Il Risveglio

“Svegliati...”

Una voce mi chiama, la luce penetra tra le fessure dei miei occhi.

“Non è ancora giunta la tua ora...”

Il canto di indefiniti uccelli corona il mio risveglio, è forse un sogno ?

“No...non stai sognando...”

Silenzio; la voce che mi guida s'interrompe , mentre un rumore di fondo si fa più vivido. I miei pensieri rimangono opachi.

“Sei destinato a grandi cose...sia nel tuo mondo, sia in questo...”

Macchie di colore si spalmano sui miei occhi.

“Ora...svegliati...”

Ora sempre più niditide.

“Asriel Dreemurr...”

E alla fine apro gli occhi, completamente.

Una mare nero, oleoso, si stende davanti ai miei occhi, incorniciato da una vegetazione fitta ed esotica. Enormi navi d'acciaio solcano il pelo dell'acqua in lontananza; che io sia finito ad Nord, aldilà degli stati neutrali, nei territori della lega dell'acciaio ? In tutto questo mi sono dimenticato di essere sdraiato supino nel fango: un ottimo risveglio oserei dire, no ? Ma ne vale la pena; sporcarsi il pelo di fango è comunque un ottimo compromesso, se sei appena sfuggito alla morte. Cerco di rialzarmi, ma...

“Ah!”

Non riesco a rimanere in equilibrio, e finisco faccia nel fango; che umiliazione, per fortuna non mi sta vedendo nessuno. Ci riprovo, e questa volta riesco a mettermi in piedi. Mi avvicino alla fessura creata dalla vegetazione: sotto di me, un cumulo di capannoni in lamine di ferro, tra i quali scorrono manovalanze varie; un porto. Mi guardo addosso: le vesti reali, quelle che fino a qualche tempo fa sottolineavano il mio lignaggio, ora sono sporche, sgualcite e piene di fango. A proposito di tempo, quanto ne deve essere passato? Secondi ? Minuti? Giorni ? Non lo so, esattamente come non so dove sono. Decido di scendere al Villaggio sottostante, ma prima devo trovare il modo di riutilizzare queste vesti, che ormai coprono poco e male il mio corpo.

“Mi spiace, ma è necessario.”

A malincuore, mi svilo la mantella viola, il pezzo stranamente meno intaccato dall'incantesimo, e con qualche improvvisato artificio, la lego alla vita: il risultato finale dovrebbe essere simile a quello di un pezzo di una tunica sacerdotale logora e sporca; sembro quasi un monaco in penitenza. Il resto dei vestiti è troppo rovinato ed eroso per poter essere anche solo utilizzabile. Le spalle rimangono scoperte, ma poco importa: il mio pelo è sufficientemente folto da non farmi sentire il freddo, ed anzi, per il clima afoso di queste lande è addirittura un bene essersi “alleggeriti”.
Guardo di nuovo il villaggio sottostante, sicuramente avranno delle informazioni utili sul dove mi trovo. Mi volto, sicuro di aver intravisto una strada sterrata. Il problema ? Un umano, uno stupido umano dai capelli e la barba neri, gli occhi grigi ed un vestito nero e pacchiano. Mi fissava, con aria inspiegabilmente calma; perché non ha paura di me ?

“Hai un bel coraggio ad essere qui e a fissarmi in quel modo, pelle liscia.”

Come osa, come osa sfidarmi con così tanta superbia ed arroganza. E poi perché mi sta fissando in quel modo? Non è lo sguardo di una persona stupita: mi sta palesemente studiando! Come si permette questo ratto albino a guardarmi come un fenomeno da baraccone! Sarò anche sporco di fango, i miei vestiti sono ridotti a cenci che lasciano scoperti petto e braccia, ma rimango un nobile.

“Io non sono tuo amico, umano-”

Un passo in dietro, il mio sguardo ostile continua a sfidarlo.

“-E non dovresti rivolgerti così a me, plebeo. ”

Le sue domande confermano la mia teoria: sta cercando di studiarmi, come fa un indovino con le budella dei pesci; semplicemente intollerabile!
Non tollererò oltre tanta insolenza nei confronti della mia persona: non sono uno straccione qualunque, nonostante ormai le mie vesti siano lacere e malridotte rimango comunque un membro della famiglia Dreemurr della casata di Belkaja, e quest'umano sta sfidando la mia pazienza. Aspetta un minuto...quello che stringe nel braccio non sarà per caso un Grimorio ? Ma gli umani non erano restii all'utilizzo della magia ? Mi tornano alla mente quelle parole, pronunciate da Na'Hast: “Sei destinato a grandi cose...sia nel tuo mondo, sia in questo...”. Che questo significhi che non sono più su Helios, ma catapultato altrove ? Sicuramente il mio nuovo interlocutore saprà darmi delle risposte.

"Non ho idea di chi tu sia, ne di che posto sia questo, ma ti conviene dirmi dove siamo: sei fortunato che non ti abbia già ucciso."

Endlos ? È questo il nome di questo nuovo piano dell'esistenza ? Curioso come l'arroganza di voi umani non cambi da piano dell'esistenza all'altro, curioso come il fatto che, in questo mondo, voi sembriate padroneggiare le arti magiche e non affidarvi a stupidi mostri di acciaio e bulloni.

L'umano si diverte a provocarmi. Che carino: pensa di essere tanto superiore perché lui ha i vestiti ancora integri...perché poniamo rimedio alla cosa? Di voi scarafaggi rosa ne ho già uccisi a dozzine, e tu non sarai di certo un eccezione.

“Se la tua non fosse ostinata stupidità...”

Sorrido, fissando negli occhi lo stolto che tanto brama la morte.

“Applaudirei a cotanto coraggio, davvero. Si, pelle liscia, penso proprio che ti meriti un premio per cotale sfoggio di fermezza.”

Alzo la mano, cercando di concentrare più forza magica possibile. Ho intenzione di colpirlo, di stroncare la sua vita con un singolo e leggiadro colpo di frusta, neanche se ne accorgerà da quanto sarà potente il colpo. Sicuramente un destino migliore di quello dello stolto pelleliscia che l'ha preceduto: di lui ora rimane solo una poltiglia molle tra le rovine di un villaggio assaltato.

“Quando il tuo corpo marcirà e la tua anima passerà altrove, salutami Von Kraus.”

Non pretendo che lui capisca, ne ho intenzione di spiegargli: voglio solo che lui muoia come l'insetto che è. Voi schifosi umani avete portato via a me e alla mia gente troppe cose per rimanere impuniti: poco m'importa se lui non c'entra nulla, poco m'importa se ha moglie o figli...
voi umani siete soltanto feccia.

Un gesto della mano, a simulare la sferzata di una frusta...
No, qualcosa non va.
I miei lineamenti, da contratti in un sorriso beffardo, sfumano in un'espressione dubbiosa ed incerta.
Un'altro tentativo, il niente continua a generarsi dalle mie mani.
L'espressio dubbiosa muore, lasciando spazio allo spavento.

“Cosa ? No...”

Per quale astruso motivo non riesco a lanciare un semplice incantesimo? Perché la magia non esce dal mio corpo?! Guardo spaventato la mia mano, e poi il tipo davanti a me...che sia colpa sua ? No, c'è qualcosa non quadra in questo imbarazzante teatrino.
Montagne d'ipotesi si accavallano: che sia diventato debole a causa dell'anatema?
Che il passaggio da un piano all'altro mi abbia privato della capacità di emanare mana?
Che invece sia veramente colpa di questo sudicio pelleliscia ?

Perdere i poteri davanti ad uno stupido essere umano, e senza conoscerne la reale ragione, ne quando se li riavrò; che umiliazione. Se Von Kraus potesse vedere quello che sta succedendo si farebbe grasse risata... quello sporco assassino.

Mi scruta, ancora, come un'animale al circo: evidentemente c'è comunque un essere umano disposto a ridere di me e a sostituire quello stolto. Si avvicina, ed ormai è sicuro il mio tramonto: avrà intuito che ho cercato di lanciargli una magia offensiva ? Probabile, ed ora vorrà la sua vendetta, o forse vuole semplicemente avvicinarsi per ridere di me, per farmi capire che non posso mettergli soggezione...per lui, come per nessuno, non posso essere una minaccia in queste condizioni.

Apre il suo grimorio, ed ormai è palese che la mia fine verrà scandita dalle sue parole.
Invece no: pronuncia dei versi, quasi in maniera ammonitiva, o almeno è palese che il loro intento sia quello, per poi infangare ancora una volta la mia persona.

Troppo lontano per poter essere sicuri di squarciargli la gola con un rapido gesto della mano, la sua posizione è strategicamente corretta, e non credo sia così stupido da avvicinarsi.

Rincala la dose di parole vane atte a sbeffeggiarmi: a lui piace giocare con gli umani e quindi per lui io sono un giocatolo di bassa fattura, una stupida bambola di pezza.

Non posso tollerare tutto questo.

“Non mi prostrerò al tuo volere, schifo parassita:”

Un ringhio sordo di risposta, accompagnato da un istintivo passo indietro.

“Io sono un nobile e mai mi metterò alla berlina per compiacere te, essere meschino. Preferisco morire che assecondare le tue richieste.”

Mai mi piegherò alle richieste di un umano, dovesse anche costarmi la vita.

Il suo libro scorre veloce, si apre sulle pagine di un antica formula. L'aria si fa pesante, come se la magia stesse avvolgendo il canneto dove, fino a pochi minuti fa, il bonario umano voleva giocare con me. Le parole sibilano, insieme a degli oscuri fuochi fatui. E quindi anche lui è un evocatore ?
Anche lui riesce a chiamare a se le anime di altri esseri ? Sarebbe interessante, se non fosse che sta per usare quel potere contro di me.

Ed eccoli, i suoi servi: scheletri senza gambe, armati di vecchi pezzi di ferro arrugginiti. Non scalfirebbero la mia calma, se non fosse che non ho mezzi per proteggermi. Il mio respiro accellera, il mio cuore trema, e per giunta difronte ad uno sporco umano! Per la prima volta ho paura di uno schifoso pelle lisciAH!

Una ferita alla gamba mi fa desistere dai miei propositi di fuga, mentre altre strazianti ferite vengono aperte sul mio corpo. Perdo l'equilibrio e finisco di nuovo faccia nel fango: l'agonia non è finita.

Il mio fianco, lacerato da un colpo di spada.
Il mio polpaccio destro, perforato da una lancia.

Ogni colpo è accompagnato dal funesto urlo dei suoi servi, seguito da un mio gemito di dolore.
Incredibile come il mio orgoglio m'impedisca di urlare.

Cerco di reggermi sulle gambe, di conservare quella briciola di dignità che mi rimane.
Lui vuole umiliarmi, schiacciare il mio spirito, ma io non gli darò questa soddisfazione: fosse l'ultima cosa che faccio, mai questo meschino mi vedrà camminare per le vie della città sporco di fango e di sangue.

“Ti conviene uccidermi, perché non ti darò mai quello che vuoi...”

Sorrido mentre lo dico, sforzandomi di sopportare il dolore. Il mio volto si dipinge di una smorfia livida e contratta. Solo un occhio mi permette di osservare la figura, l'altro è ormai sporco di fango e scivolerei nel cercare di pulirlo.

“Ti stai scavando la fossa con le tue mani...”

Una scossa di dolore passa dalle mie gambe fino al mio cervello, accompagnato da un gemito di dolore. No...non sono sfuggito alla morte solo per crepare tra il fango, e per mano di questo stupido umano.

“Maledetto...”

Le parole si strozzano in gola, mentre la figura dello spiritista si dilegua tra i canneti e i suoi servi si dileguano nell'aria.

Solo, in mezzo questa giungla di fango e fusti, non ho molte speranze di vivere rimanendo qui.
Certo, le ferite non sono letali, ma lo sporco può facilmente entrare dentro di esse, sopratutto se perdo i sensi in questo posto.

Per quanto l'orgoglio m'imponga di non farlo, non posso...non posso non accettare.

Arranco nel fango, cercando in tutti i modi di non far sprofondare la mia gamba ferita nella sporca ed umida melma; inutile dire che è completamente inutile. Mai ho subito un umiliazione più grande... mai avrei pensato di dover strisciare nel fango a causa di un umano...

Mi trascino a stento alla cittadina sottostante tra gli sguardi indignati ed incuriositi, tra bisbigli e sussurri sprezzanti. Nessuno, però, si appresta a porgermi la mano; nessuno che decide di aiutarmi.

“Non la voglio la vostra compassione... schifose bestie... perché non tornate nelle vostre tane di fango e legno?”

Sguardi indignati e schiene girate...meglio così: non sarò costretto a vedere le vostre disgustose facce.

Arrancando nella polvere, arrivo alla locanda e trovo altri sguardi fissi su di me: eccetto il suo, preso dal suo maledettissimo grimori. Un giorno mi divertirò a strappare ogni singola pagina d'avanti agli occhi, e a fargliele ingoiare...una ad una...

Le pareti sono fatte di travi di legno, come i tavoli laccati di un rosso che ormai mostra tutti i segni del tempo. Dietro al bancone rozzo e sporco, un barista dallo sguardo torvo mi fissa con aria perplessa: evidentemente gli sto sporcando di sangue e fango il pavimento. Poco importa: questo posto è così lercio che il sangue di un nobile dovrebbe essere un tocca sana.

I miei occhi sono fissi sulla figura appena accentuata del negromante, seduto al suo posto.
Arranco verso la sua posizione, spinto più da un genuino desiderio di strappargli la faccia che altro.

“No grazie...”

Dolore, dolore e umiliazione.
Una rabbia primordiale ed istintiva si fa largo nella mia mente, una rabbia che diventerebbe impeto ed azione, se non fossi troppo debole per fare niente. Non ho idea del sangue perduto fino ad ora, ma dalla scia che ho lasciato mi sembra di averne perso a galloni. È questo che siete, voi esseri umani: schiacciare il prossimo senza ritegno, senza vergogna...

Ti darei la fine che meriti...se...non fosse che sono troppo debole per strappargli quella faccia con un gesto della mano...

“Ho bisogno di cure mediche...signorina...la prego...”

Ansimo, un sussurro: sto per perdere i sensi davanti ad gruppo di umani... davanti agli occhi del mio carnefice. No...non devo dargli questa soddisfazione...almeno...questa...

Un giorno mi vendicherò, su di te e su tutti gli appartenenti alla tua razza.

“Oggi hai imparato la tua prima lezione, Asriel...qui su Endlos sei un granello di sabbia come tutti loro...”

Sento di nuovo la voce di Na'Hast...
Perché, perché tutto questo lo stai facendo a me ?

“Dimostrami che sei degno del titolo che ti ho concesso...dimostrati di essere più forte di lui e non perdere i sensi...allora ti prometto che avrai la tua vendetta...in questo come nel tuo mondo...”

E questo quindi ? Una prova di devozione che mi chiedi ?
Non giunge risposta alcuna.

Il locandiere esce a chiamare aiuti, mentre la figlia tampona le ferite inferte dall'animale che siede davanti a me con noncuranza.

Avrei potuto dire che è stato lui ma sarebbe stato inutile: è palesemente disarmato, e nessuno crederebbe alle mie parole. Inoltre, qualcosa mi dice che è esattamente quello che vuole...la sua sicurezza è del tutto innaturale, e se temesse di essere scoperto non avrebbe quest'atteggiamento.

“Mi hanno attaccato dei banditi...fuori città...”

Il dolore del cotone tamponato con l'alcol è sopportabile; ciò che invece non lo sono i modi composti di lui e il clima generale a torno a questa tavola.

Lui sorride, composto e calmo: lui sa di avere in mano la situazione, mentre io non ho niente.
Ancora una volta, mi trovo sconfitto dal destino.