Sbarco su Endlos

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  1. miky1992
     
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    Calore.
    Spalanco gli occhi, il sole mi ferisce le iridi e mi costringe a voltarmi verso il terreno. La mia immagine distorta è riflessa su quella che sembra essere una lastra trasparente. Vorrei fosse ghiaccio in questo momento, ma probabilmente si tratta di un qualche materiale vetroso. Il calore è terribile, rischio di rovinare le cellule robotiche. Devo fuggire, trovare un riparo.
    Osservare gli effetti del calore estremo sui miei organi non mi incuriosisce affatto, con le informazioni che possiedo posso farmene un idea convincente e tanto mi basta. Collasso multiorganico, allucinazioni, disidratazione estrema. Quanto posso resistere?
    Cammino su questo deserto di vetro, aveva un suo fascino. Peccato che mi stia arrostendo. Un deserto, vedo le dune vetrificate. Chissà quando e soprattutto se scenderà la notte. Spero presto, altrimenti tanti saluti.
    Ho sete.
    Come sono finito qui? Ricordo che ero su di un pianeta primitivo, studiavo il comportamento sociale della specie senziente e catalogandone le abitudini. No, questo non è di sicuro lo stesso mondo. Da quel che sapevo non c'erano deserti del genere li, foreste, ghiacciai, ma deserti di sicuro no. Mi sforzo di ricordare, ero in un villaggio di capanne e sventravo un pesce. Una scossa, il pesce mi scivola dalle mani, intorno a me tutti corrono. L'ultima immagine è una luce, un lampo o un esplosione? Non ho dati sufficienti per capirlo, comunque dev'essere successo qualcosa di grave.
    Mi chiedo, se dovesse alzarsi il vento cosa succederebbe? Verrei spazzato via con ogni probabilità.
    Devo trovare un modo per comunicare con gli altri, sicuramente sapranno ciò che è successo. Loro mi troveranno, ne sono sicuro. Posso comunicare con loro? Una risposta affiorò nitida davanti a me: NO.
    Posso sopravvivere più di un giorno a queste condizioni? NO.
    Per fortuna non devo sudare, la sensazione di appiccicaticcio la odierei. Quando ero in missione sudavo, ed è una sensazione disgustosa.
    Un miracolo sarebbe gradito.
     
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    Agente era stufa degli umani. Erano ovunque, ed erano così... Banali.
    Pensava che il centro del Multiverso fosse popolato da un mix di razze e culture incredibili. Con immensa noia, invece, si era resa conto come quanti di loro corrispondessero allo stereotipo dell'umanoide medio.
    Ovviamente, molto dipendeva dalle condizioni di quel mondo: la gravità, le leggi fisiche e l'atmosfera erano adatti solamente a un certo tipo di organismi biologici. Ma si era aspettata di trovare comunque più variazioni, più sorprese, più caos.
    Quella sbobba omogenea di arti rosei le faceva venir voglia di distruggere.

    Agente aveva provato a visitare Merovish, ma tutti quegli umani in spazio così stretti le avevano fatto venire la nausea.
    Una sensazione così strana, quando nemmeno hai degli organi interni ben definiti. Aveva rischiato di rigettare parte della sua stessa essenza sul selciato - cosa che probabilmente avrebbe provocato un piccolo buco nero in mezzo alla Tana.
    In cerca d'aria, era uscita dai cunicoli bui della capitale del Sud, trovandosi in mezzo al deserto.

    Agente non sapeva cosa pensare del deserto. Da una parte, i suoi miliardi di granelli rappresentavano la Materia nel suo stato più caotico e decomposto possibile. Una marea di impredibilità entropica, non troppo dissimile dal brodo primordiale che era il Multiverso prima dell'Ordine. D'altra parte, quei granelli erano troppo fastidiosamente omogenei per essere davvero soddisfacenti.
    Camminava tra essi senza paura di sporcarsi il completo bianco, la testa riparata da un elegante parasole tutto pizzi e merletti. Non ne apprezzava troppo lo stile, ma il colore era piacevolmente candido quanto la sua divisa. Gli occhiali da sole che indossava avevano invece le lenti scure, indispensabili per proteggersi dalla luce accecante.

    Camminava, dunque, senza alcuna direzione particolare. Nessuna idea nella mente, solo il mero vagare per rilassarsi e prendere il fiato. Senza allontanarsi troppo dall'entrata di Merovish, onde non incrontare creature sgradevoli.
    Voleva vedere i Laghi di Vetro. E li trovò senza difficoltà, immensi specchi riflettenti che bruciavano le retine pur avendo gli occhiali. Distolse subito lo sguardo, ma non potè non notare una figura muoversi ai margini del suo campo visivo.
    Strizzò gli occhi, tornando a fissare il lago. Qualcosa si muoveva sul vetro, e luccicava come fosse stata anch'essa di puro cristallo.

    Scese piano le pendici sabbiose dl lago, camminando di lato per evitare di scivolare giù. L'ombrello stretto saldamente tra le mani, raggiunse l'essere luccicante, constatando con fastidio che anch'esso aveva una forma da umano.
    «Anche tu sei fatto di vetro?» domandò «Sei un figlio del Lago?»
    La voce, come l'espressione, non tradiva alcuno stato d'animo particolare.
     
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  3. miky1992
     
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    Appena vedo la misteriosa figura passeggiare tranquilla nella mia direzione corro verso di essa. Amico, nemico? Fosse una creatura amichevole potevo dirmi salvo, avrei trovato riparo e possibilmente una traccia di civiltà. Un nemico sarebbe stato un problema, non ho modo di difendermi e non so di cosa sia capace. Ho altra scelta? No. Fuggire sarebbe solo uno spreco di tempo e forze, la morte per mano di un predatore è più rapida, meno dolorosa.
    Molto più importante, se è una creatura adattata a questo ambiente può esserci una speranza per me.

    La sabbia mi infastidisce, ora tollero meglio il caldo. Quanto posso resistere, forse più di quello che pensavo. Sarebbe comunque meglio trovare un riparo. L'essere sembra indossare un vestito, non credo possa fornire una buona protezione per questo posto. Una difesa biologica sarebbe molto più auspicabile, meglio però assicurarsi delle sue buone intenzioni prima.

    La domanda dell'essere mi mette a disagio, i vestiti non potevano non farmi pensare a una creatura civilizzata eppure trovarmi a parlare con un essere senziente dopo mesi passati con dei cavernicoli fa un certo effetto se fossi sopravvissuto avrei dovuto raccogliere informazioni, campioni di DNA. - Come può esistere una civiltà evoluta in questo posto? Rimango a fissarlo, ha una blanda protezione contro i raggi solari sul volto, per il caldo mi sono scordato di rispondere. - Il vetro non è un materiale ottimale per creare un corpo. Troppo fragile, tende a opacizzarsi e a rovinarsi. Sarebbe assai difficile gestire articolazioni di vetro. Le mie preoccupazioni sono svanite, l'essere resiste apparentemente bene al caldo, probabilmente qualche difesa biologia non c'è dubbio. - A dire il vero non so come ho fatto a ritrovarmi qui, ma ora ho problemi più urgenti.

    Raccolgo tutte le informazioni necessarie, le nanomacchine si riconfigurano nella forma che ho avanti agli occhi. - Il metallo è molto più utile per esempio. Allungo la mano. - La tua specie ha delle città raggiungibili? Non ho protezioni per il caldo di questo deserto.
     
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    Agente Serendipity

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    Agente annuì più volte alle parole dell'interlocutore, soddisfatta del suo ragionamento.
    Era così razionale. Logico. Tratto non comune, tra gli esseri umani. Ma lui non era umano, giusto? Umanoide nella forma, ma non nelle carni. Forse aveva una struttura silicea...
    L'uomo che sembrava vetro. Voleva conoscerlo meglio, le sembrava... Fuori luogo come lei.

    «La civiltà è qua sotto.» rispose semplicemente, chiudendo la mano e puntando il pollice verso il basso. Non era possibile vederle per via della luce, ma innumerevoli persone sciamavano nei cunicoli sottostanti.
    Una struttura non diversa da quella di un formicaio. Gli umani la chiamavano "La Tana".

    «Ma non è costruita dalla mia specie.»
    Parole dette con esitazione, perché per un attimo il termine "specie" l'aveva fatta pensare.
    Agente non credeva di appartenere a nessuna "specie" in particolare. Era una creatura del tutto unica e speciale, concepita dall'Entropia per essere il suo tramite con il mondo materiale. Il suo Avatar.
    Ma se l'Entropia avesse creato degli altri Agenti?

    «Hai bisogno di indicazioni?»
    Fece ruotare il manico dell'ombrellino tra le dita, lasciando cadere un velo di sabbia a terra.
     
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  5. miky1992
     
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    Abbasso lo sguardo verso il terreno vetroso. Si, ha senso. Per costruire una cosa del genere bisognava avere tecnologie non indifferenti, oppure si tratta di una casualità naturale? La prima ipotesi è molto più intrigante, sono stanco di sviscerare pesci e vorrei tornarmene tra gente civile. Molto più pratico vista la situazione. Sarebbe interessante vederla.

    Capisco, quindi sei un viaggiatore?Già, sarebbe la cosa più logica. Le possibilità che più specie senzienti si sviluppino sullo stesso pianeta e nello stesso arco temporale sono pressoché nulle. Avevo dimenticato il caldo, ma ora torna a farsi sentire. Copre la mia curiosità e comincia a farmi boccheggiare. Da dove si entra? Non posso resistere a lungo.

    Mi muovo, la sabbia accumulata sul mio corpo cade a terra. Alzo il braccio per bloccare i raggi solari sul volto. Quindi lei è semplicemente abituato al calore? Suppongo che questo mondo non sia completamente desertico giusto? Scuoto la testa, non ha molta importanza ora. Si, avrei bisogno di sapere come andarmene da questo posto.
     
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    Agente Serendipity

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    Agente viaggiava molto, ma non si considerava una turista.
    Turista è colui che esplora un luogo per puro piacere. Lei era lì perché aveva uno scopo, che incidentalmente la portava a visitare gran parte di Endlos.
    «Io sono l'agente dell'Entropia.» si presentò, senza aggiungere altro.
    Gli umanoidi non potevano capire. Le sue azioni, la sua missione, erano contrarie a principi fondamentali di ogni forma di vita a base di carbonio.
    Non avrebbe capito. Ancora peggio, forse avrebbe provato ad ucciderla.

    «Al momento ti trovi su Endlos, nel Presidio Sud. La zona è principalmente desertica - o rocciosa e vulcanica, se prosegui ulteriormente verso Sud.
    Nella città in cui stiamo andando potrai trovare delle carovane che ti conducano in altre zone - il presidio Est è il più verdeggiante e tranquillo, l'Ovest è composto da montagne e mare, mentre il Presidio centrale è un grande agglomerato di città. Proseguendo più a Nord, invece, troverai le montagne ghiacciate.
    »
    Tono monocorde, informazioni elencate come lette da una guida turistica. E più o meno era così, in effetti, solo che la guida di Agente era parte della sua matrice stessa.
    Arrivata ai margini del lago, si trovò davanti la duna di sabbia che aveva sceso per arrivare lì.
    Era ripida. Troppo ripida per risalire senza rotolare giù, rischiando di finire seppelliti sotto la sabbia. Iniziò a camminare lungo gli argini del lago, cercando un punto più semplice da attraversare.

    «Se per "andarmene da questo posto" intendi invece "abbandonare il semipiano", credo dovresti rivolgerti a qualche mago planare o a qualche scienziato. Il viaggio extradimensionale è complesso, ma possibile.»
    Non si era mai interessata troppo all'argomento, in sincerità. Il mondo che doveva distruggere era questo soltanto.

    «Se non sei di vetro, di cosa sei fatto?»
    Curiosità.
    Spostò il braccio verso l'esterno, cercando di accogliere l'essere luccicante sotto l'ombra del suo ombrellino.
     
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  7. miky1992
     
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    L'agente dell'entropia?
    Questo non risponde alle mie domande, se non è qui come abitante di questo mondo cosa può essere se non un viaggiatore? Deve per forza venire da un altro posto, questo apre un'altra questione: Perché sono finito qui? La mente mi si affolla di idee, tutte stupide e fantasiose. Forse ciò che resta del pensiero della mia precedente missione.
    Però una civiltà sviluppata era importante: valeva la pena studiarla, capirla.
    Ascolto le parole di agente, a quanto pare il mondo in cui sono capitato ospita zone interessanti. Credo che la mossa migliore sia raggiungere il presidio centrale. Li dovrei trovare la civiltà principale di questo posto. Ora che non ho più paura, osservare l'effetto di quel calore è davvero interessante. Mi chiedo quanto tempo, quanto calore possa servire per creare questi laghi di vetro. Spero abbiano una biblioteca, vorrei studiare la storia di questo mondo prima di partire.
    Arriviamo davanti all'argine del lago. Una muraglia di sabbia ci si oppone, spero che agente sappia quello che fa. Se esistessero forme di vita forse potrei trovare refrigerio, non trovo nulla però. Solo vetro, sabbia e vento. Comincia ad annoiarmi, forse è il calore. Infondo un posto come quello che bisogno ha di vita? Se la cava perfettamente anche così. Ma proprio per questo va contro la mia natura, spero la strada non sia molta.
    Capisco, dunque c'è un modo per andarsene. Mi fermo a fissare il lago di vetro, andarmene, continuare la precedente missione, oppure sfruttare quest'occasione? C'è poco da pensare: bisogna sfruttare l'occasione. L'importante è che ci sia. Concludo.
    Mi chiedo di cosa sia fatto tu. Rispondo, in effetti la domanda di solito è questa. Credo che questa sia la prima volta che un essere senziente mi vede per quello che sono. È strano, di solito gli esseri viventi non provano empatia verso esseri diversi da loro, specie se senzienti. Credo sia una questione di sopravvivenza, competitività? Scuoto la testa, cerco di vedere il volto di agente sotto l'ombrellino. Nanomacchine, sai cosa sono? Penso di si. macchine grandi quanto una cellula, che svolgono le stesse funzioni nel mio caso. Puoi considerarmi una via di mezzo tra una macchina e un essere vivente, credo sia questa la definizione migliore. Abbasso lo sguardo pensieroso. Gli altri di questo mondo ti assomigliano? Intendo anatomicamente.
     
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    Agente Serendipity

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    Agente capiva il concetto di "nanomacchine", e capì che quell'essere era - biologicamente parlando - più simile a lei che alle creature a base carbonica che abitavano Endlos.
    Composto non da cellule specializzate in diversi compiti, ma da infinite e identiche unità. L'artificialità della sua natura era tutto ciò che separava il suo brodo primordiale interiore dal caos vetroso che era il suo nuovo amico.

    «La maggioranza degli organismi senzienti di questo mondo ha forma umanoide simile alla mia.» confermò Agente mentre cammina «Ti suggerirei, se ne sei in grado, di celare la tua essenza con un guscio di forma umana, come faccio io. Facilita le interazioni sociali.»
    In altre parole, di cambiare forma.
    Lei ne era capace? Tecnicamente, avrebbe dovuto essere in grado di riorganizzare la propria struttura molecolare per assumere diverse forme. Il concetto di "forma", però, implica atomi disposti secondo una sequenza ordinata e prestabilita - un'idea che le faceva venire la nausea.

    «Io sono composta da Caos puro faticosamente contenuto entro confini materici.» spiegò poi, con la sua solita voce atonale «Non credo di essere in grado di spiegare esattamente la mia struttura - di per sé, dare corpo materiale all'Entropia è qualcosa che va contro il senso dell'Entropia stessa. Una struttura come la mia non dovrebbe esistere, ma le circostanze hanno richiesto la mia creazione.»
    Agente si hiese distrattamente perché non avesse problemi a parlare con quella creatura. Forse perché, essendo tanto distante dalla normale struttura umana, pareva più propenso a comprendere la natura della sua esistenza.
    Era suo... Simile, più o meno.

    «Ci tengo inoltre ad informarti che il mio corpo è di sesso femminile - sempre che il genere sia un concetto presente nella tua specie.»
    Aveva trovato un punto in cui due dune si incrociavano, un valico in cui la sabbia era più bassa e agibile. Salì di qualche passo sulla duna, allungando poi la mano per aiutare la creatura a risalire.
    «Hai un nome?»
     
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  9. miky1992
     
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    Forma umanoide... ripeto meccanicamente. Certo, la maggior parte. Sono curioso di vedere come saranno quelli che non hanno forma umanoide. Posso comunque immaginarmi qualcosa, intelligenza, organi simili a mani sono tipici in esseri senzienti. Il caldo comincia a superare la curiosità, spero di trovare un posto all'ombra il prima possibile.

    L'ultima frase del suo interlocutore gli ricordò i precetti della sua specie: sempre mescolarsi alle specie autoctone, mai mostrarsi per quello che si è veramente. Solo così è possibile instaurare un vero rapporto di fiducia, gli esseri organici solitamente si trovano più a loro agio a trattare con soggetti simili a loro, anche un dettaglio insignificante quanto altezza, sesso o colore della pelle in certe culture può creare iniziale diffidenza. Figurarsi il parlare con una specie senziente differente. - Si, posso. Rispondo e assumo le caratteristiche dell'unica forma umanoide che ho avuto modo di vedere: quella di agente. - Appena possibile cambierò aspetto se la cosa non ti sta bene.

    - Per un semplice camuffamento non ho bisogno di conoscere certe informazioni. Il tuo aspetto basta, anche se solitamente preferisco “copiare” una razza in tutto e per tutto. Ma vista la situazione non credo sia possibile. Comunque è la prima volta che mi ritrovo davanti un evento del genere... Abbasso lo sguardo verso i granelli di sabbia, le leggi dell'universo comunque vengono in contro a quanto detto dalla mia interlocutrice. - In fondo, ciò che può accadere accade se puoi esistere in questa forma, semplicemente esisti e basta. Mi trovo bene a parlare con lei, di solito le altre specie non mi capiscono. Probabilmente dovrò imparare le usanze delle altre culture di questo mondo. Sarà divertente anche quello.

    - Non è un concetto presente nella mia specie, ovviamente non avendo vere e proprie cellule la riproduzione diventa inutile. La trasmissione di informazioni avviene alla nostra creazione, ogni nanomacchina possiede la conoscenza di tutta la nostra specie. Mi faccio aiutare dalla donna a superare la duna. - Un nome? Credo Frey possa andare.
     
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    Agente Serendipity

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    Agente rimase un attimo stranita nel trovarsi riflessa nella figura altrui. Si era già specchiata altre volte, conosceva l'aspetto che aveva scelto, ma trovarsi davanti una riproduzione tridimensionale di se stessi dà un'impressione totalmente differente. Un buffo senso di dissociazione, come se per un attimo avesse dimenticato di essere lei.
    Agente sbattè le palpebre.
    «Frey.» ripetè a bassa voce.
    Davvero non capiva questa cosa dei nomi unici per ogni persona. Perché gli umani non li cambiavano mai, se nel giro di settimane potevano diventare persone completamente diverse rispetto a prima?
    I suoi nomi li cambiava con la frequenza di un battito di ciglia, poiché non è possibile che il Caos abbia un'identità definita.

    «Quella è Merovish.» alzò il braccio ad indicare la parete rocciosa. Erano sulla cima della collina ormai, e i cancelli della Tana erano ben visibili all'orizzonte.
    «Non è un buon posto in cui stare: è abitata principalmente da tagliagole, schiavisti, poveracci e criminali di ogni tipo. Se il tuo obiettivo è trovare un modo di andartene, dubito riceverai molto aiuto lì. Posso provare a trasportarti in una zona più tranquilla, se lo desideri, ma non posso garantire sulla sicurezza del viaggio né sulla destinazione.»
    L'uomo di vetro accettò. Agente lo strinse a sé, per poi provare a concentrarsi su... Nessuna cosa in particolare, in realtà. Il suo obiettivo era spersonalizzarsi, dimenticare di essere una persona e tornare ad essere un frammento di puro Caos.
    L realtà ondeggiò per un istante, e poi entrambi sparirono.


    Edited by Zero - 26/10/2015, 12:03
     
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