Giorno 0

{passato X presente X futuro}

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    Gameaccount di Drusilia Galanodel

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    Alhandra Sanglante.
    Magisterium, Endlos.

    "Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve
    Sull'anima gemente in preda a lunghi affanni,
    E in un unico cerchio stringendo l'orizzonte
    Riversa un giorno nero più triste delle notti"

    "Quando la terra cambia in un'umida cella,
    Entro cui la Speranza va, come un pipistrello,
    Sbattendo la sua timida ala contro i muri
    E picchiando la testa sul fradicio soffitto"

    ...


    Sedeva in silenzio su di una poltroncina dall'aria antica e di velluto blu che, personalmente, le ricordava quelle nel salotto di sua nonna, ormai defunta da più di un decennio.
    Davanti a lei un giovanotto dai capelli biondi e gli occhi azzurri che, per qualche ragazzina dai gusti sessuali ancora acerbi, ricolmi di bugie e favolette puritane, poteva in qualche modo sembrare una sottospecie di principe azzurro. Peccato che non indossasse calzamaglie blu -piuttosto pantaloni scuri, camicia chiara ed una singolare giacca a quadri rosa e viola- e non fosse solito sguainare la spada... piuttosto una bacchetta. Una bacchetta magica, eh.
    Il suo nome era Dan Mihai Simion e, da qualche tempo, era diventato per Alhandra una sorta di consulente magico, se così poteva chiamare l'unico mago abbastanza stupido da starle dietro e spiegarle alla meno peggio in cosa consistessero i varchi dimensionali. Occasionalmente le fungeva perfino da psicologo, il che era un bene considerando la parcella dai costi insolitamente umani.

    -Allora?- gli domandò per l'ennesima volta, cercando di rompere quel silenzio asfissiante -Sono pronta?
    Lui la scrutò attentamente, gli occhi chiari ben vigili sulla figura esile della ragazza -quasi scheletrica- dagli abiti eccentrici. Poi sorrise, reclinando il capo in cenno d'assenso.

    Anche Alhandra sorrise, meno maliziosa del solito; si erano preparati molto per quell'evento e lei aveva studiato senza sosta. Era stato complicato, ma il tempo di raccogliere i frutti del proprio lavoro ormai le correva incontro. Aveva chiuso con le fughe, ancor più con i risvegli più assurdi ed in mondi assolutamente casuali. Doveva prendere in mano nuovamente la sua vita e, per farlo, era necessario tornare al punto di partenza... lì dove era avvenuta la svolta.
    Doveva raggiungere il suo mondo.

    ...

    Alhandra Sanglante.
    Ospedale Fuin, Mirach.

    "Quando la pioggia stende le sue immense strisce
    Imitando le sbarre di una vasta prigione,
    E, muto e ripugnante, un popolo di ragni
    Tende le proprie reti dentro i nostri cervelli"

    "Delle campane a un tratto esplodono con furia
    Lanciando verso il cielo un urlo spaventoso,
    Che fa pensare a spiriti erranti e senza patria
    Che si mettano a gemere in maniera ostinata"

    ...


    -PIANTATELA CON LE STRONZATE!

    Mentre un barattolo ricolmo di penne ed alcuni evidenziatori si schiantava su di un pavimento marmoreo solo in apparenza, riversando irrimediabilmente il suo contenuto, parecchie teste si voltarono in direzione della spilungona che aveva causato tutto quel baccano.
    Era alta, fin troppo magra per sembrare sana e dalla carnagione malaticcia. In compenso i capelli e parte degli abiti -rigorosamente in nero- le davano una certa concretezza che avrebbe potuto dissuadere chiunque dall'idea legittima che si trattasse di un fantasma. L'unico colore indossato che si potesse ritenere tale, a parte il blu intenso dei suoi occhi, era il viola. Non certo allegro, ma era pur sempre un colore.

    In effetti, al sol vederla, in molti sembrarono quasi rincuorarsi; tutto in lei attirava i giudizi più ipocriti, concedendo mezze verità solo a chi sapeva osservare bene... e ragionare. Pertanto, se l'aspetto corrispondeva a banalissimi luoghi comuni, per i facili giudici non v'era nemmeno una ragione valida di avvicinarsi alla vicenda, a meno di essere direttamente coinvolti; davvero in pochi furono quindi interessati all'infrazione in sè, o alla discussione vera e propria.

    -La prego, si calmi...- intimò una segretaria, più preoccupata della reputazione di quel luogo che di ipotetiche (ma possibili) aggressioni da parte della punk sciroccata -Si calmi e possiamo parlarne.

    -Col cazzo che mi calmo- rispose schietta l'altra, in preda a una crisi di nervi -Undici anni fa avete ricoverato per alcuni mesi una ragazza. Lo so perchè ero io, porco cane! Avete ricevuto dei soldi dalla famiglia, che ha cambiato domicilio: mi serve quel fottuto indirizzo.
    Strinse i pugni, digrignando i denti.

    -Potete farmi dei test o quello che vi pare per avere conferma di chi sono, ve l'ho detto che non ho documenti... ma ditemi un'altra volta di tornare dalla polizia, che mi rimanderà nuovamente qui per la trentesima volta, e giuro che vi darò un buon motivo per lavorare.
    E non sarò io a ricoverarmi.


    ...

    "E lunghi funerali, senza tamburi o musica,
    Sfilano lentamente nel cuore; la Speranza,
    Vinta, piange, e l'Angoscia, dispotica ed atroce,
    Infilza sul mio cranio la sua bandiera nera".

     
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    -PIANTATELA CON LE STRONZATE!

    Il grido stizzito di una ragazza -insieme alla cacofonia di tonfi con cui il portapenne sparse il suo contenuto sul pavimento- echeggiò per l'ampia volta della reception, richiamando all'istante l'attenzione di tutti i presenti nella sala d'attesa e rimbalzando per i corridoi del reparto... in un fracasso decisamente molesto, che lo indusse a rimuovere istintivamente lo stetoscopio dalle orecchie per affinare l'udito e capire che cavolo stesse succedendo.

    Perplesso, il medico attese, eppeure non accadde nulla:
    silenzio.
    Ma solo per una frazione di secondo.

    jpg-Col cazzo che mi calmo. Undici anni fa avete ricoverato per alcuni mesi una ragazza. -
    riprese a berciare l'esagitata, con l'aria di chi ha un diavolo per capello
    -Lo so perchè ero io, porco cane!

    A quel punto, smise di ascoltare: rinunciando ad ogni controllo sulla sua mimica facciale per anche solo provare a mascherare la sua seccatura, il dottore si alzò dallo sgabello, rivolse qualche parola di scusa all'anziana signora di cui si stava occupando e da cui prese congedo, e fece segno ad uno degli specializzandi di sostituirlo; dopotutto, fare ambulatorio nel suo giorno di riposo era stata una sua scelta, ma mantenere l'ordine nella struttura era una sua precisa responsabilità.

    -...e giuro che vi darò un buon motivo per lavorare.

    Mentre il camice bianco frusciava dietro di lui come il mantello di un supereroe, le scarpe eleganti producevano un rintocco leggero ad ogni suo passo per i corridoi, dando un ritmo alla sua marcia marziale; quando svoltò l'angolo della corsia ed emerse nell'atrio di ingresso, gli occhi nocciola scandagliarono l'ambiente, e non faticarono a trovare l'origine del trambusto.

    -E non sarò io a ricoverarmi.

    Si trattava di una tipa carina ma dall'aria un po' tetra: bianca come un cencio, con capelli corti e neri, e -notò quando si mosse per raggiungerla- due occhi di un blu intenso; era alta, ma lui di più, e -soprattutto- stava inveendo contro le infermiere alla ricezione, torreggiando intimidatoria su di loro. Certo, era carina... e lui era sensibile a certe cose... e certamente sarebbe stato garbato, visto che si trattava di una donna, ma... quella cagnara doveva finire. Subito.

    « Che sta succedendo qui? »

    La sua voce -profonda e virile- suonò secca e autoritaria nella sala, dipanando il silenzio, e mentre le infermiere e le operatrici tiravano un sospiro di sollievo alla vista del loro Paladino, gli occhi verdi dell'uomo si incatenarono a quelli della darkettona, in attesa di una risposta.

     
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    « Che sta succedendo qui? »

    La voce di un uomo interruppe i suoi sproloqui, senza tuttavia riuscire a sedare gli istinti violenti che l'avevano ormai resa fin troppo simile ad una bomba sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
    Si atteggiava da supereroe, il giovane medico; scarpe eleganti e toni autorevoli nonostante l'età la convinsero che fosse necessariamente un qualche raccomandato, ragion per cui la mora finì per lanciargli la sua prima occhiataccia... dopo averlo squadrato da capo a piedi con aria diffidente.

    -Mi prendono in giro, ecco cosa- rispose laconica la ragazza, per nulla intimidita da un camice o dall'altezza dell'interlocutore -Chiedo informazioni sul mio conto, dato che mi avete ricoverata qui, e mi mandano alla polizia perchè la privacy impone che io non possa conoscere il mio indirizzo. Quando poi faccio presente agli agenti questo problema, i simpaticoni mi prendono per drogata, ed ovviamente mi rimandano qui.
    La sua voce suonava particolarmente acuta, forse per l'isteria o magari per il fatto che trasudasse sarcasmo.

    -Ora, immaginate: ripetete questa cosa per una trentina di volte, distribuite nell'arco di due giorni.
    Sorrise, nonostante il suo fosse più simile ad una smorfia isterica che ad un gesto amichevole.
    -Quindi... mi dica, Dottore: devo forse mettermi a ballare per sapere i miei cazzo di dati?!?!?!?!?
     
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    La prima risposta che ottenne dalla ragazza fu una radiografia da capo a piedi con una lunga occhiataccia di sufficienza dei suoi grandi ed imbronciati occhi blu zaffiro; poi, a seguire, il medico si ritrovò investito da uno scroscio di parole caustiche...

    -Mi prendono in giro, ecco cosa: chiedo informazioni sul mio conto, dato che mi avete ricoverata qui, e mi mandano alla polizia perchè la privacy impone che io non possa conoscere il mio indirizzo.-
    esordì con tono sempre più acuto -isterico- ed esasperato -esasperante-
    -Quando poi faccio presente agli agenti questo problema,
    i simpaticoni mi prendono per drogata, ed ovviamente mi rimandano qui.


    ...e, tuttavia, più che sui suoi sproloqui infuriati, il Dottore era maggiormente concentrato sul suo viso: certo, era molto grazioso, sebbene gli risultasse po' spigoloso per l'eccessiva magrezza che la rendeva quasi sottopeso, ma... più che per quella ragione, ne rimase colpito perché gli pareva familiare.

    -Ora, immaginate: ripetete questa cosa per una trentina di volte,
    distribuite nell'arco di due giorni.

    proseguì sarcastica e stridula, sull'orlo di un esaurimento nervoso
    -Quindi... mi dica, Dottore: devo forse mettermi a ballare
    per sapere i miei cazzo di dati?!?!?!?!?


    Mentre una goccia di sudore gli imperlava la fronte, Leorio compì un discreto sforzo di volontà per appellarsi alla sua pazienza e non mettersi a gridarle in faccia di rimando con tanta veemenza da farla diventare bionda: la tipa gli stava sclerando addosso, prendendosela con lui quasi fosse colpa sua, e quell'atteggiamento non gli piaceva per nulla... eppure, la sua età -e l'esperienza fatta- gli aveva ormai insegnato a contenere quelle intemperanze, e il suo ruolo all'interno di quell'ospedale gli imponeva una certa maturità e superiorità davanti a certe uscite.

    Tanto più che farlo, per quanto soddisfacente, sarebbe stato perfettamente inutile: giusto per cominciare, non avrebbero concluso niente, perché quella punk avrebbe senz'altro visto la sua puntata e giocato al rialzo; e, per concludere, avrebbero ribellato l'edificio disturbando i pazienti e senza risolvere il problema – qualunque esso fosse.

    jpg
    « Signorina, senta... capisco il suo nervosismo,
    ma neanche queste persone sono qui per divertirsi. »


    Lo disse con tono calmo ma fermo -quello da bravo ragazzo responsabile e ragionevole-, indicando con un cenno della mano le persone sofferenti per i loro problemi o spente dalla preoccupazione per qualche loro caro che sostavano in giro per la sala d'attesa, sperando che quella vista e un briciolo di autocritica bastassero a farle dare una calmata.

    « Se chiede scusa alle mie infermiere e mantiene un tono di voce che non disturbi i pazienti, può seguirmi nel mio ufficio per parlarmi del suo problema, così vediamo di risolverlo.

    Che ne dice? Può riuscirci? »

     
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    Oltre il danno anche la beffa: il bell'imbusto si mise pure a ricattarla. Fu così che quel tale si meritò la seconda occhiataccia della giornata di Alhandra, placata solo dalla successiva visione -e dunque consapevolezza- di altre "vittime", se così poteva definirle, generate da sfortune variegate quanto incisive sul corpo e la psiche degli umani come lei. Non che provasse realmente empatia per loro: sapeva che tutti potevano morire ed il calore familiare le risultava un concetto alquanto alieno per sua esperienza personale. Per questo non provò pena per quelle anime abbattute, come anche per i cari celati da qualche porta ancora chiusa.
    Ciò nonostante ebbe il buonsenso di non infierire con qualche suo cinico pensiero che sarebbe potuto apparire fuori luogo: quello stronzo l'aveva presa per la gola ed al momento si sarebbe dovuta limitare a reclinargli la testa e sperare in un momento migliore per il contrattacco. Possibilmente dopo aver raggiunto il suo scopo prioritario.

    -Chiedo scusa per il disturbo- disse, con non poche difficoltà e ben lungi dal rivolgersi direttamente alle infermiere, sia con le parole che lo sguardo -Non riaccadrà.
    Senza degnarsi di guardarlo negli occhi, la ragazza voltò il capo sul lato con aria crucciata, infilandosi le mani in tasca con aria offesa. Poi lo avrebbe affiancato fino allo studio senza dire una sola parola.


    Edited by Drusilia Galanodel - 29/6/2017, 20:48
     
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    -Chiedo scusa per il disturbo. Non riaccadrà.
    brontolò un po' imbarazzata la darkettona, sprofondando le mani in tasca

    « Così va meglio. Prego, signorina: mi segua. »

    Con un commento asciutto e l'aria pacata di chi è perfettamente padrone della situazione, il Dottore girò i tacchi ed imboccò uno dei corridoi laterali a passo spedito, senza indugiare nella propria vittoria e senza preoccuparsi di rallentare l'andatura per permettere alla visitatrice -dalle gambe ossute e piuttosto lunghe anche lei- di stare al suo passo.

    In silenzio, con solo il ticchettio dei suoi passi sul pavimento ed il fruscio del camice dietro di sé, il Medico guidò l'ospite lungo un dedalo di corridoi bianchi e luminosi -tutti uguali-, un paio di rampe di scale e -infine- su per un ascensore; quando ebbero percorso l'ultimo tratto di andito per fermarsi davanti ad una porta di legno, solo allora il giovanotto si degnò di spiccicare parola.


    « Eccoci qua. Solo un attimo di pazienza. »

    Con uno sferragliare metallico, l'uomo si cavò di tasca un ristretto mazzo di chiavi, e quando lo scatto secco della serratura gli fece eco, finalmente poté abbassare la maniglia e schiudere l'uscio: la targa dorata sul battente recitava in eleganti caratteri le parole “Leorio Paladinknight – Primario” ...e l'interno del suo studio -arredato con tutta l'elegante raffinatezza che ci aspetterebbe da un pezzo grosso- sembrò confermare pienamente quel titolo rispettabile.

    Ad ogni modo -senza perdersi in ulteriori chiacchiere-, Dottore avanzò nella stanza facendo cenno alla donna di seguirlo e di accomodarsi su una delle poltroncine; lui, con l'aria disinvolta del padrone di casa, circoscrisse la scrivania e vi prese posto come un sovrano assiso in trono.
    Ehssì che gli piaceva un sacco il suo lavoro...!

    « Allora... cosa posso fare per lei, Signorina...? »

    E mentra la sua voce aleggiava in sospeso, in attesa che l'ospite gli andasse in aiuto fornendogli il proprio nome, il Medico raccolse distrattamente una stilografica dall'ordinato ripiano delle scartoffie e cominciò a rigirarsela tra le dita. Ognuno ha i suoi piccoli tic.

     
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    Doveva ammetterlo: quegli attimi di silenzio, uniti ad i corridoi tutti uguali e gli abiti da dottore di quell'idiota... le ricordarono l'inizio di un porno. Uno degli ultimi visti prima di beh... finire in coma, ecco. E pensare che avrebbe cercato di convincere Drusilia a quel primo atto di vera ribellione sessuale, se solo la sua famiglia non fosse stata sterminata da un'oca isterica.
    Eppure il danno era fatto e, dato che nella vita reale nulla di ciò che sembra l'inizio di un porno pare sia in grado di realizzare quelle promesse, ovviamente entrarono in un vero ufficio medico. Uno che non le piacque, oltretutto, peggiorando di molto la visione che Alhandra aveva di quel Primario (raccomandato-riccone-dimmerda) e permettendo che gli lanciasse la terza occhiataccia nel giro di pochissimo tempo.

    « Allora... cosa posso fare per lei, Signorina...? »

    -Alhandra- pronunciò laconica la mora, mettendoci un pò prima di dire il suo cognome. Quello vero -Liadon.
    Attese un paio di secondi, profondamente a disagio nel rievocare qualcosa che lei stessa non sentiva più da almeno un decennio; infondo Drusilia non l'aveva mai chiamata con il nome di famiglia e Virginia, dalla sua morte, era profondamente cambiata. Era cambiato anche il suo modo di rapportarsi con le amiche, Alhandra compresa. Tornare lì, nel suo mondo, a giocare a vecchi giochetti abbandonati alla sua adolescenza le risultò... strano. Ed estraniante, si.

    -Mi hanno ricoverata qui, tempo fa. Sono... ero... in coma, credo- per la prima volta sembrò titubante, anche se i toni ostentavano tutta la sicurezza che in quel momento non aveva -I miei hanno mandato dei soldi, ma si son trasferiti e io non so il nuovo indirizzo. E... niente, vorrei tornare a casa.

    Dunque attese, nel più assoluto ed imbarazzante silenzio, profondamente a disagio.


    Edited by Drusilia Galanodel - 2/8/2015, 18:48
     
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    -Alhandra. ...Liadon.-

    Con prontezza, la giovane rispose alla sua implicita richiesta di presentazioni, dando finalmente un nome al volto dello scazzo perenne; tuttavia, più che su quella magra conquista -in tutti i sensi-, l'attenzione del Dottore si concentrò sull'altra parola: sentir pronunciare quel cognome gli fece suonare un campanello in testa, e -di riflesso- Leorio si accigliò un poco, ora più pensieroso, mentre faceva mente locale tra i suoi ricordi per capire quando ed in merito a quale contesto l'avesse già udito prima. Perché sapeva di averlo già sentito.

    -Mi hanno ricoverata qui, tempo fa. Sono... ero... in coma, credo-
    proseguì la darkettona, esitando... e spingendo i suoi pensieri nella giusta direzione
    -I miei hanno mandato dei soldi, ma si son trasferiti e io non so il nuovo indirizzo.
    E... niente, vorrei tornare a casa.


    ...e a quel punto, non appena la signorina si azzittì -quasi imbarazzata-, il Medico non potè far a meno di sbarrare gli occhi per la realizzazione, spalancare la bocca larga in una smorfia di sorpresa, e aggrappare con forza entrambe le mani al bordo dello scrittorio, scollando il culo dalla poltrona con un salto mentre scattava istintivamente in piedi e le urlava in faccia - quasi senza rendersene conto.

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    « LA ONIKAKUSHI DEI GALANODEL!?! »

     
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    In effetti Alhandra non avrebbe mai immaginato cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco: in primis a causa dell'essere stata "smollata" a destra e manca nei due giorni precedenti, fra infermiere e polizia, come un sacco d'immondizia che non vuol esser gettato da nessuno. C'era da aggiungere che, per quanto benestante, non era esattamente una persona abbastanza importante da far notizia e, soprattutto, essere ricordata dopo anni d'assenza. C'erano milioni di persone al mondo che sparivano ed a cui non gliene fotteva nessuno, no? Il ragionamento non faceva una piega, a parte un piccolo ma enorme dettaglio. I Galanodel.
    Mcm4qhZ
    Una famiglia di persone importanti, con un passato importante, amici importanti e con tanti... tantissimi soldi.
    Avevano anche un intero villaggio di psicolesi che li venerava, letteralmente.
    Loro si che facevano notizia.

    « LA ONIKAKUSHI DEI GALANODEL!?! »

    -La onicache?- avrebbe domandato, confusa -... 'cazzo stai a di?- per poi rilanciare in una frazione di secondo -...TUA SORELLA!!!
    Non che fosse del tutto sicura si trattasse di un insulto; quella parola poteva voler dire tutto e niente. Ciò nonostante rispose lo stesso per le rime. Così, nel dubbio.


    Edited by Drusilia Galanodel - 29/6/2017, 20:49
     
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    -La onicache? ... 'cazzo stai a di?-
    mormorò, presa in contropiede l'altra, interdetta
    -...TUA SORELLA!!!

    Nel sentire la sua ora preziosissima ospite smozzicare qualche balbettio smarrito prima, e quell'imprecazione poi, il Dottore rimase impassibile: concentrato com'era nel proprio sconcerto, non diede troppo bado alla reazione della ragazza, sia perché troppo preso dai propri pensieri, sia perché non aveva sorelle.

    Ad ogni modo, come congelato da chissà quale apparizione mistica, Leorio rimase a fissarla con sguardo esterrefatto per dei lunghi istanti; quando finalmente tornò alla realtà, lo fece con un lieve sobbalzo, sbattendo le palpebre, chiudendo la bocca grande come un forno, e -dopo aver deglutito- scrollando il capo per recuperare la lucidità: per prima cosa, essendo già in piedi, si mosse verso la parete destra dello studio, spalancando le doppie ante di una libreria chiusa da due sportelli di vetro fumée.

    « E' un nome che ti hanno dato i pazienti e le infermiere. »

    Gli occhi e le mani passavano in rassegna i fascicoli allineati in bell'ordine su quegli scaffali riparati con calma e metodicità... eppure, la sua voce -a dispetto del tono colloquiale e composto, impostata come quella di un medico che si relaziona ai malati- vibrava di una nota di entusiasmo (?) appena trattenuto.

    « Onikakushi è un termine del folklore giapponese; alla lettera significa “rapito dai demoni”.
    ...i superstiziosi lo usano ancora per riferirsi alle persone scomparse misteriosamente. »

    spiegò, dandole le spalle, molto preso dalla sua ricerca
    « Un'anziana signora di quelle parti era ricoverata qui quando sei sparita:
    è stata lei a ribattezzarti così. E, da allora, la voce di è sparsa... »

    raccontò ancora, poco dedito alla questione
    « La tua vicenda ha ispirato anche una Urban Legend. »

    jpgChiacchierava con disinvoltura, ma quell'argomento non sembrava stargli paricolarmente a cuore: comprensibilmente, in quanto Medico, lui era un uomo di scienza, pertanto erano altri gli aspetti di quella storia ad aver catturato la sua attenzione; per questo, non appena gli occhi scuri individuarono finalmente quel che stava cercando su uno scaffale in basso, la mano si chiuse sulla spessa costina del raccoglitore ad anelli, e lui emerse dal mobile con in volto un'espressione attenta e un mezzo sorriso determinato.

    « Alhandra Liadon, ricoverata d'urgenza per ferite multiple e lesione ad alcuni organi interni, causate probabilmente dalle schegge di una qualche esplosione. »
    esordì, tornando a sedersi al suo posto e posando il fascicolo sul tavolo, in mezzo a loro
    « Stabilizzata dopo trentasei ore di operazione; rimasta priva di conoscenza dal suo arrivo all'ospedale alla sua inspiegabile scomparsa dal proprio letto, quasi quattro anni fa. »
    proseguì, mostrando alla ragazza una foto che la ritraeva durante la degenza
    « Unica sopravvissuta al massacro del casato Galanodel all'arrivo dei primi soccorritori. »

    Lentamente, in un invito a verificare lei stessa, la mano del Primario scivolò via dalla documentazione... ma, nonostante le buone intenzioni di quel gesto, sarebbe stata una gentilezza inutile, visto che solo un adetto al settore avrebbe saputo interpretare le cartelle e il loro linguaggio tecnico, fatto di valori, sigle e grafici.

    Le sue parole, comunque, si fermarono lì, ma lo sguardo serio e affidabile dei suoi occhi scuri non parve intenzionato a spostarsi dal viso di lei neppure per un solo istante; non c'era un interrogativo preciso, ma... aveva davvero una gran voglia di sentire qualcosa -qualunque cosa- su una delle vicende di cronaca più importanti e terribili dell'ultimo decennio, ancora tragicamente avvolta nel mistero.



    Edited by Drusilia Galanodel - 5/6/2020, 15:44
     
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    Rapita dai demoni.
    No, cioè... seriamente?
    Fissò il medico un pò perplessa, mentre quello iniziava a cacciare informazioni come un fiume in piena, quasi fosse un agente segreto. Le prese la propria cartella clinica e gliela porse. Peccato che mancavano gli indirizzi. Alhandra ovviamente ci capì poco, ragion per cui -dopo una rapidissima occhiata, così da confermare le proprie ipotesi d'ignoranza- tornò a scrutare il Primario con espressione assai perplessa.

    -Oh, beh...- cercò qualcosa da dire, anche se era tutto maledettamente senza senso -Dieci anni d'assenza ed ho un nome d'arte e sono diventata una urban legend... sembra fico. E' fico? Si?
    Più che altro sperava di trovare un lato positivo alla cosa. Il tutto ovviamente dipendeva dalla succitata leggenda metropolitana: ne aveva sentite di carine, anche se la maggior parte di esse riguardavano sbudellamenti insensati e robe inquietanti.

    « Alhandra Liadon, ricoverata d'urgenza per ferite multiple e lesione ad alcuni organi interni, causate probabilmente dalle schegge di una qualche esplosione. Stabilizzata dopo trentasei ore di operazione; rimasta priva di conoscenza dal suo arrivo all'ospedale alla sua inspiegabile scomparsa dal proprio letto, quasi quattro anni fa. Unica sopravvissuta al massacro del casato Galanodel all'arrivo dei primi soccorritori. »

    Per la prima volta dal loro incontro, il volto della mora si distorse in un'espressione infastidita. Eppure non era il suo già fin troppo conosciuto "scazzo". Era qualcosa di più intimo, un sentimento profondo e maldestramente celato che, per i più, sarebbe potuto apparire come rabbia, se solo fosse stato più violento e bruciante. Il suo, invece, era composto... un "fastidio" che perfino una persona disinteressata come lei non poteva tollerare.

    -Immagino sia stato lo specchio a salvarci- disse, a voce molto bassa, quasi parlando fra sè -E pensare che porta sfiga romperlo.
    Che poi, se ci pensava, aveva anche senso: da quel momento non era mai stata esattamente "fortunata". Era finita in diversi mondi e trovato quasi solo persone simpatiche con tanta voglia di ucciderla o ricattarla... o entrambe le cose. Aveva lavorato come prostituta e preso un numero inquietante di infezioni e malattie. L'unico lieto fine era giunto con il ritrovamento di Drusilia e Virginia... ed Isaac. Lui si che era un lieto fine.

    Sospirò, accantonando la questione e sperando di riprendere il suo maledettissimo indirizzo.


    Edited by Drusilia Galanodel - 5/6/2020, 15:45
     
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    -Oh, beh... Dieci anni d'assenza
    ed ho un nome d'arte e sono diventata una hurban legend...

    occhi blu come fiordalisi lo fissarono con aria perplessa
    -Sembra fico. E' fico? Si?

    Probabilmente, con quello che aveva vissuto nei suoi ultimi momenti di veglia e nei lunghi anni di incoscienza -ammesso che lo ricordasse o ne fosse in qualche modo consapevole-, Leorio non sarebbe dovuto restare troppo sorpreso dalla reazione della giovane che gli sedeva di fronte... ma, ciò non di meno, non seppe trattenere uno sbuffo in qualche modo deluso, dato che non era comunque quella la reazione in cui aveva sperato.

    « Non so quanto può essere “fico” venir considerati uno spirito maligno che infesta l'ospedale, apparendo in sogno alle vittime di sindrome post-traumatica, rendendoli sempre più letargici fino a che non cadono in coma e non si risvegliano più... »
    con noncuranza, si strinse nelle spalle e le rivolse un mezzo sorriso
    « ...prima di scomparire nel nulla come è capitato anche a te, ovviamente.
    Forse, sì: alcuni lo riterrebbero molto fico. Questione di punti di vista. »


    La smorfia seccata che le deformò per un attimo il viso, invece, fece ben sperare il Dottore; il fastidio era già qualcosa di meglio della sufficienza con cui la darkettona sembrava trattare il mondo... ma, soprattutto, rappresentava un punto di partenza per arrivare a ciò che davvero gli premeva: cercare di venire finalmente a capo del fitto mistero legato al sanguinoso evento in cui ella era rimasta coinvolta.

    -Immagino sia stato lo specchio a salvarci-
    la udì borbottare tra sé e sé con fare meditabondo
    -E pensare che porta sfiga romperlo.

    Naturalmente il Dottore non capì cosa ella intendesse esattamente: tutto ciò che sapeva sullo specchio incriminato era che rimuovergliene i frammenti dalle carni era stata una delle più lunghe e brutte sudate della sua carriera, perché alcuni pezzi -pur essendosi ridotti in schegge MOLTO piccole- erano rimasti MOLTO affilati, e si erano spinti MOLTO in profondità; un paio, poi, erano incastrate così bene che aveva anche dovuto lasciarle lì.

    Certo, nel piano originario doveva essere una situazione provvisoria, perché... Aveva avuto intenzione di concludere la rimozione di quelle in un secondo momento, non appena quel fisico gracile e provato si fosse ristabilito un minimo, ma... non era stato possibile: in parte, perché i parametri della ragazza -per quanto stabili- mostravano una perenne condizione di stress diffuso (troppo per sottoporla ad un altro intervento senza rischio di complicazioni), in parte perché poi...
    era sparita.

    Alhandra sospirò, e Leorio con lei, ma... quel silenzio non poteva durare: erano in un empasse, e serviva un modo per uscirne... ma per arrivare da qualche parte c'era bisogno di parlare francamente, quindi avrebbe giocato a carte scoperte! Cioè... volendo, c'erano senz'altro modi meno diretti per tastare il terreno, ma lui non era tipo da troppi sotterfugi e giri di parole, e qualcosa gli diceva che anche la sua interlocutrice doveva essere di quella pasta.

    Dopotutto, si trattava solamente di trovare un accordo: lui voleva capirci qualcosa del casino che aveva rischiato di mettere in crisi gli equilibri politici mondiali, e lei aveva bisogno di aiuto: mentre inveiva contro le infermiere, non aveva detto di aver bisogno di un indirizzo? Trasse un respiro profondo, e si aggiustò nervosamente gli occhialini sul naso.

    jpg
    « Signorina... credo che lei non si renda ben conto della situazione,
    e di cosa comporti la sua ricomparsa in scena dopo tutto questo tempo... »

    il tono serio e lo sguardo grave lo rendevano forse un po' preoccupante, ma tant'era
    « In quanto unica sopravvissuta di quelle notte alla Magione Galanodel, ho bisogno della sua collaborazione per far luce su quella faccenda; in cambio le offro tutta la mia assistenza... »

    “...e ne avrebbe davvero avuto bisogno”: le sue labbra non lo dissero, per non sembrare un gradasso o semplicemente insensibile, ma i suoi occhi scuri ed onesti lo urlavano a chiare lettere: al di là dell'indirizzo della sua famiglia, molte cose erano cambiate durante il lungo sonno senza sogni della giovane, cose che pure avrebbe dovuto sapere, o che avrebbe finito per scoprire comunque. A cominciare proprio dai suoi genitori. E...

    Forse era solo il suo solito punto debole per le donne, o magari era il senso di responsabilità che sentiva per averle salvato la vita quando era stata sua paziente, ma... per quanto scontrosa fosse, si trattava comunque di una ragazza sola, segnata da un'esperienza terribile, e probabilmente confusa: poteva mai Leorio -brillante medico, coraggioso Hunter e uomo tutto d'un pezzo- lasciarla sola ad affrontare le novità spiacevoli che l'attendevano?
    La risposta era quantomai ovvia, ma l'ultima non spettava a lui.



    Edited by - Destino - - 3/8/2015, 02:00
     
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    -Oh.
    Il sentire quella curiosa leggenda le mise i brividi, anche se la sua parte razionale continuava a farle presente che era una cosa stupida, dato che il mostro di turno era proprio lei. Affidandosi ad un profondo respiro, mandò via anche quei brutti pensieri con una scrollata di spalle.

    « Signorina... credo che lei non si renda ben conto della situazione,
    e di cosa comporti la sua ricomparsa in scena dopo tutto questo tempo... In quanto unica sopravvissuta di quelle notte alla Magione Galanodel, ho bisogno della sua collaborazione per far luce su quella faccenda; in cambio le offro tutta la mia assistenza... »


    Lo guardò, leggermente sospettosa. Sapeva che i medici si dividevano solitamente in due categorie: quello dei paladini della giustizia con la vocazione di salvare gli altri e quelli meno nobili con il pallino fisso per il "guadagno facile", tipicamente sulla salute dei poveracci. Quel Leorio... come avrebbe dovuto considerarlo? Nella peggiore delle ipotesi lei non aveva comunque soldi da dargli e dubitava che fosse stato ingaggiato da qualche nemico dei Galanodel, dato che la questione risaliva a parecchio tempo prima e non era ancora morta. Che poi... aveva detto sei anni? Non ne erano passati undici?

    -Se vuole può fare quello che le pare ma... io non sono ricca. E non conosco la locazione di loro ipotetici tesori, questo lo sa?- ci tenne a specificarlo. Infondo, se sperava alla ricchezza perduta dei Figli del Cielo, Alhandra era in dovere di distruggere quel piccolo sogno -Non ho nemmeno i soldi per dormire in un ostello che non sia infestato dalle peggiori bestie esistenti, figuriamoci se so qualcosa del genere su di loro.
    Mai nulla di più vero, soprattutto dopo un incontro del terzo tipo con uno scarafaggio di dimensioni agghiaccianti avvenuto quella stessa notte.

    -Comunque... erano vere?- continuò, e questa volta il broncio sembrò sconfinare nella timidezza -Cioè... sono accadute davvero queste cose? I pazienti che si addormentavano ed io che apparivo? E poi... come facevano a saperlo le persone sveglie se chi mi vedeva si addormentava?
    Che fosse curiosità fanciullesca, semplice paura o qualche turba psichiatrica a muoverle la bocca non era dato sapere.
     
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    -Oh.

    Ancora vagamente suggestionata dalla leggenda metropolitana sul suo conto, la ragazza ci mise qualche istante prima di rispondere, e nell'attesa i suoi occhi blu non si staccarono dal Primario, come a volerlo soppesare; probabilmente, chiusa ed indisponente come si era mostrata, doveva anche essere piuttosto diffidente.

    -Se vuole può fare quello che le pare ma... io non sono ricca.
    E non conosco la locazione di loro ipotetici tesori, questo lo sa?-

    si sentì rispondere il Dottore dopo un po'
    -Non ho nemmeno i soldi per dormire in un ostello che non sia infestato
    dalle peggiori bestie esistenti, figuriamoci se so qualcosa del genere su di loro.


    Nell'ascoltare quella replica, un mezzo sorriso arcuò le labbra di Leorio, ma più che una esternazione di ilarità o di divertimento, si trattò di un'involontaria smorfia di nostalgia: “non sono ricca”, “non ho soldi”, “non posso permettermelo”... erano passati quasi vent'anni dall'ultima volta in cui aveva pronunciato frasi del genere, ma non aveva dimenticato la sordida impotenza che portavano con loro – e non aveva mai smesso di odiare il loro suono.

    Era per quello che aveva deciso di diventare un medico.
    Era per quello che aveva deciso di diventare Hunter:

    per impedire che quelle tre parole rovinassero ancora delle vite.
    E, difatti, non sarebbe rimasto con le mani in mano.

    -Comunque... erano vere?
    Cioè... sono accadute davvero queste cose?-

    riprese la mora, imbronciata, spezzando il flusso dei suoi pensieri
    -I pazienti che si addormentavano ed io che apparivo?
    E poi... come facevano a saperlo le persone sveglie se chi mi vedeva si addormentava?


    Interdetto, il Dottore la fissò per un lungo istante,
    poi
    scoppiò sonoramente a ridere.

    « Ah ah ah! Penso proprio di no:
    si tratta solo di una storia che i ragazzini raccontano per impressionare i coetanei...! »

    la rassicurò -o derise: punti di vista-, fissandola in volto
    « Sei tu l'unica paziente in coma ad essere svanita dal mio ospedale; a dirla tutta, sei stata ufficialmente inserita nei casi particolari al vaglio della Squadra Scientifica dell'Associazione degli Hunter. »

    Nel momento in cui si rese conto di cosa stava facendo, Leorio si riscosse e si decise a recuperare la serietà, schiarendosi la voce e dimettendo il sorriso genuino in favore di un'espressione più grave e concentrata: oltre al fatto che -per quanto lui la “conoscesse”- Alhandra doveva di rimando ritenerlo a giusta ragione un perfetto estraneo, e che pertanto quella sorta di sintonia e confidenza erano senza mezzi termini eccessive, c'erano questioni piuttosto importanti in ballo. Quindi non era proprio il caso di divagare.

    jpg
    « Non mi serve la sua collaborazione per nulla che sia legato alle ricchezze dei Galanodel. »
    affermò, schietto e disinteressato: insomma, si vedeva che di soldi ne aveva, no?
    « Mi serve per sapere cosa è successo quella notte su quell'isola. Mi serve per capire perché.
    E mi serve scoprire come ha fatto a scomparire dal mio ospedale, dove è stata tutto questo tempo,
    e perché suo p-... »

    si interruppe bruscamente, rendendosi conto di stare per dire qualcosa di troppo
    « Come vede, avremmo davvero molto di cui parlare, se accettasse la mia proposta.
    In cambio, oltre all'indirizzo, metto sul piatto dell'offerta anche vitto e alloggio. »

     
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    « Ah ah ah! Penso proprio di no:
    si tratta solo di una storia che i ragazzini raccontano per impressionare i coetanei...! »


    Ok, diciamocelo: ci rimase un pò male.
    Più che altro si sentì abbastanza idiota per aver creduto ad una storia simile... e in cui era lei a recitare la parte del cattivo!!! Insomma, in meno di un'ora aveva finito per fare l'ennesima figura del cavolo con l'unico demente di quel mondo che si era preso la briga di volerla aiutare. Fantastico.

    « Non mi serve la sua collaborazione per nulla che sia legato alle ricchezze dei Galanodel. Mi serve per sapere cosa è successo quella notte su quell'isola. Mi serve per capire perché.
    E mi serve scoprire come ha fatto a scomparire dal mio ospedale, dove è stata tutto questo tempo,
    e perché suo p-... »

    -Mio cosa?- domandò di rimando la ragazza, nonostante il Primario avesse già ripreso a parlare d'altro.
    « Come vede, avremmo davvero molto di cui parlare, se accettasse la mia proposta.
    In cambio, oltre all'indirizzo, metto sul piatto dell'offerta anche vitto e alloggio. »


    Maledetto. Stronzo e maledetto. Prima faceva la parte del Paladino... poi, le sparava due o tre frasi che la mandavano in crisi ed infine le poneva una "scelta", facendole capire che l'unico modo di ottenere qualcosa era collaborare con lui.
    -Accetto- disse prontamente, non celando tuttavia nei toni e nell'espressione una certa ostilità. Come se ci tenesse a precisare che quell'aiuto non cambiava le cose... e lo riteneva comunque uno stronzo. E si, gli avrebbe prosciugato il suo maledettissimo conto in banca, se ne avesse avuto l'occasione.

    -Il "perchè" che cerchi è presto detto: una puttana ce l'aveva con la mia amica. E la mia amica era una Galanodel- abbastanza schietta e dritta al punto, ma già che ormai doveva lavorare con lui era bene che mettesse le cose in chiaro -Cioè, non è stata proprio lei... ma ha permesso a dei tipacci di entrarle in casa grazie ad un passaggio segreto molto antico ed in disuso, che era riuscita a scoprire parlando con questa mia amica... che era anche sua amica. Circa.
    Ok, un pò confusionario, ma il senso si capiva, no?
    -Non ho idea di come sono scomparsa dall'ospedale perchè non mi sono svegliata lì e... non sono l'unica sopravvissuta. E' sopravvissuta anche la mia amica. La Galanodel. L'ho salvata con lo specchio che mi ha ferita e le ho detto di scappare, rimanendo indietro a permetterle la fuga.

    Arricciò le labbra in una smorfia estremamente infastidita; forse il ricordo dei suoi ultimi istanti in quel mondo, prima di finire su Celentir, non era proprio il massimo per la sua psiche. A dire il vero si sentiva nervosa... al punto che le mani presero vistosamente a tremare. Con uno sbuffo secco ne avrebbe infine portata una in tasca, così da estrarre un pacchetto di sigarette ed un accendino. Era verde ed abbastanza rovinato, oltre ad essere fra i più economici in quella regione. Anche le sigarette, in effetti, non erano certo di marca: consistevano in qualche tabacco preso da chissà dove, pressato in cartine stropicciate, ed erano state precedentemente ricostruite a mano. Il pacchetto era solo un contenitore di scarto per non averle alla rinfusa.
    -Ne vuoi una?- gli avrebbe domandato, storpiando un pò le parole a causa di una sigaretta che già si era infilata fra le labbra.
     
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