Capitolo 1 - A New Home

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    Viaggiatore dei Mondi

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    PROLOGO

    A ogni passo Giotto sentiva i muscoli indolenziti. Era come se la neve fosse abrasiva, incollandosi sotto le scarpe; il freddo che gravava sulle sue membra, azzannandone i sensi, diminuiva la sua resistenza e così, di conseguenza, le forze necessarie per muoversi sul terreno nevoso si facevano sempre più esose. "Un dazio da pagare per la mia sconsideratezza" si ripeté, come una cantilena. Il punto era che Giotto stava camminando da ore, alle prese con un viaggio che era durato già tre anni, durante i quali non aveva visto che poche soste: la maggior parte di fortuna, ben poche degne di questo nome. Gli avevano anche detto di non attraversare il bianco manto dell'Etlerth come se fosse il Latifondo di Laputa, perché se l'ultim era sì immenso ma gradevolmente immerso nel verde, altresì lo erano i ghiacci e terni del nord; pur immensi, pur immersi nel bianco, ma non gradevoli affatto.

    Così, allo stremo delle sue energie, Giotto cadde. Sentì le ginocchia affondare nel nevischio; presto parte di questa divenne acqua e si inzuppò negli abiti. Al freddo si aggiunse la pungente sensazione di bagnato, che fu rapita rapidamente dal gelo anch'essa. In pratica, Giotto si ritrovò con la parte sottostante del corpo congelata. La neve che cadeva, poi, gli si poggiava addosso creando lentamente un cumulo. Stava per essere seppellito.

    Sono così stanco...

    Sussurrò le parole che la sonnolenza gli stava suggerendo, tradendolo in tranello. Ora sentiva molto caldo, quasi fosse in fiamme. Le dita dei piedi e delle mani a stento si muovevano, e se lo facevano era acuto il dolore che correva lungo i nervi. Giotto poteva quasi immaginare il suo sangue darsela a gambe, accorrendo a tenere caldi gli organi vitali. Ma ben presto anche quelli si sarebbero ghiacciati.

    Ora che muoio...

    quante cose ancora che devo fare...

    me ne rammarico.


    Poi un suono sordo tuonò nell'etere, ma subito scese il silenzio, e la neve, a coprirlo.

    ***

    Giotto si svegliò qualche tempo dopo. Si alzò di scatto su quello che sembrava essere un letto, per guardarsi attorno stupefatto. Ricordava perfettamente cosa era successo, di come era riuscito a chiamare i soccorsi. Aveva però temuto di non farcela in tempo, così ora era sorpreso di scoprire che, invece, sembrava essere andato tutto per il verso giusto.

    Ancora una volta, sono salvo per miracolo!

    Ricordava a stento il volto della persona a cui si era rivolto, che lo aveva trovato a girovagare nel nulla. Si coricò nuovamente nel letto, ancora provato per il pericolo scampato e infreddolito; nonostante la stanza fosse moderatamente calda e le dita di mani e piedi avessero ripreso gradatamente la propria sensibilità. Si concedette allora di abbandonarsi alla quiete, intanto che il medico -o chiunque stesse curandolo- non passasse a vedere come stava.
    Avrebbe pensato dopo a come sdebitarsi.



    CITAZIONE
    Post di presentazione semplice semplice :3 ti do qualche info: il mio personaggio è arrivato nella barriera semi-nudo (mutanda a parte) urlando come un invasato. Successivamente, ha condotto chi lo ha trovato lì dov'era il suo corpo (con sua/tua eventuale sorpresa), salvo poi svanire e far rimanere soltanto il corpo svenuto e semi-congelato. That's all.


    Edited by flama - 3/9/2016, 18:48
     
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    Cosa c'è di meglio dell'iniziare una giornata con zero caffè e con "capo, abbiamo un problema?"
    «Hyne puttana.»
    Parole mugugnate mentre strisciavo fuori dal letto. Per fortuna, il problema non si è rivelato essere un'armata di zombie ai cancelli, ma un problema di natura morale.
    Un tizio sconosciuto, mezzo nudo e urlante, trovato a sgolarsi in mezzo al bosco illusorio che circonda la nostra città.
    Non facciamo entrare sconosciuti in città, di solito. D'altra parte, lasciarlo lì avrebbe significato condannarlo a morte. E quindi cosa ha deciso il piccolo Dhaval, che è una persona molto ingenua e definitivamente troppo buona?
    «Portatelo alla nostra infermeria.»
    Sospiro.

    E visto che in infermeria non ci sono molti altri medici oltre a me stesso, eccomi qui a fare da graziosa infermiera al nuovo arrivato.
    (Un giorno mi vestirò davvero da infermierina qui dentro - sto molto bene vestito da donna, davvero. Ho un bel faccino androgino, se ignorate la cicatrice, e i capelli luuuunghi. Ma sono sempre in modalità professional, ultimamente, e qui non c'è nessuno che voglia giocare al dottore con me.
    If you know what I mean.)

    Eeeee insomma, alla fine sono noiosamente in divisa militare, la mantella rossa a dare una vaga aura di autorità et importanza. È da un po' che sento il tizio mugugnare nel sonno, indi mi ero seduto accanto al suo letto a leggere.
    «Dhaval Agni, prego. Ma puoi chiamarmi "miracolo", se proprio ci tieni.» rispondo con nonchalance alla sua esclamazione. Mi volto verso di lui, poggiando il libro e rivolgendogli un sorrisino. Uno a labbra strette, che non scopra i denti, perché non lo voglio spaventare.
    «Come ti senti?»
    La risposta giusta dovrebbe essere "un po' sbattuto, ma okay". Aveva un principio di ipotermia, disidratazione, e altre cose curate facilmente con una flebo e qualche parola magica. Teoricamente, dovrebbe stare bene.
    Sui danni alla testa non posso dare diagnosi, però. Quelli mi sa che ce li aveva già da prima.
     
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    Atto Primo

    Dhaval andrà bene.

    L'odore di medicinali fu sufficiente a tenerlo lucido, mentre si sforzava, invano, di sedersi nel letto. Giotto sentì qualcosa scricchiolare. Non poteva giurare che fossero le costole, ma la fitta al fianco che sentì (e che lo costrinse a piegarsi) era abbastanza insistente sull'argomento.

    Ti sono molto grato.

    Un lato della maglia scivolò a sufficienza da lasciar intravedere alcune cicatrici: segni indelebili che testimoniavano le lunghe peripezie che l'avevano travolto, da quando aveva lasciato il villaggio. Fu allora che ebbe come una illuminazione. Si agitò.

    Dov'è!

    Si frugò, dolorante, cercando insistentemente qualcosa. Più non lo trovava e più Giotto sembrava agitarsi, finché non li vide appoggiati sul mobiletto vicino al suo letto. Tirò un sospiro di sollievo, ora che lì vedeva lì al sicuro: la scatola misteriosa e l'Anello del Cielo gli risposero con un leggero alone magico, di cui solo Giotto però fu testimone.

    Dove mi trovo?
    Ero diretto verso Najaza quando il freddo mi ha colpito.
    La mia Fiamma... non hanno retto.


    Si guardò le mani. Ricordava ancora vividamente il fuoco della sua Fiamma che si spegneva, lentamente. Strinse allora i pugni, in una smorfia di rabbia mista a delusione. "Sono ben lontano dal mio obiettivo", pensò. La sua unica consolazione fu il sapere che la Fiamma non poteva estinguersi, finché lui era in vita; tuttavia, se il freddo del Nord era stato sufficiente a indebolirla, chissà cos'altro poteva ancora riuscirci.

    Ad ogni modo, è usanza della mia gente ricambiare i favori.
    Non appena sarò guarito, spero di potervi ripagare in qualche modo.


    Una piccola bugia a fin di bene: la sua era una famiglia di guerrieri, non era scritto da nessuna parte che fosse costretto a ricambiare un favore. Tuttavia il suo orgoglio gli suggeriva tutt'altro. Inoltre, era da pazzi sperare di riprendere il cammino ora che sapeva essere la Fiamma troppo debole. Giotto ritenne allora che rimanere nel villaggio fosse un'idea migliore: rendendosi utile, nessuno avrebbe fatto storia sulla sua presenza e lui, magari, avrebbe trovato il modo di rendere la Fiamma abbastanza forte da permettergli di arrivare a Najaza.



    CITAZIONE
    La "Fiamma" era visibile sulla fronte del personaggio quando è apparso semi-nudo, girovagando nella barriera. Fiamma che è scoparsa quando quella manifestazione del personaggio è svanita, tornando nel corpo che intanto assiderato.
     
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    Roteo gli occhi. Perché qui arrivano solo pazzi? E perché mi fanno tutti le stesse domande? Perché non possiamo stampare dei depliant.
    《Guarda, io non sono un mago del fuoco》 nonostante il nome 《ma secondo me se evitavi di denudarti saresti resistito meglio al freddo.》
    Cattiveria inutile, scusami. In realtà, non è il primo caso che sento di persona che si sveste in mezzo alla neve, in preda al delirio.

    《Circa il dove ti trovi... Questa è un'umile cittadina del Nord, ben più umile della meta a cui eri destinato》allargo le braccia, abbracciando la povertà della stanza. Torno poi a sedermi coi gomiti sulle ginocchia, inclinandomi appena verso il giovane.

    《...Posso sapere, se mi è concesso, perché eri diretto alla capitale? Mi risulta che il suo accesso sia rigidamente regolato.》
    E questo villaggetto di merda è impegnato in una colossale campagna anti-zombie all'insaputa di chi da lassù governa.
    Spero di non aver salvato questo ragazzetto per doverlo di già ammazzare.
     
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    Atto Secondo

    Hem...

    Il volto di Giotto si fece rosso dall'imbarazzo. Non era ancora in grado di controllare le sue capacità, ma non riusciva ad abituarsi alle conseguenze ogni volta che riprendeva i sensi.

    Non ho scelto di denudarmi di proposito.
    Quella è... una conseguenza delle mie capacità.


    Si rese conto, nel momento in cui lo disse, che era sembrato tutto molto ambiguo. L'imbarazzo crebbe.

    In realtà non c'è un motivo. Sono in viaggio.
    Parte della tradizione della mia famiglia vuole che io giri il mondo,
    faccia esperienza e ritorni a casa dopo aver compiuto una qualche impresa:
    una che dimostri che sono un adulto... più o meno.


    Ma Giotto non era mai stato molto felice di quella tradizione, né della sua famiglia. Avrebbe preferito evitare di combattere e rischiare la vita, eppure non aveva potuto evitarlo. D'altronde, la sua famiglia lo monitorava a distanza: come unico prossimo capofamiglia dei Nemea, era vitale che rispettasse la tradizione e che completasse il suo viaggio.

    Mi è stato detto che Najaza è in condizioni "particolari".
    Ho pensato che attraversare il grande gelo e arrivare alla capitale, nonostante
    sia chiusa, potesse valermi l'età adulta. Così me ne sarei tornato a casa
    e avrei detto addio a questo stupido viaggio.


    Sospirò. La guida che doveva accompagnarlo lo aveva abbandonato di colpo, sparendo nella neve con i soldi. Forse sperava di vederlo morire, per ritornare e rubargli il resto. Però una bufera di neve lo aveva colto di sorpresa, così Giotto si era ritrovato senza meta e contro il gelo. La sua Fiamma gli aveva consentito di resistere il più possibile ma, alla lunga, anche questa era venuta meno.

    Ho scioccamente sottovalutato l'impresa,
    evidentemente non sono ancora così maturo come credevo!


    Evitò di fare altre domande: il suo intuito, oltre al roteare degli occhi altrui, gli suggeriva che quel tale sembrava particolarmente seccato dal fatto che volesse andare a Najaza. Evidentemente, c'era qualcosa in quel villaggio che non doveva uscire dallo stesso. Così corse ai ripari.

    Ad ogni modo, la tappa alla capitale è annullata.
    Non ha più molto senso andarci, inoltre mi è evidentemente impossibile.


    Seguito da una serie di "tipregononuccidermi" che però Giotto tenne per sé.

     
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    Sospirone. Quindi è proprio l'ora degli spiegoni, eh?
    "Una volta non gli odiavi così tanto" mi sussurra una vocina nella testa "una volta lavoravi in reception".
    Vero. Ma è stato un casino di vite fa, e io odio ripetermi.

    «Vado a preparare qualcosa di caldo» decreto, tirandomi in piedi «Poi ti spiego.»
    In realtà potrei benissimo urlare "infermieeera!", ma sento un attimo il bisogno di alzarmi e fare il quadro della situazione. Organizzare mentalmente il discorso. Ci sono così tanti casini da raccontare, così tante cose più o meno segrete...
    Forse, anziché un'infermiera, dovrei chiamare Nidhogg. Lui sì che sa fargli gli spiegoni! Ah, ma forse un nuovo arrivato non si sentirebbe a suo agio nel venir brieffato da un gigantesco dragone bianco.
    Non sono nemmeno sicuro che entri nella porta dell'infermeria.

    Grumble. Tocca a me, insomma. Vado. Faccio il caffè.
    Poi torno e ti spiego tutto, promesso.
     
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5 replies since 3/9/2016, 15:57   88 views
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