Abituarsi

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    Avanzo in questo mare di nulla color oro, lasciando alle spalle solo il mio passato, qualche litro di sangue ed i passi sulla sabbia. Avvolta da una bianca tunica e sbeffeggiata dal vento, che non fa altro che gettarmi fottuta sabbia negli occhi, avanzo verso la città più vicina: Merovish. In molti mi hanno sconsigliato di andare lì, dicendo che non è un posto facile in cui stare per un Naufrago, ed in particolare per un Naufrago donna, ferito e disarmato. Io li ho mandati a cagare: sono cresciuta ad HopeTown io, ho trascorso gran parte della mia infanzia a difendermi da brutti ceffi al soldo di qualche mafioso di turno e dalla polizia, tra furti e sparatorie. Non sono una damigella indifesa, neanche quando mi hanno da poco estratto un proiettile dalla spalla...in vita mia sono stata peggiAh, le fitte, maledizione! Fottutissima spalla di merda, e fottutissimo Alex: se un giorno dovessi riuscire a tornare su Helios, gli farò rimpiangere di essere nato, quell'infame... Ora che ci penso, però, non ho idea di quanto tempo sia passato lì, su Helios: per quanto ne so potrebbero essere passati milioni di anni, il mio pianeta potrebbe essere diventato una palla di polvere disabitata. Potrebbe essere persino cambiata la conformazione delle stelle, la loro posizione nel cosmo. Non so niente di come sarà il mio mondo, ne se ci tornerò, e so ancora meno di QUESTO mondo, so solo il passato che mi sono lasciata alle spalle.

    Continua la mia dolorante marcia verso una probabile futura dimora. Quando sarò arrivata, penso che la prima cosa che farò, dopo essermi riposata e aver recuperato le forze, sarà andare alla biblioteca più vicina: devo sapere di più di questo mondo, devo conoscerne i flussi dell'economia, la sua storia, la sua essenza e le sue origini, ed il modo migliore per farlo sono i polverosi libri che, silenti, aspettano solo di essere afferrati per rivelare la loro verità. Purtroppo non ho soldi per potermi permettere il soggiorno in un ostello, ma poco mi tange: sono abituata a dormire per strada, ho fatto il callo alla vita poco agiata e so come adattari. Ed eccola, finalmente, la maestosa porta di pietra che separa Merovish dal resto del mondo. Non so cosa ci troverò dentro, ma qualcuno mi ha detto che è una delle poche cose belle che, nel bene o nel male, la città può offrire. Le guardie sembrano assenti, anzi...in verità l'intera zona sembra essere priva di qualsivoglia essere umano, il che è abbastanza strano, dato che mi hanno sempre descritto Merovish come una città brulicante di vita bipe-diavolo la spalla! ARG, giuro su dio che dare via un rene per una dose di antidolorifico. E tra una bestemmia e l'altra supero la porta enorme e...bhè...ecco...

    “OMMIODIO MA COS'E' ?!”


    Mai vista una cosa del genere in vita mia: pareti di roccia altissime collegati da strane geometrie dello stesso materiale, tunnel buii e profondi che sembrano giungere fin dentro le viscere della terra, di cui solo alcuni illuminati da flebili luci di candele o lanterne. Un'immagine inquietante e poetica allo stesso tempo, mi verrebbe da pensare, se non fosse che, in questo momento, i miei pensieri non fossero assorbiti dalla parte più primitiva dell'essere umano: quella gretta e sporca legata alla sopravivvenza. Non c'erano, infatti, informazioni alcuni sul dove andare, e nessun'anima viva a cui chiedere informazioni. Mi accascio contro un muro per prendere fiato e forze. Avrei voluto pensare qualcosa, ma ero troppo stanca, dolorante e stressata per poter ragionare su qualcosaltro che non sia direttamente correlato alla mia attuale situazione di convalescente e dispersa.

    Edited by Restless - 1/1/2016, 17:21
     
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    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Se fosse stato nel suo universo, vederlo avrebbe ridato gioia a chiunque o paura a seconda dei casi. L'armatura lo rendeva più alto del normale, ciò dava una sensazione d'imbarazzo a terzi privi della medesima protezione. Non c'è interesse nel sapere per quale motivo Oregon gironzolava nei pressi dell'ingresso. Non doveva avere un reale motivo, ancora doveva conoscere la sua prossima meta. Il nuovo obiettivo era ancora celato, non aveva la minima idea di quale potesse essere la prossima avventura piena di pericoli in cui divertirsi. Lo spartan voleva soltanto tornarsene a casa sua, tornare a fare quello che faceva prima. Su Endlos, la sua natura di spartan era completamente svanita. Non aveva una guida, non aveva uno scopo nobile da perseguire. Era rimasto solo e, apparentemente, abbandonato. Certo..non completamente solo, vigeva ovunque la sua persona, sia nei dintorni che nei meandri della sua mente. L'unica e inimitabile Heta, con tanta neutra espressività non fa altro che innervosire l'umano che, per definizione, non lo è più puramente. Il suo dna era stato modificato artificialmente. Le sue ossa indurite, le sue prestazioni migliorate. Tanto che..ringraziando per maggior percentuale la vicinanza e la casualità della sua posizione, udì una voce. Non sapeva ben definire a chi appartenesse. Dunque decise di indagare, spinto da una naturale e istintiva curiosità, magari trasmessa dal costrutto così vicino. Era davvero giusto dare tutte le colpe all'intelligenza artificiale? Forse tutto ciò proveniva da un subconscio dello stesso spartan..l'altra doveva solo essere una spinta, di tanto in tanto a risvegliare una sua parte nascosta. Lui voleva solo farsi gli affari suoi, come sempre, eppure..stavolta prese iniziativa, come se avesse immaginato che starsene lì fermo avrebbe comportato l'udire l'immaginabile richiesta di Heta. Non avrebbe fatto lo stesso errore, non avrebbe creduto di averla anticipata. Chi non può dire che questa avesse calcolato le intenzioni dello spartan? Nonostante non poteva esserci alcuna prova..Oregon preferiva credere a questa convinzione.


    Luogo: Base Alpha
    Un anno e otto mesi fa circa..



    Il Direttore stava bene. Perfettamente illeso. Ciò non aveva senso. Rhode aveva attaccato la sala del direttore ed era fuggito con l'intelligenza artificiale. Oregon non era un tipo totalmente comprensivo, non si parlava mai con Rhode, c'era asprezza tra loro. Per lui era solo un traditore, un falso, un bastardo da catturare morto. Chissà se avrebbe pensato ancora lo stesso trovandolo una seconda volta davanti. Era seduto nell'aula dove era stato chiamato insieme al resto della squadra. Era il primo. Braccia intersecate al petto, rimaneva seduto alla sua postazione continuando a riflettere sull'accaduto. C'era da aspettarselo..prima Arizona, poi Rhode, quanti avrebbero seguito il loro percorso. Chissà se Oregon sarebbe stato capace di essere il prossimo, per quale ragione poi. Erano passati ben due mesi, avevano perso totalmente le sue traccie. Assurdo..come si può diventare invisibili in questo modo. Sparire, attaccare al quartier generale e poi sparire. Ridicolo, doveva esserci una spiegazione ragionevole. Presto l'avrebbe avuta, erano stati chiamati per un motivo. Le assemblee straordinarie non vengono convocate senza motivo.

    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Si, Oregon aveva in piano l'uscita da Merovish. Doveva dirigersi a Ovest per una faccenda importante. Un bando, per così dire..accompagnata da una gentile richiesta dell'intelligenza artificiale. Trovando circa al lato opposto, avrebbe dovuto prepararsi ad un viaggio bello lungo, non poteva perdere troppo tempo. Eppure la trovò lì. Una donna.
    Un soldato - come non riconoscerla, o meglio..non era proprio un soldato, non ordinario. Per un attimo gli sfrecciò l'idea che potesse essere l'individuo conosciuto da Miurne. L'errore era evidente. Lei era una donna, aveva entrambi gli occhi privi di cicatrici e doveva portare una semi armatura. Inoltre..la sua sorpresa indicava che era la sua prima volta qui. Quell'altro ci era già stato in passato. Sospirò inudibile. Avanzò lentamente, con fare calmo, senza la minima fretta.
    "La tua prima volta qui?" - chiese, era più una domanda retorica, non gli serviva sapere la risposta, bastava un'occhiata per capire quanto fosse interessata all'entrata. Era la sua prima volta, per forza.
    "Questa è Merovish" - e da lì si zittì. Tipico, era un individuo dalle poche parole, secondo il suo copione standard, avrebbe dovuto ignorarla bellamente. Chissà per quale motivo scelse di fare il primo passo. Non lo faceva mai, erano sempre gli altri a venire da lui, sempre terzi a parlare per primi. Lui rispondeva, lui seguiva, spostato e mosso dagli eventi, un atteggiamento passivo nella vita. Seguire le regole, seguire uno, seguire l'altro, seguire il capo, direttore, Heta. Non è qualcosa di cui ce se ne rende conto. Un'abitudine. Qualcosa di spontaneo e naturale. Lo stesso accadeva in Oregon, per quanto quella virgola stonasse nel resoconto del suo profilo..ciò non venne notato, passò invisibile ai rilevatori.

    Stato Mentale: Calmo e tranquillo
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    Edited by "Gerik" - 12/1/2016, 00:32
     
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    Appoggiata alla calda parete di pietra, cerco di pensare a cosa fare arrivata in città, se riuscirò mai ad avvicinarmici: il buio dei cunicoli nasconde alla vista nemici insidiosi e letali. Mio padre lo sapeva bene; mi raccontava, quelle volte che tornava dalle sue estenuanti giornate di lavoro, delle storie inspirate a quegli stretti cunicoli che lui attraversava, narrando di crepacci nei quali si nascondevano mostri terribile e di oscurità così spesse e millenarie da vincere ogni luce, dove è possibile perdere se stessi ed il proprio senno...E ovviamente di eroi impavidi pronti a superarle per raggiungere i propri obbiettivi. La leggendaria oscurità di questi racconti è solo invenzione, ma non pochi sono i casi di persone ingoiate dai crepacci, nascosti dalle tenebre, per poi essere ritrovate a vagare nelle galleria sotterranee in preda alle allucinazioni dovute ai gas sotterranei (ovviamente quando riuscivano a sopravvivere alla caduta). Essendo però questo luogo abitato, almeno sulla carta, difficilmente dovrei trovare difficoltà di questo genere, anche se l'assenza completa di indicazioni e l'assenza di illuminazione in alcuni cunicoli mi turba: come fanno le persone a spostarsi all'interno di questi cunicoli ? Potrebbero esserci delle indicazioni nascoste, visibili solo tramite l'irradiazione di luce ultravioletta, oppure...

    Non faccio in tempo ad essere assorbita dai miei pensieri che quest'ultimi vengono spezzati da una voce: “E' la tua prima volta qui?” “Questa è Merovish”. “Si...” rispondo io, anche se era abbastanza evidente dal mio sguardo che non fa altro che emanare smarrimento, rimbalzando da un tunnel all'altro. Il mio interlocutore, probabilmente attirato dal mio sguaiato urlo di stupore, è un corazzatissimo gigante dalla voce umana, sicuramente quella di un ragazzo. L'armatura, indubbiamente di una certa fattura tecnologica, lo fa assomigliare ad uno degli Enforcer presenti su Helios, ma dubito che quest'ultimi siano riusciti a seguirmi fino a qui: il fatto che io non sia finita in mezzo al vuoto cosmico, durante il passaggio nel portale dimensionale, è puramente un caso e dal momento che non mi sta puntando un fucile in faccia, o che non mi abbia in nessun modo riconosciuta, direi che non abbiamo mai respirato la stessa (inquinatissima) aria. Non sembra ostile, ed la sua tuta decisamente futuristica possono significare solo due cose:
    In primis, che qui su Endlos, o quanto meno a Merovish, il livello di sviluppo del pianeta sia quantomeno vicino a quello di Helios. In alternativa si tratta di un naufrago, come me, arrivato su questa palla di polvere per un motivo solo a lui conosciuto.

    In ogni caso, l'avere qualcuno di così vicino a me, o meglio al mio tempo, mi fa sentire più sicura...eppure...”lo so...”. Mi scusi l'imbarazzo, gentile cavaliere dalla cybernetica armatura, ma evidentemente la grande rivoluzionaria qui presente è troppo inetta per riuscire a spiccicare due parole con un estraneo, dall'alto dei sui venticinque anni. “Ecco vede, credo di essermi persa...potrebbe aiutarmi a raggiungere la città ?”. Congratulazioni, Sofia la ribelle, la donna che è riuscita a mette nel panico i potenti di Hopetown, che mostra imbarazzo nel chiedere informazioni, complimenti davvero.

    Edited by Restless - 21/1/2016, 17:26
     
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    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Una reazione totalmente fraintesa. Lo spartan rimase dapprima fisso sul posto a guardare la giovane titubante. Distoglieva lo sguardo da lui guardando altrove in modo randomico. La stava forse mettendo a disagio? Il suo primo e unico pensiero era finalizzato alla sua tuta decisamente all'avanguardia. Quella lo rendeva bello alto e spesso imponente. Abbassò la testa guardando prima i piedi, poi parte del suo busto. Tornò a incrociare gli occhi con quelli dell'altra. Nonostante il visore si frapponesse come un muro, ad ogni modo poteva capire che la stava fissando dritto negli occhi.
    "Non farti spaventare dalla mia armatura" - disse conciso. Non aggiunse inutili parole per spiegare le sue intenzioni o l'inclinazione del suo stato psicologico o emotivo. Non voleva di certo farle del male, non ne aveva alcun motivo. Tuttavia non spese alcuna parola per migliorare la sua posizione che, a detta sua, pareva essere in parte compromessa. Poco dopo tutto venne a gala, le spiegazioni e gli eventuali fraintendimenti si nullificarono. La giovane si era persa, così disse, e aveva bisogno di aiuto per ritornare in città, così disse. Era la sua prima volta qui, così disse. Rimase perplesso cercando, inutilmente, si indovinare come era giunta lì. Attraversare lo Yuzrab non è uno scherzo e la tipa non pareva avere alcuna traccia che potesse aiutarlo a comprendere meglio. Nessuna soluzione. Non poteva venire da un'altra città, sempre considerando che non sia capace di altro. Era così difficile chiedere?
    "Come sei arrivata qui?" - chiese avvicinandosi lentamente. Passo dopo passo, finché all'improvviso il suo corpo si paralizzò. Non per volontà divina o di macchina. Si era accorto di ciò che aveva appena fatto.
    "Non avrei dovuto" - disse mostrando un atteggiamento mai visto prima. Di solito è sempre rigido con le regole, anche quelle imposte da sé. Cercava sempre di rimanere inquadrato nel suo personaggio, svuotato dall'influenza di Heta e privo di ambientazione in quanto umanamente solo. Lui non fa domande, non chiede, non si espone, risponde se necessario, non fornisce informazioni. Eppure piano piano stava trasgredendo tutti questi principi.


    Luogo: Base Alpha
    Un anno e otto mesi fa circa..



    Non fu il Direttore a entrare da quella porta automatica. Ma il suo Consigliere. Tutti parevano sorpresi, si aspettavano la presenza del superiore massimo. Che lui stesso venisse di persona, come spesso faceva, e confermasse sia le voci, che le verità. Non si presentò. Solo Oregon non si scompose, sguardo fisso con serietà incredibile. Non era preoccupato per il Direttore, le sue condizioni erano le ultime cui tenere cura, a suo conto. Voleva conoscere il movente dietro questo tradimento. Riuscire a scappare, a nascondersi..era quasi impossibile, eppure ci riusciva.
    "Sarà il sottoscritto, il qui presente Consigliere, a spiegarvi la situazione" - espresse con suo modo di esprimersi alquanto fastidioso e dispersivo. Oregon odiava il secondo carattere. Totalmente opposto al suo, il quale va dritto al punto, schietto e diretto. Deciso e letale. Con coraggio e senza vigliaccheria. Trasparente e necessario. Oregon si alzò pronto a chiedere, forse in modo brusco, la possibilità di consumare il loro tempo. Le assemblee straordinarie tolgono tempo, molto di più di un'assemblea qualunque, nonostante..per quantità i minuti sono i medesimi.
    "Stia al suo posto, Agente Oregon" - lo ammonì e zittì all'istante. Non si ribellò, non espresse nemmeno il fiato di chi avrebbe smorzato le parole. Si sedette, chiuse un momento gli occhi e li riaprì acquistando nuovamente la calma. Alcuni sorpresi, altri indifferenti, il Consigliere li squadrò uno a uno - "Cominciamo".



    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    "Merovish è da questa parte" - disse, ancora conciso. Si voltò e fece qualche passo verso l'enorme e indubbia entrata. Non si chiese nemmeno per quale motivo la ragazza si presentò come una dispersa. Poteva essere un po' difficile individuare al primo colpo la strada da seguire. Oregon aveva già percorso quella corretta e si era cimentato come guida una volta in passato. Bastava seguire gli innumerevoli gradini per scendere fin sotto e addentrarsi, quasi d'improvviso, nel bel mezzo della cittadina..sempre se s'imboccava il sentiero roccioso corretto. Si fermò e si rivolse fisicamente all'altra. La stava aspettando. Parve aver riacquistato la sua freddezza senza bisogno di udire una delle tante e fastidiose parole dell'intelligenza artificiale. Quest'ultima non si presentò, non s'identifico, non si mostrò. Non commentò in alcun modo, come fosse sparita, mai esistita. Invece quella stava sempre lì, nella testa dell'umano in armatura. Un obiettivo così ambizioso e impossibile da perseguire, quasi suonava come copertura. Inoltre la durata della sua vita era relativamente corta. Non doveva nemmeno raggiungere la decina d'anni. Doveva essere così, man mano pareva allontanarsi dal suo obiettivo principale, come se non fosse mai stata una vera priorità. Oppure era successo qualcosa di molto più losco, da renderla capace di sfuggire alle impostazioni apportate per il costrutto.

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    Edited by "Gerik" - 29/1/2016, 09:43
     
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    L'imbarazzo regna sovrano tra due adulti che in teoria dovrebbero riuscire ad avere una normale conversazione di Routine, per lo meno su questa strana barca siamo in due. Il gigante con l'armatura sembra avere più problemi a relazionarsi di quanto tutto l'acciaio che porta con se lasci traspirare, e una parte di me lo capisco benissimo: forse anche lui, come me, viene da un altro mondo, ed anche lui, forse, percepisce un senso di smarrimento, sicuramente più pressante del mio.

    “No...Non preoccuparti: è normale essere curiosi”

    Abbozzai una risposta, mentre il ragazzo s'incammino verso quell'uscita della città, dopo avermi indicato a grandi linee la direzione da prendere. No, non potevo lasciare che mi abbandonasse qui: ho dovuto sopportare la calura del deserto, con una squarcio sulla spalla. Sono ferita e di nuovo senza forze...ho bisogno di una mano.

    “No, aspetta! ” - gli dissi io, scatando di qualche passo "Io...io non sono di queste parti, come tu hai ben notato, e... ho bisogno di aiuto....". Odio elemosinare compassione dagli altri, ma in quell'orribile situazione, senza equipaggiamento e senza forze, non avevo molta scelta. "Volevo chiederti...se potevi accompagnarmi a Merovish, non credo di essere sufficientemente in forze"



    Edited by Ruina Mundi - 30/1/2016, 21:51
     
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    Altruismo e recupero



    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Lo spartan si stava avviando verso l'uscita, già pronto a dimenticare quel fugace incontro. I suoi piedi si fermarono, così come tutto il resto. La donna lo fermò all'improvviso, gli disse di non essere di quelle parti e che aveva bisogno di un aiuto per arrivare a Merovish. Lo spartan si voltò guardandola, l'espressione severa dell'armatura non dava modo di capire con precisione come l'aveva presa. Nemmeno era possibile effettuare una qualche previsione.
    "Ti aiuterò" - disse semplicemente e si avvicinò. Un tipo di poche parole, ma davvero, non avrebbe aggiunto altro. Le stava chiedendo aiuto, perché rifiutare? Oregon non era una cattiva persona, neppure indifferente. Nulla in lui che gli impedisse di deviare ancora la sua strada. Doveva raggiungere Laputa, ma un dovere più grande lo chiamava. L'intelligenza artificiale avrebbe potuto avere da ridire o costringerlo a continuare il percorso senza degnare ulteriori sguardi all'altra. Invece non disse nulla, acconsentì in silenzio, chissà i motivi..forse i soliti. Curiosità oppure perché avevano sufficiente tempo per fare quella deviazione. Tornare un attimo a Merovish per accompagnarla e poi riprendere il proprio cammino.

    Luogo: Base Alpha
    Un anno e otto mesi fa circa..



    "Poiché Rhode faceva parte della vostra squadra" - cominciò il Consigliere - "Sarete voi a doverlo recuperare" - affermò, tutti loro sapevano che era un loro dovere recuperare il loro compagno. Alcuni preferivano lasciar perdere, altri tentare di riaggiustare le cose.
    "Dovete trovarlo ed eliminarlo" - qualcuno si voltò verso il compagno più vicino, altri strabuzzarono gli occhi, Oregon rimase fisso e immobile, giacché immaginava un compito del genere. Aveva rubato un'intelligenza molto importante. Era il primo tra tutti a realizzare che non si sarebbero mai più riconciliati.
    "E-eliminarlo?!" - balbettò Michigan sorpreso e confuso allo stesso tempo, il Consigliere si avvicinò pericolosamente, tanto che il povero spartan dovette indietreggiare col busto.
    "Esattamente, Agente Michigan, voi non dovete essere a conoscenza dei motivi, voi dovete obbedire" - si espresse, nessuno si aspettava un comportamento simile da parte sua. Evidentemente in assenza del Direttore, questa era la sua vera natura.
    "Tutto chiaro?" - domandò tornando dov'era - "Non sento" - e tutti in sincronia confermarono. L'assemblea straordinaria più veloce ce si sia mai fatta, qualcuno si stava già preparando per uscire.
    "Ora.." - interruppe ogni movimento - "..C'è un'altra questione di maggiore importanza" - continuò, poggiò il blocco sul tavolo e portò le mani dietro la schiena. Sospirò e si apprestò ad accendere il proiettore.
    "Vi verrà assegnato un compito di una portanza maggiore al recupero del vostro..ex-compagno" - marcò bene le ultime due parole: Rhode non sarebbe mai più tornato a far parte del progetto.


    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    "Seguimi" - si limitò a dire. Si pose prima alla testa, poi rallentò e attese che la giovane si potesse affiancare a lui. I cunicoli non erano una cosa così scontata. Essi si diramavano in svariati punti e, per chi visitava la città sotterranea per la prima volta, era facile perdersi. Gli enormi gradini irregolari non erano un problema per entrambi. C'era qualche trucco per capire la strada da seguire. Non era comunque facile, bisognava soltanto tenere occhio e seguire la strada principale senza farsi confondere dalle gallerie secondarie. Regola fondamentale: se un cunicolo porta verso l'alto, non si sta andando a Merovish. Procedere sempre verso il basso, verso l'inferno.
    "Che cosa hai fatto?" - dopo una decina di minuti si decise a dire qualcosa, a chiedere qualcosa. Non era solo per creare conversazione, ma la donna aveva espressamente detto di non esser in forze. Quindi doveva aver fatto qualcosa. Le doveva essere successo qualcosa. Oppure aveva semplicemente cercato di attraversare lo Yuzrab da sola, cosa possibile..poiché veniva dall'esterno. Senza un buon equipaggiamento nessuno poteva resistere al calore dell'esterno. Lo stesso Oregon sapeva il fatto suo: sbuffi d'aria uscivano dall'armatura ad ogni secondo che spendeva sulle dune fatali. Inoltre potevano essere soggetti di miraggi, la cosa peggiore. Farsi confondere dalle illusioni del deserto e prolungare ulteriormente il proprio cammino. Oregon aveva già salvato una vita in passato. Era capitato proprio per caso. Una donna estremamente bella, gentile e buona che era arrivata lì in modo inspiegabile. No, non è successo nulla, non c'è da preoccuparsi. Semplicemente l'aveva portata nel luogo più "romantico" di Endlos e da lì, dopo essersi assicurato che non ci fossero stati pericoli..più sociali per lei, si congedo lasciando ch'ella trovasse compagnia altrove, nella biblioteca di preciso. Ora invece si trovava qualcuno già salvo, ma che comunque chiedeva aiuto. Tutte le ragazze bisognose le trova lui, ma non può farci nulla se non aiutarle. Che ironia.

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    Edited by "Gerik" - 25/2/2016, 21:38
     
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    Il ragazzo in armatura si è fermato, ottimo. Forse vorrà darmi una mano ?

    “Seguimi”.

    Si, sembrerebbe di si. Il suo passo si dirige verso il complesso di cunicoli e scalini, io lo seguo, ma arranco un po' a causa della fatica. Qualche carovana, piena di merci e scorata da guardie, ci viene in contro ed a giudicare dalla sorveglianza deve essere roba pregiata. È evidente che, per quanto generalmente si tratti di un luogo affollato, questa sia un'ora in cui i mezzi e le persone circolano poco; colpa del sole, forse. Prendiamo un cunicolo abbastanza grande, largo sufficientemente per farci passare dei mezzi. Passa il tempo, la luce diminuisce, ma i corridoi sono ancora abbastanza illuminati e larghi; larghi come il silenzio che ci ha accompagnato per tutto questo tempo...finché:

    “Cosa hai fatto?”

    Cosa ho fatto cosa ? Come ho raggiunto questo posto ? Da sola, ovvio: un viaggio ostico e difficile, ma ho fatto di peggio nella mia vita. Cosa ho fatto alla spalla ? Mi hanno sparato, ed è solo grazie ad un'irlandese dalla lingua sciolta e dalle mani abili che sono ancora qui a ricordarlo. Penso di potermi fidare di quest'uomo, ma comunque non sono molto propensa a dire al mondo “Ciao, sono una criminale evasa attraverso un portale dimensionale.”.

    “Ho attraversato lo Yuzbar da sola, in condizioni precarie: questione di necessità”

    Non so quanto fosse vera quest'ultima parte, ma comunque è la verità.

    Un'altra carovana si avvicina a noi, ma questa volta il contenuto è diverso; estremamente diverso, orribilmente diverso...Umani. Sgrano gli occhi: una gigantesca gabbia su ruote, scortata da guardie armate, al cui interno risiedono uomini donne e bambini. I loro visi, consumanti e stanchi, i loro occhi, divorati dalla rovina, vuoti come il guscio delle conchiglie morte. È questo che sembrano: morti stipati dentro una gigantesca cassa, in malo modo e mal conservati. Qualcuno di loro mi ha anche guardato, ed ho percepito uno strano senso di empatia misto a paura: non so cosa sta succedendo, ma c'è qualcosa di terribilmente familiare in tutto questo. Una guardia mi squadra truce, il mio cade per terra, mentre la carovana passa.

    “Chi erano quelle persone? Perché trasportavano umani in catene?”

    Chiedo spiegazioni al giovane in armatura, mentre prendiamo l'ennesima svolta, ed il tutto si fa sempre più stretto, come stretto è il mio cuore nella morsa del dubbio.

     
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    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Impressionante. Lo spartan non trapelò alcuna emozione, l'armatura e l'elmo coprivano tutto di lui. I movimenti erano decisi e non mostravano alcuna emozione. Eppure, tutto ciò era impressionante. Era praticamente impossibile attraversare lo Yuzrab da soli, senza alcun equipaggiamento. I fumi che uscivano ogni volta che metteva piede fuori da lì, erano un chiaro segnale di quanto caldo facesse. Non era mai stato in un deserto così rovente, mentre quella affermò di esser passata di lì per questioni di necessità. Non poteva non crederle, d'altronde è da lì fuori che viene. Non esistono altre entrate e..ed è fin troppo palese. Sempre a testa alta, anche al passaggio di una carovana. Lo spartan non guardava in faccia a nessuno, non posso nemmeno una volta gli occhi sulla merce. Oregon spezzò il silenzio una volta e lo spezzò continuamente col rumore dei suoi passi pesanti. L'armatura era molto pesante, per quanto esile poteva sembrare. Aveva visto esoscheletri più spessi e pesanti. Ogni gradino pareva un tonfo, amplificato dall'eco causato dalla naturale forma dell'ambiente. I cunicoli, ogni suono tornava indietro, ogni voce si ripeteva come a confermare ciò che era stato appena detto. Non pareva esser solo, da lontano avrebbero udito tanti come lui camminare, avanzare. Mentre per chi stava vicino, come la giovane, poteva distinguere perfettamente la provenienza unica dei rumori.

    Luogo: Base Alpha
    Un anno e otto mesi fa circa..



    "E' stato individuato un luogo sotterraneo" - disse il Consigliere - "Non sembra essere abbandonato" - precisò alzando lo sguardo dal blocco ai soldati fronte a lui. "All'interno vi è un manufatto alieno, il vostro compito sarà recuperarlo" - disse senza lasciar spazio alla suspance. Diretto, veloce e indolore. Nessuno sembrò sorpreso, nessuno ebbe da ridire, era una missione apparentemente come le altre. Combattere gli alieni, recuperare manufatti o altri oggetti per evitare che cadessero in mani aliene. Sempre il solito. Michigan annuì e volse lo sguardo a Oregon. Ignorato, guardò Vermont che ricambiò perplesso, cercando di capire il motivo di quello scambio di sguardi. "Qualche domanda, Agente Michigan?" - chiese il Consigliere spazientito mentre sfogliava le pagine elettroniche del blocco. "Questo manufatto..ha detto che è alieno, cosa intende? Appartiene ai Covenant?" - chiese incerto. A quella domanda tutti sospettarono che fosse un relitto appartenente ad una razza più antica. "No, non sappiamo a chi appartiene, nemmeno se ad una razza antecedente" - disse, dunque doveva essere qualcosa di grosso e nuovo. Se non era di una razza antecedente o dei Covenant, di chi poteva mai essere? "Altre domande?" - chiese, osservando il silenzio più totale. Annuì e proseguì a sfogliare le pagine. "Bene, adesso vi verranno spiegati i dettagli della missione" - si spostò, camminò a passo costante e tranquillo portandosi al di là del tavolo. Poggiò il blocco tecnologico sopra il tavolo, premette un pulsante sottostante e il banco s'illuminò di blu riconoscendo i nuovi dati in entrata.

    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Passò un'altra carovana, stavolta con umani incatenati. La tratta degli schiavi. Merovish era questo, scambio di merci. Tutto è merce. Umani, cose, animali, individui di ogni tipo, parti di persone. Ogni cosa poteva venir venduta per poco o tanto. Anzi, anche i favori, i lavori. Ogni singola cosa, non esiste la moralità. Forse il posto peggiore di tutta Endlos. Poiché se perdi tutto, non recupererai mai niente, nemmeno una singola cosa. Nemmeno la libertà. Diventi schiavo per anche un'ora e sei finito. Oregon non degnò nemmeno a quei poveri disgraziati un'occhiata. Non perché crudele e senza cuore, ma per evitare di sentire su l'orribile peso della pena. Lui era uno spartan, doveva aiutarle, ma allo stesso tempo, come suggerito dall'intelligenza artificiale, non doveva intromettersi nei sistemi di altri mondi. Quello non era il suo mondo, la sua voce non contava nulla, non aveva la forza per cambiare nulla. Questo era un altro motivo che lo spingeva a trovare presto un modo per abbandonare quello pseudo inferno, dove solo i demoni potevano convivere, viverci e considerarla casa. Non tutta Endlos era così, naturalmente..ma i pericoli erano ovunque.
    "Schiavi, ne vedrai molti" - disse freddamente, quasi privo di emozione. Invece dentro di lui era tutt'altro. Totalmente turbato dalla vista di povere persone private di ogni cosa, privati di se stessi.
    "Merovish è questa, si commercia con ogni cosa" - avrebbe voluto aggiungere altro, ma preferì restare in silenzio. Non apparteneva a quel mondo, non aveva voce in capitolo. Però..se avesse potuto fare qualcosa..no, non poteva. Anche lui era come loro. Anche lui aveva perso ogni libertà da quando era cascato nella trappola di Heta. Ogni suo pensiero, ricordo, sensazione, intenzione, era controllata. Anche lui aveva perso tutto.

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    Schiavi? Dove diavolo sono finita? No, non può essere vero. Io devo fare qualcosa, ma cosa? No, non posso fare niente: ora come ora sono solo una dispersa in un mondo che non è il suo, senza mezzi e senza forze. So bene che non posso cambiare il mondo da sola, dovrei accettare il fatto che al momento non posso essere di aiuto alcuno a quelle povere anime. Eppure...eppure il senso di colpa mi schiaccia. L'impotenza pervade le mie membra, i loro occhi privi di luce, le loro carni consunte. Vorrei urlare, vorrei tornare indietro per riempire quegli stronzi di piombo e farmi una collana con i loro denti, ma so già che sarebbe uno sforzo inutile, per non dire controproducente, come quello dei miei denti digrignati. Un giorno tornerò da voi, ve lo prometto. Anche io ho vissuto in catene, per tanto, troppo tempo ed il mio cuore non tollera tutto ciò. Ciò che però mi colpisce ancora di più è l'indifferenza del mio accompagnatore: forse alla fine, abitando tra le mura marce di questa metropoli sotterranea, si diviene assuefatti alla violenza. È un comportamento umano: il cervello si adatta ad un ambiente ostile per preservare la sua sanità, per quanto di sano in tutto quest'orrore ci sia ben poco.

    “Un giorno vi vendicherò, lo giuro.”
    mormoro a bassa voce, quasi sussurrando alla pietra il mio lamento.

    -

    Il tempo passa, le gallerie si stringono e alla fine ai muri non ci sono più torce. Più si scende in profondità e più l'oscurità si fa spessa ed umida, quasi palpabile. Mai sono stata immersa in un tale buio, così avvolgente e anestetico, per certi versi: se non fosse per il contatto con le pareti potrei arrivare a pensare di star galleggiando in un mare di nulla. Provo ad accendere un accendino, uno zippo per essere precisi, una delle poche cose salvate durante la mia rocambolesca fuga. Uno, due, tre pressioni sulla pietra, ed il risultato è sempre lo stesso: nessuna scintilla. No, questo buio non può essere naturale.

    “Cosa succede qui?”

    Un buio primordiale ci ha inghiottiti, eppure il ferreo uomo non sembra sconvolto da tutto questo: che sia un fenomeno naturale qui a Merovish ?

     
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    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    I cunicoli si fanno sempre più stretti. Non è così semplice raggiungere la città per la prima volta, non basta nemmeno una seconda per ricordare perfettamente quale via seguire. Fortunatamente Oregon non ha questo genere di problema. A lui basta consultarsi con l'intelligenza artificiale e può andare ovunque voglia. Non che l'IA sia nata imparata, naturalmente..ma bastava vedere una sola volta per tracciare una mappatura completa. Fin qui tutto regolare, come ogni volta. Oregon si dimostrò ancora una volta indifferente, freddo e distaccato dal mondo. Non era così. L'influenza dell'intelligenza artificiale era tale da renderlo una persona più riservata di prima. Non aveva avuto un passato facile, né tanto meno normale, però non a tal punto da..cancellare pian piano ciò che continuava a renderlo umano. L'apatia in lui diventava sempre più evidente e forte. Non provava più quella simpatia tipica degli uomini. Il suo pensiero fisso era sempre lo stesso: l'estraneità del mondo. Già da più di due anni che girava per le lande del semipiano, quasi senza meta, quasi senza scopo. Non aveva uno scopo, a parte provare a tornare a casa. Ma come? Come poteva tornare? Due anni e mezzo ormai che era lontano dalla patria. Considerato morto, scomparso, dimenticato. La cosa peggiore è proprio quest'ultima. Nessuno poteva aiutarlo dall'esterno. Per qualche motivo, sentiva che il manufatto con cui era venuto era stato distrutto, sperando ciò inoltre, così da preservare terzi dallo stesso pericolo in cui si era imbattuto lui. Stavolta scelse una strada diversa, apparentemente uguale alle altre, ma secondo l'intelligenza artificiale, corretta. E ora, l'oscurità più totale, ancora una volta.

    Luogo: Base Alpha
    Un anno e otto mesi fa circa..



    "Verrete inviati nei pressi di questa base sotterranea, alcuni ritengano sia divenuto un tempio Covenant" - cominciò il Consigliere mostrando un'autorità quasi più elevata di quella del Direttore. Nessuno osava richiamarlo, d'altronde era il secondo con la carica più alta lì. "Dovete recuperare l'artefatto, ma per fare ciò è necessario eliminare tutti gli alieni" - continuò, si scostò dal tavolo raddrizzando la schiena - "Non dovete per nessuna ragione toccare il manufatto" - fu chiaro e preciso - "Non sappiamo cosa sia per certo, quindi avete l'obbligo di lasciarlo lì" - insomma, dovevano sgombrare la zona e chiamare a termine del lavoro. Non aveva torto, non sapendo di cosa si trattava, era meglio non provare a creare inutili casini. La scienza che regolava tale manufatto era sconosciuta, inoltre non si sapeva niente della razza d'origine, sempre se era..di questo universo. Ridicolo, vero? "Queste saranno le postazioni a voi affidate" - tornò ad appoggiarsi sul tavolo con le mani, poi scostò una e toccò vari punti dell'ologramma blu. Non ci sarebbe stata alcuna divisione, avrebbero collaborato tutti assieme, nessuno avrebbe preso un ruolo specifico, un vero e proprio assalto di gruppo. Di solito ognuno si occupava di una zona, esercitava il proprio ruolo. Chi stava dietro con il fucile da cecchino, chi creava scompiglio, chi si infiltrava, chi dava manforte e altri ruoli. Ora, però, la loro squadra non era più composta da cinque elementi, bensì da quattro.

    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    L'Upperdark. Un fenomeno misterioso forse al pari del Maelstrom. Si conoscevano solo gli effetti ma non le cause o ragioni. Ad un certo punto arrivava e..quasi "letteralmente" si mangiava tutto. La vista comune, quella anormale, magie, luci, fiamme, torce, dispositivi tecnologici. Tutto smetteva di funzionare, o meglio..niente poteva opporsi a questa oscurità potente, quasi eterna. Non esisteva una sola cosa in grado di permetter loro di vedere attraverso.
    "Tranquilla" - prima che per qualche motivo possa andare in panico, non la conosceva - "E' un fenomeno che accade spesso qui" - già, ma lo stesso spartan non sapeva fornire tante altre informazioni.
    Heta mi ricevi? - niente. Attese. Niente. Il costrutto non rispondeva ai comandi. Le luci del visore si spensero, ogni sistema andò offline. Tipico di questi cunicoli.
    "Viene chiamato Upperdark, non so darti molte informazioni, sono sicuro che puoi capire da sola cosa accade quando c'è" - non è un tono antipatico, giusto per evitare fraintendimenti, ma quello che vedono è il significato di Upperdark. Nero completo.
    "Non c'è modo di vedere, cammina presso la parete" - basta, nient'altro. Non c'è soluzione, se la vista non è utile al proseguimento del viaggio, bisognava affidarsi al tatto. Dovevano solo proseguire fin quando avrebbero potuto vedere ancora. Così accadde. Presto tornarono a vedere e, quindi, Oregon poté affidarsi al costrutto. Quello era uno dei suoi punti deboli. Poteva sbarazzarsi dell'intelligenza artificiale, però..come anche lei stessa immaginava, non avrebbe potuto farlo ancora. Semplicemente per il fatto che non aveva niente, se non l'armatura e il costrutto. Non aveva una guida, era solo. Come un sistema di autodifesa, invece di cadere in depressione, l'umano abbracciava tale solitudine e la sua abitudine lo rendeva ancora più come pietra. E ora, man mano, alcune strutture familiari cominciarono a mostrarsi, Merovish era vicina.

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    L'Upperdark, è questo il nome dell'abisso in cui siamo finiti. Qualcosa di normale, il pane quotidiano dei viaggiatori delle profondità di Merovish, ma per me completamente nuovo ed oscuro.

    E dov'è la novità ? Cosa mi è chiaro di questo mondo ?

    Forse neanche il mio cavaliere dalla futuristica armatura è molto pratico di queste zone.
    Tanto cose da scopri, tante cose da rimparare.

    Abituarsi non è mai facile: è un processo lungo, complicato, e spesso non privo di ferite.
    Ma io voglio davvero adattarmi ? Non l'ho fatto ad Hopetown, perché dovrei farlo ora?
    Come posso adattarmi in un mondo del genere ?
    Devo, devo sapere di più: dopo aver riposato qualche giorno, cercherò un luogo dove trovare informazioni. Anche una città marcia come Merovish deve avere un luogo dove coltivare il sapere.

    La mia mano striscia sul muro, davanti a me, la mia ferrosa guida fa la stessa identica cosa.
    Mi lascio guidare.

    Le mura iniziano a farsi più strette, ora mai siamo costretti a camminare con le spalle al muro.
    Tutto ciò e asfissiante, strappa il respiro ed distilla ansia nel mio cervello.
    Quest'oscurità, così fitta, intensa, mi porta indietro...

    ...mi porta a quel maledetto giorno.

     
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    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Merovish. L'Upperdark aveva terminato di spaventare ogni senziente tecnologico, essi temevano la fine della propria esistenza, l'oscurità eterna. Heta rinvenne senza però comunicare, come se quell'avvento fosse qualcosa di totalmente normale per l'intelligenza artificiale. Oppure perché aveva rischiato già in precedenza di entrare in un sonno eterno. Prima di giungere su Endlos, Oregon aveva un chip contenente l'IA Heta, senza però sapere che all'interno vi era effettivamente quel costrutto. Dopo un incidente, un furto, si mise sulle tracce per ritrovare il chip. Quindi, Heta aveva riposto la più completa fiducia in Oregon, sapeva che l'avrebbe ritrovata e risvegliata. Non si sa come, ma lo sapeva. Poteva essere addirittura un difficilissimo calcolo al limite della previsione del futuro. Cosa decisamente impossibile, sia per le altre IA che per, naturalmente, esseri umani.
    "Questa è Merovish" - confermò, annunciò, voltandosi appena verso quella che aveva accompagnato. Ancora qualche decina di metri e sarebbero arrivati all'interno della piazza principale: il Bazar delle Talpe. Un luogo simpatico, pieno di creature di origine e razza diversa. Tutti convivevano in armonia. Armonia intesa unicamente per chi conosceva le regole, sapeva come muoversi e non si cacciava nei guai inutilmente.

    Luogo: Base Alpha
    Un anno e otto mesi fa circa..



    "Questo è tutto, vi lascio consultare la mappa olografica" - affermò, poi con innaturale fretta si avviò verso l'uscita e lasciò i quattro rimasti da soli nella sala. "Beh.." - Michigan si alzò per primo e si avvicinò al tavolo dov'era posizionata la mappa blu. "Proviamo a studiare un piano? Capo?" - il caposquadra Vermont si alzò e lentamente raggiunse il tavolo, appoggiò le mani su di esso e con aria svogliata osservò i punti segnalati. "Kansas?" - chiamò sempre il primo, interpellata girò la testa altrove con le braccia incrociate. "Non c'è molto da dire, ognuno faccia quel che deve fare" - sbottò - "Queste posizioni non vanno bene, manca Rhode" - rispose tranquillamente Michigan - "A chi cazzo frega di quello, manca perché non c'è più, vuoi fare il nostalgico?" - inveì con malo modo, ma Michigan non si stava riferendo a quello - "No, ma manca qualcuno che stia nelle retrovie" - poi saltò Vermont - "Pensi sia necessario?" - "Non ci sono altri passaggi, noi veniamo da qui e da qui, ma l'entrata è unica" - disse segnando con la mano sui punti olografici. Dovevano addentrarsi in una sorta di grotta artificiale. L'esterno era composta da una struttura aperta a metà, come crollata o distrutta in qualche modo. La cavità era piuttosto ampia e questo li preoccupava. Non avevano sufficienti informazioni, quindi non sapevano se vi erano dei nemici appostati all'interno. Dovevano essercene, ma stavano pensando ad una formazione che permettesse loro di essere efficienti al massimo senza rischiare di subire perdite. Nessuno voleva subire perdite. Oregon si alzò e raggiunse anche lui il tavolo, poi indicò un punto specifico. "Qui, passerò di qui col jetpack" - disse, il piano ideato consisteva nell'entrare da un foro che permetteva di arrivare al terzo piano della semi struttura. "Da solo è troppo rischioso, se ti trovassi in pericolo non farem-" - "E se gli fornissi il mio dispositivo olografico?" - interruppe Michigan, in questo modo lo spartan poteva contare sulla possibilità di creare un clone olografico. Si guardarono per qualche secondo. "D'accordo, allora noi tre passiamo per il lato destro dal basso, tu su quello sinistro dall'alto" - le eventuali truppe si sarebbero concentrate contro i più numerosi, almeno così credevano.

    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    Non era forse così che se l'aspettava? Una zona pullulante di creature, ognuna che faceva ogni cosa per se stesso. Incuranti di ciò che succedeva attorno. Interessati solo a loro stessi. Vigevano numerose regole orali. Stare attenti a certi individui, non andare in certe zone, non fare alcune cose. Prassi, normalità. O si rischiava di morire per strada..anzi, qui non è certo come il Bloodrunner, rischiavi molto peggio. Prima ti toglievano tutto, ogni bene materiale, poi ogni valore individuale, umiliato e reso schiavo, perdevi libertà e ognuno di quei pochi diritti già in possesso. Infine..alla peggio passami dalle mani di uno all'altro lavorando. Lavorando. Lavorando a vita. Tu, i tuoi cari se necessari e la tua intera generazione. Ah..vuoi suicidarti? Ti conviene farlo prima che ti prendano, perché dopo non ci sarà morte per te, ma solo eterna sofferenza.
    "Se puoi scegliere un altro posto, ti conviene farlo in fretta" - disse. Meglio seguire il suo consiglio, non aveva nessun senso abitare in questo posto, era davvero difficile adattarsi..bisognava avere un certo tipo di carattere, morale e, possibilmente, avere svariati amici.
    "Vado" - riferì, una parola sola, si voltò e fece per tornare indietro. Se fosse stato fermato, lo avrebbe fatto, voltato e risposto ad eventuali domande. Aveva fatto ciò che le era stato chiesto. Avrebbe potuto chiedere un compenso, ma non se la sentiva di immedesimarsi nel classico Freelancer individualista. Aveva già svariati problemi a cui pensare.

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    Strisciamo nel buio e nel silenzio, solo la voce della guarda in cyber-armatura rompe il silenzio: siamo vicini. Ad ogni passo, la luce è sempre più vicina ai miei occhi, che lentamente e non senza fatica si riadattano alla luce. Ed eccola in tutto il suo splendore, la capitale delle sabbie: un bazar senza fine e pieno di ogni ben di Dio, mentre mendicanti e barboni elemosinano seduti nella polvere. Le strade sono un alveare brulicante di vita e di colore, gli odori si mischiano in un miasma variopinto e nauseante: mille tinte e mille spezie dipingono questa tela decadente.

    “Hey aspetta!”

    Mi rivolgo al colosso, che si dirige verso l'uscita, diretto verso altri lidi.

    “Io...Io mi chiamo Sophia. Ti prego, dimmi il tuo nome.”

    Un piccolo silenzio, mentre la mia testa ciondola altrove, rivolta alla rossa polvere sotto i miei piedi.

    “Non posso darti molto ora, ma ti sono riconoscente e un giorno ti ripagherò.”


    Non riesco a dire molto altro, e non so come reagirà, ma non posso non essere riconoscente a quest'uomo per avermi salvata.

     
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    Luogo: Endlos - Cunicoli d'Ingresso di Merovish



    "Oregon" - rispose semplicemente, voltando la testa e guardandola con la coda dell'occhio. Non si premurò di voltarsi totalmente, non aveva senso, se ne stava andando via.
    "Chiamami Oregon" - ripeté un'ultima volta. Ultima frase da parte sua. Non le avrebbe dato ulteriori informazioni, per quale motivo poi? Non le ha chiesto altro, non le deve interessare altro. Non deve conoscere la sua vita, chi è, cosa è. Cosa ha fatto e cos'ha intenzione di fare. Oregon non fornisce informazioni a chiunque, non è necessario e anche se lo fosse, non si dilungherebbe troppo. Lo spartan decisamente non è fatto per il dialogo a quanto pare. Da quando è arrivato su Endlos si è fatto ancora più introverso del normale. Prima aveva i compagni, specie Michigan, e bene o male aveva sempre qualcosa da dire, naturalmente mai un commento a caso o fuori luogo, sempre qualcosa di concreto, utile e giusto. Certo, non c'è spazio per l'incertezza, se non è sicuro e nessuno pone la domanda, si offre per chiedere. Oppure evita e si lascia i dubbi, poiché non è il tipo da crogiolarsi in inutili stupidaggini.

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    "Sei sicuro, Oregon?" - domandò ancora una volta Michigan con un tono serio e preoccupato. Lo spartan sollevò il viso scostando lo sguardo dall'ologramma blu posto al tavolo e incrociando gli occhi dell'altro. Entrambi privi di casco, come tutti nella sala. "Si" - rispose e tornò a guardare verso il tavolo. Michigan non fu molto convinto della risposta e sapeva bene il perché. La risposta lenta, spesso, indica che si sta tenendo nascosto qualcosa. "Oregon..se è per quella storia, non serve agire come se dovessi sacrificarti" - continuò toccando il tasto sbagliato. Oregon lo fulminò con lo sguardo, ma Michigan non si arrese e continuò a respingerlo. Oregon cedette e smise di ricambiare lo sguardo. Era quello, la considerazione che molti avevano su di lui dell'essere un traditore. Non si doveva negare una cosa talmente ovvia. Ha tradito, era conscio, si è fidato. Poi che sia stato a sua volta tradito non significava nulla, le sue azioni sono le sue azioni, ciò che è stato fatto è andato.
    "No, è il piano migliore che mi sia venuto in mente" - rispose, si scostò dal tavolo, lanciando un'occhiata a tutti. Vermont sembrò confuso, mentre Kansas girò la faccia indifferente alle sue scelte. Il silenzio piombo in aula. Poi Michigan seppe riprendere in mano la situazione, come sempre. "Faremo così allora, il piano è deciso" - ancora prima che finisse la frase, Oregon si avviò all'uscita. Premette un tasto laterale e la porta automatica si aprì, permettendogli di varcarla e di lasciare i futuri problemi in seguito.


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    Lo spartan abbandonò la giovane donna alle prese coi suoi affari. Ad ogni passo però si chiedeva se aveva agito correttamente. Aveva accompagnato la tipa fin dove richiesto, però si era comportato come un freddo, distaccato e disinteressato individuo qualunque. Lui non era una persona qualunque, lui era uno spartan, quasi per definizione..lontano dalla felicità. Solitudine esterna, caos interno. L'uomo in armatura portava su di sé molti più fardelli di quelli che si potevano vedere materialmente. Per quanto pesante fosse l'armatura, non era niente al confronto con ciò che aveva vissuto e che stava vivendo. Non aveva uno scopo, girava senza meta cercando un qualsiasi impiego per cui le sue capacità servivano. Si rendeva utile per soddisfare in parte se stesso. Era ancora un uomo, non si era trasformato in una macchina. Heta era ancora macchina, non aveva raggiunto la metastabilità, non ancora quanto meno. Si voltò, ormai troppo lontano per riconoscere nuovamente la figura troppo poco adocchiata.

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