[LAM][SC] Mirror of the Soul

Non sono in molti ad aver visto l'anima di Lazarus Lee.
Lui la tiene sempre nascosta, celata sotto un'invisibile cortina di Tenebra - ha sempre finto che fosse robina da nulla, un collage di vetri rotti talmente misero da risultare invisibile.
La verità è che la tiene nascosta perché molti Sciamani vomiterebbero al sol guardarla.

La mezza anima di Lazarus è più simile ad un groviera che ad uno spirito. È un frammento bianco crepato e marcescente, tutto buchi di tarlo e fessure riparate con la Tenebra. Puzza di decomposizione, di sofferenze indicibili, di aria notturna e di sgabuzzini tenuti chiusi troppo a lungo.
Se gli occhi fossero realmente gli specchi dell'anima, come si è soliti dire, quelli dell'albino sarebbero due globi avvizziti e che piangono lacrime nere.

Tutt'intorno al nucleo si agita la Tenebra, con le sue spire vaporose che gocciolano disprezzo e catrame. Sembra aver fatto il nido nel nocciolo centrale, e tentacoli scuri escono come vermi dai suoi buchi.
Non v'è nulla di malevolo, tuttavia, nel modo in cui Tenebra e Anima coesistono.
Più che parassitosi, l'insieme di quei tentacoli sembra creare un abbraccio. Non ci sono segni di morsi sul mezzo globo sporco: l'oscurità non ha mai torturato l'anima del suo ospite. Pare un sistema stabile, nonostante tutto, e non certo quello di un malato che sta venendo mangiato da un parassita.
Ah, è potente. Schifosamente, orribilmente potente. Il ragazzino di certo mentiva, nel definirsi uno sciamano da quattro soldi: gli manca forse la conoscenza, ma in quanto a potenza grezza il ragazzo ha del potenziale.

Per ultima cosa, in mezzo alle appendici nere, Khatep e il suo famiglio potranno notare una sottilissima polvere bianca. È l'altra metà dell'anima di Lazarus, ed è triturata come se fosse passata attraverso lo stomaco di Intet. Senza la Tenebra a fare da collante, sicuamente il ragazzo crollerebbe come un castello di carte.

«Mi sento prudere dappertutto.» commenta Laz, la voce che proviene da tutto e da nessun luogo.
Nel mondo reale, il terzetto è seduto in una stanzina del Magisterium, circondato da aggeggi magici e sigilli sciamanici. Ma nel mondo dell'anima di Laz, la sua voce riecheggia come quella di un Dio.
«Perdonate il... Disordine. Cosa volete cercare esattamente? Cercherò di aiutarvi il più possibile.»

«Hey, questa "cosa" funziona benissimo.»
I segni ricercati da Khatep ci sono, pallide striscie in rilievo sulla superficie della semisfera. Altri sfregi sono presenti, ma è difficile distinguere le ferite intenzionali dalle spaccature naturalmente presenti in quell'anima bacata.
Non pare esserci alcun ritaglio chirurgico di avvenimenti e ricordi. Nessuna cicatrice dai bordi netti e precisi, nessun segno di un intervento artificiale. Tra buchi di tarlo e crateri di varie dimensioni, però, ne scovi alcuni che paiono essere segni di morsi più che deformità naturali.
Possibile che quel sistema all'apparenza stabile tenda invece a cannibalizzare se stesso?

«Ho qualche problema nel ricordare i miei addestramenti con la Tenebra.» spiega Laz, notando il motivo del tuo interesse «Cioè, ricordo che facevano un sacco male, ma è tutto molto confuso. Penso che sia un meccanismo difensivo: la Tenebra evita che esperienze troppo traumatiche vengano registrate tra i miei ricordi, per evitare di farmi impazzire per il dolore. O forse le piace, e quindi lo mangia? Non saprei.»

Cercando anomalie, scopri un'altra cosa bizzarra: una sorta di bozzo su un lato dell'anima, come se fosse un innesto artificiale. Analizzandolo, sembra contenere... Libri. Centinaia di libri stampati a fuoco nella testolina del ragazzo.
Tomi di Sciamanesimo Nero.

«Non sono del tutto convinto della sua teoria.» repica, un po'piccata, la voce eterea del ragazzo. Perché è lui, in fondo, quello che da anni vive con la Tenebra nel petto. Lui che hai imparato a capirla, almeno un pochino.

«La Tenebra non ha pietà, ma ha un forte istinto di sopravvivenza.
Se utilizzarla mi traumatizzasse, io smetterei di ricorrere a lei, e la cosa non le piacerebbe. Non mi sembra così strano che mi mangi i ricordi - lo fa per tutelare sé stessa, non me. Se il lavoro è grezzo, forse è perché non ho mai studiato come usarla per una cosa simile. Si è dovuta arrangiare.»
Il bulbo marcescente pulsa come un cuore, scandendo i secondi. Uno, due, tre attimi di silente riflessione, prima che l'aria torni a riempirsi di echi.

«Io... Penso di essere stato a Daleli, più di una volta. Per allenarmi con gli spiriti. Non è possibile che qualche entità malvagia mi abbia attaccato lì?» il mondo si rigira di qualche grado verso destra, l'equivalente spirituale dell'inclinare il capo.
«Non so. So solo che questa facenda non mi piace. Anche se davvero questo Bid'daum mi avesse mangiato i ricordi... Come faremmo a capirlo esattamente? E cioè, che facciamo? Dice che sono un pericolo per Laputa? Che ho un qualche interruttore dentro che una volta attivato mi farà ricordare tutto, o che mi spingerà a uccidere tutti o cose così?»
La voce sempre più frenetica, l'anima che si rabbuia rigirando lenta su se stessa.
Altro silenzio.
Altri pensieri.

«Io... Avrei una proposta, Inquisitore Khatep.»
Un respiro.
«Vorrei imparare la magia della Luce.»

«Quasi.» sottolinea la voce, gocciolando soddisfazione.
Perché Khatep sta già pensando al come, anziché al se.

«Potrei isolare un frammento della mia anima e ripulirla dalla Tenebra, ma non sono certo che sia una buona idea - è già troppo frammentata, non so neanche se funzionerebbe senza la Tenebra.»
Tenebra che, tra parentesi, non ha preso bene l'idea di essere purificata dal Lich. L'ambiente-anima del ragazzo si fa più scuro e minaccioso, come se una tempesta dovesse scoppiare da un momento all'altro. Gli stralci scuri che strisciano nel globo centrale agitano le code, irrequieti.

«Oppure potrei sfruttare l'energia di un altro spirito, ne ho tanti in magazzino. Infilandolo in qualche artefatto, potrei manipolare la sua energia - a costo di atroci dolori, sicuramente, ma non credo le dispiaccia l'idea di vedermi soffrire.»
Immaginate un sogghigno qui.

«Io penso che avere la Luce dalla mia parte sarebbe un'ottima maniera per controllare la Tenebra, in caso di problemi.» le serpi scure sibilano il loro disappunto «Una misura di sicurezza e un buon elemento sorpresa. Ma non mi ha detto se intende considerare questa mia richiesta, signor Inquisitore.
E a quale prezzo.»

«Posso offrire me stesso.»
Parole pronunciate con una sicurezza insolita per il debole possessore della Tenebra.
Ma quella del ragazzino patetico, ormai è risaputo, è solo una maschera. Quel che c'è oltre la facciata è pienamente visibile ora agli occhi di Khatep, ed è un pozzo scuro e marcescente che non sfigurerebbe come anima del peggiore di Demoni.

«Lo ammetta, l'ha impressionato il modo in cui ho oltrepassato le difese del suo rituale. Sarei un giovane promettente, se fossi dalla parte giusta.»
Il tentacolo scacciato da Khatep torna a fluttuare in sua direzione, avatar momentaneo di colui che lo contiene. Si tiene a distanza dalla mummia, girandogli lentamente intorno. Ritto e ondeggiante, come un uomo che cammina con le mani dietro la schiena.

«Io... Al momento è come dice lei: sono un prigioniero, uno schiavo.
Possiede il mio corpo, ma non la mia fedeltà. Può forzarmi ad eseguire gli ordini, ma non può attingere pienamente alla mia intelligenza e al mio spirito di iniziativa. E quelli sono i miei punti di forza.»
Quelli che mi rendono interessante, sembra dire il ghigno della biscia scura. La sua è una bocca da pesce abissale, mille denti ricurvi e appuntiti come spilli.

«Tuttavia, se lei decidesse di prendermi sotto la sua scheletrica ala protettrice... Potrei fare grandi cose sotto la sua guida.
I nostri poteri sono opposti e complementari. E io sono tante cose brutte, ma non sono un ingrato.»
Il discorso cade così, lasciando alla Mummia il tempo di riflettere.
Lasciando che sia lei, eventualmente, a fare la sua proposta.

«È un modo per dire che intende ricattarmi, prendere in ostaggio qualcuno a cui tengo o roba simile?»
La voce riecheggia, quasi annoiata. Minacce simili paiono essere all'ordine del giorno, oramai.
Farsi calpestare è diventata pura routine.

«Come lei stesso ha detto, ha già controllo su gran parte della mia vita. Non vedo proprio come potrei assicurarle che non scapperei alla prima difficoltà, oltre al fatto che... Beh, non mi converrebbe. Senza Laputa, niente Seele.»
Non ci sono molti altri Presidi in cui mercanteggiare liberamente con Necromanti e Sciamani.
Il Magisterium attira una buona clientela. Maghi oscuri, ma di cui più o meno ci si può fidare. Nulla a che vedere con i viscidi stregoni di Merovish, pronti a puntarti un coltello alla gola pur di non aprire il portamonete.

«Vuole provare con un sigillo, per caso? Una maledizione? Un collarino?» i tentacoli scuri ondeggiano, rozza imitazione di una risata «L'importante, per me, è che non vada in alcun modo a manipolare la mia anima. È già instabile così com'è.»
Tenebra e spirito avvinghiati in maniera inestricabile. Un rapporto malato che ondeggia tra simbiosi e ossessione.
Un sistema precario, pronto a collassare su se stesso alla prima interferenza.

«Che ne dice di un bomba piantata dentro di me? Lei schiocca le dita, il mio corpo esplode.
Sarebbe sufficiente? Io ci tengo alla mia vita.»

«Diciamo che esserle stato fedele fin'ora non mi ha portato a molti vantaggi. Ma sia gentile con me e io lo sarò con lei, maestro.»
Una parola detta con sarcasmo, almeno per il momento.
Ci sarà tempo per dimostrare la propria reciproca, falsa e contorta fedeltà.

«E la mia anima non è malata.
Ad essere malata, forse, è la mia azienda. Non abbiamo ancora idea di chi sia la vera spia, giusto? Ma tre dei miei dipendenti erano in possesso di informazioni riservate.»
Tre come i tentacoli che dal nucleo s'arricciano, come tre dita oleose tenute ancora ripiegate.

«Il primo è Gajeel: mangiametallo, di buon cuore, fedele come un cane. Dubito che sia stato lui.»
Un tentacolo si solleva. E sì, anche la Seele ha persone di buon cuore nel suo organico. Il resto dei dipendenti ancora si chiede come ciò sia possibile, ma dettagli.
«Ma essendo ingenuo e poco abile in campo psionico, qualcuno potrebbe aver letto la sua mente. È stato a Merovish almeno un paio di volte... Magari qualcuno lo ha sentito parlare del suo lavoro, lo ha steso con qualche birra e gli ha rubato dei segreti.
Sarebbe stupido, ma sarebbe anche l'opzione migliore. Significherebbe che non c'è nessun vero e proprio traditore qui a Laputa.»

«Poi c'è il mio vice, Azazél.» un altro tentacolo si solleva «Demone ingannatore, interessato unicamente al profitto.
Non mi fido di lui. Mi ha fatto intendere di non essere soddisfatto della situazione qui a Laputa, e venderebbe anche sua nonna per un paio di spicci.
È altamente probabile che mi tradisca, se non l'ha già fatto. E vendere informazioni ai Merovishi per cercare di farsi benvolere da un altro sciamano sarebbe una buona mossa, per lui.»
Perché l'albino tiene nell'azienda persone simili?
Beh, conoscete Demoni che non siano disonesti per caso?

«Infine c'è Gressil.» e tre. Il terzo tentacolo viene su «È un Gremlin. Come tutti quelli della sua razza mi deve un'obbedienza istintiva e assoluta, ma... Chissà cosa passa veramente nella testa di quegli sgorbi?» gli steli neri ondeggiano in un'alzata di spalle «Che non sia raggiungibile poi è sospetto. Anche lui potrebbe aver deciso di trovarsi un padrone migliore.»
Cosa fare, cosa fare? La situazione è complessa e difficile da sbrogliare. L'anima nera ribolle, fremente di pensieri e possibilità.

«Opzione numero uno: cerchiamo i miei dipendenti, li interroghiamo e troviamo il colpevole.
Ciò significherebbe smontare la Seele, però. La loro fiducia nei miei confronti scenderebbe ai minimi storici. Francamente, preferirei evitarlo.»
E poi sono a Nord. Chi ha voglia di ghiacciarsi il culo qui?
«Opzione numero due: cerchiamo Bid. Lei usa quella tecnica della lettura dell'anima per scoprire chi gli ha rivelato Cose, e poi teliamo via. È il modo migliore per scoprire la verità, ma anche il più pericoloso: quel tizio è diventato importante a Sud, no? Rischiamo di provocare un incidente diplomatico. Senza contare che non mi pare prudente sfidarlo nel suo territorio.
Dovremmo trovare il modo per stanarlo. Portarlo in un presidio neutrale, come l'Est o il Pentauron, e preparargli una trappola...»
Attimi di rimuginamento. I tre tentacoli tornano a ripiegarsi, svanendo nella marea nera che li ha creati.

«Perché questo Bid dovrebbe essere interessato a me, esattamente? Voglio dire... Forse potrei attirarlo in qualche maniera? Offrirgli qualcosa di interessante? Dirgli che anche io sono uno Sciamano brutto e cattivo e voglio fare amicizia con lui?»
L'eco di una risata.
«È lei il boss.»

Uscire dal Magisterium. Recuperare i membri della Seele. Fingere che sia tutto ok.
Un finale anticlimatico per una storia così intricata. La quadratura del cerchio, un ritorno alla normalità senza che nulla, o quasi, sia cambiato.
Ma cos'a davvero fatto Khatep con quel migliaio d'anime, poi?
E soprattutto, la cosa ha davvero importanza?

«Mi sembra un piano cauto e ragionato, Maestro.»
Il globo bianco e putrescente pulsa piano, i Tentacoli paiono intorpiditi.
L'atmosfera si è fatta più rilassata. Giusto un paio di stralci neri guardano ancora male la mummia, come se fosse un fastidioso intruso da scrostare via.
«La terrò informato sulle mie indagini.»

E adesso, per favore, possiamo toglierci in fretta questo Inquisitore dall'anima? Perché inizia davvero a prudere forte, eh.
Sia mai che la Tenebra non decida di provare a far pulizia da sola.