[QUEST] Quarion l'Enigmista

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    POV: Jester.

    -Plop-

    Tutto inizia in questo modo, con una goccia che cade dal soffitto umidiccio, finendo sulla tua faccia. Ti sei appena destata e sei sola: guardandoti attorno scopri di essere finita nella stiva di qualche nave, e nemmeno fra le migliori. C'è muffa, un'umidità tale da rendere difficile la respirazione, il legno su cui poggia il tuo corpicino è palesemente marcio... ed a proposito del tuo corpo: gli abiti da giullare che spesso indossi sono scomparsi, sostituiti da una bizzarra tenuta da marinaretta.
    Una marinaretta un pò osè, a dirla tutta: nonostante tu non sia mai stata arruolata sei abbastanza convinta che non possano esserci in alcun modo gonne così corte fra le tenute militari, a meno che non ci si trovi in qualche puntata di Sailor Moon.

    Ma questo, purtroppo, non è nemmeno la parte peggiore. Il vero problema è che non hai la minima idea del modo in cui tu sia arrivata a quel punto, vestita in quel modo imbarazzante, e di come ti sia addormentata. Quando provi a fare uno sforzo per ricordare ti vien solo un orribile mal di testa e la vaga immagine di Drusilia, l'Alfiere del Presidio Errante.
    Nient'altro, solo buio.

    Ma non puoi certo rimanere lì a perdere tempo, no?
    Nel caso ti lanciassi alla scoperta di quel postaccio scopriresti innanzitutto di essere sola... e che non ci sono uscite. O per meglio dire: una c'è, almeno pare, ma è una botola aperta su quello che dovrebbe essere il mare sottostante. Potresti lanciarti e provare a uscire, se solo il mare fosse fatto d'acqua. Però si da il caso che sia un acido altamente corrosivo: per come è costruita la base della nave, saresti costretta ad immergerti e ti scioglieresti completamente prima di arrivare nuovamente in superficie.

    Che fare a quel punto? Continuare a guardarsi intorno, ovvio.
    Gironzolando in cerca di qualche indizio, troveresti solo cordame in canapa, qualche telo di lino, una grossa ancora, una decina di arpioni ammassati ad un angolo e casse, tante casse, contenenti una scorta di cibo che ti sarebbe certamente bastata per qualche giorno. Però manca l'acqua potabile. Peccato.

    Sembra davvero che tu sia finita prigioniera di qualche pazzo e non possa uscire in alcun modo! Lo pensi realmente... finchè non alzi gli occhi al cielo, dove al risveglio ti aveva colpita una goccia.

    Anche il soffitto è di legno marcio.
    Ma noti una scritta, impressa con quello che sembra a tutti gli effetti del sangue.

    Piccolo marinaio che cerca la Salvezza.
    Gettala se ne hai bisogno:
    la riprenderai quando non ti serve.


    Ecco l'indizio che cercavi!
    Un... indovinello? Beh, ti dà speranza anche se ha tutta la parvenza del gioco macabro di qualche psicopatico. Peccato che tu, al momento, non abbia alcuna scelta. Devi sottostare alle regole del gioco se vuoi salvarti.

    png


    POV: Xavier.

    Si dice che per fare bei sogni sia necessario dormire su materassi morbidi e soffici e calde coperte. Xavier non ha nè l'uno nè le altre, ed è forse per quello che si sveglia: come la Principessa sul Pisello qualcosa di duro ha disturbato il suo sonno, infilandosi fra le chiappe. E no, non è ciò che credono i maliziosi: si tratta di una chiave d'oro.

    Come diavolo è finita una chiave d'oro sotto di lui? Beh, dovrebbe chiederselo anche per il resto di monete d'oro che gli fanno da giaciglio. Monete e pietre preziose ad esser precisi, raggruppate da vari oggetti ammassati sul perimetro di quell'opulento ed irrealistico talamo, quali calici, posate, piccole statue di donne discinte, colonnine spezzate e lamine varie. C'è anche un oggetto dalla forma vagamente fallica, ma non ti è ben chiaro a cosa serva. Al più lo puoi intuire.

    Ti guardi intorno: non hai idea di come tu sia finito lì ma non riesci ad essere completamente dispiaciuto della cosa. Non con tutto quell'oro. Probabilmente ti faresti prendere dall'euforia, ma qualunque sensazione proverai, verrà comunque smorzata dall'orribile scoperta di essere nudo. Non completamente... un pò.
    Indossi un bikini. Da donna.
    Fatto di banconote.
    ...già.

    Brutta situazione, davvero. Disagio a parte, convieni che è meglio dartela a gambe: considerando la malizia insita nel tuo essere, i tuoi vestiti ed il fatto che non ricordi come diavolo sei arrivato a quella situazione... ragionare sull'accaduto ti fa venire in mente solo dinamiche bruttissime.
    Fai per lasciare il deposito ma scopri che la porta è bloccata. In compenso, prima di essa, c'è una specie di altorilievo d'oro raffigurante una testa femminile con la bocca aperta ad imitare una "o". E si, sembra proprio quello.
    Forse devi infilarci qualcosa dentro come offerta per passare.

    Prima entro, poi apro.
    Sono la tua
    Salvezza.


    E' scritto col sangue proprio sopra di essa.
    Inquietante, ma è un indizio.
    Se risolvi l'enigma magari riesci a salvarti.

    png


    POV: Casanova.

    Non c'è nulla di meglio di uno splendido sogno: sei in un locale di Istvàn, circondato da belle persone. I tuoi occhi si posano su una donna. E' bellissima; la sua immagine è un pò soffusa e non riesci a distinguere bene i colori, ma è prepotente la sensazione di essere così attratto da lei da non riuscire in alcun modo a staccarle gli occhi di dosso. I vostri sguardi, in un attimo fugace, si incrociano. Lei si alza e tu la segui. Poi il buio.
    E la luce.

    Ti ritrovi in una stanza ben tenuta. I muri sono ricoperti da una carta da parati molto elegante impreziosita da disegni raffinati, anche se i colori sono abbastanza scuri per mettere il buonumore. Viola, per l'esattezza, sporcato da ghirigori d'argento e neri. La mobilia è di legno intarsiato, anche questo dalle tonalità scure: su di essi le vetrate sono composizioni di frammenti colorati ispirate a qualche cattedrale.
    C'è un forte profumo di incenso; levandoti dalla scrivania su cui eri adagiato al tuo risveglio ti incammini verso la fonte del profumo lungo un breve corridoio per poi finire in quella che deve essere la sala principale.
    Ci sono delle bare, dei crocifissi ed altri simboli di cui ignori completamente la provenienza. Come in un incubo, all'inaspettata consapevolezza di essere da solo in un posto in cui non puoi in alcun modo essere arrivato di tua volontà, si aggiunge anche la beffa: portandoti le mani al petto scopri che gli abiti non sono i tuoi... ma una toga nera da becchino lunga fino alle ginocchia. Abbassi lo sguardo, terrorizzato, e sotto la toga hai delle autoreggenti nere. Ricamate. E degli stivaletti neri.
    Panico.

    Dalla sensazione di costrizione hai il sospetto di indossare anche un perizoma, ma non sai nemmeno tu se vuoi davvero indagare. Esattamente come non vuoi sapere in che modo balordo sei finito in quella situazione ridicola ed al tempo stesso spaventosa: preso dal panico potrai anche cercare altri abiti, ma non troverai nulla nei mobili. E' tutto vuoto, esattamente come quel piccolo ufficio. Le finestre sono sbarrate e la porta pare sigillata: è in quel momento che realizzi di essere prigioniero.

    Ma questo non basta per fermarti, plausibili crolli emotivi a parte, prima o poi inizierai a cercare un modo per architettare la tua fuga prima che sia troppo tardi. Guardi in giro ma non trovi nulla... a parte un libro di preghiere adagiato sulla scrivania su cui eri disteso. E' vuoto, ma sfogliandolo troverai in una pagina una scritta rossa che non presagisce nulla di buono.

    Chi guadagna con la Morte ben lo sa:
    la
    Salvezza lui la vede. Se la compra non la usa.
    Se la usa non la vede... ed ha vinto questo gioco.


    Sembra un enigma... e sembra scritto nel sangue.
    Non ci vuole un genio per capire che qualcuno stia giocando con te in questo momento.
    E tu sei costretto a giocare.

    png


    POV: Razor.

    Si dice che i risvegli peggiori siano quelli dovuti al frastuono della guerra: palazzi bombardati, rumori di mitragliatrici, gente che urla e la terra stessa che trema. Il tuo risveglio non raggiungerà mai questi livelli, ma l'esplosione e la terra che trema le senti eccome.
    Appena sollevi il capo e ti guardi attorno realizzi immediatamente che c'è stata una frana, e tu sei rimasto chiuso in una grotta. E non ricordi nemmeno come ci sei finito, nella grotta: se provi a pensarci ti viene un mal di testa insopportabile.
    Bello schifo.

    Le esalazioni di polvere sono più fastidiose del solito a causa dell'ossigeno scarso e sei infastidito dall'umidità che ti fa sudare orribilmente. Quella e l'olio di cui pare tu sia unto completamente; ti tocchi il torso nudo per accertartene, perplesso, ma per quanto sia strano non puoi che confermare quel sospetto. In compenso scopri di avere le bretelle... legate ad un pantaloncino corto, stropicciato e palesemente inutile per un minatore, al punto da ricordare tanto quelli indossati dagli spogliarellisti. A proposito di spogliarellisti: a farti caldo sono anche un bel paio di baffoni finti, incollati sotto il tuo naso; qualora provassi a staccarli scopriresti che non puoi. Sono stati attaccati con qualche super-colla e ti serve un medico per risolvere il problema senza farti malissimo.

    Ma il medico non c'è, sei completamente solo in compagnia di roccia e pietre. In compenso non ti ci vorrà molto per trovare una scritta, proprio dove eri disteso. Sembra fatta di sangue ma non è il tuo. Inoltre ogni parola è stata disposta su una pietra diversa dalle altre. Pietre troppo precise... e ben separate le une dalle altre. Sembrano bottoni.
    Strano.

    Ci sono tre errori su qeste pietre.
    L'erore è umano.
    A volte è
    Salvezza.


    Questo recita l'indovinello e deve in qualche modo suggerire il modo per scappare da quel postaccio. Non potresti fare molto altro per fuggire, infondo.
    Perchè non provare a risolverlo?

    Quest Master's voice

    Benvenuti alla mia Quest survivor-horror-hot.

    :megusta:

    Dalla tipologia, tralasciando l'horror e l'hot di cui avete appena avuto un assaggio, spiego brevemente perchè ho scritto "survivor".
    Non è detto che qualcuno superi tutte le prove. Inoltre non sapete cosa ho riservato come "pena" per il fallimento di ciascuna prova. Ci sono prove più tranquille (tipo questa) dove il non rispondere correttamente non vi farà semplicemente andare avanti e vi terrà prigionieri. Altre in cui ci sarà un numero prestabilito di tentativi che a volte non conoscerete. Quindi vi chiedo di riflettere a lungo su quello che fate.

    Detto ciò, non c'è molto da aggiungere a parte che al momento disponete di tutti i poteri ma falliscono ad ogni tentativo di fuga che non sia la soluzione dell'indovinello. Piccolo suggerimento: non vi servono abilità o tecniche per scappare.

    Detto ciò, buon gioco.
    Siete liberi di interpretare i vostri pg come meglio credete.

    Scadenza: 29 Aprile (compreso).
    Buona fortuna!



    Edited by Drusilia Galanodel - 19/5/2015, 18:45
     
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    La coscienza scivolò addosso a Jester nella semplicità di una goccia d’acqua e per risposta a quello stimolo gli occhi d’onice si spalancarono svelando i contorni di una stanza semibuia. Confusa la dama abbandonò la posizione accoccolata alzandosi dal suo giaciglio di legno marcito per visitare il luogo che la stava imprigionando. Le forme si fecero sempre più nitide man mano che la giovane compieva la sua perlustrazione. Così la Hunter comprese di trovarsi rinchiusa nella stiva di una nave, tuttavia non riuscì a riportare alla mente annebbiata come vi fosse arrivata. Tutto ciò che ricordava era l’immagine confusa di Drusilia che si dissolveva nel dolore di un mal di testa opprimente. Nonostante quell’ultima visione il Giullare dubitava che fosse stata quest’ultima a rapirla. Troppo buona lei!

    Si trattava forse di una sbronza? O era semplicemente caduta nelle grinfie di qualche perverso rapitore? Probabile visto come l’avevano vestita. Lo sguardo scuro si abbassò sul completino da marinaretta soffermandosi sulla gonnellina che lasciava in bella mostra le gambe magre molto sopra il neo sulla coscia sinistra. Quello, lo sapeva, segnava il confine tra il corto e il volgare.
    Con un sospiro la fanciulla si accovacciò sul perimetro del 'pozzo' nel bel mezzo del pavimento. L’odore che le punse le narici le fece capire che al suo interno non si trovava di acqua marina bensì di acido. A confermare quella supposizione il disciogliersi di un pezzetto di legno staccato dal parquet. Jester sbuffò scocciata e arrivò alle scorte di cibo posizionate vicino alla parete accanto ad un ancora. Peccato non vi fosse dell’acqua, aveva la gola secca. Scoraggiata e piena di rabbia la Strega scrutò nuovamente il posto alla ricerca di qualcosa di indefinito finché le iridi non si imbatterono in un indizio che non avevano notato prima di allora. Sul soffitto vi erano delle parole scritte in quello che sembrava sangue…

    Piccolo marinaio che cerca la Salvezza.
    Gettala se ne hai bisogno:
    la riprenderai quando non ti serve.


    La giovane lesse il messaggio una ventina di volte cercando di svelarne l’indovinello ma tutto ciò che ottenne fu l’odore della muffa mischiato a quello del suo cervello in fumo. Sconsolata la Selvatica sedette a terra beandosi del fresco del ferro sulla pelle della sua schiena. Ferro? La Hunter si voltò di scatto e la risposta ai suoi problemi si materializzo davanti a lei in tutta la sua banalità. Un Ancora di Salvezza! La ragazza dalla traccia castana s’alzò con un balzo piena d’euforia e iniziò a trascinare, non senza difficoltà, il grande oggetto verso il buco d’acido.

    -Per me la risposta è vanto
    Ora mi diverto tanto!-

    Detto ciò Jester gettò l’ancora.
     
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  3. RAZ0R
     
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    Luce.

    Come da addestramento, al momento stesso della ripresa di conoscenza, scattò in piedi con un colpo di reni.
    Il torpore era rapidamente svanito e i suoi sensi erano vigili. La sua mente era già lucida: del resto, metà della sua vita l'aveva passata svegliandosi ogni giorno, nel cuore della notte, imbracciando le armi seduta stante per un attacco a sorpresa.

    La mano destra corse verso l'alto, in prossimità della spalla, alla ricerca dell'elsa della spada.
    Il tutto, in qualche frazione di secondo.
    Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi, infatti, come mai la sua inseparabile spada non fosse al suo posto che una lancinante fitta gli trafisse il capo da parte a parte... Non aveva mai avuto la "fortuna" di ricevere una freccia in testa, tuttavia constatò che sicuramente la sensazione dovesse essere la stessa.
    Barcollando, si appoggiò ad una viscida parete... Poi, però, il dolore lo costrinse a tornare seduto.

    Appurato che non vi fossero pericoli immediati, si trascinò verso quella stessa parete, appoggiando la testa sulla fredda superficie rocciosa, cercando un po' di sollievo, mentre lasciò che lo sguardo perlustrasse l'ambiente in cui si era ritrovato.
    Si sarebbe detta una grotta, la cui uscita era stata coperta da una frana.

    Sentì una sensazione di freddo e umidità sulla pelle, dunque abbassò lo sguardo verso il suo corpo: era madido di sudore e, come se non bastasse, era unto da una qualche strana sostanza oleosa.
    Ma le eccentricità non finivano certo qui: quando si accorse dei suoi particolari indumenti, non poté far altro che mormorare accigliato:
    «Ma cosa...?»
    Lo attirò un prurito fastidioso sopra il labbro, e si ritrovò due enormi baffoni finti a incorniciargli il volto.
    «... Che razza di scherzo è mai questo?»
    Ormai non aveva dubbi, se si trovava lì non era certo per un casuale incidente: era in quel posto perché qualcuno lo voleva lì, in quella grotta poco aerata e dalla temperatura piuttosto elevata.

    E nutriva un'inquietante presentimento, cioè che quel qualcuno stesse "giocando" con lui.
    Guardandosi intorno, l'ambiente gli pareva surreale: gli stessi ciottoli per terra avevano una forma troppo perfetta per essere naturali.
    Cosa che prima non aveva notato: non era visibile alcuna apertura in quella grotta, eppure la luce era diffusa e dall'origine ignota; anche l'aerazione, per quanto malsana, in qualche modo doveva pure avvenire.

    I suoi dubbi divennero certezza quando scorse una serie di pietre, collocate esattamente nel punto su cui si era risvegliato disteso, sulle quali erano scritte diverse parole. Purtroppo, erano passati anni da quando aveva studiato all'Accademia, e ormai non era più molto allenato nella lettura... Con qualche difficoltà, riuscì a mettere insieme tre frasi che recitavano una sorta di indovinello:

    «Ci sono tre errori su qeste pietre.
    L'erore è umano.
    A volte è Salvezza.»


    Dunque, a quanto pareva, colui che lo stava usando come una marionetta voleva che R risolvesse questo indovinello, prima di concedergli la libertà.
    Non aveva altra scelta: con un sospiro si rassegnò a liberare la mente e a far ruotare gli ingranaggi del cervello.

    Stando a quanto ricordo, due errori dovrebbero essere "qeste" ed "erore", entrambi sbagliati dal punto di vista grammaticale. E fin qui, tutto easy, too easy, concluse scettico.

    Il terzo errore deve essere qualcosa di meno scontato. Che forse il terzo errore sia il fatto stesso che non c'è un terzo errore? Dunque, ad essere sbagliata sarebbe la parola "tre"...

    Non gli risultava certo facile ragionare: nonostante il mal di testa si stesse affievolendo, il calore sembrava aumentare e anche l'aria pareva più densa e difficilmente respirabile.

    ... Però, in tal caso, gli errori sarebbero effettivamente tre, rendendo valida questa frase, aggiunse contrariato.

    Oppure, andando per logica, l'errore sarebbe la parola "umano".
    Del resto, era la frase stessa ad enunciare che l'errore era "umano"...

    Ma anche se fosse stato così, a cosa gli sarebbe stato d'aiuto scoprire tre errori per uscire da quella grotta?
    Dopo un po' di tempo, ancora accasciato al muro, notò che le pietre, per la loro disposizione e la loro forma, sembravano quasi dei pulsanti.

    Forse devo premere le tre parole che ritengo errate. Allungando il braccio, premette dunque i tre pulsanti con le corrispettivi parole "qeste", "erore" ed "umano".

    Edited by RAZ0R - 29/4/2015, 07:02
     
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  4. G. Casanova
     
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    Casanova si appoggiò elegantemente al bancone di legno scuro, si portò il bicchierino alle labbra e bevve il liquore in un sorso.
    Nonostante non fosse Venezia, quella Istvàn lo aveva sedotto, ma ad onor del vero non era poi stata chissà che impresa: la laguna, con le sue acque torbide e i ponti che scricchiolavano e i marinai che cantavano, aveva iniziato ad annoiarlo, poiché oltre il romanticismo di certi scorci si annidava un provincialismo bieco che ungeva ogni angolo come un olio velenoso.
    Quella città, invece, era scossa da un vivace cosmopolitismo, e sembrava davvero che l'universo avesse indirizzato lì tutte le proprie stranezze. L'attore, archiviato il curioso incontro con Amber Focus, si era preso qualche giorno per perdersi dolcemente fra le vie, e non era rimasto deluso: ovunque posasse lo sguardo incontrava una umanità inedita, o, ancora di più, forme di vita certamente aliene che gli era impossibile classificare.
    Laddove i veneziani si indignavano - per il disordine, per il frastuono - quelle genti variegate si trovavano perfettamente a loro agio, e ciò valeva anche per quel locale distinto. Casanova non era sicuro di ricordare come ci fosse capitombolato dentro, ma lo aveva trovato gradevolissimo e aveva deciso di concedersi un paio di giri.
    Chiese un rabbocco al barman in divisa da lavoro - camicia bianca, gilet chiuso sul davanti da quattro bottoni dorati, capelli impomatati - e si mise a passare in rassegna i presenti. La sala, unica, era ampia a sufficienza da contenere una trentina di avventori, e nonostante la spartana ruvidità di sedie di vimini e tavolacci d'abete, tutti i presenti si distinguevano per una discreta raffinatezza. A Istvàn la moda era declinata in varianti a tratti pittoresche, a tratti sfarzose e a tratti leziose: lì erano presenti tutte e tre in egual misura. Vicino al dandy col fiore all'occhiello sedeva un crapulone sovrappeso con l'anello al mignolo e i baffi inumiditi dal vino; accanto alla nobile matrona di mezza età con una scollatura vertiginosa - Casanova si raddrizzò, ringalluzzito - si agitava a disagio un giovane imberbe, probabilmente l'amante; di fronte a una figura incappucciata e indecifrabile un goblin tarchiato e grinzoso fumava un sigaro.
    Giacomo drenò in un paio di boccate il liquido piccante offertogli dal barman, ringraziò il cielo e ne chiese ancora.
    Una donna pizzicò il bordo del suo sguardo e lo costrinse a voltarsi in quella direzione. Strinse le palpebre. Era sicuramente femminile quella figura flessuosa che per un momento aveva attraversato i ghirigori di fumo sprigionati dalle molte sigarette accese; rincorse quel guizzo lungo il perimetro della stanza e ne afferrò la coda sul finale, quando credeva fosse stata una visione - inchiodò le pupille su una silhouette longilinea rintanatasi nella zona più buia di quell'ambiente.
    Casanova mosse qualche passo in avanti, stordito. Due gemme lucide rispondevano ora alle sue: si attorcigliarono intorno ai bulbi di Casanova, lo strattonarono e lo fecero scivolare nella rete della seduzione. C'era tutta la bellezza dell'indefinito, del non meglio descrivibile: nessun tratto del viso era evidente, nessun segno che raccontasse qualcosa di lei, eppure era bastato un istante affinché lo spirito dell'actor urlasse:
    è lei.
    Tentò di farsi largo nel tornado di corpi, spintonando gli habitué più sbadati che gli capitavano fra i piedi. Lei si mosse languidamente per allontanarsi dalla sua rincorsa, poi...

    ... Casanova si svegliò di colpo, trascinato nella veglia senza potersi beare della dolcezza della fase intermedia. Le iridi braccarono ancora la donna, intorpidite, ma finirono per scontrarsi contro la dura superficie della parete.
    La vaga consapevolezza di trovarsi in un luogo sconosciuto si addentrò sinistramente nel suo animo man mano che prendeva coscienza di sé; aveva gli occhi pieni del goblin, della matrona, del dandy, del barman, ma più si sforzava di metterle a fuoco, più quelle immagini si dissolvevano, spazzate via da un vento muto e beffardo.
    Gli era capitato molte volte di risvegliarsi in letti estranei, spesso e volentieri al fianco di fanciulle senza nome, ma mai l'inquietudine lo aveva pungolato con tanta insistenza, come se un sesto senso lo volesse avvertire di un pericolo imminente.
    Studiò la stanza, cercando disperatamente nella memoria un appiglio a cui aggrapparsi. La carta da parati era viola, impreziosita qua e là da geometrie che ne spezzavano l'uniformità; l'arredamento era ricco, e i mobili di legno finemente lavorato erano esaltati da vetrate variopinte, come quelle raffiguranti icone sacre in una cattedrale.
    Ogni centimetro di materia trasudava una solennità sinistra, sublimata dai vapori d'incenso che intasavano l'aria.
    Lì, per lui, non c'erano risposte; ogni singolo elemento - i mosaici, gli arzigogoli, la scrivania su cui si era svegliato - portava in dote come un senso di minaccia, una velata allusione a fatti malvagi che si sarebbero sicuramente verificati.
    Seguì la scia d'incenso. Era difficile stabilire da dove filtrasse la luce, ma anche il corridoio che gli si parò davanti ne era mellifluamente pervaso; percorse il breve tragitto con passo incerto e slittò in un salone.
    Giacomo era sconcertato: appena oltre la soglia si apriva un'orgia. Sulla destra, ai margini del campo visivo, un pugno di croci - alcune appese, altre a terra - stava in attesa, come un branco di bestie orrendamente affamate; sulla sinistra, un nugolo di bare - alcune poste verticalmente rispetto al piano, altre prone e scoperchiate - attendeva silenzioso un corpo che ne riempisse il vertiginoso abisso. C'era anche dell'altro: pesanti candelabri d'ottone a sette braccia, drappi scarlatti percorsi da simboli ignoti, specchi, cassapanche, monili.
    Cos'era quel ripostiglio degli orrori?
    Casanova arretrò lentamente, cercando rifugio nella strada da cui era venuto; si portò le mani al petto in un gesto di disperazione, e i suoi polpastrelli accarezzarono un tessuto anch'esso alieno. Si perquisì e con tremenda sorpresa constatò che gli era stato cambiato l'abito: una toga nera aveva sostituito le vesti finemente confezionate su misura; una coppia di stivaletti di pelle aveva scalzato i suoi, maschili; lungo le cosce avvertiva il prurito delle calze, che lui non indossava nemmeno in inverno; fra le natiche, un filo sottile gli suggerì scenari raccapriccianti.
    Ululò e si rituffò nella camera in cui si era destato. Quel gioco sarcastico si era ormai trasformato in satanico, e la piega degli eventi - il risveglio a sorpresa, l'incubo di casse da morto e crocifissi, l'abbigliamento indecente - era diventato un climax di cui gli era impossibile vedere l'apice.
    Respirò rumorosamente, riscoprendo infine un suono familiare - l'aria che entrava ed usciva dai polmoni e consegnava il suo carico d'ossigeno al cervello; il peso che gli gravava sulle spalle perse consistenza, e una neonata lucidità si fece largo nella sua mente ottenebrata.
    Si sedette alla tavola, vivisezionando tutti i ricordi che faticosamente si dibattevano per emergere, mentre con lo sguardo indagava ogni centimetro; concluse di essere prigioniero.
    Afferrò un libricino e lo sfogliò, alla spasmodica ricerca di una via di fuga.


    "Chi guadagna con la Morte ben lo sa:
    la Salvezza lui la vede. Se la compra non la usa.
    Se la usa non la vede... ed ha vinto questo gioco.
    "

    Era dunque la donna che aveva scorto prima di quel sonno tenebroso l'artefice di tutto? O il barman, che viscidamente gli aveva drogato la bevanda? O il dandy?O il goblin? I volti iniziarono a vorticare e a digrignare i denti in smorfie bestiali mentre Casanova tornava ondeggiando nel salone.
    Conosceva l'indovinello, e la soluzione; alla luce di quelle parole beffarde, anche il suo vestiario assumeva un significato preciso.
    Scelse una delle bare più spaziose, imbottita con cuscinetti cremisi che gli ricordavano onde di sangue bollente, denti, artigli.


    "La pagherai."

    Udire di nuovo la propria voce gli infuse la forza necessaria per sistemare il coperchio sopra di sé.
    Era sepolto.

     
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    POV: Jester.

    Esistono situazioni ai limiti dell'assurdo... ed il più delle volte sono oggettivamente frustranti. E' quello che sicuramente pensi nel renderti conto di dove sei finita senza tuttavia avere una vaga idea del perchè.

    Eppure, lì dove la speranza inizia a scemare e l'ombra della rassegnazione ti inghiotte, ecco la tua ancora di salvezza giungerti in soccorso: non si tratta dell'oggetto su cui ti poggi ma dell'intuizione che, come un fulmine a ciel sereno, attraversa la tua mente rendendo tutto improvvisamente più chiaro. E' quella la vera Salvezza, non un'ancora arrugginita.

    -Per me la risposta è vanto
    Ora mi diverto tanto!-


    Afferrato il peso e gettato nell'acido, nonostante l'effetto corrosivo, questo inizia a scendere. Lo capisci dallo sferragliare delle catene sul bordo della piccola fessura che, come in un tiro alla corda dove non sei tu la vincitrice, continuano a scomparire oltre la soglia del pozzo trascinate dalla gravità. Quella scena continua per un pò finchè, ad un certo punto, tutto si blocca di colpo e la catena rimane in tensione.

    Qualcosa scatta.
    Ne avverti il rumore distinto, riassumibile in un sonoro "clack"; non ne sei certa, ma sembra una sorta di meccanismo che collega l'estremità murata della catena ad una porta nascosta che si apre. Via libera, dunque! Anche se potresti tentennare, non ci sono molte altre cose da fare. E' il momento di andarsene da quel postaccio e te lo sei meritato!

    png

    POV: Casanova.

    Per molti il sogno della nudità è quanto di più imbarazzante ed inquietante possa esserci. Tu non sei nudo, ma le autoreggenti non giovano alla mascolinità e la rete ti crea un gran prurito. A nulla servono le urla e le fughe, nemmeno i mancamenti -veri o finti- potrebbero portarti un qualsiasi tipo di giovamento. Ne sei consapevole, forse, e questo potrebbe farti indubbiamente rabbia. Ciò nonostante resti in qualche modo lucido: non sei un soldato, ma evidentemente una vita sentimentalmente instabile in cui hai avuto modo di destreggiarti fra amanti e passioni ti ha dato una certa abilità nel riprenderti rapidamente dai brutti colpi.

    Leggi gli appunti, trovi quella maledetta frase.
    Comprendi immediatamente a cosa si riferisce.

    "La pagherai."

    Bramando chissà quali vendette per il tuo carceriere, ti infili nella bara più bella, posta oltretutto in bella vista, e ti ci chiudi dentro. Nel momento in cui ti riscopri sigillato, avverti un sonoro "clack" provenire dall'esterno. Poi un senso di vuoto: lo stesso che chiunque prova in sogno quando immagina di cadere.

    png

    POV: Jester & Casanova.

    Buio.
    Il viaggio sembra provenire da due luoghi solo in apparenza molto diversi. In realtà siete sempre stati più o meno vicini e ve ne saresti potuti accorgere nel momento in cui entrambi avreste raggiunto un'enorme spazio vuoto. Non ci sono muri -non in prossimità immediata- l'aria è stagnante e nemmeno un barlume di luce suggerisce una direzione da seguire... o da cui fuggire. Siete come ciechi in mezzo al nulla: unica sicurezza è di poggiare i piedi su qualcosa di stabile: qualora decideste di analizzarlo, scoprirete che si tratta di nuda terra e ghiaia.
    Diciamocelo, non è una bella situazione ma... ormai dovreste esserci abituati, no?
    Pensavate che scappare fosse davvero così facile?

    Quest Master's voice

    Secondo turno.

    Razor: la risposta all'indovinello è sbagliata. Puoi comunque ritentare con un'altra combinazione senza avere ripercussioni di sorta. Non ho scritto nulla perchè non c'è molto da dire: non si aziona nulla ed è tutto come prima.

    Jester & Casanova: risposta esatta. Ottenete un piccolo bonus: potete portarvi dietro qualche oggetto della stanza in cui vi trovate, se lo ritenete utile (Casanova, te puoi dire di averle già messe nella bara prima di rinchiuderti). Ovviamente cercate di rimanere realistici, anche in questo: lascio tutto al vostro buonsenso.
    Detto ciò, usciti dalle vostre "prigioni", vi trovate entrambi in una stanza completamente buia. Jester è a piedi e le è bastato scendere una rampa di scale verso l'ignoto, Casanova, invece, è atterrato con tutta la bara, probabilmente da qualche pedana a scivolo. In ogni caso, siete usciti da due punti diversi ma relativamente vicini (entro i 30m). Non avendo passive di scurovisione non potete vedere nulla. Al più sentire il pavimento, accucciandovi.
    Decidete che fare e ricordatevi di interpretare bene i vostri pg. A seconda delle vostre tecniche potete percepire l'altro, nascondervi all'altro se decidete che sia utile o vantaggioso, castare tecniche...potete addirittura mettervi a chiacchierare.
    Insomma, turno relativamente libero: ricordate di usare il condizionale, qualunque cosa facciate. Vi dirò io che accade.

    Scadenza: 10 Maggio (compreso).
    Buona fortuna!

     
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    La catena dell'ancora si tese come una corda di violino e un rumore secco divenne il promonitore di una soddisfacente scoperta per il Giullare. Nella sala echeggiò una melodia di ingranaggi e una porta segreta si spalancò. A quella vista la fanciulla non potè non battere le mani e saltellare sul posto in un'esplosione d'euforia per poi alzare il naso all'insù in direzione della scritta e riservarle un saluto militare con tanto d'occhiolino. Dopodiché la Signorina vestita alla marinara si diresse verso quella che credeva essere la via d'uscita, ma prima di imboccarla rubò qualche souvenir. Una corda di canapa e una bella mela rossa che avrebbe divorato nel tragitto. Naturalmente nel farlo l'ingenua, felice com'era per la sua vittoria, non si sarebbe minimamente preoccupata di seguire il solito consiglio non accettare le caramelle dagli sconosciuti e poi, dicendocela tutta, un frutto non era un piccolo confetto.

    Passarono pochi minuti che le speranze di uscire da quel posto si persero nell'oscurità fitta che accompagnava la Selvatica giù per una scalinata verso l'ignoto. Se pur i suoi occhi non si abituarono a quell'ambiente la giovane non ebbe problemi, non solo non aveva paura del buio ma il suo En si era già stabilito in una estesa ragnatela attorno a lei vibrando ai movimenti di una presenza sconosciuta una volta aver raggiunto il culmine della discesa. Automaticamente la Hunter mosse il polso cercando un asso nella manica ma, povera lei, non vi era né l'asso né la manica. Trattenne l'istinto di battere ai piedi a terra innervosita e assunse decise invece con lucidità il da farsi.

    Veloce come un furetto e agile come una gatta avrebbe raggiunto l'individuo alle spalle pregando che quest'ultimo non avesse capacità in grado di svelare la sua posizione. Una volta compiuta l'impresa avrebbe assalito il presunto nemico costringendolo a terra e intorcigliadogli la corda recuperata nella sua precedente prigione attorno al collo.

    -Ti ordino di parlare!
    Cosa mi vuoi fare?
    Perché mi hai rapita?
    Rispondi se tieni alla vita!-


    Jester avrebbe concluso l'ultima frase stringendo la presa abbastanza da creare problemi alla respirazione dell'altro ma non abbastanza da impedirgli cianciare qualcosa di convincente.

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  7. G. Casanova
     
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    Clack.
    Casanova non seppe per quanto tempo rimase steso nella bara, col cuore che si dibatteva furibondo nel petto, estenuato da quella stasi coatta; nonostante si considerasse un leone, l'incubo tetro in cui era intrappolato gli azzannava l'animo, e alla base di questa lotta andava sedimentandosi una certa, meschina paura.
    La fronte si imperlò di sudore e i confini della scatola parvero restringerglisi intorno diabolicamente: esasperato, considerò di uscire, ma appena sfiorata l'idea si avvertì in discesa. Fu come ruzzolare giù dalle nuvole: lo colpì la sensazione di precipitare, e il suo corpo fu scosso da un fremito, come se le fibre muscolari avvertissero l'imminenza dello schianto; per la seconda volta - o era la terza, la quinta, la ventesima? - atterrò sul limite fra sogno e realtà, e, appena toccato il suolo, la coscienza lo riempì di nuovo, riportandolo alla vita con un sussulto.
    La speranza di essere libero gli animò le mani, che si adoperarono per rimuovere il coperchio; si tirò su in piedi e scavalcò la cassa da morto, attendendo che i suoi occhi si abituassero a quella nuova oscurità. Man mano che ciò non avveniva, e Giacomo si rendeva conto di essere in una situazione di cecità irreversibile, uno sconforto gelido prese a percorrergli la spina dorsale, dal capo al bacino e viceversa, causandogli un lieve tremore.
    L'aria era pesante, entrava nei polmoni a fatica e lasciava sul palato un retrogusto metallico. Si piegò sulle ginocchia e tastò il terreno in cerca di qualche riferimento, ma con le unghie non scavò altro che ghiaia anonima; tendendo l'orecchio, nessun suono gli rivelava la direzione da prendere.
    All'improvviso un laccio gli cinse il collo e la stretta si abbatté sulle riserve di ossigeno, che abbandonarono velocemente i tessuti e le sinapsi. Tramortito, incapace di tradurre le scariche elettriche in pensieri lucidi, cadde in avanti e sentì un corpo estraneo contro il suo.


    "Ti ordino di parlare!
    Cosa mi vuoi fare?
    Perché mi hai rapita?
    Rispondi se tieni alla vita!
    "

    Le guance dell'attore furono percorse da lacrime incandescenti, mentre un rantolo strozzato lottò per fuggire dalla gola. L'assalitore alleggerì la presa.

    "Sono - prigioniero - anche - io."

     
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  8. RAZ0R
     
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    Istanti di silenzio assordante riempirono la caverna.
    I nervi tesi al massimo, le orecchie volte a captare ogni minimo suono, un piccolo click, o il rumore metallico di ingranaggi.
    Restò fermo, immobile, per un periodo che gli parve infinito.

    Tsk!, mormorò infastidito: perdere non era proprio una cosa che gli andasse a genio.

    Si rimise a sedere e rilassò i muscoli. Pareva proprio che non avesse decifrato correttamente l'indovinello...
    Intanto premette le due pietre con su scritto qeste ed erore: quelle, senza dubbio, dovevano essere corrette.

    Man mano che il tempo passava, il dolore alla testa sembrava venire meno. Ormai era quasi completamente lucido e si stava scervellando per trovare una soluzione.

    Sfortunatamente, non riusciva a individuare una risposta plausibile, mentre il viso cominciava ad avvampare, per il calore e per l'ira che cresceva.

    Al diavolo!, sbottò digrignando i denti.

    Si sarebbe affidato a quel suo vecchio amico che l'aveva tenuto in vita per anni, sperando che non lo avrebbe abbandonato proprio questa volta: il suo istinto.

    L'indice della mano destra sfrecciò verso l'ultima delle pietre disposte sul pavimento sconnesso della caverna. Per una strana ironia della sorte, il suo istinto gli suggeriva che la soluzione era proprio la parola Salvezza.
     
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    POV: Jester & Casanova:.

    Ad essere obbiettivi, la situazione non è davvero critica. Non considerando la media di tutto ciò che di assurdo può capitare su Endlos, un semipiano dimensionale che -per definizione- raccoglie in un posto solo (relativamente limitato) realtà di tutti gli altri luoghi e tempi del multiverso.
    Eppure entrambi siete in crisi, ed una ragione c'è.
    Si dice che molte tecniche di tortura si fondino sulla necessità di tenere la testa della vittima chiusa in un sacco scuro. Ovviamente non serve per indurla a morte da soffocamento, sebbene la mancanza d'aria alteri decisamente lo stato mentale del malcapitato. Serve per privarla della vista; non c'è infatti nulla di più frustrante di non poter vedere cosa il tuo carceriere sta per farti... e nulla in grado di alterare il senso della paura e del dolore quanto il buio, così da esser costretti ad affinare gli altri sensi.

    -Ti ordino di parlare!
    Cosa mi vuoi fare?
    Perché mi hai rapita?
    Rispondi se tieni alla vita!-


    E' per questo che siete così confusi, adirati e forse addirittura spaventati.
    Non c'è nulla che fa più paura delle incognite... e male delle brutte sorprese.

    "Sono - prigioniero - anche - io."

    Nessuno avrebbe mai potuto intuire se quella "sala comune" fosse stata scelta di proposito o meno, ma è palese la necessità di aggrapparvi a quel poco di lucidità mentale che vi resta per non sprofondare nella più ceca (ed autodistruttiva) follia. Quella ed il vostro autocontrollo, perchè la situazione non sembra migliorare. Potrebbe andare addirittura peggio.

    CLACK!

    Un rumore metallico particolarmente forte proveniente dall'alto attira la vostra attenzione. Quello ed il tonfo di un corpo che cade dal soffitto, da cui probabilmente deve essersi aperta una qualche botola. Si schianta in malo modo, come un sacco di patate; sentite una voce non ben definita mugugnare qualcosa che ricorda vagamente un verso dolorante. Che si tratti di un nuovo meccanismo da castello dell'orrore, come quelli che vi hanno fatto uscire dalle vostre celle? E' forse un altra vittima di quella follia?

    -C-chi è?- domanda, non appena ha modo di girarsi al primo rumore di uno di voi due -Che vuoi farmi?
    Non riuscite a comprendere se si tratta di un uomo o una donna, ma percepite la paura.
    Peccato che il tempo sia un vostro tiranno e non avete nemmeno modo di presentarvi a dovere.

    CLACK!

    Un altro rumore, alla vostra destra.
    Però non accade nulla.

    -... cosa era?
    png

    POV: Razor.

    Si dice che rimanere intrappolati sotto terra sia una delle paure più diffuse e terrificanti dell'ultimo secolo. Dalla claustrofobia all'aria che, lentamente, si esaurisce. Si arriva ad un punto che, a conti fatti, potresti essere indeciso se morirai di fame, di sete, per soffocamento o a causa di qualche crollo; forse è per questo che non riesci a trovare la lucidità necessaria a risolvere quell'enigma che sa fin troppo di presa in giro. Continui a schiacciare pietre, ma ti sembra di perder tempo con un giocattolo rotto dato che non accade assolutamente nulla.

    E' proprio quando arrivi ad infastidirti più del necessario e sei sul punto di mollare che il karma ti raggiunge per ricordare che quando si tocca il fondo è possibile anche che inizi scavare. Ed è quello che -più o meno- ti succede.

    CLACK!

    Un forte rumore meccanico proveniente dalla parete rocciosa a sinistra attira la tua attenzione... ma ben presto ti rendi conto che non è a sinistra che devi guardare. Alzi lo sguardo e... si. E' esattamente quello che sembra.
    Il soffitto ha iniziato ad abbassarsi, minaccioso.
    Forse è il caso di darsi una mossa.

    Quest Master's voice

    Terzo turno.

    Razor: la risposta all'indovinello è sbagliata. Puoi comunque ritentare con un'altra combinazione. Questa volta, però, ho inserito una chicca per rendere la cosa più interessante. Il soffitto si abbassa lentamente ed in questo turno non verrai schiacchiato. Continua a provare e non essere autoconclusivo.
    :flwr:

    Jester & Casanova: avete un altro mezzo turno ti dialogo. Nella seconda parte sentite un rumore e l'arrivo di un altro prigioniero, anche lui senza volto a causa dello stesso buio che vi sta torturando.
    Sentite anche un secondo rumore alla vostra destra, ma non accade nulla.
    Decidete che fare.
    :gururu:

    Scadenza: 17 Maggio (compreso).
    Buona fortuna!

     
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    "Sono - prigioniero - anche - io."

    Jester grugnì nelle tenebre a quella rivelazione. Fidarsi era bene non fidarsi era meglio diceva il detto. Incerta sul da farsi decise di liberare l'uomo ripromettendosi di tenerlo d'occhio. Scese dalle punte, doveva essere molto più alto di lei.

    -Sono armata fino ai denti
    Fai il bravo o te ne penti!-


    Mentì la giovane per poi scoppiare in una risata argentina smorzata ben presto da un rumore metallico.

    CLACK



    L'En della Hunter percepì un'altra presenza scendere, letteralmente, al centro della scena. Il nuovo arrivato mugugnò e Jester si mosse in sua direzione tenendo per un lembo della veste l'altro prigioniero.

    -C-chi è?-
    Chiese una voce confusa dal sesso indefinito.

    -Che vuoi farmi?

    -Siamo i tuoi compagni di prigionia
    Ma se attacchi la tua testa vola via!-

    Rispose il Giullare mentre arrivava a pochi passi dalla persona.

    CLACK



    -... cosa era?

    Jester non rispose ma la sua aura incrementò espandendosi per tutta la sala come una pressante eco d'orrore...

    Scusate il ritardo
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  11. G. Casanova
     
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    Varie tonalità di coraggio colorano l'animo degli uomini.
    Laddove l'ardore ribolle rabbioso, la tinta è rossa - incandescente - e in certi casi la sua essenza è così prorompete da infondere vigore anche alle persone intorno; se, invece, questa forza manca, le pareti dello spirito si sporcano di un blu colpevole, che con dita di ghiaccio strizza il cuore e paralizza la mente.
    Casanova si era sempre considerato eroico, e in più occasioni - praticamente sempre - si era vantato della propria audacia; nonostante il tono pomposo e autocelebrativo, però,la vita lo aveva davvero sottoposto a molte prove e lui le aveva superate tutte, quindi obiettivamente una parte di quella gloria non era vana.
    Eppure anche un titano come lui, sfracellatosi su quella situazione spaventosa, costretto in una bara, ridotto alla perdita della vista, aggredito alle spalle e quasi soffocato, cominciava a pendere verso il blu piuttosto che verso il rosso.


    "Sono armata fino ai denti
    Fai il bravo o te ne penti!
    "

    L'attore boccheggiò quando l'aria tornò a riempirgli il petto, e si prese qualche momento per ghermirne il più possibile con ampie boccate. Si portò le dita al collo, tastando il solco lasciato dal laccio: toccarsi, sentire il proprio corpo sotto i polpastrelli, era tutto ciò che gli rimaneva per avere la certezza di essere ancora vivo.
    La sua assalitrice - era una donna! Per un istante Casanova si vergognò di essere stato sopraffatto da una lei - non aveva terminato la propria offensiva, anzi lo aveva liberato dalla morsa appena udito che anche lui era una vittima del gioco perverso.
    Un rumore metallico spezzò quel neonato di ragionamento, seguito dal tonfo sordo di un corpo che cade. Il veneziano alzò istintivamente i pugni davanti al volto, pronto a fronteggiare la minaccia; non avere la possibilità di vedere era frustrante, perché lo rendeva incapace di dare una misura ai pericoli che - ne era certo - lo circondavano.
    Era in balia di un mare nero e aggressivo, e da ogni parte poteva spuntare uno scoglio infido pronto a sfondargli lo scafo.


    "C-chi è? Che vuoi farmi?"

    "Siamo i tuoi compagni di prigionia
    Ma se attacchi la tua testa vola via!
    "

    La voce della persona caduta dal cielo non possedeva nessun tratto distintivo che la riconducesse alla distinzione tra maschile e femminile: fu quel particolare a colpire Giacomo, e a farlo rabbrividire. Sembrava che in quello spazio intasato dall'oscurità non esistesse più niente di chiaramente umano e che fosse ormai compromessa la sua facoltà di discernimento: si sentiva un invalido.
    Il suono freddo che aveva preannunciato l'arrivo del terzo prigioniero stavolta giunse da destra, ma rimase monco - l'udito funzionava ancora?


    "... cosa era?"

    Casanova digrignò i denti e serrò le mani con ancora più vigore, stravolto. L'incertezza in cui era inciampato poco prima si ritirò parzialmente in attesa di nuovi assedi, e al suo posto si insediò una determinazione feroce. L'orgoglio e l'istinto di sopravvivenza gli modellarono dentro nuova forza.
    Volse la testa verso il punto in cui il terzo arrivato aveva balbettato poco prima.


    "Chi siete, per Dio? Io sono Casanova, e sono qui contro la mia volontà: sono stato drogato e trascinato in una cella matta; da lì sono uscito chiudendomi in una bara; la via era nascosta in un indovinello."

    Gli abiti non suoi pesavano come macigni.

     
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  12. RAZ0R
     
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    Niente.
    Ancora niente.

    Aveva voglia di prendere la parete a testate, ma il caldo e il senso di oppressione gli impedivano quasi ogni movimento.

    Maledizione! Maledizione!, ringhiò pestando i pugni sul pavimento.
    Possibile che non fosse nemmeno in grado di risolvere un indovinello apparentemente così semplice?

    Tutto a un tratto, la sua autocommiserazione diventò l'ultimo dei suoi problemi: un clangore metallico attirò la sua attenzione. Sembra provenire da oltre la parete rocciosa, ma non accade nulla.

    Sentiva un rumore di sottofondo, come di due pareti ruvide che si sfregano, ma non riusciva a capire finché non alzò lo sguardo...

    Il soffitto si stava lentamente e inesorabilmente abbassando...

    Che morte stupida, pensò, e gli venne quasi da ridere.

    Calma. Concentrazione.
    Qual era la prima ipotesi formulata? "Tre". Secondo il primo ragionamento, gli errori erano solo due, quindi ad essere sbagliata sarebbe stata la parola tre.

    Ormai non era rimasta molta scelta. Non gli restava che sperare, e pregare...

    Con una lentezza solenne, premette di seguito qeste, erore, tre.
     
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    POV: Jester & Casanova:.

    Essere al buio non è bello per nessuno. Privati di un senso, ci si sente inermi davanti all'ignoto... e solo i più strampalati si trovano a proprio agio. Forse perchè, già cechi di follia, non hanno assolutamente timore dell'ignoto.

    -Siamo i tuoi compagni di prigionia
    Ma se attacchi la tua testa vola via!-


    Ecco.

    -Cosa dovrei attaccare, scusa?- domanda il terzo arrivato, non cogliendo completamente il senso delle parole di Jester "Chi siete, per Dio? Io sono Casanova, e sono qui contro la mia volontà: sono stato drogato e trascinato in una cella matta; da lì sono uscito chiudendomi in una bara; la via era nascosta in un indovinello" si lamenta l'altro, annaspando in quel mare di caos e situazioni senza senso nella speranza di rimanere a galla.
    -Il mio nome è Isabelle e credo...

    CLACK!

    Un terzo rumore, sempre alla vostra destra.

    -Si può sapere cos'è????

    La voce dello sconosciuto si fa sottile come un gridolino isterico e, qualora faceste silenzio, sentireste chiaramente un suono di tacchi sulla ghiaia avvicinarsi sempre di più alla fonte degli ultimi due rumori metallici.
    ...

    png

    POV: Razor.

    Quello stato di prigionia per te si fa sempre più insostenibile: come se non bastasse, il soffitto ha preso ad abbassarsi al tuo secondo tentativo errato e non accenna a fermarsi in alcun modo. Nell'istante in cui, disperato, fai il tuo terzo tentativo, sei ormai a carponi e praticamente certo che finirai i tuoi giorni in quel postaccio, schiacciato da una roccia finta come un insetto. Eppure, come dice il saggio "la speranza è sempre l'ultima a morire".

    CLACK!

    Un altro suono meccanico alla tua sinistra ti fa scattare e, nonostante la prima volta sia stato preludio di una catastrofe annunciata, adesso è messaggero di speranza: lì dove inizialmente c'era un'anonima parete rocciosa si è creata ora un'apertura rettangolare. Non è grande, probabilmente perchè coperta dal soffitto che ti costringe a gattonare, e l'interno non è nemmeno illuminato ma... è pur sempre una via di fuga. Anche perchè il soffitto non accenna a fermarsi!

    Ormai guidato dal semplice istinto di autoconservazione, procedi per l'unica via possibile che non ti porti ad una morte orribilmente dolorosa. Il buio cala su di te come una notte senza stelle e perfino la luce della grotta abbandonata alle tue spalle viene meno non appena il soffitto mobile tocca il suolo. Continui a gattonare per pochissimi metri e... vai a sbattere contro qualcosa.
    Di faccia.
    Allontanandoti prontamente ed andando a tastare potresti giurare che si tratti di una pietra sporgente... se solo esistessero pietre morbide. Morbide all'inizio... ma che col tocco diventano dure.



    L'individuo "molestato" si allontana di qualche passo, rendendosi ovviamente conto della tua presenza. Di bene in meglio: hai appena fatto la figura di un maniaco sessuale... ma almeno non sei solo.
    Hai conosciuto un nuovo amico!

    png

    POV: Tutti.

    Passate qualche attimo in silenzio prima di sentire il rumore dei tacchi tornare verso il centro della stanza. Sentite anche un altro rumore alla vostra destra, ma non riuscite a capire molto bene di cosa si tratti finchè... non si accendono le luci. Torce magiche, ad esser precisi, distribuite lungo un enorme corridoio di pietra levigata completamente privo di pavimentazione.

    Finalmente liberi di quell'orribile hanticap, scoprite di essere in quattro: tre vicini fra voi ed uno accovacciato in un'apertura sulla destra, vestito da sexy-minatore e con un'espressione allucinata che -probabilmente- è tutta un programma.
    Come se i tre non fossero imbarazzanti -e forse imbarazzati- in effetti: una porno-marinaretta col visino da ragazzina, un bel giovanotto in vesti sacre fino al ginocchio ma con calze a rete e tacchi in bella vista e... una donna. Una bella maggiorata dagli occhi d'oro ed i lunghi capelli azzurri. Vestita in lingerie sexy, rigorosamente in latex.
    Insomma, più che un gruppo di avventurieri sembrate usciti da un film porno.
    Uno di quelli trash oltre ogni misura.

    -Bene, a quanto posso capire siamo tutti nella stessa situazione- avrebbe constatato la donna, dopo un attimo di silenzio -Credo sia il caso di procedere.

    E così fate, anche perchè non ci sono altre vie di fuga ed il percorso è obbligato: alla fine del tunnel trovate tuttavia qualcosa che vi spinge a fermarvi e riflettere. C'è una porta chiusa con una tastiera incastonata su cui sono disegnati numeri che vanno dallo zero al nove. Come già potete immaginare, sopra la tastiera c'è un nuovo indovinello.
    Scritto col sangue.

    "Questa è la prigione di un soldato immortale. Trascorse un sesto della vita come giovane di Edolas, suo mondo natio. Dopo un dodicesimo trovò moglie, che dopo cinque anni gli diede un figlio: povera creatura! Se ne andò alla metà della vita del padre. Dopo quattro anni trascorsi consolando il suo dolore egli fu chiamato al fronte e dopo un settimo raggiunse Endlos, dove fu catturato.
    La prigione è la sua morte ed il suo inferno.
    Quanti anni visse davvero?"


    Quest Master's voice

    Quarto turno.

    Razor: la risposta all'indovinello è esatta. Raggiungi gli altri.
    :flwr:

    Jester: Puoi percepire tutte le presenze e i movimenti da me descritti alla perfezione. Ovviamente percepisci anche l'arrivo di Razor ed il fatto che siete soli.

    Tutti: Siete in 4. Voi tre ed una donna con i capelli azzurri vestita così: LINK. Casanova -che ne capisce- può intuire una quinta di seno molto compressa.
    In ogni caso, vi trovate in un dungeon, il più banale e semplice che possiate immaginare per un gdr fantasy: muri di pietra da sotterraneo, torce sui lati. Non c'è pavimentazione, ma è troppo complicato scavare e non avete attrezzi.

    Proseguite lungo il percorso obbligato e vi trovate davanti una porta con un nuovo indovinello. Ovviamente la porta è chiusa e per aprirla dovete trovare la soluzione: non a caso come sigillo c'è una specie di tastiera dove dovete scrivere il numero giusto per passare.

    Se vi servono più scambi di battute potete accordarvi in bacheca, in chat o chiedermi direttamente di concedervi più giri di post.

    Scadenza: 31 Maggio (compreso).
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    Il senso di indolenzimento al braccio destro gli fece domandare una volta di più chi cavolo glielo stesse facendo fare: avrebbe sicuramente fatto molto meglio a mollare lì quel peso morto, proseguire per la sua strada, e farsi i beati affari suoi, invece di trascinarsi dietro quel fardello per essere sicuro che arrivasse a destinazione senza perdersi in inutili deviazioni.

    « Devo prenotare un tavolo al Café Noir... e passare in tintoria a ritirare il mio completo... »
    rimuginò ad alta voce, traendo distrattamente una boccata di fumo dal sigaro
    « Potrei anche prenderle un ragalino... ma che cosa? »

    In più, come se non bastasse la fatica muscolare del trasporto, il sacco di patate in questione blaterava di cose che non importavano a nessuno, e lo faceva con un tono melenso che -negli ultimi tempi- lo irritava enormemente, rendendogliene semplicemente insopportabile la compagnia: quasi quasi, lo preferiva quando era cinico e stronzo.

    Schiuse le labbra per dire al suo passeggero di chiudere il becco perché gli stava abbuffando la minchia, ma il monologo del suo interlocutore riprese in contro-tempo, facendogli abortire il tentativo di zittirlo.


    « Cioccolatini? Troppo banale: cioè, so che le piacciono, ma non sono adatti per una cena... »
    blaterò ancora quello, mentre una nuova zaffata di tabacco gli saliva alle narici
    « Un gioiello, magari...? Di solito, le cose che luccicano fanno colpo sulle donne, ma...
    Non so: lei è una tipa di classe, ma ha gusti semplici; potrebbe trovarlo eccessivo... »

    si crucciò l'altro, carezzandosi il mento con fare meditabondo
    « Forse un libro... Sì...! Sì, un libro sarebbe perfetto! »

    Deo Gratias. Magari, ora che aveva trovato una risposta, quello strazio poteva finire
    e lui avrebbe sviato il discorso da quella solfa...


    « ...ma ogni libro ha una personalità:
    se voglio trovare qualcosa che la colpisca, non posso certo prendere il primo che capita. »

    tornò alla carica, imperterrito, con tono afflitto per quella scelta difficile
    « Serve una scelta ponderata... quindi, anche questa idea è scartata per questioni di tempo... »

    Niente. Nada. Nisba. Come non detto. Erano di nuovo punto e a capo, e questo voleva dire che il soliloquio sarebbe proseguito ancora per molto... e a lui stava prepotentemente salendo il crimine.

    « ...oh! Ma certo: dei fiori! »
    esclamò d'un tratto, colto da illuminazione e annuendo con convinzione
    « I fiori sono un classico: non si sbaglia con i fiori... ! Vada per i fiori! »

    Per una manciata di secondi, un santo silenzio calò sui due, ma il povero facchino ebbe appena il tempo di tirare un sospiro di sollievo ed esasperazione prima che il suo compare parlasse di nuovo.

    « ...ma che fiori potrebbero piacerle? »
    si chiese un istante più tardi, in dubbio sul suo ragionamento
    « E se ha qualche allergia...? »

    « Basta! Falla finita! »
    urlò, mollando la presa sulla collottola della camicia per cui lo stava trascinando
    « Cosa credi che ne sappia io?! »

    E alla fine, successe: sbottò. Ok, forse dalla sua voce traspariva il fatto che fosse un po' invidioso della solita fortuna sfacciata dell'altro, ma principalmente desiderava solamente -e disperatamente- evitare di dover stare a sentire interminabili disquisizioni su ogni maledetta specie, famiglia o tipologia di pianta, fiore e arbusto che fosse mai cresciuta sulla faccia della terra ... sperando che non attaccasse a cicalecciare anche in merito a forme, colori, significato simbolico, aneddoti e allegorie.

    « Ah. Grazie tante. Bell'amico che sei: non scomodarti ad essere contento per me...! »
    brontolò offeso l'altro, rimanendo seduto per terra e incrociando le braccia al petto
    « Non è mica colpa mia se te la passi male: te l'ho detto di trovartene un'altra...! Ma tu mi ascolti? No, non sia mai: continui a perdere tempo dietro alla Regina delle Stronze – che non ti fila di pezza. »

    Ok, aveva sopportato anche troppo: la sua mano riagguantò il lembo stropicciato per cui lo aveva trainato fino a quel momento, e con uno strattone secco lo sbatté di schiena sul selciato, regalandogli anche un coupon per un bel bernoccolo sulla zucca; poi, prima che potesse protestare, gli tirò un pestone sul petto con un piede calzato in uno stivale d'oro, togliendogli il fiato e schiacciandolo lì.

    « T'ho già detto che è solo timida. »
    mise in chiaro a denti stretti, con tono intimidatorio
    « “Timida”, ok? »

    Torreggiando minacciosamente sul compagno, si chinò in avanti
    per incatenare lo sguardo torvo a quello del...


    png

    …un dolore lancinante spezzò il flusso dei suoi pensieri, e un gemito sofferente gli sfuggì dalle labbra; nel tentativo tutto istintivo di contenere il dolore improvviso, dilagatogli nell'encefalo come una pugnalata, si serrò le mani sul cranio e sbarrò gli occhi blu, annaspando in cerca di aria. Vincere l'apnea gli richiese una serie indefinita di interminabili minuti, ma mentre i contorni della visione sbiadivano lentamente, il suo male si acquietò.

    Giacque ansante per qualche altro istante, prima di rotolare su di un fianco per ribaltarsi pancia all'aria, e... Che cos-? Il contatto tra il solco delle proprie natiche e qualcosa di duro e freddo lo riportò all'istante alla realtà -e alla paranoia-, così, mentre si scostava più in là con un involontario salto, una mano di Xavier corse ad intercettare il misterioso corpo estraneo, trattenendo il respiro e sudando freddo freddissimo; quando gli occhi scuri ne analizzarono i contorni, non lo tranquillizzò scoprire che si trattava di una chiave. Il fatto che fosse d'oro -invece- migliorò notevolmente la faccenda.

    Gli bastò sollevare le iridi verdi su ciò che lo circondava perché -d'un tratto- lo svegliarsi in un luogo alieno e sconosciuto (di nuovo, per la terza volta nel giro di... boh?), senza memoria di come vi fosse finito o del perché, smettesse di fare paura: si trovava in una sorta di stanza del tesoro, circondato da oro, gemme, pezzi d'arte e altre cose bellissime, e perciò chissenefregava...? Anche lo scoprirsi vestito di null'altro che un bikini non lo sconvolse eccessivamente. E volete sapere perché? Perché quell'indumento imbarazzante era confezionato con delle banconote. Meravigliosi e fruscianti verdoni di grosso taglio. E della grana non bisogna mai vergognarsi.

    ...ecco, l'arnese a banana che gli stava vicino, invece, non lo mise per niente a suo agio, e per quanto Xavier trasse rassicurazione dal fatto di trovarsi in quello stanzone da solo, e dalla consapevolezza che la porta sul retro non era stata forzata, iniziò a venirgli una certa prescia di andarsene da lì; dopo aver preso tra pollice ed indice quella “cosa” per lanciarla il più lontano possibile in qualche angolo, il Medium si tirò a malincuore su dal suo giaciglio di fortuna e si diresse alla porta che costituiva l'unico visibile accesso a quel posto. Peccato solamente che fosse bloccata.

    Prima entro, poi apro. | Sono la tua Salvezza.

    A confermare la sua intuizione, la scritta vergata col sangue sul pannello del battente faceva intendere che quella dovesse essere inequivocabilmente l'uscita; la serratura che azionava il meccanismo di apertura, invece, equivoca lo era eccome: aveva le fattezze di un volto femminile, e il foro circolare che le si apriva tra le labbra -complice anche l'altezza a cui era ubicato- era ben più che allusivo...

    Certo, l'ovvia goliardata circa il metodo di apertura gli venne subito in mente, ma... quel posto era strano, e l'irrazionale timore di trovarsi
    separato dai suoi preziosissimi gioielli di famiglia lo trattennero dal fare cazzate just-for-fun; alla fine, per quanto assurdo quel mondo si stesse rivelando, non doveva perdere il contatto con il senso logico delle cose: se quella era una porta, e il volto femminile in oro massiccio una serratura, per aprirla serviva...

    « ...proviamo. »

    E con perplessità infilò la chiave d'oro tra le fauci della scultura,
    in cerca di un toppa in cui incastrarla.

     
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    Una nuova presenza si materializzò sul radar della Hunter che si ritrovò ad arrotolare la corda attorno alla mano che acquistare coraggio. L'intruso si fece largo nella sua tela di En in direzione del primo prigioniero incontrato dalla Strega. Quest'ultima non disse niente pronta ad utilizzare lo sventurato come esca. I due corpi entrarono in collisione e Jester si preparò al peggio, ma nulla fu paragonabile a quello che accadde. La sala fu inondata da luce e quello che si presentò agli occhi della Selvatica fu una scena al dir poco ridicola.
    Accanto alla ragazza vi era un giovane uomo alto, dai capelli biondo cenere, vestito da monaco se si fossero escluse le calze a rete e le scarpe col tacco. Attaccato alla sua veste vi era una specie di sexy muratore bergamasco e per finire la persona di cui non riusciva a capire il sesso dalla voce era una donna maggiorata vestita da spogliarellista. La Strega della Luna si ritrovò a tentare invano di allungarsi la gonna rimpiangendo il suo abito multiforma del tutto schifata da quella situazione imbarazzante e surreale.


    -Bene, a quanto posso capire siamo tutti nella stessa situazione-
    Disse la donna rompendo il ghiaccio

    -Credo sia il caso di procedere.
    La Selvatica annuì e si incamminò con il gruppo verso l'unica apertura possibile, una specie di tunnel che si propagava per qualche metro fino a concludersi ad una porta chiusa. Al fianco di essa una tastiera con i numeri da 0 a 9 e un altro indovinello scritto nel sangue...

    "Questa è la prigione di un soldato immortale. Trascorse un sesto della vita come giovane di Edolas, suo mondo natio. Dopo un dodicesimo trovò moglie, che dopo cinque anni gli diede un figlio: povera creatura! Se ne andò alla metà della vita del padre. Dopo quattro anni trascorsi consolando il suo dolore egli fu chiamato al fronte e dopo un settimo raggiunse Endlos, dove fu catturato.
    La prigione è la sua morte ed il suo inferno.
    Quanti anni visse davvero?"


    Il Giullare si portò una mano al mento con aria pensierosa. Quell'indovinello aveva tutta l'aria di essere un'equazione matematica e lei solitamente a scuola in quella specifica ora stava sonnecchiando, senza contare che contava ancora con le dita. La Selvatica si accovacciò a terra ben attenta a non far vedere più di quel che già il vestito mostrava e iniziò a scrivere una serie di equazioni nella ghiaia.

    -Non cadete in disperazione,
    Troveremo la soluzione!-


    Eppure la fanciulla non trovava nulla. Aveva provato con delle equazioni di primo grado e il risultato era negativo, se invece avesse pensato a quelle di secondo grado sarebbero usciti fuori due risultati. La giovane iniziò a scuotere la testa e desiderò con tutte le sue forze di aver frequentato un po' più assiduamente l'accademia Hunter. Infine si alzò portando indietro la treccia castana adornata di perline rosse _l'acconciatura era l'unica cosa a non esser cambiata in lei_ e sbuffò.

    -Raga, proprio non ce la faccio
    SE BECCO QUEL PAGLIACCIO!!!-


    Finì la frase urlando in direzione della porta. Ciò che le dava fastidio non era la situazione di semipericolo in cui era piombata, nella maggior parte dei casi avrebbe quasi potuto ritenerla divertente. Il fatto che la infastidiva era di non ricordar nulla ed esser vestita come una poco di buono la faceva andare in bestia.
     
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