Once upon a midnight dreary...

Dopo una lunga passeggiata nel Latifondo, Laputa comincia a non dispiacerle più di tanto. Sente ancora profondamente la mancanza di casa, certo, ma almeno non può dire di essere capitata in un luogo orribile e inospitale. Provenendo da una città portuale non è abituata a vedere così tanta vegetazione tutta insieme, per di più curata e ben tenuta; ha anche imparato i nomi di alcune piante che le erano fino ad oggi sconosciute, per fare un esempio. Di alcune ha annusato più e più volte il profumo, cercando di imprimerlo nella memoria. Girovagare senza meta per il Latifondo le ha permesso di mettere da parte la malinconia, seppure per un lasso di tempo limitato.

Trasportata un po' dal caso e un po' dai suoi pensieri ha finito con l'attardarsi, perdendo un po' la cognizione dello scorrere delle ore. Il sole è tramontato da un pezzo, quando arriva in un luogo francamente lugubre e poco invitante. Sebbene lo stia visitando al buio è piuttosto sicura che si tratti di un cimitero. Non è pronta a metterci la mano sul fuoco, però: ha imparato in pochi giorni che su Endlos quasì nulla si rivela essere ciò che sembra.
Così cammina, facendo attenzione a non urtare nulla. Orientarsi di giorno non le riesce bene, al buio non ne parliamo proprio. Per quanto non si senta a suo agio decide comunque di dare un'occhiata in giro. Così, per suggestione. Visitare un cimitero di giorno è un'esperienza abbastanza sterile.

Ci sono diversi spiriti che aleggiano tra le tombe, non tutti sembrano incuriositi dalla sua presenza. Saluta con un cenno del capo quelli che si voltano nella sua direzione, senza trattenersi più del necessario. La sua attenzione è dedicata al percorso che i suoi piedi stanno seguendo. La prudenza prima di tutto. Non vuole inciampare in una tomba, fratturarsi qualche osso o - peggio - far imbestialire qualche spettro.

Quando alza la testa per guardare avanti nota qualcuno seduto su una panca, che sembra sia occupato a leggere. È piuttosto sicura si tratti di un essere umano, e non di uno spirito. Sarebbe difficile per un'appartenente a quest'ultima categoria reggere un libro. O stare seduto, per dirne una. Brutta faccenda l'incorporeità.
« Mi scusi? » azzarda, cercando di rendere nota la propria presenza in maniera delicata, senza far venire un infarto a nessuno. Lei stessa si porta una mano al petto, quasi spaventata dalla sua stessa voce. « Saprebbe dirmi dove ci troviamo? » domanda curiosa, avvicinandosi di qualche passo ma tenendosi comunque a distanza di sicurezza. Si tratta di un uomo che legge di notte in un cimitero, non può essere certa che sia innocuo. Si sta decisamente pentendo di non aver imboccato la via del ritorno prima.

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Attende risposta in silenzio, cercando di non fare troppo caso agli occhi che si sente puntata addosso. Spettri a parte, c'è una statua in marmo dai lineamenti femminili che pare fissarla con le sue orbite di marmo. Non è in grado di determinare se l'effetto sia stato voluto da chi l'ha scolpita all'epoca, in ogni caso è inquietante e quanto mai adatta a restare in un cimitero. Posa il proprio sguardo sulla figura dell'uomo, distinguendo un cenno di saluto. Non vede le sue labbra muoversi, ma può distinguere una sorta di bisbiglio, come una cantilena enunciata sottovoce di cui però non afferra il significato.
Fa caso solo successivamente alla particolare apparenza del tomo che questi tiene sulle gambe. Il volume sembra emettere una sorta di ... luce, un bagliore fioco che oscilla come la fiamma di una candela esposta al vento.

Non dice nulla al riguardo, per quanto abbia voglia di saperne di più. Teme di poter risultare un po' invadente, se non peggio. Non è detto che l'altro sia al corrente della condizione del suo libro, e potrebbe finire addiruttura con il considerarla leggermente fuori di testa. Lei stessa ha dubitato più di una volta della propria sanità mentale durante i giorni trascorsi su Endlos. Per quanto l'intera esperienza appaia reale e concreta, a conti fatti si è resa conta di non aver ancora accettato il cambiamento. Evitare di pensarci non fa sparire il problema, che sedimenta giorno per giorno senza trovare soluzione.

« No, infatti. Diciamo che ci sono arrivata per caso. » risponde, stringendosi nelle spalle, avvertendo come un brivido di freddo. Colpa forse dell'umidità calata durante la notte, oppure delle vibrazioni negative che il posto sembra emanare. Di solito evita certi contesti lugubri come fossero malattie infettive.
« Lei invece? Ci viene spesso? » indica timidamente con i pollici il panorama, occhieggiando a destra e a sinistra come per nascondere la nota incredula che la voce denota. Non sta giudicando le scelte di vita dell'uomo che le sta di fronte, poiché non si trova affatto nella posizione per poterlo fare; non le condivide, ecco. A ognuno il suo.

Tutta la situazione la mette un tantino a disagio. Quando si trova a dover conversare con qualcuno preferisce sempre che il tutto accada in un luogo affollato, familiare e che non la faccia sentire poco sicura. I momenti di silenzio in questo posto le fanno quasi battere i denti in bocca. Anche il nome è inquietante. 'Giardino dei dimenticati'. Le viene spontaneo considerare se anche a lei non toccherà la medesima sorte di chi è stato sepolto in questo cimitero. Magari questa stessa notte.

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Stringe le mani in due pugni per nascondere il tremore che le scuote le dita. Ovviamente per via del freddo, sì. Non sa bene per quanto ancora riuscirà a sorridere e mantenere la calma. Un'ispirazione, dice l'altro, e Yana non può fare a meno di chiedersi cosa si senta ispirato a fare. In particolare quando si alza dalla panca, per poi muovere qualche passo nella direzione della ragazza. Se non indietreggia è solo perché si sta aggrappando disperatamente all'ultimo briciolo di dignità che le resta. Ci tiene a sottolineare che è pronta a mollare anche quella, nel caso le cose dovessero mettersi male.

« Non ho un buon rapporto con l'oscurità e i luoghi poco affollati. » si porta una mano all'altezza della nuca, chinando lo sguardo imbarazzata. Verrebbe da obiettare che forse, sarebbe stato il caso di pensarci prima di avventurarsi nel Latifondo dopo il calare del sole. Non la sua idea più brillante, questo è pronta ad ammetterlo senza problemi. Lascia sottintesa la parte in cui conferma che sì, si sente estremamente a disagio. In pericolo, pure, ma questo evita di menzionarlo.

« Oh, il mio nome è Yana, a proposito. » accenna un saluto con il capo quando si presenta, come se stesse cercando di ricordarsi come si fa. In più, è un modo come un altro per cambiare la direzione che la conversazione sta prendendo, spostandola su toni per lei meno inquietanti. Non le vengono altre parole adatte per descrivere la situazione, in effetti. Anche questo evita di dirlo ad alta voce. Lungi da lei voler offendere lo sconosciuto che si ritrova davanti. Chissà come potrebbe reagire, tanto per dirne una. Non ha assolutamente voglia di scoprirlo. Ci tiene a tornare all'Albero Casa tutta intera, possibilmente senza traumi psicologici permanenti.

Ci mette un po' di tempo per racimolare il coraggio di alzare lo sguardo e puntare gli occhi sul proprio interlocutore. Arriccia le labbra, indecisa su come procedere. Se da un lato nutre il desiderio di coprire il silenzio a tutti i costi, dall'altro vuole dare modo all'altro di esprimersi. Magari non è così ... così minaccioso come sembra. Non può distinguerne le fattezze nella semioscurità, certo, ma forse così è anche peggio. C'è margine per l'immaginazione, che nel suo caso è naturalmente portata a figurarsi gli scenari più allarmanti. Dritta come un fuso per via della tensione, deglutisce a vuoto. Non le piace l'idea di aver dovuto rivelare il proprio nome, ma al momento non le vengono alla mente altri spunti che non siano domande legate alla situazione attuale.

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Deve mordersi la lingua per trattenersi dal commentare. Agire con cautela è al momento in cima alla lista delle sue priorità, per quanto le dispiaccia dover rinunciare a uno scambio di battute sarcastiche. In un altro posto e un'altra ora non si sarebbe di sicuro risparmiata.
Cerca di rimanere ben dritta, anche quando l'altro si avvicina di nuovo. Sorregge una torcia che lo illumina parzialmente, abbastanza da evidenziarne grosso modo le fattezze. Un uomo di bell'aspetto con un portamento elegante, non dissimile da altri visti nella sua città natale. Il suo sguardo è vuoto, privo di luce propria, e questo dettaglio basta e avanza a differenziarlo da qualsiasi altra persona incontrata nel corso della sua relativamente breve vita.

Quando Sionn si presenta a sua volta cerca di prestare particolarmente attenzione alla pronuncia del suo nome, così da fissarla mentalmente come si deve. È un trattamento che riserva a tutti i nominativi stranieri che le risultano poco familiari; è un ottimo esercizio di memoria, che non manca mai di tornarle utile. L'invito a cercare un posto frequentato più da persone in carne e ossa che spiriti la fa sorridere. Considerati il posto in cui si trovano e l'ora, dubita che nei paraggi ci siano persone vive intente a passeggiare in un cimitero. Oltre loro, s'intende.

« Potrebbe accompagnarmi all'uscita, se non è chiedere troppo? Non sono sicura di saper ritrovare la strada, al buio. Ho un pessimo senso dell'orientamento. » una mezza bugia, a dire il vero. Con un po' d'impegno potrebbe percorrere i passi fatti per arrivare dov'è adesso a ritroso, continuare per tentativi e senza dover necessitare di indicazioni. Per quanto non sia del tutto sicura che l'altro non costituisca una minaccia, prova comunque una certa curiosità nei suoi confronti. In più l'idea di camminare non le dispiace. Se dovesse avere bisogno di scappare sarebbe più semplice farlo mentre sono entrambi in movimento.

« Mi dispiace di aver interrotto la sua lettura. Sembra un tomo interessante. » china appena il capo, in segno di scusa, cogliendo l'occasione per lanciare un'occhiata rapida al volume in questione. Un altro punto su cui le piacerebbe far luce, e non con una torcia. Chissà se l'altro si è accorto del fioco bagliore che il libro emana?

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Pensa che il tempo trascorso nel cimitero sia più di quello considerato sufficiente, ma evita di esternare tale considerazione a parole. Chissà da quanto tempo è lì, quel tipo strano; gli concede il beneficio del dubbio, non facendo ipotesi al riguardo. In qualche modo sente che saperlo servirebbe solo a farla sentire ulteriormente angosciata. Restare ferma quando l'uomo si avvicina ancora, poi, richiede un buono sforzo, nonché una certa concentrazione. Che abbia finalmente deciso di aggredirla?

È sollevata quando le parole che l'altro le rivolge riportano l'attenzione sul libro e non sul suo tentativo di fuga malamente camuffato. Niente che abbia a che fare con quel volume fa pensare a qualcosa di 'semplice'. Le sembra un modo come un altro per minimizzare al fine di nascondere informazioni importanti. 'Fortunatamente' per Sionn al momento la ragazza è molto più interessata alla propria sopravvivenza che alla storia del suo tomo di magia. Poco le importa di approfondire la questione, se questo significa velocizzare il rientro all'Albero Casa. Un piccolo sacrificio per un bene superiore.

« Magia, dice? » allunga con circospezione la propria mano per incontrare quella che le è stata offerta. Cerca di non fare troppa pressione o stringere più del necessario, si sente già abbastanza imbarazzata. Nel giorno di pochi giorni ha avuto modo di farsi scarrozzare in giro da ben due gentiluomini, o presunti tali. Si tratta di stringere i denti e resistere. Non può permettersi il lusso di ribattere come vorrebbe, né di rifiutare la sua compagnia. È stata lei la prima a cercarla, in fin dei conti; tirarsi indietro adesso potrebbe rivelarsi pericoloso, oltre che scortese. A voler essere sinceri, l'educazione non rientra fra le sue priorità, per il momento.

« Su Endlos sembra essere assai diffusa. Da dove provengo io non è molto praticata. » spiega, con tono leggero che tradisce una certa agitazione. Fare conversazione l'aiuta a focalizzarsi su qualcosa di concreto che le permetta di ignorare tutto ciò che le sta intorno e che potrebbe contribuire anche solo minimamente ad alimentare le sue insicurezze. In secondo luogo è il metodo migliore per evitare il silenzio. Non è sicura di poterlo sopportare, ora come ora.

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Ancora una volta ha bisogno di prendersi un attimo per evitare di commentare come vorrebbe. Inspira, serrando le labbra immediatamente dopo in una smorfia corrucciata. Tutto sommato non ha fatto mistero del suo stato d'animo; la paura e il disagio di cui Sionn parla sono evidenti nella postura e nell'atteggiamento dimesso della ragazza. Anche un cieco potrebbe percepire l'insicurezza della sua voce.
Forse è lei che sbaglia a sentirsi fuori luogo, magari per gli abitanti di Endlos girovagare di notte in un cimitero che pullula di spiriti equivale a una passeggiata in un campo fiorito in un giorno d'estate. Alla fine in entrambi i contesti si può passare il tempo a raccogliere fiori. In qualche modo tutto ciò che Yana desidera al momento non ha nulla a che fare con l'apprezzamento del paesaggio naturale. Nella sua mente c'è posto solo per la sicurezza dell'Albero Casa, e tutto ciò che al momento sta cercando di fare è accelerare il processo di ricongiungimento con il proprio letto. Rigorosamente da sola, sia chiaro.

« Sì, in verità non mi sento tranquilla. » risponde, sforzandosi di mantenere ferma la voce. Che ci riesca o meno è un altro conto. La mano dell'uomo che stringe la propria non l'aiuta a recuperare la lucidità, questo è poco ma sicuro. Anzi, non fa altro che alimentare quella sensazione di smarrimento che prova di fronte alla stranezza dell'intera situazione.
« Solitamente se posso cerco di evitare i luoghi bui e suggestivi come questo, specialmente quando il sorgere del sole è così lontano. » continua, cogliendo la palla al balzo. Magari può cavarsela stando al gioco, se si ignora il contorno. Con la mano libera aggiusta una ciocca di capelli, passandola dietro un orecchio così che non le dia fastidio sfiorandole il viso in continuazione. È un'ottima scusa per spostare lo sguado così da fuggire quello del proprio interlocutore. Una tattica alla base del manuale di sopravvivenza per disagiati sociali. Per fortuna che se n'è ricordata.

« Meno male che non sono da sola, eh? » si sforza di ridacchiare, e può solo augurarsi che quel momento di leggerezza serva a rilassare l'atmosfera. Non è sicura di riusire a tergiversare ancora per molto, ma si sta impegnando seriamente per riempire la conversazione almeno fino a quando non raggiungeranno l'uscita.
Sgrana gli occhi nello stesso istante in cui realizza la possibilità che Sionn non la stia affatto conducendo fuori dal camposanto. Deve farsi forza e cercare di comportarsi con naturalezza. Ha fatto tanto per non cadere preda dell'ansia e in qualche modo non può arrendersi adesso.

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Espira sollevata non appena la mano di Sionn lascia la propria, cercando di non darlo troppo a vedere. Sente uno strano formicolio che le solletica i polpastrelli ora che sono liberi da ogni vincolo. Non che l'uomo abbia esercitato chissà quale pressione sulle dita della ragazza, è più una faccenda psicologica. Non serve a nulla la vuota rassicurazione che l'altro le offre, sul come non debba aver paura; se possibile l'effetto che tali parole procurano è quello di acuire ancora di più l'agitazione che sente.

Si sono fermati di fronte a una piccola costruzione votiva in marmo, la cui caratteristica principale è sicuramente la scultura dalla fattezze femminili che si erge come unico elemento verticale rispetto al piano della lapide. Il profumo dolciastro emanato dal braciere contrasta nettamente con l'atmosfera rievocata dalla tomba. Può sentire il calore batterle sulle guance come una presenza viva. Fa un passo indietro con uno scatto improvviso, nel momento in cui si accorge dello spirito che se ne sta disteso nel luogo in cui il corpo che un tempo occupava è stato sepolto, come fosse quasi prigioniero della concretezza del mondo dei vivi.

Sionn: "Se lei è avvezza all'arte sicuramente conoscera un poema... Gli Spiriti dei Morti. Ma anche non lo fosse, lei li conosce in prima persona, mi azzardo a chiedere?"

Deglutisce a vuoto un paio di volte, il tempo di riorganizzare i pensieri digerire ciò che le è stato appena detto. Se il suo interlocutore è stato in grado di riconoscere le sue capacità, vuol dire che forse anche lui le condivide? Stringe le mani in due pugni speculari, spingendo le unghie contro la carne fino a far male.
« Non conosco l'opera di cui parla. » accenna timidamente, dopo aver trovato il coraggio di prendere parola. Solleva il capo, prima di continuare. « In quanto agli spiriti ... sì, si può dire che tra me e loro ci sia una certa correlazione. » il suo tono si fa mano a mano più risoluto, fino a che la determinazione le raggiunge anche lo sguardo. Ha tutta l'intenzione di capire dov'è che Sionn abbia intenzione di andare a parare. Non vuole domandarlo esplicitamente, quindi prima di aprire bocca ha bisogno - ancora una volta - di prendersi qualche secondo per rimuginare.

« Come ha fatto a capirlo? » un quesito un po' scontato, dalla cui risposta può però capire molte cose sull'intera situazione. Se entrambi possiedono capacità affini, forse anche lei potrebbe riuscire a sfruttare i suoi poteri per dedurre simili informazioni. Non è abituata a farci caso ma, magari, tutto ciò che le serve è fare esercizio. Tutto si può trovare se si sa dove cercare, in fondo.

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