I Giorni che Verranno

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    Poche gocce di pioggia erratiche provvedevano a impregnare l'aria notturna di Klemvor di un odore di acquitrino che Drusilia non aveva mai avuto modo di sentire nella città delle macchine. Prese coscienza di se sulla sommità di un colossale palazzo invaso dalla vegetazione, un edificio basso ma largo e imponente di cui doveva aver memoria dato il suo aspetto caratteristico, ma che era quanto mai difficile da tirar fuori dalle nebbe della propria memoria. Un'occhiata sommaria non bastava a capire dove si trovava, perché non senza una certa sorpresa la Dama del Vento scoprì di non riuscire ad orientarsi. Era sicuramente a Klemvor, ma allo stesso tempo aveva la netta sensazione di trovarsi in un altro luogo. Verso il centro della città, laddove spicca la figura alta e snella dell'approdo, vi erano solo edifici residenziali e larghe vie simili ad imponenti fiumi di asfalto tappezzate di radi alberi incolti e file infinite di auto abbandonate. Al tempo presente, Laputa troneggia come un monolitico titano d'epoche antiche e l'Alfiere si sarebbe aspettata di vederla sospesa sul proprio approdo, il presidio errante condotto fin su Endlos da Raylek oltre un decennio prima. Ma invece lì dove doveva trovarsi la Città dei Cieli non c'era alcunché, nessun segno anche solo della sua esistenza. Ma non era nemmeno quello il motivo del disagio e smarrimento indotto nella Dama dei Venti. C'era dell'altro che provvedeva a generare una pressante sensazione di straniamento, qualcosa di più evidente... le luci!!! Era notte fonda, eppure Klemvor era al buio. Le Luci di Klemvor che da sempre sono caratteristica della città delle macchine erano spente, i grattaceli freddi cadaveri in penombra a malapena bagnati dalla luce lunare. Qualcosa era andato storto oppure...?

    « Cavolo, ho toppato di nuovo. »
    La figura minuta di fianco a Drusilia si issò a sedere, stropicciò gli occhietti invasi dal sonno e tentò di scacciare via il senso di sonnolenza che le prendeva fin troppo spesso quando si immergeva in quel genere di safari nei sogni. Si abbandonò ad un profondo sbadiglio assonnato e, nel mentre, tentò di spiegarsi anche se la voce ne uscì pasticciata e le parole smangiucchiate.
    « Credeho shi fosshero sholo i racconti di cui parlavi tu, yawnn... »
    La bambina si stiracchiò e abbandonò le braccia in grembo, guardandosi attorno.
    « Che c'è, non avevi capito che venivo anche io...? Voglio vedere una cosa, e poi da sola ti perderesti sicuramente. Adesso siamo in una storia che si interseca con le cronache che volevi visionare, niente di cui allarmarsi troppo. Dammi un istante, vedo di trovare il racconto giusto. Cavolo, ce ne sono un sacco! Storie e leggende di tutti i tipi. E' peggio di trovarsi a rovistare fra le storie di Charles Lutwidge Dodgson, ci sono talmente tante ficcy che non capisci più dov'è l'originale e quali sono le versioni fake. Avrei dovuto prendere traccia dell'aura spirituale del tuo amico, pensavo fosse l'unico a scrivere storie su questa città di pidocchietti, e invece... Hai visto il mio cappello, per caso...? »

    Mentre parlava iniziò pigramente a tracciare linee luminose nell'aria con il dito indice, generando cerchi e rune magiche che brillarono di fronte a lei andando a formare lentamente figure geometriche. Nel farlo, con la mano libera, sistemò la mantellina scura, guardandosi attorno distrattamente per vedere se il suo copricapo era caduto da qualche parte nelle vicinanze. Proprio allora, ci fu un sussulto come quello di un terremoto. Riful smise di tracciare i segni nell'aria per capire cosa stava accadendo, poi si rese conto che la parte centrale dell'edificio su cui si trovavano si stava aprendo. Evidentemente catalogò quell'evento come "irrilevante", perché lo ignorò immediatamente per tornare a concentrarsi sulle sue rune. Drusilia invece poté assistere all'apertura della torre, dove la parte centrale era un'enorme valvola a spirale che una volta schiusa rivelava un cratere buio che sembrava precipitare dritto verso il centro della terra. Scarichi di gas riempirono l'aria, e per un po' non accadde niente. Finché poi, sul bordo del cratere, ecco che compare la figura minuta di un bambino... poi un altro. E altri ancora. Due dozzine in tutto, fanciulli in tera età, otto-nove anni al massimo. Quasi tutti sono albini, si somigliano in modo inquietante. Tutti indossano tute aderenti in materiale sintetico ed hanno ai piedi schettini iper-tecnologici che Drusilia può riconoscere facilmente. Air Treck, le calzature degli Storm Riders.
    Una volta che anche l'ultimo superstite di quel gruppetto è tratto in salvo, tutti iniziano a guardarsi attorno meravigliati. Sembra sia la prima volta che vedono il cielo, la luna, le stelle... Alcuni sorridono, anche se non sembrano sapere bene il perché. Altri scoppiano a piangere, oppressi dalla sensazione di smarrimento oppure per la spossatezza, o per le ginocchia che buttavano sangue lì dove avevano sbattuto chissà quando. Uno in particolare si stacca dal gruppo, e da l'impressione di avvicinarsi a Drusilia. Attraversa la Dama del Vento come uno spettro -anzi, come se lo spettro fosse proprio Drusilia stessa!-, poi si avvicina al bordo del palazzo e si siede, rimirando la volta stellata.

    « Sora...! »
    Dice, tutto contento. Sbatte i piedini nel vuoto e si crogiola alla brezza fredda della sera.
    « Adesso che siamo fuori abbiamo bisogno di un nome, no...? An29211 andava anche bene, però mi sa che è lungo da spiegare. Sora mi piace. Chiamatemi Sora, da questo momento in poi... »
    Cos'è che aveva detto Black Burn a proposito del suo nome...?
    « Fatto. Credo di aver trovato la fiaba corretta. Che c'è, sei pronta...? »

     
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    Quello che apparve agli occhi di Drusilia fu... bizzarro.
    Illuminato dalla poca luce che filtrava dal cielo, uno strano paesaggio a lei familiare ma molto diverso rispetto a come appariva nei suoi ricordi faceva capolinea nella Città delle Macchine, spiazzandola. C'era anche l'Approdo... ma Laputa no.

    « Cavolo, ho toppato di nuovo. »

    Una vocina attirò la sua attenzione, sbadigliando rumorosamente.

    « Credeho shi fosshero sholo i racconti di cui parlavi tu, yawnn... » disse una bimba simile a lei in modo inquietante « Che c'è, non avevi capito che venivo anche io...? Voglio vedere una cosa, e poi da sola ti perderesti sicuramente. Adesso siamo in una storia che si interseca con le cronache che volevi visionare, niente di cui allarmarsi troppo. Dammi un istante, vedo di trovare il racconto giusto. Cavolo, ce ne sono un sacco! Storie e leggende di tutti i tipi. E' peggio di trovarsi a rovistare fra le storie di Charles Lutwidge Dodgson, ci sono talmente tante ficcy che non capisci più dov'è l'originale e quali sono le versioni fake. Avrei dovuto prendere traccia dell'aura spirituale del tuo amico, pensavo fosse l'unico a scrivere storie su questa città di pidocchietti, e invece... Hai visto il mio cappello, per caso...? »

    Drusilia fece un cenno negativo, prima di alzarsi e guardarsi attorno.
    Intravide dei Riders, e questo poteva aspettarselo, se non fosse per la loro spaventosa somiglianza.

    « Sora...! » disse uno, contento, dopo averla letteralmente attraversata, come se fosse un fantasma « Adesso che siamo fuori abbiamo bisogno di un nome, no...? An29211 andava anche bene, però mi sa che è lungo da spiegare. Sora mi piace. Chiamatemi Sora, da questo momento in poi... »

    Improvvisamente le tornò in mente la storia dei nomi cacciata inavvertitamente da Black Burn qualche giorno prima. Anche lui era albino. E Laputa non esisteva ancora... quindi il ricordo doveva necessariamente risalire a più di tredici anni prima. Che fosse uno di quei bimbi?

    « Fatto. Credo di aver trovato la fiaba corretta. Che c'è, sei pronta...? »

    -Un attimo solo- prese tempo, avvicinandosi con garbo al gruppetto di bimbi nel tentativo di riconoscere le loro facce. Tanto era un fantasma, no? Non potevano vederla, quindi aveva campo libero -Forse ho capito dove ci troviamo. Riesci per caso a rintracciare o capire chi ha scritto questa storia?

     
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    « Certo che ci riesco, per chi mi hai preso?? »
    Non ci siamo. Non andava affatto bene, in quel modo. Non con quel tono di voce, e non con quella pessima scelta di parole. Riful imbronciò il visetto, mise le mani sui fianchi guardando malissimo Dru, poi con uno sbuffo piccato incrociò le braccia al petto, dichiarandosi arrabbiata. Lei è quel genere di persona a cui piace essere pregata, e sopratutto le piacciono le lodi e stupire le persone. Quella di viaggiare fra le storie era un tipo di incantesimo particolarmente complesso, e lei si vantava di essere probabilmente l'unica persona su tutto il semipiano in grado di riuscirci. Sicuramente la sola capace di farlo senza la fonte diretta del racconto, dato che un conto è immergersi in un libro e renderne i contenuti reali, un conto era visionarlo in quel modo sfruttando i ricordi diretti proiettati sul tessuto del malestrom di coloro che lo hanno letto, vissuto e amato. Drusilia avrebbe dovuto come minimo sgranare gli occhi, riempirla di domande, quanto meno mostrarsi interessata. Invece quasi non l'aveva calcolata, neanche quella manica di marmocchi fossero più importanti di lei. Che poi non erano affatto interessanti. Era semplicemente dei mocciosi spersi che stavano giocando a darsi dei nomi, tutto qui. Oltretutto si capiva lontano un miglio che quel posto non era la Tokyo che gli abitanti di Endlos chiamano Klemvor. Certo, ci somigliava un po'. Ma non era la stessa città, poco ma sicuro.

    « Pfiù. Come se fosse complicato individuare la fonte di un ricordo o l'autore di una fiaba. Se tu avessi una percezione extrasensoriale decente sapresti farlo da sola, senza scomodarmi. » Seguitò a manifestare apertamente il suo disappunto, poi per grazia divina si abbassò a rispondere alla richiesta di Drusilia, anche se ormai il suo iniziale buonumore -che la rendeva ben disposta verso gli altri- si era guastato, di lì a poco avrebbe anche ripreso a fare i capricci. « Sono chiaramente quei due cosi. » Asserì con aria snob, indicando una coppia di bambini che, in disparte dal resto del gruppo, stavano immobili tenendosi per mano. Albini, magrissimi e dal viso l'uno identico all'altro, due autentiche gocce d'acqua. Era il tipo di tuta sintetica che indossavano a tradire il loro sesso: uno era un maschietto e l'altro una bambina. « Uno dei due avrà lasciato un qualche tipo di diario, ma per ora è impossibile capire chi dato che hanno una traccia spirituale quasi identica. E' questo che mi ha tratta in inganno: stavo cercando una storia mai letta, ma a quanto pare il tuo stregone ha avuto più fan di questi marmocchi. »
    Ovvio: Raylek avrà sicuramente letto i rapporti di Khatep, che oltretutto all'epoca era soltanto un fantaccino. Anche Dorian Gray probabilmente aveva accesso a quei rapporti, quindi fra i lettori citati da Riful poteva probabilmente annoverarsi anche lui. Escludendo le due più alte cariche di Laputa dell'epoca, non c'erano molti altri nomi di persone che potevano aver avuto fra le mani le pergamene del sacerdote Liche di Laputa. Se ne poteva forse dedurre che quel racconto in cui si trovava Drusilia non era mai stato letto da nessuno...?

    I bambini nel frattempo si erano dispersi, correndo e rincorrendosi sul bordo metallico dell'edificio, alcuni -fra i più temerari- scavalcando le transenne per guardare in basso il deserto indistinto di quella città buia e morta. Era davvero difficile scovare dei tratti noti fra quella selva di pallidi faccini delicatissimi, tanto graziosi che non era facile nemmeno distinguere le bambine dai bambini. Drusilia istintivamente aveva cercato di ritrovare Black Burn fra loro, ma l'impresa si rivelò davvero impossibile. C'erano almeno 3-4 candidati, uno dei quali si rivelò ben presto una candidata appena si voltò verso Drusilia rivelando i circuiti impressi nel tessuto della tuta sintetica che si diramavano sui seni facendo intuire il suo sesso. Più facile, invece, fu riconoscere Orm: era praticamente la versione in miniatura della folle rider malata di zuccheri, inoltre era fra i pochissimi a non avere i capelli bianchi e gli occhi rossi tipici degli albini. Di fianco a lei, con molta e molta fantasia, si poteva riconoscere la versione chibi di "Skinface" Gabishi, nonostante la frangia che gli nascondeva il volto facendolo somigliare a Sadako. Anche se all'epoca non aveva ancora iniziato a collezionare facce restava comunque un po' inquietante, con lo sguardo fisso perso nel vuoto ed i tratti del visetto a malapena visibili fra le ciocche bianche. L'istinto rimase quindi il metodo migliore per districarsi fra i tre candidati a diventare un avvinazzato accattone sfregiato dedito al saccheggio di alcolici...

     
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    Percependo il disappunto della bimbetta, Drusilia finì per voltarsi ed osservarla per qualche secondo mentre si preparava a fare i capricci. Mentalmente, intanto, rifletteva su cosa fosse meglio fra insegnarle la modestia, ignorandola e dando ancora meno peso a ciò che faceva, o degnarla di un pò di coccole perchè ne aveva bisogno. Dalla sua già decennale esperienza di "mamma" aveva infatti avuto a che fare con i bambini, ma da poco era giunta alla nuova consapevolezza che gestire una femminuccia fosse estremamente più complicato dei maschietti: Lowarn, ad esempio, non le aveva mai dato problemi d'instabilità come lei. E se... fosse già vicina a quel periodo lì?
    Aveva undici anni, era presto ma non troppo.

    -No, è da quando ero piccola che ho perso la percezione delle auree- spiegò, avvicinandosi a Riful -Ho rifiutato l'eredità di famiglia... e mi hanno tolto le mie abilità "naturali". Quelle che possiedo ho dovuto impararle e svilupparle dopo.

    Spiegò quel dettaglio così personale senza un particolare entusiasmo, positivo o negativo che fosse, come distratta da altri pensieri. Una volta di fronte alla streghetta, la Dama del Vento arricciò le labbra, fissandole il seno: i Galanodel non diventavano fisicamente "maturi" come accadeva per gli umani, ragion per cui non avrebbe avuto conferma dei suoi sospetti da nessun segnale evidente. A parte sbalzi d'umore e le forme di una donna.
    La squadrò ancora prima di decidere che no, quella bimbetta era tutto tranne che matura.

    -In ogni caso, è un bene che tu mi abbia portata qui- continuò, tornando a fissare i bambini del ricordo -Dovrò partecipare ad un incontro politico con molti di loro, adesso adulti. Se voglio ridurre la possibilità di fare scelte stupide come il mio predecessore ho bisogno di tutto ciò che posso sapere su di loro.

    Detto questo, sospirò mestamente.
    Poi si abbassò per fissare Riful negli occhi.

    -Per questo ho bisogno dell'aiuto della bimba più bella-bellissima di tutto il Semipiano.

    Sorrise maliziosa, ed in effetti trovò quella situazione tremendamente buffa.
    Non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivata addirittura a farsi i complimenti da sola.

     
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    « Ti sei fatta espiantare o bruciare gli omen sensoriali...? Wow. »
    La sua voce stava traboccando di ironia, anche perché non si aspettava una risposta seria e dettagli personali. A dire il vero non li voleva proprio sapere quei dettagli, in qualche modo la mettevano in una condizione di svantaggio ed alimentavano la conversazione, cosa che a lei non andava per niente a genio.
    « Mi chiedo come hai fatto a sopravvivere fino ad ora. Dovresti... ecco... Che stai facendo...? »
    Drusilia aveva smesso di parlare. E la fissava. Le fissava il petto.
    Che cavolo voleva quella lì dal suo petto?
    Assunse l'espressione più infastidita della storia millenaria delle espressioni infastidite, si voltò di scatto a braccia conserte e le dette le spalle per ripicca, la mantellina corvina che ondeggiava per il movimento improvviso. Frattempo quella proseguì spiegando le sue motivazioni, dicendole anche che aveva fatto bene a condurla in quello stralcio di racconto mai letto. Riful trovò di cui irritarsi perfino in quella frase: era finita lì per sbaglio e dal suo punto di vista era una perdita di tempo. Praticamente l'Alfiere di Endlos le stava dicendo che aveva fatto bene a sbagliarsi, il che indirettamente equivaleva a farle notare l'errore. E lei odiava quando le fanno notare i propri errori, anche perché di solito lei non sbaglia mai. Anche quella situazione non poteva essere considerata un errore: come poteva sapere che esistevano così tanti stupidi che scrivono racconti e poi li nascondono...? Non era colpa sua se erano finiti lì, era piuttosto colpa della stupidità della versione adulta di quei minorati mentali.

    -Per questo ho bisogno dell'aiuto della bimba più bella-bellissima di tutto il Semipiano.
    « ... »
    Di spalle, braccia conserte, Riful rimase in silenzio e non rispose. Si ritrovò le guance in fiamme e tutto il viso che assumeva un grazioso color pesca matura. Senza aggiungere una parola, decise che era giunto il momento di una manovra evasiva d'emergenza e con un gesto imperioso richiamò il suo libro, che apparve in uno sbuffo svolazzando di fronte a lei con le pagine in pergamena che sfogliazzavano come impazzite, gli infiniti capitoli di magia e stregoneria antica che scorrevano sotto i suoi occhi fino a raggiungere la pagina voluta. Voleva il suo cappello. Stare senza la metteva terribilmente a disagio. E poi quella tizia era assurda, tutta strana, iniziava ad averne abbastanza. Frattempo un vento etereo che spirava direttamente dai meandri superficiali del Warp iniziò a sollevarle la mantellina e giocare con i capelli corvini, catturando anche la figura vicina della Dama dei Venti e circondandola in spirali di brezze circolari che sembrarono strappare via la realtà, sostituendo l'aria notturna di quel luogo con quella di una tiepida mattinata primaverile ed il cielo stellato con un oceano plumbeo di nuvolacce placide che nascondevano il sole alla vista.

    « Tzè. Non ti meriti nemmeno di vedere un ricordo così importante. Potevo lasciarti lì da sola per un po', ma oggi mi sento di umore magnanimo, capito??? Preparati, perché... » Si guardò attorno. « Credo sia il posto giusto. »
    Klemvor. Dominio delle macchine. Prima che gli avventurieri vi si addentrassero in cerca di ricchezze e prove di forza, prima che i venti dell'Undarm ne consumassero gli edifici e la flora iniziasse la sua lenta ed inesorabile opera di Reconquista. Prima della guerra civile a Laputa, prima delle Guerre della Fondazione. Ancora prima dell'Approdo, e perfino della venuta di Laputa. Una città bianca, un deserto di asfalto e cemento...
    « Sì!!! E' il ricordo giusto, ci siamo! »
    Alzò il dito indice al cielo ed una sfera trasparente, simile ad una gigantesca bolla di sapone, avvolge sia lei che Drusilia sollevandole entrambe al cielo, oltre la cima dei mastodontici edifici che puntafano fino al cielo, conducendole ad un punto rialzato dalla quale dominavano le strade della città. Lì Riful attese impaziente, saltellando sul posto e facendo saettare lo sguardo da un lato all'altro della città, in cerca di qualcosa. Qualcosa di insolito. Un movimento che non si fece attendere. « Laggiù!!! Eccola!!! Eccomi!!! » La sfera saettà via, più rapida di un ascensore. In basso si era aperta una faglia dimensionale, una vera e propria ferita sanguinante nella realtà. Scarti di energia saettavano come spire di energia elettrostatica e la pressione variò in modo sensibile, trasmettendo sin nelle viscere un inatteso senso di movimento improvviso anche da fermi. Tre figure varcarono la soglia, un uomo in nero dall'aria inquietante, un nanerottolo rosso con il volto tatuato, ed infine una figura avvolta da un'aura quasi palpabile che Drusilia dovette faticare non poco a riconoscerla. Certo, aveva già avuto modo di vedere l'aspetto originale di Riful, tuttavia... quella Riful, la Riful di quel ricordo così distante nel tempo, non aveva davvero niente a che vedere con lo scricciolo in abiti da streghetta che le stava a fianco. Due persone diverse, in tutto e per tutto, accomunate soltanto dal visetto dai lineamenti dolci e dagli abiti appariscenti: marinaretta bianca, stivaletti, mantellina e quell'enorme cappello da strega a falde larghe. A parte quei dettagli estetici, tutto ciò che riguardava la Riful argentata di quel ricordo era profondamente diverso, fin nell'essenza. Emanava un'aura di potere quasi palpabile, uno sfoggio che andava oltre la mera ostentazione e incuteva una costante sensazione di pericolo incombente. Sicura di se, incedeva alla testa del trio rivolgendosi ai propri compari con manifesta superiorità, trattandoli da inferiori anche se agli occhi di Drusilia non parevano proprio due agnellini. Il rosso aveva l'aria bellicosa e l'aspetto di un combattente navigato, ma era l'uomo sulla trentina con gli occhiali scuri da non vedente ed il lungo impermeabile scuro a provocare un moto di inquietudine. Non sembrava neanche umano, bastava guardarlo per provare... freddo.

    « Sorpresa...? »
    Disse con un sorriso malizioso la Riful versione-chibi-di-Dru, avvicinandosi alla sua controparte fino a portarsi al suo fianco, braccia puntate sui fianchi ed un'espressione di trionfo dipinta in volto. Perfino in altezza erano diverse, la "nuova" era più bassa di due dita rispetto alla controparte onirica.
    « Sono stata io a ripescare questa città dagli abissi del Malestrom. In origine era chiamata "capitale d'oriente" ed appartiene ad un mondo che non ha niente a che fare né con voi, né con quella manica di mocciosi che ti piacciono tanto, e per cui sei arrivata addirittura a stringere un patto con me, che in passato ero odiata e temuta in tutta Celentir per la mia potenza e crudeltà. Fin da quando l'ho spostata su questo insipido semipiano, un mio agente si trovava al suo interno e la teneva nascosta agli occhi degli estranei grazie a strati su strati di potenti incantesimi illusori. »
    Il trio di extraplanari si allontanò, ma Riful non sembrò intenzionata a seguirli. Dette di nuovo le spalle all'Alfiere ed incrociò le braccia, puntando in una direzione ben precisa.
    « Il problema è che non ricordo assolutamente perché l'ho fatto. »
    Disse con aria decisa. Anche se tanto decisa, in quel momento, non poteva di certo essere visto che nemmeno lei aveva la più pallida idea del perché si trovava in quel posto. Come aveva fatto, poi, a dimenticare una cosa così grossa...?
    « Prima di venire qua ho sigillato con degli incantesimi le primordiali forme d'odio e rancore che infestavano questo posto, frutto del condensarsi e solidificarsi in forma spirituale delle energie negative di parecchi milioni di individui che per secoli si sono ammassati in questa città, piccola come una scatola di fiammiferi. Ho sovrapposto alle fragili barriere pre-esistenti i miei personali sigilli, che sono capaci di contenere perfino un Drago della Mezzanotte di Celentir, e l'ho fatto per evitare che la principessa dormiente che abita questo posto liberasse quelle entità con la sua aura malefica. D'altronde, è proprio per via di quella vorace e terribile principessa che gli sciamani che proteggevano posto hanno scagliato via questa città nel warp. Non è poi una pratica così noncomune per una razza stupida e gretta come gli umani: quando un luogo diventa ingestibile o pericoloso, è cosa comune distruggerlo o gettarlo via come se fosse immondizia. In questo caso, trattandosi di un'intera città, era più facile aprire una faglia e sbatterla nel Malestrom, da dove non avrebbe più dovuto riemergere. »
    Si avvicinò a Drusilia, e levò la mano aperta verso di lei facendole cenno di poggiarvi la sua fronte.
    « Visto che non hai uno straccio di percezione extrasensoriale e non sei in grado di sentirla, se vuoi posso farti la grazia di trasmetterti in forma di sensazioni illusorie l'aura della principessa, però poi ringraziami e sii grata per il resto della tua vita. »
    Probabilmente rivedere la se stessa di allora l'aveva resa più baldanzosa del solito...


    Se Drusilia poggia la fronte contro la mano aperta di Riful le verrà trasmessa sotto forma di una specie di illusione mentale la proiezione di un'aura colossale, tanto vasta da avvolgere la città in una cappa di buio pece e insinuarsi fin nelle forme fisiche della materia. Perfino l'aura di quella versione antica di Riful presente sul posto -che pure è assai potente- sembra meno della fiamma di una candela nel bel mezzo di un incendio boschivo in agosto. Klemvor ne è letteralmente permeata, e viene spontaneo sospettare che ci possa essere una relazione fra quella tremenda aura e certe stranezze della città delle macchine... in primis, per l'appunto, il comportamento insensato dei droni che la infestano. Di certo, una tale fonte di energia negativa che ha sostato così a lungo sul posto non può essere passata senza lasciare qualche conseguenza nefasta.


    Edited by Yomi - 8/6/2015, 02:23
     
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    « Laggiù!!! Eccola!!! Eccomi!!! »

    Fin troppo spesso Drusilia si domandava il perchè delle cose.
    Le ragioni che guidavano determinati eventi e non solo... anche fama e giudizi.
    Nonostante l'aria scanzonata ed apparentemente senza pensieri, l'Alfiere Errante aveva avuto premura di chiedere a Cesare informazioni su quella bambina, considerando che dava l'idea di essere informato. Così facendo, Drusilia aveva quindi scoperto che Riful era nativa di Celentir e non godeva di molta approvazione: c'era chi -addirittura- la considerava un pò come l'origine di tutti i mali di quella terra, o comunque la causa portante. Questo le aveva dato modo di riflettere a lungo su quella misteriosa figura, finendo per chiedere consigli e pareri a Yoko che, inaspettatamente, fu molto più aspro e duro del precedente Ufficiale.

    Questo l'aveva portata a riflettere a lungo.
    Certo, quella bambina era l'orribile combinazione di un potere eccessivo ed un pessimo carattere ed era abbastanza evidente che avesse un enorme bisogno di essere presa a schiaffi finchè non si dava una calmata che fosse definitiva ma... a parte questo, non riusciva davvero a coglierne la malvagità.
    Era una bambina.
    Grandi potenzialità convogliate in modo scorretto, educata in modo indegno per qualunque genitore... se non addirittura diseducata. Non conosceva il suo passato familiare, ma era abbastanza evidente che ci fosse qualcosa di assolutamente sbagliato.

    « Sorpresa...? »

    La vide affiancarsi all'altra sè stessa con un visetto malizioso, sulla faccia stampato un tentativo di rivalsa misto al disperato bisogno di farsi notare. Drusilia sorrise dolcemente.
    -Abbastanza, si- annuì, non per prenderla in giro ma perchè lo era davvero -Però non saprei... ad esser sincera mi piaci anche adesso.

    Sapeva che a quel punto la streghetta avrebbe sicuramente tirato giù il mondo a suon di facce stizzite e chissà quali battutine fuori luogo ma, come detto prima, quella bambina aveva davvero bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei. Sarebbe stato un lavoro titanico ma... Drusilia era pur sempre un Paladino, oltre che una specie di madre. Era suo dovere lanciarsi in quell'impresa, per Riful stessa e probabilmente anche per Endlos.
    E poi, in ogni storia che si rispetti, le imprese eroiche non sono mai facili.
    Altrimenti non ci sarebbe ragione di raccontarle.

    « Visto che non hai uno straccio di percezione extrasensoriale e non sei in grado di sentirla, se vuoi posso farti la grazia di trasmetterti in forma di sensazioni illusorie l'aura della principessa, però poi ringraziami e sii grata per il resto della tua vita. »

    Dopo aver ascoltato tutta la spiegazione -interessante, ma del tutto aliena a ciò che cercava, almeno in apparenza- Drusilia tirò un profondo sospiro, prima di abbassare la testa per "accettare" l'aiuto offerto dalla bambina.

    In quel momento riuscì a comprendere molto meglio cosa intendesse Riful.

    -La Principessa Dormiente chi o cosa è esattamente?
    Perchè libera queste negatività?


    Perchè il male non è mai fine a sè stesso.
    C'è sempre una ragione, anche se nascosta.

     
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    « Non ne ho la più pallida idea. »
    Fu la risposta secca che ottenne Drusilia quando tentò di chiedere riguardo la creatura dormiente.
    « So che non è facile da accettare, ma cerca di comprendere questo dettaglio perché in futuro dovrai tenerlo a mente quando sentirai il bisogno di fare affidamento su di una figura importante come la sottoscritta. Perché vedi: nonostante le mie straordinarie capacità, la mia indiscutibile maestria negli incantesimi e le conoscenze sconfinate del mio libro che solo io sono in grado di adoperare, di fatto io non sono onniscente. »
    Ammise con uno sbuffo, e quella frase non aveva davvero l'aria di essere l'ammissione di una mancanza.
    « Però ci vado vicino. »
    La modestia personificata.
    « Comunque siamo qui per questo! Ho accettato di darti una mano anche per questo motivo, sapevo che se iniziavo a viaggiare fra i ricordi mi sarei imbattuta anche in questo particolare evento. Sono sicura che c'entra qualcosa con il motivo per cui ho trascinato questa città del cavolo su questo sempiano desolato. Ed appena riuscirò a ricordare saprò anche come sono finita intrappolata in quell'incubo da quattro soldi con le mie sorelle, ed allora capirò anche come evadere da questa specie di prigione chiamata Endlos e tornare a Celentir! »
    Che poi era quello il suo obbiettivo finale... tornare a Celentir. No, anzi! Tornare a casa.

    Compose alcuni gesti ed il mondo tornò a sfocarsi e cambiare lentamente, segno che stavano di nuovo traslando di sogno/ricordo/cronaca/whatever. Stavolta però non si trattava di un balzo di decenni come il precedente, probabilmente si erano solo spostati di qualche chilometro, in una zona decentrata rispetto ai monolitici edifici centrali, un quartiere residenziale che aveval'aria di appartenere ad un ceto medio-alto, gente benestante che si poteva permettere villette con tanto di giardini, parchi e viali alberati ai lati delle distese di asfalto. Riful condusse Drusilia attraverso un vialetto, di fianco a quella che a giudicare dal simbolo universale impresso sull'insegna al neon sembrava una qualche farmacia. Il posto era piccolo ma accogliente, un corridoio con poche sedie ed un paio di tavolinetti su cui erano ammassate alla rinfusa riviste riconducibili al mondo medico ed a quello della televisione, i muri spogli il cui colore monotono era spezzato da un quadro anonimo e da una collezione di certificati nella lingua incomprensibile di Klemvor, incorniciati con cura in quello che sembrava un qualche ordine. Poteva apparire uno studio dentistico oppure un ambulatorio privato, ma pochi dettagli suggerivano invece un istituto veterinario. Riful ignorò i canoni della proprietà privata e si diresse direttamente attraverso le stanze dove il proprietario del posto operava, locali pulitissimi e asettici con all'interno una quantità di attrezzatura medica e farmacie stracolme di medicinali per animali. Il retro del posto era stipato di gabbiette e piccoli recinti di animali, e fu una volta varcata la soglia che Drusilia, anche se priva di percezioni extrasensoriali, iniziò a sentir crescere l'inquietudine che già l'aveva sfiorata all'arrivo sul posto. C'era qualcosa là dietro, oltre le pesanti porte che separavano l'ambulatorio vero e proprio dal retro. E non si trattava di cani e gatti.
    Riful stessa non sembrava a suo agio. Richiamò il suo libro due volte nel giro di pochi metri, lo sfogliò più borbottando qualcosa a proposito di libri inutili e lo ripose con nervosismo. Finché infine non giunsero a quella che aveva tutta l'aria di essere il cuore più profondo del luogo.

    La stanza era immersa in penombra, priva di finestre. Emanava un forte odore di chiuso e medicinali, segno che non veniva aperta da molto. L'interruttore della luce si rifiutò di attivarsi, costringendo i due visitatori ad accontentarsi della scarsa luce proveniente dalla porta stessa. Un sistema di ventilazione spiccava in alto proprio di fianco alla porta, ma per qualche motivo il proprietario lo aveva ostruito volontariamente usando delle lenzuola su cui Drusilia poté riconoscere un curioso pezzo di carta nero, su cui era inciso un simbolo che le avrebbe richiamato immediatamente la cultura esoterica orientale: una stella gobu, un pentacolo magico della tradizione shinto-buddista. Come gli occhi si abituarono alla penombra, le pareti si scoprirono letteralmente tappezzate di quegli stessi sigilli, e l'impressione di trovarsi all'interno di una tomba antica come il mondo iniziò ad accentuarsi. Non c'erano mobili, niente tappezzeria o quadri alle pareti. Solo un letto. Un grande letto matrimoniale, su cui in un primo momento sembrò esservi collocata una croce cristiana, ma che ben presto si rivelò essere ben altro.

    Non era una croce, bensì una spada. Interamente composta di cristallo, catturava la poca luce e la rifletteva in bagliori quasi minacciosi. Era conficcata direttamente nelle carni di una figura dormiente, collocata con compostezza sulle lenzuola bianche, le mani conserte sul petto immoto. La poca luce si rifletté su di una cascata di riccioli dorati, lineamenti esangui che facevano assomigliare quella creatura più ad una bellissima bambola di porcellana che ad una creatura mortale di carne e spirito.
    Era morta. Non pareva nemmeno possibile, con tutta quella pressione spirituale che emanava, eppure non poteva essere viva con quell'arma conficcata in ventre. Ma come Drusilia posò lo sguardo sul pomo dorato dell'arma, immediatamente il cristallo di rubino incassato al suo interno si mosse ed un occhio dorato le restituì uno sguardo profondo come un abisso.

    « Non fare un passo. »
    L'ammonì Riful richiamando nuovamente il suo libro, che prese furiosamente a sfogliarsi per un tempo che parve interminabile.
    « E' attiva. L'arma, dico. Devo ancora capire come, ma è cosciente del fatto che siamo qui. »

     
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    Sfortunatamente la situazione era peggiore di quanto credesse.
    Aveva appena scoperto che su Klemvor vi fosse un'entità spaventosa addormentata, ma non sapeva chi o cosa era e perchè era per l'appunto "addormentata". Ovviamente Riful non ricordava nemmeno la ragione per cui aveva lanciato Klemvor su Endlos, il che rendeva le cose ancora più complicate.

    A quel punto, dunque, il mondo tornò a sfocarsi e cambiare gradualmente. La zona, questa volta, era decisamente diversa da prima: sembrava un quartiere residenziale, di quelli molto simili al suo mondo d'origine. Percorsero insieme un vialetto prima di entrare in una farmacia. Era piccola ma credibile, anche se dall'interno le sembrò più uno studio veterinario.
    Drusilia seguì la bambina anche quando entrò senza farsi troppi problemi in quella che doveva essere la sala operatoria.

    Dopo aver percorso ancora qualche metro, l'Alfiere Errante iniziò a non sentirsi a proprio agio, esattamente come la sua piccola accompagnatrice. Giunta nel cuore della struttura, poi, Drusilia iniziò a sospettare che lo studio veterinario fosse solo una copertura per... qualcosa. Qualcosa che non sembrava nemmeno il laboratorio di uno scienziato pazzo ma una... camera contenitiva? C'era qualcosa di sovrannaturale in quei sigilli.
    Per non parlare del corpo di una donna steso sul letto.
    Una donna addormentata.
    Con una spada in pieno petto.
    Una spada consapevole della loro presenza.

    « Non fare un passo. E' attiva. L'arma, dico. Devo ancora capire come, ma è cosciente del fatto che siamo qui. »

    Disse la piccola.
    Drusilia rispettò quel dettame.

    -Credo che forse abbiamo trovato la Principessa dormiente.

     
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    Riful reagì con uno sbuffo a quell'affermazione che era, allo stesso tempo, scontata ed errata. Scontata perché non c'erano altre entità paragonabili a quell'essere in tutta Klemvor, ed avrebbero faticato non poco a trovarne altri di simili in tutto il semipiano, ammesso che fosse possibile riuscire nell'impresa. Errata perché...

    « E' l'arma, in realtà. L'occhio rosso sulla sua sommità, ad essere precisi. »
    Il libro non aveva ancora cessato di passare di pagina in pagina, furiosamente. Erano quaranta-cinquanta secondi che continuava a sfogliarsi da solo, pur trovandosi comunque sempre fisso a circa metà delle sue pagine totali, apparentemente illimitate. Infine, dopo quel tempo che sembrò interminabile, si decise a soffermarsi su di un capitolo in particolare, fluttuando sotto gli occhi di Riful e Drusilia che poterono così ammirare un disegno realistico in scala perfetta della spada conficcata in quel corpicino dorato. La pergamena consunta e ingiallita del grimorio esibiva le complesse incisioni in rosso sangue illeggibili per l'Alfiere del presidio Errante, ma che Riful passò velocemente in rassegna con espressione pensierosa.
    « Yemanja. »
    Asserì infine, gettando poi uno sguardo sull'occhio color rubino, pur stando attenta a non incrociarne lo sguardo.
    « E' organica. Un jagan, per essere precisi. E' in grado di... beh, in pratica vede il futuro. In sostanza non può vederci in tempo reale nel senso stretto del termine, semplicemente sa che in futuro due persone accederanno alla stanza in cui si trova viaggiando attraverso un ricordo, pertanto sta... agendo di conseguenza. »
    Come foglie in autunno, due dei sigilli neri che tappezzavano la stanza caddero lentamente al suolo, depositandosi a terra dopo una breve caduta.
    Stunf. Riful sbatté il suo libro di malagrazia, visibilmente irritata da quella situazione che lei stessa non era in grado di gestire.
    « Questa faccenda è solo un fastidio. Non percepisco alcuna presenza spirituale legata a me, né incantesimi di mia proprietà. I sigilli appartengono ad un mio agente, ma non ci vedo niente di strano, ricordo bene di avergli impartito io stessa l'ordine di vigilare sulla Principessina e di tenerla nascosta in modo da proteggerla. » Sbuffò, « Come se esistessero minacce a questo mondo in grado di nuocerle. Nessuna persona sana di mente ci proverebbe, irritare quell'affare che si è piantata in ventre è un grave rischio. Se si fallisce si va incontro a distruzione certa. E' la seconda volta che mi trovo di fronte un problema di questa entità; l'ultima volta mi sono presa i miei rischi ma avevo dei motivi più che validi per farlo. Questa volta non intendo espormi. Non ha senso farlo, per mera curiosità. »
    Fece sparire il libro e si voltò, tornando sui suoi passi. A Drusilia toccava il compito di chiudere la porta, ed invero era un bene che rimanesse ben chiusa fino al momento in cui la principessa si sarebbe ridestata. Quella faccenda, dopotutto, aveva l'aria di una di quelle storie destinate a non essere mai narrate, obliate negli abissi del tempo e presenti solo come vaghi echi al tempo presente, nulla di più.

    « Quando la principessa aprirà gli occhi, le macchine daranno definitivamente di testa. La sua aura diabolica si è insinuata nei loro circuiti, ha corrotto lentamente i loro programmi più basilari fino a farle impazzire. Al momento forse hanno ancora qualche stralcio di ricordo del motivo originale per cui erano state costruite, a lo shock provocato dal risveglio di quella bambolina dormiente trasformerà definitivamente Tokyo nel dominio delle macchine. E tale rimarrà. »
    Uscendo dall'ambulatorio, improvvisamente la pressione percepita fino a quell'istante venne meno. Non era scomparsa del tutto, solo... affievolita, come il suono di una voce proveniente da oltre le spesse mura di una stanza. Il cielo si era rannuvolato, una pesante cappa di nubi nere come la pece si erano ammassate al di sopra di Klemvor, presagio di tempesta incombente.
    « Mi sono permessa di portare avanti la lancetta dell'orologio di qualche ora. »
    Disse Riful, gli occhi puntati al cielo e la voce che traboccava di una certa malizia ed autocompiacimento.
    « Ho pensato che sarebbe stato un peccato portarti via senza mostrarti... questo. »

    Ci fu un rombo, un tuono che riecheggiò nell'aria scuotendo ogni singolo atomo della città, smuovendo il cielo come la mano di un dio furente. Un lampo preannunciò un fulmine, poi un altro. Ben presto, dozzine di dragoni di elettricità ruggirono fra le nuvole, le folgori si incrociarono l'una all'altra come in una danza impazzita, muovendosi al ritmo della batteria di tuoni che sovrastavano il cielo. Uno sbalzo di pressione immane provocò il levarsi di un vento inaudito, si formarono trombe d'aria che spazzarono le strade e per poco non sollevarono le file di auto in paziente attesa lungo i viali. Riful rimase indifferente a quell'evento, seguitando a tenere gli occhi ben puntati sul cumulo di nuvole. Infine, proprio quando il vento iniziò a quietarsi, fra uno sfavillare di scariche elettrostatiche comparve un'isola nel cielo. Gravipietra, enormi alberi, terra fertile divisa in più gironi come quelli descritti da Dante nella sua Commedia, ma affatto pregni di demoni e dannati, bensì destinati ad essere abitati da persone che l'avrebbero chiamata casa. Gente proveniente da tutta Endlos, fino al giorno in cui avrebbero avuto una donna come loro capo.

    png

    « Per me è stato un buco nell'acqua. »
    Sbuffò di nuovo Riful, che non aveva trovato ciò che cercava.
    « Adesso tocca a te. Hai qualcos'altro che vorresti vedere, oppure ci dirigiamo verso la tappa principale del viaggio...? »

     
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    Sinceramente non sapeva cosa fosse quell'artefatto: sicuramente nulla di buono, ma non fu del tutto sicura di voler approfondire la questione. Non in quel momento comunque: ne avrebbe parlato a tempo debito con autorità competenti quali Magistri, Saggi e Kalia stessa, se serviva. Fu con quella consapevolezza che chiuse la porta lentamente, lasciandosi quell'incubo alle proprie spalle.

    « Mi sono permessa di portare avanti la lancetta dell'orologio di qualche ora. » disse la piccola, una volta fuori « Ho pensato che sarebbe stato un peccato portarti via senza mostrarti... questo. »

    Un lampo di luce squarciò il cielo, ed il tuono riecheggiò nell'aria come intenzionato a far crollare tutto ciò che c'era in quel mondo. Ne seguirono altri, ancora ed ancora: come una festa di vento, fulmini e follia, le folgori si incrociarono l'una all'altra disegnando intrecci che la Signora delle Tempeste trovò meravigliosi, quasi poetici. Distruzione come motore di creazione: uno sbalzo di pressione generò trombe d'aria e cataclismi sulla terra sottostante, eppure quella volta Drusilia si ritrovò a sorridere.
    Le tempeste la esaltavano: quella in particolar modo.

    Poi, improvvisamente, dalle nuvole comparve qualcosa di nuovo.
    Qualcosa che, nel tempo, Drusilia aveva imparato ad amare anche più di sè stessa.

    -...la Notte di Valpurga.

    Disse semplicemente, continuando a fissare la propria isola con incanto. Ovviamente aveva studiato quell'evento storico, ma vederlo era tutt'altra cosa. Ad esser sincera, ne fu addirittura rassicurata: non pensava di essere realmente così adatta a quel posto.

    « Per me è stato un buco nell'acqua. » Drusilia distolse lo sguardo solo quando Riful prese a sbuffare « Adesso tocca a te. Hai qualcos'altro che vorresti vedere, oppure ci dirigiamo verso la tappa principale del viaggio...? »

    -Direi che sia il caso di procedere senza soffermarci oltre- disse semplicemente, tirando un profondo respiro -E grazie.

    Sorrise teneramente, considerando quel momento un "regalo" da parte della piccola. Certo, malcelato da tanta arroganza ma pur sempre un regalo, e lei lo aveva capito.

     
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    « ...? »
    Si bloccò di colpo mentre già giocherellava con le rune del suo libro, pronta a traslare la sua coscienza e quella di Drusilia verso un nuovo scenario. Stupita, voltò il capo, incapace di realizzare il motivo per cui aveva appena ricevuto un ringraziamento per il suo gesto -del quale pentì immediatamente.

    asdafsd

    « Ggu... guarda che non era un gesto gentile o qualcosa del genere!!! »
    Sbottò interrompendo per un attimo la formulazione delle rune, salvo poi riprendere a disegnare luci nell'aria con aria piccata ed il viso color pomodoro.
    Si mise a parlare alla velocità della luce mangiandosi qua e là un paio di sillabe:
    « D... dimentichi che io sono una delle più temute e odiate personificazioni del fato che Celentir abbia mai avuto, ci sono centinaia di persone che maledicono la mia esistenza e si nascondono disperate appena avvertono l'avvicinarsi della mia ombra! Ti sembra mai possibile che una come me possa anche solo concepire un atto di gentilezza?? Sceeeeeeema. Non faccio niente del genere, io. Era solo che trovavo edificante metterti a conoscenza del fatto che è solo grazie a me se la tua pidocchiosissima isola si trova lì dove si trova. Se non era per me, probabilmente si sarebbe schiantata su qualche scoglio dimenticato dagli dei e dagli uomini!!! Scommetto che non c'è stato nessuno mai in nessun luogo di quel postaccio che chiamate Endlos che si è chiesto come sia possibile che proprio fra tutti i luoghi proprio Klemvor!!! Cioè, voglio dire, dico: il posto dove è atterrata la tua isola, insomma. Beh, merito mio! Nel senso, cioè, è per via del varco. Il varco!!! Capisci, il varco, quello che ho usato io. E' una formulazione talmente complessa che non sto nemmeno a provare a spiegarla ad una come te, è come aria calda ed aria fredda, alta pressione e bassa pressione: apri un buco nella realtà e quando si apre una faglia la materia tenderà a passare di nuovo nello stesso punto, capito??? »
    Terminò il suo sproloquio, tracciò una linea decisa al di sotto della massa di rune luminose che aveva tracciato e dette il via al cambio di scenario, ed il cielo cessò immediatamente di essere un'informe massa di tempeste che andavano scontrandosi l'una con l'altra. Drusilia poté intravedere per un istante nel cielo la sagoma di quella che non poteva essere nient'altro che la Sbriciolacielo che si sganciava dalla città nei cieli, quando di colpo sopra di lei, poco più di mezzo metro sopra la punta del suo naso, c'era un tettuccio di plastica di un treno.
    Un treno. Era la metro di Klemvor. E stavano su di una moquette rossa.

    Cattura_9

    « Ho detto di spostarli negli ultimi vagoni, nelle "gabbie". Li farete muovere negli alloggi a loro riservati dalla Rondine appena passato lo "Stige", dopo che ce ne saremo andati. »
    Un uomo incappucciato sedeva su di una postazione d'onore, un drappo dai colori sgargianti di una foggia che ricordava le manufatture dei nativi nordamericani che gli copriva gran parte del volto e gli ricadeva sulle spalle, senza celare un fisico poderoso e braccia che erano tre volte quelle di Drusilia. Due donne dal volto nascosto da maschere in abiti bicromatici, l'una in bianca e l'altra in nero, erano sentinelle ai suoi due lati, e una mezza dozzina di altri volti truci attendevano nell'ombra poco distanti. Un ragazzino minuto e magrolino di undici o dodici anni, con al collo uno strumento che ricordava tanto le biglietterie automatiche degli autobus, si faceva piccolo piccolo di fronte a quella figura temibile, incapace di parlare correttamente e quindi balbettando in modo vistoso.

    « L-l, la Rondine Migratoria, cioè la nobile signorina Simca... insomma, lei, ecco... non sarà molto contenta se i signori Abusivi saranno confinati assieme ai team di basso rango, potrebbero prenderla come un insulto. Anche se è un ordine di Sua Maestà il Re della Giada, io non... »
    « Che rompicoglioni, questo. » sbottò un ragazzetto sui sedici, che stava usando due sedili come se fossero un divano improvvisato. Si alzò di malumore, spense una cicca sulla moquette ed alitò del fumo di sigaretta in faccia la ragazzino « stai cercando di dire che dovremmo fare il viaggio con dei signor Abusivi di merda, eh? »
    « N-n-no, signore, io... »
    « Fai come ti ho detto. Noi ce ne andiamo passato lo Stige, che Sleeping Forest si faccia viva o meno. »

    « Personcina simpatica. »
    Commentò Riful, avviandosi verso l'uscita del vagone.
    « Cos'è che volevi fare, con questi tizi vestiti strambi? »
    Condusse Drusilia oltre una delle intersezioni che collegavano i vagoni del treno l'uno all'altro, fra gli scossoni del veicolo. Il ragazzino di prima corse fuori dalla porta, correndo come un forsennato e superandole attraversando i loro corpi come se la Streghetta in nero e l'Alfiere di Laputa fossero fatte di nebbia. Raggiunsero un vagone blindato, che aveva l'aria dell'interno di un camion militare di trasporto truppe. Al suo interno, disposti ordinatamente su due file, un paio di dozzine di bruti per lo più rasati a zero, con i volti e gli avambracci coperti di tatuaggi, attendevano in completo silenzio, le braccia conserte e gli sguardi immobili, oppure intenti a pulire accuratamente le loro armi. Ognuno di loro possedeva mitragliatori pesanti ed una collezione di coltelli ed armi leggere, uno addirittura esibiva un lanciamissili pesante. Sembravano sapere il fatto loro, ma non erano storm riders. Erano Gunblade Children, e fra loro c'erano anche un paio di volti familiari: quello truce di un ragazzo sui venticinque, e poi i capelli rossi di una giovane donna.
    Riful superò anche loro, e arrivarono al terzo vagone proprio mentre il treno si fermava. Il vagone successivo era strano, diverso dai precedenti e da qualunque altro vagone. Le Tribù della Tempesta erano intervenuti pesantemente, in quel vagone, strappando via i sedili uno ad uno e sostituendoli con... delle prigioni. Quella sezione di treno e tutte le altre da quel momento, erano composte da piccole celle formate da sbarre come quelle che si usano nelle carceri, ma i cui lucchetti erano in maniera abbastanza insensata rivolti all'interno, in maniera che solo i prigionieri stessi erano in grado di aprirlo.

    C'era una certa fibrillazione fra i presenti, i rider che occupavano il lato destro della carrozza si sporgevano per cercare di vedere fuori mentre il treno rallentava, mentre quelli alla sinistra urlavano imprecazioni e domande. Il tutto si poteva riassumere nelle parole di uno di loro: "Arrivano davvero??? Ci sono i capi degli Abusivi, là fuori???"
    C'erano. Drusilia poté vederli tutti quanti da uno dei finestrini, una combriccola male in arnese talmente eterogenea da strappare un sorriso.
    Per prima entrò una ragazzina dai modi vivaci che Drusilia non conosceva, ma che aveva l'aria di essere una rider sebbene invece di avere i pattini ai piedi si tirava dietro una valigiona che doveva contenere una chitarra, o un basso elettrico. Assurdi capelli rosa, una marinaretta bianca e azzurra su cui spiccavano accessori da cosplayer che dovevano farla sembrare un diavoletto: una codina che si muoveva in modo casuale ad ogni passo, bracciali neri e stivaletti. Dietro di lei la figura familiare di Khatep, poi una bambina in eleganti abiti gothic lolita, un mercenario dall'aria truce, un secondo uomo dai modi professionali ed abiti futuristici, poi... Dorian Grey, impeccabile nel suo completo chiaro. E Raylek, subito di fianco a lui.

    « Quei due provengono da Celentir. »
    Annunciò pensierosa Riful, indicando i due che chiudevano la fila. Poi la sua voce si tinse di una certa ostilità:
    « E lo sgorbio è un Elessedil. »

     
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    Ovviamente la sfuriata della piccoletta non ebbe su Drusilia gli effetti sperati, esattamente come era altrettanto scontato che la Dama del Vento trovasse quei momenti di collera imbarazzata terribilmente graziosi. Fortunatamente, però, riuscì a domare il proprio istinto e non ridere, nemmeno per sbaglio.

    « Ho detto di spostarli negli ultimi vagoni, nelle "gabbie". Li farete muovere negli alloggi a loro riservati dalla Rondine appena passato lo "Stige", dopo che ce ne saremo andati. »
    Intanto l'ambiente attorno a loro era cambiato di nuovo e si ritrovarono su di un treno ricolmo di tipi decisamente bizzarri. Fra colossi muscolosi quanto presuntuosi e bimbetti indisponenti, Drusilia comprese immediatamente di essere nel posto giusto.

    « Personcina simpatica. » commentò Riful, dando voce a quelli che erano i pensieri di Drusilia « Cos'è che volevi fare, con questi tizi vestiti strambi? »

    Per la prima volta in tutta quella vicenda, Drusilia cacciò fuori un sospirone davvero sconfortato: non li temeva nemmeno un pò, ma l'aver conferma di quanto fossero poco collaborativi non fece altro che gettarla nello sconforto.

    -Ho bisogno che Laputa chiuda le ostilità con questi soggetti- rispose, guardandosi attorno, tristissima -Ho altre cose più serie delle loro scaramucce a cui pensare, ed un'alleanza mi aiuterebbe molto anche nella gestione dei tempi e delle risorse umane per quelli che sono i miei progetti futuri.
    Vero era che fossero questioni politiche ma... non ci vedeva nulla di male nel dirglielo. Anche perchè non erano nemmeno segrete.

    -E si, lo so che è un piano stupido...- la bloccò sul tempo, sicura che avrebbe commentato - ...pensa che ora saranno addirittura più stronzi, dopo gli svarioni diplomatici del mio predecessore.

    Parli del diavolo e spuntano le corna.

    « Quei due provengono da Celentir. E lo sgorbio è un Elessedil. »

    Voltò il capo e lo notò. Raylek: il solo rivedere quel lungo naso verde le fece salire il nervosismo, al punto da distogliere lo sguardo per non iniziare a dare di matto. In compenso ebbe modo di guardare un'ultima volta Dorian, in tutta la sua splendida baldanza. Nonostante si desse dell'insensibile e del libertino era l'unico a non averla mai tradita. Le mancava molto.

    -Si, è quello che ha fatto casini- confermò, riferendosi al goblin, sospirando ancora, cercando di farsi forza -Sarà un'esperienza terribile.

     
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    -Si, è quello che ha fatto casini- confermò la donna, ottenendo in cambio della sua onestà un'occhiata confusa da parte di Riful -Sarà un'esperienza terribile.
    I punti di vista delle due femmine erano quanto mai distanti.
    « E perché vorresti farla...? » Non lesinò su di un sorrisino di superiorità, condito da braccia conserte ed un tono di voce tanto saccente quanto altezzoso: « mphf. Ritieniti fortunata. Sappi che hai di fronte una grande esperta di relazioni diplomatiche, infatti sono stata l'attendente e consigliera personale del Vicecomandante del nobile Casato Von Liebewitz per anni. Ti insegnerò un trucco e lo farò gratis, ma tu non metterti a piangere per la felicità, lo faccio solo perché mi fai pena. Dunque, se c'è una missione diplomatica che ritieni noiosa o stupida, basta che prendi una persona di cui vuoi disfarti e le impianti la tua personalità, per poi spedirla sul posto e lasciare che sia lei a sorbirsi tutta la noia. La rivesti con un po' di incantesimi illusori in modo che sia uguale a te, puoi perfino simulare la tua aura spirituale e la tua traccia energetica, se trovi un illusionista decente. Eviti anche il rischio di subire attentati. »
    Certamente l'idea era grandiosa, aveva l'irrilevante controindicazione che non era reversibile e riduceva la vittima allo stato di un vegetale nel giro di pochi giorni, non a caso Riful aveva decimato la popolazione femminile della città di Liberty attorno ai dieci anni, ma tanto da quelle parti non c'era mai penuria di mocciose inutili...

    Frattempo le cose all'interno del ventre metallico di Caronte andavano avanti, mentre la macchina sfrecciava a velocità di crociera per le vie sotterranee di Klemvor. La ragazzina dai capelli rosa aveva spinto la squadra diplomatica di Laputa a chiudersi all'interno delle celle che separano i singoli vagoni, usanza quella assai curiosa dato che separava di fatto i vari "team" di riders gli uni dagli altri, limitando le risse e provocando una strana reazione in Raylek, che agli occhi di Drusilia parve sul punto di una crisi di nervi nel momento in cui Jattur Shattur serrò la porta chiudendoli dentro come bestiame. Ovviamente le sbarre non limitavano affatto le schermaglie verbali, che proseguirono per tutto il viaggio fra linguaggi coloriti ed il disappunto crescente degli Abusivi, spesso presi di mira dai lazzi degli altri storm riders. Inizialmente avevano tempestato di domande la ragazzina chiamata Yui, ma ben presto la bolgia di voci rese impossibile perfino dialogare, e la missione diplomatica si chiuse in un silenzio nervoso.
    Una nuova tappa si ebbe nel giro di una mezz'ora, quando il treno iniziò lentamente a decelerare, ormai prossimo ad una nuova tappa del suo viaggio verso la Messa dei Diluvi.

    « Siamo quasi nel territorio degli Indipendenti! »
    Annunciò Yui con scarso entusiasmo, il che non doveva significare molto per gli Abusivi dato che nessuno parve realizzare il significato di quell'evento. Lo scoprirono di lì a poco, quando il treno uscì dai sotterranei incontrando un muro d'acqua fatto di pioggia battente che sferzò i vetri. Le Guerre della Fondazione si svolsero tutte quante sotto la pioggia, nel pieno della stagione delle piogge dell'Undarm, Drusilia doveva rammentarlo. Quei ricordi che stava rivivendo erano paurosamente vicini a quei giorni di disperate battaglie senza sosta, e chissà quanti di quei giovani volti che la circondavano erano sopravvissuti a quella che le Tribù della Tempesta chiamano "Seconda Grande Guerra d'Invasione"?
    Fatto sta che, non appena Caronte terminò la sua frenata, fuori iniziò un secondo diluvio, fatto non di acqua piovana ma di grida e urla, perfino scoppi che indicavano che qualcuno aveva iniziato a sparare in aria con armi da fuoco! Il treno venne invaso da una fiumana di nuovi riders, e ben presto si inizò a star stretti. Fra di essi, non ce n'era uno che fosse vestito come gli altri. Sfoggiavano colori ed emblemi fra i più disparati, portavano stendardi arrotolati alle loro aste oppure coccarde e icone piene di simboli. Erano in gruppi eterogenei, troppo diversi fra loro per essere distinti. Alcuni non avevano ancora compiuto dieci anni mentre altri dovevano avere ventiquattro-venticinque anni. Tutti, però, erano semplicemente esagitati. Scolaresche alla loro prima gita scolastica. Pazzi. L'ingresso stesso venne occupato. Un team si era portato dietro una Manticora, una bestia selvaggia con l'aspetto di un enorme leone, ma dal volto terribilmente umano, sei paia di inquietanti occhi ed una lunga coda più resistente del cuoio trattato che pareva quella di un terribile scorpione.

    « Questi sono idioti come sembrano. »
    Commentò Riful, assistendo alla scena di una ragazzina di sì e no quindici anni praticamente nuda, con addosso un sottilissimo bikini in lattice nero, che saltava in groppa alla Manticora e la costringeva a sedersi sulle quattro zampe.
    « E' impossibile addomesticare una manticora. Hanno una memoria a breve termine, significa che non si possono educare. Puoi spiegar loro tutto ciò che vuoi con tutta la maestria di questo mondo, ma loro dimenticheranno tutto ciò che hanno acquisito nel giro di una notte. Non si affezionano e non provano riconoscenza, nemmeno per anni ed anni di amicizia. In più sono malevole, si uccidono anche fra di loro, e forti. Molto forti. Il veleno della loro coda stenderebbe un Dragone della Mezzanotte di Celentir nel giro di mezza giornata, ed uno dei vostri grifoni in un paio di ore. »

    Tanta fu la cacofonia di voci che ad un certo punto perfino il leggendario aplomb di Dorian Grey venne meno. Sbottò con un grido perentorio, intingendo la sua voce di veleno psionico al punto da spingere tutti quanti al silenzio. Riful sottolineò la scena con un sorrisetto divertito.
    Il treno riprese la sua marcia di lì a poco, ora al riparo della pioggia battente in una galleria capace di divorare la luce del giorno lasciando i presenti immersi in una notte artificiale. Di botto il treno si fermò, le luci si spensero lasciando i presenti nell'oscurità più totale. Scoppiò il panico, un coro di grida. Si udì un botto, e la totalità di Caronte venne scossa come se qualcuno avesse preso a calci il treno.
    « Un attacco...? »
    Le luci tornarono, all'improvviso così come si erano spente. Lentamente, il treno riprese la sua avanzata e ben presto tornò all'esterno della galleria, seguitando a spezzare il muro d'acqua della pioggia intensa che flagellava la città. I riders si quietarono per un po', ma durò sì e no venti minuti, dopodiché tornarono in una condizione di fibrillazione simile a quella che aveva preceduto l'arrivo dei favoleggiati "Abusivi".

    « Lo Stige... »
    « Guardate... »
    « Lo Stige!!! »
    « Siamo nel territorio di Sleeping Forest... »
    « Lo Stige! Ehi, guarda! »

    Lo Stige, ovvero la maggiore arteria autostradale che taglia il lato nord di Klemvor, ben distante dall'Approdo ed in pieno territorio riders. Zona fortunatamente lontanissima da tutte le tratte mercantili che portano a Laputa ed accuratamente evitata da chiunque, compresi gli stessi riders... perché è da lì che inizia il territorio di una delle più grandi superpotenze della città delle macchine. La Foresta del Riposo, un team composto interamente da "Re". Il team a cui apprtengono i due ragazzini conosciuti pochi giorni prima, ed Orm stessa. Ancora una volta il treno si fermò e le porte si aprirono, ma stavolta nessuno salì. Nessuno permise al traghettatore di condurli Oltre lo Stige di Acciaio e Cemento.

    « Non salgono. »
    C'era una delusione vibrante nella voce dei rider, e ben presto il passaparola si diffuse in tutto il treno.
    « I Re della Foresta del Riposo non hanno accettato! »
    « Sleeping Forest rifiuta la Messa dei Diluvi. »

    « Questo non è bene. »
    Fu il commento che Yui trasmise ai membri della delegazione diplomatica di Laputa, e che quindi pervenne anche all'attuale Alfiere ed alla maghetta nera che l'accompagnava.
    « Sleeping Forest è una delle fazioni dominanti della Foresta. Il fatto che non partecipi alla Riunione ne sminuisce di molto il significato. Sono importanti... non è affatto un buon segno. »

    Ricomparve il ragazzino minuto, quello trattato malissimo dal Re della Giada e che inutilmente aveva tentato di far valere le sue ragioni per cui gli Abusivi, stando agli ordini provenienti dall'alto, avrebbero dovuto sostare nel vagone extra-lusso con la moquette rossa. Prelevò Raylek e compagnia, che dopo quell'odissea erano scuri in volto come mai. Decisamente il Re della Giada aveva giocato loro un brutto tiro, e la cosa non sembrava andare giù a personaggi come Dorian e Raylek, e figuriamoci l'antica e pedante mummia egizia o l'altezzosa ragazzina in gothic lolita! Comunque per fortuna finalmente il "Re" e la sua scorta si erano decisi a lasciare il treno, e così facendo il gruppetto diplomatico poté appropriarsi degli appartamenti a loro destinati fin dall'inizio. Il resto del viaggio fu quindi assai meno movimentato...

     
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    Mentre Riful parlava di cose che non avrebbe mai fatto, nemmeno potendo, Drusilia osservava con sguardo rammaricato la brutta esperienza del gruppo di "Abusivi", di cui conosceva praticamente tutti a parte il mercenario. Nonostante fosse di fatto abbastanza buffa come situazione, iniziò a comprendere la reticenza di Khatep per quella manifestazione; con un altro sospirone cercò di accettare l'idea che sicuramente anche lei sarebbe finita in quella gabbia e che avrebbe dovuto portare più pazienza di loro. Più pazienza di Dorian.
    Dannazione.

    Il treno, improvvisamente, si fermò.
    Dalle voci concitate dei ragazzetti Drusilia ebbe modo di comprendere di essere finita a Sleeping Forest... la zona da dove veniva Orm e dove l'aveva invitata a vivere come sua -probabilmente- caram-ehm... fidanzata. Ovviamente Drusilia aveva rifiutato, ma anche se fosse stata completamente libera da questioni politiche e di cuore difficilmente avrebbe scelto quel posto come casa. Troppo grigio. Acciaio e cemento.
    Drusilia apparteneva al cielo.

    « Non salgono. I Re della Foresta del Riposo non hanno accettato! Sleeping Forest rifiuta la Messa dei Diluvi.»

    Dissero alcuni, prima che la guida del suo gruppo prendesse parola.

    « Questo non è bene. Sleeping Forest è una delle fazioni dominanti della Foresta. Il fatto che non partecipi alla Riunione ne sminuisce di molto il significato. Sono importanti... non è affatto un buon segno. »

    Drusilia rimase in silenzio, a braccia conserte, poggiata di spalle su di un muro.
    Chissà com'erano cambiate le cose... chi era rimasto.
    Ma soprattutto... chissà se avrebbe davvero potuto far qualcosa per risolvere quella guerra fredda.

     
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    La seconda parte del viaggio fu lunga, ma non terribile. Una volta accomodati nei posti che fin dall'inizio erano stati loro assegnati, e che per gentile intercessione del Re della Giada gli era stato negato in favore delle "gabbie", il gruppo di Abusivi ebbe vita facile su poltroncine pulite, moquette rossa, bibite ghiacciate, addirittura alcolici e... sigari. Raylek se ne intascò l'equivalente di una scatola, come risarcimento per la gattabuia. Il resto fu noia, molta noia. Di tanto in tanto la ragazzina in rosa, Yui, azzardò uno stralcio di conversazione ma la delegazione diplomatica era di pessimo umore. Alla fine tutti quanti -Riful compresa- accolsero con enorme sollievo l'arrivo al QG della più grande Megastorm delle Tribù della Tempesta, una gigantesca ed opulenta stazione ferroviaria sotterranea che i Riders avevano provveduto ad ampliare anche a costo di sfregiarne muri e soffitti, rendendola una gigantesca caverna animata di almeno un migliaio di ragazzini che sciamavano dalle uscite del treno e addirittura dai finestrini, spesso rendendosi protagonisti di scene rocambolesche e piccoli incidenti che si risolvevano in risate e... gavettoni.
    E docce fuori programma.
    Non era estate, ma per i bambini della Tempesta era l'ora dei giochi d'acqua, e tutta la ferrovia venne letteralmente invasa dai getti scanzonati di idranti, bombe d'acqua e secchiate allegre con addirittura musica pop sparata a volume altissimo dagli altoparlanti originariamente impiegati per annunciare gli orari di partenza dei treni. Naturalmente la comitiva di Laputa non venne risparmiata da una sana doccia fuori programma, anche se Drusilia per prima poté rendersi conto con i suoi occhi che non si era trattato di un gesto di scherno, bensì dell'indiscriminata ed universale dose d'acqua che veniva sparata dagli idranti, e dall'azione poco felice di una ragazzina di passaggio che vedendo dei passeggeri uscirsene dal treno aveva avuto la brutta idea di gettar loro una secchiata d'acqua, salvo poi rimanere congelata sul posto, vittima di sguardi truci e intenti omicidi, e fuggire via alla velocità della luce praticamente in lacrime consapevole di aver fatto qualcosa che le poteva costare la pelle appena vide la faccia di Khatep che al momento la inceneriva a suon di occhiatacce.

    Yui condusse la comitiva attraverso la stazione ampia e traboccante di vita, seppur bagnata anche lei da testa a piedi eppure tutt'altro che a disagio e preoccupata per lo più di riparare la pesante custodia nera della chitarra dagli schizzi che se stessa. All'uscita si ritrovarono quello che, a prima vista, poteva sembrare una strana via di mezzo fra un pezzo grosso, una guardia del corpo e... un maggiordomo.
    Di certo parlava come tale: molto deferente, molto educato, estremamente calmo e accondiscendente nella sua risolutezza. Disse di chiamarsi Aeon Clock, e si presentò come parte della scorta assegnata agli Abusivi. Un bel tipo; occhiali da vista, capelli castani curatissimi in un caschetto preciso al millimetro, abiti bianchi elegantissimi e perfino fin troppo fuori contesto in mezzo alla variopinta massa punk di team di storm riders. Fece accomodare Dorian Grey e gli altri delegati di Laputa in una lussuosa limousine, ma prese con se Raylek e lo condusse su di un mezzo se possibile ancora più assurdamente lussuoso, un'enorme berlina nivea senza un solo atomo di sporco sulla carrozzeria immacolata, lunga quanto sei utilitarie chiaramente customizzata con tanto di ruote borchiate in un metallo che poteva benissimo essere vero oro considerando il livello di lusso sfrenato.

    « Andiamo lì...? Mi sembra l'auto di un pezzo grosso. »
    Per niente impressionata, Riful indicò Raylek con l'indice attendendo che Drusilia le desse conferma di seguirlo per avviarsi. Le due si separarono quindi dal grosso del gruppo del Presidio Errante ed entrarono in una specie di reggia su quattro ruote, all'interno della quale attendeva, stando alle parole di Aeon Clock, il favoleggiato Comandante Generale di Genesis.

    « Spero non lo troverà offensivo, ma dopotutto credo sarebbe ipocrita da parte mia negarlo. Eppure... »
    La portiera si aprì. L'acqua piovana irruppe nella limousine, e con lei anche Raylek, che non aveva bisogno di chinarsi per attraversare la portiera. Lo accolse una risata argentina, ed una voce musicale dai toni gentili, che non poteva non appartenere che ad una fanciulla. Ed infatti, di fanciulla si trattava.

    Cattura111

    « ... Devo dire che la immaginavo diverso. »
    Esibiva sul volto un'espressione radiosa che mal si sposava con il contesto formale in cui era posta. Se, come lei stessa aveva ammesso, Raylek non aveva affatto le apparenze del capo degli Abusivi, analogamente lei non sembrava per niente il capo di una delle comunità più litigiose e belligeranti di tutto il semipiano. Era il più bel faccino che si poteva preventivare, capelli incolore tagliati corti ed un grazioso e largo fiocco nero ad incorniciarli, in accordo con l'abito scuro in materiale sintentico che faceva trasparire le forme in una maniera che si avvicinava molto al volgare, senza però cascarci con entrambi i piedi. Era graziosa, ma non sembrava un combattente. E nemmeno un politico. Piuttosto, aveva un'aria familiare, trasmetteva a Drusilia una sensazione di "già visto" che la portava ad intuire di aver già visto in un passato recente quella fanciulla, ma la domanda era "dove".
    Dal canto suo, Raylek non faceva una bella figura. Un brutto goblin verde con la pelle rugosa, impolverato per il viaggio, fradicio d'acqua. Mise su il suo peggior ghigno e si accese un sigaro. Non chiese permessi, non fece caso al sorriso radioso con cui era stato accolto che si spegneva all'istante quando una tanfata di tabacco dall'odore pungente arrivò dritto in faccia alla giovane, che voltò il capo scacciando la fumacea con una mano, salvo poi tentare stoicamente di recuperare il suo miglior sorriso, ottenendo una brutta copia tirata della bella espressione di pochi attimi prima.

    Sapessi quante volte me lo hanno detto..
    Esordiva nel frattempo Raylek.
    Ma fa sempre piacere. Mi si riferisce tu avevi piacere di parlare con me, bimba. Non ti offendi, vero, se ti chiamo bimba?
    L'altra non lo disse, ma era abbastanza evidente che non apprezzava, motivo per cui puntualizzò:
    « Simca. »
    Disse composta, senza sciogliere il sorriso cordiale che con tanta fatica aveva recuperato. Al posto di guida, Aeon aveva appena acceso i motori, e la macchina aveva iniziato a muoversi a velocità moderata, seguita a ruota dalla seconda auto con il resto della delegazione.
    « E' il mio nome. Bando alla formalità, per il resto. »

    Devo ammettere che è un piacere vedere qualcuno che non sembra completamente schizzato, senza offesa, eh.
    « E da parte mia sono lieta di non avere a che fare con un invasore privo di scrupoli giunto per depredare la nostra terra, oppure con un mostro che chiuso nella sua città sospesa officia sconcertanti messe nere smembrando e divorando ritualmente corpi umani. »
    Annuì chinando appena il capo e poi proseguendo senza remore.
    « Sono dispiaciuta per gli incidenti di percorso che vi hanno costretti a giungere presso il nostro quartier generale dalla via sbagliata. C'è stato un malinteso occorso con la Regina del Legame, che avrebbe dovuto viaggiare con voi, la quale non vi ha aspettato nonostante avessi dato direttive in merito perché sapeva che di lì a poco sarebbe giunto un secondo treno e pensava dovesse salire un altro "Re". Se avesse saputo che a dover salire erano gli Abusivi, avrebbe senza dubbio atteso il vostro arrivo. »

    Naaa. Non hai idea di quanto sia poco gradevole la carne d'uomo. E poi i sacrifici sporcano in giro. Decisamente sopravvalutati, sì.
    Raylek ostentò baldanza, continuando impeterrito a fumare al punto che perfino nello spazio esteso di quella cabina ben presto l'aria si fece irrespirabile. Fosse stata una semplice sigaretta avrebbe avuto bisogno di un intero pacchetto per ridurre la limousine in quel modo, ma il sigaro era di quelli pesanti, denso come se fosse fatto interamente di catrame e con un odore di tabacco che solo un fumatore incallito poteva reggere. Di fianco a Drusilia, Riful dava segni di impazienza, si otturava il nasino con le dita e aveva l'aria di una che di lì a poco avrebbe iniziato a fare i capricci.

    Riguardo ai problemi di viaggio, in realtà, io non ne ho visto alcuno. Abbiamo perso uno dei treni, d'accordo, ma l'altro c'era, e alla fine siamo comunque arrivati. Nessun problema, quindi. Ma, venendo a cose più pragmatiche, quello che mi preme è capire cosa possiate volere da Laputa. Mi pare piuttosto evidente che qui noi non siamo tenuti in gran considerazione, nemmeno come ospiti. Non mi infastidisce troppo essere chiamato Abusivo, intendiamoci, ma è difficile non fare caso alle occhiatacce che ci danno. Potrebbe finire che i miei si offendano...
    « Mphf. »
    Ridacchiò in modo lieve, una mano davanti alla bocca per celare l'espressione falsamente divertita. C'era tanta amarezza nella sua voce, che Drusilia poté percepirla chiaramente anche senza grandi sforzi di immaginazione.
    « Se perfino voi trovate assurdo il mio desiderio di darvi una possibilità, allora forse ho veramente fatto un'errore assegnandovi un seggio presso la Messa dei Diluvi. Finora, tutti hanno cercato di dirmi ciò che dovevo e non dovevo fare. E più nello specifico... dovevo trattarvi come invasori e non permettervi di spiegare le vostre ragioni e di difendervi dalle numerose accuse che vi vengono mosse ogni giorno. Ditemi. Anche voi pensate che si tratti di una pazzia? Sperare nella possibilità di un accordo pacifico per entrambe le parti, dopo essere partiti con il piede sbagliato, è stato un errore...? »

    Penso di non essermi fatto capire bene. Mi spiace, riprovo. Non ho mai pensato fosse una pazzia trovare le pace, ne credo sia da pazzi essere qui. Se lo pensassi, non sarei nemmeno venuto. Quello che trovo curioso è che si muovano accuse a me. Oltre che alla mia isola e alla mia gente. Cosa starebbe facendo di così criminale Laputa contro le Tribù della Tempesta?

    Il Comandante Generale di Genesis abbozzò ancora un sorriso, ancora più tirato del precedente.
    Era... delusa?

    « Non lo intuite? »
    Aprì il finestrino con la scusa di indicare il paesaggio circostante, accettando lo sferzare della pioggia ma ottenendo in cambio l'aria fresca dell'esterno, ed il defluire dell'aria mefitica del sigaro fumato con accanimento dall'allora Alfiere Errante.
    « Noi riteniamo che questa città ci appartenga di diritto. L'abbiamo conquistata sette anni fa, e l'abbiamo difesa da una violenta invasione a costo di molto sangue e di molte sofferenze. »
    Infatti Drusilia doveva ricordare come gli Storm Riders si riferiscono alle "Guerre della Fondazione" come "Seconda Grande Guerra"; gli orki non sono stati i primi a cercare di cacciarli dalla loro città, e questo dava un po' più senso all'accanimento con cui si arrogavano il diritto di regnare su Klemvor.
    « In quella direzione, oltre le montagne, vi sono le paludi di Undarm, dove si erge quella che noi chiamiamo l'Antica Dimora. Quella città e quella dove adesso ci troviamo, sono in realtà la stessa. Due città, ma un solo luogo, capisci? Nulla più che un mero capriccio del Malestorm. Le stesse strade che stiamo ora percorrendo e gli stessi palazzi che stiamo ora ammirando esistono anche al di là delle montagne, anche se sono allagati dai fiumi e coperti dalle vegetazioni. Sette anni fa, proprio durante la Messa dei Diluvi, l'allora Re della Pietra emise una profezia. Disse che un giorno sarebbe comparsa un'altra "Foresta", ma sgombra dai terribili coccodrilli Nar e dalle paludi infette. Disse che questa Terra Promessa sarebbe stata generosa di ricchezze e di felicità per le tribù della tempesta. »
    Non c'era niente di peggio di promesse e profezie per trasformare pochi gruppetti di sbandati in un'unica entità con uno scopo definito.
    « Quelle parole furono dette quasi per gioco, ma si rivelarono veritiere. Ed ora, i confini territoriali che erano prima, altrettanto sono adesso in questa nuova Foresta che per noi è una vera Terra Promessa. »
    La Rondine Migratoria tornò a guardare Raylek, in tono greve. Drusilia poté leggere nei suoi occhi una nota di disperazione: si aspettava qualcosa dal goblin. Sperava di trovare in lui qualcosa.
    « Per le Tribù della Tempesta, voi siete Abusivi. Occupate la nostra terra, ne derubate le ricchezze e su di essa fate transitare le vostre carovane. Non avete chiesto il nostro parere né vi siete domandati se questo luogo già appartenesse ad altri, vi siete limitati a prenderlo ed anche quando abbiamo manifestato la nostra presenza rivendicandone il suolo senza ricorrere alla violenza avete alzato le spalle e ci avete ignorati. E' questo il motivo del nostro astio nei vostri confronti. Ho faticato molto a tenere a bada i team più bellicosi. E quando finirà la stagione delle piogge -e con essa l'ordine di non belligeranza della Messa dei Diluvi-, non penso di poter trattenere ancora i Bambini della Foresta. »

    E poi ci fu la risposta di Raylek. Ed undici anni di freddo, fra le due fazioni.

    Certo, tutto questo non fa una piega. Nemmeno una. Dal vostro punto di vista noi non siamo che una grossa zecca che vi succhia senza delicatezza alcuna cibo e spazio. Peccato solo che sia una logica un tantino ristretta, o, se vogliamo, limitativa. E' vero, non lo nego, l'Approdo di Laputa è stato fondato in uno dei palazzoni a lato del fiume senza consultare nessuno. Anche perchè, ai tempi della sua installazione, l'unica cosa che avrei potuto consultare sarebbero state le macchine.
    Non ho visto ne Tribù della Tempesta ne altri, quando ho interdetto ai mostri di ferro di Klemvor l'avvicinarsi all'unico punto di collegamento tra la mia isola e il suolo. Ma hai ragione, bambina. A voi non ho mai pensato di domandare. Rimedierò sicuramente alla Messa dei Diluvi, per quanto possa fare un Abusivo come me...

    E continuò, accennando addirittura al concilio degli alfieri, dicendo che avrebbe patrocinato la rivendicazione dei rider su Klemvor in modo da far sì che la città -con la dovuta eccezione dell'Approdo- venga riconosciuta come loro. Un insulto, se vogliamo, dato che gli Storm Riders nemmeno riconoscevano l'autorità degli Alfieri e ritenevano di essere già i proprietari di quel luogo. Simca però non lo prese come tale, tutt'altro. Si morse il labbro inferiore, consapevole che quella conversazione poteva già dirsi terminata. Raylek non aveva capito, o magari per quanto ne sapeva la Rondine Migratoria non aveva proprio voluto farlo fin dall'inizio.

    Cattura1-4

    « Già, che sciocca. »
    Proruppe in una risata triste, senza sentimento né motivo.
    « Mi dispiace, cercherò di chiarire subito questo malinteso che è nato... »
    E concluse, in un soffio.
    « A noi preme soltanto il nostro "Cielo". »

    Ormai erano quasi arrivati, c'era giusto il tempo di spiegare come sarebbero andate le cose durante la Messa dei Diluvi. Solo una formalità, perché ormai il grosso della missione diplomatica poteva dirsi conclusa. E non nel migliore dei modi...

     
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