Nebbia nel cuore, nebbia fra le fronde.

Role di ingresso Mordred (Mordred-Amber Focus)

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    Mordred Le Fay





    La luce serpeggiava blanda, fra alberi antichi e nodosi, increspando le fronde immobili in ombre che parevano vive, alle prime luci dell'alba. L'aria sembrava filtrare appena in quella cappa vivente che avvolgeva la foresta, lasciando che brandelli di foschia avviluppassero le radici fra le ombre, come moniti di sogni oscuri e surreali.
    La quiete simile ad una pesante coltre che si stendeva sulla foresta sembrava scoraggiare sul nascere i tentativi di infrangerla, circondando il tutto di un'aria austera e remota.
    Poi, da qualche parte al suo interno, qualcosa sembrò cambiare. Nell'immobilità della vegetazione, il silenzio si incrinò. Non lo fece all'improvviso, ma come una lenta e costante crepa allo stesso tempo fuoriposto eppure stranamente familiare. Come quel frammento di reminiscenza di un sogno lontano che, quando guardiamo nel buio della notte, ci suscita un tremito lungo la schiena.
    Quel rumore dapprima flebile si diramò in sussurri lenti e concitati, costanti. Parole di una lingua antica e dimenticata già prima che il concetto di vita prendesse ad esistere. Poi venne la brezza. O per meglio dire, il vuoto la creò.
    In una radura nei cerchi interni della foresta, dove gli arbusti erano più alti e antichi, tanto da intrecciare i loro rami in cupole naturali di arcana bellezza, la luce parve offuscarsi e le ombre allungarsi quasi a rifuggire un'oscurità più antica e profonda della propria. Poi qualcosa parve infrangersi, mentre una frattura lacerava il colore e la materia, sospesa nell'aria, simile ad una bocca sibilante e oscura schiusa in un cupo singulto.
    Ciò che ne venne fuori era un grumo di cupa foschia, densa e carica di sussurri più intensi e frenetici, fra cui parole umane e aspre parevano cantilenare una incomprensibile risposta, carica di un significato cupo e antico, che pareva sovvertire la normale essenza delle cose e al contempo avere su quell'ordine un'ascendente più imperioso e legittimo. Poi il grumo privo di sostanza parve acquisire peso, ricadendo sul terreno sottostante in un rigetto di densa nebbia, che parve quasi spandersi in una pozza nell'impattare contro il terreno, mentre i sussurri si placavano e la bocca che squarciava il mondo poco al di sopra si riassorbiva, come una ferita rimarginata nel tempo.

    Mentre la pozza andava riassorbendosi nella terra, qualcosa parve agitarsi al suo interno. Un movimento rapido e irregolare, un gemito e un respiro soffocato, suoni strozzati e vagamente umani, riecheggianti. La nebbia parve quasi consolidarsi a formare i contorni di una figura, assorbendo sostanza stessa dal mondo circostante e riversandola in se stessa, assorbendosi sino a formare una figura scura rivoltata sul terreno, avvolta in sinuosi strali di caligine che parevano convergere in un cappuccio che ornava solamente un pozzo di vuota oscurità.
    Per un lasso di tempo la figura giacque immobile, mentre le ultime spire si dissipavano e il silenzio tornava a ristabilirsi profondo com'era stato in precedenza, turbato solo da alcuni scricchiolii di foglie secche, inquieti.
    Due occhi si spalancarono lentamente, in un bagliore profondo e luminoso, simili a fuochi fatui nella penombra, ipnotici e imperscrutabili. Lo sguardo scivolò verso il cielo, su quella cortina di rami intrecciati che ostruiva in larga parte la luce. Un paio di labbra pallide e sottili si schiusero a rivolgere un mormorio muto, prima di ritrarsi per accogliere l'umidità della lingua sulla pelle arida, tentando di trovare nuovo vigore.
    -Shriikan?.. No..-
    La voce risuonò in un sospiro flebile, ornato di una profondità e di una musicalità surreale, ingannevole. Era un tono ornato da un vago senso di riconoscimento, un riconoscimento che veniva da ricordi antichi, ma non tanto quanto quelli che veramente gli appartenevano. Lo sguardo si fece freddo, nel riconoscere l'errore, nel riprendere coscienza di se e di chi realmente, era. I tratti del viso, sottili e accuminati quanto lo sguardo, solcati di una nobiltà feroce, che ricordava quella di uno sparviero, si spianarono in un'inespressività inumana, mentre con lente movenze, incerte, la figura andava a sollevarsi.
    Gli fu subito chiaro che quello in cui si trovava non era l'antico bosco di Shriikan. Non percepiva la familiare presenza degli spiriti oscuri e abbandonati che si rifugiavano in quei boschi. In effetti, aveva difficoltà a percepire alcunchè. Accolse la notizia con stoicismo, limitandosi a chinare lo sguardo per osservarsi. L'armatura brunita che lo avvolgeva con eleganza era lì dov'era sempre stata, a rivestire il lungo tabardo che gli scendeva fra le gambe in un drappo scuro e argento non dissimile dal tessuto delle vesti che lo avvolgevano con aria austera. Il cappuccio gli gettava ancora, imperituro, una piacevole ombra sullo sguardo fisso, mentre il lungo manto ornato di piume di corvo gli pendeva sulla schiena, avvolgendosi al braccio sinistro abbastanza da nasconderlo, secondo la moda Albionica. Sollevò le mani guantate di fronte al viso, scrutandole lentamente e rigirandole, prima di provare ad adagiare la seconda sul fodero sottostante, sfiorando il pomo di una lunga arma ornata da rune di altri tempi e luoghi. Nulla.
    Lo sguardo si sollevò ancora una volta dal corpo forte e asciutto, mentre le labbra si schiudevano emulando un vago e profondo respiro. Aveva funzionato, senza alcun dubbio. Ancora una volta aveva varcato la soglia dei mondi.
    Ma il viaggio lo aveva lasciato indebolito: il legame con gli Antichi suoi fratelli, era più tenue, la magia arida nei suoi amuleti. Poteva ancora percepire un crogiolo di potere dentro di se, ma era solo una vaga frazione. Avrebbe dovuto ricominciare, com'era ovvio. Avrebbe dovuto comprendere la natura del luogo in cui era, trovare il proprio posto.
    Avrebbe richiesto tempo.
    Ma il tempo era un lusso di cui disponeva in abbondanza.
    Il volto si sollevò appena, baciato da alcuni raggi filtrati faticosamente. I tratti pallidi apparvero quasi di alabastro, in netto contrasto coi lunghi e lucidi capelli corvini, che rifulgevano di riflessi cinerei non dissimili dall'argento scuro.
    Quel luogo suscitava in lui un'intensa familiarità, una familiarità che gli consentiva di rendersi conto del modo in cui la coscienza umana si stava assimilando alla propria. Che fosse un bene o un male, dipendeva solo dall'utilizzo che lui ne avrebbe fatto. Si riscosse, coi suoi modi di fare lenti e cauti, come quelli di un felino. Lo sguardo indulgiò solo un istante verso i rivoli di foschia mattutina che ancora ostavano al limitare della radura, fra le ombre. Un sorriso malapena visibile inclinò un breve istante, rievocato da un riflesso istintivo di quel corpo, le labbra chiare. Nel voltarsi lentamente percepì sulla schiena, sotto il mantello, all'altezza della vita, il peso familiare e rassicurante della sacca da viaggio. Doveva solo capire come uscire di lì. E soprattutto dove era, "lì".
     
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    Il cielo è terso, il clima è mite, e non ci sono bestie strane all'orizzonte. Il giorno ideale, insomma, per avventurarsi nei boschi di Fanedell in cerca di funghi ed erbe da studiare.
    Hai ancora quell'idea dell'orticello che ti frulla nella testolina. Coltivare piantine utili, utilizzarle nella tue pozioni, vendere i tuoi intrugli e anche i reagenti in surplus.
    Profitto! Soddisfazioni! Scienza! Tutti bei piani, ma non sei esattamente un'esperta della vegetazione endlossina. Sei vissuta a Sud fino a poco tempo fa, e l'unico verde che hai visto lì è quello dei cactus.

    Ti muovi cauta tra gli alberi del bosco, una ragazzina in pantaloni e maglietta munita di zaino e di un grosso cestino. I pantaloni sono di una stoffa blu e resistente, che ti hanno detto chiamarsi "jans" o qualcosa di simili. Sono stranamente ruvidi e stretti, ma meglio avere le gambe insacchettate così che piene di graffi e punture d'insetto. La zona non è semplice da attraversare: il sottobosco è fitto, pieno di rovi e piantine dalle foglie pelose che sembrano essere urticanti.
    In una mano, un piccolo erbario che hai acquistato al mercato per qualche spicciolo. Nell'altra, un bastone che agiti davanti a te mentre cammini, per scacciare le vipere. Ci saranno le vipere, su Endlos? Chissà. Di certo hai intravisto animaletti sgusciare in mezzo al sottobosco, e non sei sicura di volerli conoscere da vicin-

    -hey, perché è diventato tutto più buio? Alzi subito la testa, ma nessuna nuvola ha oscurato il sole.
    Che brutta sensazione. Chi sta parlando?! Qualcuno bisbiglia, in lontananza. Un rituale di streghe? È un po'presto per fare un Sabbath in mezzo ai boschi. Ed è per caso nebbia, quella cosa scura che striscia e spiraleggia a terra?
    Non ti vedi più i piedi. Ce li hai ancora, sì? Muovi le dita nelle scarpe. Ecco, così.
    Forse sarebbe il caso di andarsene.
    Ma tu, ovviamente, non lo farai.

    I sussurri si sono placati, il mondo è tornato ad essere più luminoso. Eppure, questo strano fenomeno dev'essere stato provocato da qualcosa.
    Seguendo la nebbia che si ritira, raggiungi infine i margini di una radura. Nessuna messa nera o roba da streghe, ma solo un oscuro e spaventevole incappucciato in piedi in mezzo all'erba.
    Uhm, forse te ne dovresti andare davvero.

    Cosa fare? Il tuo primo impulso è quello di tirare un sasso, per controllare se è davvero vivo o cosa. Io, però, ti sconsiglierei di tirare pietre contro una persona losca e potenzialmente ostile.
    Ti sconsiglierei anche di tirargli addosso un fungo, ma ormai l'hai fatto.
    Abbi almeno la decenza di acquattarti in mezzo alle fronde e prega che lui non ti veda. Lo so che nella tua mente semplice tutto ciò significa "ciao, ecco del cibo, diventiamo amici", ma dubito che lui capirà.
    Gli adulti non capiscono mai niente.
     
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    Mordred Le Fay



    Lo sguardo, dotato quasi di luce propria, si volse lentamente, scrutando le alte fronde attorno, nell'ergersi in tutta la sua statura distendendo la schiena e stirando gli arti, disciogliendoli dal loro torpore. Un raggio di luce lo accecò per un breve istante, spingendolo a ritrarre il viso sotto il cappuccio, verso il basso, nell'ombra. Un lampo gli folgorò la memoria, spingendolo ad osservare i ricordi della persona che era con una distaccata imparzialità, una curiosità quasi stranita e mitigata da un vago senso di riconoscimento.
    C'era stato un tempo in cui la luce avevo usato risplendere su di lui allo stesso modo.
    No, quella era una magra illusione. Non era su lui che aveva sfolgorato, ma sul contenitore mortale che era stato, e la sua luce era stata fredda e vuota. Una luce debole, che non lo aveva mai distolto dal suo destino, che non gli aveva mostrato nessuna salvezza che aveva piegato di fronte un potere più grande. Ora rispondeva a una verità più antica. ERA, una verità più antica. Non c'era più freddo, più catene: di fronte al vuoto non s'ergeva nulla che avesse importanza.
    Un sorriso istintivo, flebile e vacuo distorse le labbra sottili e pallide, stirando i tratti fini in un'espressione gelida e aliena. Aveva soffocato quella debole illusione assieme all'anima ormai avvizzita che ancora lottava per emergere dagli abissi in cui era stata suo malgrado incatenata molto prima della sua venuta.
    -Fadaliyo' shi phemt, Uth-Shaleaf..-
    Il sussurro si spense all'improvviso, mentre il capo tornava a sollevarsi con un movimento repentino, accompagnato da un tonfo sordo, laddove qualcosa aveva urtato il retro della corazza, da sopra il manto, producendo un flebile rintocco soffocato.
    Mentre il volto si distendeva lo sguardo si mosse d'istinto, scrutando dapprima dall'alto, poi rapido in basso, verso l'oggetto che lo aveva urtato debolmente. Gli occhi assottigliati si dilatarono appena, nello scorgere fra l'erba incolta la figura riversa di un fungo. Un rapido cenno del viso, a sollevarsi verso le fronde in ombra di fronte a se, repentino e austero nel tono, sciolto, quasi in una formula abituale che resentava una richiesta immediata.
    -Vis vuram' ris exia neshiam, nok domiangardr' ut mireturi' se neok!..-
    Le iridi pallide scivolarono in un cenno affrettato, istintivo a lanciare una ulteriore occhiata al fungo sul terreno, mentre la forma di un pallido ricordo prendeva forma in un angolo remoto della sua mente. Lanciando un'ulteriore occhiata davanti a se, quasi ad accertarsi che nessuno sbucasse fuori all'improvviso, i sensi all'erta, si chinò lento a raccoglierlo, prima di risollevarsi rigirandolo fra le dita, scorgendo sul dorso del lungo bracciale di metallo, il suo adombrato volto riflesso. Un tempo, secoli prima, era stato solito raccogliere funghi ed erbe. Quando suo madre, Morgana, era ancora in vita. E quando, tediato dalle lezioni dei Cavalieri della Spina... Erano ricordi futili, polvere gettata negli occhi da quell'esistenza usurpatrice, accantonata negli angoli dallo scorrere dell'illusione del tempo. Conscio di se, dopo quel breve istante, riflettè nuovamente a mente lucida, allontanando la cedevolezza procuratagli dal viaggio e riformulò in maniera diversa la richiesta già posta in precedenza. Un tono differente, più pacato e accondiscentente venne elevato, e seppure i ricordi distanti vennero messi a parte, la mano continuò a rigirare lentamente il fungo fra le dita rivestite di nero.
    -C'è qualcuno fra le ombre. Fatti avanti, mostrati..-
    Detto ciò lo sguardo si assottigliò nuovamente, quasi a ragguagliare chiunque o qualunque cosa vi fosse, sul riflettere sui propri intenti prima di farsi avanti.
    Nonostante ciò abbassò quasi impercettibilmente le spalle, rilassando i muscoli e chinando appena il volto verso il basso, rivolgendolo verso la spalla destra, quasi mostrandosi in un atteggiamento che poteva essere tanto inoffensivo, quanto estremamente sicuro o guardingo.
    O almeno era quello che voleva far intendere. Sapeva bene quanto fosse importante sostenere una maschera, tantopiù quella più adatta all'occasione. Ovviamente non c'era maschera più adatta di una più mansueta e inoffensiva della realtà, una maschera volta ad avvicinare gli amici e a rendere i nemici sicuri di se. In questo quelli come lui, erano più che esperti. Eppure era sempre meglio non eccedere, gli eccessi erano una fatica deleteria, un inganno surreale, mentre piccoli indizi, imperfezioni.. Quelli erano umani, rassicuranti. Un pò come le menzogne: maschere ingenue, fragili, laddove la verità stessa poteva essere distorta per essere affilata e letale come una lama.
    Così si mostrava allarmato, disorientato quasi, ma guardingo e saldo dopo quella iniziale esitazione. Sapeva bene che in quel momento era troppo disorientato e indebolito dal viaggio, per uno strenuo confronto, ma apparire troppo debole o una minaccia troppo grande, avrebbe reso un confronto inevitabile. D'altro canto, poteva permettersi ogni rischio: alla peggio, sarebbe stato tutto un trascurabile ritardo. Mentre se la fortuna lo avesse assistito.. Doveva essere previdente, senza dubbio.
     
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    Sta parlando! In una lingua aliena e incomprensibile, ovviamente.
    Che sia un naufrago? Pare troppo sicuro di sé per essere qui per caso. Forse è un coglione simile a te, un viaggiatore troppo convinto che ha pensato "ma io parlo inglese, la lingua del Grande Impero! Anche se vado in un altro mondo, di sicuro mi capiranno."
    All'occorrenza, troverete comunque il modo di comunicare. Hai fatto pratica con Xar, sei ormai un'esperta nelle parole stentate e gesticolii scimmiesch-

    Ha parlato ancora. In Endlossino, questa volta.
    Allora non è un naufrago! O forse ha un aggeggio traduttore. Chissà. Ad ogni modo, quello che sta dicendo non ti piace. Ti accucci ben bene nel sottobosco, schiena contro un tronco d'albero, lo zaino stretto contro il petto.
    Cacci dentro l'erbario, tiri fuori un paio di boccette. Ti dà sicurezza stringere le pozioni tra le dita.
    Calmante, fumogeno: gli ingredienti giusti per una fuga.

    Mostrarsi come richiesto è fuori discussione: lui è brutto, è incappucciato, e probabilmente cattivo. Non sei abituata a fidarti degli estranei, specie se sono loschi individui appena spuntati da un portale pieno di nebbia.
    «Chi essere tu?» urli di rimando «Amico o nemico?»
    Una mossa rischiosa. Parlando hai segnalato la tua posizione, e strisciare via nel sottobosco ti metterebbe ancora più in mostra.
    Speriamo che non ti attacchi a distanza con qualche magia brutta: basterebbe una palla di fuoco per friggerti viva, rincantucciata come sei tra erba e cespugli.
    Sai, forse avresti fatto meglio ad andare via subito.
     
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    Mordred Le Fay



    La domanda che alla prima pareva destinata a restare senza risposta, ne ebbe una al secondo tentativo. Pensava di dover fare più tentativi prima di avere una speranza di successo, ma la voce che gli giunse in risposta parlava con sommo interesse della figura in nero, un distorto dialetto dell'albionico antico, più precisamente del comune volgare. Non era strano che non avesse risposto al primo appello: in pochi avrebbero compreso alcune delle parole della lingua arcaica di Albione, ristretta al circolo avaloniano, aveva trovato blandi riscontri unicamente nelle terre i cui confini erano riconducibili a Faerie. Se non fosse stato scosso dal trasporto, probabilmente non avrebbe nemmeno tentato.
    D'altro canto il comune volgare non era stato estremamente difficile da trovare, specie nei mondi i cui confini erano labili quanto quelli di Albione, in cui le influenze erano state molteplici. La pronuncia invece era estremamente insolita, quasi quanto la costituzione della frase.
    -Val'à Pashara..-
    Recitò in tono austero la formula di presentazione, irrigidendosi verso la voce e portando indice e medio sul cuore, rivolti verso l'esterno, lasciando ricadere lungo il fianco la mano stretta sul fungo e volgendo dalla penombra lo sguardo acuto.
    -Mi poni una domanda.. Inappropiata. Non conosco chi tu sia, ne dove ci troviamo. A giudicare dal contesto dovrei porla io, sembri essere più a tuo agio di me in questo posto..-
    Recitò con diplomazia impeccabile, lasciando che la domanda perdesse di senso con eleganza, prima di passare a cercarla discretamente con lo sguardo. Già, a giudicare dal tono della voce sembrava femminile, di età ancora giovane. Avrebbe potuto essere un inganno, non sarebbe stato il primo, ma la reazione non sembrava adeguata. Ad ogni modo preferiva non esporsi e una risposta tanto banale quale "sono un amico", sarebbe stata probabilmente sospetta quanto inutile. Agendo con prudenza d'altro canto..
    -..Per quel.. Che vale, invece: il mio nome è Mordred Le Fay, cavaliere della spina e del cerchio, signore di Avalon e protettore di Albione.. -
    "..il Senzavolto del Fato, cavaliere nero reietto, sacerdote decaduto di Avalon e flagello di Albione.. O di quello che ne rimane."
    Quindi la figura si distese appena, rilassando la muscolatura con un respiro più profondo, calcolato con precisione, che parve suggerire un'immensa stanchezza malcelata sotto gli indumenti scuri, costellati di argento. Lo sguardo si distolse un istante, mentre i sensi si allertavano, tentando in quel frangente di cogliere maggiori dettagli. Finchè non avesse recuperato parte del suo completo potere, avrebbe evitato di attirare l'attenzione, avrebbe trovato delle persone cui aggrapparsi e avrebbe atteso.. Si, avrebbe atteso che il momento propizio si palesasse.
    Ora poteva notare chiaramente come la perdita di contatto con gli spiriti naturali e il contatto flebile con l'Oltre lo menomassero, quasi fosse privo di alcuni dei cinque sensi. Aveva bisogno di un riparo.. E di un luogo in cui alimentare le proprie conoscenze.
    -..Ora che mi sono presentato, vorrei chiederti di fare lo stesso.. Rendendoti noto che è estremamente vile, anche fra avversari, restare nell'ombra di fronte a un individuo noto.. Oltre che sospetto, almeno nel luogo da cui provengo. -
    Concluse, rilassando l'espressione e sollevando appena il viso, sollevando lo sguardo in cui si leggeva ancora un accenno di sospetto ben soppesato. Un contrasto interessante, come le espressioni fossero studiate e perfette, seppure il volto mantenesse tratti e uno sguardo tanto freddi, simili a quelli di una statua. Ma del resto, poteva essere forse ricondotto ai tratti sottili e austeri, o allo sguardo insolitamente luminoso e distante. Poteva?.. Eppure la voce era melodica e profonda, musicale, solo le parole severe e soppesate la diluivano nel'aria.
     
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    Avalon, Avalon... Un nome già sentito. Libri di storia? Di favole? C'entrava Re Artù, ti pare.
    Quindi l'incappucciato è un personaggio delle fiabe? Se lo è, di certo non ha l'aria del protagonista. Non c'era anche un mago cattivo nella storia? No, forse il mago era buono e la strega era cattiva.
    Chissà perché, poi, nelle storie, le donne con la magia sono sempre malvagie.

    «Te leva cappuccio e me esce di qua.» rispondi, senza lasciarti intimidire dalle parole dell'uomo. Perché non v'è troppa differenza, per te, tra l'essere nascosti in piena luce e l'esserlo ai piedi di un albero.
    «Me Amber Focus. Questa essere Endlos. Tu qui per scelta o per caso?»
    La lingua pare conoscerla, anche se l'accento è strano. L'ha imparata magicamente varcando il portale? Non è giusto!
    Hai sentito parlare di viaggiatori che vengono deformati nell'attraversare la trama dei mondi. Persone che si trovano con capacità in più, mutazioni meravigliose, idee nuove. Ma anche gente che arriva con il corpo rivoltato come un calzino, gli organi appesi all'esterno come festoni.
    A te non è accaduto nulla di strano, né in positivo né in negativo. E forse, è meglio così.

    Ma non divaghiamo. Le possibilità sono due: o è qui per scelta, e sa esattamente cosa fare, o è un naufrago bisognoso di aiuto. E nel secondo caso tu, che su Endlos vivi già da qualche mese, potresti forse essergli d'aiuto. Aiutarlo ad ambientarsi.
    Ad un piccolo prezzo, ovviamente.
     
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    Mordred Le Fay



    Si concesse alcuni istanti per assicurarsi del significato delle parole dell'altra, mentre spostava impercettibilmente il peso da un piede all'altro, quasi a tentare di abituare il proprio corpo ad un cambiamento improvviso. Quindi, dopo alcuni lunghi istanti, un mormorio di gola mostrò che stava valutando la richiesta. Lo sguardo sotto l'orlo del cappuccio si dirigeva lentamente verso il punto d'origine della voce. Come se quell'ammasso di vegetazione potesse difenderla. Come se ci fosse sicurezza nell'ombra. Una ragazzina, o forse un mondo ingenuo: esistevano voci fra le pieghe delle ombre, mani protese nell'oscurità, voce da cui non c'era riparo.
    -Il mio ordine è abbastanza rigido al riguardo, comprendi bene le mie parole. Scosterò il cappuccio, ma presta attenzione perchè sarà per un'unico, breve lasso..-
    Le mani sovrastate dallo scintillio delle placche di metallo si sollevarono lentamente verso i lembi del tessuto, rigirando il fungo per sostenerlo fra due dita e sollevando i lembi del cappuccio con delicatezza dal capo per reclinarlo appena indietro, lasciando che il volto uscisse dalla penombra il tempo sufficiente affinchè lo sguardo si abituasse alla vista, avvolto dalla liscia cortina scura. Conscio del punto approssimativo in cui la voce si levava, lo sguardo iridescente era puntato col suo taglio sottile in attesa, lasciando in secondo piano i tratti pallidi in netto contrasto coi lucidi ciuffi corvini.
    Attese solo alcuni brevi istanti, prima di riaccomodare lentamente il cappuccio, con movimenti studiati, lasciandolo adagiare sul capo scuro, chinandolo appena per agevolare il gesto.
    -Se la mia buona fede è stata dimostrata, gradirei ora vedere il mio gesto ricambiato e parlare come si confà a persone civili, Ambra-Shei..-
    Accennò a mezzo tono, chinando appena il busto in avanti e nascondendo nell'ombra uno sguardo freddo e vuoto, lasciando che la voce scandita e volutamente rallentata pronunciasse le parole, variandone l'accento e la pronuncia nella più personale variante. Solo allora si sarebbe nuovamente raddrizzato, con un lieve oscillare del manto scuro, emulando il gesto di rassettarsi i bracciali metallici con le reciproche mani. Tutti quei convenevoli erano estremamente irritanti, difficilmente avrebbe tollerato una perdita di tempo tale, secoli e secoli prima. Ma aveva appreso presto l'arte della pazienza e la sottile arte della diplomazia, d'altro canto: merito della sua "vita passata", per così dire. E poi il tempo era dalla sua.
    Finse pazienza, limitandosi a studiare il fungo lentamente, rigirandolo nella destra e avvicinandolo al viso per studiarne l'odore, prima di avvicinarlo alle labbra con un leggero morso. Il sapore familiare era particolarmente intenso e non estremamente diverso da quello che conosceva. Ovviamente avrebbe potuto essere velenoso, ma era un rischio calcolato che poteva permettersi: quantomeno avrebbe contribuito ad accelerare le cose. Il boccone perse presto sapore, ricadendo nel corpo senza lasciare altro che una sensazione di insoddisfazione. Da tempo il cibo aveva smesso di soddisfare quel simulacro, per quanto il sapore restasse invariato.
     
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    La tua testolina fa capolino tra le fronde, i capelli scuri e scompigliati indistinguibili dal cespuglio in cui ti trovi. Gli occhi ambrati si fissano sul volto di lui, appena visibile sotto il cappuccio ora rialzato.
    Anche con la cappa alzata, continua a sembrarti il gran cattivo di un poema cavalleresco più che uno sfavillante eroe. Chi c'era di cattivo nella storia di Artù? La strega cattiva!
    L'incappucciato non ti sembra una donna, ma mai dire mai. Hai incontrato femmine coi pantaloni a Merovish, ormai non ti stupisci più di niente.

    Esige di parlare con te a volto scoperto, e così sia. Dopotutto, se avesse voluto - o potuto - ucciderti, di certo l'avrebbe già fatto.
    «Me Amber ebbasta, no, Ambra-Shei.» spieghi mentre ti tiri in piedi, le mani alte in segno di resa, ed esci pian piano dal sottobosco. Parli male, va bene, ma almeno il tuo nome pensi di averlo scandito con chiarezza.
    Che quello Shei fosse invece un titolo onorifico? Magari ti ha appena dato della damigella, anche se la cosa sarebbe alquanto buffa. Madamigella Amber della casata degli Ember! Principessa dei funghi, del fango e delle pozioni malriuscite.

    «Te no ancora risposto. Serve aiuto o sa già dove andare? Perché io avere funghi da raccogliere.» spieghi un poco risentita, come se erbe e radici valessero per te più delle persone.
    E forse, a ben pensarci, è esattamente così.
     
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    Il volto del cavaliere si sofferma per alcuni istanti a squadrare l'altra con intensità, quasi valutandola con attenzione non indifferente, prima di oscillare in un lieve segno di assenso che pareva riflettere la soddisfazione del figuro.
    Le braccia si distesero lentamente, coprendosi in parte del morbido tessuto del mantello, mentre la figura selezionava con cura le parole di risposta e quelle dell'altra.
    -Molto bene, Amber-Shei Ebbasta..-
    Annunciò quindi lentamente, prima di raccogliere per un breve istante le idee. Scostò lo sguardo solo qualche istante sotto il cappuccio, osservando un istante i dintorni, oscillando appena le spalle solo per permettere ad una foglia dozzinale di abbandonare la spalla su cui era ricaduta.
    -Credo si possa dire che sono quì per un motivo, ma questo non dipende interamente da me, quindi alla fine dei conti la mia condizione attuale è simile a quella di un profugo in terra straniera..-
    Spiega lentamente, scandendo le parole quasi ad assicurarsi dell'adeguatezza di ognuna, cosa che a un osservatore attento può sembrare riconducibile tanto al disagio causato dal linguaggio poco usato nel tempo, quanto alla strana abitudine di tentare di rendere chiaramente e senza fraintendimenti la la propria impressione, per quanto minimi questi possano essere. Cosa che senz'altro contribuiva a donargli un'aria rigida e insolita.
    La cosa era peraltro spiegabile, per quanto il mistero sarebbe dovuto rimanere tale, per il momento. In questo accurato scambio di informazioni, però, Mordred pareva più intento a scrutare l'aspetto della sua interlocutrice ora che a preoccuparsi del dialogo in se. Indubbiamente sono insoliti per fattura e materiali. La voce e il corpo dell'interlocutrice sembrano quelli di una ragazza, nonostante tutto. E perlomeno non sembra pericolosa, giudicando come ha reagito alle volte in cui egli ha volontariamente abbassato la guardia.
    Inoltre sembra estremamente diffidente, una cosa a cui sarebbe stato meglio porre rimedio.. Per quello avrebbe necessitato di alcune informazioni in più sulla figura all'apparenza umana. A quel proposito però, credeva di aver trovato un appiglio.
    -Funghi.. Per cucina o distillati?.. Mia madre era solita raccoglierne spesso, da dove vengo..-
    L'argomento e le parole sembrano farsi gradatamente più intime, mentre la voce si abbassa in maniera lieve e graduale, quasi a tentare di intillare il bisogno di avvicinarsi per udirne meglio e con certezza le parole. Se l'impressione che ha avuto è quella giusta, avrebbe potuto attirare l'interesse della creaturina quanto bastava a dissimularne i dubbi in seguito.
     
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    Questo tipo non è normale.
    Per essere un naufrago, è fin troppo tranquillo riguardo la sua situazione. Perché si interessa ai tuoi funghi anziché preoccuparsi di trovare cibo, sicurezza e un tetto sulla testa? Potrebbe chiedere che posto sia questo, almeno. Fare le tipiche domande da naufrago. Insomma, preoccuparsi per la propria sopravvivenza.
    Com'è stato per te arrivare su Endlos? Sicuramente non così. Certo, tu sei capitata in un posto molto più aspro di queste foreste. Il trittico "trovare cibo, sicurezza e una casa" diventa oltremodo impellente, quando intorno a te ci sono solo sabbia e calore.
    Forse si è rilassato vedendo queste foreste all'apparenza così gentili. E ha pensato che se una mocciosa come te può girarci indisturbata, probabilmente può farlo anche lui.
    Cambierà idea al primo incontro con uno Pferdagen selvatico.

    «Funghi pe alchimia.» replichi, incrociando le braccia.
    Non hai molta voglia di parlarne, sinceramente: per quanto sua mamma fosse un'abille cagna da tartufi, dubiti gli abbia insegnato molto sulla flora di Endlos. E passare un pomeriggio a raccogliere piante in compagnia di uno sconosciuto incappucciato non è esattamente il tuo massimo ideale di "divertimento".
    «E visto che te continua a no rispondere, me torna a miei funghi. Divertiti a perderti in giro.» dici, facendo per allontanarti.
    Già due volte gli hai chiesto se volesse indicazioni, e per due volte ti ha ignorato. Se è così interessato a conversare da solo, parlasse pure con un albero.
     
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    Mordred Le Fay



    Osservò il fare della ragazza col solito atteggiamento distante e criptico, mentre il capo si inclinava appena su un lato, lasciando scivolare le ombre che gli oscuravano il viso come una coltre liquida. Era abbastanza assorto, del resto la ragazza non sembrava soddisfatta della risposta ricevuta. Si era forse espresso male? Probabilmente un problema linguistico, anche se quella ragazza sembrava avere indubbiamente un'attitudine insolita rispetto agli standard con cui si era abituato. La osservò imbronciarsi, o per meglio dire farlo ulteriormente, visti i toni già aridi. All'inizio li aveva corrisposti all'incontro imrpovviso e alla differenza culturale, ma ora iniziava a farsi un'idea del carattere della giovane. Probabilmente sarebbe stato più semplice strapparle il cuore dal petto e proseguire oltre, ma non gli avrebbe recato nessun effettivo vantaggio. Inoltre sapeva bene che era consigliabile non fare mosse azzardate fin quando le regole del gioco non erano chiare, e lui era appena entrato in partita.
    -Come ho già detto, la mia situazione è quella di un profugo in terra straniera. Forse quì il termine ha connotazioni differenti: esule, naufrago, rendono un'idea più chiara della mia situazione?.. Ho già spiegato di essere un cavaliere e che sono quì per un motivo chiaro, questo tuttavia non cambia la situazione generale dopo il mio arrivo.-
    Ripetè in termini più chiari, avendo cura di scandire i toni. Questo prima che lo sguardo si assottigliasse, facendosi penetrante sulle spalle di lei, simile ad una pesante lama.
    -E ripeto, nel caso non si fosse inteso, la scortesia dalle mie parti è poco meno che un'offesa e quando intenzionale può portare a conseguenze non trascurabili. Mi stai volgendo le spalle..-
    La voce era variata appena, più bassa e melliflua, eppure anche più fredda e distante. Allo stesso tempo più e meno umana: era come se esprimesse finalmente una qualche emozione, ma non era piacevole, affatto, per quanto il tono vellutato sembrasse voler dimostrare il contrario, qualcosa nell'intonazione delle parole ed esse stesse, parevano di un avviso inquietante.
    E ciò nonostante ciò che davvero era di un certo peso in tutto ciò, era il dito volto a indicarle la schiena. Infatti la mano sinistra era stata appena sollevata, avvolta di nero e acciaio, all'altezza del fianco, l'indice rivolto verso di lei in maniera stranamente asincrona al discorso.
    Era più che certo che la ragazza lo stesse prendendo sottogamba, e per quanto volesse evitare di dare un'impressione sbagliata da subito, voleva ancor meno dare l'impressione di essere uno sprovveduto.
    -Ho acconsentito alla tua richiesta di mostrarmi apertamente, non ho aggredito la tua persona ne ritengo di averti offeso in qualche modo, sin'ora..-
    Asserì, accentuanto in maniera blanda l'ultima parte, quasi a lasciare un dubbio al proposito dell'intenzionalità della cosa, prima di proseguire.
    - Cionondimeno, prescindendo il tuo comportamento, tu appari sospetta ai miei occhi nonmeno di quanto io potrei apparire ai tuoi, e se di questo ci fosse motivo, ciò sarebbe di danno alla mia missione, cosa che non posso permettere.. Quindi, ti suggerirei di non prendere la situazione sottogamba e dedicargli invece il giusto peso. Agire impulsivamente senza riflettere sulla situazione potrebbe porre entrambi in delle posizioni.. Spiacevoli..-
    Accennò, concludendo con un blando e vuoto sorriso, prima di abbassare lentamente il dito, come a volersi concedere il beneficio del dubbio. O piuttosto come qualcuno avrebbe abbassato la canna di una pistola, forse, ma questa era una libera interpretazione del resto.
     
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    Sbuffi e rotei gli occhi, esasperata dal suo comportamento.
    Scusa, ma che cazzo vuoi da me esattamente!? vorresti urlargli in faccia.
    Mi sono fatta vedere da te, nonostante quello più losco sia TU. Sono stata gentile, ho chiesto se avevi bisogno di aiuto, mi sono offerta di accompagnarti in città. Ti ho persino regalato un fungo! Ti sembra mancanza di educazione, questa? Mi sembra di essere stata impeccabile nella mia accoglienza. Tu invece continui a fare il misterioso, ad ignorare le mie offerte di aiuto, e ora ti lamenti... di cosa, esattamente?
    Non mi piace il tuo atteggiamento. Non mi piace che tu cerchi forzatamente di fare conversazione con me, come se io fossi un uccellino da attirare con le briciole.
    Non hai voluto il mio aiuto? E allora vattene a fanc-


    «Esserci città no lontano da qui.» replichi freddamente, continuando a dargli la schiena.
    Una mano nel cestino, stappi una boccetta nascosta sotto lo strato di funghi. La nebbiolina che ne esce, bianca e vaporosa, ben si mescola alla bruma già presente nella radura.
    «Istvàn essere a ovest di qui. Fuori da foresta, te vedi grossa città su fiume. Quello luogo sicuro. A Sud invece esserci altopiano di Garwec - lì altra città, ma anche fulmini e tempeste. No buono.»
    Inspiri profondamente. Senti di aver bisogno anche te di quel tonico calmante, che ora spargi nell'aere per cercare di ammansire il bastardo.
    Perché urlargli in faccia sarebbe soddisfacente, ma anche inutilmente rischioso. Hai cose da fare, piante da raccogliere, e non val la pena di perdersi a bisticciare con uno sconosciuto.
    Ingoia l'orgoglio e continua per la tua strada.

    «Se noi no si fida a vicenda, me no vede senso di proseguire insieme.
    Te continua a muoverti chieto, e mostri dovrebbe evitare te. Buona fortuna.
    »
    Un attimo di pausa, in attesa di eventuali saluti - o attacchi. Fatti gli ultimi congedi, avresti ripreso bastone ed erbario, lasciati dietro il cespuglio, per poi rimetterti sulla tua strada.
    Strano che in una situazione simile inizi quasi a mancarti Merovish.


    Tecnica utilizzata
    CITAZIONE
    Darjeeling white tea
    Una boccetta contenente una miscela di té bianco estremamente dolce. Se lanciata per terra, si frantuma creando una nube biancastra dagli effetti rilassanti e tranquillanti.
    [Medio, 7 metri di diametro, 2 turni di durata]
     
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    Lo sguardo alieno segue le spalle della figura indecifrabile, mentre questa si arresta, probabilmente l'unico gesto ad avere una qualche effettiva rilevanza in quella situazione delicata. Era evidente che in quel mondo l'etichetta non era nemmeno lontanamente ai livelli della civiltà Avaloniana. In tal caso.. Non avrebbe avuto nessun bisogno di agire con delicatezza in futuro. Un bagliore non dissimile da un acceso acume affilò appena l'espressione nello sguardo del cavaliere, mentre questo inclinava parzialmente il viso superando con un passo scricchiolante un largo arbusto, spezzando la distesa di foglie secche ai suoi piedi, mentre la voce dell'altra si piegava sviscerando alcune approssimative informazioni.
    Riflettè appena sul da farsi, immobile, in silenzio, nella rigida staticità di un felino in agguato, mentre valuta il da farsi, seguendo le movenze dell'altra con un'attenzione parziale e distaccata, come se ogni cosa dovesse passare sotto suo esame, ma nulla lo toccasse veramente. Come se non fosse di quel mondo in più di un senso, come se si muovesse al di fuori di quel torrente palpabile. Inspirò la nebbiolina senza far nulla, accennando al seguito solo un movimento acuto nello sguardo, un lieve guizzo, quasi in risposta all'influsso. Eppure restava lì, impassibile, penetrandole la schiena con lo sguardo. La situazione non pareva essere cambiata, se non per una possibilità, un'occasione che forse in futuro avrebbe potuto essere davvero di qualche utilità: una persona sveglia si sarebbe resa conto che quell'essere non agiva in preda alle emozioni, ma in risposta ad un imperativo logico e calcolatore, freddo, vuoto. C'erano solo due spiegazioni: o quel cavaliere riponeva davvero un innato ed enorme senso del dovere, verso quell'etichetta e quella disciplina rigida, e non era una sensazione a guidare le sue scelte, quanto piuttosto una condotta morale.. O quella creatura valutava semplicemente la vita come un qualcosa da lasciar persistere solo dietro un'attenta valutazione. Era difficile prevedere se una ragazza avrebbe prestato attenzione alla sua reazione, se ci avrebbe riflettuto, se mai fosse arrivata a tirare delle somme e se avesse deciso infine di scrollarsi di dosso la cupa verità per scegliere un dubbio rassicurante o una dolce bugia.
    -Ne prenderò nota, Amber-Shei..-
    Una mano guantata si solleva lentamente, ancora una volta, minacciosa. Si adagia solo lentamente sul tronco dell'albero appena superato, raschiando col tocco un sottile strato muschioso, mentre la gemella lascia cadere il fungo mangiucchiato al suolo e la voce si fà appena più remota, impercettibilmente meno umana.
    -Sono certo che lo faranno. Ricambierò il favore.. Quando ci reincontreremo. Val'à Pashara..-
    Esibì in una scandita e inquietante promessa, portando appena la mano ora vuota a carezzare un ciuffo di capelli corvini per alcuni lunghi istanti, prima di volgersi in un fruscio di manto verso sud-ovest, all'incirca, appariscente e perfettamente calcolato, quasi un passo di danza su un tappeto di foglie morte e carezzevoli tentacoli di foschia, prendendo a camminare verso la bassa nebbia, senza altre parole se non un vacuo sorriso appena increspato, fasullo, scivolando fra le fronde sino a fondersi con le ombre nella nebbia, senza esitazioni, quasi come un'apparizione dell'immaginario, come il personaggio di una storia, un ricordo di sogno.. O il preludio di un incubo.
     
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