…and with strange aeons even death may die

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    TRUE LOVE IS POSSIBLE ONLY IN THE NEXT WORLD — FOR NEW PEOPLE. IT IS TOO LATE FOR US. WREAK HAVOC ON THE MIDDLE CLASS.

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    La nave, spezzata in due dalla tempesta, stava lentamente affondando in un mare nero come l'inchiostro. Dozzine di squali banchettavano con i corpi dei marinai, offerti a loro quasi come fossero un dono. Qualcuno cercava di mettersi in salvo, di nuotare, ma il peso stesso della nave che affondava li trascinava inesorabilmente dentro l'abisso.
    Le urla e le suppliche erano coperte dal rumore degli elementi, creando un innaturale calma in una scena surreale.
    La cabina del capitano era stravolta dalla furia del mare. I quadri raffinati si stavano dissolvendo in acqua, mentre il tavolo d'ebano, intarsiato a mano appositamente per quella nave, giaceva in pezzi sul soffitto capovolto della stanza.

    Sopra di esso, la figura esile di un uomo si dimenava, in preda al dolore.
    Il petto si alzava e si abbassava con frenesia, come se sapesse, istintivamente, di essere sull'orlo di esalare l'ultimo respiro. La faccia era una maschera di lividi e sangue, mentre un braccio era piegato in modo innaturale.
    Era stato picchiato a lungo. Non vi era una costola che non fosse stata rotta, un dito che non fosse stato torto.

    Una figura sedeva al suo fianco, lo sguardo perso nel vuoto.
    La cabina andava finalmente ad inabissarsi, l'acqua raggiungeva ora le ginocchia dei due.

    Il capitano Flokke fece per mettersi in piedi, arrancando e tossendo grumi di sangue scuro. Il dolore gli squassava il corpo fradicio con feroci spasmi che minacciavano di buttarlo a terra da un momento all'altro... ma in qualche modo, riuscì a vincere nuovamente la posizione eretta.

    ”...chi … chi sei...” domandò alla creatura seduta al suo fianco, che finalmente aveva ripreso a guardarlo.

    Un grosso tentacolo, apparso dal nulla, colpì il capitano in pieno petto, facendogli uscire tutta l'aria che aveva in corpo. Il corpo, quasi spezzato, si piegò in due, lasciando l'uomo in un disperato gorgoglio. L'altro, finalmente, si alzò.
    Sono il tuo prezzo. commentò a mezza voce, prima di prenderlo per le spalle e buttarlo nell'acqua, tenendolo poi sotto con forza.

    Il capitano scalciò, mentre l'acqua del mare gli riempiva i polmoni.

    Poi smise.



    L'Affogato si svegliò di soprassalto, alzandosi dal suo scranno di corallo.
    Erano anni che non rifaceva quel sogno. Che non rammentava come tutto ebbe inizio.

    Quanto tempo era trascorso, da quando aveva perso la sua umanità?
    L'Affogato non lo ricordava. Anni? Secoli?
    La sua miserabile vita da essere umano era stata infinitamente più breve di quella passata al servizio degli abissi.
    Ricordava però l'orrore dei primi tempi, quando assistette impotente al marcire della sia stessa carne, alla morte del suo vecchio corpo. La sensazione dell'acqua salmastra che gli riempiva completamente i polmoni, le viscere... ma con il passare del tempo, ci si abitua a tutto.

    Era una pedina, una semplice marionetta che si muoveva attraverso fili invisibili tirati da tentacoli fatti di oscurità.

    In realtà, non aveva mai visto la mostruosità che serviva da così tanto tempo. A quanto ne sapesse lui, nessuno lo aveva mai fatto. Le leggende degli umani lo descrivevano molto fantasiosamente, però. Enorme, titanico. Come una piovra capace di distruggere il mondo. Forse quelle immagini non si scostavano troppo dalla realtà.
    Nei suoi sogni, l'Affogato lo aveva sempre visto come un ombra, un sussurro. Ma attraverso quei sogni, che mutavano inesorabilmente in incubi che avrebbero fatto gelare un vulcano, l'Antico gli parlava. Sussurri nell'oscurità. Lo stridore di una finestra. Un vecchio canto portato dal vento.
    O come in questo caso... un vecchio ricordo.
    L'Affogato sospirò: sapeva dove andare.

    Con passo lento, si levò dal proprio scranno e prese a camminare sul fondo dell'oceano, mentre interi banchi di pesci si dividevano per cedergli il passo.

    Quando finalmente raggiunse il relitto, erano passati giorni, forse settimane.
    Sott'acqua, il tempo non ha molto significato.
    L'antica nave mercantile giaceva sul fondale di un grosso crepaccio, che l'aveva da sempre nascosta alle razzie di chi depredava i relitti come quello. Spezzata in due, la poppa rovesciata sul fondale mentre la prua miracolosamente in piedi, come se fosse stata adagiata li apposta.

    Da dietro il vetro scheggiato dell'elmo da sommozzatore, lo sguardo dell'Affogato si fermò per un attimo sul profilo della nave.
    Non voleva tornare in quel luogo... ma aveva smesso di avere una scelta molti, molti anni prima che quella nave affondasse.

    Quando entrò nel castello di poppa, in quella che era la cabina di prestigio della nave, il degrado di tutto lo colpì con sorpresa. Doveva essere passato molto, molto più tempo di quanto potesse immaginare. Quella che un tempo era una squisita cabina, abbellita con tesori vinti in ogni angolo del mondo, era ora un accozzaglia di legno marcio e animaletti marini che ne avevano fatto la loro tana.

    Non degnò di uno sguardo lo scheletro spolpato dal tempo che giaceva scomposto in un angolo, ma proseguì varcando la soglia della cabina.
    Attraversò il corridoio ormai squarciato dal mare, raggiunse la botola che dava sulla stiva e la sfondò con un calcio.

    Entrò e... si trovò all'asciutto.

    Sorpreso, si guardò attorno. In quel luogo, l'acqua del mare non era praticamente mai entrata. Il legno era marcito, ma solo per il tempo e per l'umidità, non per la diretta esposizione all'acqua.
    Vi erano perfino delle fiaccole a illuminare l'ambiente.

    Le pareti della stiva erano state ricoperte di incisioni, immagini e rune varie.
    Raccontavano una storia che in parte l'Affogato già conosceva. La Guerra che gli Antichi persero, e di come vennero rinchiusi in una prigione nelle profondità dell'esistenza.
    Di come uno di queste mostruosità si salvò dal castigo chiudendosi in un sonno millenario, profondo come l'universo.

    L'Affogato notò solo ora le figure incappucciate sul fondo della stiva. Sembravano umane, ma puzzavano di pesce marcio. La creatura non aveva dubbi di cosa avrebbe trovato, sotto quei mantelli.
    Cominciarono una cantilena a bassa voce, lo sguardo perso davanti a loro.
    Qualcosa, sul fondale, si mosse.

    La storia incisa sulle pareti continuava.

    L'Antico dormiva, sognava. E attraverso i sogni pianificava, corrompeva, manovrava. Non poteva svegliarsi in quel mondo, un mondo cinico e senza magia, un mondo ormai piccolo, raffigurabile il una piccola mappa di carta.

    Il canto delle figure crebbe di intensità, poi all'improvviso si zittì. Le figure incappucciate si tagliarono poi a turno la gola, cadendo a terra con un rumore soffice. Il sangue colò dalle loro ferite, ma invece che spargersi omogeneo tracciò un vasto cerchio sul legno della stiva.
    Questo subito cedette, nemmeno fosse una botola intagliata. Il mare dietro il legno infuriava, premendo per entrare... poi si dileguò come un banco di pesci alla vista di un predatore.

    Un nuovo oceano, nero come la pece, si manifestò agli occhi dell'Affogato. E per la prima volta da secoli, questi ebbe paura.

    Il buio si aprì in un enorme occhio verde, che lo fissò per un istante. Poi un grosso tentacolo uscì dal buco e lo gremì, trascinandolo nell'oscurità.

    Non poteva svegliarsi in quel mondo. Ma in un altro?
     
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    Berjaska, Lato Nord





    Berjaska non era decisamente il più incantevole dei posti. Una isola vulcanica nel cuore dell'oceano al largo del Presidio Occidentale, lo zolfo faceva da padrone in quell'aria stagnante.
    Perché fossero lì non era dato saperlo, poiché così gli era stato ordinato da entità superiori, le stesse che avevano manipolato il fato dell'uomo nell'ultimo lungo periodo. E la loro parola era legge, una estremamente generosa concessione di vita.

    La Psiche camminava impaziente lungo uno stretto sentiero costeggiante un particolare tratto di mare, una laguna sulfurea abbastanza vasta da contenere un vascello di medie dimensioni.
    Osservava con la sua innaturale vista ora gli accoliti preparare con estrema cura l'esatto centro dello specchio d'acqua, ora il palo sulla riva della laguna al quale era fissata una vergine. Il suo sguardo non poteva vederlo, dato che la sua particolare vista gli forniva solo i dettagli delle forme, ma le rughe intorno agli occhi e la bocca stretta in un morso fecero trasparire dalla ragazza un'aria di sfida verso quello che sarebbe stato il suo ormai inevitabile fato.

    Diretto verso la vittima designata, si fermò ad appena un metro dal suo volto. Le forme erano beltà, seni perfetti e curve esili ma delineate, al momento del rapimento gli era stata descritta come una rosea ragazza dai capelli rossicci e gli occhi blu come l'oceano. La Psiche si chinò leggermente, portando la sua maschera a pochi centrimetri dal naso della vergine, e le rivolse la parola con una voce cavernosa e senza emozioni.
    "Non manca ormai molto, presto le tue sofferenze avranno fine."

    Il ragazzo avvicinò la mano alla giovane, che tentò con un guizzo di morderlo. La Psiche lasciò che la ragazza afferrasse con i denti il proprio pollice, così da poter con l'inganno appoggiarle il resto del palmo sulla guancia. Si concentrò sulla sua mente, cercandone il punto d'entrata più debole, e un attimo dopo la giovane si fermò, come inibita.
    "Trova onore nella consapevolezza che la tua vita chiamerà a noi la reincarnazione terrena del nostro dio", sussurrò la Psiche all'orecchio della ragazza, per poi lasciarla andare in uno stato catatonico.

    Un accolito, adornato da una veste incappucciata color oro e viola, si avvicinò a mani incrociate e postura reverenziale a Zaratos.
    "Siamo quasi pronti, Psiche. L'altare per il portale è ormai ultimato, il sacrificio bagnato in acqua sulfurea."
    Il ragazzo si alzò, girandosi verso l'accolito. Il momento era finalmente giunto.
    "Vai a chiamare l'evocatore, ora." gli disse la Psiche con tono stranamente solenne, mentre si incamminava verso l'altare. L'accolito si congedò e si diresse verso l'accampamento con passo svelto.

    Zaratos osservò con attenzione le linee finemente intagliate nell'altare di pietra, simboli richiesti per l'evocazione del portale che avrebbe portato su Endlos il loro obbiettivo, accarezzandole con cura.

    (Psiche, aspetto di Hastur, esaudisce il vostro desiderio)
    "Hastur'or Lloig, goka f'gotha"
    disse il ragazzo, mentre l'acqua iniziava a gorgogliare intorno a lui.
    Il momento era finalmente giunto.





    Zaratos, Psiche del Culto


    Stato Fisico
    Normale, pollice sanguinante.

    Stato Mentale
    Risoluto, estasiato per il sacrificio.




     
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    "Non si deve pensare che l'uomo sia stato il primo o che sarà l'ultimo dei padroni della Terra.
    Quelli-di-Prima erano, Quelli-di-Prima sono, Quelli-di-Prima saranno.
    Oggi non sono negli spazi che conosciamo, ma tra gli spazi.
    Essi avanzano sereni e primitivi ed a noi invisibili.
    Yog-Sothoth conosce la porta. Yog-Sothoth è la porta. Yog-Sothoth è la chiave ed il guardiano della porta.
    Passato, presente e futuro tutti e tre esistono in Yog-Sothoth.
    Egli sa da dove Quelli-di-Prima entrarono allora e da dove entreranno di nuovo.
    Egli sa dove essi hanno calpestato i campi della Terra e dove la calpesteranno di nuovo,
    anche se nessuno può vederli mentre camminano."



    Uomini morivano, uccidendosi tra loro in preda alla follia, scoprendo nuovi modi per uccidere. Il suolo si tingeva di rosso mentre tutto veniva inglobato dalle fiamme della decadenza. La sofferenza era divenuta gioia e nulla di strano vi era nella follia.
    Consanguinei si azzannavano gli uni con gli altri senza alcuna remora e il Sacerdote, osservava tutto ciò totalmente pervaso dalla frenesia dilagante.

    Dai folli sguardi degli umani, fu facile per il Sacerdote scorgere serenità e benessere nei loro animi. Finalmente si erano lasciati andare ai loro istinti primordiali e nel giro di pochi giorni, l'intera umanità sarebbe scivolata nell'orlo della distruzione, lasciando il mondo ai loro veri padroni, i grandi e dimenticati -ma non da tutti- Antichi.

    Lui lo aveva visto, nei suoi sogni, l'Antico gli aveva fatto dono di poter osservare il futuro, ammirando la magnificenza che il sommo, avesse riservato a loro.
    Finalmente quel giorno era giunto.

    Anni di lunga attesa, di delicate e meticolose ricerche stavano per dare frutto a tutti gli sforzi compiuti da uno Xerxes ormai non più giovane come un tempo. Non sapeva esattamente come si sentisse in quel giorno. Eccitato, travolto da un estasi senza pari, avrebbe voluto urlare dall'immensa gioia provata.
    Eppure il Sacerdote dovette darsi un contegno, poiché in quel momento ad egli era richiesta solennità.

    La sua missione, era cominciata ben prima che egli giungesse su Endlos. Fin dalla giovane età Xerxes si avvicinò ai culti dei Grandi Antichi, divenendone uno dei portavoce. Aveva navigato in lungo e in largo, cercato ovunque ciò che il suo dio gli comunicasse nei sogni e infine, era riuscito a trovarlo. L'originale libro maledetto cui molti credevano fosse andato perduto da secoli. Redatto dal pazzo profeta che lo precedette, quelle pagine nascondevano le verità più oscure e recondite di quelle antiche, quanto maligne divinità.
    Intrinseco di sinistri riti e magie, la sola vista del tomo avrebbe messo in soggezione anche l'uomo più coraggioso, rendendolo folle se solo avesse osato a leggerne e comprenderne i contenuti.
    Per un fanatico come Xerxes, rappresentava invece la più sacra tra le reliquie.
    Comprendere le nozioni racchiuse nel tomo, aveva richiesto un enorme sforzo al Sacerdote, la cui sanità mentale, fu prezzo che pagò senza esitazioni.
    Una prezzo ragionevole se paragonato alle capacità acquisite. Con un simile potere, avrebbe potuto realizzare il disegno divino.

    Nel sogno profetico, l'Antico aveva istruito a dovere il suo sacerdote, indicandogli alla perfezione dove e quando avrebbe dovuto compiere il rito. Per sua fortuna una volta approdato su Endlos, non ebbe estrema difficoltà a reclutare un numero discreto di adepti, riuscendo a fondare il culto anche in quel mondo. Doveva ammettere però, che difficilmente sarebbe riuscito nel suo compito se La Psiche, altro valido araldo dell'Antico, non fosse apparso su quel mondo insieme a lui.
    L'isola vulcanica chiamata Berjaska, disabitata e isolata da qualsiasi fonte di civiltà, rappresentava il luogo ideale per compiere l'evocazione.
    Nessuno avrebbe potuto distogliere i cultisti dall'attenzione necessaria per ultimare i preparativi.

    La cabina era pervasa dal forte odore di incensi i quali, aiutavano Xerxes a rilassarsi dato il grande compito che si prospettava d'innanzi a lui.
    L'adepto che venne a chiamarlo lo trovò immerso in uno stato tra il sonno e la veglia, sperando attraverso i sogni di poter comunicare con l'Antico.
    Lo destarono quindi dal suo sonno spiritico, informandolo degli ormai maturi tempi.
    Con molto garbo, evitando di lasciarsi trascinare dai suoi sentimenti gioviali, si mise in piedi, incamminandosi fuori dalla cabina, pronto ad andare a vedere i lavori ultimati.
    Aveva scelto d'indossare abiti modesti, come del resto era abituato da sempre a indossare, restando coperto a malapena su tutto il busto, mettendo in risalto la sua minuta e quasi scheletrica figura.
    Non temeva il freddo della notte, era abituato a passare notti completamente bagnato dall'acqua del mare.

    Non appena si ritrovò in spazio aperto, alzò lo sguardo al cielo, osservando come gli astri fossero allineati perfettamente. Non avrebbero avuto un'altra occasione tanto favorevole per richiamare l'Antico e per questo, Xerxes aveva meticolosamente programmato tutto. Chiunque avesse osato curiosare in quei lidi, avrebbe probabilmente fatto una brutta fine.
    Affrettando i suoi passi, andò verso l'altare, lì dove La Psiche, attendeva il suo arrivo.
    Intorno a lui, si era raccolti molti adepti i quali cominciarono a intonare all'unisono una litania.

    «Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn»

    Nonostante per Xerxes simili eventi erano divenuti ormai familiari, essendo abituato a sabba demoniache ed evocazioni della progenie stellare, sentiva come se quella fosse la sua prima volta. Evocarlo, seppur non nella sua reale forma, era decisamente superiore rispetto a tutti i suoi altri riti.
    Gli accoliti non lo seguirono fino all'altare, fermandosi dove spettava loro di diritto.

    «E' giunta l'ora.»

    Disse una volta giunto sul posto all'uomo il cui volto era perennemente celato da una maschera.
    Vicino a loro, legata una giovane vergine il cui sacrificio avrebbe permesso loro di richiamare l'Antico. Xerxes non si preoccupò molto del suo aspetto fisico, gli bastò solo accertarsi della sua verginità e purezza d'animo poiché solamente un degno sacrificio avrebbe permesso lo di ricreare un portale.
    Con fare meticoloso, aprì il nefasto libro, avvicinandosi subito dopo, all'orecchio della ragazza per sussuurrarle qualcosa, ma dubitò ella riuscì a sentirlo dato lo stato catatonico in cui la trovò.

    «mnahn' orr'e.»

    Dalla cintura, estrasse uno degli attrezzi del suo mestiere, un coltello dalla lama nera in ossidiana. Per un attimo, diede le spalle alla donna, rivolgendosi con un enorme sorriso agli adoratori dell'Antico.

    «Oggi è il giorno in cui tutto avrà inizio. Lui ritornerà grazie ai nostri sforzi, svegliandosi dal suo sonno. Il mondo degli umani cesserà di esistere, antichi padroni torneranno a reclamare ciò che è di loro diritto. Nuove paure saranno scoperte, nuovi modi di uccidere e questo, porterà l'uomo ad essere più felice poiché non dovrà più temere né il bene né il male siccome i Grandi Antichi, ci ergeranno al di sopra di simili concetti. Gioite per questo.»

    Nei suoi occhi, la follia allo stato puro. Nel dire il suo sermone, spalancò le braccia al cielo, urlando quanto meglio potesse.
    Intorno a lui, l'acqua cominciò a gorgogliare con maggior frequenza e violenza e il mare stesso, cominciò a farsi irrequieto.

    «y'hah! y'hah!»

    Urlarono gli accoliti intorno all'altare di pietra, mentre sul volto di Xerxes il sorriso cominciò a deformarsi in maniera anomala, quasi fosse in preda a qualche mutazione d'origine mostruosa.
    Nonostante l'enorme e ormai visibile stato di frenesia, l'uomo riuscì comunque ad agire in maniera impeccabile, mostrandosi esperto nel suo operato. Girandosi verso la vittima sacrificale, posò appena la lama del pugnale sul collo di essa, premendo poi a sufficienza da poterle penetrare la gola, recidendole la giugulare da parte a parte, in un enorme sorriso rosso.
    In seguito a quel gesto, i venti si alzarono e onde, cominciarono a infrangersi con violenza contro l'altare. Uno spettacolo affascinante quanto pericoloso.
    Le fiamme danzarono freneticamente, mentre il sangue zampillava copiosamente e in maniera del tutto innaturale, dal collo della vittima. Intorno a loro la natura stessa sembrò ravvivarsi e i colori divenire più accentuati. Le onde stesse cominciarono ad ergersi sopra le loro stesse, convogliando tra loro a mezz'aria, andando a formare una specie di enorme gorgo.
    Il Sacerdote osservò tutto con estrema meraviglia, non provando alcuna paura per come la natura intorno a lui stesse reagendo in maniera così violenta.
    Nei sogni di prima, l'Antico gli aveva parlato, lui ne era assolutamente sicuro, mostrandogli come simili eventi, fossero inerzie confrontate ai suoi poteri.
    Lui sta arrivando.
     
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    Nell'oscurità, aveva viaggiato, aveva sognato, aveva sofferto.
    Aveva visto.
    Niente lo aveva preparato a quell'esperienza, nemmeno i secoli passati al suo servizio.
    All'improvviso, non era più l'Affogato, il demone delle profondità che reclamava anime e patti alla luce della sua lanterna maledetta. Era tornato ad essere quella piccola e spaventata creaturetta che tanti, tanti anni prima si era calata nelle oscurità degli abissi, e che era morta soffocata all'interno del proprio scafandro.
    Un terrore assoluto, opprimente.

    Poi sognò. Sognò un mondo di sangue, di violenza. Di anarchia allo stato più puro.
    Sognò ciò che aveva sempre saputo di star contribuendo a creare.
    Quelle immagini gli si scolpirono nell'anima, come il marchio fumante di un mandriano.

    Per un tempo pari all'eternità di un battito di ciglia, l'Antico gli bisbigliò segreti e comandamenti.
    E l'Affogato decise ciò che avrebbe fatto di li in avanti.

    Sarebbe stato il suo simulacro. Lo avrebbe condotto davanti ai cancelli, gli avrebbe mostrato le sue serrature e avrebbe permesso ai suoi lunghi tentacoli di insinuarsi attraverso le sbarre.
    Mentre decideva questo, aprì gli occhi.
    L'oscurità si era squarciata, accecandolo per un istante. Il portale, finalmente, si aprì.

    Il cambiamento avvenne per gradi, ma abbastanza velocemente perché fosse chiaro che non fosse nulla di naturale.
    Da prima, la luce calò visibilmente, mentre densi nubi grigio nerastre si addensavano in cielo.
    Rombi forti d'ira riempirono poi l'aria, mentre la luce abbagliante dei fulmini illuminava l'aria ad intermittenza. Le rade fronde degli alberi della foresta vennero piegate, schiave del vento che si levò prepotente. E dopo un tuono particolarmente forte, ecco che l'acqua cominciò a versarsi dal cielo, come a voler accogliere l'anima tormentata che stava arrivando.

    Grossi tentacoli sorsero dall'acqua. Traslucidi e di un iridescenza spettrale, scomparivano ogni volta che una saetta di luce lampeggiava in cielo, per poi ricomparire l'istante dopo. Da prima, ne apparvero solo tre, che si diressero istintivamente verso il sacrificio. Crescevano, avviluppandosi oscenamente lungo il palo e poi sulla vergine stessa, mentre il canto degli accoliti accompagnava il rituale.
    La ragazza sembrò riprendersi dall'influenza mentale della Psiche, sconvolta da una forza ben più grande, inarrestabile.

    Paura.

    Cominciò a dimenarsi, cercando troppo tardi di liberarsi da quella fredda morsa. Prima che un tentacolo le si stringesse sopra la bocca, provò a gridare, a chiedere aiuto... o a chiedere di morire.
    Le spettrali appendici si strinsero un ultima volta, acquisendo colore e forma, diventando per un istante delle presenze fisiche. Il canto crebbe per contrastare la tempesta che ululava su di loro.
    Poi, qualcosa di indefinito, qualcosa di luminoso, venne strappato dalla ragazza, e i tentacoli si ritirarono in acqua, fino a scomparire.
    Un innaturale silenzio calò nella baia, interrotto solo dal rumore della fitta pioggia e dei tuoni lontani. Il sacrificio, ora libero, pendeva senza forma dal palo al quale era costretta, come un burattino senza fili.
    Poi la sua carne marcì, decomponendosi ad una velocità innaturale. Pelle, muscoli e organi caddero a terra, vinti dal loro stesso peso e non più sostenuti dalla vita. Vermi e mosche uscirono dagli intestini della vittima, mentre questi raggrinzivano fino a diventare polvere. In breve, rimase solo uno scheletro, incrostato di sangue e sporco, che penzolava dal palo, minacciando di cadere scomposto da un momento all'altro.
    Non ne ebbe certo il tempo.

    Il silenzio venne rotto da uno schianto più forte dei tuoni sopra le teste dei presenti.
    Un enorme tentacolo era sorto nuovamente dalle acque, grosso quanto i precedenti messi assieme, e si era abbattuto sul palo, distruggendolo. Altri tentacoli sorsero tutto attorno ai cultisti, spuntando dalle rocce, dalla sabbia, dalla vegetazione. A turno, ognuno di essi frustò alla cieca il terreno, presa di un ira millenaria. L'altare di pietra andò in briciole, come anche la maggior parte dei cultisti.
    L'orrore prese il sopravvento sulla sede, e molti cercarono di scappare, gettandosi in mare o cercando rifugio oltre la vegetazione.
    Con scarsi risultati.
    Solo quando la radura fu lorda di sangue, e l'acqua della baia rossa come una ferita, i tentacoli si ritrassero, scomparendo nella follia che li aveva generati.

    Era forse andato storto qualcosa? Avevano sbagliato? Forse il sacrificio non era stato abbastanza?

    jwfpXTG

    Poi, finalmente, apparve.
    Con inesorabile lentezza, l'Affogato sorse dalle acque pregne di morte, uscendo da esse mano a mano che si avvicinava alla riva.
    Indossava un vecchio e fradicio cappotto da capitano di vascello, incrostato di conchiglie e altri parassiti marini, sotto il quale spuntava la corazza di un vecchio e arrugginito scafandro leggero. Portava appesa alla mano sinistra, tesa davanti a se, una lanterna ricavata da un vecchio elmo da sommozzatore, che emetteva una spettrale luce verdastra attorno a se. La lanterna era fissata ad una catena che scompariva fra le vesti della creatura, come se ne fosse una sua continuità.

    Ma a garantirne l'identità era il volto. Deforme, inumano. Grossi tentacoli pendevano da dove normalmente sarebbe dovuta esserci la mascella, mentre altri si avviluppavano attorno ad un probabile collo. Nessuno si sarebbe stupito se quella, invece che una testa, si rivelasse una piovra delle profondità, pronta ad abbandonare quel corpo che muoveva come un burattino.

    Fu così che l'Affogato approdò su Endlos.
    Nel sangue e nella pioggia.
     
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    Uomini con un minimo di buon senso, non sarebbero rimasti ad attendere un simile spettacolo.
    La paura si sarebbe insinuata anche negli animi più arditi, se messi a confronto con l'orrore che da lì a poco sarebbe scaturito.
    Xerxes il pazzo sacerdote dei culti dimenticati, decise spontaneamente di restare, sapendo perfettamente cosa sarebbe accaduto.
    L'alto sacerdote non avrebbe mai perso una simile opportunità e inoltre, vi era bisogno della sua capacità d'evocatore per far sì che tutto andasse a buon fine. Mantenere attivo il portare che avrebbe richiamato fra loro l'antico, l'avrebbe inevitabilmente provato in maniera significativa.
    La sua sanità mentale, con il tempo sarebbe svanita del tutto, lasciandolo sprofondare completamente nella follia. Era questo il prezzo da pagare per entrare a contatto con antiche divinità, arrivando in possesso di dimenticate realtà. Un prezzo visto dal sacerdote, come una benedizione poiché più diveniva insano, più la sua conoscenza si ampliava.
    Aveva perso la sua umanità molte lune fa.

    La tempesta peggiorò ulteriormente. L'acqua cadeva incessantemente dal cielo, infradiciando completamente la figura del sacerdote. Egli non temeva l'aggravarsi delle condizioni meteorologiche, bensì prendeva il fatto come un segno positivo.
    Sapeva di star portando su Endlos, qualcosa d'innaturale, strappandolo da antiche catene che per ere intere lo avevano tenuto sotto gioco. Un simile procedimento, veniva in qualche modo riconosciuto dall'ordine naturale, il quale reagiva in maniera sconvolta.
    Alzando viso e braccia verso il cielo, pregò senza alcuna sosta. La pioggia li aveva privati di qualsiasi fonte d'illuminazione, ma sua figura, veniva messa in risalto dagli occasionali e furenti tuoni.
    Nel buio quasi totale egli pregava, mostrando un ghigno disumano mentre l'acqua del cielo e del mare, s'infrangeva sulla pelle nuda del suo corpo.
    Non aveva mai temuto l'acqua e l'abisso delle profondità marine poiché l'Antico, risiedeva in essi.
    Sapeva che non sarebbe mai morto finché si sarebbe trovato nei pressi del mare, nei domini degli orrori.

    Tentacoli comparvero, avviluppandosi intorno all'esile figura del sacrificio. La purezza della donna, sarebbe stata ben presto corrotta da una forza maggiore, inarrestabile.
    Nonostante avesse partecipato e condotto molti rituali ben prima di giungere su Endlos, Xerxes non aveva mai assistito a qualcosa di così magnifico.
    Come spezzata dall'incanto che l'avesse mantenuta assopita, la vittima sacrificale si svegliò in preda alla paura.
    Un'esile figura intenta nel vano tentativo di liberarsi dimenandosi. Come sospettava il sacerdote, ella non si dimostrò degna di ricevere un simile incarico... Ma fu questo a riempire il suo cuore di gioia. Adorava vedere la paura attecchire l'animo altrui. Le menti impaurite e insicure, erano sempre le più facili da plagiare.
    In un batter d'occhio la vita scomparve dal sacrificio, il quale subì un rapido processo di decomposizione. Di lei rimase solo uno scheletro prossimo a divenire polvere.
    Si levò una risata colma di gioia e follia.
    Anni di sacrifici e ricerche stavano finalmente per essere appagati. Si sentiva coinvolto in tutto ciò, gli sembrò che il legame con l'Antico, fosse più saldo in quel preciso istante e inoltre, avvertiva chiaramente il suo potere.
    Per un attimo gli sembrò di poter scrutare nuovamente nell'abisso, ricevendo visioni riguardo a verità capaci di portare l'uomo alla follia.
    Orrori cosmici dalle forme indefinite vagavano nello spazio, attendendo il segnale per poter reclamare piani interi di loro diritto.
    Creature così spaventose e affascinanti che portarono Xerxes a tentare di uccidersi strozzandosi con le proprie mani mentre gli occhi si dilatarono inverosimilmente.
    Il caos si era generato intorno a lui, ma egli non si scompose minimamente, mostrando totale mancanza di incolumità per la propria vita.
    Non che temesse qualcosa in quanto umile servo dell'Antico. Non sarebbe potuto perire in una simile circostanza, non lì in prossimità delle onde del mare.
    Solo i miscredenti tentarono la fuga, chi non credeva veramente nella magnificenza dei Grandi Antichi e loro, perirono.
    Si rese conto che alcuni accoliti, vedendo loro simili fare l'orrenda fine di ritrovarsi il corpo frantumato da possenti tentacoli, tentarono la fuga. Illusi e folli, la morte era forse una liberazione alla loro sciocca e futile esistenza.

    La mattanza continuò fino a quando in pochi rimasero in una spiaggia lorda di sangue e resti umani. Corpi brutalmente maciullati, sparsi in ogni angolo del suolo. L'indomani uccelli e granchi avrebbero avuto carni a sufficienza con cui sfamarsi. Dell'altare ormai non vi era rimasto più nulla, distrutto dalla furia dei tentacoli e quindi, il sacerdote posò il suo sguardo verso la riva rossa di sangue, sapendo che lui sarebbe giunto da lì.
    Provato dal rituale, aveva le tempie madide di sudore, ma per via dell'incensante pioggia, nessuno avrebbe potuto rendersene conto. Respirava con affanno mentre cercava di riprendersi dalla sua eccessiva euforia. In quel momento sapeva di aver bisogno di una certa lucidità.
    Non credeva affatto di aver sbagliato qualcosa. Aveva avvertito il legame con l'Antico, sentendo la sua presenza nei paragi. Per questo non rimase stupefatto quando egli comparve.
    Sapeva si trattava di un semplice involucro, una forma fittizia con cui il sommo si sarebbe presentato prima di rendere possibile il vero ed effettivo richiamo, quello che avrebbe portato su Endlos non solo l'animo dell'antico, ma pure il suo reale corpo.
    Quando lo vide emergere dalle acque, non poté fare altro che genuflettersi in segno di estrema riverenza a lui, l'essere manovrato dall'antico.
    Riteneva che egli avesse ricevuto un'immensa opportunità.
    Non vi erano dubbi sul fatto che fosse lui. Bastò osservare il suo volto simile a un polpo.
    I pochi accoliti rimasti, i quali di numero non superavano neanche la decina, emularono il gesto del sacerdote, proni nella sabbia lorda del sangue dei loro compari.
     
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    E nell'enorme Buio, l'Affogato aveva navigato con la sua nave creata dai relitti dell'impossibile. Aveva visitato mari sconosciuti a qualsiasi uomo, cavalcando le onde della follia, della disgrazia. Aveva alimentato i venti della disperazione con la forza delle anime raccolte negli anni, in quel piccolo e irrilevante mondo.
    E quando anche queste vennero meno, quando la sua imbarcazione di peccati si disfò, ecco che furono gli immondi arti dell'Oscuro a a spingerlo, a gettarlo oltre le soglie del Maelstorm, in quel nuovo oceano chiamato Endlos.

    Un oceano adatto.
    Quando l'acqua salmastra gli arrivò alle ginocchia, e finalmente potè dirsi approdato su quella spiaggia densa di sangue e resti umani, un sentimento antico, che ormai credeva, sperava di aver perso per sempre, si fece largo fra i crostacei e le mucillagini che infestavano il suo corpo.
    Il sollievo.

    A furia dell'Antico si era consumata velocemente, ma senza alcun riguardo verso quei poveracci che avevano scelto di cedere alla follia. Il loro sangue ristagnava nella baia, risplendeva alla luce di quella luna che, anch'essa con timore, si affacciava attraverso le nubi della tempesta.

    Il loro sacrificio tuttavia aveva permesso l'apertura, la breccia.
    L'affogato alzò un braccio, in direzione di un accolito.
    Come se fosse un semplice prolungamento del suo corpo, da dietro l'arto si levò un tentacolo spettrale, traslucido ma ben definito, una versione in miniatura di quelli che poco prima avevano devastato quella stessa spiaggia.

    Con un guizzo, il tentacolo si strinse al collo dell'accolito, trascinandolo verso l'Affogato.
    Solo in quel momento, mentre le due figure erano così vicine, fu chiara la stazza della Tramite.
    Una figura imponente, ben più grossa di un normale essere umano, reggeva quel poveretto per la gola come se lo stesse stringendo con la propria mano, mentre questi scalciava nell'aria, alla disperata ricerca di ossigeno.

    Un secondo tentacolo lo trapassò da parte a parte, strappandogli di netto quella che potremmo definire la sua anima.
    Con un movimento secco, il tentacolo spezzò il collo al piccolo uomo, gettandolo poi con noncuranza nella pozza di sangue salmastro che ormai bagnava quella spiaggia. Il corpo senza vita venne trascinato via dalle correnti, incagliandosi probabilmente in qualche scoglio per diventare cibo per pesci.

    L'Affogato, che parve dimenticarsi di quella piccola e fragile creatura che aveva appena spezzato, stava ora studiando con cura l'anima della sua vittima. Sembrava quasi uno spettro, una figura traslucida grigioverdastra, atterrita dalla situazione.
    La creatura affondò le sue mani in quell'essenza, osservandola, accarezzandola... valutandola.
    Poi avvicinò la lanterna da sommozzatore, e subito l'anima divenne un bagliore all'interno del vetro dello strumento.

    Apparentemente soddisfatto, l'Affogato avanzò sulla spiaggia, i tentacoli spettrali nuovamente dispersi nella notte. Si avvicinò a quello che per lui era solo un altro accolito, un altro folle che aveva deciso di immolarsi sull'altare dell'Antico.

    ”Xeeer-xeeeeees...”
    Un sussurro, una sensazione, nulla di più.
    Un alito di vento, in mezzo a una tempesta millenaria...
    ma l'Affogato non era più un suo sicario... ora ne era il Tramite, a tutti gli effetti.
    Che qualcuno lo salvi: ora poteva sentire.

    Xerxes, nostra voce nell'oscurità. L'Antico ti riconosce, anima nera.
    l'Affogato poggiò la mano destra sulla spalla del sacerdote dell'orrido, invitandolo ad alzarsi.
    In quella presa, l'uomo avrebbe potuto sentire.
    L'Antico ti ringrazia.
    Il tono di voce cambiò, divenendo subito più cupo, più profondo... profondo quanto gli abissi stessi.
    Il volto dell'Affogato, o meglio la sua piovra, virò subito dopo verso un arancione acceso, facendo ondeggiare i tentacoli frontali.

    Si girò verso gli adepti sopravvissuti, scrutandoli uno per uno.

    Il tuo gregge è pronto per il sacramento, pastore degli abissi?



    Edited by Kami della Falsa Speranza - 11/6/2016, 17:28
     
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    Solo un debole, miscredente, poteva temere la morte in quel frangente.
    I forti nell'animo, coloro la cui adorazione superava la paura, non avrebbero incontrato la morte con facilità. Il sacerdote non poteva morire, sapeva di essere benedetto, protetto da entità di gran lunga superiori a lui e per questo, non si scompose minimamente. Soltanto i folli non conosceva la paura e in quanto a follia, Xerxes non possedeva alcuna parvenza di sanità mentale.
    La morte intorno a lui, l'odore acre del sangue mischiato alla salsedine marina, lo inebriava quasi fosse una droga per lui. Uno spettacolo così magnifico, aveva da lungo tempo atteso quel momento e di fronte a una simile vista, non poteva che sentirsi appagato. La morte di un servo, era priva di importanza per il sacerdote, poiché Endlos abbondava di tali materie prime da reperire. Inoltre gli accoliti lì presenti, dovevano essere grati di concedersi in dono sacrificale all'Antico, all'essere le cui origini vantavano riscontri con la creazione dell'universo stesso.
    Le loro anime relegate al tormento eterno, avevano ricevuto una lauta ricompensa, potendo vivere il Sogno, ben prima che questo venisse realizzato. In un certo senso, il sacerdote poteva provare invidia per loro, nonostante ben sapeva quali fossero i suoi compiti e di come, non poteva permettersi il lusso di morire prima che i tempi divenissero maturi.

    Celava il suo giubilo, mostrando devota umiltà alla figura la quale si alzava dalle acque, separando in pochi passi, distanze impossibili da compiere da un semplice umano data la lenta andatura. La stazza dell'orrida divinità, sovrastata Xerxes il cui segno di riverenza, lo rendeva ancora più piccolo e probabilmente misero, se paragonato all'antico.
    Non esisteva titubazione nell'animo nero del sacerdote, il quale sosteneva che i tentacoli eterei, non lo avrebbero ferito. A dar credito alla sua folle credenza, il riconoscimento da parte dell'Antico, l'invito a tornare in posizione eretta.

    Non c'era modo per descrivere l'emozioni provate da Xerxes, quando l'antico condivideva i suoi sogni con lui. Probabilmente non esistevano nella lingua umana, termini adatti a un'esperienza così forte da stravolgere mente e anima di un soggetto. Esistevano individui i quali tentavano di fuggire a simili sogni, ma Xerxes era fatto di un'altra pasta: egli adorava sognare, vedere e sentire cose la cui natura, era ben lungi dall'essere umana.

    Non si disobbediva agli ordini impartiti dall'Antico, poiché la sua parola era legge. Per questo il sacerdote accettò di buon grado l'invito a rimettersi in piedi, nonostante fosse provato nel fisico per lo sforzo impiegato nel creare un contatto tra i due piani, lanciando il segnale con il quale aveva richiamato l'Antico. Sembrava non aver fatto nulla, quando invece forse si era concesso anche troppo; seppur questo non avrebbe dato al sacerdote motivo di fermarsi, sottrarsi dall'ammirare i piani della divinità giunta da un'altra dimensione.

    «Il gregge è pronto Grande Antico. Noi tutti, attendevamo la sua comparsa con grande trepidazione.»

    Mostrava riverenza nelle sue parole, trattando l'Antico come un suo superiore, quale era in fin dei conti. Dopotutto cosa era un umano, la cui discendenza proveniva dalle scimmie, se paragonato a una razza di creature la cui conoscenza permetteva loro di viaggiare nel cosmo ben prima della comparsa di vita sulla Terra?
    Era inoltre galvanizzato dai ringraziamenti ricevuti personalmente da lui.
    Congiunse i palmi della mano, mentre lo sguardo volgeva verso i pochi adatti rimasti in vita, cercando di scrutare il loro animo, le emozioni provate in quel frangente. L'Antico, bramava anche le loro anime? Dopotutto era suo sacrosanto diritto pretenderla, considerando come anima di Endlos, apparteneva ormai all'essere dalle fattezze di piovra. Neanche un folle come Xerxes, poteva opporsi alla sua volontà.
     
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    Tutto attorno a loro sembrava calmarsi con esasperante inevitabilità. Lentamente, le onde disegnarono le loro linee lungo la sabbia, lavando via il sangue, portando via i resti umani.
    Il mare reclamava i suoi tributi, dandoli in dono alle creature che ne abitavano il ventre. La tempesta che aveva anticipato l'arrivo dell'Affogato si era ora placata, e i resti materiali del rituale, come il palo alla quale l'offerta era stata legata, ora galleggiavano da qualche parte, o erano incagliati in qualche scoglio che affiorava dalla superficie.

    Di li a poche ore, la spiaggia sarebbe stata teatro di saccheggi di corvi e gabbiani, di mangia carogne e chissà, magari anche da qualche disperato, a frugare nelle tasche dei cadaveri recuperati dalla riva.

    Poco importava... per allora, lui e il suo seguito sarebbero già stati lontani.
    Il predicatore confermò la volontà dei suoi seguaci, e visto che nessuno di questi proferì parola, l'Affogato si ritenne soddisfatto.
    I Suoi sussurri avevano plasmato ad arte le fondamenta, preparando carne fresca per quello che sarebbe stato il Suo regno. Da marionetta quale era, l'Affogato non poté che ammirare, con un filo di timore, l'efficacia delle Sue macchinazioni.
    L'Antico aveva preparato ogni cosa.

    Lo sguardo della creatura venne catturato da uno stormo di volatili che si stavano concentrando in un punto impreciso del mare, a diversi metri dalla riva. A turno, abbandonavano il gruppo per planare sulla superficie e beccare qualsiasi cosa stesse galleggiando sopra di essa.
    La sua vista non arrivava fin li – i suoi occhi ormai non riuscivano a veder chiaramente, fuori dall'acqua -, ma era sicuro del fatto che il loro banchetto altri non fosse quel corpo che per primo aveva ucciso, con tale noncuranza, pochi attimi prima, rapito dal freddo abbraccio del mare e dalle sue correnti.

    A quanto pare, era cominciata.

    Bene. rispose semplicemente, stringendo gli occhi acquosi sui suoi nuovi apostoli.
    Fece qualche passo indietro, fino a che l'acqua del mare non gli arrivasse nuovamente alle ginocchia. Poi fece cenno a uno degli uomini di raggiungerlo.
    Quando questi gli fu abbastanza vicino, lo afferrò per il collo e lo spinse in acqua, a faccia in giù. Una volta che fu sommerso, l'Affogato premette il suo ginocchio sulla sua schiena, tenendolo così schiacciato.

    Da prima, la fede fu più forte della paura, la fede fu più forte dei dubbi. La fede sconfisse la paura e il dolore... dopo qualche attimo, l'istinto di sopravvivenza invase la mente e il corpo del poveretto.
    Cominciò a scalciare, a premere contro quell'enorme corpo che lo teneva sott'acqua. Provò a scalciare, a battere l'acqua con le mani, sollevando spruzzi e agitando la sabbia sotto di lui.
    Provò a far leva con le braccia per alzarsi, per sottrarsi al peso della creatura.
    E quando tutto fallì, quando il terrore prese il sopravvento sulla speranza, provò a urlare.

    Poi fu quiete, poi fu morte.

    Quando l'Affogato si rialzò, il corpo dell'uomo galleggiava mollemente sul ciglio dell'acqua, senza vita.
    Con cura, il Tramite prese in braccio il cadavere dell'accolito. Sembrava un gigante che sollevava una bambola, una marionetta alla quale erano stati tolti i fili.
    Il corpo venne poggiato a terra, l'Affogato ebbe cura di sistemarlo come se fosse sdraiato, e stesse dormendo.

    Poi poggiò la mano, guantata dallo scafandro, sul suo petto. Passando di tanto in tanto la lanterna sopra lo sguardo spento dell'uomo, l'Affogato cominciò a snocciolare una lenta litania in una lingua che non veniva parlata da secoli, da millenni.

    L'anima dell'uomo scivolò via, entrando nella lucentezza della lanterna... ma a differenza di quello che era successo prima, qualcosa dalla lanterna si staccò. Qualcosa di verde e di intenso, e non di azzurro chiaro com'era l'anima appena catturata.
    L'essenza si fece strada attraverso la bocca del cadavere, entrando nei polmoni riempiti d'acqua e...

    Destati, Figlio.

    L'uomo si alzò all'improvviso, scosso da forti colpi di tosse, sputando grandi sorsate d'acqua salmastra.

    Il Sacramento era completo.

    Tu che hai sentito il freddo abbraccio del mare, tu che hai dormito il dolce sonno della morte. Destati ora. Destati. La tua vita ora è dell'Antico, la tua anima ora è mia. Vivrai, e servirai.

    Le parole dell'Affogato erano calme, anche se pacate. Non erano dure, ne minacciose. Non esprimevano emozioni... ma fatti.
    L'uomo era morto, la sua vita era andata al Mare.
    Ora, sarebbe stato il Mare la sua vita.

    L'Affogato ripeté il Sacramento per ogni accolito, pronunciando sempre parole diverse, salutando la loro rinascita sempre con un tocco leggero sul petto, e con la luce della sua lanterna.
    Grazie a questa li guidava, e grazie all'acqua nei loro polmoni, l'Antico li salvava.

    L'Antico li istruiva.

    Alcuni degli accoliti, una volta riportati in vita dopo essere stati brutalmente affogati, lasciarono la spiaggia senza una parola, con una calma innaturale.
    Altri rimasero sulla spiaggia, a fissare un punto non precisato oltre il mare, a largo.

    D'ora fino alla fine della loro carne, avrebbero seguito l'Antico, come questi avrebbe ritenuto più giusto. Alcuni di loro lo avrebbero perfino fatto senza accorgersene, credendosi marinai, mercanti, o qualsiasi piano avesse in mente l'Antico per loro.

    Erano marionette... esattamente come l'Affogato.

    Vieni, Sacerdote. Abbiamo altri figli del mare, da consacrare.
    commentò, rivolgendosi a Xerxes, seguendolo verso qualsiasi fosse il suo mezzo di trasporto per lasciare quell'isola bagnata dal mare come dalla cenere e dallo zolfo.

    E mentre i due lasciavano quel teatro, quel primo corpo spinto dalle correnti continuò a vagare, finché un mulinello d'acqua non lo inghiottì, facendolo scomparire nelle nere acque dell'Ovest.

    Qui sprofondò, pieno d'acqua, fino a toccare il fondo, per poi riemergere e ri immergersi più volte, secondo i capricci del mare, delle sue correnti, delle sue onde.

    E dopo ore di peregrinaggio, ormai lontano dalle coste dell'isola, ormai lontano dagli occhi degli Dei, ormai lontano da ogni anima viva...

    il corpo senza vita sprofondò nell'abisso più nero, toccandone il fondo.

    E li, qualcosa si mosse.

    Li, qualcosa cominciò a sollevarsi, per venire in superficie.


    Edited by Kami della Falsa Speranza - 1/7/2016, 11:53
     
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    Ognuno di loro ricevette il battesimo dell'abisso, rinascendo cambiati, liberi dai vincoli dell'umana specie. Solo il sacerdote, non ricevette il sacramento, avendolo già ricevuto in passato.
    Rimembrava quel giorno, il momento in cui da misero uomo, si erse a qualcosa di maggiore scoprendo verità dimenticate dalla specie umana.
    Anche allora una violenta tempesta si era abbattuta in mare, con potenti saette e onde così alte da poter spezzare e trascinare negli abissi, persino il vascello più resistente dei sette mari... ma quella era un'altra storia.

    Nessuno degli adepti protestò, cercando di rifiutare l'abbraccio degli abissi e questo, divenne motivo di vanto e orgoglio per il loro pastore. Dopotutto li aveva istruiti per bene, sapevano a cosa andavano incontro e nessuno di loro, si era tirato indietro. Indubbiamente c'era il suo zampino, il modo in cui avesse plagiato le menti di quei giovani ragazzi, ma del resto era quello il suo interesse, divulgare il volere dell'Antico usando ogni mezzo a sua disposizione.
    Erano stati loro ad accogliere le sue parole, permettendogli di insinuarsi nella psiche instillando in loro nuove credenze, verità assolute e dimenticate.
    Lottarono solamente per istinto di sopravvivenza, un meccanismo autoindotto della psiche umana la quale, cercava disperatamente di tirarli fuori dall'acqua prima che i polmoni, si riempissero del liquido trascinandoli in una morte momentanea. Ma tentare di scappare dal Grande Antico, rasentava pura idiozia, poiché era indubbiamente impossibile divincolarsi da quella possente presa. Il sacerdote riuscì a scorgere la possanza di quella figura, di come avesse potuto con estrema facilità sopraffare in un contesto fisico, tutti gli uomini lì presenti.
    Attese semplicemente in silenzio, accogliendo gli adepti rinati con un sorriso malevolo sul volto. Le prime pietre di un nuovo mondo, in mano a entità le quali ne erano padrone per diritto.
    Dopotutto chi si sarebbe opposto alla loro avanzata? Chi mai avrebbe potuto osato ostacolarli? Rendersi conto di quali trame e orrori stessero per sorgere su Endlos?
    Non vedeva l'ora, già si pregustava le grida di dolore e l'acre odore di sangue, il quale sarebbe scorso a fiumi.

    Anche la spossatezza dovuta al richiamo, sembrò svanire, quasi galvanizzato nell'osservare il battesimo degli adepti. Nuovo vigore sorgeva in lui, il quale agì repentino non appena l'Antico ebbe finito il suo lavoro, richiamandolo a sé.
    Non vi era nulla che li spingesse a restare ulteriormente nell'isola.


    «Come desidera, la mia nave è ormeggiata a poco distanza, al sicuro e pronta a raggiungere il luogo.»

    Parlava con estrema compostezza, per nulla intimorito dagli orrori compiuti in sua presenza. Dopotutto egli stesso era giunto a patti con mostri e aberrazioni; figure dalle quali individui con senno, si terrebbero ben lontane... ma Xerxes aveva donato anima e corpo alla follia, divenendo a tutti gli effetti anch'esso un abominio.
    Per fortuna alcune scialuppe sembravano essersi salvate dalla furia del mare, quelle poche sufficienti da riportare i superstiti a bordo della Lady Asenath, la veloce fregata con la quale Xerxes e la sua sinistra ciurma, solcava i sette mari.
    Abiette figure si aggiravano sul ponte apparentemente fatiscente della nave, uomini dall'aspetto quasi inumano e selvaggio, la cui scura pelle sembrava renderli quasi dei gorilla. Erano quelli i suoi uomini, la sua ciurma di reietti e disadattati i quali ciecamente nutrivano fiducia per il loro capitano, eseguendo ogni suo ignobile ordine. Tutti loro, si erano macchiati di crimini talmente blasfemi da essere considerati eretici nel loro mondo di origine, perseguitati e uccisi per il bene dell'umanità.
    Il sacerdote avrebbe ovviamente ospitato il Grande Antico nella stanza del capitano, poiché i due ne avevano di cose da discutere, trame da ordire per garantirsi prosperità, lì dove si annidavano canaglie di ogni specie.
     
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