che dalla loro giusta voce escano parole che agli altri appaiono profondamente sapienti, e pertanto degne di rispetto, così come degno di rispetto sarà -per chi ascolta- colui che parla.
    Una malìa, un'azione per convincere anche i più scettici della grandezza dei Sapienti di Endlos, sicché al loro volere il verbo infonda in chi le oda un tale rispetto da non dubitarne, e se verrà pronunciato un comando, vorranno eseguirlo senza proteste, quasi fosse l'ordine del loro più caro e severo dio.
    [Aura di Saggezza]

     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    Garwec, Altopiano della Tempesta.
    Presidio Centrale, Endlos.

    Contattare i colleghi non era stato affatto difficile: fortunatamente disponevano tutti di apparecchi per comunicare a distanza, per non parlare della rete internet di Palanthas, da lui stesso esportata dall'altopiano dove erano presenti anche i suoi laboratori. Sta di fatto che, mentre Desio, William ed Ezazèl si dirigevano alla struttura precedentemente visitata dalle due Corone, Arthur e Brifos sarebbero dovuti andare nel punto indicato da alcune coordinate, così da comprendere al meglio la natura di alcuni fenomeni.
    E dovevano arrivarci in moto.
    Con attaccato un sidecar.

    -...

    Fermi nel cortile -uno accanto all'altro-, i due studiosi sostavano davanti alla motocicletta di Jayce, interrogandosi entrambi sul modo migliore di sfruttare quel mezzo. Che lui, vestito più o meno da cerimonia, dovesse salire in moto era ormai assodato, considerando che l'amico non sapeva guidare. Certo, rischiava di rovinare i pantaloni, ma probabilmente quello era il problema minore. Più complicato invece far entrare il casco sulla testa di Brifos e poi Brifos nel sidecar.
    Per quanto riguarda il primo dilemma, questo fu presto risolto con una modifica dell'oggetto, in modo da creare un pertugio in cui infilare il lungo corno del Raitei e permettergli quindi di agganciarlo per bene alla testa. Il secondo era invece molto più complesso di quanto sembrasse: sebbene un uomo adulto -anche se un pò stretto- sarebbe comunque riuscito ad infilarsi in qualche modo... Brifos era obbiettivamente due metri di muscoli. L'unica soluzione era sedersi direttamente sullo schienale, anche se rimaneva una pratica decisamente pericolosa e contraria alle norme riguardanti la sicurezza stradale.

    -Perfetto. Lasciami montare una piccola radio e partiamo.

    Per quanto non fosse certamente un musicista o un luminare di qualche tipo, Arthur portava sempre con sè delle piccole radio. Questo perchè gli capitava spesso di viaggiare con psicolesi logorroici, ragion per cui proporre un pò di musica durante il tragitto risultava un buon metodo per farli smettere di parlare a vanvera. Viceversa, con Brifos a volte il silenzio perdurava per giorni interi. Lo apprezzava, ma in caso di noia almeno avrebbe avuto qualcosa per distrarlo. E poi gli piaceva guidare ascoltando la musica di universi vicini, merito di un'antenna ultima generazione, ancora fantascienza perfino per Garwec.

    -Provo a sintonizzarla su qualche stazione radio.

    Avrebbe detto, cavalcando il "bolide" e girando una manovella con disinvoltura, mentre il vento gli sferzava i capelli neri che uscivano dal casco. Peccato che quella volta, forse a causa dell'inclemente clima dell'altopiano, la scelta si ridusse ad una sola.



    -...
    « . . . »

    Brifos spense la radio e rimasero in silenzio per tutto il viaggio.

    ________________

    ???
    Presidio Centrale, Endlos.

    Il viaggio continuò tranquillamente per un pò di tempo, prima che l'attenzione del Vampiro fosse stuzzicata da alcuni dettagli assai bizzarri. Innanzitutto il terreno: da duro e tranquillamente praticabile in moto a fangoso e difficile da gestire con quelle ruote. Poi nebbia, troppa... e poi un repentino cambio di paesaggio. Impressionando da tutta quella vegetazione, Arthur riflettè che unica cosa vagamente simile a quel posto era Fanedell... ma al tempo stesso i due boschi gli sembravano diametralmente opposti. Non seppe spiegarselo.
    Infine, come se non bastasse, scoppiò a piovere. Ormai stanco di gestire una vettura assolutamente inadatta a quel posto era già sul punto di invitare l'amico a proseguire per conto loro, quando Brifos lo anticipò.

    « Credo ci convenga lasciare la moto e proseguire a piedi. Il rumore potrebbe innervosire la fauna locale e... sono già qui intorno: sembrano ostili.
    E hanno delle dimensioni fuori scala per gli standard della loro specie. »


    Il cainita si guardò intorno, sospirando. Temeva che, abbandonandolo lì, non avrebbero probabilmente più ritrovato il mezzo. Si appuntò di costruirne uno nuovo per i loro benefattori -magari anche moderno- così da sdebitarsi.

    -E sia. Sarebbe più sicuro procedere al confine... ma abbiamo poco tempo. Se vediamo che questa foresta è troppo grossa da aggirare saremo costretti a procedere verso l'interno.


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    » Status Energetico: 100%

    » Status Fisico: illeso e riposato.

    » Status Psicologico: guardingo.

    » Note: //


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    Equipaggiamento:

    Artigli »
    Nonostante in molti esemplari possano sembrare semplici unghie, quelle dei vampiri risultano molto più resistenti delle unghie umane, estremamente simili agli artigli di una bestia. In alcuni casi, Arthur preferisce tagliarle in modo da risultare appuntite, così da avere la possibilità di graffiare i propri simboli arcani su superfici molto dure, in assenza di altri strumenti o mezzi. [1 pt] { ARMI NATURALI }.


    Sacca di sangue »
    Sacca impermeabile contenente mezzo litro di sangue. [1pt]


    Siringa »
    Siringa sterilizzata e sempre pronta all'uso: dagli infiniti utilizzi medici e scientifici, può anche fungere come arma. [1pt]


    Bisturi »
    Bisturi medico sterilizzato. E' particolarmente tagliente ed è perfettamente utilizzabile come arma, oltre che per le operazioni chirurgiche o le semplici ricerche su cavie. [1pt]


    Occhio del Drago »
    Guanto d'arme in titanio con lama nascosta. La lama è lunga quasi 40 cm e si estrae a scatto meccanicamente grazie a precisi movimenti delle dita del proprietario o anche del polso. Lo stesso vale per rinfoderarla. La lega di cui è costruito l'artefatto, differentemente dagli altri metalli, oppone maggiore resistenza agli urti ed ai tentativi di rottura. Questo la renderà estremamente resistente ad attacchi fisici di ogni tipo. [Armatura + arma = 2pt]


    Revolver »
    Il revolver, rivoltella, o pistola a tamburo è attualmente un tipo di pistola a retrocarica a ripetizione semplice (tecnicamente arma corta a ripetizione multicamera monocanna), caratterizzata da un serbatoio a tamburo capace di compiere illimitate rivoluzioni intorno al proprio asse longitudinale; dal particolare moto del tamburo deriva il nome. Comprende anche un set di proiettili sia normali che d'argento. [Arma+proiettili norm.+proiettili argento= 3pt]

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    Abilità Passive:

    Dono Oscuro »
    Arthur è un vampiro, dunque clinicamente morto. A tale caratteristica conseguono vari vantaggi e/o svantaggi; ad esempio non emana calore, non può essere rintracciato attraverso strumenti di rilevamento di forme di vita, e non può essere ucciso se non con il famoso paletto in legno di frassino, di Siliquastro (comunemente chiamato "albero di Giuda"), Biancospino o semplicemente la luce del Sole. Ha anche un olfatto estremamente sviluppato, in grado di percepire e distinguere qualunque tipo di odore in un'area di 30m, dote molto utile nella caccia. L'acqua santa gli provoca dolore ma non lo ferisce e tende ad allontanarsi dai crocifissi, nonostante non gli facciano nulla....insomma ha tutte le caratteristiche del classico vampiro. In più odia l'aglio ma solo perchè puzza.
    (Antiauspex + immortalità + Auspex olfattivo = 15 pt).


    Visione Notturna »
    Essendo un vampiro, gli occhi di Arthur hanno la caratteristica di avere una nitida visione notturna, anche più potente di quella dei felini; esattamente come se fosse pieno giorno.
    (Scurovisione = 5 pt).


    Maestro della Mente »
    Inquanto psion ormai da tempi antichi, Arthur ha ottenuto, grazie ad un'esperienza praticamente millenaria, la capacità di riconoscere qualsiasi attacco psichico -percependone a volte anche la tipologia- atto a ledere o manipolare la sua mente o quella di chi gli sta intorno. In termini di gioco la passiva non serve come protezione ma come sentore di allarme qualora avvenisse un attacco da parte di un nemico, così da ricorrere alle giuste difese. In più funge anche come difesa da malie.
    (Antimalia + sentore raggiri mentali = 10 pt).


    Maestro dell'Alchimia »
    Arthur Friederick Giles, inquanto Corona di Kymeia ed autorità nel campo dell'Alchimia, è certamente in grado di pensare ed incidere rune con una rapidità quasi inumana. Merito dell'esperienza millenaria e di una buona dose di studio.
    (Instant Casting = 5 pt).


    Sapienza - Kymeia »
    Così come non vi è guerriero senza spada o mago senza arti arcane, allo stesso modo non vi può essere Saggio senza conoscenza. Caratterizzati dalla loro avida sete di sapere, un membro di Gilda sarà sempre alla ricerca di cultura da aggiungere alla propria. C’è chi è arrivato su Endlos possedendo già un sapere pari a quello di migliaia di libri, ma informazioni rare e segrete vengono tramandate tra i Saggi nei tomi che solo loro possiedono. Se a ciò si aggiungono anche quelli del Magisterium allora un membro di Gilda non potrà che divenire un pozzo di sapere che ben pochi potranno guardare come loro pari. In termini di gioco è considerata una passiva di conoscenze nella via che il membro di gilda ha scelto.
    (Passiva di Conoscenza = 5 pt).

    divisorescheda_zpsf40068bb



    Edited by Drusilia Galanodel - 25/4/2015, 18:38
     
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    La pioggia cadeva fitta, un velo d'acqua lorda carica di odori chimici e polveri sottili, che a contatto con la terra emanavano un odore intenso, capace di appiccicarsi ai vestiti ed alla pelle come colla sporca. Il perimetro più esterno della foresta era quieto, ma non esente da una pressante presenza minacciosa che divenne palpabile nel momento in cui le due Corone di Palanthas scelsero di volgere verso l'interno della vegetazione, dopo quasi un'ora di cammino durante la quale ebbero modo di stupirsi della vastità della foresta. Come mossero pochi passi verso il cuore oscuro del bosco, le presenze nella foresta si fecero inquiete. Ombre spettrali si muovevano nel sottobosco e versi mai uditi circondavano i due saggi. Erano al riparo grazie all'arcanismo del Demone della Tempesta, invisibili e silenziosi. Eppure, mano a mano che i due saggi scivolavano un passo alla volta nel fango e le felci pluviali, il numero di presenze che li circondavano si faceva sempre più fitto, come se la loro presenza eterea fosse in qualche modo in grado di richiamare quei predatori come il sangue richiama squali famelici. Non potevano essere percepiti, eppure un qualche istinto animale animava i branchi allertando gli esemplari alfa della presenza di intrusi. Infine, tanto repentino da stupire, il suono di un tronco d'albero che gemeva sotto il peso di qualcosa di poderoso li spinse a fermarsi. A quel punto, volgendo lo sguardo verso la fonte di quel suono titanico, qualunque essere umano avrebbe perso ben più di un battito di cuore, pallido come un cencio alla vista della ciclopica creatura che incedeva verso di loro.
    Era a sangue freddo, un rettile. Eppure una rada peluria come quella dei mammiferi sbucava a chiazze fra le scaglie grigio-azzurre, ognuna delle quali poteva essere usata per armare di scudo un oplita. Il cranio privo di cavità oculari era allungato come quello dei sauropodi, e le dimensioni rivaleggiavano con quelle di creature appartenenti al periodo giurassico. Ma non era un fossile vivente, era chiaramente qualcosa di innaturale e mutato, un essere cresciuto oltre ogni misura e reso distorto, alterato, cosparso di piaghe e malato. Bulbi purulenti di un rosso sangue vivo e lucido si distendevano in due file parallele ai lati del collo serpentino e di una buona metà del dorso, apparentemente carne molle o pustole rubino. Il cranio vagava a destra ed a sinistra in un movimento impnotico, le zampe anteriori di tanto in tanto accompagnavano l'incedere pesante, eppure sinuoso. Per un periodo che sembrò lungo quanto un'eternità, la bestia mosse la testa verso i due eroi dell'Est, e sembrò non volerla più ritrarre, le narici profonde come caverne che si dilatavano fino al punto che Brifos poteva passarci senza nemmeno chinare il testone cornuto. Schiuse le fauci, la bestia, e con un lamento gutturale riprese il suo incedere, incapace di capire chi o che cosa faceva vibrare il suo istinto. Le zampe grosse quanto tronchi d'albero premettero nel fango fino a lasciare impronte che andarono rapidamente riempiendosi d'acqua piovana. Spaventoso come l'avvento di una calamità naturale, si dileguò nella boscaglia oltre il velo di pioggia così come si era manifestato...

    Nella direzione da cui proveniva si era aperto un vasto varco nella boscaglia simile ad un sentiero, assai più facile da seguire piuttosto che farsi largo fra spine e arbusti. Al di là dei rami più bassi dei colossali alberi, i due Saggi intravidero qualcosa che non poteva essere frutto dell'opera della natura, sia essa mutata o meno. Era sì, simile ad un albero, ma fatto non di corteccia e foglie, ma bensì di metallo intrecciato e cavi che si conficcavano nel suolo, sparendo fin nel ventre di madre terra. I due avevano già visto qualcosa di molto simile: era praticamente identico alle piccole stazioni che circondavano l'Orologio dell'Armagheddon che avevano visitato il giorno prima. La sola differenza erano le dimensioni, leggermente ridotte ma in scala con le stazioni già viste, e sopratutto i cavi. Perché l'Orologio dell'Armagheddon, presumibilmente a causa dei capricci del Warp, aveva il suo cablaggio reciso come da un colpo di cesoie, doveva ricordarlo molto bene Brifos perché era ai monconi che si era allacciato per irrorare di elettricità la stazione e permettere al collega di utilizzarla, fosse solo per qualche istante.
    Fu avvicinandosi alla struttura, però, che fecero un ritrovamento se possibile ancora più strano. Per caso, mentre camminava nel sottobosco, la punta della scarpa di Arthur incappò in qualcosa che suonò metallico. Cercando fra le foglie e la malerba, fu possibile rinvenire uno spesso bossolo metallico color ottone di un proiettile che non poteva essere lì da più di un paio di giorni al massimo. "Industrie Yanagi Est", recava inciso il metallo a caratteri alfabetici, "Vanarium trattato, lega AD237". Era di grosso calibro, anche più grosso dei proiettili usati per abbattere gli orsi...

     
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    La pioggia cadeva fitta sui due Saggi in cammino, creando un alone argenteo attorno a quelle figure raminghe ogni volta che le gocce -schiantandosi su di loro- catturavano la luce dei lampi tra gli alberi, rivestendoli di una tenue ed intermittente fosforescenza; trovarsi in mezzo a quel fortunale avrebbe scoraggiato molti dal proseguire, ma... per quanto lo riguardava, il furioso concerto di forze della natura era sempre stata una compagnia piuttosto piacevole: dopotutto, era proprio da un temporale come quello -sebbene più violento ed esteso- che il Raitei era venuto al mondo, e passeggiare sotto alle intemperie gli dava lo stesso senso di nostalgica familiarità che trasmette il percorrere la strada che conduce ad una casa dove non abiti più.

    Tutto attorno, gli odori del bosco -amplificati dall'acqua piovana- si mescevano a quelli delle sostanze artificiali più nauseanti, e mentre il fango intralciava la loro avanzata rendendo ogni passo più faticoso, l'acquazzone riduceva la visuale di Brifos, costringendo la zazzera blu cobalto -fradicia e appesantita- in una forma innaturale rispetto alla solita, che tendeva a sfidare la gravità; ciò non di meno, il costante monitoraggio del Canto del Mantra sopperiva egregiamente alla mancanza, permettendogli di tenere sotto controllo i movimenti delle creature ostili, che li attorniavano sempre più numerosi... come se le precauzioni prese per occultare la presenza sua e del Collega stessero sortendo il loro effetto solo a metà, segno che -evidentemente- l'istinto di quelle creature potesse contare su qualche altro sistema di rilevamento.

    Fu per questo che solo una lieve sorpresa lo colse quando gli esseri nell'ombra cominciarono a farsi sempre più irrequieti, stridendo e scalpitando come un branco pronto a gettarsi in carica sulla preda; tuttavia, ciò che superò la linea degli alberi con uno schianto atroce di legno frantumato -inducendo i due studiosi a fermarsi e disperdendo i pesci piccoli- fu bestione che pareva l'ibridazione di chissà quante specie difficilmente definibili: pareva un un rettile, a giudicare dalle grosse scaglie, eppure i ciuffi di pelo facevano pensare ai grossi mammiferi della foresta... ma la testa dalla forma allungata ricordava invece i grandi sauri estinti, di cui aveva appreso solo dai libri della biblioteca.

    L'unica cosa certa era che la disarmonia con cui quei tratti erano accostati faceva pensare ad una mutazione, più che ad una evoluzione, e a sostegno della tesi riguardante una causa esterna c'erano anche i vistosissimi bubboni di un rosso sgargiante, che gli punteggiavano collo e addome del corpo deforme... ma non c'era molto tempo per proseguire le sue analisi e congetture: la bestia mosse qualche passo claudicante in avanti, e dopo aver ruotato il testone a destra e a sinistra, parve puntare le attenzioni del muso sgraziato verso i due Saggi per un lungo istante; se non fosse stato impossibile, Brifos avrebbe creduto che -dilatando le narici a quel modo- l'essere li avesse fiutati.

    Quando il Raitei era sul punto di richiamare la lancia Raigekijin e prepararsi ad ingaggiare battaglia, il mostro -semplicemente- volse loro le spalle e si rituffò nella vegetazione, aprendo un sentiero di alberi schiantati al suo passaggio, e lasciando null'altro che devastazione dietro di sé. Fu quello il momento in cui li scorse: dal momento che lui ed Arthur camminavano nel folto della foresta da più di un'ora senza aver trovato altro che alberi, la Corona di Regalia aveva quasi rinunciato all'idea di imbattersi in tracce di civiltà significative, ma... quelli che spuntavano dalla vegetazione violentata erano proprio dei tralicci elettrici – in tutto e per tutto simili a quelli già rinvenuti nei pressi della costruzione Armageddon.
    Ma -a giudicare dai cavi- ancora connessi.

    « Dei tralicci come quelli dell'Orologio Armagheddon... Dovremmo seguirli. »
    esordì il Demone delle Tempeste, indicando la struttura
    « Hanno ancora dei cavi, perciò ad uno dei capi troveremo un generatore di energia...
    O ciò che devono alimentare. »


    ...ma Arthur sembrava momentaneamente preso da altro:
    forse aveva trovato qualcosa nell'erba alta.

     
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    Con il procedere verso il centro di quella zona inesplorata Arthur finì più volte per ripetersi che, nonostante fosse l'unica logicamente possibile, quella era davvero una pessima scelta. A parte gli odori -di molto amplificati considerando la sua natura- che gli ricordavano i suoi laboratori piuttosto che una foresta, davvero illuminante fu trovarsi di fronte ad una bestia così innaturalmente grossa che perfino lui rimase fermo a quella vista, paralizzato non tanto per la paura quanto per il suo cervello andato letteralmente in tilt a causa di un'incognita enorme che non era riuscito a considerare e che -ahimè- lo costringeva a rielaborare le sue teorie da zero.
    Fortuna volle che la creatura decisamente aliena sembrava non essere interessata a nessuno dei due Saggi, pertanto li ignorò per procedere da sola chissà dove, creando un varco fra la vegetazione con la sua mole immensa. Arthur rimase ancora qualche secondo imbambolato, sul volto insolitamente stampata un'espressione stranita e confusa.

    « Dei tralicci come quelli dell'Orologio Armagheddon... Dovremmo seguirli. »

    Osservò il collega, mentre gli occhi grigi del vampiro si fissavano su un enorme bossolo lì vicino. "Industrie Yanagi Est - Vanarium trattato, lega AD237": mentre leggeva si ricordò di aver già sentito parlare di quella lega, tempo prima durante il loro sopralluogo a quella bizzarra costruzione che sembrava essere stata vomitata dal Maelstrom.

    « Hanno ancora dei cavi, perciò ad uno dei capi troveremo un generatore di energia...
    O ciò che devono alimentare. »


    -Ottima osservazione, Brifos- gli rispose, annuendo con compostezza ed avvicinandosi all'oggetto che ormai sembrava aver completamente attirato la sua attenzione -Solo un attimo: vorrei esaminarlo.

    E con ciò posizionò una mano su di esso, chiudendo gli occhi così da ricorrere alle sue abilità di Saggio:
    avrebbe innanzitutto analizzato i metodi di costruzione dell'oggetto, i materiali ed il tipo di tecnologia. Infine gli avrebbe posto domande per cui, forse, la semplice analisi scientifica non sarebbe servita.

    -Chi ti ha realizzato? Perchè esisti?

    Tecniche usate:

    Ascolto: Non soltanto i libri raccontano storie, non solo le svelte creature parlanti possono divertire od insegnare, bensì ogni cosa che esista su questa terra ha in sé il desiderio di parlare e di raccontare, perché ogni cosa su questa terra vede e sente ciò che le sta intorno. Dovere e capacità di un Saggio sono il saper comunicare con le cose, da queste apprendendo ogni informazione. E così gli oggetti, le sostanze inanimate come ad esempio pietre o muri, e pure i fieri alberi, alla richiesta del Saggio racconteranno ciò che egli desidera sapere, purché siano stati presenti al momento dell'avvenimento: interrogando un muro, infatti, il Saggio potrà sapere chi c'era nella stanza, cosa vi accadde, e tutto ciò che un muro possa aver udito e visto.
    Consumo: Basso. [1pt] {10 punti di Gilda}

    Comprensione: Quale dovere maggiore, per un Saggio, della conoscenza di ogni cosa, capendone il significato intrinseco, il perché ed il come? Se le grandi menti dell'Est non avessero il dono di Sapere, non potrebbero brillare, non potrebbero essere Corone. Ecco che, allora, questa sapienza si rivela al mondo intero quando il Saggio entra a contatto con oggetti, o sostanze inanimate come le pietre od i muri, oppure ancora con gli alberi e, in definitiva, con ogni cosa che non abbia voce udibile da tutti. Al momento del contatto, dunque, ciascun Saggio ne apprenderà l'identità, riuscendo a catalogarlo, e cosa in sé nasconde, ciascuno però secondo la propria appartenenza alle Vie: coloro che seguono Symphonia, ad esempio, toccando un violino potranno apprendere il modo in cui è stato costruito, chi lo ha suonato e dove; coloro che seguono Dharma, invece, ne apprenderanno il motivo della realizzazione, e quale potrà essere lo scopo dell'oggetto nel futuro. Nel caso di Julian, in quanto saggio di Sophia, egli apprenderà la Storia dell'oggetto in questione.
    Consumo: Basso. [1pt] {20 punti di Gilda}
     
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    Gli oggetti di fabbricazione industriale sono profondamente diversi da quelli di fattura artigianale, nella quale viene infuso un piccolo riflesso dell'anima dell'artigiano. Perfino il più grezzo degli oggetti ha un'anima, se il suo creature vi ha profuso tempo ed energie, la fatica e le ore di lavoro sono il contenitore dentro cui si infonde lo spirito dell'oggetto e ne determina la "voce". Gli oggetti prodotti in serie invece sono diversi, sono freddi. Macchine costruite da altre macchine, hanno un'anima artificiale. Parlare con quel minuscolo proiettile è come dialogare con il programma di un computer: si tratta di uno strumento ottuso e semplice, incapace di esprimere nulla più di concetti elementari, inabile ad elaborare quanto ha vissuto o di fornire spiegazioni soggettive. Fuso nelle acque. Fuso dagli acidi. Fuso nel fuoco. Rifuso nel crogiolo. Stampato per estrusione. Intagliato da altre macchine. Marchiato con una pressa. Trasportato in una scatola. Inserito in un fucile. Alloggiato nel caricatore di un'arma moderna di grosso calibro. Usato per uccidere. Separato dal suo bossolo dalla violenza di un'esplosione, scagliato con l'intento unico di ammazzare, sterminare. Quel proiettile non aveva sentimenti. Non provava rimorso per aver fallito, non sentiva niente all'idea che il suo padrone poteva essere morto ammazzato. Era successo qualcosa, ma era incapace di trasmettere in modo intellegibile al suo interrogatore che cosa, perché dopo che aveva trapassato la carne del bersaglio aveva arrestato la sua corsa su ossa troppo spesse per essere sfondate, aveva esaurito il suo potenziale cinetico e si era conficcato nel suolo, lì dove il vampiro l'aveva rinvenuto.

    Eppure non c'era sangue, lì attorno. Non c'erano resti umani, né carcasse di bestie. Se anche creature spazzine avevano divorato i corpi, di certo non potevano aver occultato le tracce di una battaglia. Perché le bestie non agiscono in quel modo, non cercano di nascondere le tracce per non essere trovate.

    Proseguire con l'interrogatorio al proiettile era futile. Quell'oggetto aveva un'essenza troppo ristretta e mediocre per servire ad ottenere altre informazioni, non sapeva nemmeno spiegare in modo comprensibile il perché era stato fabbricato in quello strano metallo, il Vanarium. Non era un metallo normale, era una lega composita generata in laboratorio modificando chimicamente metalli estratti dalla terra, "fusa" non nel senso stretto del termine, piuttosto "generata". C'era un motivo ben preciso, però, se gli umani che avevano creato quel proiettile avevano scelto proprio quella composizione chimica. Non serviva tanto ingegno per trovare una relazione con le Creature che infestano quella foresta, magari ricollegandosi all'innaturale vigore della bestia "uccisa" da Vi e poi uccisa di nuovo dai due saggi.

    Adesso però i due erano ad un bivio. Seguire i tralicci era facile, forse addirittura immediato. Non sapevano per quanto avrebbero dovuto camminare, ma di certo all'estremità opposta dei cavi elettrici c'era qualcosa. Però avevano di fronte una traccia, perché in quello stesso posto era successo qualcosa fra le ventiquattro e le trentasei ore precedenti, qualcosa che si era dato da fare per nascondere le proprie tracce. Sarebbe stato utile avere un ranger nel gruppo, in quel frangente, magari avrebbe saputo scovare qualche indizio in più, ma magari anche i due saggi potevano ingegnarsi in qualche modo, se ritenevano di avere tempo da investire in quell'impresa.


    Una serie di indizi vi portano a pensare che ci possano essere tracce nascoste nello scenario in cui vi trovate, il problema è che qualcuno o qualcosa ha occultato volontariamente tracce e percorsi e pertanto non siete in grado di risalire a chi è stato o dove si è diretto. Il semplice spirito di osservazione non basta per venire a capo del problema, serve qualcosa di più. In ogni caso avete ancora l'opzioe di ignorare il problema e limitarvi a seguire i tralicci e vedere dove vi portano, a voi la scelta sul da farsi.
     
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    Interrogare quella massa di metallo fu -a dire il vero- abbastanza frustrante, per non dire avvilente. Ragionava come un solato addestrato sin da bambino, incapace di pensiero proprio e diseducato ad ogni tipo di sentimento: non a caso era stato fabbricato. Non che solitamente si esprimesse su giudizi relativi ad attrezzature da guerra ma, causa quei dettagli, l'interrogato prestava davvero poca attenzione a ciò che lo circondava, principalmente perchè disinteressato a ciò che non rientrasse nelle sue competenze.

    -E' fatto di Vanarium ed è stato usato durante un qualche tipo di scontro- spiegò brevemente, cercando di essere comunque esauriente -Ha trapassato la carne del bersaglio ma non ha superato le ossa. Ciò nonostante... qui non ci sono bersagli. Nemmeno segni di lotta.

    Sospirò, guardandosi attorno. Davanti a loro dei tralicci segnavano una strada abbastanza facile da intuire, differentemente da un'altra più nascosta. Una strada di ricerca. Considerando il tempo avrebbe facilmente optato per la prima ma...

    -Possiamo proseguire ed ignorare la questione o continuare a cercare: l'oggetto interrogato non è adatto alla ricerca di informazioni. Se però mi è concesso esprimere un parere... non penso che ignorarlo sia un atteggiamento lungimirante. Esiste la possibilità che le tracce siano state nascoste volutamente e tutto ciò che rientra in questo schema comportamentale è necessariamente sospetto.

    ...poteva essere una trappola e la strada dei tralicci una pista evidente ma errata. In questo modo, coloro che fossero capitati in quel luogo, avrebbero raggiunto il traguardo sbagliato, forse addirittura falsato.

    -Resta però una percentuale molto bassa di modifiche territoriali dovute ad altri fattori quali incantesimi, teletrasporti o molto altro che noi non conosciamo. A questo si aggiunge il fattore "tempo", che scarseggia.

    Si sollevò lentamente, continuando a guardarsi intorno, prima di soffermarsi su Brifos.

    -Dunque... cosa pensi che sia meglio?

     
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    -Ottima osservazione, Brifos-

    Le parole di assenso di Arthur giunsero con un cenno affermativo del capo, eppure l'attenzione del Vampiro sembrava catalizzata da qualcosa per terra, davanti ai suoi piedi: inconsciamente, -sempre guidato nei suoi movimenti dal Canto del Mantra- il Demone delle Tempeste lo aveva evitato senza neppure badarci, ma il suo collega ci era quasi inciampato.

    -Solo un attimo: vorrei esaminarlo.

    Così mentre la Corona di Khymeia si inginocchiò nell'erba alta per ispezionare l'oggetto e posarvi il palmo di una mano, la Corona di Regalia rimase dove stava, reclinando il testone coronato di crine blu da una parte, e chiedendosi di che potesse trattarsi, producendo una lieve scintilla azzurrina e rimanendo in paziente attesa di ulteriori ragguagli.

    -E' fatto di Vanarium ed è stato usato durante un qualche tipo di scontro:
    ha trapassato la carne del bersaglio ma non ha superato le ossa.-

    venne infatti riferito poco dopo, terminata l'indagine e trovata l'anomalia
    -Ciò nonostante... qui non ci sono bersagli. Nemmeno segni di lotta.-

    Imitando il collega, Brifos fece spaziare gli occhi color ardesia per quella radura, notando quanto effettivamente fosse strano che non ci fosse nulla fuori posto: l'oggetto non poteva certamente aver mentito, eppure... eccettuata la distruzione creata dal colosso mutante -che era stato di passaggio solo poco prima- non c'erano tracce di colluttazione...

    -Possiamo proseguire ed ignorare la questione o continuare a cercare: l'oggetto interrogato non è adatto alla ricerca di informazioni. Se però mi è concesso esprimere un parere... non penso che ignorarlo sia un atteggiamento lungimirante.

    ...quindi: quali soluzioni potevano esserci? Prendendosi il mento in una mano, l'Amal cercò di rifletterci su, ma con pochi dati a disposizione, non gliene vennero in mente che due soltanto: forse il proiettile era stato detonato in un posto diverso da quello per poi finire in mezzo a quella foresta per via di qualche capriccio del Maelstorm, oppure...

    -Esiste la possibilità che le tracce siano state nascoste volutamente
    e tutto ciò che rientra in questo schema comportamentale è necessariamente sospetto.

    proseguì l'Alchimista, giungendo anche lui alla medesima conclusione
    -Resta però una percentuale molto bassa di modifiche territoriali dovute ad altri fattori quali incantesimi, teletrasporti o molto altro che noi non conosciamo. A questo si aggiunge il fattore "tempo", che scarseggia.

    Ancora una volta, Arthur aveva espresso con logica impeccabile e dono della sintesi una sequela di elementi degni di ulteriori approfondimenti... ma con altrettanto buonsenso, il Vampiro aveva sollevato un problema niente affatto trascurabile: il fattore Tempo.

    Ne avevano perso davvero molto -fin troppo- in quel viaggio e in quella selva, e non avevano ancora concluso praticamente nulla; alla luce delle loro indagini tutto ciò che avevano attualmente in mano erano: un Orologio con un cannone -progettato per nemici presumibilmente molto grossi- ed equipaggiato con proiettili di questa misteriosa lega chiamata Vanadium, una foresta sbucata dal nulla, e un fattore mutogeno che trasformava esemplari di fauna in mostri dalle sembianze insettoidi.

    C'era un'alta probabilità che le cose fossero collegate, e pertanto assumere che questo Vanadium fosse un'invenzione ideata per contrastare i mutanti sembrava sensato, ma... chi poteva avere interesse a tener nascoste le tracce di uno scontro? Gli esemplari di infetti fino a quel momento incontrati non sembravano forme di vita abbastanza intelligenti da poter compiere una tale operazione, però... non si poteva escludere a priori che ce ne fossero altre tipologie dall'intelletto più evoluto.


    -Dunque... cosa pensi che sia meglio?

    La voce del collega lo riportò alla realtà, ma se le iridi grigio-ardesia si posarono istintivamente sul volto del Nosferatu, la mente del Raitei aveva solo corretto il tiro, in direzione del punto successivo: cosa fare adesso?

    La prima idea che gli balenò in testa fu di separarsi, ma scartò l'ipotesi all'istante: se da una parte quella scelta avrebbe loro permesso di seguire entrambe le piste davanti a loro -risolvere l'enigma della radura e scoprire la destinazione dei tralicci-, dall'altro incrementava enormemente la possibilità di incorrere in dei pericoli che avrebbero potuto compromettere la spedizione, dato che Arthur avrebbe perso l'occultamento dai sensi nemici senza Brifos, e che Brifos temeva di farsi sfuggire qualcosa di cruciale senza Arthur.

    Percorrere la via che il bestione di poco prima aveva aperto per loro, seguendo la scia di tralicci elettrici sembrava la soluzione più sensata, ma... bisognava stare attenti a non farsi ingannare dalle proprie trappole psicologiche: la consapevolezza di star procedendo a rilento, poteva facilmente spingerli all'avventatezza, senza considerare quanto fosse sospetto -da una parte- che una via ampia e comoda gli si fosse palesata davanti, e da sprovveduti -dall'altra- proseguire senza aver sciolto il mistero di quel circoscritto fazzoletto di terra.


    « Dobbiamo capire cosa è successo qui...
    Ma, altro canto, non possiamo perdere ulteriore tempo stando fermi. »

    asserì il Demone delle Tempeste, sciogliendo la posa in cui era rimasto congelato
    « Facciamo un ultimo tentativo qui; poi, proseguiremo. »

    Piegando un ginocchio, il gigante dai capelli blu si accucciò al suolo, la manona si abbassò con lenta gentilezza per premere il palmo ben dentro al terreno fangoso per stabilire un contatto, e mentre una crepitante scintilla azzurrina cavalcava in tutta la sua lunghezza il corno dorato, l'Amal mise ordine tra i dati in suo possesso per rivolgere all'intera radura una domanda il più specifica possibile.

    « Consegnami i tuoi ricordi di cosa è accaduto qui nelle ultime centosessantotto ore. »

    Centosessantotto ore. Sette giorni. Una settimana.
    Stando al carretto di scartoffie che aveva letto prima di partire, doveva trattarsi su per giù del lasso di tempo trascorso dalla prima documentazione di anomalie pervenuta a Lordaeron; probabilmente, quella sarebbe stata una chiacchierata un po' lunga in altre circostanze, ma sarebbe stato molto facile e rapido passare in rassegna le nozioni, e scremare al volo quelle in qualche modo rilevanti dalle altre: quante cose possono essere accadute in un posto selvaggio e sperduto nel corso dell'ultima settimana?


    Fisico:Illeso e riposato.
    Mente: Guardingo e incuriosito.
    Energie: 110%

    Conoscere: Quale dovere maggiore, per un Saggio, della conoscenza di ogni cosa, capendone il significato intrinseco, il perché ed il come? Se le grandi menti dell'Est non avessero il dono di Sapere, non potrebbero brillare, non potrebbero essere Corone. Ecco che, allora, questa sapienza si rivela al mondo intero quando il Saggio entra a contatto con oggetti, o sostanze inanimate come le pietre od i muri, oppure ancora con gli alberi e, in definitiva, con ogni cosa che non abbia voce udibile da tutti.
     
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    La terra impazziva. Il fiotto di ricordi sconnessi, immagini confuse, si trasmise a Brifos come un fiume in piena, ma su tutte vi era sofferenza. La terra stessa soffriva, sottoposta alla pressione di una volontà implacabile e conscia dell'avvento del maelstrom, ormai prossimo a violentarla. La terra piange: sottomessa e deturpata, violata e ridotta alla condizione di misero schiavo nel corpo e nello spirito. Non si trattava di semplice dominio, come quando gli elementalist esercitano la loro volontà per piegare gli elementi: si trattava di qualcosa di più profondo, un imperatore che reclama un proprio diritto. E fu immediato, istantaneo, troppo improvviso e inatteso per non stordire qualcuno impreparato ad una situazione simile, più vicina ad un cataclisma che semplici immagini provenienti da un passato prossimo. La tecnica del Raitei era molto simile ad una divinazione, e come tale toccò tutti e cinque i sensi del divinatore, più gli altri che esistono a livello spirituale e l'anima stessa. Un feedback negativo da una tecnica così apparentemente innocua è impensabile, eppure il saggio lo subisce in pieno, e l'effetto che genera è stordente, non un malessere fisico vero e proprio ma piuttosto la sensazione illusoria di smarrimento per qualcosa di intenso e del tutto inaspettato: di fatto, se Brifos avesse anche solo vagamente ipotizzato un'eventualità del genere avrebbe potuto prepararsi psicologicamente, invece quel devastante tsunami di corruzione lo trova impreparato ed imperversa nella sua mente per molti attimi, tutti quelli che servono per riprendersi. Superato quel primo impatto le immagini sono confuse, flash della terra che si scuote, di alberi che paiono animarsi, sollevare le radici e rituffarsi nella terra a molti metri di distanza. Eppure muoversi non era fra le facoltà di quei titanici alberi, né esistevano eventi naturali in grado di rimodellare la terra in quel modo così profondo: un sisma ne squassa la superficie, ed anche la più piccola scossa tellurica non può provocare simili conseguenze senza lasciar segno del suo passaggio. Inoltre c'era quel pianto: l'anima stessa della madre terra gemeva come una donna sventrata e lasciata a morire sul ciglio di una strada. Si trattava di una volontà bestiale, di qualcosa partorito dalla terra stessa, che le apparteneva e la dominava a suo piacimento.

    Era sempre stato lì, nei ricordi che Brifos aveva evocato. Inizialmente impossibile da percepire, troppo vasto e colossale per non essere scambiato per il tutto che fa da fondale a quelle memorie. Una bestia, un essere come difficilmente se ne erano visti su Endlos. Una creatura di maestà suprema cui ogni cosa si piegava in adorazione, autentico sovrano fra i mostri e i giganti. Non un cataclisma vivente, né una mutazione o un abominio cresciuto dalla stregoneria o dalla scienza: un essere di una maestà percepibile al tatto, i cui zoccoli calcavano il suolo in balzi feroci, mutando ogni cosa al suo passaggio. Vi erano rovi e fiori che parevano vecchi di intere stagioni e che invece erano nati e cresciuti nell'arco di un istante, l'humus scuro su cui sostavano i due saggi erano invece esseri viventi solo poche notti addietro, creature animali e vegetali che si trovavano sul percorso della creatura ed erano inevitabilmente cambiati, marcendo e invecchiando allo stesso tempo, una minuscola parte della sterminata corte di sudditi che la bestia aveva al suo seguito. Fu allora che le immagini, prima lente e confuse, si fecero nitide e vivaci, esibendo una parata multicolore di migliaia di bestie, chimere fantastiche di piume e scaglie, pelle e squame, denti e zanne, ali e zampe che correvano, disperatamente felici di poter ammirare anche solo per un istante la sagoma imperiosa del loro sire, un Dio incarnato in forma animale. Morivano a fiotte come fuchi, trasformandosi in polvere mentre ancora erano nell'atto di un balzo o di un batter d'ali, nutrendo la terra incapace di sostenere un tale sovraccarico di nutrimento e stimoli. Quella terribile parata transitò per la radura sì e no per pochi attimi, nella realtà avvenuta solo poche notti addietro, ma per Brifos furono eoni durante i quali gli occhi terribilmente umani e vividi della bestia sovrana lo perseguitarono implacabili, finché la mente del raitei si ritrovò in bilico su di una pazzia profonda quanto un abisso e dovette scegliere fra sprofondarvi oppure dimenticare quelle ardenti sfere d'oro e pece che parevano in grado di strappare lo spirito. No: non era un essere che poteva essere affrontato, quella era la proiezione che la natura mostrava al saggio, in pratica il modo in cui la terra lo ricordava, ma solo una piccola frazione di tanta mostruosità poteva spazzare via i due saggi di Palanthas con la sua sola presenza. E quella creatura indubbiamente abitava quei luoghi, perennemente in movimento, eternamente impegnata in un implacabile ciclo di distruzione e rigenerazione che forse aveva dato vita ad una quantità incalcolabile di mutazioni nella fauna e nella flora.

    Quando egli svanì oltre gli alberi ed anche l'ultima creatura del suo codazzo passò oltre, finalmente la terra sembrò placarsi e recuperare una parvenza di normalità, sebbene ormai i cieli esibivano striature di viola e azzurro, mentre con rapidità cresciente il maelstrom irrompeva nella realtà, dando il via al processo che l'avrebbe condotta su Endlos. Un tramonto di un rosso intenso era lo sfondo del secondo atto, Brifos vide un'ombra aggirarsi furtiva, una sagoma troppo piccola per appartenere ad una creatura mutata del luogo, e che si rivelò dai contorni umani. L'uomo era ferito ad una gamba, avanzava claudicante con la disperazione disegnata in volto. Aveva abiti laceri che dovevano essere stati vesti adatte alla città, pareva un impiegato vestito in nero, la camicetta chiara inzuppata di sangue su cui spiccava una cravatta anch'essa scura. Quando il colossale canide gli si avventò contro ringhiando, lui rimosse una pistola automatica dalla fondina nascosta all'altezza del cuore e sparò una dozzina di colpi con il volto deformato dal terrore. La bestia rimase ferita ma non rallentò la sua corsa, alla fine chiuse le fauci sull'umano e la metà superiore del corpo svanì in quella bocca mostruosa. Il pasto dell'enorme lupo non si era ancora concluso che altri esserini, piccoli roditori grossi come gatti, sciamarono sulla scena leccando via ogni singola stilla di sangue, litigandosi e contendendosi i brani di carne sfuggiti alle fauci della belva portando via con i denti aguzzi tutto ciò che restava. Il banchetto era ormai concluso quando una nuova raffica di proiettili irruppe sulla scena, ed il lupo ne fu bersaglio primario. Un'intera zampa anteriore, grande quanto un essere umano adulto, venne falciata via ed il cranio dell'animale venne crivellato senza pietà. Anche così ferita la belva non cadde, ma si voltò e si dette alla fuga, mentre invece i roditori resi eccitati dal sapore del sangue si avventarono in massa sulla fonte dei proiettili. L'essere umano stavolta impugnava una piccola arma d'assalto, un fucile a doppia canna progettato per aderire alla spalla azzerando il rinculo. Si era rivelato efficacissimo nel cacciare il lupo, ma del tutto inadeguato per fermare i roditori. Quando questi raggiunsero la loro preda, Brifos vide che si trattava di una ragazzina di età giovanissima, una bambina. Aveva con se uno zaino enorme di tipo militare, sacche legate alle caviglie che contenevano scorte di munizioni ed armi di riserva, che tuttavia le furono ben poco utili. Dovette letteralmente strapparsi di dosso gli animali che l'aggredivano, e che tuttavia con stupore del Raitei evitavano di divorarla, come invece avevano fatto con l'adulto poco prima. Affondavano le zanne aguzze seghettate come quelle dei piranha e tenevano salda la presa alla maniera dei serpenti quando inoculano il loro veleno. Dibattendosi come una giovane leonessa la ragazzina riuscì a divincolarsi e schiacciare la testa ad ogni singolo ratto mutato, correndo via in preda alla disperazione mentre le numerosissime ferite che aveva cessavano di sanguinare e prendevano a sanarsi ad una velocità che non aveva niente di umano. La notte volse di nuovo in giorno, e l'ultima immagine che vide Brifos fu fugace e della durata di appena pochi istanti, inattesa e in un certo senso ancora più inaspettata della prima visione...

    Una giovane fanciulla dagli abiti variopinti passeggiava nella radura totalmente a suo agio, i sensi tesi ad ascoltare i rumori della foresta. Seguiva una pista, o almeno dava quell'impressione. Certamente non sembrava muoversi in modo casuale, tanto più che intraprese lo stesso identico percorso della prima bambina, quella che diversamente da lei pareva una naufraga. Perché la ragazzina dagli abiti colorati e con i campanelli legati alle trecce castane non era una naufraga, era già su Endlos da un po' e, sopratutto, recava con se il marchio della Luna...

     
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    Non appena il potere del Saggio schiuse ai suoi occhi una finestra sul passato, i frammenti dei tanti ricordi che impregnavano la terra malsana della foresta sconosciuta fluirono in lui, lasciando sulla sua psiche un segno simile a quello che una raffica di schegge affilate inciderebbe sulla nuda pelle dopo un'esplosione.

    Nell'avvertire l'opprimente sofferenza che il suolo pativa, la Corona Indaco sperimentò il trauma improvviso ed immediato della corruzione, con un'intensità difficile da definire a parole, e fu un'esperienza talmente intensa e travolgente da lasciare la sua coscienza stordita... ma la curiosità del Sapiente, e la granitica volontà di penetrare il mistero di quel fenomeno di Riscrittura, non gli permisero di distogliere lo sguardo del suo occhio interiore da quel delirio:
    doveva capire cosa stava succedendo. Voleva sapere. E per farlo, doveva mantenersi saldo.

    Dopotutto, il dolore era una componente intrinseca della sua peculiare genesi di Demone delle Tempeste, e ciò che lo scosse in quegli istanti sospesi non poté allentare a lungo le redini del suo autocontrollo; disciplinandosi a restare lucido, lasciò che la spiacevole sensazione gli attraversasse le sinapsi, e si costrinse a mettere a fuoco con gli altri suoi sensi quanto gli accadeva intorno: vide gli alberi scuotersi come stringhe elastiche, e le loro radici sollevarsi dal proprio letto e rituffarvisi alcuni metri più in là... ma in un modo che nulla aveva a che fare con i fenomeni sismici a lui noti, o con le abilità di movimento degli alberi viventi del Fanedell.

    Intenzionato a raccogliere il maggior numero possibile di dati decifrandone il più possibile le caratteristiche, Brifos continuò a tastare i contorni della visione con i propri sensi, ma fu soprattutto l'intuito a fargli notare ciò che emergeva e si distaccava dalle pietose condizioni della terra, pur essendo intimamente connesso al fenomeno,
    come il suo prodotto o la sua causa: qualcosa di così vasto che sospettò fosse stato lì da sempre; se non se ne era accorto prima, era solo perché vi era finito dentro.

    Ciò che i suoi occhi bigi poterono discernere furono le forme d'una colossale bestia
    aliena, seguita da un palpitante e chimerico corteo di creature con ogni sorta di tratto animale, in continuo rimescolarsi: non si trattava di nulla che fosse noto o compatibile con i bestiari dei mondi che il Saggio aveva letto, pur ricordandone diversi elementi, eppure... l'impressione che l'apparizione gli trasmise contemplandola, fu che avesse in sé l'armonia della Natura più che l'estro dell'Artificio.

    Quel che più avrebbe lasciato atterriti davanti a una tale maestosa e terrificante potenza -degna di una calamità naturale- non era però il mero aspetto della Creatura, quanto gli effetti esercitati dalla sua presenza, perché al suo passaggio la flora sbocciava e cresceva con tanto vigore da precipitarsi nella decadenza di una morte precoce: i grani alberi che li circondavano erano fuscelli solo pochi giorni fa, e la fanghiglia su cui i due Custodi sostavano era tutto quel che rimaneva delle carcasse decomposte di animali e vegetali sventuratamente incorsi sulla strada di quella...
    cosa fantasmagorica...

    Mentre le iridi color ardesia del Raitei indugiavano con curiosità morbosa e malsana nel ricordo che la terra gli mostrava, l'essere che guidava il Corteo incrociò il suo sguardo, e quegli occhi dorati e troppo umani suscitarono un sentimento nuovo e sconosciuto nell'animo dell'osservatore... ma nonostante ciò, Brifos non seppe convincersi a smettere di guardare, almeno finché l'essere non fu scomparso oltre il limitare degli alberi insieme al suo seguito; fu allora che riconobbe nel cielo di quella visione i segni dell'operato del Maelstorm.

    Alla luce di un tramonto rosso acceso, il Demone della Folgore scorse una nera indistinta silhouette claudicare per i paraggi: si trattava di un umano, e per di più ferito -a giudicare dallo stato dei suoi abiti laceri, dal sangue che macchiava la stoffa e dal modo in cui arrancava-, ma ciò non gli impedì di estrarre un'arma da fuoco dalla fondina sotto la giacca e svuotare il caricatore su un colossale canide che saltò fuori dalla vegetazione per avventarglisi contro.

    Le pallottole si rivelarono inutili, e il
    ningen finì miseramente tranciato a metà dalle fauci della bestia, che pasteggiò con le sue carni, attirando ben presto una muta di animali più piccoli, che presero ad imitarla, litigandosi le briciole, cancellando ogni traccia di sangue e rapendo in direzione delle loro tane i brandelli che gli fu possibile recuperare; nonostante le fattezze di comuni roditori, il Saggio prese mentalmente nota di quanto fossero -in proporzione- innaturalmente grandi... e mentre contemplava quello spettacolo terribile, che avrebbe facilmente scosso la sensibilità di chiunque avesse poca familiarità con la catena alimentare (un concetto banale anche in quei termini estremi, se sei uno youkai nato e cresciuto nel Makai) a Brifos tornò a mente per associazione la creatura affrontata la sera prima a casa di Vi.

    Seguendo il filo delle proprie congetture, il Raitei tornò a prestare attenzione agli eventi della radura solo quando una nuova raffica di spari ne interruppe il placido masticare, preannunciando l'ingresso di una ragazzina, armata di un fucile d'assalto e ingolfata da uno zaino militare più grosso di lei; il suo assalto menomò il canide di una zampa e gli crivellò il capo di colpi, ma ciononostante quello si rivelò ancora abbastanza vivo e in salute da battere in ritirata, sparendo tra gli alberi. Il problema fu che lo spargimento di sangue finì per attirare nuovamente sulla scena la colonia di ratti, grossi come gatti domestici.

    Quando le bestie sciamarono addosso alla piccola, l'Amal si preparò con un po' di mestizia a vederla sbranata, ma la visione lo sorprese di nuovo, mostrandogli un altro tratto dell'etologia di quelle sconosciute forme di vita: nonostante l'aggressività, non sembrò essere la fame l'impulso alla guida dei topi, perchè -pur aggrappandosi alle carni della bimba- i loro morsi avevano l'indulgenza delle serpi velenose che inoculano tossine nel corpo della vittima; dopo un'agguerrita colluttazione, una volta avuta ragione degli animali, la fanciulla si affrettò ad uscire di scena... ma prima di perderla di vista, tra le tenebre della notte calante e gli alberi oltre cui si stava allontanando, Brifos poté notare che le sue numerosissime ferite si stavano già rigenerando.

    Nella quiete ristabilita, la Corona Indaco vide una nuova alba sorgere su quel crocevia di fin troppi misteri, e con la mente già al lavoro per fare ordine tra tutti i dati raccolti da quella lunga apnea nel passato, si preparò a riemergere nel mondo reale; fu allora che un tintinnìo argentino richiamò un ultima volta la sua attenzione sulla radura, lasciandolo interdetto, perché quel suono viaggiava su di una frequenza spirituale che solo lui e i suoi Fratelli e Sorelle della Corte sarebbero stati in grado di percepire e riconoscere... Quella ragazzina in abiti da Giullare
    aveva impresso su di sé il Marchio della Luna.

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    Non appena fece ritorno alla realtà del tempo presente, Brifos incrociò lo sguardo di Arthur: l'Alchimista del Sangue era rimasto al suo fianco, in silente attesa di udire il resoconto di quanto il gigante aveva scoperto, ma... mentre quello sbatteva le palpebre un poco intontito, e cominciava a guardarsi intorno per cercare corrispondenze tra quel che aveva visionato e le geografie della radura, il corno aureo del Raitei produsse una crepitante scintilla azzurrina nel tornare a volgersi verso il collega.

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    « Ho molto di cui parlarti, Arthur. »
    esordì l'Amal con tono pacato, rialzandosi e volgendosi in direzione di Chediya
    « Ma potrebbe essere potenzialmente controproducente farlo qui: questo luogo non è sicuro. »

    Ben conscio che il suo collega non fosse tipo da agire o -soprattutto- parlare senza una qualche effettiva motivazione, la Corona di Khymeia inarcò un sopracciglio con fare pensieroso e annuì; così, i due Saggi voltarono le spalle alle Lande Riscritte e ai suoi misteri per fare ritorno alla base: lontano dalla foresta, Brifos avrebbe messo Arthur a parte di ogni cosa, e una volta tornati ad Istvàn avrebbero avuto parecchie cose di cui fare rapporto alla Dama Azzurra e di cui ragionare con gli altri studiosi.

     
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