The future that forgot to bloom

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  1. Harium
     
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    Ombre infinite si stendevano sul terreno. Si respirava una quiete antica in cui anche il tempo poteva smarrirsi, ideale per cullare chi era immerso in un sonno da cui non si sarebbe più svegliato. La luce del tramonto filtrava tra le fronde. Le pietre di quel cimitero si sarebbero scaldate un’ultima volta, prima di scomparire nel buio.

    E lui quanta luce avrebbe potuto ancora raccogliere prima di sparire?

    Visto in controluce pareva una delle statue che vegliavano sulle tombe. Immobile, con lo sguardo spento. Aveva perso il conto dei mesi che lo avevano tenuto lontano da Laputa. Per puro caso non era morto di stenti, durante il suo vagabondare senza meta. Non ricordava nemmeno dove fosse stato. Un impasto confuso di pensieri e deliri era tutto ciò che gli era rimasto.
    Poi da un giorno all’altro era tornato in sé. Aveva riconosciuto la miseria in cui si era trascinato. Sollevatosi dal fango era tornato a volare, ma librarsi in cielo aveva perso ogni sapore. Dormiva a fatica, terrorizzato da quello che sarebbe potuto accadere se avesse lasciato la presa del suo spirito.

    Era uno dei tanti relitti del passato della Città del Riposo. Le linee del suo muso non erano più quelle di una fiera bestia, ma di un ricordo stanco. La realtà gli scorreva intorno, ma per lui era tutto fermo.
    Fissava una tomba. Si era perso a vegliare su quelle lettere incise nel marmo. Come se potessero cambiare se le avesse guardate a sufficienza. Come se potessero rimescolarsi e riscrivere la vita laddove avevano lasciato soltanto un epitaffio di morte.

    Anthea Winterstar

    Era quello il suo nome. Non era mai cambiato. Ma il ricordo che aveva di lei era sbiadito. Aveva un volto davanti a sé, ma non sapeva più se fosse lo stesso che aveva riempito di speranze quel giorno lontano in cui si erano incontrati. Le sue ultime parole le aveva strette al cuore. Pregava che il tempo non gli avesse portato via persino quelle.

    “Avrei voluto vedere di nuovo le stelle con te…”

    Di tutte le cose, proprio alle stelle aveva legato uno dei ricordi più belli che aveva di lei.
    Le stesse stelle da cui era scappato per un’eternità intera.
    Era così dolce… ma anche così triste.

     
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    "Il tempo é come il vento, si porta via il leggero e lascia il pesante".

    Domenico Cieri Estrada.


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    Un altro luogo, un altro tempo...

    Il suono di suole indurite, nonostante il passo leggero, echeggiò sulla pietra bianca e le alte arcate rimaste ancora in piedi: fra le macerie ed alcune zone annerite dalla cenere si potevano ancora scorgere affreschi ed immagini di un paradiso perduto. Occhi verdi indagavano su quello spettacolo, le pupille dilatate di paura e ribrezzo.

    Sulla terra non era più possibile ammirare gli splendidi mosaici nella loro rigorosa e complessa bellezza: vastissime macchie di sangue ormai secco ne avevano deturpato la purezza, come anche la massa di piume e cadaveri lasciati ai vermi come ultimo affronto.
    L'unica anima vivente in quel luogo in rovina si prese del tempo per riprendersi, per non crollare a quella vista. Poi si inginocchiò, ponendo le proprie mani su quella che era stata sua sorella minore: gli occhi ancora sbarrati, riversi all'indietro. Capelli azzurro cielo macchiati di sangue e sporcizia, come anche l'inguine ed il collo squarciato.

    Le mani tremarono, mentre il bel volto si riempiva di lacrime amare.
    Un tempo poteva farlo: poteva guarire le creature ed i viventi. Quel dono le era stato strappato via perchè fuggita dalla propria famiglia come traditrice e vigliacca. Era una punizione per i suoi peccati e la sua stessa esistenza, per volersi erigere al pari degli uomini anzichè rinchiudersi e pregare, in attesa di trovar marito.

    « Alef - Mem - Vav - Resh - Alef »

    Sobbalzò, ricadendo sulla schiena in modo scomposto. Nel rialzarsi si guardò attorno, spaventata alla sola idea che fosse rimasto ancora qualcuno. Non parlò, facendosi piccola piccola nella speranza che nessuno la notasse.
    Cosa avrebbe potuto fare, infondo?
    Era solo l'ombra di un Galanodel, più simile agli umani di quanto il sangue suggerisse.

    « Em. Alef Mor »

    Era una voce di donna, la più bella che avesse mai ascoltato.
    Ciò nonostante, il piacere di quel suono fu interrotto dal dolore: crollò ancora per terra, questa volta in preda alle convulsioni. Qualcosa di caldo all'altezza del cuore aveva preso ad espandersi nel resto del corpo con tale forza e violenza da strapparle via ogni speranza di uscirne viva. Sentiva dolore, come se la propria anima potesse percepire solo quello: avvolta da lingue di fuoco invisibili, Drusilia stava bruciando.
    Infine tutto tacque.
    Le convulsioni si placarono, nonostante il dolore non le permettesse ancora di muoversi.
    Piangeva, ma non supplicava Dio di salvarla.
    Non voleva la salvezza, non la sua.

    Quando fu tutto finito, una corrente fresca raggiunse le sue membra stanche, placando il dolore con le carezze e ridonandole il senno grazie ad un misterioso profumo di rose fresche.
    Lentamente, la ragazzina si rialzò in piedi, confusa eppure viva.
    Qualcosa in di lei era cambiato: continuava a piangere, provare dolore e rimpianto per quanto successo eppure... sentiva chiaramente una forza dentro il proprio petto, scalpitante come una bestia furente.

    -AAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!

    Lanciò un urlo, non paura ma ricolmo di rabbia.
    Le finestre di cristallo si frantumarono all'istante, mentre i cadaveri e le macerie sbattevano con violenza contro le pareti. Un vento impetuoso spazzò via ogni cosa.
    Lasciando solo lei, ancora in piedi.

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    Area Cimiteriale, Latifondo.
    Presidio Errante, Endlos.

    Sostava in silenzio davanti ad alcune lapidi.
    Poteva leggere i loro nomi, eppure non conosceva la loro storia. Solo la fine: era stata lei a condurli fra le braccia della Morte. Con le sue decisioni insensate e speranze da illusa, aveva guidato circa metà del suo Presidio verso la distruzione ed il fratricidio, scatenando una Guerra Civile. Per non parlare di tutte le altre vittime, cadute nelle battaglie in cui lei aveva fatto da condottiero.

    Eppure, nonostante non si pentisse del fine, c'era qualcosa che non era mai riuscita a perdonarsi. Nonostante i suoi sforzi, le missioni nell'Abisso e le suppliche a chi di competenza, non era mai riuscita a riportare qualcuno indietro.
    Come una maledizione.

    “Avrei voluto vedere di nuovo le stelle con te…”

    Sentì una voce e finì per distrarsi. Voltando lo sguardo lo vide per la prima volta dopo intere stagioni. Era poco distante, dietro ad alcune lapidi.

    -Harium?

     
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  3. Harium
     
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    Sentendo la sua voce, voltò il muso.
    Vide una dea in mezzo alle tombe. La stessa dea che gli aveva offerto una nuova vita in quel mondo.

    « Drusilia. »

    Quel nome restò sospeso tra incredulità e conforto. Non credeva di poterla rivedere. Temeva di non essere in grado di sostenere il suo sguardo. Aveva pensato di lasciarle un messaggio dopo la visita al cimitero. Invece era lì, circondata come lui dai nomi scolpiti sulla pietra. Persone che erano rimaste indietro… o forse che li avevano preceduti sul cammino verso una meta comune.

    « Sono tornato, ma non posso trattenermi a lungo. C’è una cosa che devo dirti… »

    Era difficile trovare le parole giuste. Prima ancora di convincere lei, doveva convincere se stesso di quanto stava per dire.

    « Io sono… un pericolo. La mia natura originale è sul punto di risvegliarsi. La sto reprimendo con tutte le mie forze ma… non resisterò a lungo. »

    Nei mesi precedenti aveva rinnegato quella verità. Aveva spento la sua parte razionale, sperando che qualcosa cambiasse, come quelle lettere sulla lapide. Ma non sarebbe cambiato nulla. Non bastava chiudere gli occhi per cambiare la realtà.

    « Il mio destino sarà lo stesso di Khellendros. »

    Era stato faticoso, ma alla fine era riuscito ad accettarlo.

    Lui sarebbe tornato ad essere un mostro.
    Il nemico naturale di ogni piano dimensionale,
    una delle creature più antiche del Multiverso.

    Un Drago Divoramondo.

     
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    « Drusilia. Sono tornato, ma non posso trattenermi a lungo. C’è una cosa che devo dirti… »

    Trovarlo lì fu come un miraggio: così strano ed imprevisto da indurre nella sua mente il dubbio che fosse vero. Come mai era apparso, proprio lì ed in quel momento? Che fine aveva fatto prima? Le domande erano molte, ma la situazione così surreale da farle finire in secondo piano.

    « Io sono… un pericolo. La mia natura originale è sul punto di risvegliarsi. La sto reprimendo con tutte le mie forze ma… non resisterò a lungo. »

    Un sopracciglio si levò perplesso mentre la Dama del Vento reclinava la testa.
    Lui era un pericolo?
    Tutti loro erano un pericolo, Drusilia più degli altri.
    Forse, nella sua assenza, il Drago non aveva notato che durante guerra civile il Gran Maestro si era lasciata dietro una scia di morti pari solo a pochi altri alfieri. Per non parlare di tutti gli stermini che, volente o nolente, aveva provocato praticamente dalla sua nascita. Ma questo, in effetti, non poteva saperlo. In che modo sarebbe dovuto essere peggiore di lei?

    « Il mio destino sarà lo stesso di Khellendros. »

    Ne seguirono lunghi attimi di silenzio.
    In quella stasi a tratti imbarazzante, Drusilia si trovò indecisa su come comportarsi: qualunque regina sana di mente, con molte probabilità, lo avrebbe esiliato dal Semipiano seduta stante. Lei però -che completamente sana di mente esattamente non era, nè tale era considerata dagli altri- ebbe delle reticenze.

    -E allora?

    La domanda uscì dalle labbra rosse senza che Drusilia se ne rendesse completamente conto, sincera al punto da dare l'impressione di vacillare fra il coraggio e l'imprudenza.

    -Se è vero ciò che dici, sarò io a piantare la mia spada nel tuo cuore... esattamente come esigo facciate voi, nel caso capiti a me qualcosa del genere. Quindi... perchè stai fuggendo?

    Infine tacque, in attesa.

     
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  5. Harium
     
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    Conosceva Drusilia a sufficienza per aspettarsi una risposta del genere.
    Lei era forte, una di quelle persone che non fuggirebbe mai dalle proprie responsabilità. Generosa ed esigente, buona ed intransigente. Nel suo carattere convivevano un istinto materno e un’identità da generale. Ma sotto ogni strato, sotto ogni maschera che le circostanze le avevano imposto d’indossare, restava sempre un’inguaribile idealista. Uno spirito “romantico” in tutte le accezioni del termine: dominato da passioni destabilizzanti - che si nutrono del timore reverenziale suscitato dalla tempesta e dal suo impeto - e contemporaneamente infuso d’amore incondizionato.

    « Sì, sono certo che lo faresti. »

    Avrebbe sicuramente calato la spada di suo pugno. Come aveva fatto tante volte in passato, avrebbe messo a tacere il cuore in nome di un Bene superiore. Era quella l’unica strada che un Paladino della Giustizia poteva percorrere.

    « Probabilmente riuscireste a fermarmi prima che io raggiunga il cuore del semipiano. Porterei con me qualche migliaio di vite, ma alla fine tutti gli altri sarebbero salvi. »

    Il martirio degli eroi. Sacrificare la minoranza per salvare la maggioranza. Anteporre la patria a se stessi.
    Tutti ideali che rilucevano come stelle nel firmamento del Castello del Cielo.
    Ideali che uniscono la moltitudine verso una meta comune.
    Ideali che guidano attraverso il buio della notte.
    Ideali freddi, lontani e irraggiungibili.

    « Al posto di fuggire potrei vivere ancora qualche settimana qui a Laputa, trascorrendo il tempo che mi resta in maniera spensierata. »

    La sua voce non era sognante, eppure davanti ai suoi occhi giurava di vedere come potevano essere i suoi ultimi giorni felici all’Albero Casa, immerso tra il verde dei prati e l’azzurro del cielo.

    « Ma lascia che ti chieda una cosa: sarebbe giusto? Dovrei tradire tutti per il mio egoismo, per passare qualche altro giorno di felicità? »

    Dopo aver trascorso una vita pressoché eterna, quel tempo sarebbe stato poco meno di un respiro.
    Sarebbe stato come spirare serenamente prima di morire.

    « Io non voglio tutto questo. Fuggo perché è una mia scelta di libertà. Se non posso oppormi al mio destino, posso almeno decidere quanti altri saranno coinvolti dal mio risveglio… e io non voglio far soffrire nessuno. »

    Il conto alla rovescia non si poteva fermare. La trasformazione era irreversibile.
    Ma finché aveva ancora forze in corpo poteva decidere
    dove trovarsi al momento dell’esplosione.

     
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    Ascoltò le parole del Drago in silenzio, attendendo paziente che finisse più per cortesia che per un reale dialogo; sapeva Harium avesse già fatto la sua scelta come le era evidente quanto l'incontro fosse più simile ad un addio che ad altro.

    -Dato che, da come mi pare di capire, hai già deciso di andartene, lascia che ti dica una cosa: la giustizia non esiste.

    Nonostante le circostanze, la Dama del Vento riteneva comunque suo dovere dirgli ciò che pensava, sia per fornirgli un punto di vista diverso sia per impartirgli un ultimo piccolo insegnamento, prima di scomparire.

    -Mi chiedi se sia giusto tenerti qui e "tradire" i tuoi compagni, ma io ti domando se allora sia giusto scappare e trasformarti in un mostro in solitudine in modo che nessuno possa bloccarti in tempo. Magari non ucciderai noi, ma qualche mondo potrebbe capitarti sotto mano prima che tu venga sconfitto, lo sai?

    Lo guardò, muta, per un lungo istante.
    Un invito a riflettere bene su ciò che qualunque scelta avrebbe comportato.

    -Non esiste la giustizia come non esistono piani perfetti: fin troppo spesso capita di incontrare bivi in cui entrambe le strade sono lastricate di cadaveri. C'è chi decide in base agli affetti, chi per istinto, chi per desiderio di potere... io ho imparato che forse va semplicemente affrontato il male minore. Non per giustizia ma per puro spirito pratico.

    A quelle parole si avvicinò lentamente, così da carezzargli il muso con le belle dita affusolate. Sorrise malinconica ma non aggiunse altro. Quella non era comunque una sua scelta e tutti erano liberi di andarsene: era sempre stato così e nulla sarebbe cambiato.

    -Ritengo fondamentale la tua consapevolezza del fatto che entrambe le strade non siano tranquille. Non importa cosa scegli, purchè tu sia ben cosciente di ciò che avverrà. Per il resto, spero che abbia gradito il tempo trascorso qui, con la tua famiglia.

    Qualunque cosa fosse accaduta, infondo, loro sarebbero rimasti la sua famiglia. Nel bene e nel male. Come una madre, anche quella volta Drusilia era pronta a lasciar andare l'ennesimo figlio.

     
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  7. Harium
     
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    Quel commiato era difficile da sostenere. Sentiva di poter cadere in pezzi in qualsiasi momento. Eppure era grato che il destino avesse permesso quell’ultimo incontro: quelle carezze d’affetto e quello sguardo amorevole a suo sostegno era ciò di cui aveva bisogno per scaldarsi le membra prima del salto nel gelo.

    « Ne sono consapevole, ho scelto una strada che dovrebbe minimizzare i danni e contenere con la forza il mio potere. Non avrò mai la certezza che funzionerà, ma al momento è tutto ciò che ho. »

    Gli restava poco altro oltre ai ricordi.

    « Il tempo che ho passato qui è stato il più felice della mia lunga vita, e per questo ti ringrazio. »

    Nonostante avesse perso una compagna. Nonostante avesse perso un fratello. Al netto di tutto il dolore che aveva patito in missione e degli innocenti che aveva visto morire in quegli anni di servizio negli Aviatori. Tutto era bilanciato dal senso di appartenere a qualcosa di più grande, di avere sempre una spalla su cui piangere e un sorriso ad accoglierti al rientro all’Albero Casa.

    « Tieni, immagino che questi serviranno di più a qualcun altro che a me. »

    Nelle zampe aveva l’Aeris-Mappa e il suo frammento di AI. Porse a Drusilia entrambi gli effetti in dotazione ai Milites, la gilda che l’aveva accolto appena dopo il suo naufragio dimensionale, la famiglia che aveva adottato quella creatura smarrita senza avere timore per il suo aspetto né pregiudizi per le sue origini.

    « Potrei chiederti un ultimo favore? Ecco… io vorrei una tomba su quest’isola, proprio qui, di fianco alla sua. »

    Fece un timido cenno verso la lapide di Anthea. Non sapeva se fosse degno di chiedere una sepoltura simbolica tra i caduti per la patria, dopotutto lui stava voltando le spalle a quelle terra. Se Drusilia avesse rifiutato, l’avrebbe capita. Nonostante ciò, valeva la pena tentare.

    Aveva promesso di raggiungerla, era importante per lui.
    Talmente tanto che, mentre lo chiedeva, non si accorse nemmeno di star piangendo.

     
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    Nonostante le rassicurazioni del drago, la Dama del Vento mostrava un'espressione particolarmente combattuta: lo sguardo vuoto e basso, le labbra rosse tese. Quando lui le avvicinò i suoi ricordi di gilda, Drusilia alzò lievemente la mano in un gesto di diniego: sia la mappa che il frammento gli appartenevano e sarebbero dovuti rimanere con lui. Magari un ricordo dolce avrebbe potuto mitigare il suo tormento e rallentare la trasformazione, nonostante sapesse davvero poco a riguardo.

    « Potrei chiederti un ultimo favore? Ecco… io vorrei una tomba su quest’isola, proprio qui, di fianco alla sua. »

    Fece un timido cenno verso la lapide di Anthea.
    Poi si mise a piangere.
    Se fino a quel momento Drusilia Galanodel si era mostrata comunque ferma, nonostante il fare materno, in quel momento lasciò cadere ogni difesa e maschera. Sospirando addolorata gli si sarebbe avvicinata e lo avrebbe abbracciato con tutta la forza che aveva, così che Harium trovasse in lei un sostegno, anche se minimo, per sorreggersi in quell'attimo di sconforto. Poi, sempre tenendolo stretto a sè, Drusilia gli avrebbe bisbigliato all'orecchio.

    -E sia, ma ricorda: in una famiglia nessuno viene abbandonato.

    Si scostò appena, non prima di averlo baciato dolcemente.

    -Nè io nè i Magistri siamo in grado di salvarti: ma ti offro la speranza- avrebbe premesso, lasciando a lui la sua ultima offerta -Avrai una tomba per i caduti al suo fianco in ogni caso, ma se non possiamo evitare la trasformazione... possiamo fermarla.

    Si allontanò appena, così che potesse guardarla negli occhi.

    -Sono stata aggiornata dal Rettore del Magisterium poco tempo fa: Laputa ha iniziato a sperimentare la Cronomanzia. I nostri Magistri sono attualmente in grado di fermare il tempo in una porzione di spazio limitata. Potresti addormentarti nella tua tomba di fianco ad Anthea... finchè non troveremo una cura.

    E rimase in silenzio, respirando piano, il cuore in gola.
    Non avrebbe permesso ad Harium di sparire in quel modo, non senza provare tutto il possibile.

     
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7 replies since 18/6/2015, 13:39   156 views
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