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    Ci sono tanti modi per sentirsi a disagio su Endlos: uno tra questi è recarsi ad Altatorre. State sempre con il naso all’insù per studiare le enormi torri dorate che si fanno beffe della gravità e pugnalano le nuvole? Oppure siete tra quelli più attenti all’ambiente circostante e vi districate tra la fiumana di gente schivando vecchie signore impellicciate e con addosso tanto oro quanto ne potreste guadagnare a malapena in una vita da mercenario rischiando il culo tutti i giorni? Qualunque sia la scelta, immagino che potreste buttare giù l’intero Fanedell a furia di rosicare i tronchi. Dai, non prendetevela troppo a male; c’è chi se la passa peggio di voi. Non li avete notati? Ovvio: l’ambiente che vi circonda sprizza ricchezza a tal punto da essere ipnotico. Quelli messi male devono esser cancellati dallo sguardo per non turbare gli abitanti. Per caso mentre camminavate vi siete accorti di un numero fin troppo elevato di grate metalliche su cui avete poggiato i piedi? Ecco, ci siete arrivati.

    E mentre gironzolate ecco che il Fato si mette in moto e compare la scusa che inizia la nostra piccola storia: avete sete. Colpa del caldo, del viaggio o perché siete un po’ infantili e chi vi sta accanto sta trangugiando un’enorme bibitone. Il perché non ha molta importanza, ciò che conta è che ora avete sete. Una sete pazzesca. Il che normalmente non è questo grande problema, peccato che siate ad Altatorre. Sorpassate un negozio che vende bibite esotiche a prezzi onesti quanto quelli del peggior strozzino, poi guardate sconsolati una bancarella che sta appena vendendo del “succo d’oro” (qualunque cosa sia) ad un mercante avvolto da talmente tanti strati di seta che a malapena ha mantenuto una forma umana. Contate mentalmente le monete che lascia in mano al commesso e realizzate che sono circa venti volte quelle che potreste permettervi di spendere. Urge trovare un posto alla mano.

    La vostra quest vi porta a calcare i vicoli secondari, lì dove ben pochi osano andare. Tra le tante porte alla fine ne scegliete una con sopra un’insegna a neon che dovrebbe significare BAR, ma che per via della B fulminata recita un AR dall’aria piratesca. Oltre la soglia vi accoglie una taverna in legno in stile medioevale, di quelle luride al punto che nessuno si ricorda più il reale colore del pavimento. In fondo al locale il vostro obiettivo: un’enorme bancone in legno dove il barista, dall’aria da topo, sta lucidando un bicchiere a suon di sputi. Alle sue spalle campeggiano come monito bottiglie impolverate dei colori più strani ed altri bicchieri sbeccati. Intorno a voi tavoli e sgabelli che spuntano come erbacce, un biliardo lercio ed un jukebox spento. Un tizio losco, con impermeabile, fedora ed occhiali da sole sta in un angolino a perdere denaro al videopoker, mentre l’unico vociare continuo viene da un gruppo di motociclisti dai giubbotti di pelle, lunghi baffi canuti e bandane colorate intenti a ruttare e bere birra (non necessariamente in quest’ordine) ad una tavolata centrale. Lì dove la luce al neon si fa più fioca si trovano i rimanenti avventori da cui si odono grida e bestemmie ad intervalli regolari. Stanno tutti in piedi intorno al tavolino e sono sicuramente il gruppo più eterogeneo del locale. C’è uno dal largo cappello con piuma e mantello formato da pezze colorate, un gigante dalla pelle bronzea curvo per non toccare il soffitto con la testa, un ragazzo magrolino con indosso una felpa larga e cappuccio tirato su a nascondere il volto ed infine un vecchio con un completo elegante che ha visto giorni migliori e sigaro in bocca. Ma a voi davvero interessa? Vi ricordo che siete là per bere e perciò perché non avvicinarvi al bancone? Avanzate a passo lento, giusto per scoprire che il barista dall’aria topesca è in effetti un topo gigante con indosso una camicia bianca ed un parrucchino nero talmente sporco da sembrare unto. Vi squadra inclinando leggermente la testa, ma evita di pronunciare la fatidica domanda “ma che cazzo ci fate qui?”. Evidentemente i clienti sono talmente rari che qualche moneta in più è sempre ben accetta. « Desiderate? Squit! »

    Yeee. Benvenuti a questa giocata che giocherò/mastererò. Preparato il setting sta a voi decidere cosa fare. Sfruttate questo post per presentare il pg. Che ci fa ad Altatorre, come ci è arrivato e robe simili. Divertitevi e ricordate di non essere autoconclusivi, specie con i png.
     
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  2. PoKèfan tipo fuoco
     
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    Zon era da poco arrivato in quella città lustra e piena di oro e gioielli. Le grandi torri che toccavano il cielo lo facevano sentire minuscolo, a disagio.
    Non gli piaceva quella sensazione.
    Era come se ... ma sì, quella era la classica città che si sforza di sembrare "pulita" dicendo: "oh, guarda che belli i miei gioielli! Qui tutti hanno dei gioielli!". E tutti, anche se alcuni non lo davano a vedere, non appena lo notavano, così trasandato, con i capelli bianchi spettinati, la maglietta nera che aveva di certo visto tempi migliori, Betsy e Mary legate a X dietro la schiena e la faccia sporca di fuliggine, pensavano male. Si allontanavano, in maniera molto composta, ma lo scansavano e lo guardavano con uno sguardo di rigetto, come se fosse un alieno. Ed era vero: In quell' ambiente l'unica cosa che gli era vagamente famigliare erano le monete nelle tasche della gente, che portarono subito i pensieri di Zon ai suoi tempi da mercenario, appena uscito dalla Fowl Society. Ma ora non aveva tempo: il divertimento lo avrebbe lasciato a dopo, ora c'erano altre priorità: Aveva sete. Era arrivato su Endlos da poco, e non conosceva quasi niente di quello strano mondo. Era stato brutalmente strappato dalla sua dimensione (perchè, a quanto aveva capito, questa era una dimensione ben differente) mentre dormiva, e si era svegliato in un territorio a lui del tutto estraneo, con addosso solo poche cose essenziali e quasi neanche un soldo.
    Già, i soldi. Zon aveva avuto tanti problemi a raggiungere questa città, dopo quasi un giorno e mezzo di cammino, che non aveva minimamente pensato al denaro.
    Gliene sarebbe servito, a quanto pare, se avesse voluto veramente dissetarsi. I prezzi dei negozi di bibite erano esorbitanti, e Zon superò una specie di enorme bozzolo di seta a cui riuscì vagamente ad attribuire identità umana. Il riccone stava passando un bel mucchio di monete d'oro su un bancone, in cambio di una bevanda dorata e dall' aspetto gustoso, che l'uomo chiamò "succo d'oro". Zon fu vagamente tentato di "prendere in prestito" quel gruzzolo, ma alla fine si accorse che al riccone erano cadute una o due monete, di valore visibilmente inferiore a quelle d'oro che aveva in mano, durante lo scambio. E così, approfittando della distrazione dei due, Zon si chinò, facendo finta di cercare qualcosa, mentre invece prendeva da terra quelle monete e andava avanti. Deformazione professionale, pensò. Ma tanto l' uomo non ci avrebbe fatto caso, ne era certo. Il suo vagare immerso nei suoi pensieri lo portò in una zona che sembrava la fognatura della città stessa: Zon aveva già avuto a che fare con i bassifondi, ma qui il contrasto con la città sfarzosa era pazzesco. Avanzando per un vicolo buio e sporco, notò un locale, con sopra un' insegna che recitava 'AR'. O è un BAR che ha visto tempi migliori, pensò, oppure sono finito sull'isola che non c'è.
    Entrò e, per sua fortuna, la prima opzione era corretta: un vecchio bar pieno di sporcizia oltre ogni ragionevole limite, pieno di gentaglia che sembrava piuttosto assorta nel suo far niente: Zon notò un vecchio con un sigaro, un paio di motociclisti tracannabirra e uno che giocava a poker, da cui partiva, più o meno ogni cinque minuti, un bestemmione a pieni polmoni, il che lasciava intuire che non fosse proprio messo benissimo. Ma a lui non interessava. andò a passo deciso verso il bancone, e cominciò a dire: - Scusi, vorrei ...- la frase gli morì in gola quando il barista alzò gli occhi, e Zon si accorse di un piccolo, insignificante particolare: Era un TOPO. Un topo gigante, con la camicia e il parrucchino più lurido che Zon avesse mai visto. Non sapeva se scappare o mettersi a ridere. E in effetti una risata la trattenne a stento. Cavolo, Un TOPO gigante con CAMICIA e PARRUCCHINO! Oddio, quando l'avesse raccontato, non gli avrebbe creduto nessuno. Il barista lo squadrò in modo bizzarro, come se avesse intuito i suoi pensieri, poi disse: -Desiderate?- e si esibì in un lungo squittio da topo. Zon chiese una birra, chiedendosi, date le situazioni della taverna, se la birra da lui chiesta non avrebbe cominciato a camminare con le sue gambe una volta servita.

    Edited by PoKèfan tipo fuoco - 25/8/2015, 18:29
     
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    Ezazél
    Quella città non gli piaceva.

    Che cosa cosa strana. Di solito Ezazél adorava visitare nuovi posti: aveva fatto una deviazione sulla tabella di marcia solo per vedere Altatorre, e ne era rimasto...
    Deluso non era la parola esatta. La città era ancora migliore di quanto descritto nei suoi libri: la parola scritta non poteva rendergli giustizia. Torri altissime, oro ovunque, spendore e opalescenza. Eppure tutti quei preziosi gli lasciavano un cattivo sapore nella bocca, secca a causa delle bibite che non aveva potuto comprare.

    Era stanco e il suo zaino pesava e voleva un posto in cui sedersi e bere del latte senza che rimetterci il portafogli. Non che i soldini non gli mancassero (Lady Kalia era sempre stata generosa coi suoi bibliotecari), ma ciò non era una giustificazione per scialacquare i dindini.
    Alzò la testolina al cielo. Se almeno avesse piovuto...

    Girando in viottoli secondari, riuscì alfine a trovare un "AR". Sembrava un posto in cui bere in compagnia, a giudicare dalla confusione che proveniva da lì.
    Paura? Naaaaah: poteva sembrare piccino, ma anche lui si sapeva difendere. E poi non era davvero piccino, aveva festeggiato da poco il suo... Qualcosesimo compleanno. Nel senso che ormai aveva perso il conto, e anche la data di nascita, ma la festa l'aveva fatta comunque.
    Le feste sono divertenti.
    Poggiò le manine sulla porta e spinse con decisione, entrando nel locale.

    Eeew. Era tutto sporco! E buio. E pure caotico. L'idea di rimanere a lungo lì non lo attirava troppo: meglio acquistare un bicchierone di latte e scappare via. Quello era il piano originario, il motore della sua decisa camminata porta-bancone, ma ovviamente si lasciò distrarre. Pensava che nulla sarebbe riuscito a distoglierlo dall'oste, topoloso come era, eppure con la coda dell'occhio notò qualcosa di più interessante.
    Un uomo col mantello tutto colorato. Aveva persino un cappello col pennacchio! Che fosse un saltimbanco?
    Incuriosito, si avvicinò al tavolino dov'era, saltellando per cercare di vederlo meglio. C'erano un sacco di persone intorno a lui, e gran parte del vociare che riempiva il locale proveniva da lì.
    Forse stavano giocando a carte?

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    Un topo che ti fissa non è piacevole, specie se è più alto di te. Più ti avvicini più percepisci l’odore pestilenziale che emana (sai che novità, è un topo!) ed è uno sforzo notevole quello che ti aspetta per non sbrattare sul pavimento. « Subito, squit! » replica pronto, dandoti le spalle per afferrare un boccale da sotto lo scaffale. In un attimo ecco la tua birra chiara. Tutto è bene quel che finisce bene. O forse no? Il colore è un giallo intenso, talmente intenso che fa venire qualche dubbio sulla sua provenienza. Ad annusarla, poi, i dubbi aumentano. Ci aggiungiamo pure che la schiuma, anziché bianca, è di un marrone sporco (colpa del boccale lercio?). Ed è un pezzo di mozzicone di sigaretta quello che sta galleggiando al centro?

    Come se non bastasse il topo si guarda intorno, nota che sei da solo e che tutti gli altri si stanno facendo i cazzi di loro, decidendo di avvicinarsi con fare losco (e conseguente odore nauseabondo che si intensifica). « Ehi, ragazzo, hai l’aria sveglia, squit! » sussurra con aria da sussurratore professionista. Losco da almeno quattro generazioni. « Non è che ti interessa qualcosa di forte? Qualche grammo di torcibudella del troll? Un paio di pasticche di spiritus? Oppure una bella dose di phantom? Roba di qualità, te l’assicuro. La migliore di Altatorre. »

    --------

    Un nanerottolo entra in un bar e… cioè, ti rendi conto che sembra l’inizio di una barzelletta? Più o meno la pensano così anche i motociclisti impegnati a bere birra e ruttare. Un paio ti indicano, si danno gomitate ed iniziano a ridere. Un altro ti urla un poco gentile « Ehi nano! Mangia! » lanciandoti delle noccioline (robaccia annerita che in qualche vita precedente era una nocciolina) e mischiando insieme più razze umane ed animali in un sol colpo. Un peccato che la tua attenzione sia riservata al tavolo della bisca, sono certo che sareste diventati grandi amici.

    No, scherzo. Probabilmente ti avrebbero gonfiato come una zampogna. Per tua fortuna esser piccolo ha anche dei vantaggi, perché nessuno ti si caga mentre ti mescoli ai giocatori presenti. Il gigante dalla pelle bronzea probabilmente ti considererebbe al pari di un escremento vista la stazza, figurarsi ora che i suoi occhi sono incollati sul tipo dal cappello piumato. A guardarlo è un ragazzo come tanti - media statura, capelli castani mossi, camicia e braghe ordinarie e giusto un occhio di vetro che stona un poco – se non fosse per il cappello pomposo e per il mantello che è un’accozzaglia di colori. Nonostante il gigante lo stia letteralmente tramutando a brandelli con la sguardo, ha un sorriso sornione sul volto di chi ha un asso nella manica. « Te lo ripeto, non ho imbrogliato. » spiega con calma e scandendo bene le lettere. Il gigante stringe la mascella. O si sta cagando sotto o sta per esplodere. E’ il vecchio ad intervenire con la stessa nonchalance del ragazzo, accavallando le gambe e facendo schioccare l’accendino. « Non ha barato. Ne sono sicuro. » Forse sarà perché è vecchio ed ai vecchi bisogna portare rispetto, o forse perché ha l’aria di uno che la sa lunga sul gioco d’azzardo si evita la rissa. Il gigante sputa a terra, mancandoti di un soffio, e poi sbatte il pugno sul tavolo di gioco. « Altro giro! » urla. « Puntata doppia! » Il ragazzo dall’occhio di vetro scrolla le spalle e sorride, lanciando altre due monete dorate al centro del tavolo dove altre le raggiungono poco dopo per mano dei presenti. L’unico a non aver detto una parola è il tipo con la felpa, dietro il cui cappuccio stranamente si annidano tenebre imperscrutabili.
     
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  5. PoKèfan tipo fuoco
     
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    Zon si risvegliò dal suo apparente stato di tranche. Era immerso nei suoi pensieri da qualche secondo, pensando a quanto quella taverna sia simile a quelle che aveva accanto al suo appartamento.
    Un pò più lurida e piena di cassieri- topo. Ma son dettagli.
    Ma cosa erano tutte quelle bevande? Sembrava roba forte, del tipo "non torni più", ma lui voleva solo bere. Bere per
    -Sono nuovo di queste parti. Viaggio da un pò e ho solo voglia di qualcosa che allievi la fatica. Che mi consigli?-
    Mentre parlava col barista, sentì un urlo poderoso vocione da uomo urlare qualcosa a proposito di un baro, e voltando lo sguardo vide tutta la scena: Un omone che data la stazza potrebbe benissimo essersi mangiato un minivan guardava in cagnesco un ragazzo che in confronto a lui è poco più di un bastone da passeggio, agghindato come un supereroe fai da te, ma con un sorriso che non lascia trapelare alcuna paura del bestione, anzi, il contrario. Tra i due c'è un vecchietto con tutta l'aria di chi la sa veramente lunga che fuma tranquillo. Dalla scena Zon intuisce che o sta per scatenarsi una rissa, oppure è stata appena evitata.
    Zon sperò la seconda. No davvero, non era in vena adesso.
    Dietro al bestione c'è un altro ragazzino, parecchio più basso anche di Zon, che osserva la scena senza però essere notato da nessuno dei tre.
    Zon si voltò a prendere la sua bevanda. Cavoli, qualcosa gli diceva che sarebbe stato interessante, quel posto.
     
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    Ezazél
    Noccioline e insulti.
    Fastidio. Avrebbe potuto rovesciare qualche tavolo con un attacco psichico ben piazzato, ma... No, i Saggi sono per la non-violenza, fiorellini e cose belle.
    Arthur si sarebbe arrabbiato. E poi, facendo confusione avrebe disturbato il fenomeno che intendeva studiare.

    Persone, monete, carte. E l'uomo con la piuma nel cappello stava barando, o forse no. Lui da parte sua lo vedeva bene a nascondersi carte nelle maniche, con quel suo sorriso sbruffone e le vesti colorate colme di pieghe e di segreti.
    A cosa stavano giocando esattamente? Anche saltellando sul posto, gli era difficile vedere il tavolo. Sgusciò tra la piccola folla, fino a raggiungere la persona più rassicurante del gruppo: l'alto sconosciuto incappucciato e dall'aria cupa.
    Era rassicurante, ok? Era l'unico a non aver ancora tentato di calpestarlo o colpirlo con qualcosa.
    «Scusa, a cosa stanno giocando?» domandò, tirandogli leggermente una manica per attirare la sua attenzione.
    Sperando che non gli rispondesse con qualcosa tipo "sono giochi da grandi". Essere un centenario con l'aspetto di un bambino, a volte, era così problematico.
    Forse avrebbe dovuto imparare qualche incanto illusorio, o provare con delle pozioni di trasformazione. Diventare alto alto come il fratellone Bifros.
    E farsi sparire quelle orecchiette da micio, magari.


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    Il barista-ratto ti fissa per lunghi secondi. Fosse un cyborg si starebbe riavviando, ma probabilmente è solo indeciso sul da farsi. Stai facendo lo gnorri oppure gli hai davvero chiesto della droga sperando ti allievi la fatica? Seriamente lì dentro nessuno ha mai parlato di alleviare la fatica, che deve pensare? Alla fine, ponderando le varie opzioni, realizza che stai provando a parlare a parlare in codice per la paura di qualche sbirro nel locale. Come se non li avesse pagati quelli là per chiudere un occhio. « Ma ceeeerto, squit! » risponde rovistando sotto il bancone. Con il dito dalla lunga unghia appuntita conteggia droghe da sniffare, da bruciare, da iniettare ed infine una categoria un po’ particolare: da bere. Niente di troppo forte, certo, ma è sempre meglio iniziare con qualcosa di soft per far abituare il cliente. Un cadavere significa altri soldi da dare alla polizia. « Ecco qua. Per alleviare la fatica. » Ti fa l’occhiolino e versa una fialetta di quello che sembra un liquido verdognolo nella birra. Auguri.

    ------

    Quanti esserini pucchiosi si aggirano nelle bettole malfamate in mezzo alle bische clandestine? Si, sto indicando te. Solo te. Sicuro sia una buona mossa? Il tizio con la felpa abbassa lo sguardo verso di te ben prima che tu gli arpioni la manica. Sapeva che saresti arrivato e cosa avresti fatto. Forse. Oppure è uno molto attento. Le luci sono soffuse ed il cappuccio ne maschera i lineamenti, ma sei sicuro che gli occhi siano chiaramente dei led color rosso fuoco e che al posto della pelle abbia dei fasci metallici. « Il bacio del nobile. » ti risponde e la cosa divertente è che nessuno si gira. Non è la prima volta che parla? Forse è dovuto al fatto che le parole ti sono risuonate direttamente nella mente? Nel frattempo il ragazzo dall’occhio di vetro e dai vestiti sgargianti sta soffiando sui sette dadi e li lancia sul tavolo. « Ci sono diverse combinazioni vincenti, ma più il numero sui dadi è basso più è vincente. Più i numeri sono uguali più aumenta il punteggio. Quindi la combinazione migliore è… » I sette dadi si fermano al centro del tavolo. Sette uno. Il ragazzo esulta saltellando, gli altri fissano la scena senza parole. « La probabilità di sette numeri uguali nel lancio dei dadi è 0,00214%. » continua l’incappucciato, l’unico che sembra ancora tranquillo. « Ed è la sua sesta volta di vila. Quindi… » « Baro! » urla il gigante. Dallo sguardo degli altri sembra che sia un pensiero comune. Il giovane, con le mani già sulle monete, alza le sopracciglia. « Ehi, ti ho già detto che non… » Gli manca materialmente il tempo di terminare la frase, perché le nocche del gigante gli sono arrivate in faccia alla velocità di un treno merci. Nel giro di un secondo si tramuta in una palla colorata che vola dal tavolo esattamente verso l’angolo del bar finendo, con un grande botto, contro il videopoker. Suono secco. Ding! Ding! La macchina va in tilt ed una cascata di gettoni sotterra l’uomo losco in impermeabile.

    ----

    La scena te l’ho descritta, Zon, peccato che tu veda esattamente tutt’altro. Al primo sorso della birra oppiacea i colori si fanno più brillanti, al secondo sei già nel paese delle meraviglie. La bettola è diventata una lussuosa sala di un castello costruito da un architetto daltonico in grado di accostare senza remore ogni tipo di colore. Le sedie ed i tavolini sono piante con tanto di occhi e sorriso rassicurante che cantano una canzoncina Disney. Aspetta, ma quelli seduti a bere del buonissimo idromele non sono i nanetti di Biancaneve? Ma sì! Hanno pure la barba! Avanti toccagliela! Il tuo cervello te lo sta chiedendo! E’ sicuramente la cosa giusta da fare! E laggiù chi c’è? Ahia! Sembra proprio una riunione di cattivoni! C’è qualcuno di incappucciato in un vestito scuro…ah! La strega di Biancaneve sicuro! Allora quello alto e dall’aria bonacciona sarà il gigante cattivo del fagiolo magico. Quello bianco e con la barba? Padre Inverno! Colpa sua se senti freddo e stai tremando! Fidati di me, sono il tuo cervello! E da bravi cattivoni hanno già cercato di fare male a qualcuno. Hanno colpito un innocente gnomo irlandese che, con una parabola che assomiglia stranamente ad un arcobaleno luminoso, è finito contro il suo pentolone magico ricolmo di soldi rovesciandoli tutti. Ma non è finita! C’è un’altra piccola creatura in pericolo! Un… elfo di babbo natale col suo vestitino colorato e le orecchia a punte che sembra proprio in pericolo. Forza! Che aspetti! Dobbiamo salvarlo! Abbiamo persino l’approvazione del principe-topo dai vestiti di seta eleganti e profumati che è seduto sul suo trono a pochi passi da noi. Come dici, era un topo pure prima? Beh, certe volte la realtà è talmente strana che vale pure come fantasia.
     
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  8. PoKèfan tipo fuoco
     
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    Quando Zon si voltò a prendere la sua bevanda, il suo primo pensiero fu: "Ma perchè cavolo ha un colore così?"All' inizio fu un pò indeciso, poi pensò che paese che vai, bevanda ...
    ...e locanda...
    ... e cassiere....
    ... e gente ....
    ... che trovi. Insomma, poteva benissimo essere qualsiasi tipo di bevanda comune! Quindi scrollò le spalle e bevve.
    No.
    Decisamente non era una bevanda comune. A meno che non fossero tutti dei fattoni, il che era possibile. Ommiodio, era anche abbastanza forte! O forse era lui che non ci era abituato. In vita sua aveva perso i sensi, era stato colpito, accoltellato, accecato, forse anche avvelenato. Ma non si era ancora del tutto abituato ad essere drogato. Il mondo sembrava un cartone della Disney sulla Pay TV e il bar era diventato una tavola astratta. Passò qualche secondo a cercare di adattarsi, il che significava più o meno avere la mentalità di un bambino di 6 anni al buio davanti alla televisione. Vide i sette nani e la strega di Biancaneve. Ma evidentemente nulla è più forte del lavoro perchè la sua attenzione venne immediatamente attratta da ...
    ... Monete d'oro?!
    Si, cavolo, era proprio oro! E anche se vedeva tutto come un cartone di Topolino anni '50, non gli ci volle molto per capire che era successo qualcosa:sembrava che ci fosse qualcuno nella pozza di monete, anche se non riusciva a capire se quel qualcuno ci stava nuotando o c'era caduto dentro. In ogni caso, Zon si ripromise di pensarci dopo e tentò di assumere un aria disinvolta, mentre osservava (per quello che gli era possibile) la scena. Insomma: qualcuno che sguazzava nelle monete, il gigante della Disney al tavolo accanto e poi ... un elfo che parlava con qualcuno. Zon fu contento di non riuscire a scorgergli il volto, ne aveva abbastanza di quel tipo di roba. In ogni caso il tizio che parlava con l'elfo aveva qualcosa di... losco, o forse era il suo cervello che era andato perso (più di quanto non lo fosse già) per via dell' intruglio che gli era stato servito. Per cui, Zon tese le orecchie, per cogliere qualche parola, e chiese al barista, sussurrando: -Ehm... si, ok ma... quanto dura l'effetto di questo intruglio?-
    Cercò di mantenere un' espressione normale, e sperò che la risposta del re dei topi, che era seduto su un trono a pochi passi da lui. Uh, cavolo, sperò che finisse.

    Edited by PoKèfan tipo fuoco - 3/11/2015, 16:52
     
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    Ezazél
    «ASPETTATE!»
    Un urlo istintivo, i suoi sensi da paladino della giustizia che reagivano alla violenza eccessiva.
    E adesso, tutti gli occhi della sala erano puntati su di lui.
    Varie opzioni si fecero strada nella sua mente. Lui era molto più rissaiolo degli altri Saggi (colpa dell'adolescenza passata in Armate varie), ma in quella situazione avrebbe potuto fare ben poco. Troppi avversari dai poteri incerti, zero alleati e un uomo malconcio da aiutare. Un'impresa degna di un Eroe, non di un misero Personaggio Secondario come lui.
    Un Personaggio Secondario si arrangia come può, sfruttando i suoi scarsi talenti e la faccia tosta.
    Soprattutto quella.

    «Non è un baro.» dichiarò baldanzoso, approfittando della sua agilità per zompare sul tavolo da gioco.
    «I bari giocano per vincere. Puntano a non farsi scoprire.» spiegò raddrizzando la schiena, cercando di imitare il fratellone Arthur nella postura e nella voce. Cercando di imporre la sua presenza, in modo che ogni sua parola risuonasse chiara e genunina nella mente degli avventori.
    C'era anche un pizzico di Mana sotto, lo ammetteva.
    «Il nostro amico col cappello colorato ha avuto una fortuna troppo sfacciata. O è il baro più scarso del mondo... O la sua fortuna è reale, per quanto incredibile possa sembrare.» concluse con un largo sorriso.
    «Provate a lanciare i dadi, su» li spinse con il piedino verso un uomo a caso «non sono truccati.»
    O almeno, lo sperava con tutto se stesso.
    Se davvero stava difendendo il baro più scarso del mondo... Allora era giunto il momento di lanciare una carta-fumo e fuggire via.
    Ma in caso contrario...

    «Quello a cui abbiamo assistito non è un trucco, ma un incredibile, atto di fortuna. Un miracolo! Un segno di prosperità e buona fortuna. Beviamo in suo onore!»
    Agitò le braccia. Bere! Doveva essere una cosa che piaceva a tutti lì, no? Qualcosa che avrebbe placato gli animi.
    «TU!» urlò, indicando il tizio, dall'aria un po' stralunata, seduto lì al bancone «Aiuta a portare da bere a tutti, presto!»
    Se tutto fosse andato come sperava, lui avrebbe avuto modo di soccorrere Cappel Piumato mentre l'alcool iniziava a scorrere.
    In caso contrario, beh, sono cazzi amari.
    (Non era piccino come sembrava. Poteva dire le parolacce.)


    Energia: 95%

    Tecnica utilizzata -
    la uso sia sui tizi al tavolo che su "tizio stralunato al bancone", ovvero Zon
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    Ascendente | Consumo Basso
    Nessun Saggio è un amante della violenza, in quanto la conoscenza non nasce dall’istinto e dalle pulsioni. Non è raro quindi che i membri di Gilda fungano spesso da pacieri o da guide di grossi gruppi per la loro propensione ad evitare ogni conflitto. Eppure, può capitare che persino l’inoppugnabile logica di un Saggio non riesca a convincere un interlocutore ostinato o propenso allo scontro. E’ in casi come questo che il Saggio userà tutta la sua bravura per far sì che le sue parole penetrino nella mente del bersaglio come una lama nel burro. Basterà udire le suddette parole che esse diverranno improvvisamente più sensate facendo sì che obbedirvi non sia più un’imposizione ma bensì buon senso.

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    Eloquenza. Arguzia. Audacia. Tutte le qualità di un vero Saggio. L’altezza no, però. Purtroppo per te è come se un nano di Biancaneve avesse fatto il discorso alle Termopili nel film 300: decisamente fuori luogo. Per tua fortuna la magia ti dà non una mano, ma tutto il braccio. Davvero conveniente quando il più pericoloso di tutti, il gigante, ha il quoziente intellettivo di un bambino ritardato e si è già perso a metà dell’arringa. Terminato il discorso eccolo là preso all’amo: applaude, annuisce e sembra perfino commosso. Ovviamente l’idea del giro alcolico gratuito (perché ormai son tutti sicuri che pagherai te) è stata la ciliegina sulla torta. Il vecchio, che in fondo è stato il primo ad affermare che il ragazzo non barasse, sorride e ti fa l’occhiolino divertito. Il tizio incappucciato, invece, non emette suono e non sembra né arrabbiato né contento anche se è difficile comprendere l’espressione di qualcosa di metallico. Quantomeno è l’unico che si impegna a mantenere la faccia da poker ad un tavolo di gioco.

    ----

    Lo sguardo di tutti si posa improvvisamente su di te ed è qualcosa da darti il prurito sotto la pelle. Sei un po’ come l’eroe che deve compiere la scelta finale e premere il pulsante giusto per evitare che il mondo salti per aria. Il problema è che sei drogato. Hai chiesto al principe-topo che cosa sta succedendo e l’hai visto decisamente stupirsi e fare spallucce. Le droghe non è che spariscono per incanto tipo status alterato di un videogioco. Tocca pazientare e smaltirla col tempo, sperando che non causi altri casini. Per ora la soluzione del “sto fermo e mi faccio i cazzi miei” sembra dare i suoi frutti, ma un grande compito ti è stato affidato e non puoi tirarti indietro.

    Laggiù, sul tavolo in fondo alla sala, l’elfo di babbo natale ha dato origine ad un comizio con i villain delle favole. Cosa si sia detto è difficile da comprendere a quella distanza, ma chiaramente le ultime parole sono per te. Certo che tra le canzoncine delle piante, i nani che borbottano di una certa Biancaneve che li fa sgobbare in miniera e gli squitti del principe-topo è proprio un gran casino. Sicuro di aver capito tutto giusto?

    x pokèfan: a te la scelta se aver capito bene (quindi consideri di aver ascoltato la frase «TU! Aiuta a portare da bere a tutti, presto!») oppure aver capito parole a caso per colpa della ddddroga. Ovviamente anche se hai capito bene non sei obbligato a compiere l'azione indicata dal nanerottolo se il tuo pg non lo farebbe. L'interpretazione prima di tutto.
     
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  11. PoKèfan tipo fuoco
     
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    -wow, 'sta roba è pesante- Pensò Zon mentre guardava la scena. In pratica, tutti i cattivoni si erano riuniti al tavolo da gioco, al centro c'era l'elfo di prima che stava tenendo un gran discorso, ma Zon non era sicuro di afferrare tutto, con il casino che faceva la gente. L'unico a rimanere impassibile era l'uomo con la giacca, di cui non si scorge ancora bene il volto . Nonostante Zon non capisca quasi niente, le ultime parole sono decisamente per lui: nella sua testa, in mezzo alla confusione, penetra una frase come un coltello: <<tu!>> fa l'elfo sul tavolo, con una voce insolitamente grossa per la sua stazza. Tutti gli occhi sono puntati su di lui in mezzo secondo. Zon, un pò stranito, fa un gesto con la mano, indicandosi il petto, come a dire:"proprio io?" Gli sguardi di tutti risposero affermativamente. -Che c'è, ho qualcosa in..-
    <<aiuta a portare da bere a tutti , presto!>> Applausi scroscianti da tutta la folla e, nonostante le bevande di quel posto sembrino tutte fluorescenti e colorate, Zon confida che almeno una di queste sia bevibile, e in effetti anche lui ha una certa sete. -Okay...mh-
    meglio evitare di dire "elfo magico" in pubblico, no?
    -... Amico, basta che paghi tu, che io non ho tutti quei soldi-
    Zon fece spallucce e si volse vero il topo gigante che gli diede le bibite, e lui cominciò con calma a distribuirle tentando di darsi un contegno, o quanto meno di non far capire a tutti "ehi, sono drogato!" non era il caso.
    metto lo specchietto ora perchè mi sa che tra un pò di fa a botte
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    Edited by PoKèfan tipo fuoco - 8/12/2015, 15:33
     
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    Whew! Ricambiò l'occhiolino del vecchietto. Non sapeva bene come, ma tutto sembrava essersi più o meno risolto. Certo, rimaneva il piccolo dettaglio del "paghi tu", ma avrebbe rimediato in qualche maniera.
    Urlando "sono un saggio di Palanthas!" e sventolando il distintivo che non aveva, ad esempio. In segno di autorità.
    O, più probabilmente, telando via.
    (È facile essere discreti, quando sei alto un metro e un tappo.)

    L'attenzione di tutti pareva concentrata sull'alcool, quindi lui ne approfittò per scendere giù dal tavolo e verificare come stava il non-baro. Era ancora tutto intero? Difficile a dirsi, era stato letteralmente sepolto dalle monete. La piuma del cappello sbucava baldanzosa da sotto l'oro, la tesa appesantita dalle monetine.
    «Hey?» sfiorò il braccio del cameriere improvvisato per attirare la sua attenzione.
    «Andiamo a salvarlo.» dichiarò, indicando la pila di soldoni.
    Stava un po' sfruttando quel poveraccio, lo ammetteva. Non era una cosa carina da fare, anche perché... Aveva notato, mentre consegnava le birre, che il ragazzo barcollava abbastanza.
    Forse era solo ubriaco.
    Forse aveva battuto forte la testa anche lui.
    «...Grazie comunque. Tu stai bene?» gli chiese, mentre si dirigeva verso il videopoker.
    Tempo di iniziare a scavare.
    (Magari avrebbero potuto utilizzare quelle monete per saldare il conto. Ma sarebbe stato scorretto, vero? Non ricordava le regole dei Saggi sul livello massimo di scorrettezza raggiungibile. Cercò di non pensare al faccione dello zio Arthur che lo guardava male.)


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    La birra aumenta il fattore simpatia di cento punti e tutti inneggiano allo strano nano-bambino mentre tracannano il loro boccale. Niente domande sul perché; in fondo si sta in una bettola di Altatorre. Meglio farsi i cazzi propri finché si ottiene qualcosa gratis. In un tripudio di buonismo eccovi andare a “salvare” il povero scommettitore sotterrato dalle monete.

    Scavate nella pila – il che vi fa sentire un po’ Paperon de Paperoni – giusto per scoprire che lì sotto non c’è il ragazzo bensì l’uomo in impermeabile (e losco) che stava giocando prima alla slot machine. In realtà non è proprio un uomo: a sbirciare sotto la giacca sembra essere una specie d verme gigante antropomorfo. Forse è il caso di non indagare troppo. Per ora le uniche cose certe sono tre. La prima è che il verme è privo di sensi, ma senza alcuna ferita visibile (anzi, russa). La seconda è che il ragazzo che prima stava lì è scomparso. La terza è che vi sono molte meno monete di quante ce n’erano prima; ora ce n’è solo il numero sufficiente per ricoprire il vermone.

    L’unico indizio è il cappello piumato, perciò perché non controllarlo? Surprise! Dentro c’è un sasso levigato, non più grande di un pugno, su cui brilla debolmente una runa magica. Basta toccarlo ed ecco che le parole del ragazzo fluiscono nella vostra mente. Giusto il tempo per farvi identificare come i due che siete e che ha visto ed ecco che vi chiede di incontrarlo in un vicolo non troppo lontano dal bar, dandovi tutte le informazioni per raggiungerlo (e chiedendovi di riportargli il cappello).

    Ora il problema: uscire da lì. Dovete ancora pagare il conto, ma i soldi scarseggiano. Provare a correre veloci sperando di seminare eventuali tipi alle calcagna? Pagare rubando i soldi della slot machine? Ed il verme con l’impermeabile? Per ora sono tutti impegnati a bere e nessuno si è accorto un gran che della situazione, ma se lo dovessero scoprire come reagirebbero?
     
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  14. PoKèfan tipo fuoco
     
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    Una volta che Zon ebbe finito di distribuire le bevande, notò con piacere che la gente cominciava a bere e nessuno lo calcolava più di tanto e cominciava a sentirsi meglio: l'elfo di Babbo Natale cominciava gradualmente a trasformarsi in un esserino biondo, con indosso un abito rosso,e tutto il bar ridiventava più... reale. E squallido. Era così anche prima?Bleah.
    L'unico che pareva calcolarlo ancora era appunto l'elfo/esserino, che lo tirò per una manica.<<hey?>> disse. <<andiamo a salvarlo>>. E così fecero. Si diressero verso la montagna di monete, dopo un pò il nanetto disse: -...Grazie comunque. Tu stai bene?-. Zon pensò un pò a cosa rispondere, in effetti ora si sentiva meglio, quindi disse, con sincerità: -Si, non preoccuparti.Sto bene.-. Arrivarono davanti al cumulo di monete, e scavarono. Zon pensò di rubare qualche moneta ma,nell' atto di farlo, si bloccò. Avevano trovato un uomo, ma non era quello che stavano cercando. Sepolto tra le monete c'era il tizio che prima giocava al videopoker. Guardando meglio, Zon si accorse che in quel vestito non vi era un uomo, bensì.... -Bleah-.Zon espresse così ciò che provava: in quegli abiti c'era un grosso verme antropomorfo. Fortunatamente notò che era stordito. Vicino a lui, immerso nelle monete, vi era il cappello del tizio con il mantello,quello che prima,se Zon non aveva visto male, si era beccato un cartone da duecento chili in faccia. Zon voltò il cappello: Dentro vi era un sasso. Era un sasso perfettamente normale, ma vi era inciso uno strano simbolo,che luccicava debolmente. Che diavolo era quello? Zon non ne aveva idea, ma come per un bambino davanti a un oggetto strano e luccicante,la tentazione di toccarlo era troppo forte. Una volta toccato il simbolo, Zon sentì delle parole fluirgli direttamente in testa. La sensazione era stranissima. Che fosse un qualche tipo di marchingegno ipertecnologico? In quel caso, beh, sarebbe stato parecchio utile. La voce chiedeva conferma che fossero proprio loro due, il nanetto e il tizio con i capelli bianchi,e Zon rispose affermativamente. La voce allora chiese di raggiungerlo in un vicolo non lontanissimo da lì, e di riportargli il grosso cappello piumato. Zon guardò il nano con espressione interrogativa e chiese: -Dobbiamo uscire da qui, in ogni caso. Io prendo il cappello e tu te la spicci con la birra da pagare, ok?- Dopo averlo detto prese cappello, sasso e un paio di monete in un unico,rapido gesto e tentò di raggiungere rapidamente verso la porta senza attendere risposta alcuna. Aveva già avvisato tutti che non aveva contante, non spettava a lui pagare.Sperava vivamente che nessuno si accorgesse di lui e che il nano rimanesse interdetto così da permettergli di fuggire. L'ultima volta che gli aveva impartito un ordine era stato.... strano, come se Zon sentisse improvvisamente la stessa idea nascerli in mente nello stesso istante. Chissà cosa sarebbe successo se gli avesse chiesto di pagare.
     
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    «...Hey!»
    Che modi! Andarsene via così, tenendosi il cappello e senza dare una mano. Sapeva di essere stato lui in primis a coinvolgere quel poverino, ma... Non ci si comportava così, ecco. Era stato veramente scortese, e il suo primo impulso fu quello di urlare "AL LADRO!" e bloccargli la fuga con un muro di carta. Sarebbe stato molto divertente, ma così anche lui sarebbe risultato antipatico.
    Non era più un soldatino improvvisato, mh? Era un Bibliotecario. Per questa ragione, seguire l'esempio del tizio e scappare non era per nulla consigliabile: aveva un aspetto troppo riconoscibile. E se qualcuno avesse associato la sua minuta figura a quella dei Custodi, amici come Brifos sarebbero finiti nei guai.
    Si alzò in piedi con un sospiro, scivolando tra la folla allegra per farsi strada fino al bancone.
    Aveva un piano.

    «Signore?» chiese, tamburellando le dita per attirare l'attenzione del ratto. Schiena ritta, sguardo da snob.
    (Il trucchetto, aveva imparato, consisteva nel non fissare una persona negli occhi, ma appena sopra. Ti dà un'aria molto elegante, come se non ti degnassi di abbassare gli occhi per porti al livello altrui.)
    «Riguardo al pagamento. Purtroppo, al momento temo di non disporre della somma necessaria per saldare tutto. Posso darvi un piccolo anticipo...»
    Tirò fuori le poche monete che teneva in tasca, stando ben attento a non confonderle con i bottoni.
    L'importante era risultare credibile: non un accattone privo di spicci, ma un uomo poco abituato a portare con sé del denaro. Qualcuno di importante, a cui la gente di solito fa credito. E continuare a parlare come faceva Arthur, caricando ogni sillaba di energia per risultare sincero al massimo.
    «Possiamo considerarlo un acconto?» tirò fuori un taccuino dall'altra tasca del giaccone «Sono un membro dei Saggi di Palantas. Ciò significa che, se non verrò entro una settimana a pagare il conto, potrà andare recarsi lei alla Biblioteca a riscattare il denaro. A proposito, quanto le devo? Vorrei aggiungere una generosa mancia, dato il vostro eccellente servizio. L'ambiente è così vitale...»
    Un sorriso mellifluo, la penna tenuta alta sul quaderno dei disegnini blocchetto degli assegni.
    Allora, boss, che cifra ci scriviamo?

    (Una cifra che, probabilmente, corrisponderà al numero di sculacciate che prenderà da Arthur.)


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17 replies since 25/8/2015, 11:55   304 views
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