First Blade

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  1. _MajinZ_
     
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    Va e porta a termine la tua missione. Queste sono state le ultime parole che ho sentito, prima di fare quel fatidico passo. Una cosa così ovvia potevano pure risparmiarsela, per chi mi hanno preso? Non sono una novellina e neanche una di quei vermi dell'Organizzazione, non scappo davanti ai miei doveri. Mi sono impegnata per avere la possibilità di partecipare a una missione di questo grado, ho versato sangue e sudore per essere pronta e non ho di certo intenzione di fallire.
    Continuano a farmi raccomandazioni, ma evitano come conigli di nominare quel nome... Dimitriy Kozlov, la mia preda. Non capisco di cosa abbiano paura: è un traditore, un infimo uomo che in confronto a me deve strisciare come il verme che è. Smetto di ascoltare, so cosa fare e non ho intenzione di restare ferma a perdere altro tempo: mi infilo il casco e avanzo dentro il portale.
    L'addestramento fatto per preparami a questa esperienza è nulla in confronto alla realtà. Alla fine si è rivelato totalmente inutile. In mezzo a quest'energia mi sento totalmente annullata, il mio corpo sembra scomparso e devo fare affidamento al mio autocontrollo per non perdere la testa. Questa forza mi trascina senza che io possa oppormi, lasciandomi quasi senza fiato e inizio ad essere confusa, stanca e impaurita. Spero che finisca presto, ma è solo una mera illusione.

    Quanto tempo è passato ormai? Non riesco a capirlo, potrebbero essere trascorsi appena trenta secondi oppure delle ore, dei giorni. Da quando sono entrata qui non è cambiato nulla, se non il fatto che ormai sono sul punto di perdere conoscenza. Vedo il mondo intorno a me divenire scuro, poi una scintilla invade il mio campo visivo e un dolore lancinante mi avvolge il costato. Mi si mozza il respiro. I miei occhi si chiudono. Sono perduta.
    Riprendo conoscenza proprio nel momento peggiore. Quando riesco nuovamente a vedere, mi trovo a parecchi metri d'altezza e viaggio a una velocità non indifferente verso quella che sembra una duna di sabbia. Provo a sistemarmi, ad assumere una posa utile a salvarmi la vita... ci riesco in parte. Quando tocco il suolo rotolo in malo modo, sento chiaramente il dolore percepito nel Maelstrom farsi vivo ancora, ma ad esso se ne aggiunge un altro: mi sono slogata una spalla, perfetto.
    Mi sento letteralmente a pezzi. Rimango sdraiata al suolo per qualche minuto, giusto per capire se sono ancora viva o meno... ma il dolore è più che reale. Faccio forza sul braccio sano e mi tiro su, restando sulle ginocchia. Subito dopo mi levo il casco e respiro a pieni polmoni: è notte e l'aria fresca allevia di poco le mie ferite. Guardo il computer di bordo: distrutto. Non so dove cazzo devo andare, qui non c'è nulla. Forse dovrei scalare prima questa duna e capire cosa c'è dietro... ma prima devo rimettermi a posto. Mi stringo la spalla, metto un pezzo di stoffa tra i miei denti. Ruoto il braccio e in qualche modo me lo rimetto apposto.
    GAAAH!
    Meno male che dovevo stringere i denti. Il dolore è devastante e per un attimo mi manca la vista. Cado sulla sabbia, madida di sudore. Credo che mi riposerò prima di rimettermi in marcia, spero che nessuno mi abbia sentito urlare... ma non penso che ci sia qualcuno a quest'ora della notte in pieno deserto. Scavo una buca nella sabbia e mi ci sistemo dentro, nascondendo il mio profilo e riparandomi dal freddo. Quindi attendo, immobile. Devo rimettermi in forze e per fare ciò ho bisogno di riposare.

     
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  2. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo

    "Che importa se il campo è perduto? Non tutto è perduto; la volontà indomabile, il disegno della vendetta, l'odio immortale e il coraggio di non sottomettersi mai, di non cedere: che altro significa non essere sconfitti?

    --------------




    Vuoto.
    Inconsistenza.
    Fallimento.
    Dove stavo andando?
    La testa mi faceva dannatamente male.
    Perché era capitato proprio a me?
    Quel boato seguito da quella luce fortissima.
    Cosa avevo sbagliato?
    Non era la prima volta che mi venivano affidati incarichi simili.
    La mia esperienza sul campo parlava per me.
    Quanti nemici abbattuti.
    Quanti nidi delle macchine fatti saltare in aria.
    Quanti colpi inferti a quei figli di puttana fatti di acciaio e silicio.
    Avevo collezionato più ore io da operativo che la maggior parte dei restanti agenti dell’intera organizzazione.
    E allora cos’era andato storto?
    La mia esperienza si era sempre dimostrava un infallibile compagna affiata nel guardarmi le spalle.
    Nel non abbassare la guardia.
    Nel non commettere ingenuità.
    La testa mi faceva dannatamente male.
    Mi sentivo svuotato di ogni energia.
    Cosa mi stava succedendo?
    Perché questa terrificante stanchezza?

    The fall
    -------------


    Non riuscivo ad essere padrone del mio corpo.
    Padrone dei movimenti.
    Padrone di un destino, a quanto pareva, decisamente beffardo.
    Che aveva avuto in serbo per me altri programmi non previsti.
    Provare a pensare in quei momenti era uno sforzo decisamente titanico.
    Confusione.
    Nausea.
    Debolezza.
    Non riuscivo comunque a darmi pace tentando di venire – per quanto mi fosse possibile in quella situazione di costrizione – a capo del problema.
    Della falla.
    Dell’intoppo.
    Quel singolo errore pesava come un macigno.
    Più di quanto si dimostrasse pesante il mio corpo nell’essere attratto verso il basso per le leggi della gravità.
    Verso una destinazione ignota.
    Eppure tutto stava procedendo come da copione.
    L’infiltrazione.
    Le tempistiche di attacco.
    I punti da colpire.
    In cosa allora avevo fallito?
    Su quali dettagli fondamentali avevo sorvolato con noncuranza?
    Cosa mi era sfuggito?
    Troppo lento nei tempi di reazione?
    Disattento nel non avere tutto sotto controllo?
    Fin troppo umano nell’esitare?
    Forse quella mia stessa natura si era dimostrata la più grande debolezza che mi aveva spinto verso un misero fallimento?
    Forse per poter sconfiggere le macchine dovevi essere a tua volta una macchina?
    Il mio corpo stava precipitando verso il vuoto.
    Almeno per il momento non riuscivo a capire dove mi stessi dirigendo.
    Mi sentivo solo pesante e incapace di muovermi.
    Nulla mi era dato sapere.
    Null’altro potevo comprendere "almeno" in quei frangenti: testa ovattata, pensieri confusi, incapacità di percepire cosa mi circondasse o dove mi trovassi.

    Lost
    -------------


    Poi d’un tratto quel tragitto si interruppe.
    Quel mio precipitare ebbe conclusione.
    Sentì chiaramente il mio corpo cozzare contro il terreno.
    Il fragore dell’impatto.
    Ciò capita quando una forza inarrestabile incontra un oggetto inamovibile.
    La fortuna di indossare una nanotuta che ti salvava il culo in momenti come quelli.
    Precipitando da un altezza di centinai di metri.
    Senza di essa la morte sarebbe stata cosa certa.
    L’impatto infatti si dimostrò meno traumatico del previsto, grazie molto probabilmente all’armatura che indossavo.
    Potevo ancora respirare e percepire nitidamente ogni cosa.
    Avevo solo bisogno di riprendermi qualche istante.
    Quel viaggio mi aveva fatto sentire al pari di un indumento all’interno di una lavatrice.
    Ma ritornando all'atterraggio.
    A quel brusco atterraggio.
    Era terreno?
    No… aspetta, forse era qualcos’altro?
    Sabbia?
    Dove diavolo mi trovato.
    In un deserto?
    Totalmente sfiancato rimanevo immobile a terra.
    L’unico scenario ben osservabile dai miei termovisori ottici era l’immensità di quel cielo che sovrastava quella realtà.
    Di un azzurro cosi limpido.
    Puro.
    Cristallino.
    Totalmente diverso da quello più cupo e tetro del campo di battaglia che avevo abbandonato non per mia volontà.
    Che fossi tornato indietro nel tempo?
    Che fossi ritornato in un momento in cui le macchine non erano state ancora create e l'ecostistema non aveva subito danni dovuto alla terraformazione?
    No, qualcosa mi diceva che il luogo dove mi trovavo non aveva nulla a che fare con la mia realtà.
    Chiamatelo pure sesto senso.

    Anf... anf...


    Non riuscivo ancora a muovermi.
    Qualcosa mi impediva di alzarmi.
    Un mal funzionamento?
    Molto probabilmente quel viaggio mi aveva procurato qualche problemino biomeccanico alla tuta.
    La sentivo dannatamente rigida.
    Come imprigionato all'interno di un blocco di marmo.

    Qui agente 47... qualcuno mi riceve?
    Ripeto... qui agente 47... richiedo intervento di recupero.
    Missione abortita.


    Il mio intento di comunicare con la base operativa era più un gesto disperato che un'idea ben ponderata.
    Molto probabilmente anche le stesse comunicazioni erano fuori uso, ma al momento non vi erano altre opzioni funzionali.
    Disperso chissà dove, mi ritrovavo incapace di muovermi e alla mercé dell'avversità di un luogo di cui non avevo nessuna informazione.
    Ero totalmente impreparato mostrando chiaramente più di un fianco scoperto.
    Se qualche predatore o autoctono ostile del luogo avesse voluto colpirmi, quello era il momento più propizio.
    Tutta la mia esperienza da operativo risultava in quel momento inutile.
    Che il mio epilogo fosse alla fine giunto?


    Innanzitutto volevo ancora ringraziarti per avermi dato la possibilità di poter fare l'ingresso.
    Venendo a noi... 47 giunge il giorno successivo all'arrivo di Natasha (Fondamentalmente dopo la notte quando lei decide di riposarsi e tenersi al riparo nella buca scavata)

     
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  3. _MajinZ_
     
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    I miei propositi di riposo sono tutti andati a puttane. Stanotte non ho chiuso occhio: ho sentito strani sibili, ruggiti e urla in lontananza... tutte cose che mi hanno fatto capire che la cosa migliore da fare era di restare all'interno della mia tana. Anche se forse è più simile a una tomba. Ad ogni modo il pensiero di essere sbranata nel sonno mi ha tenuto sveglia e ora sono più stanca di prima. E pure più dolorante. Appena vedo i primi raggi di sole mi tiro su e mi guardo attorno: la via sembra libera, devo approfittarne per capire dove sono.
    Mi aspettavo una vista migliore dalla cima della duna, ma l'unica cosa che vedono i miei occhi sono migliaia di altre dune... un deserto che non sembra avere una fine. I rapporti parlavano di una specie di grossa voragine nella roccia, ma non vedo nulla di tutto ciò, ergo quell'incidente nel flusso temporale mi ha scagliato molto più lontano del previsto. Le regole della sopravvivenza mi impongono di trovare dell'acqua. Fanculo, sono nel mezzo di un fottuto deserto. Non mi resta altro da fare che sfruttare l'alba e la frescura residua per avanzare... verso Sud. Il problema arriverà col sole di mezzogiorno, ma in quel momento penserò a qualcosa. Se non muoio prima.
    Ho appena scoperto che ci sono due soli, fantastico. Sarà passata un'ora da quando mi sono messa in marcia e fa già un caldo terribile. Mi viene voglia di prendermi a schiaffi per aver rifiutato il sistema refrigerante, ma no Natasha, prendi l'elmo cazzuto con il vetro oscurato. Complimenti. Sembra che la mia testa sia dentro un forno a microonde del ventesimo secolo. Continuo comunque ad avanzare, salgo sull'ennesima duna identica alla precedente... a parte per un piccolo particolare: c'è qualcuno disteso a terra, alla base di questa collina sabbiosa.
    Mi avvicino con circospezione... quella è una nanotuta, ma sembra molto più pesante della mia. Nazisti? No, non ci sono qui. E non possono avermi scoperto. Decido di avvicinarmi, ma prima sfodero una delle spade. Una mossa sbagliata e lo uccido, non voglio altri problemi... ma la mia condizione mi impone di indagare, magari può aiutarmi. Sono vicina, gli appoggiò la lama della spada alla gola.
    Не шевелитесь.
    Spero capisca il russo. Forse dovrei provare con l'inglese? Sarebbe bello, ma non lo conosco: non imparerò mai la lingua di quei fottuti capitalisti. E poi non penso che sia conosciuto anche dagli alieni... anche se conoscendoli potrebbero averlo spedito anche nello spazio.
    Выявленные.
    Se non mi capisce va bene uguale, meno domande da fare. Mi farebbe solo perdere tempo e proprio non posso perderne altro. Sono pronta ad attivare la termolama, devo solo capire quando farlo. Forse ora... ormai è tardi, vediamo che succede.



    Ti dice di stare fermo e poi di identificarti. 47 capisce il russo?
     
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  4. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo


    Quel mondo aveva due soli.
    Di sicuro non era la terra in un’epoca antica.
    Ero finito in chissà quale dimensione dimenticata da Dio.
    Ora era ufficiale, ero un naufrago dimensionale.
    Nessun a spasso nel tempo o paradosso temporale.
    No! Ero semplicemente stato catapultato in un'altra realtà.
    Per meglio dire scaraventato, dato il volo non proprio breve e piacevole che mi aveva visto precipitare da un'altezza abbastanza considerevole.
    Ora bisognava trovare un modo per tornare padrone dei movimenti.
    La nanotuta si era bloccata, molto probabilmente quel salto dimensionale aveva sfasato qualche componente.
    Forse semplicemente era solo una questione di tempo.
    Dovevo adattarmi alla nuova gravità o atmosfera di quel luogo misterioso.
    O forse il flusso dimensionale aveva semplicemente rallentato il moto delle nanomacchine.
    Speravo comunque che seppur in quella maledetta situazione, qualche residuo di fortuna mi fosse rimasto.
    Il clima al momento risultava il più grande ostacolo.
    La temperatura non aiutava.
    Buon Dio sembrava di essere all’inferno per quanto faceva caldo.
    Quanti gradi potevano esserci?
    Più di sessanta?
    Se non ci avessero pensato gli ostili o qualche bestia affamata del luogo, senza dubbio ci avrebbe pensato il caldo.
    Dovevo trovare una soluzione e anche in fretta.
    Già un singolo sole in un deserto poteva fare danni estremamente seri come portarti rapidamente alla disidratazione, figurarsi addirittura due.
    Da quanto tempo ero li?
    Un minuto? Un’ora?
    L’estrema calura cominciava a fare effetto friggendomi il cervello.

    Qui agente 47... missione abortita.
    Ripeto, missione abortita. Richiedo intervento di recupero.


    Era inutile continuare a contattare la base operativa, nessuno avrebbe risposto.
    A questo punto potevo dire di essere ufficialmente solo.
    Abbandonato a me stesso.
    Esule in terra straniera.

    Bel modo del cazzo di essere congedato... questo il ringraziamento per tanti anni di servizio. Fanculo!


    Di certo questo non era un problema, non ero un tipo che amava la compagnia o che sentiva il bisogno spasmodico di affetto.
    Il vero problema era riuscire a muoversi per poter trovare un riparo.
    Avevo come l’impressione che la tuta si stesse alleggerendo.
    Forse non tutto era perduto.
    A breve mi sarei almeno potuto alzare per cominciare ad esplorare la zona.
    Più il tempo passava più il mio corpo pareva riuscire a prendere sempre più controllo, molto probabilmente era un problema di autonomia dei componenti.
    Dovevo solo aspettare che le nanomacchine si autoriparassero.
    Speravo che non ci mettessero troppo.
    Ogni minuto fermo sotto quel sole cocente era un agonia, seppur fossi altamente addestrato a sopportare il dolore e la fatica con una certa resistenza.
    Un’altra mezz’ora ad attendere, almeno credo.
    Ok, ormai sentivo che il mio corpo non era più schiavo della rigidità.
    Potevo passare alla fase successiva.
    Esplorazione e possibilmente un primo contatto non ostile.
    Trovare un modo per spiegare la mia situazione.
    Sicuramente la lingua sarebbe stata un problema.
    Sempre che in questo mondo si fosse sviluppato il linguaggio.
    Bisognava pensare a un problema alla volta. Risolverne uno alla volta.
    Trovare tracce di civiltà
    Riuscire a comunicare con loro.
    Capire se questa realtà avesse sviluppato una qualche forma di tecnologia.
    E infine trovare un modo per poter comunicare con il mio mondo.
    Sempre che non fossi capitato tipo nel paleolitico dove a malapena di esca capito come accendere un fuoco con due pietre.
    Per ora l'unica cosa importante era trovare un riparo cosi esposto a quelle temperature infernali.
    Avrei atteso poi il tramonto o la notte per iniziare un esplorazione più accurata e cercare tracce di civiltà.

    In marc…
    ° Tutte a me oggi... °


    Neanche il tempo di finire la mia frase che ulteriori problemi si palesarono.
    Ok, era più che certo, la mia buona stella mi aveva abbandonato.
    Oggi il mio Karma non era in giornata.
    Una lama alla gola era un chiaro segno che non tirava una buona aria da queste parti.
    Questa volta si trattava di ostili.
    Dalla voce sembrava una donna.
    Che fosse in quel periodo del mese?
    O semplicemente da buona femminista voleva riversare il suo odio sul primo tizio che poteva capitargli a tiro?
    Una donna alfa? Questo poteva essere un grosso problema.
    Le donne già erano intrattabili, figurarsi donne che volevano giocare a fare le amazzoni.
    Chiaramente quel mondo non era disabitato, e neanche il tempo di poter perlustrare la zona... che già qualcuno si era premurato di accogliermi calorosamente.

    ° Ma in che diavolo di lingua parla questa qui! °


    Per quanto non fossero comprensibili le sue parole, la lama poggiata sulla mia gola mi faceva ben intuire - nel linguaggio universale delle intimazioni - che era meglio non prendere iniziative.
    Al momento mi conveniva stare alle sue regole e assecondarla.
    Ero in una totale situazione di svantaggio: per quanto avessi potuto provare a reagire o a disarmarlo, il tempo di reazione nel recidermi la gola sarebbe stato nettamente più rapido.
    Cosi, senza opporre nessuna resistenza mi limitai ad eseguire l’unica azione non ostile che poteva essere compresa, ovvero alzare le mani.
    Lasciai che quel gesto di resa potesse essere ben compreso nel poter intuire che da parte mia vi era collaborazione.

    Ok dolcezza, sta calma… non c’è bisogno di puntarmi una lama alla gola solo perché sei frustrata con l'universo maschile.



     
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  5. _MajinZ_
     
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    Stringo la presa sull'elsa, lo guardo mentre si volta e sono tesa mentre lo fa, pronta a forzare il fendente alla prima avvisaglia di pericolo. Quando però si gira e apre bocca, arrivano puntuali come orologi svizzeri due notizie: una buona e una cattiva. Quella buona è abbastanza immediata, il tizio non parla inglese e la cosa gioca certamente a suo favore. La seconda notizia invece, quella fatica, arriva subito dopo ma ci vuole un secondo buono per assimilarla... questo tizio parla una lingua sconosciuta, incomprensibile per le mie orecchie. Lo guardo attraverso la visiera del mio elmo, possibile che questo tizio sia arrivato nella mia stessa maniera? O magari è semplicemente un indigeno.
    Mi hanno spiegato del vasto numero di idiomi parlati dalle genti di Endlos, ma non pensavo di dovermici confrontare proprio ora. Purtroppo sono finita troppo lontana dalla zona designata, dovevo solo andare a Merovish e uccidere Kozlov... ma non c'è nessuna entrata sotterranea nei dintorni. Magari questo tizio lo sa, ma come faccio a farmi capire da lui? Gesti? No, sarebbe troppo ridicolo. Forse dovrei... cazzo. Nemmeno disegnare mi entusiasma troppo. Potrei anche ucciderlo, questo è vero, ma prima devo comunque capire quanto sa.
    Sospiro affranta mentre sfodero l'altra spada. Sì, perché la prima rimane puntata alla gola. Inizio dunque a disegnare... prima disegno i due soli. Traccio poi una linea sotto di essi, quello è il deserto, ci metto anche qualche duna nel caso sia un ritardato. Sbuffo. Mi sembra una cavolata. Traccio un paio di linee che vanno verso il basso, in profondità e sotto il tunnel disegno delle abitazioni: ecco il disegno della città sotterranea. Non so proprio fare di meglio... ma mi sembra che si capisca, in qualche modo.
    Merovish?
    Voglio andare li, spero che sto tizio abbia capito qualcosa. Se non sa nulla penso che lo ucciderò, non ho voglia di perdere tempo con un inutile peso. Aggiungo comunque qualche dettaglio, giusto per far capire chiaramente che non sono scema, non voglio mostrargli quanto sono brava nel disegno: devo raggiungere quel luogo, possibilmente prima di schiattare nel deserto.

     
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  6. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo


    Per il momento non avrei opposto resistenza.
    Non mi conveniva per più di un motivo.
    Oltre il fatto che non conoscevo la zona, il socializzare con lei - in qualche modo - poteva facilitarmi le cose.
    Non che si fosse dimostrata amorevole puntandomi una spada alla gola – infondo quale donna lo era -, ma diavolo, a parti inverse avrei fatto molto probabilmente anche io la stessa cosa.
    Alla fine io provenivo da un mondo in guerra.
    La diffidenza era il mio pane quotidiano.
    Potevo comprendere i suoi timori.
    Una volta giratomi, cosi da potermi fare un'idea delle fattezze di colei che mi aveva gentilmente posato una lama sul collo, potei constatare che non avevo a che fare con il classico primitivo, ma con il rappresentante di una società tecnologicamente avanzata quanto la mia.
    Come il sottoscritto, anche lei indossava una nanotuta - o comunque una sorta di divisa abbastanza curata nei dettagli -, oltre un casco con visiera oscurata che mi faceva ben intendere che si trattava di un qualche soldato o membro di un corpo paramilitare.
    Forse tutti i mali non ti venivano incontro per nuocerti.
    Inconsapevolmente – anche se lei non lo sapeva – poteva salvarmi il culo.
    Di conseguenza instaurare un rapporto di non belligeranza sarebbe stata una buona idea per una proficua collaborazione.
    Non sapevo cosa io potessi offrirle, ma di certo avrei fatto il possibile – almeno fino a quando mi sarebbe stata utile – per tenermela amica.
    Trovare un tramite in questa realtà poteva risultare molto utile sia per una questione idiomatica – onestamente comunicare era un grosso problema –, sia per evitare inutili rischi esplorando un territorio totalmente sconosciuto per il sottoscritto: per quanto potessi essere addestrato, era sempre un rischio muoversi in un deserto senza scorte di acqua e con zero punti di orientamento.
    L’organizzazione e la cooperazione stavano alla base della sopravvivenza.
    Per questa serie di motivi dovevo farle capire che ero giunto casualmente in questo mondo, e che i miei intenti erano pacifici.
    Il problema di fondo comunque rimaneva sempre uno, come comprenderci a vicenda?
    Bisognava trovare un punto d’incontro.
    Qualche sistema che ci permettesse di scambiarci informazioni per trovare un'intesa durante il dialogo anche se non verbale.
    Detto fatto.
    Senza che mi dovessi spremere ulteriormente le meningi, lei mi precedette nell’usare il sistema di comunicazione forse più antico mai ideato.
    Il disegno.
    Effettivamente poteva risultare una brillante idea, oltre il fatto che non era la prima volta che mi capitava di comunicare in quel modo.
    Cosi, rimanendo ben fisso con lo sguardo incollato sulla sabbia, cominciai a decifrare quanto stava disegnando per avere un’idea più chiara di cosa volesse intimarmi o dirmi.

    ° Interessante... decisamente interessante °


    A quanto sembrava da ciò che stava disegnando, e dal conseguente nome pronunciato, il suo intento era quello di raggiungere un posto chiamato Merovish.
    Da come aveva schematizzato e disegnato quella grezza planimetria, potevo intuire che si trattasse di una specie di città sotterranea.
    Inoltre, disegnare un tunnel specificava chiaramente che si trattava di un posto nel sottosuolo.
    Quindi anche lei non era della zona, anche se a differenza mia le sue conoscenze geografiche erano nettamente migliori.
    Senza dubbio poterle rimanere affianco – almeno per il momento – rimaneva l’opzione migliore.

    No Merovish!


    Lasciando che la mia testa si muovesse in senso negativo per farle capire che non conoscevo il luogo, continuai nella spiegazione alzando un braccio verso il cielo per farle comprendere da dove io provenissi.
    Che altro non ero che un naufrago dimensionale.
    Per essere il più chiaro possibile, provai a sbattere un pugno sull’altro palmo cosi che intuisse il fattore che fossi atterrato bruscamente.
    Senza che anche io a questo punto mi perdessi in ulteriori abilità artistiche – nel disegno onestamente facevo abbastanza cagare -, mi sarei permesso di sfruttare la sua stessa mappa per farle capire che magari potevo aiutarla nella ricerca.
    Alla fine in una zona vasta e dispersiva come un deserto poteva risultare sempre utile cooperare.




    Edited by °PaNdEmOnIuM° - 22/10/2015, 02:35
     
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  7. _MajinZ_
     
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    No Merovish. Cosa vorrà dire quel vocabolo? Fa segno di no con la testa, sembra che il diniego sia universale e lo sanno fare un po' tutti. Comunque ho capito, questo tizio non sa proprio nulla e quindi non mi è di nessun aiuto... speravo fosse del luogo, ma a quanto pare non lo è. I suoi gesti però mi fanno capire qualcosa, indica il cielo e mima quello che sembra uno schianto: ci metto un po', ma alla fine forse riesco a capire... è un naufrago. Probabilmente uno di quelli inconsapevoli, non come me che mi sono infilata in questa situazione di mia spontanea volontà.
    Ad ogni modo non so che fare, non so quanto mi convenga ucciderlo... potrei usarlo come alleato nel caso la situazione si faccia difficile, non ho idea di cosa ci sia in questo deserto e da sola potrei finire male prima del tempo. Non sono stupida, in casi normali non mi sarei fatta scrupoli, ma questo non è un caso normale e mi devo arrangiare in qualche modo. Abbasso la spada, poi le rinfodero entrambe: chiaro segno di tregua. Alzo la visiera per guardarlo dritto negli occhi, ho detto tregua, guardami bene e non fare scherzi. Chiudo nuovamente l'elmetto e gli faccio segno di muoversi, non mi fido a stargli davanti.
    Прогулки.
    Gli intimo più per la situazione che per altro, tanto dubito che mi capisca: ormai me ne rendo conto anche io che il russo non è una lingua universale. In ogni caso tengo la mano sull'elsa di una delle spade, giusto per fargli capire che basta una mossa sbagliata per mettere fine all'armistizio. Dobbiamo andare a Sud, so solo questo. Ho provato ad orientarmi con il sole, spero solo di aver preso la decisione giusta... qui i soli sono due e non ho idea di come funzionino i punti cardinali in questo mondo. Alla fine comunque prendo l'iniziativa e decido di mettermi in marcia... sarà una giornata lunga. Molto lunga.



    *Cammina.
     
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  8. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo


    Che avessimo raggiunto un compromesso di tregua?
    Molto probabilmente.
    I nostri modi alternativi di scambiarci informazioni sembravano aver trovato un punto d’incontro dove la linguistica aveva miseramente fallito.

    ° Allora non sei proprio stupida °


    La vidi rifoderare le sue due Katane – chiaro segno che almeno per il momento la situazione si era stabilizzata -, e poi mostrarmi il suo minaccioso sguardo alzando la visiera che le celava il volto: decisamente uno schianto la ragazza.
    Magari in una situazione diversa le avrei offerto un drink sfoderando i miei assi nella manica da latin lover.
    Sicuramente quel suo gesto voleva essere più un atto intimidatorio che altro.
    Almeno cosi potei tradurre quello strizzare i suoi occhi nel lanciarmi un’occhiata abbastanza intimidatoria: un vero peperino la ragazza.
    Probabilmente per quanto non si fidasse, la tizia aveva capito – anche per il mio armamentario – che darsi una mano a vicenda risultava una scelta molto più intelligente e sensata di quella di azzuffarci in un posto come quello.
    Un posto dove ogni energia andava centellinata per non ritrovarti steso al suolo come prossimo pasto per gli avvoltoi, o qualsiasi altro predatore che cacciasse in quei quei luoghi alieni.
    Le nostre esperienze unite potevano risultare un ottimo binomio per sopravvivere e uscire fuori da quella trappola naturale di sabbia e siccità.
    Infondo entrambi avevamo competenze nel campo sia militare che di sopravvivenza.
    Cooperare insomma avrebbe giovato ad entrambi.
    Solo gli stupidi si sarebbero pestati i piedi in un luogo simile.
    E lei non mi sembrava affatto una sciocca, anzi, tutt'altro.
    Cosi, traducendo più il suo gesto di tenere la mano su l’elsa di una delle sue spade - chiaro messaggio "se fai una mossa falsa ti affetto" -, che quello che stava cercando di dirmi, compresi il suo invito – non trattabile - a precederla e metterci in marcia.

    Sei un tipo abbastanza deciso… deduco che nella coppia sei tu quella che vuole stare sopra.


    Affermai con una battuta - tanto non mi poteva capire - per poi assecondarla e dirigerci più che altro alla cieca senza avere punti di orientamento da cui partire.



     
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  9. _MajinZ_
     
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    Questo tizio continua a parlare, quando ormai è chiaro che non possiamo capirci in quel modo. Probabilmente mi starà apostrofando con una serie di epiteti poco piacevoli, legati sicuramente a una mia presunta promiscuità e alla mia abilità nei lavori di bocca... quando si tratta di insulti verso le donne, gli uomini non sono molto fantasiosi. Di sicuro mi arrabbierei anche io essendo nei suoi panni, chissà quanto gli rode che sia una donna a minacciarlo e tenerlo prigioniero. Potrei subito far finire quella sofferenza, ma purtroppo mi serve e non posso liberarmene tanto presto: Merovish non si vede, solo sabbia e dune, dune e sabbia.
    Fa caldo, fa troppo caldo. I raggi solari sembra che facciano il doppio del male, è una vera fortuna che non colpiscano direttamente la mia pelle... sarei già ustionata. La mia gola però è secca, ho bisogno d'acqua ma siamo nel deserto e nel novanta per cento dei casi, l'acqua è reperibile soltanto sotto forma di miraggio... raramente in forma liquida, magari in un'oasi. Ma qui fa talmente caldo che probabilmente anche quelle sono evaporate. Una cosa però è certa, non arriverò mai a Merovish senza dell'acqua e visto che non voglio morire in mezzo al nulla, l'obiettivo primario è cambiato: adesso è fondamentale trovare l'acqua.
    Superiamo un altra duna, poi qualcosa attira la mia attenzione. Scatto in avanti verso il tizio, lo afferro per la spalla e lo costringo a inginocchiarsi. Poi indico in basso nella valle: un piccolo avamposto con qualche tenda, alcune palme e un gruppo di quattro creature strane, tipo lucertoloni con le gambe. La cosa più interessante però sono le palme, se ci sono loro ci deve essere per forza anche l'acqua. Prima però dobbiamo liberarci di quei cosi: dico dobbiamo perché lui verrà con me. Se anche lui è umano come penso, avrà bisogno anche lui di bere.
    Ancora una volta faccio un disegno: un cerchio rappresenta l'avamposto, poi traccio delle linee curve che indicano il nostro percorso. Attaccheremo dai lati, ma se questo cagasotto se la da a gambe, allora farò tutto io, non mi spaventa. Ad ogni modo non lo attendo, attivo il modulo mimetico e inizio a scendere la duna. Devo fare un giro più lungo, ma almeno così sono sicura di sfruttare completamente l'effetto sorpresa.



    Movimentiamo un po' le cose XD nel tuo post puoi pure iniziare l'attacco sisi uwu immagino che anche 47 abbia sete XD
     
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  10. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo

    Forse la ragazza non aveva ben inteso che tipo di lavoro facessi nel mondo da cui provenivo.
    O il ruolo che ricoprivo.
    Dico, ma mi aveva osservato per più di mezzo secondo?
    Intuire il motivo per cui fossi vestito in quel modo?
    Ma che cazzo di teoria si era fatta su di me?
    Che indossassi una nanotuta armato con tanto di spada per poter fare il figo emulando le gesta del mio supereroe preferito a qualche gara di cosplay?
    Ero un cazzo di agente.
    Uno stramaledetto combattente che ogni giorno – prima di quei curiosi eventi – si faceva il culo contro nemici ben più pericolosi del caldo o qualche sfigato in una tenda.
    Si mi ero accorto dei tizzi.

    ° Ma con chi crede di avere a che fare? °

    I suoi atteggiamenti cominciavano ad irritarmi, ma seppur il mio autocontrollo stesse vacillando, mi conveniva starmene buono almeno fino a meta raggiunta.
    Ok era una donna.
    Solo questo le faceva vincere il premio indovina il casino che ho in testa.
    E ok, faceva caldo, tanto caldo da alterare l’umore: e si sapeva che nelle donne i picchi emotivi erano un luogo abbastanza comune.
    Ma trattarmi in quel modo.
    Con quella sufficienza come se fossi uscito dalla scuola del bravo boy scout.
    Come se avesse avuto a che fare con un novellino.
    Era imperdonabile.
    Offendeva la mia intelligenza e tutto ciò che ero stato prima di quello stramaledetto evento.
    Prima di incontrare miss stai a cuccia.
    Più che altro pensare che anche io non mi fossi accorto dell’avamposto, come già detto, la dipingeva ai miei occhi come una persona abbastanza arrogante. Non ero cieco.
    Diavolo, i miei anni ad addestrarmi erano serviti pur a qualcosa.
    Non era la prima volta che mi trovavo in un territorio ostile.
    Sapevo bene come ci si doveva comportare.
    Quanto fosse fondamentale affinare all’inverosimile i sensi.
    La prima lezione per un operativo era proprio quella di studiare il campo di azione in ogni suo più inutile dettaglio senza ignorare nulla.
    Se solo mi avesse dato il tempo di procedere, mi sarei abbassato da solo.
    Ma con le donne era sempre cosi.
    Il loro lato femminista doveva primeggiare quando avevano a che fare con qualche esponente del sesso opposto pronto sempre a sminuirle: solitamente era questo il fottuto ragionamento che facevano nella loro testa malata.
    Buon dio, poi se ti capitava una collega con esperienza militare – come nel suo caso-, beh, quel disaggio ormonale toccava picchi elevatissimi.
    Le lasciai comunque prendere in mano la situazione e dare nuovamente sfoggio alle sue doti artistiche.
    Lo schema era abbastanza chiaro come anche la strategia che aveva in mente e che mi stava esponendo.
    Infondo era un buon piano.
    Attaccarli dai lati avrebbe aumentato l’effetto sorpresa e le nostre possibilità di neutralizzarli senza rischiare troppo.
    Non conoscevo le sue doti combattive, ma se agiva con la stessa attenzione con cui ideava piani d’attacco doveva essere un buon soldato.
    Mi limitai ad annuire e procedere come da piano.

    ° Ok tesoro, vediamo se con i fatti mostri la stessa sicurezza °


    Seguendola, attivai anche io il modulo mimetico – a quanto pareva usavano una tecnologia simile – e mi diressi verso il campo di azione.
    Stando attendo a non produrre il più piccolo rumore di sorta, sarei disceso per la duna facendo rispetto a lei un giro meno articolato e più breve.
    L’obiettivo sarebbero state le prime due creature venutemi a tiro cercando di sgozzare la prima all’altezza della gola cosi da non dargli tempo di avvertire il compagno e metterlo in guardia prima che in successione, potessi – in caso di riuscita – colpire il secondo con un affondo diretto allo stomaco.


    Stato Mentale: Normale
    Stato Fisico: Normale
    Energia:
    Utilizzata - 10%
    restante - 90%


    Passive:

    Mescolandosi tra varie coperture, confondendo le sue linee e muovendosi cautamente può passare inosservato o furtivamente al di là delle persone.
    Sa come avvantaggiarsi dell'ambiente e come utilizzare la luce e le ombre.
    E le opportunità di un movimento non notato non gli sfuggono in quanto conosce l'importanza del giusto tempo e l'utilizzo della diversione.
    Senza produrre rumore il guerriero può avvicinarsi alla vittima ed ucciderla senza che questi se ne accorga!
    [5 punti x passiva di Furtività]
    (non produrre rumore)


    47 è in possesso di un abilità alquanto unica, che lo rende un avversario talmente temibile da essere percepito solo nel momento in cui i suoi colpi vanno a conclusione. Consiste nel celare la propria presenza completamente sul campo di battaglia: in sostanza sarà in grado di azzerare la propria aurea potendo cosi diventare invisibile a chi detenga capacità extra sensoriali.
    Inoltre tale peculiarità risulta assai favorevole in situazioni dove il nemico non è a conoscenza dell'ubicazione, ad esempio all'interno di banchi di nebbia, cortine fumogene o grotte completamente al buio.
    (l'effetto decade quando si usano tecniche offensive)
    [5 punti x passiva di assenza di Aura]

    Tecniche:

    Mimetizzazione
    Tra le diverse meraviglie a livello di applicazione tecnologica che la nanotuta offre, una sicuramente delle caratteristiche più utili ed efficienti durante la battaglia risulta essere il sistema ottico-mimetico per deflettere la luce. Il suo nuovo aspetto, pur rimanendo umanoide, riflette l'ambiente circostante consentendo una mimetizzazione visiva quasi totale in caso d'immobilità: sostanzialmente si risulterà invisibili fin tanto che non si attaccherà. Questo livello di mimetizzazione persiste per 2 turni ed ignora tecniche e capacità di rilevamento passive, ma risulta inutile contro abilità di rilevamento attive, dimostrandosi in grado di superare efficacemente solo capacità di rilevamento che si basano sulla vista, e solo se di livello Basso.
    consumo M e d i o





    Edited by °PaNdEmOnIuM° - 24/10/2015, 11:22
     
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  11. _MajinZ_
     
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    Anche lui dispone di un sistema mimetico, forse l'ho sottovalutato. Ma in fondo dovevo immaginarmelo, un'armatura del genere non cresce sugli alberi e per usarla serve uno specifico addestramento, proprio come quello che ho sostenuto io stessa. Tutto ciò però non importa, può avere tutte le capacità straordinarie che vuole, ma ai miei occhi risulterà sempre un prigioniero e come tale inferiore a me. Si tratta di una questione di tempismo, io ho estratto per prima la spada e da quel momento ho assunto il potere, questa legge vale ovunque... non importa da dove provenga, il potere risiede sempre in chi ha la potenza per detenerlo. Una nazione forte economicamente ma debole militarmente, è destinata sempre a soccombere.
    Ad ogni modo per il momento è meglio se mi dimentico di lui, devo compiere la missione che mi sono prefissata. Scendo quindi dalla duna e giro attorno all'accampamento, posizionandomi nel loro punto cieco e quando il tizio fa la sua mossa, anche io vengo allo scoperto... sfodero una spada, dovrebbe essere sufficiente. Esco dalla mimetizzazione e mi scaglio contro il primo mostro a tiro, squarciandogli la gola con un fendente preciso, chirurgico. Il secondo si accorge di me quando ormai è troppo tardi: lo trafiggo al petto, poi ruoto la spada per allargare lo squarcio e completo il fendente, lasciando cadere la lucertola al suolo. La sabbia si tinge di rosso.
    Un secondo dopo alzo lo sguardo, anche lui è stato bravo e ha eliminato le minacce in un attimo: per essere un uomo non è così stupido, allora. Controllo le tende per assicurarmi che non ce ne siano altri, ma la cosa peggiore è il fatto che qui di acqua non ce ne. Nessun barile, niente di niente, neanche una borraccia. Ma è in quel momento che i miei occhi cadono sul punto in cui dovrebbe esserci il piccolo specchio d'acqua... è asciutto, tuttavia al centro la sabbia è più scura, quindi a rigor di logica, scavando un po' dovrebbe esserci ciò che cerco.
    Potrei far scavare lui, ma non lo faccio: iniziò a scavare la mia pozza, lui se vuole acqua dovrà fare lo stesso, ma per conto suo. Passano cinque minuti e la mia piccola fossa si riempie d'acqua cristallina... mi levo l'elmo, metto le mani a coppa e bevo. Mi sembra di rinascere a nuova vita. Però mi serve un modo per trasportarla, altrimenti sarà tutto inutile. Nelle tende ci sono dei piccoli vasi in terracotta, credo che userò uno di quelli.

     
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  12. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo


    Dei poveri disgraziati della zona, altro non erano che semplici autoctoni che avevano avuto la sfiga di cadere sotto le nostre lame.
    La famosa legge di adattamento e sopravvivenza aveva seguito il suo corso.
    I più deboli erano caduti sotto i colpi dei più forti.
    Il lavoro fu rapido e senza creare troppo scompiglio: infondo l’obiettivo da eliminare erano dei tizi qualunque, roba da poco.
    La ragazza anche in battaglia si era confermata abbastanza cazzuta, anche se a dirla tutta, gli avversari affrontati non è che poi fossero questa terribile minaccia.
    Fatto sta comunque che aveva dimostrato di avere del talento.
    Purtroppo però gli intenti desiderati cozzarono bruscamente con la dura realtà, dato che tracce di acqua – l’obiettivo per cui ci eravamo spinti nel dar vita a quella mattanza – pareva non ce ne fossero: nessun pozzo, nessuna scorta, niente di niente.
    A questo punto l’unico modo per poter reperire dell’acqua era scavare e sperare di trovarla nel sottosuolo.
    Sicuramente se quelle buon’anime avevano deciso di costruire un avamposto in quella zona, voleva dire che acqua comunque in principio doveva esserci.
    Seguendo la mia burbera compagna di disavventure, mi cimentai ad emulare la sua stessa opera ma senza pestarle i piedi: semplicemente scavai da un’altra angolazione cosi da creare la mia personale pozza.
    Una volta trovate tracce del prezioso liquido, premetti il bottone di apertura della parte frontale della maschera, cosi che la visiera potesse alzarsi e mostrare il mio volto.

    The Choice
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    Infondo seguire le rigide regole di anonimato dell’organizzazione in quella situazione non aveva senso.
    Alla fine si era dimostrata una scelta forzata per la mia sopravvivenza, avendo necessità di bere per l’estrema calura che risultava opprimente.
    Dopo tanti anni John Wilkinson aveva rivisto la luce.
    Aver mostrato il mio volto automaticamente aveva messo l’organizzazione in secondo piano per seguire le mie necessità.
    Avevo infranto la prima regola.
    Un atto del genere nel mio mondo sarebbe stato letto come insubordinazione spedendomi direttamente alla corte marziale senza diritto di processo.
    Ma adesso non mi trovavo nel mio mondo, né vi erano testimoni scomodi che potevano riferire quanto accaduto, di conseguenza quella scelta non avrebbe avuto ripercussioni di nessun genere.
    Certo, mantenere un profilo basso con quella ragazza poteva risultare l’opzione migliore, ma infondo anche lei mi aveva mostrato il suo viso.
    Rivelato la sua identità.
    Ergo, alla fine ci ritrovavamo a galleggiare sulla stessa barca puntandoci reciprocamente una lama virtuale alla gola da entrambe le parti.
    Entrambi eravamo sicari.
    Entrambi eravamo maestri dell’omicidio.
    Dopo avermi visto all’opera, sapeva perfettamente che tenermi nella sua ristrettissima schiera di amici era molto meglio che avermi come nemico.
    Una volta rinfrescata la mia gola riacquistando le giuste forze, mi cimentai anche io nel razionare l’acqua trovata e inserirle in dei contenitori.
    Il viaggio era ancora lungo, e non era detto che sul nostro ulteriore cammino avremmo incrociato altri avamposti, quindi bisognava approfittare di quella situazione per garantirci la sopravvivenza.
    Il deserto poteva dimostrarsi un killer molto più spietato e letale di noi due.


     
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  13. _MajinZ_
     
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    Non ho molto tempo per raccogliere l'acqua, il sole caldo rischia di far evaporare in un attimo la mia piccola pozza... quindi riempio la piccola anfora, dopo averla controllata e risciacquata almeno una volta, ancorandola poi alla vita tramite una corda recuperata in una delle tende. Per non sprecare nulla della scorta, bevo qualche ultimo sorso direttamente dalla pozza. Recupero quindi la spada e dopo averla ripulita, la ripongo nel fodero e faccio lo stesso con l'elmo, indossandolo nuovamente. Mi volto quindi in direzione del soldato, che tra l'altro ho pure visto in faccia e gli faccio segno di muoversi... indicando il Sud.
    Mi metto in marcia senza aspettarlo, anche se mi fermo dopo poco... sarei un'incosciente a sprecare l'aiuto fornito da un'altra persona. Il viaggio comunque inizia ad essere davvero lungo e stancante, spero solo di non essere finita poi così lontana dalla città. Solo grazie al mio addestramento non cado al suolo stremata, in qualche modo cerco di resistere e avanzo con fatica sulla sabbia rovente... che ad ogni passo si fa sempre più difficile da superare. Davanti a me si erge l'ennesima duna, più alta delle altre fin'ora incontrate. Decido di scalarla.
    Arrivo in cima e per un attimo il panormama mi sembra il solito, ma aguzzando la vista ecco che scorgo una differenza... proprio davanti a me, il giallo della sabbia si trasforma in qualcosa di scuro, un complesso roccioso. Sembra una spaccatura nel terreno. Sorrido, finalmente ho trovato quel che stavo cercando.
    Merovish.
    Sussurro mentre inizio a scendere la duna, quando il tramonto ormai è quasi imminente. Mi volto un attimo per vedere se il mio compagno di viaggio c'è ancora... anche se ormai non mi importa più di lui. Che vada al diavolo, non ho intenzione di ringraziarlo. Lo saluto con un cenno della mano, prima di attivare il modulo mimetico e unirmi in silenzio a una carovana, così da non perdermi nei cunicoli. Probabilmente farà lo stesso anche lui, ma per il momento deve solo essermi grato per avergli risparmiato la vita.



    Direi che possiamo chiuderla qua XD Natasha è un lupo solitario, ma forse 47 potrà rincontrarla... chissà uwu posta pure e poi mando a valutare :3
     
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  14. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Narrato l °Pensato ° l Parlato l Diciture fuori campo


    Non era una persona certamente socievole, questo ormai lo avevo constato ma potevo senza dubbio affermare – essendone stato direttamente testimone – che sapeva il fatto suo.
    Non una lamentela.
    Non un tentennamento.
    Imperscrutabile nel non far percepire le sue fragilità, procedeva spedita per quel deserto, ignorando comunque tutti quei fattori che avrebbero rallentato un normale individuo: Caldo, fatica, fattori psicologici.
    Non era una traversata facile quel deserto. Tutt’altro.
    Tra la sabbia che rendeva ogni passo decisamente più pesante del normale e il sole che senza tregua ti picchiava sulla testa, riuscire a camminare sulle proprie gambe non era cosa da tutti.
    Sicuramente anche lei doveva essere stata sottoposta a qualche rigidissimo addestramento per non soccombere sotto quell’infernale calura.
    Non la conoscevo ma di certo sapevo riconoscere un guerriero quando ne vedevo uno.
    Lei era fatta di quella pasta.
    Sicuramente in uno contro si sarebbe rivelata un avversario estremamente fastidioso e ostico.
    Una tipa tosta con spina dorsale estremamente difficile da spezzare.
    Oltretutto era una donna, un elemento non di poco conto in un ambiente come il nostro dove le fragilità emotive non erano permesse.
    Scegliere quel tipo di vita richiedeva una mentalità rigida e ferrea, e da un certo punto di vista – seppur tra di noi non corresse buon sangue –, potevo comprendere quei suoi atteggiamenti tanto diffidenti e bruschi.
    Per un esponente del sesso opposto non era facile farsi accettata nel branco ed essere rispettata.
    Quella camminata pareva infinita.
    Senza porre domande – anche perché comunicare tradizionalmente tra di noi era impossibile –, mi limitavo a seguire quella irascibile figura incontrata casualmente nel deserto e che amava darti il benvenuto puntandoti una lama alla gola.
    Scendere e risalire.
    Scendere e Risalire.
    Ogni duna scalata e discesa altro non era che il concatenamento di una successiva.
    Una sorta di effetto domino che ci stava stremando.
    Stavo perdendo le speranze di vedere la fine di un percorso che sembrava non avere termine, quando:

    Merovish.


    Quel nome.
    Quella parola.
    Unico elemento linguistico che era facilmente traducibile e a cui potevo dare un significato.
    A quanto pareva il deserto aveva deciso di non eliminarci quel giorno.
    Seppur bisbigliando, quella parola fu ben udibile dal sottoscritto allertando i miei sensi e puntando lo sguardo nello stesso punto dove il suo stava guardando.
    Poteva ancora esservi una possibilità.
    Non tutto era perduto.
    Ritornare a casa non era utopia.
    Almeno non sarei morto tra quelle dune e sepolto dalla sabbia.
    Sapevo che le nostre strade li si sarebbero separate.
    Lo capii da quel rapido incrociare dei nostri sguardi e il suo salutarmi con un cenno della mano.
    Restituì il saluto con un cenno di assenso del capo.
    Inutile provare a trattare con lei: riconoscevo un lupo solitario quando ne vedevo uno.
    Non poteva essere frenata ma poteva essere seguita.
    Spianarmi la strada non era un’idea cosi malvagia e oltretutto, io non conoscevo i punti di accesso per attraversare il tunnel che mi avrebbe portato in questa fantomatica città sotterranea.
    Così, emulando la sua stessa azione, non feci altro che attivare il sistema mimetico e pedinarla mantenendo comunque una certa distanza per non starle troppo col fiato sul collo.


    Thanks a lot amico. Spero di avere altre occasioni per far interagire i nostri pg.




    Edited by °PaNdEmOnIuM° - 27/10/2015, 01:49
     
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