A beauty or a beast?

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    Endlos - Rifugio Abbandonato del Bloodrunner



    Risuonavano i passi di una giovane ragazza. I tacchi picchiettavano il terreno. La brezza leggera di quella notte e il silenzio della solitudine contribuivano ad amplificarne il suono. Una ragazza incurante dei pericoli della notte. L'ombrello aperto accompagnava il suo passo, nascondendole il viso agli sguardi degli invisibili. Un topolino, al suo passaggio, squittì via impaurito. Un gatto voltò il suo faccino vispo in quella direzione. Saggiamente preferì non giocare col topolino ma di porsi al suo stesso livello e sgattaiolare via.

    Aveva incontrato un uomo. Un signore simpatico, non era come gli altri. Non la guardava con intenti cattivi. Le raccontò di avere una famiglia in un altro presidio. Le descrisse il suo viaggio nei minimi dettagli. La giovane era rimasta in silenzio per tutto quel tempo, seduta su una panca, agitando le gambe sospese. Ogni tanto inclinava il docile viso da un lato mostrando un sorriso gentile. Poi la salutò e se ne andò via. Non lo rivide mai più e fino a quel momento non gli aveva ancora rivolto una parola. Solo un profondo inchino per ringraziarlo del suo tempo trascorso con lei.

    Quello era un piccolo rifugio abbandonato. Era composto da tre piani: il piano terra non aveva nemmeno la porta e le finestre si rifacevano agli enormi buchi quadrati posti sui muri. Una parte della scala era distrutta, senza preoccupazione raggiunse il secondo piano apparentemente senza un motivo. Il terzo piano non era accessibile: il tetto era sfondato. Osservava la porzione della città nel suo momento migliore. Nel silenzio più totale, nella tranquillità ristoratrice. Il tempo in cui tutto avviene di nascosto, dove l'immaginazione prende vita, la libertà è così forte da spezzare ogni catena.

    C'era una statua di ghiaccio. Così lavorata, così perfetta. Raffigurava un individuo umano. Fatto talmente bene da sembrare reale.
    "Buonasera" - disse senza voltarsi. L'ombrello aperto nascondeva una grande porzione superiore della sua figura posteriore. La voce inconfondibilmente femminile, docile e gentile. Qualcuno era venuto a trovarla. Passò il dito lungo il braccio della statua di ghiaccio mentre con l'altra mano teneva il manico dell'ombrello. Lo faceva girare talmente lentamente che pareva fermo, bisognava fissarlo a lungo per comprendere il suo moto rotatorio.
    "Le piace?" - domandò, senza ancora voltarsi - "Penso sia un'opera d'arte, lei?" - rimase di spalle lisciando col dito il medesimo arto.



    Edited by "Gerik" - 26/2/2016, 22:00
     
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    Risposta mentale di Asriel


    Bloodrunner: descritta da tutti come uno dei posti peggiori su Endlos, per me non è altro che l'ennesima città piena di sudici umani. Sono ormai qui da qualche settimana, e non ne sopporto più neanche la vista. Il loro puzzo, la loro pelle liscia e la loro stupidità avvelenano il mio vivere; davvero, ho viaggiato a piedi per chilometri e ho incontrato quasi esclusivamente i loro volti carnosi dagli occhi stupidi che s'incorniciavano d'infantile curiosità alla mia vista. E questo solo nel migliore dei casi: qualcuno ad ovest ha anche cercato di nascondere le proprie donne, come se io avessi la minima intenzione di approcciarmi ad una schifosa umana, sopratutto in certe maniere.

    Certo, ogni incontro è una possibilità di raggiro; un modo per affilare la mia lingua ed apprendere nuovi modi per ottenere ciò che voglio ma sono sinceramente stanco degli umani e della loro omni-presenza su questo piano d'esistenza.

    “Dovrai farci l'abitudine, Asriel: poiché non puoi sterminare tutti gli esseri umani. E poi, guarda il lato positivo, quando sarai diventato abbastanza potente, loro saranno marionette nelle tue mani, e sarai tu a tirare i fili di questo teatrino.”


    Digrigno i denti al pensiero di attendere ancora. Voglio tornare a casa: la mia gente ha bisogno di me, di un re che li guidi e che metta a tacere l'imperatore e il suo esercito di sporchi taglia-gole.

    “Questo lo so, Maestro...eppure ciò non fa altro che aumentare la mia impazienza.”


    “La calma è la virtù dei forti, Asriel: come l'alligatore può aspettare giorni sotto l'acqua in attesa della presa, così doma i propri impulsi può muoversi tra le spire della realtà e dominarla. Tu sei un ragazzo intelligente, dalle mille potenzialità: diventerai un grande re e vendicherai il tuo popolo, ma solo se riuscirai a domare la tua rabbia.”


    “Come al solita avete ragione, Maestro.”

    Riflettendo un po', penso che dormire in un edificio abbandonato non sia una cattiva soluzione e qui nei paraggi ce ne sono un sacco: alla fine non spenderei niente. Certo, non amo lo sporco e la decadenza che li contraddistinguono, ma difficilmente troverei tra i diroccati anfratti di questo luogo disgustosi umani a fissarmi.

    La notte si staglia nel cielo come un telo nero dai ricami stellati. Entro dentro una struttura di tre piani, l'architettura è decisamente atipica per il mio gusto, ma abbastanza comune da queste parti: un sacco di vetro, poco legno e molto di quello che chiamano “intonaco”. Materiali di bassa qualità e questi sono i risultati: strutture brutte ed economiche che non resistono allo scorrere del tempo, mica come il marmo bianco o la pietra solenne della reggia di Belkaja. Più ci penso e più mi sembro uno di quegli anziani che tanto disprezzavo quand'ero su Helios, così conservatori e rigidi...in parte ora mi sembra di capirli: l'ordinario da stabilità, certezze - tutte cose che in questo momento mi mancano fortemente-. Il primo piano, nonostante sia buio, è pieno di vetri torri, ed io sono scalzo. Procedo con cautela, cercando di non tagliarmi, ed arrivo alle scale. Salendo un gradino alla volta, mi sembra di scorgere una figura: dalle gambe sottili che fuoriescono da quella specie di parasole enorme, potrebbe essere una donna. L'ennesimo umano. Vicino a lei...una statua di ghiaccio dalle sembianze umane ? Mmmh, qualcosa qui non quadra.

    Mi saluta, come ha fatto a percepirmi ? Ero scalzo e non ho prodotto rumore salendo le scale!
    Che sia in grado di percepire l'anima delle persone ? Mi rivolge un'altra domanda, questa volta mi chiede se la statua di ghiaccio sia considerabile un'opera d'arte. La voce è candida e soave, peccato che appartenga ad una sgualdrina dalla pelle liscia, ma stiamo al gioco: fingiamo di discutere d'arte ad un salotto qualsiasi.

    “A mio parere, my lady, non è niente di speciale: certo, la mano è pregevole e lo si nota dalla perfetta fisionomia della statua, ma si tratta di un semplice sfoggio di tecnica senz'anima e niente di più. Scusate, la maleducazione: Asriel Dreemurr, my lady. Sarei onorate se anche voi vi presentaste...”

    Chi è questa donna ? Perché è qui e perché c'è una statua di ghiaccio in un luogo del genere ? Quest'essere è molto più di quello che sembra dar a vedere, e ciò m'intriga non poco. Quest'incontro potrebbe essere più interessante del previsto.

     
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    C'era una volta una giovane che visitò un sontuoso palazzo. Era l'abitazione di un figuro ricco e importante. L'aspetto di codesto era alquanto bizzarro: il volto di capra era sufficiente. La giovane era stata "invitata" per un appuntamento notturno, quella accettò volentieri non sapendo della natura bestiale del proprietario. All'interno del raffinato ambiente vi era una scultura di ghiaccio, levigata alla perfezione. Il dito guantato smise di seguire le linee curve del braccio. Si voltò leggermente portando l'ombrello in modo da coprire la metà superiore del suo viso e lasciare in mostra un semplice sorriso gentile.

    La creatura non umana portava un vestito insolito: lungo, nero e rosso, pareva un monaco.
    "Senz'anima?" - il sorriso si spense, la bocca schiusa dava segno di perplessità. La giovane si spostò, passo dal lato destro a quello sinistro. E ripeté ciò che aveva fatto poc'anzi. Portò l'asta dell'ombrello sull'altra mano, dando nuovamente la schiena al nuovo arrivato. Passò l'indice guantato della mano opposta seguendo lentamente le linee dell'altro braccio della statua fredda.

    "Piacere Asriel, come vorresti chiamarmi?" - domandò lasciandosi scappare una piccola risata smorzata subito.
    "Non volevo.." - dispiaciuta, accompagnò la voce anche il corpo, la schiena leggermente ripiegata in avanti, facendo intuire che stava guardando per terra. Raddrizzò la schiena e riprese a seguire il braccio scivoloso, sta volta in senso opposto, raggiungendo in breve la spalla e lì fermandosi.

    "Senz'anima?" - ripeté la domanda retorica - "Comprendo" - si voltò nuovamente verso Asriel.
    "Lei si riferisce alla sua natura immobile, dico bene?" - domandò con cortesia, gettò un'occhiata verso la statua per poi tornare a guardare colui che le aveva onorato di quell'epiteto di cortesia ed educazione.
    "Credo mi piaccia proprio perché immobile e perfetto" - continuò con un tono molto tranquillo, forse snervante per persone dal temperamento impaziente.

     
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    Ecco, si volta verso di me, finalmente posso vedere la mia compagna di sventure: le mie.

    Una donna, o forse no ? Il suo viso ed il suo corpo lineamenti sono troppo giovani: direi che è quasi una ragazzina, un'adolescente. I suoi movimento sono melliflui, qualcuno avrebbe addirittura potuto trovarli seducenti: non io, non un Satyr in cerca di riposo, non un re in cerca di vendetta.

    “Senz'anima?”

    Ripete quello che ho detto, come se non capisse il senso delle mie parole. Eppure non è così difficile.

    Mi saluta, e poi mi chiedo come preferisco chiamarla, ridacchiando. Nonostante il suo gesto mi infastidisca, non lo do a vedere, anche se ha deciso di scusarsi subito dopo.

    “Ci sarebbero molti modi in cui potrei chiamarvi, my lady, ma quello che voglio io non ha importanza: quello che conta è cosa volete voi. Voi come vorreste essere chiamata?”

    Un paio d'idee mi balenano per la testa, una più scortese dell'altra, ma poco importa: sono messe subito a tacere. Sono combattuto: da un lato voglio che la pelle liscia sparisca dalla mia vista e che mi lasci solo, tra le braccia di Morfeo, ma dall'altro sono incuriosito da quello che sta accadendo in questa stanza; d'altronde quella statua di ghiaccio non sembra essere sempre stata lì, sembra quasi essere stata generata sul momento, anche perché non c'erano segni di trascinamento al piano inferiore. Che anche lei sia un mago ? D'altronde è assodato che in questo mondo l'arcanismo è estremamente diffuso.

    Alla fine, ho deciso di cedere alla curiosità.

    Mi avvicino alla ragazza, che nel frattempo mi ha di nuovo dato le spalle. Sembra dispiaciuta per la sua mancanza di rispetto di poco fa, cosa intuibile dalla postura. Ma quanto posso credere alle sue parole ? È un'umana, e probabilmente è anche un mago. Devo stare attento, studiare le mie mosse.


    “Ad ogni modo, my lady, è proprio questo il problema: questa scultura è una ricerca vana ed inutile della perfezione, quando l'arte dovrebbe essere un impulso del cuore dell'artista, l'espressione e la glorificazione della forza dell'emozione. L'arte deve essere impeto e tempesta, come si suol dire.”

    Ormai era al suo fianco, e potevo guardare meglio i suoi lineamenti ed il suo corpo, nascosti dal parasole. Nonostante la sua statura bassa, sembra non essere così “ragazzina” come da a vedere: il viso e giovane, ma maturo e le sue forme sono quelle tipiche di una giovane donna. Rimane il fatto che è molto più giovane di me, sempre se questo sia il suo vero aspetto: per quanto poco so di lei, potrebbe anche essere un demone, o una creatura sovrumana: una bestia nel corpo di una fanciulla, che si diverte ad attirare ignare vittime nel suo castello. In quel caso, io sarò pronto a reagire.
     
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    A dire il vero, lui non era ricco e lei non era stata invitata. La giovane, per coincidenza o altro, anticipò la meta di quell'individuo. Quattro piedi calpestarono quei gradini e la possente abitazione altro non era che una casetta abbandonata e diroccata. Diversi, sia nell'aspetto che nelle idee. Uno preferiva il movimento, l'impulso frenetico artistico, mentre l'altra verteva alla dolcezza e sinuosità che procurava l'immobilità. Tutto uguale e ogni cosa differente. Colei che ardeva con passione per l'immobile, freddamente nascondeva una mutevole mentalità.

    "Come voglio essere chiamata?" - inclino la testolina sempre sorridendo, una punta di smeraldo lo fissava da sotto il telo dell'ombrello. Raddrizzò il capo, tornando a nascondere i suoi occhi sotto l'ombrello.
    "Ma tu già mi hai dato un nome" - rispose riferendosi al mondo in cui la chiamava, da non interpretare come lamentela, era totalmente indifferente, poiché i nomi sono solo convenzionali.

    "Apprezzo la sua gentilezza e rispetto le sue idee" - si scostò dal suo fianco improvvisamente per portarsi all'altro lato della statua con un giro su se stessa, quasi come un passo di danza.
    "Ciò che si muove tende a finire, ciò che rimane fermo tende a durare in eterno" - una frase che nascondeva vari concetti e lei voleva focalizzare l'attenzione su un dato aspetto filosofico.

    Si avvicinò alla finestra e, con fatica per mantenere celato parte del viso, si sedette lì sopra. Cominciò a dondolare le gambe sospese nel vuoto.
    "Immagino lei sia pronto a ribadire il suo pensiero credendo che l'immobilità è pari alla morte" - avanzò, stese il percorso da seguire per la conversazione.
    "Dico bene?" - chiese con quel sorriso che a lungo andare poteva creare antipatia - "Le chiedo ancora: la statua la considera un'opera d'arte?" - e le gambe smisero di muoversi in attesa di quella che apparentemente doveva essere una risposta importante.

     
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    Dubbi, troppi dubbi.

    Lei è melliflua, come i suoi movimenti, ma nello stesso schiva. Una sensazione che non mi piace: un gatto che gioca con un topo, ed io non sono il grazioso felinide simbolo d'astuzia.

    Non vuole rivelarmi il suo nome, e qui mi accorgo di aver già fallito: la mia intelligenza mi avrà anche concesso di levare l'altisonanza nel mio nome, ma l'orgoglio di sfoggiare il natale di casa Dreemurr è troppo forte. Lei sa già una cosa su di me, ed io non so niente su di lei.

    Dubbi, troppi dubbi.
    E il dubbio è sinonimo di debolezza.

    Per ora stiamo al gioco, fingiamo di essere il topo, o la damigella smarrita: lasciamogli credere di avere il controllo. Non lasciamoci ammaliare dai suoi modi gentili, è pur sempre un essere umano, o almeno è tale il suo involucro, e questo mi basta a dubitare di lei: infondo la realtà è un concetto relativo, quando in gioco entra la magia, la più astuta delle menzogne.

    Lei si sposta sul cornicione di una fu finestra, cercando comunque di coprire il suo volto giovane, per poi riprendere a parlare di arte, o meglio: di filosofia dell'arte.

    “No, almeno non completamente.”

    Risposi io, avvicinandomi alla statua e sfiorandone il braccio. È freddo, come dovrebbe essere. Ma non sembra bagnare le mie dita, il che vuol dire solo una cosa: questa statua non è naturale.

    “L'immortalità è immobilità: è un estraniarsi dal mondo e dalle cose, un costante ed eterna fuga da una presa di posizione all'interno della corrente dell'esistenza. L'immortale è la pietra immobile dei sepolcri, mentre i grandi eroi dentro di essi sono di carne viva ed impeto, ma non sempre vengono capiti.”

    E così è stato per me: io ho preso posizione contro le armate della lega dell'acciaio e del loro imperatore. Ed anche se ho violato i codici e le norme, ho fatto quello che era giusto per il mio popolo. Non l'ho salvato, ma quanto meno sono stato in grado di vendicarlo. I miei genitori passeranno alla storia, immortali ed eterni, ma io la storia l'ho fatta. Ed è per questo che sono finito qui? Per espiare un peccato inesistente? Io ho agito per amore, e ciò che si fa per amore è aldilà del bene e del male.

    “E comunque, si tratta indubbiamente di un pezzo di valore, ma difficilmente riuscirei a definire arte qualcosa di così freddo. Da un lato però, posso capire perché piaccia a voi: è freddo, distaccato e seducente come voi che, dietro un sorriso ed i vostri movimenti agili, nascondete il vostro viso e la vostra identità.”

    Mi avvicino a lei, e alla fine sono di fronte alla figura. Il passo è deciso, la voce è ferma.

    “Ditemi la verità: voi non siete un semplice umano, vero ? E se questo è vero: questa statua non è qui per caso, giusto ?”

     
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    "Mi lusinga" - si portò una mano alla bocca simulando un'espressione di stupore. Senza scostare la mano, sorrise nuovamente, stavolta in modo anormale. Un sorriso più largo dei precedenti, mostrando la dentatura perfetta e allineata. Quindi scosto la mano e lentamente quel sorriso si fece più tenue tornando al pari dei precedenti. Il partner da ballo si avvicinò fin di fronte a lei, poteva vedere i lineamenti del viso, non tutti però. L'altezza dell'ombrellaia era talmente misera che avrebbe dovuto tentare di piegarsi sulle gambe per scorgere i suoi occhi.

    Smorzò una risatina. Scese dal cornicione con grazia e con leggerezza si mosse nuovamente dall'altro lato della statua. Fece finta di nascondersi dietro il profilo di ghiaccio.
    "Credo lei non si fidi di me" - quei complimenti andavano a descriverla perfettamente - "A che servono le mie parole, dunque?" - e si mise a ridere, una risatina in parte coperta da un'esile mano. Un tira e molla, lui cercava di tirare via il velo che la copriva e lei ne rimetteva un altro.

    "Ha davvero importanza se io sono umana o meno?" - si scostò dall'immobile e fredda statua, mostrando la sua intera figura, sempre a eccezioni delle parti volutamente nascoste.
    "Le cose non si generano dal nulla, abbiamo parlato di immobilità e movimento.." - si esibì in un profondo inchino, tenendo l'ombrello aperto di lato, peccato che il viso era rivolto verso il basso. Poi portò lo strumento davanti, a coprirla interamente, così da risollevarsi e riporsi nell'originaria posizione.

    "Se i due concetti fossero uniti, la considererebbe arte?" - una fusione tra i due concetti. L'arte, come le cose, non nasce dal nulla. La vera arte è quella che si sviluppa prendendo una forma definita. Era forse questo che voleva intendere? Un concetto astratto è già difficile di per sé da comprendere, prenderne due e unirli poteva risultare molto più complesso. Era curiosa di sentire il parere di Asriel. Di conoscere il suo pensiero in merito, sempre se il suo intelletto si dimostrava all'altezza.

     
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    Questa follia inizia ad innervosirmi, sto odiando questa donna con tutte le mie forze: ogni centimetro del mio corpo vibra alla sua sfuggevolezza, al suo costante giocare con me e i miei nervi. Vorrei colpirla, fargli del male, lasciarmi andare all'ira e dipingere questa statua di ghiaccio con il cremisi delle sue membra.

    Vorrei farlo, ma sono ancora troppo debole, e non ho elementi per intuire la sua forza, in nessun campo. Si limita a non sbilanciarsi mai, a sfuggire dalla mia presa rifiutando il confronto diretto e muovendosi sinuosamente per la stanza. Più mi avvicino a lei, più lei si divincola. Ogni parole studiata per metterla in difficoltà sembra rivelarsi inutile, poiché lei sembra disinteressata a darmi un qualunque tipo d'indizio.

    “Non sono qui per parlare d'arte.”

    Una risposta secca e decisa: basta con i giochetti da gattamorta.

    “E ti ho chiesto se sei umana o meno perché difficilmente un essere umano può trasportare una pesante statua di ghiaccio su per una rampa di scale senza versare una singola goccia d'acqua a terra. Questa statua, inoltre, sembra non risentire minimamente dell'ambiente, il che vuol dire solo una cosa: è stata generata da un'arcano. Quindi le risposte possibili sono solo due: o sei un mago, oppure non sei un essere umano. Il tuo essere così evanescente non fa altro che infastidirmi, quindi basta giocare: dimmi chi sei.”

    Un altra risposta del genere, e le avrei aperto lo stomaco a mani nude.

    “Asriel, calmati: non è un atteggiamento che si confà a quello di un mago, tantomeno di un congiuratore.”

    “Non m'interessa: sono stanco di giocare al gatto e il topo con questa disgustosa sgualdrina umana!”

    “Attento a non farti accecare dall'ira e dalla presunzione: non sai chi hai di fronte, l'hai detto tu stesso.”

    Guardo negli occhi la giovane, da un momento all'altro mi aspetto una risposta: o sua, o mia.

     
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    La musica del ballo era terminata, ora era cambiato il ritmo e, per quanto l'invito poteva essere accogliente, solo la bestia aveva la possibilità di scegliere se accettare o meno. Ma quale dei due era davvero la bestia?
    "Peccato" - si irrigidì, non un singolo movimento, non un singolo spasmo - "Sembrava un argomento interessante, ma se non ti piace, allora non lo è più" - disse tranquilla, l'atmosfera era cambiata improvvisamente, come se fosse calato il sipario.

    Sorrise poi, per l'ennesima volta. I lati della bocca talmente allargati che la sua espressione parve per un attimo inquietante e ricco di cattive intenzioni. Forse solo una sensazione sfuggevole, mentre già quel sorriso si attenuò e rese tutto più innocente con l'inclinazione leggera della testa.
    "La sua visione è limitata" - sentenziò raddrizzando la testa - "Non bisogna essere maghi per fare magie, in questo mondo anche gli umani possono fare magie senza essere maghi" - su Endlos si poteva trovare di tutto, una miriade di combinazioni, ma esisteva davvero una definizione precisa di mago oppure bastava conoscere un incantesimo per rientrare in tale categoria?

    "Ripeto: la sua visione è limitata" - ripeté senza problemi, divago nuovamente - "Se le danno fastidio i miei movimento, eviterò di farli" - affermò e proprio mentre lo diceva aveva sollevato un ginocchio e cominciato inesorabilmente a girare su se stessa. Esattamente il contrario di ciò che stava dicendo. Terminò l'esibizione facendola coincidere con l'ultima parola. Una piccola risatina, in parte fastidiosa, in parte d'attesa.

    "Non le è venuto in mente l'eventualità che l'origine di questa eventuale statua sia avvenuta prima del mio arrivo?" - domandò tornando sull'argomento lasciando un'altra risatina di sottofondo. Aveva posto un nuovo problema nell'argomentazione dell'uomo in tunica, d'altronde non c'era nulla che imputasse la creazione di quella statua all'ombrellaia. Bianco o nero, anche se solitamente si dovrebbe pensare al grigio. Un po' come la questione dell'arte posta poco prima: immobile o movimento? E se fosse una fusione? Una via di mezzo?

     
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    Continua a eludere ogni domanda, continua ad ignorare le mie richieste, continua ad irritarmi.

    Non tollererò oltre un simile atteggiamento, una simile mancanza di rispetto. Io sono Lord Asriel Dreemurr primo, figlio della casata Dreemurr e futuro re del regno di Belkaja, e non mi faccio umiliare così una stupida umana. Vuole giocare? Vuole prendersi gioco della bestia ? Gli mostrerò che questa bestia ha unghie ed artigli affilati, e che non ha paura di usarli.

    “Quale statua? Io vedo solo un corpo mutilato...”

    Un impeto, un parto involontario della mia mente, un'ombra che si allunga verso la schifosa meretrice: sto lanciando un incantesimo, guidato solo dall'impulso.

    “Asriel, ti stai comportando come una bestia senza intelletto: questo comportamento non è da te, erede al trono di Belkaja!”

    Ignoro le parole del sommo: possiate voi perdonarmi, maestro, ma se devo sbagliare, voglio farlo da solo.

    Dal lembo d'oscurità fuoriescono due occhi, bianchi come la luna nelle sere d'inverno: due fari di un porto fantasma, gli occhi di un predatore che fissano la propria vittima. Una massa nera si alza e prende forma. La prima cosa ad emergere è la testa, simile a quella di un drago, accompagnata da una risata, graffiante come le grida di uno spettro. Poi le braccia lunghe e possenti, seguite da un corpo robusto, fluttuante nell'aria. I raggi della luna incorniciano la sua eterea figura. Infine, una spada di argenteo metallo compare tra le sue dita. Al minimo contatto con la lama, lo spettro libra un colpo alla statua; un dritto diretto al collo della statua, decapitandola di netto. Il colpo è seguito da uno ridoppio, che apre il ventre della statua senza troppe difficoltà. Schegge di ghiaccio vengono sparse per la stanza, ed è molto probabile che una di queste sia finita sulle mie vesti, dato la sensazione di freddo che scorre fino ai piedi della mia gamba destra.

    Il mio sguardo non riesce a trattenere un certo rancore nei confronti della piccola e sfaccia signorina, ma non è il solo a posarsi su di lei: anche l'ombra la guarda, la brama, la desidera. Per lui, lei è solo un pezzo di carne, una futura vittima. Per me, una scocciatrice, una pratica da sbrigare. Normalmente, la nobiltà si avvale di servi atti a sbrigare queste faccende, ma io sono diverso: ogni tanto amo anche io sporcarmi le mani.

    “Padrone, ti prego, posso giocare con lei?”


    “No Xun, rimani al tuo posto: per oggi ti sei già divertito abbastanza.”

    Mi avvicino alla signorina: il passo è deciso.

    “Come ti ho appena palesato, io non sono una persona a cui piace perdere tempo, e come avrai intuito, non ho molto in simpatia le persone troppo schive come te. Perciò, inizia a parlare in maniera chiara, perché Xun è un cagnolino ubbidiente, ma sono un po' di settimane che non gli do da mangiare, e non riesco ancora a controllare bene i miei poteri. Non mi perdonerei mai se, per sbaglio, la sua lama sporcasse un corpo così perfetto come il tuo: un fiore così perfetto va rimirato e conservato, ma purtroppo io non credo di essere in grado di farlo, maldestro come sono... soprattutto se il fiore non si lascia cogliere...”.

    Il tono era volutamente ironico, a parte l'ultima frase: per essere un umano, ha decisamente dei lineamenti gradevoli. Ormai le sono di fronte, non ha scampo, almeno che non decida di passare alle maniere forti, il che sarebbe molto più divertente di questa mascherata.



    Edited by Ex/Human - 3/3/2016, 14:00
     
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    Non batté ciglio. Non si scompose minimamente. Rimase immobile mostrando quel fastidioso sorriso, mentre le lastre di ghiaccio si disperdevano per tutta l'aula andando, inevitabilmente, a toccare i presenti. Un'arte andata in frantumi. Un atto d'ignoranza, distruggere la cultura, in vari luoghi e menti, è considerato un atto codardo e ignobile. Ma a lei interessava poco della fine di quella statua, se era stata distrutta doveva essere imperfetta. Meritava quella fine, sia l'opera che chi da dentro alimentava tale scultura.

    Quattro piedi calpestarono quei gradini. Quattro piedi perfettamente umani. Due piccoli di donna e due più grandi di vecchio. Le sue storie erano interessanti, quello ebbe l'onore di avere una spettatrice che s'inabissava mentalmente nelle sue avventure. Aveva deciso di trasformare la sua decadenza in arte, di renderlo bello come l'eterno. Un premio che a pochi spettava e che la maggior parte di loro rifiutava. Aveva famiglia, stava tornando da loro, ma aveva avuto la sfortuna di incontrare lei. E così le disse addio, lasciando che il cuore venisse fermato dal gelo eterno.

    Il sorriso scomparve, quasi realizzando completamente l'azione del bruto. Una creatura emerse dalle ombre, stupida bestia, voleva competere con chi aveva già preso possesso del territorio. Tipico degli animali: la dimostrazione di forza.
    "Bestie" - sussurrò scostando lentamente l'ombrello, permettendo così a quelli di vedere completamente il suo viso - "Imparate a stare al vostro posto" - schiuse gli occhi smeraldo e in quel momento una terrificante sensazione avrebbe scosso l'animo delle belve, di fronte a chi, in quel momento, si riteneva superiore, quasi la loro regina.

    "Ciò che ha distrutto era un uomo stanco" - un uomo tramutato in una statua di ghiaccio, un'anima ingabbiata, una creatura vivente reso immobile. L'ombrello si chiuse e sfiorò il terreno con la punta.
    "Imperfetto, così come l'arte da cui ho originato" - un tono distinto di disprezzo, lanciò un'occhiata ai cumuli di ghiaccio per riporre l'attenzione sugli ostili.

    "Dovrei fare di meglio con te?" - inclinò la testa di lato. Un sorriso si allargò in modo quasi innaturale, mutando la sua espressione in una inquietante e terrificante. La punta dell'ombrello liberò una lama che scintillò baciando il pavimento in pietra. L'atmosfera si fece più tesa. Non perché avevano osato attuare un simile sacrilegio. Non perché la misteriosa ragazza poteva sentirsi offesa da un simile affronto, bensì, al pari di un animale cui era tornata la fame, si trovava di fronte all'occasione di soddisfarsi nuovamente. Con la vita e il corpo di altri.

     
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    Thriller Machine

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    Ancora ridi? Molto bene: vorrà dire che Xun, a questo girò, potrà saziarsi dell'anima di una stupida ragazzina. Sono già satura di questo mondo, delle sue leggi e dei suoi abitanti. Ho da fare, io: non ho tempo da perdere con un'umana sciocca ed arrogante.

    “Stai per imparare una lezione importante, Asriel...”

    Ignoro ancora la voce di Na'Hast; quasi non la sento, accecato dalla rabbia e dal disprezzo.
    Sorrido, questa sgualdrina si è decisa finalmente di smettere di sorridere: è un peccato rovinare un viso così gradevole, infondo. Sto per insegnargli che l'immortalità è effimera quanto la vita, sopratutto se sei costretta a viverla con orribili cicatrici sul volto.

    Un momento...cosa mi succede...

    Una scossa gela la mia schiena, come se un frammento di ghiaccio ci stesse scivolando sopra.
    Istintivamente faccio un passo indietro e lo stesso fa anche Xun, come se di fronte a me si fosse palesata una minaccia imminente, un qualcosa che metta in pericolo la mia incolumità. Le sue parole, le sue parole stanno avendo uno strano effetto su di me...ho paura, ho paura di lei! NO, non può essere!

    Un altro passo indietro, sono sempre più vicino alla finestra. Maledizione Asriel: riprenditi!

    "Ciò che ha distrutto era un uomo stanco, imperfetto, così come l'arte da cui ho originato. Dovrei fare di meglio con te?"

    Perché? Perché questa cagna mi mette in soggezione? No, io non mi farò uccidere da questa stupida. Una lama scatta: è il suo ombrello. Scatto all'indietro e mi senza accorgermene mi taglio con il bordo della finestra rotta. Ho solo una possibilità: attaccare, attaccare nella speranza di mettergli paura e farla fuggire.

    Alzo la mano, gli occhi sono sbarrati, impietriti. L'espressione è contratta in una smorfia di nervosa paura.
    Una frusta di luce saetta nelle mie mani.
    Un gesto nervoso del braccio, un colpo diretto al viso e tirato con tutta la forza che avevo in corpo.

    “Sparisci dalla mia vista, serpe!”


    Come una bestia, ho appena agito d'impulso. Come una bestia, non sono riuscito a controllarmi. Come una bestia, non ho riflettuto sul mio agire: né prima, né ora.
    Ho ancora tanto, da imparare.

     
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    Indietreggiò. La paura cominciava a diffondersi e a smuovere l'animo del povero animale. Una capretta che si trovava, a sua insaputa, di fronte ad un lupo. Tutti dovrebbero sapere come va a finire, se non che non sempre le reazioni sono prevedibili. Per cui, questo è il momento per svelare come si reagisce di fronte al pericolo. Quale parte del cervello premeva di più, la sensazione che si faceva più imponente delle altre. Tra codardia e coraggio, con l'unico scopo di salvaguardare se stessi. O si scappa o si combatte. Prendersela così male con una ragazza innocente, non è comunque codardia questa?

    Agì d'impulso, di rabbia, tutto alimentato dal terrore insidiato dall'inquietante ombrellaia, che ride e ride di fronte ai primi movimenti incerti del suo nuovo amico. Poi l'imprevedibile, ma non abbastanza da ingannare la ragazza. Una frusta di luce si formò tra le sue mani e, con un violento gesto del braccio, esso sferzò l'aria fino a colpire la pelle piscia della ragazza. Serpe l'aveva chiamata e al pari della serpe avrebbe mostrato la sua muta. Il corpo minuto e leggero cadde - "Ahhh!" - un gemito, quasi ambiguo, riecheggiò in parte per l'unica stanza.

    Che la mente non si faccia ingannare dalle menzogne come accade per gli occhi, specie quando si è in grado di percepire ciò che va oltre la realtà. Poco dopo, il corpo bianco, steso in una dolce posa, sfumò lentamente. Come uno spirito che abbandona il luogo terreno. E successivamente accadde lo stesso all'ombrello, poco distante dalla posizione originaria del corpo. Il silenzio emerse nuovamente inglobando tutto, forse anche le parole di chi non è sicuro su come esprimersi a riguardo.

    Poi una risata. Ancora, più forte, ma lei non è più presente visivamente lì. Come un addio, una firma, lanciò un ulteriore segno di disturbo allo straniero facendogli comprendere del suo fallimento e, al tempo stesso, della fuga più efficacie di sempre. Abbandonò tale reggia, all'ora massima per lei in quel momento. Non per timore, ma per gioco. Il predatore che si diverte con la preda, contenta dei raggiri e delle prese in giro. Concesse al suo giocattolo la possibilità di risolvere da sé quell'ultimo possibile dubbio aiutato da un intuito così palese.
    He he he..

     
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    Ho...L'ho uccisa ? Ho l'ho colpita in pieno viso...l'ho uccisa ? Il suo cadavere è scomparso insieme al suo ombrello. Non, non può essere.

    Il mio fallimento viene coronato da una sonora risata, che risponde ad ogni mio dubbio: la bella non era umana, ed io sono una stupida bestia, spaventata da una stupida fanciulla.

    “Hai appena imparato a non sottovalutare i tuoi avversari, chiunque essi siano.”


    Ammonisce Na'Hast, con tono quasi paterno. Non ho la forza di ascoltare, non ora. Sono stanco ed ho bisogno di riposo. Non mi vergogna di aver fatto a pezzi un uomo: il suo destino era quello di essere condannato ad una vita immobile e senza fine, ed io gli ho solo dato la grazia che meritava.
    Mi vergogno per l'aver agito così impulsivamente, spinto dai nervi assottigliati da una giornata davvero lunga e difficile. Potrebbe sembrare una giustificazione, una scusa, ma non lo è: ho perso il controllo in una situazione critica, e non deve più succedere. Se io morissi, Belkaja rimarrebbe senza eredi, ed i nostri nemici non aspettano altro per poterci invadere ed ucciderci tutti come capri di bestiame. Stupidi umani, stupido l'imperatore e stupidi mio padre e mia madre che non hanno visto l'inettitudine di Hurnai...

    Basta, voglio solo andare a dormire: domani è un altro giorno e Merovish è sempre più vicina.
    Ad ogni passo, le trombe che preannunciano il mio ritorno si fanno sempre più forti.

     
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