Cattività

[Aurora Occidentale]

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    Quando pensiamo alla prigionia, le prime immagini a venirci in mente sono probabilmente le sbarre di grate di ferro rugginoso a cui aggrapparsi urlando la propria innocenza, o il metallo di manette, cavigliere e ceppi, da cui penzolano tintinnanti catene che ti vincolano al fondo di una cella tetra, angusta, puzzolente e mai troppo pulita... ma nell'Enclave, la struttura in cui -a detta del Dottore- sei attualmente detenuto, non c'è nulla del genere.

    A paragone con una qualsiasi altra galera si potrebbe dire che per certi versi ti sia andata di lusso: con le sue pareti di liscio metallo bianco e lucido vetro trasparente, l'ambiente è asettico e luminoso, non soffri mai né il freddo né il caldo, vieni nutrito con regolarità (anche se quella poltiglia non è ciò che definiresti propriamente cibo), e hai persino una bella e comoda sedia di metallo che quando arriva la notte si reclina per farti da letto; certo, se ogni tanto ti lasciassero uscire da quel posto o anche solo scendere dal mobile che ti imprigiona sarebbe splendido, e se potessi evitare di sottoporti a iniezioni e prelievi che il braccio meccanico ti somministra ad intervalli teoricamente regolari, saresti pure più contento, ma... non puoi lamentarti. O meglio: puoi, cercando di attirare l'attenzione degli inservienti in bianco che occasionalmente ti fanno visita, ma non serve a nulla. Non importa a nessuno.

    Non sai dire quanto è trascorso dalla tua cattura, ma questa -ormai- è una triste costante della tua permanenza tra quelle mura: tutto si trascina sempre uguale, l'oggi e il domani sono la stessa cosa, non ci sono finestre che ti aiutino a scandire il tempo con la luce del giorno o le tenebre dell'imbrunire, nessun suono ti fa compagnia... insomma, quel simpatico squilibrato del Dr Harold Blue sembra aver deciso per te il più crudele dei destini: morire di noia.

    Ti era stato detto che volevano trasformarti in un'arma per la loro guerra, eppure...
    ...di questo passo finirai per trasformarti in un fossile.

     
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    Tsk!
    "Magari ci rivedremo.", aveva detto.
    Nei sogni!
    In quella specie di incubi lucidi che ho quando sono troppo stanco per tenere gli occhi aperti e la sedia si inclina a farmi da lettino!!

    Non saprei dire quanto è passato da quando sono qui, da quando ho cercato di salvare il mutaforma, da quando ho eliminato Pierre.
    Il tempo, qui, sembra non avere alcun significato: la luce è sempre la stessa, il cibo è sempre uguale e viene portato ad intervalli più o meno regolari.
    Continuano ad iniettarmi cose, o forse farmi prelievi.
    Non capisco da quelle strane siringhe tenute dal braccio meccanico.

    Ogni tanto è venuto qualcuno.
    Ho provato a farmi liberare.
    Ho provato a minacciare, a supplicare, a promettere cose più o meno possibili...

    Niente.

    Ormai se entra qualcuno non spreco più energie inutilmente.
    Entra, fa quello che deve, se ne va.

    E io me ne sto qui, con gli occhi chiusi a cercare di...non so neanche cosa sto facendo!

    CAZZO!

    Un grido rabbioso, ma senza più voglia di lamentarmi, esce dalle mie labbra.

     
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    La tua vita in cattività ha ormai assunto la consistenza vaga e fumosa di un'esperienza ultraterrena, in cui se a malapena consapevole di te stesso: il tempo non conta, la vita è ridotta ad un esistere informe e ripetitivo, e persino la necessità tutta umana di scambiare due chiacchiere con qualcuno ti viene negata – tanto che quasi quasi, mentre ti senti divorare dalla solitudine, persino l'ipotesi di incontrare di nuovo quello stronzo chiacchierone del Dottore ti darebbe un po' di sollievo. Perché la tua detenzione non è un inferno di sofferenza, ma un grigio e amorfo limbo senza fine.

    Ma ne siamo sicuri? Che sia senza fine, intendo... Già, perché proprio mentre la disperazione coltiva quel pensiero che -ogni giorno, ogni ora- erode lento ed inesorabile la tua sanità mentale, finalmente succede qualcosa.
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    « Ehilà, Robb! Come andiamo? Ti sono mancato? »

    Quella voce ormai nota (quella della causa originaria di tutti i tuoi problemi, quella che ti si rivolge sorniona e paterna fino a risultarti disturbante, quella che hai scolpito con risentimento nei tuoi ricordi) ti giunge in uno dei tuoi tanti momenti di meditazione ad occhi chiusi, tanto che potresti pensare ad una qualche allucinazione uditiva uscita dai tuoi sogni, eppure... quando sbarri gli occhi lo trovi proprio lì, all'ingresso della tua cella.

    Non lo hai sentito arrivare né lui, né l'energumeno alto due metri e mezzo che gli fa da scorta e che attende oltre la soglia, e ti convinci che sia perché ti sei probabilmente addormentato... ad ogni modo, se non altro, adesso hai davanti l'origine dei tuoi mali e la possibilità di ricoprirlo di insulti, ma -a giudicare dall'asciutta pragmaticità con cui inizia ad armeggiare con il pannello di comando della tua sedia- hai subito l'impressione che sia di fretta, e che quella conversazione non sia destinata a durare molto.

    « Scusa la lunga assenza, ma... sono sorti alcuni inconvenienti circa il tuo caso:
    io e il Consiglio di Guerra siamo in leggero disaccordo sul da farsi, quindi ora non ho tempo. »


    La sensazione dell'ago che emerge dall'anello di metallo che ti fa da collare -un'altra delle costrizioni che ti vincolano alla sedia-, e che ti penetra nella giugulare è una proceduta con cui hai ormai una certa familiarità, eppure l'effetto narcotizzante che ti annebbia immediatamente tutti i sensi e ti rilassa i muscoli delle membra -già anchilosate di loro per l'immobilità- è una novità nella routine della tua prigionia. Che cavolo sta succedendo?

    « Parleremo un'altra volta. »

    Non fai in tempo a chiederglielo, che un sonno pesante ed innaturale ti coglie improvvisamente:
    puoi lanciargli occhiate torve, insulti strascicati, domande e richieste di spiegazioni per cercare di capire quale sarà il tuo destino, ma... è tutto inutile. Non riesci a resistere, scivolando così nel baratro nero dell'incoscienza.

     
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    Improvvisamente mi sembra quasi di essere in un sogno.
    Uno di quei tanti incubi lucidi di cui parlavo...
    Il dottore che mi chiede come sto, se gli sono mancato.

    Certo che, di tutti gli incubi che posso avere, sognare ripetutamente una delle ultime cose che mi è successa prima di venir lasciato a me stesso è...frustrante...
    Apro gli occhi, scorgendo una figura che sembra essere l'amatissimo Dottor Blue sulla soglia della cella.
    Sono stato fermo per un tempo incalcolabile: dovrei avere tantissima energia per insultarlo, per convincerlo a liberarmi, per...
    Sto fermo e torno a guardare il soffitto.

    No.

    Dico a bassa voce.
    Poi alzo, per quel che posso, la testa in modo da notare una grossa e innaturale guardia del corpo alle sue spalle.
    Lui si scusa, cerca di spiegarmi senza però dirmi niente.
    Non ha tempo.

    Lo vedo armeggiare con dei tasti, e non capisco cosa stia succedendo finché non sento una troppo familiare puntura al collo, dal collare che avevo anche scordato di avere...
    Il sonnifero non ci mette molto a farmi addormentare, e non ho neanche il tempo di dirgli qualcosa dopo le sue ultime parole.

    Penso solo che, di nuovo, sarà un sonno senza sogni.

     
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    Nel buio fondo e accogliente che avvolge la tua mente durante il tuo sonno di incoscienza percepisci in maniera vaga il ronzio dei macchinari in funzione, il sollievo sulle tue membra mentre i ceppi di metallo che le imprigionano si schiudono, e -soprattutto- il contatto fisico con braccia solide ma fredde (come se non fossero fatte di carne umana), rivestite dalla stoffa inamidata del camice bianco, che ti sollevano senza sforzo dalla sedia che è stata il tuo unico sostegno per quella che ti è parsa un'eternità.

    Se già da sveglio non avevi una concezione chiara dello scorrere del tempo in cattività, la tua ovvia confusione aumenta ora che sei privo di sensi, e la tua coscienza sembra riemergere a sprazzi, registrando qui e là dati del tutto casuali con delle intermittenze regolari: profumo di pulito... calore sulla pelle... il tuo corpo cullato in uno strano dondolio... odore di pioggia... parole come echi lontani...

    « ...qui andrà bene: mettilo giù. »
    hai l'impressione di sentir pronunciare a una voce odiosa
    « Con il confine a due passi e i soldati radunati all'Enclave non correrà pericolo. »

    Quando d'un tratto torni ad essere consapevole di te stesso e del mondo che ti circonda, con ancora quelle parole che ti echeggiano per la testa, rinvieni di colpo: sbarri gli occhi sorpreso, e nel rizzare il capo per guardarti intorno assesti accidentalmente una craniata alla corteccia dell'albero ai cui piedi ti ritrovi seduto. E' una bella botta, e non fa benissimo, però... da quanto tempo non vedi un albero? E il cielo? Senti l'aria fresca sulla pelle, e la respiri a pieni polmoni, assaporando l'aroma della resina, e quello del... sapone?

    Abbassi lo sguardo su di te, per controllare le tue condizioni, e... sembra tutto al suo posto: indossi i vecchi abiti con cui sei salpato dalla tua isola, puliti e freschi di bucato come solo la tua amica Yoko sapeva farli uscire, e di traverso sulle tue gambe c'è persino la tua spada. Per un istante, ti sfiora il pensiero di aver sognato tutto quanto...

    Ma poi ti colpisce il frammento di un ricordo recente, troppo vivido e reale per essere frutto della tua immaginazione, e ti sembra ancora di percepire il tocco di una mano -calda anche al di là del guanto bianco- che ti batte un buffetto su una guancia, e la voce sorniona e odiosa dell'uomo a cui quell'arto è attaccato che ti saluta chiamandoti “Robb” e raccomandandosi di stargli bene.

    Alla creazione di quali armi servivano i loro brutali esperimenti? Che cosa ti è stato iniettato durante la prigionia? Perché Harold Blue ti ha lasciato libero? Probabilmente, gli interrogativi sul senso di quel che ha vissuto ti perseguiteranno con insistenza ancora per molto tempo a venire -forse per sempre-, ma di una cosa puoi essere certo: ora che sei di nuovo sotto la volta del cielo, sarai l'unico padrone del tuo destino.

     
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    Sogno!
    Oppure questa volta il sonnifero non era tanto forte e sto rimanendo in uno stato di lucida incoscienza...
    Non lo so, fatto sta che mi accorgo di essere sollevato dalla sedia dove ero.
    Mi accorgo che sono braccia fredde e dure.
    Percepisco odore di pulito, pioggia, il mio corpo che viene mosso.

    Dopo un po' (un secondo, un minuto, un'ora?) apro gli occhi con la voce del dottor Blue che mi riecheggia in testa.
    Apro gli occhi ed alzo la testa.
    Cattiva idea, perché do una testata contro l'albero su cui sono appoggiato.
    Mi massaggio la testa.
    Poi però mi rendo conto della cosa: ho appena dato una testata ad un albero.
    Sono seduto sulla terra nuda alla base dell'albero e sto respirando aria pulita e senza disinfettanti o cose strane!
    E...
    E sono vestito con i miei abiti appena lavati e la mia spada è poggiata tra le mie gambe.
    Che mi possa essere sognato tutto..?

    No.
    Il volto mi si rabbuia, mentre mi rendo conto di non aver sognato niente di questi ultimi giorni.

    Improvvisamente determinato (A tornare là e fare un casino? A capirci qualcosa? Ad allontanarmi il più possibile?) mi alzo e, guardando il cielo e il sole alto, comincio a muovermi verso una direzione completamente a caso.
    Vediamo dove mi porta.

     
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