Desalmado

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    Nekara's Hell

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    Vuoto, nulla, assenza di materia, esistono diverse accezioni per questo particolare concetto, nessuna di esse però si avvicina neanche lontanamente al vero significato. L'esistenza di Ulquiorra invece, un Hollow, è la prova concreta che la non esistenza, è qualcosa che in questo multi-universo si può trovare se pur di rado.

    Un lampo color smeraldo illuminò il cielo della foresta, si schiantò fra gli antichi alberi, sotto le loro vecchie chiome, fra i nodosi e raggrinzanti tronchi. Un onda d'urto fece volare foglie e ramoscelli, niente di esagerato, no, ma chiunque per molti kilometri si sarebbe accorto che era accaduto qualcosa.


    Il mio ginocchio pesta la terra così come il mio pugno e la pianta del mio piede, mi trovo in un piccolo cratere, fra gli alberi. Lentamente mi alzo, mi guardo intorno, no, mi tasto il petto, sento un foro nella mia candida pelle, sotto i vestiti. Mi guardo le mani bianche, affusolate, con le lunghe dita mi tasto la faccia, le labbra, il naso, gli occhi... Fanno male, le dita negli occhi. Ancora più in su, mi tocco i capelli, sono diversi dal resto, ne porto una ciocca davanti agli occhi, sono neri , ma ho qualcos'altro sulla testa, una specie di copricapo, con le dita seguo il perimetro del corno che da questo oggetto spunta, è appuntito.

    Sento qualcosa di estraneo al fianco che mi appesantisce, un oggetto lungo è incastrato fra i miei abiti e una fascia posta intorno alla vita. Dalla parte superiore spunta una protuberanza cilindrica, sembra perfetta per... Vi stringo una mano sopra, ruvido eppure duro, noto che alla fin fine sono due oggetti, uno dentro l'altro. Porto l'altra mano a tener fermo l'oggetto contenitore e sfilo l'oggetto contenuto iniziando a fissarlo.

    E' diversa. Oltre la parte che sto impugnando, più corta rispetto al resto, c'è una parte leggermente curva, rigida e dal colore grigiastro, anch'essa finisce con una punta. Come ho fatto per il corno provo a seguirne il perimetro con la mano, inizio, ma qualcosa mi ferma, una sensazione sgradevole alla mano ora bagnata di un liquido nerastro, denso, che sgorga da una sottile apertura sul palmo in corrispondenza del punto in cui ho stretto la lama.

    La sensazione è orribile, stringo il pugno, no, non serve a nulla, questa sensazione continua, ma perché, perché?
    Sento qualcos'altro bagnarmi la guancia, ma stavolta il liquido non è accompagnato da questa sgradevole sensazione, anzi ora provo un certo sollievo. Tocco il liquido con un dito e lo porto davanti agli occhi, aguzzandoli scorgo una goccia minuscola di un liquido trasparente, sola.

    Guardo nuovamente l'oggetto che ho tra le mani, leggermente sporco di quel liquido nerastro uscito dalla mia mano. Tu... provochi... dolore... Mi stupisco anche io dei suoni emessi dal mio corpo e della parola usata per racchiudere questa sgradevole sensazione... Il dolore .... Non so perché ma sento di conoscerla molto bene questa sensazione...

    Murciélago... Rigiro fra le mani l'oggetto che mi ha ferito. Murciélago è il tuo nome. Questo lo so e basta.







     
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  2. Salgin
     
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    Un nuovo inizio.


    La quiete della foresta, la placida penombra. Un velo di mistero permeava ogni superficie, come un'impenetrabile seconda pelle. Eppure proprio lì, tra i secolari arbusti e le essenze primordiali del Fanedell, s'avvertiva spirare un vento di cambiamento. Subdolo, glaciale, vorticava tra le fronde impallidite dal meriggio, spogliandole di quando in quando di una o due foglie. Fortuna, casualità: la spiegazione di molti verteva sul giudizio del fato, o di Dio. Per altri si trattava di selezione naturale.

    Il più forte sopravvive, il debole soccombe.

    Lui lo sapeva bene, l'aveva sempre saputo. Era una tra le regole più istintive ed immediate: la legge del più forte. L'aveva sperimentato sulla propria pelle, ne aveva scoperto le implicazioni più scomode. Anche una volta raggiunto quel mondo così distante e sconosciuto, non poteva fare a meno di tastarsi la base del collo con insistenza. Non vi era una reale ragione, se non il ricordo di un sentore passato. Una corda ruvida e spessa, un vincolo soffocante che ne incatenava i pensieri.

    Come si può dimenticare la propria morte?

    Non era in grado di rispondere, nuovo nel mondo dei redivivi, privo di qualsiasi esperienza. Avanzava per inerzia, un passo dopo l'altro, l'andatura appesantita dall'ingombrante spadone che si portava appresso. Ne cingeva l'impugnatura con la mano destra, reputando la spalla corrispondente a sostegno del resto del suo peso. Non mostrava alcun segno di fatica, nonostante fosse costretto a dare continua prova della propria agilità per eludere gli ostacoli della foresta.

    «Dove cazzo sono finito!»

    Berciò seccato, il viso contratto in una smorfia truce. Assottigliò lo sguardo, aggrottando la fronte. Attinse alla poca luce naturale filtrata attraverso la volta arborea, attivandosi per dare un'occhiata nei dintorni. Piante, alberi e sassi. Piante, alberi e sassi. Piante, alberi e sassi. Un insopportabile circolo vizioso, privo di qualunque indicazione per trarsi in salvo. Nessuna traccia di civiltà, solo un intricato labirinto avvolto nel silenzio più buio. Una selva oscura nella quale era facile smarrirsi.

    La calma prima della tempesta.

    In verità si trattò di un solo lampo, dalle tonalità dello smeraldo. Un flash che illuminò il cielo, sfumando innaturalmente la zona sottostante, illuminando a tratti il tetro saio del mietitore. Ne seguì un tonfo sordo, tale da echeggiare fin alle orecchie dello stesso Salgin. L'indicazione tanto sperata era infine giunta. Non se la fece sfuggire, alzando il passo di gran carriera. Si diresse cautamente in direzione del presunto impatto, accorto nell'evitare di inciampare in qualche radice sporgente.

    Era lì, davanti ai miei occhi.

    Sembrava un umano, il suo corpo slanciato, i connotati delicati. Mi soffermai sul colore della sua pelle. Era di un bianco che non avevo mai visto. Riluceva nella penombra, innaturale. Non avvertivo alcunché di ostile, seppure mi costrinsi ad arrestare il mio moto ad una cinquina di metri da lui. Maneggiava una spada, la lama scurita da un liquido nerastro, simile all'inchiostro. Me ne accorsi: era sangue. Non quello di un umano però, ne avevo uccisi fin troppi per non riconoscerlo. Magari quello di una bestia, una creatura originaria della foresta. Rimasi in silenzio, lo osservai. Aveva un buco nel bel mezzo del petto. Insolito.

    «Ti ha mandato l'Hachibi?»

    Non mi trattenni dal domandare, seppure conoscessi già la risposta a quell'interrogativo. Lo fissavo insistentemente, studiandolo com'ero abituato a fare nell'arena, contro gli altri gladiatori. Lì il mio senso di sopravvivenza si era affinato giorno per giorno. Ne andavo piuttosto fiero.

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    • 無情な Mujōna [Passiva][Anti Auspex][Maschera dell'Anima]
    • 力 Chikara [Passiva][Bonus: Resistenza +50%]
    • 強 Tsuyo [Passiva][Bonus: Forza +50%]
    • 機敏 Kibin [Passiva][Bonus: Velocità +50%]

     
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