Moonbreeze's Memoria

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    Un po' per proprio temperamento, e un po' per necessità, Brynjar aveva appreso già da un po' i rudimenti dell'arte di leggere una persona. Fu per quello che non trovò difficile capire quanto il proprio interlocutore fosse scettico nei suoi confronti; non che egli stesse apparendo quantomeno di tentare di nasconderlo.
    Stava di fatto, comunque, che l'uomo non sapesse neppure cosa fosse la magia. Finché fosse riuscito a trovare un medico collaborativo, però, il soldato non si sarebbe fatto problemi in merito. Avrebbe potuto entrambi dimenticarsi della faccenda e amici come prima; e comunque come Medea fosse finita in quello stato non era a priori una faccenda della quale gli sarebbe piaciuto parlare. Affari privati, insomma. Era anche certo che il suo interlocutore sentisse la stessa cosa.
    Chissà se il concetto di "viaggiatore dimensionale" sarebbe stato più facile da comprendere oppure no. Non ne era sicuro, non quando erano ancora su Endlos, per quanto ne poteva sapere, però una Endlos senza magia. Il che, tuttavia, suonava quasi come un ossimoro; qualcosa di conseguenza gli stava sfuggendo. Che quella... cosa a cui era andato incontro fosse stato il Maelstrom e Brynjar fosse finito da tutt'altra parte, senza una vaga idea di come tornare in Accademia o almeno da Nina? Ecco, quello sarebbe stato pure un grosso problema da risolvere: non era sicuro che Medea, a differenza di Wilhelm o Helen, sapesse viaggiare tra le dimensioni; o se, anche se sapesse davvero farlo, sarebbe stata disposta a riportarlo su Endlos o a Sa'Shur.
    Ad ogni modo, fu lieto di essere stato preso come un semplice rincoglionito e non come un pericoloso bugiardo. O, forse, quel ragazzo sotto sotto poteva essere disposto a dargli implicitamente una sorta di beneficio del dubbio. Ascoltò dunque tutta la storia di quel posto da una dozzina di anni a quella parte; storia recente, ma non abbastanza da poter dire di essere stato in coma all'epoca degli eventi: non doveva avere l'aria di essere un bambino di dieci anni nel corpo sottosviluppato di uno di ventidue. Anche perché sottosviluppato non lo era neppure per sbaglio.
    « Capisco. »
    Disse, tanto per confermare la propria attenzione, guardando nel frattempo gli occhi color del sangue della bambina con vivo interesse. Avrebbe usato modi più gentili per farle aprire gli occhi -tipo chiedere e basta-, ma decise di non fare commenti inutili.
    « Comunque, la donna che sto cercando di aiutare non è una Cursed Child. L'ho maledetta io stesso tante di quelle volte che ne ho perso il conto, ma non è mai successo nulla. Scherzi a parte, comunque, è una ragazza adulta e i suoi occhi sono verdi. Se il gene Gastrea è qualcosa che si manifesta solo sui propri figli, allora non possono esistere Cursed Children più vecchie di dodici anni, o sbaglio? »
    A meno che non si fosse perso qualche pezzo. A prescindere, Medea doveva essere perfino di qualche anno più grande del quasi ventiduenne Brynjar, era quasi impossibile poterla scambiare per una bambina.
    « Ti ringrazio sinceramente di tutto, amico. Spero tu non me ne voglia a male, però, se cercherò di evitare i tuoi datori di lavoro. Nulla contro di loro, eh, ma non voglio finire per dover rispondere a troppe domande che richiederebbero spiegazioni troppo lunghe e troppo complicate, o di essere trattenuto più del dovuto o... Insomma, hai capito. Buona fortuna per tutto il resto e... Da che parte per il sistema fognario? »
    Avrebbe sul serio preferito affidare la ragazza a gente meglio equipaggiata di qualcuno costretto a vivere in una fogna, ma... Per quanto volesse aiutarla, non poteva permettersi di porla davanti a sé stesso. Alla fine, erano pur sempre dei nemici, più o meno.
    Una volta avute le indicazioni richieste, Brynjar si sarebbe messo stancamente in cammino verso ovunque fosse dovuto andare.



    Edited by Kuma. - 10/7/2016, 22:27
     
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    « Comunque, la donna che sto cercando di aiutare non è una Cursed Child. L'ho maledetta io stesso tante di quelle volte che ne ho perso il conto, ma non è mai successo nulla. Scherzi a parte, comunque, è una ragazza adulta e i suoi occhi sono verdi. Se il gene Gastrea è qualcosa che si manifesta solo sui propri figli, allora non possono esistere Cursed Children più vecchie di dodici anni, o sbaglio? »
    Il giovane sogghignò, dando dell'ingenuo alsuo interlocutore con lo sguardo.

    « Tu non sei mai uscito dai quartieri bassi, vero? Falsificare la data di nascita di una mocciosa per farla passare per una sedicenne è roba da niente. Comunque non è il tuo caso, questo te lo concedo. Quella lì non può essere una cursed. »
    Mise una mano sulla testa della ragazzina seduta sulla panca, scompigliandole i capelli corti.
    « Non siete imparentati, i vostri tratti somatici sono troppo diversi perché abbiate un legame di sangue. E solo i parenti di una Cursed Child sarebbero così pazzi da rischiare la pelle per una mezza-gastrea. Comunque non temere: nessun governativo avrebbe mai il coraggio di fermarsi a perquisire qualcuno con un Gastrea di livello due pienamente sviluppato nei paraggi. Vedrai, saranno troppo impegnati a correre via come disperati una volta recuperata la loro merce per far caso se qualcuno gironzola per i territori esterni con addosso delle armi o qualche schifezza chimica. Ma in ogni caso... »
    Indicò la via principale, la stessa che Brynjar stava percorrendo in quel momento.

    « Prosegui lungo la via, fermati appena trovi un tombino. Qua sotto passa sia il sistema fognario che i tunnel che servivano a collegare i bunker antigastrea, prima che fossero sigillati tutti. Le Cursed Child di solito si nascondono lì, quando sanno di essere in pericolo. I Gastrea di livello due diventano molto aggressivi quando ci sono delle Cursed in giro, la loro saliva stimola il gene latente ed accelera il processo degenerativo che conduce una Cursed Child a diventare uno di quei mostri. Credimi, non è una bella fine... »

     
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    Non mise in dubbio il fatto che una ragazzina di dodici anni potesse essere fatta passare per una di tre o quattro anni più grande; al massimo si poteva accampare la scusa che non avesse ancora raggiunto il pieno sviluppo fisico. Fattibile, certo, ma ancora una volta Brynjar si dovette trattenere dal farle notare che chi stava trasportando, di anni, ne aveva almeno venticinque. Non ve ne fu bisogno: il giovane ci vedeva quanto bastava per riconoscere la verità da sé.
    « , precisamente. »
    Quando l'uomo fece un'osservazione su quanto poco egli e Medea si somigliassero, e che di conseguenza non potevano essere imparentati, decise di lasciarlo continuare fino a che non si fosse convinto del tutto della bontà delle proprie idee. Idee che nel loro caso si erano rivelate corrette, ma che sul piano generale ignoravano del tutto famiglie adottive e tutto il resto e...
    ...Oh, ma che importanza aveva?
    « Comunque non temere: nessun governativo avrebbe mai il coraggio di fermarsi a perquisire qualcuno con un Gastrea di livello due pienamente sviluppato nei paraggi. Vedrai, saranno troppo impegnati a correre via come disperati una volta recuperata la loro merce per far caso se qualcuno gironzola per i territori esterni con addosso delle armi o qualche schifezza chimica. »
    Fosse stato quello il problema, pensò Brynjar. Le uniche armi che aveva addosso erano le sue Grieve Edges, che altro non si trattava che di un modo stravagante per definire un banalissimo set di guanti e stivali da combattimento di metallo. Quello, e la Tartaruga Gigante delle Galápagos, uno scudo pure metallico tanto grande che sarebbe stato del tutto impossibile da nascondere a priori.
    No, le complicazioni sarebbero arrivate nel momento in cui lo zoologo avrebbe dovuto sciogliere l'incantesimo, liberando il tempo di Medea dal loop in cui era stato posto. Ciò avrebbe comportato che, da quell'istante in poi, le condizioni della guardia sarebbero ricominciate a peggiorare all'improvviso. Come avrebbe spiegato tutto ciò ai medici? Come avrebbe eluso i governativi che avrebbero con ogni probabilità messo gli occhi su di lui e i suoi "misteriosi" poteri? Senza contare il rischio di essere identificato come una potenziale minaccia.
    Forse avrebbe dovuto sul serio portare Spica con sé come back-up.
    « Lungo questa via, prossimo tombino. Grazie mille ancora, e addio. »
    Sbadigliò per la seconda volta in quella conversazione. Impressionante essersi trattenuto tanto, considerato che dovevano essere passate ben più di ventiquattr'ore dall'ultima volta che si era fermato a dormire.
    Seguì le indicazioni di lui e continuò sulla stessa strada finora percorsa e, quando giunse al primo tombino, si guardò attorno per assicurarsi di non avere strane compagnie nei paraggi e, se questo fosse stato il caso, vi avrebbe bussato.
    « Hey, c'è qualcuno in casa? Ho bisogno di un medico, qui! »

     
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    In un primo momento non successe un bel niente. E probabilmente la situazione doveva essere abbastanza stupida agli occhi dell'avventuriero: si era appena concedato da un perfetto sconosciuto che lo aveva scambiato per uno strafatto di acidi ed ora si trovava chino di fronte ad un tombino comportandosi esattamente come uno strafatto di acidi, ovvero bussando nella speranza che qualcuno rispondesse. Poi però qualche scalpiccio dal basso indicò che effettivamente qualcuno c'era, e dopo un po' il tombino iniziò a smuoversi a fatica, un paio di centimetri per volta. Alla fine, dopo qualche istante di troppo, il faccino arrossato di una graziosa bimbetta con espressivi ed inquietanti occhioni rosso sangue fecero capolino dalla botola, rivolgendo a Brynjar un'espressione curiosa prima di sbadigliargli in faccia in modo abbastanza clamoroso.

    « Scussha... »
    Commentò inizialmente, mentre con entrambe le manine reggeva il tombino. Non sembrava avere più di otto anni.
    « Ciao... » Salutò inizialmente, apparentemente titubante. Guardò la presenza che accompagnava il viandante e sembrò intuire che la richiesta di un medico era per lei, e non per lui. Dopo un po' aggiunse: « Un medico... va bene anche una dottoressa...? »
    Chiese seriamente, come se la cosa potesse avere una rilevanza di un qualche tipo.
    « C'è la dottoressa, ma devi piacergli perché altrimenti non ti aiuta. »
    Indicò il basso, ovvero la botola da cui era uscita, e una direzione specifica che coincideva con la strada. A fatica, la bimba scostò definitivamente il tombino in modo da liberare le mani, che rivolse allo sconosciuto con i palmi vuoti rivolti verso l'alto.
    « Ti ci posso portare io. Hai qualcosa da mangiare...? »

     
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    Era oramai giunto al punto in cui tutto ciò che gli rimaneva da fare era aspettare e sperare. Al diavolo qualunque cosa avrebbero potuto dire di lui; Brynjar aveva camminato per giorni cercando di trovare un aiuto per Medea, di cui le ultime... trenta ore? Aveva smesso di contarle da un pezzo. Insomma, era passato più di un giorno dall'ultima volta che si era fermato per chiudere occhio. Quanto avrebbe resistito ancora, prima di cominciare ad avere davvero delle allucinazioni?
    Fortuna volle che quell'uomo non gli avesse mentito. Dopo qualche istante, infatti, ricevette un segno di risposta. Poco per poco, il tombino venne aperto con fatica da qualcuno che solo alla fine identificò come una bambina di otto o dieci anni al massimo. Per un attimo fu tentato di darle una mano, ma un pensiero dà qualche parte nei meandri della propria testa gli suggerì che tanta "fretta" avrebbe potuto allarmare chi stesse rispondendo. A somme tirate, si sentì lo stesso uno stronzo.
    La fanciulla gli sbadigliò in faccia, come se non avesse già abbastanza sonno di suo. Fece lo stesso di rimando, coprendosi però la bocca con la mano.
    « Ah, tranquilla. »
    Rispose con dolcezza, posando il corpo di Medea per terra e offrendosi di spostare il tombino per lei, per levarle almeno il peso. Quanto tempo era passato dall'ultima volta che aveva avuto a che fare con qualcuno di così piccolo? Pure i suoi cugini inglesi più giovani dovevano avere oramai almeno quattordici o quindici anni. Tant'era, non che la sua famiglia fosse un dettaglio particolarmente rilevante in quel momento.
    « Ciao a te. Oh, anche una dottoressa va benissimo. »
    Finché avesse saputo prendersi cura di un simile caso, Brynjar avrebbe affidato la guerriera anche ad un polpo senziente, se necessario. Anche perché, dopo Giulius, aveva imparato a non farsi pregiudizi su chi ti applicava i punti dopo una missione difficile, e nei casi peggiori non solo quelli.
    « È lei che vorrei che aiutasse, comunque. » Indicò la ragazza svenuta accanto a sé con il pollice. « Anche se dovrò esserci pure io, purtroppo. »
    Doveva essere presente, visto che nessun altro oltre a lui sapeva come manipolare il Mana, che lui sapesse. Nel frattempo, frugò nelle proprie scorte, ed estrasse alcune delle sue razioni d'emergenza.
    « Ho queste. Non sarà cibo saporitissimo, ma non ho molto altro. Attenzione, perché sono molto nutrienti. »

     
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    Brynjar scoprì di non avere a che fare con una bambina normale nel momento esatto in cui le offrì le barrette nutritive. Dopo aver lottato per parecchi istanti per rimuovere la spessa carta argentata che le ricopriva, infatti, la Cursed Children si tramutò in qualcosa di più simile ad un animaletto affamato di sembianze umane, pasticciandosi la facciotta pallida con tutto il cibo che riusciva a farci entrare e facendo così sparire a tempo di record le "molto nutrienti" e "per niente saporite" razioni di emergenza. Dopo esser riuscita chissà come a inghiottire tutto quanto, si esibì in un gran sorrisone felice sfoggiando soddisfazione per un pasto che doveva mancarle da un po', nonché un buon numero di dentini mancanti che le rovinavano l'espressione di pura gioia.

    « Vieni!!! Puoi scendere!!! »
    La bambolina fece retromarcia, e riscese i sei scalini a pioli che la separavano dal fondo del tunnel, permettendo così all'accademico di scendere a sua volta. Fece anche cenno di rimettere a posto il tombino, che l'uomo scoprì quindi essere molto più pesante del previsto, nonché predisposto ad una sorta di chiusura idraulica nel momento stesso in cui i bordi metallici del disco si adagiavano sulla botola. Dall'esterno avrebbero avuto bisogno di una gru bella grossa per strapparlo alla morsa dei ganci a cui si assicurava automaticamente, e questo spiegava il motivo per cui lo sconosciuto aveva suggerito a Brynjar di bussare e attendere, invece di aprire e scendere.
    Comunque il fondo era scuro ma non del tutto buio: una pallida luce al neon, frutto di lampade ad altissimo risparmio energetico, permetteva allo straniero di capire più o meno dove metteva i piedi, e di vedere perfino i grandi numeri gialli dipinti sulle pareti metalliche una volta che la vista si era abituata alla semioscurità. La bambina invece non si faceva grandi problemi, e si muoveva sicura di se. Spalancò una porta a chiusura stagna a cui avevano rimosso le maniglie, si affacciò al suo interno e bisbigliò qualcosa. Nella pressocché totale oscurità in cui si era affacciata, Brynjar poté distinguere a malapena un certo numero di corpicini sdraiati, quasi tutti addormentati salvo uno in particolare che dialogò brevemente con la sua nuova guida mentre si stropicciava gli occhietti -che di certo alla luce di una lampada si sarebbero rivelati anch'essi rosso sangue. Lo scambio di parole fu breve ed a malapena sussurrato: la bimba disse che andava dalla dottoressa e che aveva bisogno di un cambio, l'altra bambina rispose che sarebbe andata lei, ma appena la porta venne richiusa Brynjar poté udire un piccolo tonfo, segno che si era semplicemente rimessa a dormire...

    La sua guida zampettò via facendogli segno di seguirla in un corridoio parallelo al primo -che si concludeva poco più avanti-, e l'ambiente diventò dannatamente claustrofobico. Era impossibile anche camminare l'uno di fianco all'altro, Brynjar fu costretto ad accodarsi alla sua guida, che riprese a chiaccherare solo dopo qualche passo, quando ormai erano distanti dalla camera comune stipata di corpicini addormentati. E se pure sembrava innocua e disarmata, di certo aveva una parlantina che sembrava una mitragliatrice settata sull'automatico...

    « Io sono Aura, tu come ti chiami?? Lei come si chiama??? E' la tua ragazza? Siete sposati??? Da dove venite??? Dopo posso avere ancora da mangiare...? ♥ »
    E quelle razioni erano "molto nutrienti", ricordiamocelo.

     
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    Osservò la bambina divorare le sue razioni militari in quella che doveva essere stata appena una manciata di secondi. Si trattava di barrette ad alto contenuto energetico progettate per sostentare un soldato, e che se mangiate in modo incauto potevano togliere il sonno ad un uomo adulto per un'intera nottata. Fu lì, che Brynjar si domandò quando fosse stata l'ultima volta che quel povero esserino aveva toccato cibo.
    Ricambiò il sorriso, sforzandosi in parte a causa della stanchezza che lo stava assillando da un bel pezzo e in parte perché, in tutta onestà, non poteva fare a meno di provare più pietà che altro nei suoi confronti. Affamata, costretta a vivere nelle fogne, destinata a diventare un mostro e con una taglia su quelle come lei; a prescindere dal fatto che almeno l'ultima parte potesse essere davvero per una ragione valida.
    « Vieni!!! Puoi scendere!!! »
    Finalmente, ebbe il via libera. Utilizzò la corda in fibra di carbonio del proprio Kit da Pathfinder per assicurare Medea dietro la sua schiena, portandola quindi giù in maggiore sicurezza, appoggiandola poi al pavimento per risalire infine -da solo, a chiudere il tombino. Con sua grande sorpresa, fece non poca fatica a sollevarlo, spingendo Brynjar a chiedersi quanto caspita fosse forte quella bambina, se non altro per l'età che aveva. La chiusura idraulica fu invece un dettaglio a cui non fece troppo caso.
    Recuperata la guerriera e caricatasela di nuovo in spalla, seguì la piccola attraverso le fogne. Varie lampade al neon illuminavano il loro percorso; esse erano sufficienti a permettere allo zoologo di riuscire a capire dove stava andando, e anche di riconoscere diversi numeri dipinti in giallo sulle pareti, qualunque cosa essi significassero. Poco più tardi, la bambina aprì la porta di quella che Brynjar, per un momento, aveva sperato essere la destinazione. Sbirciando all'interno della stanza, riuscì a riconoscere nel buio quasi totale le sagome dormienti di coloro che dovevano essere altre Cursed Children.
    Fece scorrere la conversazione senza né intervenire o ascoltare, riprendendo dunque a camminare prima a fianco e successivamente, quando il corridoio si fece troppo stretto per due persone, dietro la sua guida.
    « Io sono Aura, tu come ti chiami?? Lei come si chiama??? E' la tua ragazza? Siete sposati??? Da dove venite??? Dopo posso avere ancora da mangiare...? ♥ »
    Rimase in silenzio per almeno un secondo o due, disorientato da tante domande tutte in una volta. Poi si schiarì la voce.
    « Er... A-hem. Tanto piacere, Aura. Io mi chiamo Brynjar, lei è Medea e no, non è la mia ragazza e neppure siamo sposati. » Per fortuna Medea non aveva udito niente di tutto ciò. « Veniamo da... un posto molto, molto lontano. Va bene, comunque, anche se poi non potrò dartene più altrimenti non ne rimarranno per me quando ritorno, va bene? »

     
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    Le risposte pacate del soldato non sembrarono scoraggiare troppo la Cursed Child, i cui inquietanti occhietti rosso sangue sembravano brillare alla penombra dei corridoi attraverso cui conduceva l'uomo ostentando la sicurezza di chi è avvezza a quei passaggi. Dal corridoio sotterraneo sfociarono in un ampio hangar allagato per tre quarti, in cui il terreno sembrava essere letteralmente sprofondato su di un lato, ora preda delle acque fognarie. Aura indicò a Brynjar una lunga passerella di metallo ricavata dalle lamiere in pezzi di una vecchia corriera, che ondeggiò pericolosamente quando l'uomo vi mise piede. L'acqua era come se fosse mischiata al petrolio, ma non c'era puzzo di carburante. Piuttosto quel pigmento sembrava colpa di un qualche genere di alga, i cui finimenti scuri lambivano gli stivali dell'Accademico come l'umido tocco di uno stuolo di meduse velenose. Nella zona fuori dall'acqua un altro corridoio parzialmente ostruito dalle macerie e poi uno scampolo di luce: a neanche un paio di metri sopra la sua testa il soldato poteva ammirare uno spicchio di cielo oltre le sbarre di una grata di quelle che servono a raccogliere l'acqua. Ora c'erano dei suoni, riverberi che potevano provenire da parecchi chilometri di distanza trasportati fin lì dalle tubature. Ratti grigi di piccola taglia che esibivano pustole di un rosso sanguigno sgattaiolavano dagli angoli, disturbati dalla presenza umana, ma non era ancora il momento della visione più strana di quella cittadella sotterranea. Dopo quasi trenta minuti di marcia ed un dedalo di vie che Brynjar avrebbe fatto fatica a memorizzare, arrivarono in un secondo hangar stavolta occupato non dall'acqua, ma bensì dalle carcasse contorte di un numero imprecisato e difficile da stimare di tank. Si trattava di carri da combattimento pesanti di quelli progettati per le battaglie campali, sebbene non ve ne fosse neanche uno completo. Quasi tutti giacevano riversi l'uno sull'altro, talvolta in pile ordinate come quelle delle discariche di auto, ma per lo più in mucchi confusi dove neanche i numeri di matricola nelle corazze potevano aiutare a riconoscere le varie parti. La ruggine aveva divorato ogni singolo centimetro quadrato di quel cimitero di mezzi, l'umidità del luogo non aveva lasciato alcuno scampo a quelli che un tempo dovevano essere stati dei giganti. Ma anche accelerando di molto il processo di ossidazione, di certo dovevano trovarsi lì da parecchio tempo. Veniva da chiedersi se non rischiavano di incappare in qualche mina inesplosa, ma a quanto pare Aura non sembrava minimamente preoccupata dell'evenienza, tant'è che si arrampicò su di una pila facendo cenno al suo nuovo amico di seguirla.

    « Signor Brynjar! La scorciatoia per la dottoressa Ame è qui! Lei potrà curare la signorina! »
    Quasi impossibile da individuare se non indicata, una porta metallica giaceva proprio a ridosso di una pila relitti di carri armati, in modo che lo spazio per entrare era ridotto a malapena un metro scarso, cosa che avrebbe costretto di nuovo Brynjar a fare le evoluzioni per far passare la sagoma svenuta di Medea.

    L'odore di putrido a cui ormai l'uomo non poteva non essersi abituato avrebbe lasciato il posto in modo fin troppo rapido e repentino ad un pesante miscuglio di aromi che ricordavano quello di una serra. E infatti, oltre lo spiraglio della pesante porta si estendeva una zona che somigliava più ad un giardino che ad un'area della metropolitana. In alto un intero corridoio largo parecchi passi era interamente in materiale trasparente, forse vetro o plastica, sorretto da grate di metallo e frantumato qua e là da chissà quanto tempo. Linee ordinate di piccole piante aromatiche spandevano nell'aria gli odori che ora assalivano le narici dei presenti, sebbene la stragrande maggioranza si trovasse all'interno di piccole serre alte neanche sessanta centimetri, atte a coltivare germogli e sementi. Il luogo dove si dirigeva Aura era una baracca dall'aria abbastanza malconcia, non proprio quella che si direbbe una reggia, e nemmeno una vera e propria abitazione! Interamente in legno, sorgeva a due palmi dal suolo in modo da rimanere separata dall'umidità della terra sottostante. Aura balzò sull'unico gradino che la conduceva su di un terrazzino ampio appena un metro, fino alla porta di ingresso a cui bussò sommessamente, prima di iniziare a saltellare freneticamente sulla finestra di fianco smanacciando per farsi vedere. Da quel poco che ebbe modo di vedere Brynjar, l'interno era di una singola stanza.

    Nel giro di pochi attimi la porta scorrevole si spalancò di colpo, ed un volto dall'aria alquanto irritabile fece capolino scoccando un'occhiata alla bambina che era di quelle che si riservano agli scocciatori seriali, quel tipo di individui che si vorrebbe vedere il meno possibile ma che purtroppo fanno la loro comparsa fin troppo spesso, quasi sempre latori di fastidi. Da Aura passò al naufrago, e di nuovo l'occhiata non fu delle più benevole. Brynjar magari avrebbe immaginato di avere di fronte una donna anziana, invece quella che aveva davanti era forse nemmeno ventincinquenne, in abiti tradizionali orientali che nascondevano fianchi larghi ed un seno generoso, volto paffuto ma non sgradevole nonostante gli occhiali da vista appuntati sul naso. Aveva l'aria di una donna trascurata, di quelle che non mettono tanto spesso il becco fuori dalla porta, ma purtuttavia assolutamente piena di energie.

    « Una scocciatrice che si porta dietro altri scocciatori. »
    Sentenziò lapidaria, fissando l'uomo, e poi la donna che si portava appresso.
    « L'hai picchiata? »
    Disse in tono accusatorio.
    « E' sua moglie ♥ »
    Cinguettò Aura, discolpandolo. Ma la donna indurì ancora di più lo sguardo.
    « E' incinta? »
    Un ottimo inizio.

     
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    Non era del tutto sicuro di aver convinto la piccola Aura della bontà delle proprie parole. Pazienza, alla fine non aveva alcuna ragione di dover deludere le fantasie di una bambina di otto anni. Avrebbe spiegato la situazione anche a Medea, quando si sarebbe svegliata, e poi se ne sarebbe potuto andare da lì più o meno con la coscienza a posto.
    Continuò a seguire la Cursed Child attraverso i corridoi, procedendo con cautela nell'oscurità. Sboccarono, poco dopo, in un locale molto più ampio: un hangar, a giudicare dalle dimensioni; solo, sottoterra. Esso era sommerso per circa tre quarti dalle acque stagnanti delle fogne, costringendo i due a proseguire su un'unica striscia di pavimento umido e inclinato. Brynjar si vide indirizzato quindi verso una passerella di metallo, ricavata da materiali di fortuna e molto più instabile di quanto non gli sarebbe piaciuto ora che era stanchissimo e con un'altra persona da trasportare. Senza contare il fatto che non voleva in alcun modo immergersi in quell'acqua sporca di chissà quali alghe, le quali riusciva ad avvertire già in quel momento sui propri stivali.
    Grazie al cielo, raggiunsero di nuovo un corridoio asciutto, la cui unica pecca erano le rovine che lo ostruivano in parte, che però non lo avevano reso del tutto inagibile. Non molto più tardi poté rivedere finalmente uno spiraglio di luce naturale. Sopra la sua testa, una grata, di quelle da cui scolava l'acqua piovana.
    C'erano anche dei rumori, giunti fin lì da chissà dove, prodotti da chissà chi o cosa, e trasportati in qualche modo fin laggiù. Forse erano stati i ratti che scorrazzavano per quei luoghi, creaturine grige come i ratti comuni sulla terra, ma con inquietanti pustole rosse come... come il sangue.
    Come gli occhi di Aura.
    Non poté non domandarsi se anche quei roditori portassero il cosiddetto gene Gastrea di cui gli era stato riferito poco fa da quell'uomo. Forse sì, viste le modalità di trasmissione. A quel punto, trovò triste pensare che delle bambine fossero costrette ad avere tanto in comune con quei pure sfortunati topolini. Al di là dell'essere tutti mammiferi, si intendeva.
    Trascorse un'altra mezz'ora durante la quale Brynjar si fece strada in un labirinto di cunicoli, per poi sfociare in un secondo hangar stavolta non sommerso, ma ricolmo di carcasse arrugginite di carri armati, impilate le une sulle altre in modi più o meno ordinati, a seconda di dove si voleva guardare.
    Per quale caspita di motivo le fogne erano collegate ad un simile deposito?
    « Signor Brynjar! La scorciatoia per la dottoressa Ame è qui! Lei potrà curare la signorina! »
    « Oh, siamo quasi *aungh* arrivati? »
    Sorrise contento, continuando nel frattempo a combattere la sua battaglia contro le palpebre che stavano cercando di chiudersi da chissà quanto tempo, oramai. Ma fra un po' sarebbe giunto a destinazione. Incontro con la dottoressa, spiegazione della situazione, scarico di Medea, rilascio del sigillo, nanna; il suo piano attuale poteva essere ridotto a questi cinque elementi.
    Sperò che quella porta minuscola fosse l'ultimo intoppo a cui sarebbe dovuto venire incontro. Per cominciare, dovette distendere prima Medea per terra e raddrizzarne la figura, affinché potesse spingerla agevolmente dall'altra parte dell'apertura. Poi, riuscì a malapena a non far incastrare lo scudo; infine, fu Brynjar stesso a passare.
    Si ritrovò in una serra, o qualcosa che le si avvicinava molto. A conferma di ciò, l'aria era permeata da vari odori di piante aromatiche, sostituiti a quello di marcio che l'aveva accompagnato fino ad ora. Camminò lungo l'ultimo, più largo e più luminoso corridoio, seguendo Aura davanti all'ingresso di una piccola casupola di legno.
    Furono accolti da una giovane donna di pressapoco la sua età o quella di Medea, con un'espressione che lo zoologo classificò come "di base, ostile". Una bellezza trascurata; che lo fosse non lo sorprese, a dire il vero, viste le condizioni di quel luogo tutto.
    Ad essere onesti, aveva un certo fascino.
    « Una scocciatrice che si porta dietro altri scocciatori. »
    ...Anche se un pelo di garbo in più non sarebbe guastato. Almeno per le prime impressioni.
    « L'hai picchiata? » gli chiese.
    « È una sto- »
    « E' sua moglie ♥ »
    Si voltò verso Aura, rivolgendole un'espressione... non era certo neppure lui di che faccia avesse addosso. Una stanca, sicuramente, nonché quella di uno che non era certo di come dover reagire.
    « E' incinta? »
    Tombola.
    « Non è mia moglie, e sono piuttosto certo che non sia incinta. Le spiego: siamo entrambi dei guerrieri, e veniamo da fuori. Il mio nome è Brynjar, e la ragazza qui con me, Medea, è rimasta ferita in uno scontro che ci ha visti coinvolti. È ferita in più punti, in vari modi e nel complesso in modo piuttosto grave, temo. È viva perché... Per un mio incantesimo. »
    Alzò il palmo della mano libera e materializzò una minuscola pallina di sabbia che Brynjar fece fluttuare per qualche secondo, affinché la dottoressa potesse vederla bene, prima di dissolverla nel nulla.
    « Qualcosa del genere. Insomma, per rendere possibili le cure, devo prima spezzare l'incantesimo. Da lì, le sue condizioni cominceranno a peggiorare come sarebbe naturale invece di rimanere "congelate" nel tempo. Per questo, prima che possa rimuovere il mio sigillo, devo essere sicuro che sia disposta ad aiutarla, dottoressa. »
    Forse si trattava di un po' troppa roba da riversare addosso tutta assieme come inizio. Non che ci potesse far molto, in realtà.
    « Dopo che avrò rimosso l'incantesimo, volevo anche chiederle se le andasse bene che io possa dormire da qualche parte, visto che sono... dei giorni, credo, che cammino quasi senza sosta. Mi sta bene anche sul pavimento, finché è sicuro. »

     
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    « Non è mia moglie, e sono piuttosto certo che non sia incinta. Le spiego: siamo entrambi dei guerrieri, e veniamo da fuori. Il mio nome è Brynjar, e la ragazza qui con me, Medea, è rimasta ferita in uno scontro che ci ha visti coinvolti. È ferita in più punti, in vari modi e nel complesso in modo piuttosto grave, temo. È viva perché... Per un mio incantesimo. »
    « A-ah. »
    Si sentì rispondere il soldato in tono indifferente che sottintendeva un fraintendimento di fondo, poi la donna aprì la porta, si grattò distrattamente il cespuglio di doppie punte che aveva fra i capelli e gli fece cenno di entrare.
    « Qualcosa del genere. Insomma, per rendere possibili le cure, devo prima spezzare l'incantesimo. Da lì, le sue condizioni cominceranno a peggiorare come sarebbe naturale invece di rimanere "congelate" nel tempo. Per questo, prima che possa rimuovere il mio sigillo, devo essere sicuro che sia disposta ad aiutarla, dottoressa.
    Dopo che avrò rimosso l'incantesimo, volevo anche chiederle se le andasse bene che io possa dormire da qualche parte, visto che sono... dei giorni, credo, che cammino quasi senza sosta. Mi sta bene anche sul pavimento, finché è sicuro.
    »

    « Capito tutto. Il riposo dopo. Ora la ragazza. Sul tavolo operatorio. »
    Rivolse ad Aura uno sguardo piuttosto duro.
    « Tu stai fuori. Saresti fra i piedi, entra e ti prendo a calci. »
    Sbatté la porta appena Brynjar fu dentro.
    La singola stanza di cui si componeva l'edificio alle spalle della donna era in disordine ed aveva un urente bisogno di una pulita da parte di un'impresa di pulizie esperta nel trattare materiali potenzialmente dannosi alla salute, c'erano almeno una mezza dozzina di tavoli e fra tutti non era possibile trovare un solo centimetro quadrato disponibile. Becher, misurini, piastrine, non meno di cinque diversi microscopi -o almeno strumenti che sembravano microscopi-, fogli ovunque, perfino cartacce,iringhe sterili ancora impacchettate, altre ancora non più in busta ma prive di ago poggiate qua e là come se fossero usate per i motivi più disparati. Barattoli come quelli delle conserve pieni di liquidi strani e densi, un'intera fila di scaffali riempiti di barattoli come quelli per le conserve pieni di formalina ma pieni di tessuti organici per lo più umani e perfino occhi, dita, mani orrendamente mutate, un feto deforme che sembrava appartenere ad un gatto. L'unico divisorio era una tenda in tessuto impermeabile bagnata fradicia, probabilmente lavata da poco, per terra il legno era incrostato di rosso nella zona che corrispondeva ai lembi del telo. Senza dubbio sangue. I tre metri per due di stanza separati dal resto dell'ambiente erano miracolosamente sgombri ed anche vagamente decenti, fatta eccezione per un lettino di quelli regolabili che aveva visto giorni migliori, con la sezione che fa da poggiatesta scassata ed un manichino di plastica poggiato sopra. La donna sfrattò malamente il manichino gettandolo sul telo divisore come se fosse un lenzuolo messo ad asciugare, tirò fuori dalla plastica un rotolo di carta e ne srotolò parecchi metri per coprire il lettino tre volte, poi fece cenno di poggiare lì la paziente mentre faceva due passi, seminava il caos su di un tavolo vicino coperto da un inferno di materiale usato, per lo più cartacce o buste di plastica vuote e non smaltite. Rovistò finché sotto una pila di piccole confezioni bianche ne trovò una ancora sigillata, che prese bruscamente rovesciando il resto avviandosi verso il tavolo operatorio con aria di urgenza.

    « Rimuovi la tua diavoleria perché possa operare. Poi fuori di qui, non voglio soldati in casa mia. Non mi frega niente per quale governo lavori, fa lo stesso. I soldati potenziati usati per ammazzare esseri umani per me sono feccia. Le Guerre Gastrea non sono una scusa per stroncare vite umane. »
    Aveva un tono ed un modo di fare che definire bruschi era farle un torto, però le circostanze erano un'attenuante, e di sicuro cercare di spiegare in quel frangente era fuori luogo, nonché futile visto che si stava adoperando per salvare la vita di Medea. La dottoressa Ame strappò le etichette che sigillavano la confezione e ne garantivano l'integrità del contenuto. Tirò fuori del cotone sterile ed un disinfettante che premette sulla vena del braccio della ragazza, subito seguita dall'ago di una siringa che iniettò uno strano liquido. A quel punto, prima ancora di passare alle ferite, la donna preparò subito l'occorrente per una trasfusione per poi aprire un piccolo scomparto sopra il frigorifero, pieno di sacche di sangue.
    « Aspetta: un'ultima cosa. Gruppo sanguigno? Ha una piastrina? Se siete parenti puoi usare i tuo sangue. »
    Rovistò sul fondo dello scomparto e con aria apatica tirò fuori una busta di liquido trasparente.
    « E' l'ultima riserva di plasma. Se non conosci il gruppo sanguigno ti costerà il doppio. »
    Iniziavano i problemi. Era la prima volta che qualcuno parlava di soldi, anche se in un certo senso si poteva immaginare...
    Risolta la parte del sangue, la dottoressa non ci pensò due volte prima di mettere alla porta Brynjar.

    « Dietro nella rimessa c'è una branda chiusa e delle coperte. Se vuoi te la affitto per cinquecento yuan, altrimenti c'è il pavimento della veranda. »
    Fine della discussione, sempre ammesso che sia mai iniziata. Brynjar si sarebbe visto chiudere le tende bianche nascondendo Medea dalla sua vista, e poi costretto di fatto ad abbandonare l'abitazione per ritrovarsi confinato sul piccolo balconcino rialzato circondato dal verde artificiale della serra, immerso nel misto di odori della serra in compagnia di Aura. La bambina si era seduta sul bordo di legno della base dell'abitazione in attesa paziente, ma appena vide l'uomo gli rivolse un sorriso incoraggiante.
    « La dottoressa Ame è molto brava. »
    Garantì fiduciosa.
    « Una volta l'anziano ha detto che è fra i cinque dottori più bravi del mondo. L'unica persona più brava di lei è il dottore buono che cura il governatore, e che una volta ci ha portato le medicine. Se la dottoressa Ame non riesce a curare la tua amica la portiamo da lui, sono sicura che insieme riusciranno a curarla! »
    Disse sicura di se. E non ci voleva un genio a capire che stava decisamente correndo un po' troppo con la fantasia...

     
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    « Capito tutto. Il riposo dopo. Ora la ragazza. Sul tavolo operatorio. »
    Senza fiatare, Brynjar fece un passo all'interno della stanza-ambulatorio della donna. Ame si rivolse poi ad Aura con toni duri, perentori.
    « Tu stai fuori. Saresti fra i piedi, entra e ti prendo a calci. »
    Intimò, e poi sbatté la porta.

    Forse, rifletté Brynjar, avrebbe fatto meglio a rivolgersi ai militari locali. Se non altro, avrebbe avuto migliori possibilità che l'equipaggiamento di chi avrebbe preso in cura quel sacco di carne che si stava portando dietro fosse... più idoneo, a volere utilizzare un eufemismo. Ovunque ci si voltasse in quel locale, c'erano cianfrusaglie nuove da scorgere: fogli volanti, cilindri di siringhe riconvertiti ad altri utilizzi, scaffali ricolmi di barattoli nei quali erano conservate le più disparate parti del corpo e addirittura un feto felino. A tutto ciò si aggiungeva l'effettiva attrezzatura medica e scientifica, con il risultato che risultava difficile perfino muoversi lì dentro. Se Céline avesse visto quello sfacelo, avrebbe probabilmente già iniziato a litigare con la dottoressa. Se l'avesse visto invece Ember, allora sarebbe sicuramente successo.
    Come unico divisorio, una tendina incrostata di sangue.
    Almeno, l'altro lato della stanza era più libero. Vedere lo stato in cui versava quell'unico lettino, però, non consolò il caporale.
    Ame si liberò in fretta e furia di un manichino che era stato posato sul letto, gettandolo contro il telo, avvolgendo poi il tavolo operatorio con della carta appena srotolata e, presumibilmente, pulita.
    Brynjar obbedì quando gli fu chiesto di poggiare quindi là sopra Medea. Un tentativo era meglio di niente, dopotutto.

    « Rimuovi la tua diavoleria perché possa operare. Poi fuori di qui, non voglio soldati in casa mia. Non mi frega niente per quale governo lavori, fa lo stesso. I soldati potenziati usati per ammazzare esseri umani per me sono feccia. Le Guerre Gastrea non sono una scusa per stroncare
    vite umane.
    »

    « Ci metterò un po'; ho usato un incanto piuttosto complesso. »
    Si limitò a commentare, optando per non perdere ulteriore tempo a spiegarle come fossero finiti lì, che erano del tutto estranei a qualsivoglia conflitto stesse avvenendo o fosse avvenuto da quelle parti, che quella che stava usando era magia vera, che ciononostante fosse in linea di massima d'accordo con lei ma per ragioni che la dottoressa non avrebbe potuto nemmeno immaginare, eccetera.
    Alzò quindi la mano destra, l'indice e il medio estesi. Sulla punta di questi ultimi cominciò a splendere un piccolo globo luminoso dalle tinte dorate – come se vi si fosse appena posata una lucciola. Qualche secondo più tardi, esso iniziò ad allargarsi, raggiungendo prima le dimensioni di una pallina da tennis, allungandosi poi in un breve cilindro e infine assumendo le sembianze di una grossa chiave. Contemporaneamente, il petto di Medea si illuminò di quella stessa luce. Questa prese subito dopo la forma di una serratura – situata sul manubio dello sterno – attorno alla quale delle rune si muovevano freneticamente in cerchio.
    Brynjar affondò la chiave come se fosse un pugnale. Uno dopo l'altro, ciascuno di quei simboli arcani parve andare in tilt ed uscire dalla propria orbita designata, agitandosi nell'etere fino a quando decisero di avvolgere il braccio del mago come una serpe, arrampicandosi fino alla sua spalla per poi finalmente spegnersi.
    Ame avrebbe fatto meglio ad essere pronta, perché ora Medea aveva appena fatto il suo primo, affannoso respiro dopo essere stata congelata per giorni nel tempo, e il suo sangue... il suo sangue aveva appena ricominciato a circolare.
    « Aspetta: un'ultima cosa. Gruppo sanguigno? Ha una piastrina? Se siete parenti puoi usare i tuo sangue. »
    « Non ne ho la più pallida idea. Non siamo imparentati. »
    Replicò, evitando di rivelare che, a conti fatti, i due si conoscevano a malapena.
    « E' l'ultima riserva di plasma. Se non conosci il gruppo sanguigno ti costerà il doppio. »
    « Non ho denaro contante con me, » ammise senza troppa emozione nella voce, « ma vedrò di ripagare in altri modi. Sono in perfetta salute, senza tatuaggi né negli ultimi dodici mesi né in generale e peso poco più di settanta chili. Se serve del plasma, posso donarlo più tardi, così come il sangue. Gruppo A, fattore rhesus positivo. Il mio, intendo. »

    Quando Brynjar appoggiò una mano sulla maniglia della porta, sentì Ame aggiungere:
    « Dietro nella rimessa c'è una branda chiusa e delle coperte. Se vuoi te la affitto per cinquecento yuan, altrimenti c'è il pavimento della veranda. »
    « Il pavimento andrà benissimo. »
    Replicò, mentre usciva dall'edificio. Sulla soglia, Aura lo accolse sorridendogli con fare ottimista.
    « La dottoressa Ame è molto brava. »
    Disse, la voce che suggeriva contentezza ed orgoglio allo stesso tempo. Oltre che fiducia, naturalmente.
    « Una volta l'anziano ha detto che è fra i cinque dottori più bravi del mondo. L'unica persona più brava di lei è il dottore buono che cura il governatore, e che una volta ci ha portato le medicine. Se la dottoressa Ame non riesce a curare la tua amica la portiamo da lui, sono sicura che
    insieme riusciranno a curarla!
    »
    Brynjar ne ricambiò debolmente il sorriso, posandole una mano sul capo.
    « Sono stato proprio fortunato, allora! »
    Si sedette sul legno della veranda, ringraziando il cielo che si fosse trattato di quello. Conosceva in realtà diversi modi per crearsi un giaciglio relativamente più comodo su un terreno roccioso – o quantomeno minerale. Anzi, uno solo, ma bastava e avanzava.
    « Ora, però, ho davvero bisogno di dormire, Aura. Non dormo da... » si interruppe, esitando. Concluse poi con: « non me lo ricordo nemmeno più. Buonanotte. »

     
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    Dio solo sa quanto la veranda è scomoda per dormire. Il legno puzza di una quantità di odori, ed è umido come la terra ma duro come può essere dura una trave. Probabilmente sul terreno della serra avrebbe sentito meno dolore sulle ossa, ma sicuramente più puzza. Perché non c'era solo l'odore di erbe aromatiche e piante medicinali, c'era anche l'odore dei concimi, della terra e dell'acqua, nessuno particolarmente conciliante al sonno. Eppure Brynjar non dorme da un sacco. Piomba in un sonno senza sogni disturbato non meno di tre volte: Aura che gli si accoccola poco più in là, la prima volta, poi un topolino grigio e minuto che cammina nel punto esatto in cui le pareti di legno della casa si intersecano con la veranda. In quel momento l'uomo vede il topo ma ricorda i ratti, le orrende creature pustolose cui pulsavano bubboni rosso sangue su tutto il corpo e che sono foriere di incubi; Medea divorata dai ratti, lui stesso con un braccio spolpato fino alle ossa, la testa di Medea ficcata nel corpo di un topo che lo azzanna e banchetta con la pelle del suo viso. Sogni della durata di un flash, in cui Brynjar più o meno sa di sognare e può passare oltre nel tentativo disperato di riposare. Non ci riesce: la terza volta che viene disturbato è l'ultima. Quante ore avrà dormito? Poche, a giudicare dai dolori su ogni singolo osso ed il corpo che implora qualche altra ora di ristoro. Aura ha tentato di imitarlo, accoccolandosi poco più in là in posizione fetale con la bocca aperta ed un filo di bava che cola al suolo, ma non è lei che ha svegliato il naufrago. Sono stati gli scarponi di tre uomini in divisa militare, giubbotto antiproiettile nero e delle armi automatiche in mano.

    « Un accattone ed una bambina maledetta. »
    Dice uno di loro, guardando Aura.
    Quello nel mezzo ha la faccia squadrata e sbarbata di uno che ha sì e no vent'anni, gli altri due sembrano poco più vecchi ma hanno la voce cattiva, specie il modo in cui hanno apostrofato la bambina dagli occhi rossi, che non accenna a svegliarsi nonostante il trambusto.
    « Butta le armi, cowboy. » Dice il capo dei tre strappando un sorrisetto agli altri due. Lui però non sorride per niente, è serio. Indica Brynjar con la canna del fucile. « La spada, è vanarium? Fai vedere. Afferrala per la punta, rivolgi a me l'elsa. »
    Uno dei tre supera il gruppo, scavalca Aura arrivando alla porta, poi bussa forte con le nocche protette da guanti con una lamina di metallo sulle nocche e le dita scoperte.
    « Dottoressa Ameonna. Dottoressa?? Apra. Siamo della Jasdf. »
    La dottoressa, stranamente, non aprì la porta. Brynjar poté udire la sua voce ferma e decisamente irritata da dietro di essa.
    « Di nuovo voi?? Non ho ancora i soldi, dite a quel maniaco di Harold di pagare per me anche stavolta, la prossima volta che lo incontro ricambierò in natura. So benissimo che è nelle sue disponibilità, e poi scommetto che vi manda proprio lui. Ho ragione? »

    « Dottoressa, ci sono due persone qua fuori, ne sa niente? »
    Il militare glissò sulla domanda e gettò uno sguardo a Brynjar, poi da dentro arrivò una risposta dal tono irritato.
    « No, non ne so nulla. Hanno chiesto dell'acqua e basta, non li ho fatti entrare come avrete notato. Ora lasciatemi in pace, ho da lavorare. »
    Il soldato tirò fuori un pezzo di carta e lo passò sotto la porta.
    « Ho una missiva firmata dal governatore Aventis, la prego di leggerla e di darci una risposta. Torneremo domani. La bambina maledetta viene con noi, avete qualcosa in contrario? »
    Da lettera sparì. Poi da dietro la porta si udì chiaramente il rumore di carta strappata.
    « No, fate come vi pare. E poi anche se dicessi il contrario la portereste via comunque. »
    Aura aprì gli occhi più o meno in quel momento. Si passò le mani sul viso, poi si accorse della presenza di quei tre individui attorno a lei e sussultò. Non c'era niente di cui stupirsi se si era spaventata.

    « Tu chi sei? Identificati. »
    Disse infine il più giovane dei tre, quello che sembrava un ufficiale, rivolto al naufrago.
    « A quale organizzazione appartieni? Perché sei qui? Che ci fai nelle zone esterne, e perché ti porti dietro una cursed child? »



    Edited by Yomi - 19/1/2019, 19:45
     
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    Aveva camminato per giorni portandosi con sé una donna adulta priva di coscienza sulle spalle e un grosso scudo di titanio sulla schiena; troppi, per riuscire a curarsi della comodità del proprio giaciglio. Appena ebbe appoggiato lo scudo sulla parete di quel tugurio e si fu sdraiato con calma sul legno della veranda, Brynjar non impiegò che una manciata di minuti per addormentarsi profondamente in un sonno privo di sogni. Ciononostante, riuscì suo malgrado a svegliarsi per ben due volte: prima per colpa di Aura che aveva deciso di schiacciare a sua volta un sonnellino vicino a lui, la seconda addirittura a causa di un topo.

    Solo al terzo tentativo la mente dello zoologo decise per qualche oscura ragione di rielaborare tutte quelle immagini viste poche ore prima, e tutte quelle esperienze da cui si ricordava essere riuscito a sfuggire integro in parte grazie a delle gambe molto allenate e scattanti, e in parte per un miracolo –o qualcosa che ci andava abbastanza vicino. Brynjar rivide gli enormi ratti incontrati nella foresta fare scempio del corpo di Medea, poi del suo braccio sinistro (e avendolo già perso in precedenza, perfino nel delirio dell'onirico il caporale riesce a razionalizzare su almeno quella parte), per infine assistere alla testa della guerriera finire incastrata nel corpo di un altro ratto che gli staccava la pelle del volto a morsi voraci. Immagini che scorrevano come lampi e che ritornavano ogni volta che Brynjar riusciva a scacciarle via. Voleva solo dormire!

    Tramp! Tramp! Tramp!
    Aprì gli occhi. Di nuovo. Aura si era rannicchiata poco più in là e dormiva ancora, con un filo di saliva che le colava dagli angoli della bocca. Quello che Brynjar udì invece era un fastidioso calpestio di scarponi indossati da un terzetto di uomini in divisa militare che stava marciando verso la bambina e il caporale. Quest'ultimo in particolare decise di aver dormito troppo poco per non sbottare seccato alla vista dei giubbotti antiproiettile e dei fucili automatici.

    « Un accattone ed una bambina maledetta. »
    Fece uno, puntando un paio di occhi sprezzanti su Aura, che ancora non parve essersi accorta di nulla. Meglio così, pensò Brynjar mentre faceva con il suo sguardo ancora assonnato squadrava dalla testa ai piedi prima un ragazzo che aveva tutta l'aria di avere circa la sua età, e poi altri due uomini più grandi che avevano tutta l'aria di essere delle pile di merda.
    « Butta le armi, cowboy. » Intimò quello che doveva essere il capo, provocando per qualche ragione una reazione divertita nei due subordinati. Brynjar alzò placidamente le mani; la spada di Medea era stata posata ai piedi dello scudo prima che il soldato si coricasse. « La spada, è vanarium? Fai vedere. Afferrala per la punta, rivolgi a me l'elsa. »

    « Vanarium...? » Brynjar rivolse all'uomo un'occhiata perplessa. Gli porse l'arma secondo le istruzioni, ignorando per il momento il fucile che gli era stato puntato contro. « Oh no, penso sia semplice acciaio. »
    Se non addirittura ferro, rifletté. Medea non aveva ritenuto necessario spiegargli di cosa fosse fatta quella spada, preferendo invece dare una dimostrazione pratica del perché fosse stata forgiata. Brynjar aveva ancora i resti di qualche taglio sulle braccia.
    Un altro bussò alla porta; lo zoologo si ripromise di incontrare chi avesse ideato quei guanti con placche metalliche protettive sulle nocche ma lasciando le dita scoperte, e di prenderlo a schiaffi.
    « Dottoressa Ameonna. Dottoressa?? Apra. Siamo della Jasdf. »
    La donna non aprì. Brynjar ne udì la voce infastidita dall'altra parte dell'uscio.
    « Di nuovo voi?? Non ho ancora i soldi, dite a quel maniaco di Harold di pagare per me anche stavolta, la prossima volta che lo incontro ricambierò in natura. So benissimo che è nelle sue disponibilità, e poi scommetto che vi manda proprio lui. Ho ragione? »

    « Dottoressa, ci sono due persone qua fuori, ne sa niente? »
    Lo zoologo ricambiò l'occhiata che gli fu rivolta dal militare. Se non aveva capito male, quei tre dovevano rappresentare il governo, o qualunque cosa ne facesse le veci da quelle parti.
    « No, non ne so nulla. Hanno chiesto dell'acqua e basta, non li ho fatti entrare come avrete notato. Ora lasciatemi in pace, ho da lavorare. »
    Il soldato fece scivolare una busta sotto la porta.
    « Ho una missiva firmata dal governatore Aventis, la prego di leggerla e di darci una risposta. Torneremo domani. La bambina maledetta viene con noi, avete qualcosa in contrario? »
    Si sentì un rumore di carta che veniva strappata – la lettera che veniva aperta. O distrutta.
    Brynjar aggrottò le sopracciglia quando sentì l'ultima frase, e allungò una mano per accarezzare la testolina di Aura, la quale si svegliò proprio in quel momento. La bambina si stropicciò gli occhi, e sussultò nel momento in cui si rese conto della presenza dei tre militari.

    « Tu chi sei? Identificati. »
    Disse il più giovane di loro a Brynjar, che in tutta risposta si alzò in piedi trattenendo uno sbadiglio.
    « A quale organizzazione appartieni? Perché sei qui? Che ci fai nelle zone esterne, e perché ti porti dietro una cursed child? »

    « Caporale Brynjar Lloyd, Accademia di AngelDust, » rispose nel tono di chi stava fremendo dall'ansia di scatenare un gigantesco incidente diplomatico alla prossima arma da fuoco che gli sarebbe stata puntata addosso. Oltre ovviamente che quella di vederne il proprietario dover spiegare al suo capo i dettagli del casino in cui avrebbe cacciato tutta la Jasdf o come si chiamava. « Sono qui perché avevo sonno e sete. Ho scoperto questa città per caso durante una spedizione, e la bambina mi ha aiutato ad orientarmi. »
    Gli mostrò il suo documento identificativo. Sete a parte, tutto ciò che aveva appena detto era in un certo senso la verità.
    Allungò poi il palmo della mano.
    « La spada, per cortesia. »

     
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    « Caporale Brynjar Lloyd, Accademia di AngelDust, »
    l'uomo al centro stava scandagliando la spada con un aggeggio che emetteva una serie di schiocchi eaveva l'aria di essere una sorta di rilevatore, gli altri due che tenevano le armi spianate su Bryn ed Aura, invece, sembrarono notevolmente perplessi da quella strana presentazione.
    « Sono qui perché avevo sonno e sete. Ho scoperto questa città per caso durante una spedizione, e la bambina mi ha aiutato ad orientarmi. »

    « Signore, quest'uomo è sotto l'effetto di droghe? » Chiese uno dei due soldati, liquidato all'istante dall'individuo al centro, che rispose con un secco « non esiste nessuna accademia angeldust » come se la cosa non gli importasse poi più di tanto. Brynjar avrebbe intuito facilmente che lo ritenevano pazzo, ma non pericoloso. Poche persone ritengono pericolosa una persona armata solo con uno scudo e con a pochi centimetri dal naso la canna di un fucile automatico con proiettili in canna e la sicura rimossa.

    « La spada, per cortesia. »
    Effettivamente l'uomo abbandonò la presa sulla spada, ma solo per buttarla qualche passo più in là, fuori dalla portata di Brynjar.
    « Puoi riprendertela, è una lega comune. Non è vanarium rubato. Sei libero di andartene, ma devi sgombrare l'area entro tre ore. Sono previsti dei bombardamenti a tappeto in tutta l'area per la rimozione di un focolaio di infezione causato da un gastrea di livello due. Questo almeno lo sai che cosa significa, vero? Tutto ciò che si trova in superficie verrà considerato infetto e rimosso. »
    Guardò Aura, che intuì che cosa stava per succedere e si ritrasse spaventata.

    « Lei invece viene con noi. Basta guardarla per capire che non è registrata. Deve essere internata in un centro di accoglienza il prima possibile, dove riceverà le cure necessarie ed i medicinali che tengono sotto controllo lo sviluppo del gene Gastrea. Senza di esso diventerà pericolosa nel giro di poco tempo. »
    A quel punto il soldato alla destra di Brynjar abbassò il fucile per farsi avanti e provare ad afferrare Aura per il braccio. Lei però strillò, iniziò a dibattersi e si spostò all'indietro...

     
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    Brynjar scoccò un'occhiata fugace al dispositivo con il quale uno dei tre soldati stava esaminando la spada di Medea. Ogni tanto emanava degli schiocchi, ma il giovane non riuscì a capire cosa stessero cercando di sospetto in un semplice pezzo di metallo tagliente che, con ogni probabilità, non era neppure incantato.
    A quelli che invece si stavano ostinando a puntare le proprie armi su di lui, sottufficiale a rappresentanza di una potenza straniera, e su Aura, una semplice bambina, lo zoologo rivolse invece uno sguardo di pietra senza tuttavia dire nulla a parte rispondere alle domande che gli furono poste. Se davvero ci tenevano così tanto a finire nei casini, li avrebbe accontentati volentieri.

    « Signore, quest'uomo è sotto l'effetto di droghe? »
    Fece uno dei tre uomini, spiegando definitivamente il perché si stessero ostinando a tenere alti i fucili. Brynjar, inizialmente sorpreso, inarcò un sopracciglio, ma si affrettò a rimettere a posto il suo documento identificativo nel momento in cui l'ufficiale in comando negò del tutto l'esistenza dell'Accademia. Se era così, ciò significava che quegli sprovveduti non erano mai entrati in contatto con dimensioni al di fuori della propria. Giocoforza, non potevano essere mai entrati in contatto con AngelDust. Viceversa, AngelDust non era ufficialmente a conoscenza dell'esistenza di quella città, e di conseguenza nemmeno i suoi superiori. Se invece ne erano al corrente in via non ufficiale, allora difficilmente sarebbe importato loro un granché di ciò che un loro soldato avrebbe fatto durante un periodo di permesso, in particolar modo se non lo sarebbero venuti a sapere affatto.

    Il soldato abbandonò finalmente la spada ma, anziché restituirla a Brynjar, la lanciò via a qualche in metro più in là sulla veranda, ben fuori dalla portata dello zoologo, il quale reagì con uno sbuffo seccato. Certo, non era sua, non sapeva nemmeno utilizzarla e nessuna persona sana di mente avrebbe dato un'arma in mano ad una persona che stava tenendo sotto tiro, ma...
    Aveva dormito troppo poco per importargliene.
    « Puoi riprendertela, è una lega comune. Non è vanarium rubato. Sei libero di andartene, ma devi sgombrare l'area entro tre ore. Sono previsti dei bombardamenti a tappeto in tutta l'area per la rimozione di un focolaio di infezione causato da un gastrea di livello due. Questo almeno lo sai che cosa significa, vero? Tutto ciò che si trova in superficie verrà considerato infetto e rimosso. »
    « Capisco. »
    Quanto aveva riposato? Avrebbe schiacciato volentieri un secondo sonnellino, anche se aveva già recuperato energie quanto bastavano a portarsi fuori dai confini della città. No, la questione era un'altra: Medea. Brynjar non sapeva a che punto fosse l'operazione, e non voleva andarsene prima ancora che la donna si svegliasse. Non poteva scappare di nuovo. Avevano ancora troppe cose da chiarire, questioni in sospeso da chiudere. Non avrebbe sopportato sapere che quella donna gli stesse ancora dando la caccia, qualora egli decidesse di andarsene così. Certo, il fatto che Medea fosse una completa squinternata non era fondamentalmente un problema suo, ma come lo spiegava a Nina che c'è una donna sconosciuta che ha attraversato intere dimensioni per rintracciarlo? O meglio, come le avrebbe detto che sempre quella donna stava persistendo? Al diavolo, no!

    A tutto ciò si aggiungeva Aura, che nel frattempo si era ritratta terrorizzata. Una bambina che Brynjar neppure conosceva, perfino infetta da un virus che l'avrebbe trasformata presto, a dire di quel cacciatore di taglie, in un mostro. Senza contare il fatto che non era mai troppo saggio intromettersi negli affari di un altro mondo, poiché si potevano rischiare conseguenze potenzialmente ingestibili.
    « Lei invece viene con noi. Basta guardarla per capire che non è registrata. Deve essere internata in un centro di accoglienza il prima possibile, dove riceverà le cure necessarie ed i medicinali che tengono sotto controllo lo sviluppo del gene Gastrea. Senza di esso diventerà pericolosa nel giro di
    poco tempo. »
    Brynjar aveva raccolto tutti quei pensieri e, dopo un'attenta analisi, aveva deciso di scartare tutto ciò che riteneva superfluo delle sue considerazioni. Ovvero tutto quelle parole che venivano dopo “bambina.” L'uomo prese a strattonare Aura per un braccio; quest'ultima iniziò a dibattersi, a gridare, a chiamare aiuto, ma nulla arrivò alle orecchie del caporale.

    « Capisco. »
    Ripeté, stavolta con un tono glaciale. Schioccò le dita, e un'enorme massa bianca sarebbe apparsa poco sopra i capi dei tre uomini, oscurando la poca luce solare che filtrava attraverso la grata, dimenandosi amorfa come se fosse viva. Vinta dalla forza di gravità, sarebbe precipitata subito dopo sui malcapitati bersagli, avviluppandoli in una morsa vischiosa e invadendo ogni spazio che riusciva a trovare, infilandosi perfino nelle canne e fra i meccanismi dei fucili. Quei tre soldati sarebbero usciti da quell'ordalia illesi, ma immersi in quella poltiglia appiccicosa fino letteralmente al collo, incapaci di muoversi e con le armi possibilmente fuori uso.
    Brynjar avrebbe concluso l'opera con un deciso colpo di taglio della propria mano sul polso dell'uomo che cercava di portare via Aura, nel caso la stesse ancora tenendo afferrata. Non voleva rompergli le ossa carpali, ma voleva fargli male.
    Se l'operazione avesse avuto successo, lo zoologo avrebbe così preso la parola:

    « Signori, c'è una grossa differenza fra me e voi: per cominciare, anche se mi state sul cazzo io non voglio farvi del male. Voi, invece, semplicemente non potete. » Fece passare il proprio sguardo da un soldato all'altro, guardandoli con un'espressione a metà fra furia e apatia. « Sono più che certo che siate in buona fede, ma d'altro canto mi viene da pensare che ci sia una ragione per cui questa bambina abbia paura di voi. Ho sentito dire da un tipo in superficie che ce ne sono alcune che scappano dai centri di accoglienza, e addirittura ci sono cacciatori di taglie. Quindi, chiamatemi pure presuntuoso o moralista, ma lasciate che vi esponga la mia idea: lei non viene con voi, e io non vi porto in superficie impacchettati così fra due ore e cinquantanove minuti, e nel frattempo mi prendo ogni responsabilità su ciò che succederà con lei. Ritenete che sia un buon compromesso? »

     
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