[EM][SC] Break-up

Audient Void ▪ Poor Unfortunate Souls

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    Qualche giorno fa.

    "Ci stanno spiando".
    Un sussurro mentale a tutti i dipendenti della Seele.

    "Gajeel ha percepito tracce magiche che continuano a seguirci. Dev'essere opera di Khatep. Niente panico: continuate a fare quello che state facendo; non abbiamo nulla da nascondere. Volevo solo avvertirvi di moderare le parole quando parlate, perché si aggrapperebbero a tutto pur di accusarci delle peggio cose. Siamo satanisti brutti e cattivi, bla ba blah. Per le informazioni riservate, usiamo la telepatia."

    In realtà, dubito che la mummia sia realmente interessata alle nostre azioni: ha mandato dei sorveglianti inefficienti, troppo facili da sgamare.
    Insetti artificiali. Così fuori luogo, nelle gelide steppe del Nord. Odiosi esserini volanti che continuano a posarsi sulle finestre della mia camera, fissandomi con occhi scintillanti.
    Khatep vuole solo dimostrarci che non si fida di noi. Peccato che abbia preferito spaventarci come un bulletto di periferia, anziché controllare bene se davvero nascondiamo qualcosa.
    Un grosso errore.

    Ora. Distese di Etlerth.


    «Qui non c'è nulla.»
    Con me c'è Morfeo, elegante e distaccato come al solito. Così simile al ghiaccio che ci circonda, alla neve in cui io invece arranco.
    Rabbrividisco ad ogni passo, le braccia strette contro il petto. Sotto il cappotto, vestiti troppo leggeri.
    «E temo che la tempesta di cui ci hanno parlato si stia avvicinando.»
    Un fiocco di neve mi atterra sul naso gelato. Alla baita ci avevano scongiurato di non uscire: c'è una tormenta in avvicinamento. Ma noi volevamo assolutamente fare un'ultima escursione, controllare se davvero quella cripta di cui avevamo sentito parlare esisteva. Questione di ore, davvero.
    Nevicherà per giorni.
    Tutto come previsto. Ciò significa che gli insetti non si insopettiranno, se nessuno uscirà dal rifugio per qualche giorno. E che non troveranno nulla di strano nel fatto che io e Morfeo, in mezzo alla nevicata, useremo un teleport per tornarcene subito al calduccio.
    Gli insetti non potranno seguirci. Rimarranno chiusi fuori dalla baita.
    «Signor Morfeo, posso chiederle di teletrasportarci indietro? Mi si stanno surgelando le gambe.»
    Ma noi non saremo lì.
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    A volte, in realtà molto spesso, non riesce a capire tutti i problemi che si fanno gli umani. Voci, particolarmente disturbanti invero, gli entrano nella mente per dirgli cose che, in concretezza, non gli interessano poi molto.
    Ha seguito il gruppo a Nord, ha scambiato con loro poche parole, ma interessanti. Per lo più si è dedicato allo studio dei sogni della popolazione del Nord. Glaciali, freddi e con pochi colori. Interessanti.
    In realtà non ha cambiato molto la sua routine. Come un'ombra ha seguito il gruppo durante le diverse esplorazioni. Di tanto in tanto si è limitato ad evocare qualche suo incubo per tenere a bada i lupi. La maggior attenzione, come al solito, è stata data alle operazioni di studio dei sogni dei suoi compagni di viaggio. Anche qui ha visto cose interessanti.
    Al momento segue Lazarus nel mezzo del nulla. Ha dovuto necessariamente optare per una tunica differente, visto che la sua era più adatta ai climi del Sud. Indossa una tunica nera in lana pesante e sopra questa una pelliccia di un qualche animale non meglio identificato.
    Non c'è nulla.
    Si limita a fare eco alle parole del cencietto che segue. Controlla con attenzione l'eventuale presenza di qualcosa di interessante in giro ma oltre un lento fioccare non c'è proprio nulla. Tira un sospiro stanco, o meglio scocciato. Alla seconda frase del dirigente aziendale si limita ad annuire mestamente. E' già consapevole che quella è solo l'overture di quello che dovrà a breve fare. Intanto la mano destra si poggia sul fianco dove risiede il suo sacchetto di sabbia.
    Mh.
    E' il mugugnio in risposta all'ultima richiesta. L'Eterno chiude gli occhi e concentra parte della sua essenza onirica in quella sabbia. Ne recupera un pizzico e la tira verso l'alto, così che possa posarsi sulle figure dei due. Sincronizzando la propria energia con quella del non-luogo, uno spazio intercapedine che congiunge tutti i luoghi e tutti i tempi, basterà uno slancio di volontà per portare via il duo.
    Si tratta di un viaggio istantaneo e scombussolante. Un caleidoscopio di realtà ed irrealtà che vortica attorno loro. Morfeo, con la precisione di un vecchio sarto, sceglie la scaglia iridescente più appropriata. Gli è stata fatta una richiesta e gli è stato spiegato il piano, si limita a portarlo a termine.
    Lazarus gli ha detto che esiste una sorta di barriera che bloccherà il suo trasporto e che quindi si ritroveranno nelle prigioni. Ma è tutto calcolato. Non vedeva il senso di dubitare delle sue parole.
    Avrebbe dovuto farlo.
    Appena sfiora la scaglia di spazio tempo da raggiungere ecco che una forza si attiva e li trascina verso il basso. La continuità del reale si condensa intorno a loro negli angusti spazi di una prigione. Sin qui, tutto giusto. Il dettaglio che era stato taciuto dal ragazzo, o magari ignorato, è quello che si ritrovano anche incatenati, seduti su di una panca logora in compagnia di alcuni figuri dalla dubbia provenienza. Uno continua a vomitare in un angolo spandendo un fetido lezzo acido.
    L'Eterno, con una calma degna del suo titolo, si limita a voltarsi verso l'albino. Lo sguardo che gli scaglia contro, se fosse possibile tradurlo in termini materiali, è paragonabile ad una bomba H.


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    Non Luogo: È una dimensione interstiziale in cui si viaggia da un luogo all'altro. Morfeo è in grado di evocarla e di sfruttarla per spostarsi in un breve periodo. Può trasportare con sè eventuali altri viaggiatori. [Attiva - Consumo Basso]

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    La ripresa del Sud era lenta e faticosa. Per troppi anni un sistema marcio aveva affossato tutto il potenziale di quelle terre. L’Esarcato e la Legione, finalmente alleati per una causa comune, stavano facendo di tutto per trascinare il presidio fuori da quella crisi. Purtroppo le difficoltà contro cui si scontravano giornalmente erano concrete come muri di cemento. Zimmer gli aveva confidato come non fosse facile indirizzare le scelte dei sei Pasha nella stessa direzione – una via spesso impervia, distante dal profitto facile: avrebbero dovuto investire gran parte del loro patrimonio con la speranza di raccoglierne i frutti in futuro.

    Anche i nuovi Comandanti della Legione avevano i loro grattacapi: Aristotelis, ad esempio, aveva il compito di trasformare centinaia di tagliagole senza disciplina in soldati perfetti. Il nostro Bid’daum invece doveva assicurarsi che l’Arena Nera funzionasse alla perfezione, per tenere a bada il malcontento del popolino ed evitare tumulti per i cunicoli. Una razione giornaliera di massacri era l’unico modo efficace per sedare la popolazione, in attesa che l’economia tornasse ad essere sostenibile. E poi c’era la sicurezza ai Cancelli della capitale, il monitoraggio delle vie carovaniere, i complessi carcerari che accoglievano sempre più detenuti.

    E a proposito di prigioni…

    « Che testa di cazzo. »

    Commentò il Kuthiano con molto affetto, scuotendo la testa. Gli avevano appena confermato l’arrivo inaspettato di una sua vecchia conoscenza. Ci aveva già pensato il marchio ad avvertirlo della comparsa di Lazarus, il suo allievo preferito. Questi aveva avuto la bella idea di presentarsi senza preavviso a Merovish e, visto che passare dall’ingresso era troppo noioso, aveva preferito usare un teletrasporto per poi farsi sbattere magicamente nel Terzo Livello delle Prigioni. In certi luoghi esotici i visitatori vengono accolti con collane di fiori, ma nel caso della Tana il trattamento per gli ospiti prevedeva ceppi di metallo a prova di magia ai polsi e alle caviglie. Sperò che la sistemazione fosse di suo gradimento, perché ci avrebbe impiegato almeno un’ora per raggiungerlo nel tugurio in cui si era infilato.

    grey-divider-no-background-th

    Raggiunse la cella, mostrando un’espressione severa in volto.
    Riconobbe l’albino, incatenato vicino ad altri prigionieri che avevano tentato di smaterializzarsi nel perimetro cittadino. Rivolse un ordine ai Legionari che lo avevano accompagnato.

    « Portate fuori tutti gli altri. »

    Senza troppe cerimonie, i soldati avrebbero sganciato dalle pareti i catenacci dei detenuti non desiderati. Li avrebbero trascinati di peso in altre celle, lasciando il Castigo da solo con il piccolo Lee. Si rivolse a lui con un lieve cipiglio annoiato.

    « A cosa devo questa visita? »

    Per qualche motivo non ritenne necessario sganciare le catene
    che bloccavano il suo allievo contro il muro.

     
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    «Glielo giuro, non avevo idea che ci saremmo trovati in una situazione simile.»
    No davvero. Speravo di fare pratica con qualche sana rissa tra carcerati, magari fare uno spuntino; invece ho ricevuto solo pedate negli stinchi e insulti poco carini.
    Criminali merovishi? Pffft. La cosa più pericolosa che si trova in questa cella, al momento, è un Signore dei Sogni incazzato nero.
    Non manifesta la sua rabbia con urli e parolacce: si limita a fissarmi in silenzio, promettendomi coi suoi occhi bui dolori inimmaginabili.
    «Conosco persone influenti da queste parti. Verranno a prenderci presto.»
    L'ho già ripetuto almeno quindici volte. Il "presto" continua ad essere lontano.
    Suppongo che mi aspetti almeno un mese di notti agitate e incubi orribili.

    Sei "presto" dopo, percepisco finalmente l'anima di Bid. Arriva con un gruppo di guardie armate, che si sbrigano a far sloggiare i prigionieri - Morfeo incluso.
    «Lo smilzo pallido è con me. Trattatemelo bene.» urlo alle guardie, per poi rivolgermi al mio Maestro.
    Lo saluto con un sorrisone da orecchio a orecchio.
    «Ciao.»
    Anche io sono felice di vederti!

    «Perdoni la location, era il modo più rapido e sicuro per parlarle. Spie di Laputa incollate al culo.» spiego, facendo dondolare le mie catene.
    Mi sento perfettamente a mio agio così legato, devo dire. Mi piace il metallo freddo che gratta i polsi, l'essere costretto per una volta a guardare le persone dal basso. Ha un che di... Naturale.
    «Al momento mi credono in una baita a Nord, bloccato da una tormenta. Ho sì e no un paio di giorni, se sono fortunato. Ah, per la cronaca, il Nord fa schifo.»
    Non sono più sicuro di volerlo conquistare. Non posso, chessò, acchiappare l'alfierato e poi venderlo a Mugna al miglior offerente? Non ci voglio stare lì.
    Il Sud è molto più affascinante.
    «Ed è possibile che ci siano spie anche a Merovish. Insetti magici della mummia. Se gli uomini di Zimmer stanno spiando i miei, come immagino, sicuramente ne sapranno qualcosa.»
    Shalysanne, Heinrich e Jack dovrebbe essere ancora stanziati da queste parti. Sede nuova da sistemare, commerci da avviare. Non li sento da qualche giorno, ma confido che siano ancora tutti vivi.
    Devo chiedere a Heinrich se ha recuperato Quella Cosa.

    «Cooomunque... In realtà sono qui per chiederle maggiori delucidazioni sul messaggio che mi riferì il signor Ariste.»
    Quello che più o meno diceva "ho parlato del rituale di Khatep a un LAM a caso, così, per traumatizzarlo. Meglio se sbaracchi da Laputa : D".
    Non sono riuscito ad avere altri dettagli. Un po'perché Bid si è rifiutato di comunicare, un po'perché ricarico il mio pc con un piccolo pannello solare, e non c'è stato molto sole tra le fottute montagne di Koldran.

    «Sono sicuro che esiste un'ottima motivazione per cui ha deciso di sputtanarmi mesi di lavoro, rinunciando alla possibilità di farmi infiltrare tra le alte cariche di Laputa.» spiego, il capo chino «Qualcosa di così vitale importanza da essere più importante della fiducia di Khatep, per dire. Io però, dal basso della mia ignoranza, davvero non colgo la portata dei suoi lungimiranti piani.»
    Non sono arrabbiato. Davvero! Sono solo un tremulo sottoposto che pone delle domande, con cortesia e umiltà.
    E con un occasionale digrignar di denti.
    «Le spiacerebbe cortesemente illuminarmi?» concludo, rialzando il capo. Guardandolo dritto negli occhi.
    E ora cosa farai, Bid? Mi prenderai a calci? Mi getterai in Arena Nera? Mi lascerai marcire qui dentro? Dai, sfogati, fammi male! Punisci la mia arroganza. Sappiamo entrambi benissimo che mi godrei fin troppo ogni tuo castigo.
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    No, ormai Morfeo non da più credito e peso alle parole del ragazzo. Si limita a fissarlo con quello sguardo vuoto e nero come la pece. Il bambino si diverte a giocare con la Tenebra? I suoi occhi nascondono una profondità che è antica come l'intero Universo.
    Nel tempo dei sei "presto" l'Eterno si limita a progettare la sua vendetta.
    Orribili sogni? Oh, no, sarebbe troppo poco.
    Prima di tutto ci sarà un periodo di completa privazione dei Sogni. Il caro albino andrà a letto, chiuderà gli occhi e l'unica cosa che seguirà a questa azione sarà il suono della sveglia da parte del caro gremilin. Nel mezzo? Niente. Nero, un nero che in realtà dura una notte, ma che sembra estinguersi in un secondo.
    Seguirà poi il periodo degli incubi lucidi. Incubi negli incubi. Il Corinzio, Azazel, Lucifero, Jack lo squartatore ed anche un paio di creature che creerà appositamente per il ragazzo. Si risveglierà nel momento stesso in cui uno dei suoi incubi lo divorerà. Si ritroverà nel suo letto, madito di sudore. E qui, ecco che compare il MSIL. Si, esatto, lui. Per chi non lo sapesse il MSIL è il Mostro Sotto il Letto, che darà vita ad un secondo incubo. E così via in un loop in cui la realtà si mescola al sogno.
    Ah, vero, deve ricordarsi che il ragazzo tende al masochismo. Nessuna morte strascinata nel tempo o straziante. Tutto deve consumarsi in pochi attimi ed essere definitivo. Non lo lascerà godere di quegli avvenimenti.
    Caro Lazarus quello sguardo è solo l'antipasto di quello che verrà.

    Quando giunge un tizio, ignora chi sia e ben poco gli interessa, e si limita ad alzarsi e seguire gli altri in una cella vicina. L'unica cosa positiva di questa dannazione è che appena si siede la sua aura onirica comincia a fare il suo effetto. Lentamente, ma via via sempre con maggiore vigore, la sua presenza induce il sonno in quel branco di manigoldi. Almeno potrà ingannare il tempo studiando i loro Sogni. Che poi è la sua ragione di vita, quindi farlo in una gelida baita o in una tetra prigione poco gli cambia.
    Osserva.
    Studia.



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    { Prigione Abbandonata, Terzo Livello }
    pov - Morfeo

    Ti portarono in un’altra cella, senza usare i riguardi che Lazarus aveva raccomandato per te.
    Sentivi un’opprimente sensazione tra quelle mura scrostate, come se ci fossero degli strascichi d’incubi la cui brutalità sfuggiva persino a te, che del mondo onirico eri il signore. Queste sensazioni di disgusto ti scivolarono tra le dita, senza lasciarsi afferrare.

    Terreno ben più fertile per le tue percezioni furono le menti assopite di altri disgraziati stipati dietro le sbarre. Immergendoti nel flusso dei loro sogni, l’ambiente intorno a te mutò. Eri nel deserto, poi tra le bancarelle del Bazar, poi in altri luoghi non riconoscibili – probabilmente frutto di una libera rimescolanza di ricordi.

    Un anfratto onirico avrebbe attirato particolarmente la tua attenzione. Era incredibilmente nitido, al livello che solo i sogni lucidi potevano raggiungere. Eppure il sognatore di turno sembrava lasciarsi trasportare dagli eventi, senza influenzarli in prima persona. Il contenuto della sua visione era sbalorditivo. Stentavi a credere che fosse il parto naturale di una fantasia umana.

    Per quanto generalmente fosse considerata illimitata, tu ben sapevi che anche la capacità di calcolo di una mente aveva dei limiti. Il cervello di una persona comune non poteva contenere un quadro onirico così colossale. Eppure quel sogno sembrava espandersi all’infinito, privo di quei confini inconsci contro cui l’immaginazione normalmente si scontra.

    Si stagliava davanti a te un gorgo mastodontico.

    Sembrava l’occhio di un uragano, così ridicolmente grande da non permettere nemmeno alla tua mente superiore di contenerlo e circoscriverlo. Era ovunque. Sopra, sotto, fuori ma soprattutto dentro di te. Il vortice era solcato da scariche elettriche capaci di piegare la stessa realtà. Quelle che sembravano pareti di cumulonembi erano in realtà formate da ammassi galattici. Il gorgo ruotava, inesorabilmente. Da un’eternità o forse più. Quel moto talmente denso di energia era sicuramente in grado di spegnere una supernova, come le dita umettate riescono a spegnere lo stoppino di una candela.

    Per la prima volta in vita tua, ti sentisti schiacciato da una visione onirica
    che sfuggiva alla tua comprensione.

     
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    Il suo allievo spiegò i motivi che lo avevano portato a recarsi da lui in maniera così poco ortodossa: aveva seminato delle spie che gli stavano col fiato sul collo. Lazarus lo mise in guardia da possibili insetti-spia infiltrati a Merovish, ma il Kuthiano non diede molta rilevanza a quella sua preoccupazione. Ci voleva ben altro per forzare la capitale degli intrighi e dei sussurri – se l’albino fosse stato più ferrato sull’ambiente meridionale, avrebbe compreso quanto fossero ridicoli i suoi timori.

    Passò quindi al principale motivo della sua visita. Voleva delle spiegazioni, desiderava sapere perché il suo Maestro avesse deciso in modo arbitrario di far crollare il suo piccolo castello di carte.

    Cosa c’era di più importante delle fatiche di Lazarus e della fiducia di Khatep?

    « L’ho detto perché volevo dirlo. »

    Nessuna scusa, giustificazione o motivazione razionale. Perché avrebbe dovuto addurne, dopotutto? Lui non doveva rendere conto a nessuno di ciò che faceva. Non aveva bisogno di giustificarsi. Se in quella situazione aveva ritenuto opportuno rivelare quell’indiscrezione, nessuna forza del creato avrebbe potuto convincerlo del contrario.

    « T’illudevi di poter guadagnare la fiducia di quella gente? Non si fideranno mai di te, perché tu non sei fatto della loro stessa pasta. »

    Continuò a parlare con un tono tutto sommato tranquillo.
    Decisamente strano, in quel periodo di lontananza doveva essere cambiato qualcosa dentro di lui.

    « Non vedo comunque perché dovrebbero sospettare di te per quello che ho fatto. Con le mie capacità avrei potuto estorcerti con la forza queste informazioni senza che te ne rendessi conto, oppure potrei averle ottenute torturando uno dei tuoi piccoli diavoli. Uno come quell’Azazel, che per poco non ammazzavo. »

    Ricambiò lo sguardo di sfida sorridendo malignamente.

     
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    Ha fatto bene a tenermi imprigionato.

    "L’ho detto perché volevo dirlo."

    Catene che si tendono in uno scatto, un ringhio animalesco che mi fa tremare la gola. Il metallo tintinnante è l'unica cosa che tiene i miei denti lontani dalla sua faccia.
    Stupido, imbecille, avventato coglione.
    Sto parlando di me.

    È un bene che questo incidente sia accaduto.
    Mi ha fatto aprire gli occhi.
    Anche Bid'daum è un essere umano - più o meno. Anche lui può sbagliare, fare delle puttanate, lasciarsi guidare dai sentimenti. Nulla di quello che fa o che dice è assoluto.
    Il mio Maestro non è invincibile.

    (Mi fidavo di lui. Solo un pochino. Ha fatto così tanto per me, senza mai chiedermi molto in cambio. Sembrava quasi... Che gli importasse.
    Oppure ero solo un giocattolo?
    Credevo che ci fosse... Un legame. Che ci capissimo. Che fossimo uguali.
    Ha pensato al pericolo che avrei corso, mentre parlava?
    Soltanto una pedina sacrificabile. Pensavo... Credevo...
    Forse non l'ha fatto apposta. Si è fatto prendere dalla foga, non ha pensato...

    O forse non gli importava davvero.
    )




    (Fa male.)

    «Il fatto è che io so nascondere la mia natura. Sono perfettamente in grado di sembrare un piccolo, debole ragazzino in balìa di forze malvage che non sa controllare.» Mentre parlo incurvo la schiena e abbasso lo sguardo, regredendo allo status di ragazzino tremante che era il Me di qualche anno fa. Piccoli cambiamenti nella postura, nell'espressione - un sentirsi più a disagio, meno sicuro di sè.
    Forse ci riesco così bene perché sotto sotto sono rimasto così.

    «La mia copertura ha due problemi.
    Khatep non è uno stupido. Sa benissimo che essersi infiltrati nel suo rituale non è un'impresa da novellini, ergo devo aver ricevuto un addestramento. Ma soprattutto, qualcuno è andato a riferirgli che ci conosciamo. Il suo falchetto ha poteri psionici, per caso? Perché non so chi altri potrebbe essere stato.
    Io sono stato attento.
    »
    E non intendo andarmene da Laputa solo perché Bid non lo è stato.

    «La cosa gioca a mio vantaggio, comunque. Ho un piano. È bizzarro, ma virtualmente privo di rischi per lei. Però ho bisogno della sua collaborazione.»

    Glielo spiego. È un'idea pazzesca, che pare uscita da un capitolo di Death Note. Un inganno talmente perfetto che ci cascherò persino io.
    Ma non lo dirò certo a voi che leggete.

    «E questo è tutto.» faccio spallucce «Ovviamente, per farlo funzionare, lei dovrebbe togliermi il Marchio ora.
    Dobbiamo eliminare ogni prova. E anche se il piano non funzionasse, non potrebbero usarmi per rintracciare lei.
    »
    Cerco di essere pragmatico.
    Cerco di non suonare triste.
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    Farsi trattare in quel modo dalle guardie non è qualcosa che solitamente tollererebbe. Anzi, fosse in condizioni normali, avrebbe già scagliato incubi a destra e manca. Purtroppo la situazione non gli permette di fare proprio nulla di tutto ciò. Mestametne si accomoda e lascia che la sua aura soporifera si insinui nelle menti degli astanti. Ci vorrà un po' prima che giungano ad addormentarsi completamente, ma a quanto pare, per colpa di quel mezzo albino che è Lazarus, ha parecchio tempo a sua disposizione.
    Quando è cosciente che diverse sono le creature già abbracciate dall'onirico si limita ad abbassare le palpebre e traslare la propria coscienza in quel metapiano che è il mondo Onirico.

    Dapprima si ritrova a viaggiare su di una carovana nel mezzo del deserto. Il dondolio continuo del cavalcare gli dà una certa nausea, quindi come una serpe sguiscia fuori da quel sogno per gettarsene in uno differente. Il chiacchiericcio del bazaar è giù più piacevole. Compravendite di schiavi che si intessono ad interessi che non conosce, sono una realtà già più sopportabile. Ne approfitta per assaggiare alcune lecornie vendute in una bancarella prima di percepire qualcosa di strano.
    Un ciclone, un vortice onirico che dilagante si comincia ad estendere via via sempre di più.
    In realtà nella sua vita ha già vissuto una situazione simile, ma a quel tempo tutto era più complicato.
    Muovendosi tra i vari sogni presenti cerca di aggirare quell'immensità, ma ovviamente non riesce a circoscrivere quel tessuto onirico esuberante. Cerca così di allontarsi da tutti i sogni, muovendosi in un'altra dimensione, ma ben presto si rende conto che la sua stessa essenza è stata contaminata. La situazione sta precipitando, insomma, e quanto prima deve comprendere ed arginare il problema.
    Se non è possibile circondare o distaccarsi da quel turbine sconfinato, allora, l'unica soluzione è gettarvisi dentro senza remore o rimostranze di sorta. Si lascia così inizialmente trascinare dal quel giogo, cerca di penetrare in quel Sogno così maestoso ed infinito e solo quando è certo che sia entrato in risonanza con lo stesso, lo interroga.
    In verità non è ancora riuscito a trovare il demiurgo onirico di questo mondo. Questa, viste le premesse, potrebbe essere la volta buona.
    Chi sei?
    Che cosa sei?

    Domande lanciate nel gorgo.




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    Le tue domande si persero nel nulla. Un granello di sabbia lasciato cadere nell’oceano avrebbe sortito un effetto più vistoso. Nessuno ti rispose… forse perché nessuno riusciva a sentirti. Cercare di sovrastare quel rombo dimensionale era un’impresa impossibile anche solo da pensare. Era un rumore assordante, talmente pervasivo che la gente comune aveva finito per non sentirlo più. Era il rumore della realtà stessa, il mormorio dei piani dimensionali che sfregano, vibrano e s’intersecano in spazi al di fuori dell’immaginazione.

    La veemenza di quella visione ti spazzò via.

    Possibile che fosse successo davvero? Tu, il signore dei sogni, bandito dal tuo stesso dominio? Eppure la visione scomparve. La tua mente aveva scelto inconsciamente di rigettarla, come se fosse un organo trapiantato in un corpo incompatibile. Riuscisti tuttavia a restare agganciato mentalmente al sognatore che ti aveva ospitato. La tua conoscenza dei meccanismi mentali riuscì a carpire dei dettagli importanti dall’esterno di quel sogno tanto bizzarro. Notasti che quell’individuo aveva attivato degli insoliti flussi mentali – uno scienziato le avrebbe chiamate più propriamente “aree cognitive”. Quel genere di attività mentale era tipicamente indotta da sostanze stupefacenti particolarmente aggressive.

    Era sotto l’effetto di una droga, dunque?
    E allora perché l’allucinazione indotta non coinvolgeva i canonici canali sensoriali del cervello, ma piuttosto sembrava che ne avesse aperto uno ex novo?

     
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    Come un cane bastonato, Lazarus ringhiò e strattonò le catene. Poteva immaginare come si sentisse: tradito, preso per il culo, deluso da una figura che aveva eletto a modello di vita. Avrebbe potuto mentirgli, per risparmiarsi la sua bile, ma non l’aveva fatto. Così come quando l’aveva umiliato al casinò, anche stavolta voleva mettere le cose in chiaro con lui.
    La vita non aveva pietà per nessuno. Non ne aveva avuta per il Castigo, che a sua volta era diventato incapace di provarne. Quel ragazzo sperava di ricevere affetto e sostegno da qualcuno che aveva dimenticato come si provano queste emozioni. Impedito dalla sua aridità di sentimenti, a Bid’daum non restava che un metodo per inculcargli la lezione, l’unico di cui disponesse: le maniere brutali. La terapia d’urto.

    Quante volte gliel’aveva ripetuto?
    Non fidarti di nessuno.

    Nemmeno del tuo Maestro.

    Non voleva essere un modello per quel ragazzo, perché l’oscurità che aveva dentro era profondamente diversa dalla sua Tenebra. Poteva indicargli la strada, ma non l’avrebbe eclissata con la sua mole.
    Quindi sì, Lazarus, il tuo Maestro non è invincibile. Se lo fosse, quella lontana notte a Laputa avrebbe sbaragliato chiunque si fosse messo sulla sua strada. Avrebbe conquistato Merovish senza l’aiuto di nessuno, e poi l’avrebbe purificata tra le fiamme per puro capriccio.

    Lo lasciò parlare a briglia sciolta, capiva il suo bisogno di scaricare la rabbia. Lo vide farsi piccolo e insignificante, adagiato in modo scomposto sul pavimento come una marionetta a cui avevano tagliato i fili. Ironico come, non molto tempo prima, quell’aviatore - che era causa indiretta del loro dissidio - avesse assunto la stessa posizione al suo cospetto. Lo stesso portamento disfatto e miserabile che lui per primo aveva vissuto sulla sua pelle di ergastolano. La ruota del Destino girava per tutti, anche per una bestia come il Monocorno: da umiliato era diventato umiliatore. Ciò lo rendeva felice?
    Nemmeno lui riusciva a capirlo, nel groviglio della sua testa malata.

    In seguito gli riferì che Khatep sapeva in qualche modo che loro due si conoscevano. Ciò era veramente strano, dato che erano stati sempre attenti a non dare adito a sospetti. Come aveva fatto, quindi? Forse gliel’aveva detto un uccellino?

    Passò dunque ad esporre il suo nuovo piano d’azione. Il fatto che Lazarus volesse comunque renderlo partecipe aveva un che di positivo. Apparentemente il torto che gli aveva fatto il suo mentore non aveva reciso il legame che c’era fra di loro. In un certo senso, quell’incidente era stato un banco di prova per il loro rapporto di collaborazione sempre più intricato.

    […]

    Quando l’altro finì di esporre la sua strategia d’azione, il Kuthiano si chiuse nei suoi pensieri. Incrociò le braccia e rifletté. Gli stava chiedendo di togliergli il Marchio, l’unica garanzia concreta che aveva su di lui. Possibile che in realtà si fosse inventato tutto soltanto per spingere il Maestro a slegarsi da lui? Forse la delusione per ciò che aveva fatto con quel segreto era più cocente di quanto immaginasse. Abbastanza da spingerlo ad allontanarsi da quella scheggia impazzita che lo stava trascinando sul fondo dell’abisso. Quei sigilli gemelli rappresentavano il loro rapporto di allievo e maestro. Senza il Marchio sarebbero tornati ad essere due sciamani potenzialmente interessati a scannarsi a vicenda.

    Dopo un minuto intenso sollevò lo sguardo e iniziò a camminare verso il prigioniero. Aveva preso una decisione. Non proferì parola mentre si avvicinava. Il viso non tradiva nessuna emozione, come il capo incappucciato di un boia. Quando fu abbastanza vicino si abbassò verso di lui.

    Era giunto il momento di farla finita.

    « Bid.* »

    Toccò con l’indice il punto in cui Lee era stato marchiato, rilasciando il sigillo. In parallelo evaporò anche il doppio che aveva intarsiato sulla sua pellaccia. Anche i ceppi che lo inchiodavano al muro s’aprirono di scatto. Erano entrambi liberi, adesso. I loro poteri non avevano più nessun freno inibitore.

    « Non c’è più niente che ti blocca, adesso. Se vuoi farmi qualcosa, questo è il tuo momento. »

    Lo osservò, forse aspettandosi qualcosa… o forse no?


    *Nella lingua Kuthiana, “bid” è il lemma che corrisponde all’area semantica di “liberare”.
     
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    (Ti odio.
    Non credo di aver mai odiato così tanto qualcuno, prima d'ora. Disprezzo e indifferenza sì, ma mai questa cosa che brucia. Questa volontà di farti male per il puro gusto di vederti urlare.
    Forse perché l'odio è un sentimento più personale? Non puoi detestare qualcuno di cui non ti importa niente. E il mondo intero, per me, ha sempre avuto ben poco valore.

    Però mi importava di te...
    )



    Le critiche che Bid fa al mio piano hanno senso, ma mi limito a rispondere con un'alzata di spalle. So che il mio progetto ha dei buchi. Improvviserò al momento, suppongo. Il piano è flessibile, adattabile a diverse situazioni, e non deve necessariamente avere un senso.
    Tutto ciò che voglio fare è procurare il massimo Caos possibile.
    Perché?
    Perché posso.

    Nessuna paura, quando si avvicina. Mi toglie il marchio, e non avevo alcun dubbio che l'avrebbe fatto.
    Me lo doveva. Quello che non potevo sapere, è che avebbe fatto così male.

    «Ngh.»
    Mi mordo un labbro, strizzo gli occhi. Non è stato dolore fisico, ma uno strano... Shakeramento interiore; come se qualcuno mi avesse rimescolato l'anima con un cucchiaio e poi ne avesse bevuta un sorso. È come se mi avessero leso gli occhi, nel senso spirituale del termine. Sento ancora le anime, ma quella di Bid'daum non brilla più come prima.
    Il mio Maestro non mi è mai sembrato così lontano.
    Non so nemmeno se posso chiamarlo ancora così.

    Torno in piedi. Ginocchia che scricchiolano e schiena irrigidita.
    "Non c’è più niente che ti blocca, adesso." dice "Se vuoi farmi qualcosa, questo è il tuo momento."
    Mi piazzo davanti a lui.
    Sappiamo entrambi che ha detto una bugia.
    «Mi crede così stupido da attaccarla in fondo a una prigione piena delle sue guardie?» domando, inclinando il capo.
    Non è quello il vero problema. Se io lo attaccassi, lui mi polverizzerebbe in un attimo, e avrebbe vinto. Se riuscissi incredibilmente a ferirlo, avrebbe vinto comunque. Cadrebbe sorridendo, sapendo di aver creato un mostro suo pari.
    Se non faccio nulla, vince la consapevolezza di avere ancora un ascendente su di me.
    Non posso che serrare le nocche e continuare a odiare.
    «Non così. Non mi darebbe soddisfazione.» sibilo in un soffio.
    «Voglio uno scontro vero. In Arena Nera.»
    Scopro i denti macchiati di nero in un ghigno da iena.

    Gli do la schiena, massaggiandomi i polsi arrossati dalle manette.
    Voglio riempirli di tagli. È da tanto che non lo faccio, credo che mi farebbe stare meglio.
    «Se ha così tanta voglia di spifferare i segreti di Laputa in giro, perché non va a parlare con Lady Kalia?»
    Dai, vai a raccontare alla principessina azzurra che i suoi amichetti di Laputa sbriciolano anime per diletto. Sono sicuro che prenderà magnificamente la notizia.

    (Vorrei che potessimo andarci insieme; attraversare le porte di Lordaeron a testa alta e passo sicuro. Fianco a fianco, pronti a far casino.
    You and me against the world.

    Il mondo è stato così stronzo con noi. Lo so. Ma è davvero necessario infierire così l'uno sull'altro? Non possiamo non essere stronzi almeno tra noi?)
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    [Percezione pericoli, casting da tech ed evocazioni]

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    Venir rigettati da un sogno, per l'Eterno, è come perdere un pezzo di sè. Questa è la prova calzante che non ha ancora recuperato tutte le abilità di cui era dotato un tempo. Interrogare quella mostruosità infinita è stato completamente inutile. Anche lasciarsi trasportare dal suo gorgo mostruoso, inutile. Quindi come può arginare questo vortice di potenza?
    Sta cercando una soluzione, quando questa si impone.
    Viene semplicemente sputato fuori dalla sua stessa trama, dalla carne della sua carne, si sente nudo e solo.
    Eppure in questa estromissione forzata, artiglia quella mente Sognante e riesce a stabilire un flebile legame. Meglio di niente, in realtà. Diciamo che per ora si accontenta di questo filo loro che lo collega alla creatura in questione.
    Studia, nei limiti del possibile e delle sue conoscenze, la mente. Ha passato anni ed anni a cercare di comprendere le emozioni umane ed i meccanismi che vi sono celati dietro. Sembra quasi che il cervello di quella creatura sia illuminato da una serie di flash scoordinati, pizzicati da una mano invisibile che a random le attiva. Ha già visto quadri simili e ben ricorda poi i "trip" onirici in cui cadavano i soggetti che facevano abuso di sostanze. Certo, niente di così mastodontico.
    Questo necessariamente apre a diverse considerazioni. Il soggetto potrebbe essere si un drogato, ma indubbiamente di una qualche sostanza ben più potente di quelle conosciute. Si deve trattare di qualcosa che, magari, interagisce con i centri energetici dell'individuo e gli permette di scardinare la trama del reale e dell'onirico generando simili vortici.
    E' inutile dire che questa piaga va conosciuta e curata quanto prima.
    Morfeo si sente quasi contagiato, insozzato, da una simile possibilità.
    Quindi come risolvere la cosa?
    Ora che non è più in balia di quel mare infinito e caotico, ma che ancora è aggrappato alla mente del Sognatore, può utilizzare una delle sue abilità di psiomante. Richiama l'energia di cui è naturalmente dotato e la manipola per poter traslare quella che è la figura di uno dei suoi primi servitori: Abele. La creatura, un omettino simpatico e sorridente, incarna il potere delle Storie, della Prima Storia. In particolare la creatura è in grado di estorcere il vero attraverso le domande, ed infatti così farà.
    Come hai ottenuto un simile potere?
    Cosa hai preso?

    Adesso, quella risposta la pretende.




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    Abele: Morfeo, sfruttando della Sabbia del Sogno o semplicemente plasmando la sua volontà è in grado di richiamare nel piano reale quelli che un tempo furono suoi servitori. Nello specifico il Signor del Sogno richiama a sè una trama purissima composta da puro Sogno. In particolare questa creatura è Abele, vittima della Prima Storia. Costrui è detentore di segreti raggiungibili dalla coscienza umana attraverso il Sogno. Utilizzando questa evocazione Morfeo è in grado di strappare un segreto alla mente del bersaglio. Abele, infatti, porrà una domanda ed il bersaglio verrà forzato a rivelare la verità. [Attiva - Consumo Medio]

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    Il potere non rispose alla tua chiamata. L’acreacciaio di cui erano composti i ceppi inibiva ogni trasformazione del mana, cosciente o inconsapevole che fosse. Nonostante ciò, il tuo desiderio di conoscere ruppe la barriera che ti separava da quella mente.

    Scampoli di ricordi ti sfiorarono in modo disordinato. Vedesti un Distretto del Bazar affollato di gente. Poi un vicolo nascosto. Una mano stava passando un minuscolo sacchetto contenente la droga. Cambiò la scena, sentisti nell’aria un salmodiare liturgico, ammaliante come il canto sussurrato di una madre al suo bambino. Quelle parole ti facevano sentire al sicuro. Disperdevano al vento la tua identità, amalgamandoti in un fronte indistinto di fedeli. L’odore dell’incenso era inebriante. C’erano degli uomini con degli alti scettri in mano, tutti vestiti allo stesso modo: le vesti arabeggianti erano chiare e ne celavano il volto.

    In mezzo a loro c’era una donna.

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    Era giovane, bellissima, i suoi occhi da cerbiatta erano tanto amorevoli quanto persi nel suo credo. Era inavvicinabile da voi, povere pecore smarrite. Ma le sue carezze riuscivano a raggiungere ogni spirito.
    Lei era il fulcro di tutto. Lei portava il fardello più pesante.

    Solo lei vi avrebbe salvati tutti.

    Fine del sogno

     
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    A differenza sua, Lazarus aveva un controllo maggiore sulla rabbia. Fosse stato al suo posto, probabilmente un pugno l’avrebbe mollato, a prescindere dalle guardie, a prescindere da tutto. Gli sarebbe servito soltanto come valvola di sfogo. L’altro scelse invece di custodire quell’odio, affossandolo in profondità per farlo suppurare. In quei deboli occhi cerulei intravedeva un’ombra di perfidia che aveva imparato a riconoscere guardandosi allo specchio. Ma l’albino era ancora troppo giovane: il Kuthiano si era ridotto così solo dopo aver trascorso una vita intera a covare astio. La metamorfosi del suo animo seguiva comunque dei ritmi straordinariamente rapidi. La Tenebra chiudeva sempre di più quel cuore nella sua morsa, come se la sua fame crescesse esponenzialmente ad ogni brandello d’umanità che strappava.

    A sorpresa, l’allievo rilanciò la sfida su di un palcoscenico ben più celebre: l’Arena Nera.
    Stranamente incassò in modo bonario l’affronto. Chiuse gli occhi per un attimo, accennando un sorriso di comprensione.

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    « Una sfida in casa mia? »

    Doveva averne di coraggio, il piccolo spiritista. O forse non si rendeva conto di quanto fosse serio ciò che aveva buttato lì con un volgare risolino. Nel dubbio gli avrebbe lasciato un po’ di tempo per rifletterci.

    « Torna da Laputa vittorioso e accetterò. »

    Doveva prima dimostrargli di potersela cavare con le sue forze in pieno territorio ostile.

    « Non ti preoccupare di quello che farò io: presto tutto il mondo saprà. »

    Era inevitabile. Lo sapevano entrambi, fin dal giorno in cui Lazarus gli aveva fatto quella confidenza.

    « Se non c’è altro, darò l’ordine di liberarvi. Questa potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo… te la senti di lasciarmi una frase melodrammatica? »

    Avrebbe voluto dirgli di più, senza ironizzare in un momento così delicato, ma non ne era capace. Il mondo era stato crudele con loro due. Li aveva creati così simili, ma non gli aveva dato la facoltà di potersi confidare a vicenda. Legati ad estremità opposte, i loro spiriti potevano scrutarsi a vicenda ma non abbracciarsi.

    Eppure, nel suo sadico piano, il mondo aveva commesso un grave errore: aveva permesso che s’incontrassero.
    Nel silenzio bastava uno sguardo perché due mostri riuscissero a capirsi.

     
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