Lo è. Il Maelstrom. Il vortice dimensionale, il mulinello dell'esistenza. Respirò a fondo dal naso, i denti erano serrati. Non l'aveva mai visto prima. Non da cosciente, almeno. Per anni ho inseguito il fantasma della mia terra. Il Maelstrom. Una forza incomprensibile ai limitati sensi umani, che tempo addietro strappò Aristotelis Skotos alla sua amata Grecia, proprio mentre era intento a difenderla dall'odiato nemico persiano. In cuor mio so bene che i miei sogni sono infondati, che non v'è possibilità di tornare a camminare sulle strade della Tessaglia. La battaglia di Maratona... Chissà come s'era conclusa? Tremava alla possibilità di una sconfitta. Anche Aítnē aveva sempre taciuto, pur potendo percepire la cocente curiosità del greco. Forse non voleva infliggergli un dolore troppo grande? Eppure eccomi a fronteggiare il gorgo che mi ha tolto tutto, le correnti che mi hanno regalato una nuova vita. Da quando erano giunti in prossimità del Maelstrom, l'Eversore non aveva fatto altro che osservarlo con occhi sgranati, come un ossesso. Era meraviglioso e terribile. Scosse il capo. Basta con le chiacchiere. Raccolse i pezzi della Sacra Armatura, e incominciò ad indossarli con accortezza e reverenza. Ogni parte allacciata era uno scoglio che si ergeva a difesa della tempesta, un muro pronto a proteggere Ariste dall'incertezza che poteva tornare da un momento all'altro. Era risoluto, l'oplite, ma anche il più coraggioso degli eroi avrebbe avuto ripensamenti. Completò la vestizione in religioso silenzio, lasciando la pettorina per ultima. Si crogiolò per pochi secondi appena, specchiandosi in essa e osservando il riflesso dorato del suo volto. L'emozione era incredibile. Sono pronto, o Dio. Si cinse il capo con l'elmo e batté un pugno sul petto. Andiamo.
Non ho la revisione pronta, ma in ogni caso avrò tempi di risposta estremamente variabili e certamente enormi, soprattutto ora che devo laurearmi. Detto questo, let's roll.