Memorie Insanguinate

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  1. _MajinZ_
     
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    Plic.

    Plic.

    Plic.

    Nel silenzio è facile sentire una goccia cadere al suolo, mentre si riunisce con il resto della sua stessa sostanza alla fine della corsa. In genere si tratta di un suono benevolo, benché fastidioso. Lo si associa all'acqua, a una tubatura che perde, a un secchio rovesciato che si prosciuga dalle ultime goccioline. Ma per te che lo stai sentendo adesso... non c'è nulla di benevolo, ma qualcosa che va ben oltre il fastidio. Davanti ai tuoi occhi c'è solo l'orrore.

    Plic.

    Nella penombra della stanza vuota, il tuo sguardo si posa sull'unica cosa che lo attira. Una sedia. Ti soffermi a osservarne le decorazioni e gli intarsi, tutto pur di evitare la vista dell'occupante della sedia. Anche perché chi la occupa non è più in questo mondo. E a giudicare dal rallentamento dello sgocciolio, non lo è più da un po'.

    Plic.

    Il cadavere è nudo, la sua pelle ambrata quasi luccica alla luce dell'ultima candela rimasta. La testa è reclinata all'indietro e la gola mostra un taglio profondo, da cui sgorgano ancora le ultime gocce di sangue... il resto bagna il pavimento sudicio ai suoi piedi. Le caviglie sono legate alla sedia, le braccia ferme dietro la schiena. La pozza è talmente ampia che quasi ti lambisce le scarpe, ti ci puoi persino specchiare.

    Plic.

    Lo strazio però non è ancora terminato. All'inizio non ci credi, ma poi vedi quel tatuaggio a forma di serpente intorno alla coscia destra e al braccio sinistro... e purtroppo sei costretto a crederci. Lo conosci, conosci quell'amico di numerose bevute, quel ragazzo dal cuore d'oro... dagli occhi neri come la notte, troppo ingenuo per vivere in una città come Merovish. E le tue paure si sono trasformate in una cruda realtà.

    Nessuna goccia colpisce il pavimento.

    Qualcosa però colpisce te, oltre al male che già provi. Colui che ha ucciso quel ragazzo ti ha voluto lasciare un messaggio e l'ha fatto nello stesso modo crudele e macabro. Incisa sul petto del cadavere risalta una verità, una colpa.
    So cos'hai fatto.
    E tu lo sai... cos'hai fatto?

     
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    Merovish, oh Merovish! Di tutte le storie che cominciano nel tuo grembo non ne ricordo una che ti celebri per quello che concedi -di tutti i racconti che ti vedono indiscussa protagonista, la maggior parte ti dipinge ingiustamente come una matrigna laida e approfittatrice.
    Sono sempre tutti a lamentarsi dei tuoi difetti. Tutti pronti a ribadire quanto si starebbe meglio altrove. Tutti che criticano appigliandosi a questo o a quel fatto di cronaca, come esempio universale di quanto il male abbia piantato fonde radici tra le tue membra.
    Eppure, immancabilmente, tutti lì giorno dopo giorno che si ostinano a percorrere le tue vie polverose. Perchè, nonostante tutto -nonostante le malignità che escono dalle loro viscide bocche menzognere- non saprebbero dov'altro andare. Merovish accoglie tutti. Merovish, madre buona, non ti giudica. Merovish, unica vera terra di libertà, accetta chiunque tu sia.

    Anche se sei un poco di buono. Soprattutto se sei un poco di buono.

    Uno di quelli che non sa se arriverà a fine giornata. Che magari, talvolta, compie un furtarello. Che pratica un'arte antica, quasi dimenticata, ma lo fa di nascosto. Che invece, sulla piazza pubblica, si vende per bisogni assai più concreti -che vende il suo corpo, l'unica cosa di valore che abbia da offrire, in cambio di un prezzo irreale ed incapace di sfamarlo.
    Un matto, dunque, uno dei tanti, piccoli, frenetici folli di cui è zeppa la tua memoria, cara Merovish. Uno di quegli ometti giovani fuori ma già morti dentro, di quei disperati che hanno imboccato la via sbagliata e non si ricordano più come tornare indietro (se mai potessero farlo).

    E' la sua storia. La sua storia di oggi. Di quando, stanco ma senza altra scelta, solca per l'ennesima volta la scalinata buia che s'inerpica ripida poco oltre la soglia di un anonimo caseggiato di periferia. Del sospiro sollevato che trae quando percepisce l'odore di casa -quel lezzo stantio di corpi sudati e di amplessi consumati a ripetizione. Del coro di gemiti strozzati, di grugniti e di respiri affannosi che si leva d'oltre le porticine tarlate dell'unico corridoio lì presente, lercio come sempre e trafficato ancor di più. Del picchiettare curioso di un liquido man mano che il giovane senza futuro s'avvicina al loculo reclamato tempo addietro quale proprio giaciglio (nonchè sede di ben chiara attività lucrativa).

    E' un rumore strano, lì in quel lupanare di ultima categoria. L'acqua corrente infatti non esiste, nemmeno quella nei pozzi o in qualche altra diavoleria di contenitore. L'oro blu del mondo è un lusso che in quell'angolo di tana non ti puoi permettere, dolce Merovish, e sentirlo sbattere ritmicamente al suolo è un dolore ed un crimine dei più gravi in assoluto. Di sicuro, però, si tratta d'altro: un qualche alcolico sgocciolante da una bottiglia riversa distesa, oppure uno di quei veleni scadenti in boccale che qualsiasi bettola del luogo saprebbe rifilarti se non fai espressa richiesta di una bevanda quantomento potabile.

    Dopotutto, il ragazzo con le occhiaie e la bandana aspettava visite. Un cliente, uno di quelli abituali pur nella loro bizzarra volontà di venire a trovarlo raramente. Un altro giovane, uno straniero, che per i tuoi cunicoli, meravigliosa Merovish, bazzicava quel poco cui lo obbligavano i suoi impegni -qualcuno che non si spingeva a Sud per i servigi del ciarlatano, ma quando era a Sud non ne rifuggiva prima di averli esatti fin nell'intimo del piacere atavico che essi gli sapevano regalare.

    Julio, ti ho mai detto di aspettarmi fuori? L'alcova non è solo nos-...

    Ma le parole gli muoiono in gola, spezzate dalla triste realtà che si palesa ai suoi occhi quando lo sguardo lo precede nello stanzino muffito: Julio c'è, è lì ad attenderlo, accomodato sull'unica seggiola che uno spiantato come il falso pirata possa permettersi. Julio è lì, nel vigore degli anni, con le grazie al vento come d'abitudine e come previsto.
    Ha le caviglie legate alle gambe del seggio e le braccia parimenti fisse dietro la schiena, la bocca spalancata e gli occhi bendati da un panno liso color della sabbia. La sua lingua si spinge nell'oscurità dell'ignoto e dell'eccitazione, la muscolatura è tesa, allo spasmo.
    Ma non è un gioco erotico quello che si presenta agli occhi di chi è appena sopraggiunto -non c'è palpitazione nel cuore di chi, legato, gocciola le proprie ultime lacrime cremisi.

    Julio! Cosa...?

    Uno sguardo rapido d'intorno, a cogliere dettagli che non esistono, a cercare spiegazioni che non sanno recar conforto. Poi la nausea, un conato di vomito, i tremiti e la disperazione di comprendere davvero quello che è successo.

    Julio era arrivato puntuale. Si era introdotto in quel luogo di perdizione che oramai consoceva bene. Versato l'obolo di rito a Madame Caressa, il ragazzone omofilo sicuramente avrà salito l'ingresso pirncipale e percorso lo stretto passaggio verso lo stanzino dei desideri. Di lì a poco sarebbe giunto lui, in tutto il suo esotico spledore, e senza fretta di concludere sarebbe cominciata una serata memorabile per entrambi.

    Già, Julio. Da quando Joshua se n'era andato, il contaballe non aveva trovato più nessuno con cui vivere appieno i propri sogni: al di là dei clienti -tutti fissati con il mero atto e ben pochi capaci di soddisfarlo anche in quello- non aveva più trovato nessuno disposto ad alternare divertimento e dialogo, piacere a presenza. Aveva avuto qualche blanda speranza con un biondo assassino, ma alla fine, pure quello, non si era dimostrato altro che un freddo e disinteressato egoista. No, era destinato a rimanere solo. Solo con se stesso. Solo senza Julio.

    Perchè Julio se ne stava lì, in silenzio. Nulla ne ostruiva la bocca, eppure l'unico suo verso era un incessante gocciare sul pavimento. Non era saliva -magari fosse saliva!
    Dalla gola squarciata un guanto scuro gli afferrava il collo e lo stringeva in una morsa mortale; nel grido spalancato di terrore che gli faceva sporgere il mento si potevano leggere i suoi ultimi istanti, quando il viaggiatore aveva finalmente compreso che a prepararlo per quella sessione atipica non era stato il suo prediletto; sul petto brunito dal sole, meta adorata di mani che desideravano accarezzare il suo folto vello scuro, spiccavano invece tre minacciose parole ricamate verso l'interno.

    Inutile chiamare aiuto, superfluo gridare all'omicidio.
    Non è uno scandalo se succede alla luce dei tuoi occhi, perfida Merovish, figuriamoci se lo sarà mai nel chiuso di un bordello. Di tanti testimoni che sicuramente erano presenti, nessuno avrà visto. Di colleghi, vicini o nemici che siano, nessuno è degno di fiducia nè tantomeno generoso o caritatevole.
    La vita scorre, per tutti, e per tutti scivola via.

    Il tatuatore sa che sarà solo, una volta di più. Quello che non sa, per sua sfortuna, è a cosa si riferisca il monito costato la vita all'amante: troppe sono le vicende che l'hanno coinvolto e troppi i segreti che custodisce.
    Che cosa abbia fatto tra le tante cose illegali o riprovevoli -tra gli innumerevoli errori compiuti e gli ancor più divienti infranti- è quello ch'è intenzionato a scoprire.
    Per sè. Ma soprattutto per Julio.
     
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  3. _MajinZ_
     
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    Julio sembra così rilassato, ad un primo sguardo tutto ciò può sembrare normale e non sarebbe la prima volta che in un luogo come questo ci si spinge in qualche gioco bizzarro. Ma sai bene che non si va mai oltre, non si supera quel limite che purtroppo il ragazzo ambrato ha valicato... senza poter più tornare indietro. Il tuo corpo però reagisce all'orrore e sei costretto ad abbassare lo sguardo, ritrovandoti ad osservare qualcosa che fino a quel momento hai ignorato.
    Il sangue scorre e come un fiume trasporta una pergamena fino ai tuoi piedi. Solo il piccolo zoccolo di pietra impedisce al rosso di bagnarti le suole. E li, in quel piccolo lago di sofferenza, ti ritrovi a leggere delle parole cariche di risentimento.
    Ti porterò via tutto ciò che ami.
    Proprio come hai fatto tu con la cosa più preziosa che avevo.

    Ormai è palese che qualcuno ce l'ha con te, ti sei già trovato in situazioni simili innumerevoli volte, puoi dire di esserci abituato. Ma questa forse è la prima volta che ti ritrovi a soffrire così, che non capisci quale sia la tua colpa... forse è la prima volta che non hai il pieno controllo delle tue azioni. Non riesci a ricordare e sforzarti ti rende solo ancora più triste, frustrato. Arrabbiato. Perché non prendersela direttamente con te? Perché impedire a una giovane vita di vedere il domani? La risposta è semplice e la conosci benissimo. Sono le cose che ci circondano a renderci umani, sono le persone con cui ci rapportiamo a impedirci di sprofondare. E senza quei punti di riferimento, siamo persi... soli in un mondo ostile.
    Ti ritrovi a pensare a tutto ciò che Merovish ti ha donato, a tutto quel che ami per davvero. Non importa se il sentimento è simile a una semplice simpatia o un amore sfrenato, al momento hai paura di perdere tutto. E in quel bordello c'è qualcuno a cui vuoi bene, qualcun altro. Pensi a quel ragazzino raccolto dalla strada qualche anno fa, salvato dalla morte ma che comunque è finito per vendere il suo corpo proprio per continuare a vivere. Tuttavia non ha mai perso la sua irrefrenabile allegria.
    Ed è allora che senti un urlo.
    Voltandoti vedresti uno dei tuoi colleghi finito per terra a causa dello stupore, del terrore, che indica l'interno di una stanza. Di quella stanza. Vuoi andare a vedere... DEVI andare a vedere. Questo vuole colui che ti sta strappando tutto, che vuole renderti talmente vulnerabile dal trasformare la tua vita stessa in qualcosa di irrilevante. Ma tu puoi sfruttare tutto ciò in un altro modo, vedi la porta che da su quella scalinata che sale fino alla strada... aperta. E c'è del sangue sulla maniglia. Qualcuno è passato da li. E qualcosa ti dice che quella persona ha appena compiuto un grossolano errore.
    E tu... riuscirai a resistere? La vista di ciò che già sai, un giovane corpo brutalmente sgozzato, ti renderà più debole o più forte? Oppure preferisci ignorare tutto e lanciarti all'inseguimento dell'assassino? O magari... resterai li a piangere, a infuriarti per ciò che hai perso? Senza concludere nulla. Tutto ciò che farai dipenderà solo da te, ma sai bene che se non agirai subito, quello continuerà a renderti sempre più solo.

     
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    Non ha senso, non ha completamente senso.
    Per quanto provi a pensarci, a rimuginarci, a cercare un significato in tutto quello, il ragazzo superstite non riusciva a far capo a nulla. Perchè Julio? Perchè? Quale che fosse il prezzo da far pagare al falso pirata, l'altro -il ragazzo oramai senza più voce- non aveva colpa. Nessuna. Così come nessuna responsabilità sarebbe dovuta ricadere su di lui.

    Un altro. Un altro morto. Basta... basta morti, Merovish, basta! Saziati altrove, ma lasciaci in pace...

    Mormora ancora in preda allo shock, forse per rassicurarsi di quello che i suoi occhi vedono ma i suoi pensieri non vogliono accettare.
    Poi le memorie fuggono ai radi momenti felici, a quegli incontri fugaci che ha vissuto -e come se li ha vissuti!- con il viandate ispanico or ora riverso e senza vita sulla seggiola. Non avrebbe dovuto condannare Julio ad un mondo tanto infido -se l'avesse davvero amato, l'avrebbe protetto da quell'inferno di cunicoli e violenza impedendosi di cominciare un'altalenante relazione a distanza. E invece...

    Mi dispiace, Julio. Mi dispiace. Non volevo... non sapevo...

    Ma poi, ha mai amato per davvero qualcuno? Oltre al sesso, al divertimento, alle coccole post-coito e ai giochi di gelosia... sotto quei tatuaggi marinareschi, batte un cuore, ardono passioni?
    Forse no. Forse -se si è ridotto a tanto- non può nemmeno più dirsi umano. Chi altro potrebbe vivere a Merovish, se non una bestia senz'anima? Come altro chiamare un ragazzo che, per quanto abituato alla scelleratezza di un'arcigna Merovish, accoglie il lutto fin troppo in fretta e lo supera nel giro di pochi attimi? Come difenderlo se un piccolo veliero di carta increspa la pozza di sangue e già lo distoglie dalla melanconia e dal dolore?

    Interrogativi che dovranno attendere -domande forse senza risposta, ma per certo secondarie innanzi al ritrovato indizio: la grafia è ignota, ma non lo scarlatto inchiostro con cui è tracciata. I pochi glifi, nella lingua comune, procedono la sequela di minacce. L'avvertimento, deciso a colpire tra le paure e gli affetti del proprio destinatario, lascia però una traccia circa il passato del ciarlatano e del pazzo scrivente.

    Ciò che ami... la più preziosa...

    Soini. Quel piccolo sè, raccattato prima che facesse una brutta fine soltanto per riservargliene una forse peggiore.
    Anche in quel caso, quando ne impedì la morte per aver rischiato di depredare il mercante sbagliato, il contaballe aveva agito con la migliore delle intenzioni: lo aveva afferrato di peso, prima che potesse compiere il gesto fatale, e lo aveva strattonato lontano dal bazar fino a farne perdere le tracce. Lo aveva avvertito del pericolo scampato e degli altri a venire, lo aveva spaventato della crudeltà di quel mondo, lo aveva infine ascoltato e ne aveva appreso la breve, disastrata storia.
    Perchè Soini non era poi troppo diverso da lui, perchè quel bimbo ancora innocente sarebbe diventato esattamente come lui. Un ragazzo di piacere, volente o nolente, quotidinamente impegnato a soddisfare clienti per una misera ciotola di sbobba rancida e una fiaschetta di kefir con cui sciaquarsi la bocca da tutto il resto.

    Era un amico, a modo suo, e gli era fedele nonostante non fosse riuscito a fargli fare il salto di qualità. Ci sperava ancora, in fondo, ma con la consapevolezza amara di perseguire un'illusione irrealizzabile -ci condivideva tempo e averi, con l'intento di proteggerlo, di crescerlo, di aiutarlo ad andarsene da quella Tana senza futuro.
    Soini era la sua occasione di vivere una vita nuova, migliore, altrove. E perciò il tatuatore non si rassegnava all'idea che anche quel ragazzo, ormai sul finire della pubertà, sarebbe rimasto intrappolato sotto le sabbie e poi dimenticato.

    I momenti che seguono si fanno confusi, seppur scanditi da un urlo che squarcia l'aria.
    Ci sono ombre, corpi, stipiti, stanze e ancora sangue.
    Poi il il kraken sulla spalla destra comincia a tremare convulso, mentre lo tsunami sulla mancina prende vita umettato da una pioggia salata.
    Infine, senza formulare un solo pensiero -senza una linea d'azione chiara- una rampa di scale, una porta con la maniglia insanguinata e le tenebre di una notte oramai inoltrata.
    Istinto. Rabbia. Dolore.
    Vendetta.
     
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  5. _MajinZ_
     
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    Tap. Tap. Tap.
    Una corsa sfrenata in un corridoio buio e umido.
    La fuga con la consapevolezza di aver appena commesso un errore, rischiando di rovinare un piano preparato nei minimi dettagli.
    Una vittima, doveva esserci una sola vittima, non due.
    La sua mano però non si è fermata, la sua fame di sangue non si è placata. E un altro innocente ha perso la vita. Nella frenesia dell'omicidio ha rischiato di farsi beccare sul fatto, perdendo ogni possibilità di mettersi in fuga. Perché sa bene che non può affrontare la sua vittima faccia a faccia, non ancora almeno.
    Purtroppo però ha esagerato, accecato dalla rabbia si è lasciato sopraffare dal desiderio di causare sofferenza, di farla pagare a quel maledetto bastardo. Per fare ciò ha intrapreso una deviazione rischiosa, ha ucciso in preda all'ira senza rendere artistica quella morte, ma solo brutale. E adesso si ritrova indietro sulla tabella di marcia. E adesso si ritrova braccato da colui che vuole eliminare... da predatore potrebbe diventare preda. In un istante.
    Uno sguardo dalla cima delle scale. Una pausa nella corsa, la curiosità nel vedere che in qualche modo ha ottenuto ciò che voleva. Un misto di eccitazione e paura mentre gli sguardi si incontrano, mentre una corrente d'aria muove leggermente il cappuccio dell'assassino. Il viso rimane nascosto però, solo gli occhi scuri si mostrano. E quello sguardo non è quello di uno sconosciuto, vi siete visti.

    Vi siete incontrati.

    L'hai già visto.
    Ne sei sicuro.
    Ma non ricordi dove e soprattutto non ne ricordi il motivo.
    Però, per chissà quale strano scherzo del destino, riesci ad accostare un nome a quello sguardo: Jabul. Il resto è ancora troppo confuso e proprio non sei in grado di ricordare.
    Ciò però non muta i tuoi sentimenti carichi di rabbia, di vendetta. E adesso lui pecca di presunzione, ti attende per un istante, un lasso di tempo per accorciare la distanza. Secondi che però non bastano e ti ritrovi a inseguirlo per strada, per la via illuminata dalla luce delle lune... che filtra dall'enorme lago di vetro sulla vostra testa.
    La strada è larga, ricoperta di lastroni di pietra. E qui a causa della fretta l'assassino inciampa, cade a terra, si lascia scivolare il coltello insanguinato. Poi si rialza, dal mantello cade una nuvola di polvere e corre a perdifiato all'interno di una casa che tu sai... non ha altre uscite.
    Devi infilarti in quella tana se vuoi giustizia. Se vuoi la tua vendetta.
    Ma si tratta di un rischio.
    Stai per camminare in un territorio ostile, ne sei perfettamente certo e sai che alla fine è proprio ciò che l'assassino vuole. Vuole la tua vita e vuole ottenerla in un luogo che ha preparato apposta per te, dove vigono le sue regole. Per chissà quale perverso motivo lui ti ha preso di mira, ma ha sbagliato a prendersela con gli altri.
    Con Julio. Con Soini.
    E qualsiasi astio nei tuoi confronti non giustifica le azioni di Jabul.
    Oppure si? Forse non hai rimosso tutto di lui. Se ti sforzi magari puoi scoprire altri dettagli, cercare di capire il perché. Puoi provare a salvarlo, a perdonarlo. Tu puoi farlo... ma puoi anche scegliere il suo destino. Così come lui vuole scegliere il tuo.

     
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    E' un lampo. Un flash. Un istante in cui tutto si svela.
    L'epifania giunge non appena il ragazzo riesce a posare il proprio sguardo sugli occhi dell'aggressore -quando quello si ferma sulle scale col chiaro intento di non perdere le distanze e farsi così seguire lungo le malfamate vie del quartiere dove il bordello ha sede.

    Jabul.

    Il nome.
    Il suo nome.

    E pur senza scrutarlo in volto -pur continuando a correre a perdifiato per cercare di raggiungerlo- è evidente che sia lui. Un fantasma del suo passato, riemerso per perseguitarlo con quanta più sofferenza possibile. Uno spettro avvolto in un drappo scuro, celere nella fuga così come lesto a rialzarsi dopo una caduta inaspettata.
    Sulle prime il finto marinaio riesce a recuperare terreno e mettere pressione al maledetto assassino -non si ferma quando lo vede rovinare al suolo, anzi, con l'intento di coglierlo in fallo egli scatta desideroso di fargliela pagare per i due ingiusti omicidi che quello ha già perpetrato. Invece, purtroppo, la preda sfugge di mano prima di potervi essere a tiro; lascerà dietro sè unicamente un coltellaccio grondante sangue ed una nube di polvere, prima di infilarsi in un vicolo cieco nella foggia d'abitazione. Ed è allora, rallentando il passo, fermandosi a raccogliere l'arma, cominciando finalmente a pensare, che il tatuatore pregusta per la prima volta la propria rapida vendetta.
    Quella casa è un trappola. Per lui, certamente, ma anche per l'altro. La conosce bene -oh sì!- e sa che non ce se ne può andare se non dall'ingresso principale. Nessuna finestra, nessuna mansarda, nessun seminterrato. Un unico varco, quello che or ora una lama cremisi custodisce guardinga.

    Forse la resa dei conti è giunta senza farsi tanto attendere -forse Julio e Soini lo assistono da un aldilà in cui non crede- e di lì a poco potrà colmare due vuoti irreparabili scavandoli dal corpo di chi s'è macchiato di un'atrocità simile (forse cuore e cervella di Jabul sapranno lenire il suo dolore, o forse la vista del corpo martoriato del suo nemico darà senso al nulla che pian piano si fa strada oltre il lutto e la disperazione).
    Quel che è certo, tuttavia, è che il ricercato da manifesto non si fermerà lì: senza bussare sfonderà la porta, senza paura si farà inghiottire dalle tenebre oltre l'uscio, senza pietà andrà alla ricerca di un corpo caldo su cui sfogare la propria furia cieca. Non gli serve sapere quali siano le motivazioni di tutto questo. Non vuole farsi distrarre.
    Ciò che gli basta -l'unica cosa che potrebbe soddisfarlo- sarebbe svegliarsi ed accorgersi che i due recenti morti sono ancora vivi e vegeti, al sicuro nelle loro degradanti ma amichevoli stanze. Oppure, in assenza di questo, il rantolo di morte di chi ha voluto colpirlo privandolo degli affetti più cari.
     
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  7. _MajinZ_
     
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    Sarebbe bello svegliarsi da questo incubo, vero? Aprire gli occhi e rendersi conto che, nonostante il cuore sembri esploderti nel petto e l'ansia ti faccia rigirare lo stomaco, è stato tutto frutto della tua fantasia. Poi chiuderesti nuovamente gli occhi e ti lasceresti andare a un sonno più tranquillo, oppure resteresti sveglio, a pensare a cosa sarebbe successo se tutto ciò fosse stato reale. La cosa brutta è che ora sei sveglio e questo non è un incubo, ma forse qualcosa di molto peggio. La dura e spietata realtà.
    Non puoi scappare da essa, non puoi fuggire dalla violenza fatta città, che ora impersona perfettamente quel che senti ribollirti nel petto. Rabbia, vendetta. Dolore. Disperazione. Sei pronto a tutto per salvare almeno la memoria di quelle persone che ormai fanno parte del tuo passato. Non potrai riportarli indietro, ma forse fare giustizia riempirà almeno in parte il vuoto che adesso senti dentro... un vuoto da riempire con il sangue.
    Ed ecco che mosso dall'istinto e da una lucida follia, ti spingi nella tana del lupo. Il buio ti accoglie, il pulviscolo si disperde al passaggio della tua figura, illuminato dall'unico raggio di luce che penetra dal soffitto squarciato. Si tratta di una luce fredda, di un colore in netto contrasto con quello caldo che riempie i tuoi occhi. Il rosso del sangue, il rosso della rabbia e della passione. Perché si, c'è anche parte di quella nelle tue azioni.
    Entri in una, due, tre stanze. Di Jabul nessuna traccia. Sfondi la porta per entrare in una quarta camera e ti ritrovi davanti qualcosa di inaspettato, che ti inchioda sul posto. Prima ho parlato di tana del lupo e nessun paragone può essere più azzeccato. Un affresco colora la parete davanti a te. Quello che vedi è un lupo disegnato con il sangue, il profilo della testa per la precisione. Ed è allora che ricordi.
    Ricordi Jabul che arriva a te e con occhi pieni di speranza ti chiede quel tatuaggio. Non ha soldi da darti, ma ti offre il suo corpo. Quel ragazzo ha un che di affascinante, non è l'emblema del maschio alfa ma nei suoi occhi c'è qualcosa di magico. E tu alla fine cedi, incidi sulla sua spalla quello stesso disegno che hai davanti. Poi lui sparisce e ti dimentichi della sua esistenza. Te ne dimentichi fino a oggi. Il pericolo ti raggiunge alle spalle proprio in quel momento.
    Un braccio ti cinge il collo, ma non teneramente: la presa è salda, ti soffoca. Non riesci a girarti ma noti il braccio fasciato stringere, mentre una mano afferra la tua, quella con il coltello. A causa della sorpresa la sua forza ti prevarica, il coltello si muove a pochi centimetri dal tuo petto... ed è prima di ricevere la stilettata al cuore che reagisci. Ora è lui sorpreso, hai il tempo di sfuggirgli. Puoi decidere tu cosa fare adesso. Non sai perché ce l'ha con te, non sai se riuscirai mai a scoprirlo... l'unica cosa che vuoi è sopravvivere.



    Decidi te com'è andata la storia tra Aaron e Jabul :3 per quanto riguarda la difesa, non ho segnato consumi perché sarebbe ininfluente al momento, quindi fai te :3 l'importante è che il tutto sia verosimile.
     
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  8.  
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    Buio. Silenzio. Dolore. Ad accoglierlo entro quella stamberga sono unicamente sensazioni sgradevoli.
    Il ricordo di Jabul è per il momento lasciato in disparte, come dimenticato. L'unico obiettivo, ora, è concentrarsi sulla preda prima che questa fugga come un sorcio. Niente di più.
    Nella dimensione irreale di ombre e scricchiolii, di svolte tra legno muffito e di pericoli in agguato, di ricordi sbiaditi come di spasmi sfiancanti, il contaballe procede senza cautela: il ragazzo è mosso da un unico intento, un'unica direttiva che lo porterà a sottovalutare il nemico.
    Ma non importa. Niente importa. Potrebbe essere una lama nelle tenebre. Un laccio dal soffitto. Lo sparo nella quiete. Per chi ha appena sofferto due imperdonabili delitti, per chi vede ancora il sangue colare dai corpi caldi, per chi (potendo) sacrificherebbe la propria vita pur di evitarli non c'è ostacolo che tenga. Non c'è ferita che possa fermarlo. Non c'è timore che sappia distoglierlo dalla meta.
    Neanche un lupo. Dipinto a tinte cremisi. Ferroso all'aria come solo un vituperio può essere. Emblema di un trascorso che non ha intenzione di negare, ma al quale non può nemmeno permettere una libertà criminale.
    Jabul deve pagare. E questa volta, dal suo corpo, è tutt'altro calore che deve andarsene.

    Peccato che quello lo colga alle spalle. Lo immobilizzi. Decida che lo spettacolo è terminato -con un pugnale si appresti a cavargli il cuore. Siamo a Merovish. E a Merovish non basta un desiderio -non basta un ideale- perchè la favola giunga a compimento e tutti vivano felici e contenti. A Merovish si muore, più di quanto sia giusto, ma si muore comunque. E gli errori si pagano, tutti. Anche quello di lasciarsi annebbiare dall'odio. Anche quello di tentennare prima di finire un nemico.
    Lasciare una seppur minima finestra di opportunità a chi nulla ha da perdere gli risulterà fatale. Pur senza allentare la presa, pur senza alcun errore evidente, il tempo di reazione che Jabul concede al falso pirata è più che sufficiente perchè questo faccia ricorso a tutta la propria forza di volontà e di sacrificio, spiazzando l'aggressore quel tanto che basta per ribaltare la situazione: è una contrazione netta, pericolosa, incosciente. Ma ha tutto lo scopo di sbilanciare il cliente insoddisfatto, di provare a ribaltarlo in avanti, di rischiare che la lama gli ferisca il braccio senza piantarsi sul volto di chi era alle strette.
    La rossa bandana si piega dunque a cercare il bacino, mentre le ginocchia picchiano il suolo e l'abbraccio sgradito si scioglie con un grugnito di dolore e sorpresa. L'impatto è forte, per entrambi. Ma il ricercato, prevedendolo, non si fa cogliere impreparato -tralasciando il colpo, stringendo i denti, si rialza quanto prima e cerca di guadagnare vantaggio sul miserabile ancora scombussolato qualche spanna più oltre.
    Lo prende a calci. Sfoga la propria disperazione. E ancora lo insacca senza trattenere furia e violenza. Perchè siamo a Merovish. E a Merovish non serve gridare pietà -non si ottiene nulla invocando perdono- mentre realizzi che la prossima pedata ti spappolerà il fegato e quella successiva te lo farà sputare di netto. A Merovish si muore, nel chiuso di una stamberga, sotto una gagnola di colpi. E gli errori si pagano, tutti. Anche quello di colpire un innocente. Anche quello di sfidare 'Foul Eel Aaron'.
     
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  9. _MajinZ_
     
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    Il tuo impeto è un qualcosa che Jabul proprio non si aspetta. Nella sua testa il ragionamento è stato differente, ha pensato di prendersela con i tuoi legami per renderti debole, perduto, una facile preda. Voleva sgretolare ogni tua speranza, toglierti la linfa vitale per banchettare con il tuo corpo vivo... ma morto nel profondo.
    E invece no.
    La sua stupidità l'ha condotto in una strada irta di pericoli, una via in cui a ogni sua azione malvagia corrisponde una risposta altrettanto violenta.
    Ha ucciso Julio? Perfetto. Intorno a lui si ergono mura invalicabili, ricoperte di spuntoni, e dal cielo piove fuoco liquido.
    Ha ucciso Soini? Magnifico. Ora il terreno è irto di chiodi e un'acqua putrescente sale dal basso, infettando quelle ferite senza nessuna pietà.
    Questa è la legge di Merovish, una sentenza non scritta ma di cui tutti sono a conoscenza. Alla violenza corrisponde la violenza, ma non nella stessa misura, spesso questa aumenta a dismisura e travolge chi non riesce a completare il proprio peccato. Jabul ha fallito, non è riuscito ad ucciderti, si è perso nella dolce sensazione dell'omicidio assaporando la tua fine, ha solo sfiorato il suo fine ultimo... senza riuscire ad afferrarlo.
    La sua paga ora lo sta massacrando. Calci potenti si abbattono sul suo corpo già provato, causano danni terribili. Un occhio rischia di esplodergli in volto, un braccio è andato già al primo colpo, dalla sua bocca scorre sangue fresco a causa di un fegato ormai inservibile. Eppure in qualche modo riesce a fermarti, sembra quasi che Merovish abbia pietà di lui. Muove il coltello e tu per evitare di ferirti salti indietro. Tossisce.
    Tu non puoi... NON PUOI FARMI QUESTO! T-tu hai già preso abbastanza da me... hai distrutto la mia vita!
    Si alza Jabul, o almeno ci prova. Barcolla e va a sbattere sul tavolino alle sue spalle, riuscendo a non cadere proprio per essersi aggrappato ad esso. Il coltello cade. Ed è allora che inizi a intravedere un volto terribilmente deturpato. Sembra il letto di un fiume inaridito.
    GUARDAMI! ABBI IL CORAGGIO DI FARLO!
    Lancia via la tunica, si libera delle bende. Vedi il tuo bellissimo tatuaggio spiccare sulla sua spalla, ma il resto del corpo è un vero scempio. Il corpo rachitico è attraversato da profonde screpolature, la pelle sembra quasi sgretolarsi... le crepe si allungano dal perimetro del tatuaggio e avvolgono completamente ogni altri centimetro di pelle. Si arrampicano sul viso, fino a una testa ormai priva di capelli. E riconosci quella malattia. A Merovish è molto diffusa, non si sa da cosa sia causata, ma tu sei certo di non essere il colpevole. Lo testimonia il fatto che il tuo tatuaggio è sano, la pelle in quel punto non è essiccata.
    Capisci però che l'odio nei tuoi confronti, è stato il suo unico carburante. E ora cade in ginocchio, sconfitto. Piange. Tossisce ancora. Non ha più carburante e il suo motore si sta spegnendo.
    Mi hai tolto... la speranza. Potevo entrare tra la servitù di quel Pasha... ma la mia faccia... la mia sposa mi ha abbandonato... la mia famiglia... ho perso tutto.
    Il suo sguardo è vacuo. Quasi senza accorgersene afferra il coltello e con un movimento sinuoso, rapido e inarrestabile, squarcia la sua gola. Proprio come ha fatto con le sue vittime. Resterà per sempre ignorante sulla sua vicenda, ma per lui tutto questo ha senso. Ti ha tolto la vendetta, la tua vendetta. Dal suo punto ti di vista si tratta di una vittoria.
    Ma dal tuo? Che farai con quel rimorso? Forse è solo meglio così, loro forse non avrebbero voluto che tu sporcassi ancora di più il tuo animo. Tieniti stretto il loro ricordo e vivi anche per loro, vivi libero.

     
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  10.  
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    Come se servisse a qualcosa. Julio non tornerà. Soini neppure. Di loro non rimane che il ricordo -il racconto che ne farà il falso pirata, le cui parole saranno la loro unica forma di sopravvivenza. Nè il suo amante nè il suo protetto erano celebrità, nessuno dei due tale da perdurare per qualche nota o famigerata azione. Sono scomparsi, tranciati di netto dal flusso di coscienza, eliminati come una menzogna troppo articolata per farsi ancora sostenibile alle orecchie di questo mondo. Nè c'era alternativa: i verbi sbiadiscono continuamente attorno al contaballe, chi lo circonda finisce inesorabilmente per prosciugare il proprio calamo. Pagine vuote per raffigurare esistenze perdute. Fiabe spezzate. Mutismo.
    Così è anche per Jabul, Merovish non lo risparmia. Non importano i suoi trascorsi, non c'è pietà per la sua disperazione: la Tana cancella e riscrive senza curarsi del copione o degli attori, forse Endlos tutto o la vita stessa agiscono così. Ed anche l'assassino giunge al proprio finale, in una battuta amara che oltre al sarcasmo e all'humour nero non sa offrire.

    Io ho preso solo ciò che mi spettava.
    Ciò che sei diventato non è per merito mio.

    Rifiuta le accuse ma senza foga, nega ogni responsabilità pur senza violenza: gli basta un'occhiata al morbo da cui l'altro è afflitto per lasciar scemare le ostilità -la cute grinzosa e frammentata sono un monito sufficiente di quale disgrazia stia già patendo il ragazzo perduto che ha innanzi. Ed è strano, molto strano, che infine il tatuatore non intervenga nè per esigere il suo ultimo prezzo nè tantomeno per impedire quest'ultimo si tolga la vita al colmo di una disperazione palpabile: per quanto scaltra ed indipendente, per quanto merovisha fino al midollo ed opportunista come lo stesso Bazar impone, la bandana scarlatta non è priva di pietà e conosce quand'è il momento di condividere quel poco di cui dispone con chi ne ha bisogno. Avrebbe potuto cercare di fermarlo, parlargli di un'ipotetica cura, sfruttare le sue conoscenze ed i suoi contatti per trovare chi sappia rimettere a posto le cose. Tra i vari ciarlatani e le false cure miracolose, le Luci nascondono autentici curatori tanto quanto innovatori d'avanguardia, gente che avrebbe saputo cosa fare, gente con la soluzione a portata di mano.
    Ma per Julio, il suo Julio, non c'è stato che il sangue. A Soini, quel giovane sè, è stata negata ogni remota speranza. Con Jabul, dunque, giustizia pretende che l'aiuto sia tardo e spiacevole. Dovuto ma non desiderato, secondo una distorta forma di ragionamento morboso.

    Prima di andarsere lo tsunami sulla mancina afferra infatti la spalla del suicida e ne artiglia le carni -affatto preoccupato di contrarre la piaga, la mano affonda come liquida sulla pelle sana e nello sbattere gli occhi riassorbe l'inchiostro versato. Poi se ne va, lasciando al suolo un corpo sgozzato, ancora caldo, tra le sue lacrime, con una spalla arrossata ma senza più tracce del lavoro sgradito: il lupo non c'è. Si chiamava Jabul.
     
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9 replies since 8/3/2016, 16:59   158 views
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