Lost.

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    Mi sono perso.
    Già mi sembra di sentire i rimproveri di Daniel. "Ti avevo detto di restare alla locanda!", "Non devi farti vedere in giro, la gente potrebbe accorgersi che ci sono due me!", e poi anche "Non fare casini!"
    Come se non ci conoscesse. Come se non sapesse che gli Ember odiano stare in gabbia.
    Così sono uscito di nascosto.
    E mi sono perso.

    A mia discolpa, mi sono messo un mantello col cappuccio prima di uscire. Per non farmi riconoscere, per essere misterioso e silenzioso come un ninja. Irriconoscibile. Sono stato attento - ansioso solo di respirare un poco d'aria, non di creare caos.
    Però mi sono perso.

    È che sono tutte uguali, 'ste stradine del cavolo. E poi c'è un mucchio di gente, e sono tutti più alti di me. Ho provato a chiedere info a un paio di persone, ma erano naufraghi sperduti e confusi.
    Nuova strategia: cercare un abitante del luogo. E come riconoscerlo? È semplicissimo, in realtà.
    Basta cercare qualcuno coi capelli azzurrini.

    È una cosa che mi ha spiegato Quarion (cioè, l'ha detta a Dan): ha un sacco di figli illegittimi in giro, e sono tutti fate turchine come lui. Cioè, non proprio fate, tecnicamente è un mezzo angioletto o una cosa simile.
    (Chissà se conosce Renthar.)
    Il punto è, le persone coi capelli che fanno SBRILL SBRILL come i suoi sono sicuramente nativ-

    Ah, eccone una lì.

    Il mio cuoricino ha un sussulto nel vederla, anche se non so perché - vecchi ricordi che mi raggrinziscono i ventricoli, un nome bisbigliato dall'eco di una voce fantasma.
    Lynn.
    Vecchia fiamma di Daniel? Voglio saperlo
    (BANG.)
    AGH! No, a ben pensarci non voglio saperlo.
    Strizzo fortissimo gli occhi e mi massaggio le tempie, lasciando cadere il cappuccio. Scoprendo una cascata di finti capelli bianchi.
    È stato... Brutto e confuso e un sacco strano. I miei ricordi sono a strati, come gli orchi e le cipolle; un singolo particolare può portare ad associazioni mentali che saltano da una vita all'altra.
    Sono profondità in cui preferisco non addentrarmi. Sono solo dolori che non riesco bene a capire.

    Rialzo il capo. La ragazza coi capelli azzurrini si sta allontanando! Accellero il passo e sgomito qua e là, cercando di raggiungerla.
    «MI SCUSI!»
    A vederla da vicino, l'azzurro dei suoi capelli non è proprio quello di Quarion - un colore pastello, senza quel che di argentato e sbrilluccicoso tipico del Galanodel. Andrà bene comunque? Forse il colore della madre ha influenzato la sua chiom- no, non credo funzioni così, un padre rosso e una mamma bionda non fanno una figlia dai capelli arancioni.
    Credo.
    Non sono mai stato forte in genetica. A mia discolpa, nel 1845 nemmeno esisteva.

    Concentrazione, Dhav. Ragazza. Indicazioni.
    «Temo di essermi perso. Potrebbe aiutarmi?»
    Fai lo sguardo da cucciolo di foca monaca, quello che ti ha insegnato Seras. Anche se non sei troppo convincente, temo, coi tuoi occhi da gatto e il tuo volto sfregiato e col naso troppo lungo.
     
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    Passeggiando per le vie del mercato -chiassose ed affollate come sempre di un'allegra e variegata umanità-, la donna dagli occhi di zaffiro portò per l'ennisima volta in pochi metri le mani bianche al foulard che portava legato al collo, assicurandosi che il nodo fosse stretto abbastanza affinché la stoffa non scivolasse al di sotto del naso, svelando il suo viso; non che avesse qualche particolare motivo per mantenere l'anonimato, ma... celare la sua identità era la soluzione migliore per evitare di impiegare delle ore per una commissione che avrebbe richiesto pochi minuti, e l'impasto per i biscotti tipici che intendeva spedire a Drusilia era ormai già in lavorazione.

    Solo, alcune delle spezie che le servivano erano finite a tradimento, e così -anziché perdere tempo chiedendo ad uno dei paggi, che avrebbe dato il via ad un'interminabile giro di passaparola-, la Castellana si era limitata a prendere il suo mantello da viaggio e a sgattaiolare fuori da Lordaeron; una volta fuori, mischiarsi alla folla non aveva richiesto troppa fatica: dopotutto, anche occultare le chiome azzurre era divenuto meno problmatico da quando -negli ultimi anni- il numero di persone dai capelli cerulei nella Valle era aumentato.

    Lei non ne comprendeva la ragione (seppur ne avesse un vago sospetto), ma per quanto il popolino sembrasse aver trovato un'eccepibile spiegazione al fenomeno -“
    bambini e bambine nati benedetti dalla Dama Azzurra”- ella doveva riconoscere che era effettivamente più comodo e piacevole anche per lei poter camminare per le vie senza mascherarsi da losco incappucciato.

    Alla fine, come testimoniava il peso e il volume del cestino di vimini che portava appeso al braccio, la fanciulla aveva ceduto alla tentazione di alcuni banchi dalla merce particolarmente fresca ed invitante, e ora passeggiava serena per le vie della sua capitale -osservando la brava gente al lavoro ed i bambini che scorazzavano in giro- prima di fare ritorno a Palazzo... e fu allora che udì una voce sconosciuta rivolgersi a qualcuno in cerca di aiuto.


    «MI SCUSI!»

    Arrestando il passo e voltandosi in direzione dell'origine di quella voce, più attirata dal tono alto del timbro che dalle parole, l'Alfiere in incognito si ritrovò a fissare il viso di uno sconosciuto ragazzo dai lunghi capelli albini.

    «Temo di essermi perso. Potrebbe aiutarmi?»

    « Oh... Naturalmente: la aiuto volentieri! »

    Reclinando la testolina azzurra da una parte, la Castellana fu sulle prime un po' dubbiosa;
    poi, gli rivolse un sorriso dolce, caloroso ed accogliente.


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    « Dove era diretto...? »

     
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    Mi ha notato, urrà! Non ero sicuro che l'avrebbe fatto, in mezzo a questo casino. Dannata la mia bassezza.
    (Anche se mi sembra di essere cresciuto di qualche centimetro ultimamente. Davvero. Meglio tardi che mai...)

    Rivolgo un largo sorriso alla signorin- AH NO, meglio non farlo magari. La mano corre subito davanti alla bocca, per celare alla vista i miei dentacci tutti appuntiti.
    È così difficile sembrare carino e gentile quando hai la dentatura di uno squalo. Però la signora tiene il viso coperto, magari ha i denti strani pure lei.

    Che poi, chi sono andato esattamente a scocciare? Capelli azzurri, fazzoletto in faccia, un cestino al braccio, ben vestita... Non riesco esattamente ad inquadrarla. Il volto celato mi sa da persona losca, ma tutto in lei ispira tranquillità e pace. Forse si nasconde per motivi religiosi, forse si è svegliata con un brutto brufolo sul mento.
    Dovrei essere un po'agitato forse, ma davanti a lei non riesco a provare paura.

    «Uhm, io... Dovrei ritrovare la locanda a cui alloggio, ma non ricordo bene su che strada era.» spiego. Ondeggio appena, spostando il mio peso da un piede all'altro.
    «La locanda si chiama... Oca impiccata, mi sembra. O forse impagliata?» la mano che era alla bocca scivola fino al mento, le sopracciglia si aggrottano.
    Uhm. Non ho fatto molto caso al nome, sinceramente. Ricordo il cartello di legno con il brutto disegno di un'oca, e la sala piena tavoli e sedie. Uomini che giocano a carte, boccali di birra che girano insieme ai pettegolezzi. Classica locanda da RPG fantasy insomma.
    (Un attimo, cosa è un RPG?)

    «Era in una stradina stretta accanto a una panetteria e un negozio di stoffe, mi pare. Non ricordo altro, mi spiace...» abbasso il capo, sentendomi come un bambino sperduto.
     
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    Nell'incontrare lo sguardo dei suoi occhi blu zaffiro, il ragazzino albino incurvò le labbra per sorriderle, ma -per qualche ragione che la Castellana non comprese- subito dopo si portò una mano alla bocca, come a voler celare quel gesto spontaneo; con un cipiglio un po' perplesso ad incresparle la fronte liscia, la donna reclinò un poco la testolina azzurra da una parte, facendo ondeggiare in una danza leggiadra le lunghe ciocche che le incorniciavano il viso, ma non vi diede troppo bado: forse era semplicemente un tipo particolarmente timido, oppure -dato che non sembrava di quelle parti- da dove proveniva era sconveniente comportarsi in quella maniera, o magari si vergognava di quella parte del corpo... chissà? Di certo, fare domande non lo avrebbe messo a suo agio... e quel povero piccino aveva già un'aria sufficientemente sperduta.

    «Uhm, io...
    Dovrei ritrovare la locanda a cui alloggio, ma non ricordo bene su che strada era.
    »
    esordì il giovanotto, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro
    «La locanda si chiama... Oca impiccata, mi sembra. O forse impagliata?»

    Poco convinto di quella informazione, probabilmente ricavata da un ricordo nebuloso e non del tutto affidabile, l'albino si accigliò e prese a carezzarsi pensosamente il mento; la fanciulla cerulea, dal canto suo, non aveva mai sentito nominare quella locanda prima di quel momento... ma questo poteva essere imputabile alla sua personale ignoranza: dopotutto, non è che le capitasse spesso di frequentare locande di Istvàn.

    «Era in una stradina stretta accanto a una panetteria e un negozio di stoffe, mi pare.»
    aggiunse, con poca sicurezza, abbassando il capo con fare desolato
    «Non ricordo altro, mi spiace...»

    A vederlo così costernato, alla Dama Azzurra si strinse il cuore: vuoi per l'indole premurosa e caritatevole, vuoi per il ruolo che rivestiva per il Semipiano e il Presidio, o -più semplicemente- per la veneranda età che le faceva apparire il prossimo come un bambino di cui prendersi cura, le venne naturale cercare un modo per rincuorarlo; mosse un passo verso di lui, rivolgendogli un sorriso materno e caloroso, e con movimenti lenti e misurati allungò la destra per sfiorare gentilmente quella del suo interlocutore.

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    « Non preoccuparti: andrà tutto bene...!
    Non credo di conoscere quella locanda, ma... sono sicura che sarà in zona.»

    lo rassicurò, fiduciosa, sostenendo il suo sguardo
    « So orientarmi abbastanza bene nelle vie della città, perciò...
    Posso aiutarti a cercarla - se ti va... »

     
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    Uh, mi ha sfiorato la destra. Vuole prendermi per mano come un bimbo? È quello che mi sembra d'essere, dopotutto.
    Posso avere la testa piena di ricordi, ma nessuno di essi è realmente mio. Sono come un ragazzino che ha letto troppe storie sul mondo reale, senza essere mai realmente uscito di casa.
    Ora sono fuori, finalmente. E non mi sono mai sentito così sperduto prima d'ora.

    «Ne è proprio sicura? La vedo impegnata.» indico il cestino che regge con un braccio «Non vorrei recarle disturbo...»
    Mi passo una mano tra i capelli. Che sta succedendo? Di solito non do mai volontariamente del lei alla gente. Non mi rivolgevo così neanche ai miei superiori, ma con lei mi è venuto naturale.
    Non so perché. Forse perché è così alta e gentile e ispira rispetto ma anche dolcezza al tempo stesso.
    Ha un sorriso così gentile.
    Devo chiederle cosa usa per i capelli. Sono così swooosh.
     
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    «Ne è proprio sicura? La vedo impegnata.»
    replicò il ragazzo albino, indicando il cestino che ella aveva sottobraccio
    «Non vorrei recarle disturbo...»

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    « ...come? »

    Non capì subito a cosa il suo interlocutore si stesse riferendo: fu per questo che, quando abbassò gli occhi blu zaffiro per seguire la traiettoria del ditino dello straniero, una sfumatura perplessa le aveva colorato il volto eburneo; evidentemente -nello scorgere il canestrino di vimini mentre passeggiava per il Mercato delle Sette Note- il giovanotto doveva aver dedotto che fosse in giro per spese, quindi, tornando a fissarlo in volto con un sorriso allegro e gentile, la donna lo rassicurò.

    « Oh, non devi preoccuparti: ho già finito con gli acquisti. »
    spiegò, battendo una pacca leggera sul drappo blu che copriva il contenuto
    « Ero uscita di casa solo per reperire alcune spezie per dei biscotti, e quelle non si deteriorano di certo, perciò -da parte mia- il tempo non è affatto un problema. »

    Senza accorgersene, in un processo inconsapevolmente inverso a quello di Dhaval, la Dama Azzurra era passata a dargli del “tu” non appena il suo sguardo aveva dato un volto alla voce che l'aveva chiamata: non voleva certo essere una mancanza di rispetto, la sua, né tanto meno un'espansivo abuso di confidenza non autoritzzata, ma... quel viso giovane, i modi un po' impacciati, e lo smarrimento che sempre caratterizza quanti si ritrovano persi le avevano ispirato all'istante una tenerezza istintiva. E poi...

    « Personalmente, mi sentirei molto più a disagio ad abbandonare a sé stessa una persona in difficoltà, perciò sarei felice di accompagnarti a destinazione... »
    esitò, notando che -in effetti- non si erano ancora presentati e non conosceva il suo nome
    « ...oh. Ma dove ho la testa? Ho completamente dimenticato le buone maniere...! Scusami »
    si rimproverò, imbronciandosi un poco, mortificata
    « Ho paura di non avertelo ancora chiesto: se non sono troppo molesta,
    posso sapere come ti chiami?»

     
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    Un momento di esitazione, prima di rispondere
    Quello che le dirò non sarà il mio vero nome. Ma è il nome che io ho scelto, ergo non v'è alcuna vergogna.
    Non sto dicendo una bugia. Nulla vieta a una persona di cambiare appellativo - è solo una comodità, un modo per distinguersi in un multiverso con troppi me.
    Io sono sempre io.

    «Oh, sì, scusi! Dhaval Agni.» sorrido, porgendole la mano... Destra. Fatto giusto, sì.
    «Grazie per l'aiuto, allora. Sa dove posso trovare una cartina, magari, così la prossima volta non mi perdo? Dovrei avere dei soldi, anche se non so se sono quelli giusti. Quale valuta si usa in questo Presidio?»
    Caccio una mano in tasca e tiro fuori vari pezzi di conio: un bottone dorato, monete con facce sopra, un piccolo cristallo verde.
    Io e Dan stiamo dividendo le nostre fortune, cercando di translare anni di valuta inglese e Adiana in un capitale comodo e multiversale. Abbiamo spezzettato tutto in banche qua e là, e adesso... Mi trovo con troppe monete diverse. Oltretutto, naufraghi e commercianti vari a volte preferiscono questa o quella valuta alle altre. E io come faccio a capire se ci sto rimettendo col cambio o meno?
    Agh!
    Perché non posso tornare a rubare come quando ero ggiovane.
    (Perché hai un grillo nella coscienza, ora.)

    «Sono qui da poco e mi devo ancora ambientare... Non sono un naufrago, non si preoccupi - sono ospite di un amico, ma siamo entrambi nuovi di Endlos. Lui è più esperto, per me è la prima volta che cambio Dimensione.»
    E lui va in giro a fare cose fighe e scoparsi ambasciatori e mi lascia solo a marcire in locanda. Uffi! Perché io, ufficialmente, non sarei qui e non dovrei farmi guardare.
    Come se potessero confonderci. Io sono più bello, umpf.

    «Lei invece è di queste parti?»
     
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    «Oh, sì, scusi! Dhaval Agni. Grazie per l'aiuto, allora.»

    Dopo un momento di esitazione, il giovanotto le porse la mano per presentarsi, e -seppur con una certa posata calma- la fanciulla rispose a quel gesto senza esitazione, stringendogliela con gentilezza per qualche istante.

    « Piacere di conoscerti, Dhaval. »
    asserì, formalmente -come educazione richiedeva-, ma con benevolenza sentita
    « Puoi chiamarmi Lianne. »

    Una piccola bugia, quella, certo... ma, naturalmente, non l'aveva detta con malizia: per quanto nuovo del posto potesse essere, c'era sempre la possibilità che l'albino avesse sentito qualcuno far menzione dell'Alfiere, e... dal momento che sembrava già piuttosto impacciato e timoroso di dare incomodo, l'ultima cosa che Kalia desiderava era mettere in soggezione quel povero ragazzo. In più, da quando le persone dai capelli azzurri erano iniziate ad aumentare e lei aveva guadagnato la libertà di passeggiare per le strade senza venire immediatamente additata e riconosciuta, usava spesso lo pseudonimo “Lianne” per presentarsi a chi -in occasioni analoghe a quella- aveva voglia di scambiare quattro chiacchiere con lei; Lianne, che era il nome di sua madre.

    «Sa dove posso trovare una cartina, magari, così la prossima volta non mi perdo? Dovrei avere dei soldi, anche se non so se sono quelli giusti. Quale valuta si usa in questo Presidio? Sono qui da poco e mi devo ancora ambientare...»

    Visibilmente disorientato da quella che doveva essere per lui una realtà ancora piuttosto nuova e sconosciuta, il ragazzo dai capelli albini si rovistò le tasche alla ricerca di danaro, cavandone poco dopo diverse monete che le esibì sul palmo.

    « Nella Valle e -più in generale- nel Presidio, la valuta ufficiale è data dalle Corone. »
    esordì con un sorriso gentile, posando l'indice su uno di quei dischetti metallici
    « In base al metallo che le compone, hanno valore diverso: il taglio più piccolo è rappresentato da quelle di rame, poi ci sono quelle d'argento -corrispondenti al valore di dieci Corone di Rame ciascuna-, e quelle d'oro -dieci Corone d'Argento, al cambio. »
    andò avanti a spiegargli, ritraendo la manina e tornando intrecciarla alla gemella
    « Tuttavia, non è raro che i commercianti si accontentino anche di altre monete -facendo attenzione ai metalli-, o si accordino per un baratto: Viaggiatori e Naufraghi sono frequenti, qui... »

    «Non sono un naufrago, non si preoccupi - sono ospite di un amico, ma siamo entrambi nuovi di Endlos.
    Lui è più esperto, per me è la prima volta che cambio Dimensione.
    »

    jpgCon un po' di curiosità, la Dama in incognito reclinò la testolina azzurra da una parte: magari non era un Naufrago, però ne dava davvero l'impressione; non che facesse molta differenza, in ogni caso...

    «Lei invece è di queste parti?»

    « Sì, abito nella zona del centro – non molto lontano. »
    rispose amichevole, restando sul vago, prima di guardarsi un po' intorno
    « Vediamo... per una mappa, potremmo chiedere all'emporio del vecchio Marvin, quel negozio con l'insegna colorata, in fondo alla strada. »
    propose, portandosi un ditino alle labbra con fare pensoso
    « Oppure alla libreria Sampere, nella via parallela a questa. »

    Con un sorriso incoraggiante sul viso eburneo e uno sguardo condiscendente negli occhi blu zaffiro, la fanciulla rimase in placida attesa che il suo nuovo amico prendesse la una decisione sulla loro meta; da parte sua, un posto valeva l'altro -visto che non li visitava da un po' di tempo-, e poi... trovava divertente l'idea di fare da guida a quel ragazzo. Le ispirava simpatia.

     
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    Lei si chiama Lianne, i soldi usati sono le Corone.
    Lei si chiama Lianne, i soldi usati sono le Corone.
    Lei si chiama Lianne, i soldi usati sono le Corone. Sì, me lo posso ricordare.

    "Vediamo... per una mappa, potremmo chiedere all'emporio del vecchio Marvin, quel negozio con l'insegna colorata, in fondo alla strada. »
    propose, portandosi un ditino alle labbra con fare pensoso
    « Oppure alla libreria Sampere, nella via parallela a questa.
    "

    «L'emporio andrà benissimo.» rispondo con fin troppa foga, una bolla di nausea che mi scoppia nello stomaco. Basta libri! Io e Daniel abbiamo passato così tanto tempo a Palanthas, ultimamente, che non capisco quali siano i miei ricordi e quali i suoi.
    C'è un limite all'essere secchioni, specie quando ti trovi in una Dimensione nuova. Voglio esplorare, fare Cose, incontrare Persone! Mangiare biscotti sconosciuti creati con farine sconosciute.
    (È incredibile, in realtà, che il concetto stesso di "biscotti" esista in tanti mondi così dissimili tra loro. Contaminazione culturale data dai naufraghi, o un semplice ripetersi di pattern comuni?
    A volte penso che il Multiverso stesso sia stato creato come i biscotti. Mondi simili ma non uguali, usciti fuori dal medesimo stampino.)

    «Com'è vivere qui, se posso chiedere? Sto cercando un posto in cui stabilirmi, ma non mi è ancora chiara la geografia di Endlos. Questa città mi sembra molto carina e tranquilla, ma è anche molto... Arretrata?» inarco un sopracciglio. Termine sbagliatissimo, vero?
    «Non voglio offendere» mi scuso subito, mostrando i palmi «intendo dire che il livello tecnologico è inferiore di qualche secolo a quello della Dimensione in cui provengo io, e... Ecco, mi piacerebbe vivere in un posto in cui l'energia elettrica è più comune ed esistano dei computer, mi aiuterebbero molto nelle mie ricerche. Su Endlos esistono luoghi così?»
    Non ditemi che sono finito nel classimo medioevo fantasy standard, ve ne prego; sarebbe così noioso. Anche se potrei sfruttare il mio superiore livello tecnologico per guadagnare soldi e/o fingermi una divinità!
    O per finire bruciato sul rogo.
     
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    «L'emporio andrà benissimo.»

    Il trasporto con cui il giovanotto albino affermò la sua decisione si meritò un'occhiata incuriosita da parte della fanciulla dagli occhi blu: per un istante gli ricordò i bambini di Misericorde e l'insofferenza dei più svogliati tra di loro davanti ai libri di testo... tuttavia, per quel che ne sapeva lei, quella scelta poteva anche essere dovuta a qualsiasi altra cosa; chi poteva mai dirlo?

    Limitandosi a sorridergli con gentilezza, mosse un cenno di assenso col capo e cominciò a dirigersi verso la meta a passo lento e tranquillo, voltandosi ad aspettare il nuovo amico in un muto ma eloquente invito a camminarle affianco.


    «Com'è vivere qui, se posso chiedere? Sto cercando un posto in cui stabilirmi, ma non mi è ancora chiara la geografia di Endlos. Questa città mi sembra molto carina e tranquilla, ma è anche molto... Arretrata?»
    esordì Dhaval, riversandole addosso un fitto fiume di parole
    «Non voglio offendere: intendo dire che il livello tecnologico è inferiore di qualche secolo a quello della Dimensione in cui provengo io, e... Ecco, mi piacerebbe vivere in un posto in cui l'energia elettrica è più comune ed esistano dei computer, mi aiuterebbero molto nelle mie ricerche. Su Endlos esistono luoghi così?»

    Nel sentire nominare cose come “tecnologia”, “energia elettrica” e “computer” la Dama reclinò la testolina cerulea da una parte portando un indice alla guancia con aria pensosa; certo, sulle prime avrebbe dato l'impressione di non aver nemmeno la più pallida idea di che cosa l'altro stesse dicendo... ma, invece, a sorpresa...

    « Oh... beh... Cose di quel genere
    sono di uso piuttosto comune nella città di Codec, nella regione del Garwec... »

    gli spiegò, mentre pian piano raggiungevano la destinazione concordata
    « ...ma è possibile trovarne anche in alcune zone di questa e di altre città della Valle. »

    Un tintinnio argentino salutò l'ingresso della coppia nell'emporio quando il battente di legno spinse la campanella appesa al soffitto, ridestando subito l'attenzione del commerciante mezzo assopito; con un bel sorriso sul volto, la Dama raggiunse il proprietario al bancone, scambiò con lui qualche convenevole, e infine pose per conto del forestiero tutte le domande e le indicazioni necessarie a procurargli una mappa.

    Kalia aveva appena finito di pagare quando la campanella della porta suonò di nuovo; convinta che si trattasse semplicemente di un altro cliente qualsiasi, la donna cerulea non vi diede bado, e neppure si voltò; quel nuovo avventore, di contro, la notò all'istante, perché -dopotutto- si trovava lì esattamente perché
    la stava cercando.

    « Milady... »
    l'alto figuro in armatura, dai capelli albini celati dal cappuccio, si fermò presso di lei
    « Vi ho già chiesto più volte di non sparire dal maniero in questa maniera,
    senza neppure avvisare o lasciar detto dove andate: il palazzo è in fermento... »


    « Ah...! Lance... »

    In evidente segno di sorpresa nel ritrovarsi accanto quella presenza, la fanciulla dalle chiome turchine sussultò, voltandosi nella direzione della voce del nuovo venuto, e lo riconobbe immediatamente; tuttavia, le ci volle qualche istante ancora prima di metabolizzare il senso di quelle parole e cominciare a sentirsi tremendamente in colpa: le dispiaceva aver messo in agitazione i suoi sudditi, e perciò... perciò... Ecco, forse non era proprio quello il momento più adatto per far da guida turistica con quella situazione.

    « Sono davvero spiacente, Signor Dhaval, ma... temo di non poterla accompagnare come le avevo promesso: a quanto pare, devo tornare subito a casa... »
    spiegò brevemente, mostrando in viso tutta la sua costernazione
    « Spero che questa la aiuti ad orientarsi, e se dovesse avere qualche problema,
    chieda pure al castello. »


    Così dicendo, la fanciulla consegnò la mappa all'appena conosciuto Dhaval e -dopo averlo salutato con altre scuse e un inchino- la fanciulla lasciò l'emporio scortata dal Cavaliere incappucciato, sparendo nella folla.

     
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