[LAM] Nuove Alleanze (Parte I)

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  1. Shui Yoe Tu
     
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    Felici coloro ai quali il Destino ha riservato un'anima mortale, poiché quando essi, che sono come pietre, cessano di rotolare dalla cime del monte alla valle del riposo, abbandonano ogni cosa, corpo, ricordi e dolori, e passano oltre, divenendo nuova pietra e nuovo monte. Ma le Essenze, la cui anima è Potere, non possono abbandonare mai alcunché, perché il loro Destino è Fuori, a vigilare silenziosi che la Realtà si svolga; né soffrono, o hanno di che lamentarsi. E tuttavia, venne il giorno in cui tutte e Quattro dovettero piegarsi al mondo, entrarvi dentro e Vivere, e benché avessero trovato un accomodamento, un compromesso fra la materia di cui erano fatte e la realtà delle cose, pure questa era una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere, sicché ora erano assieme spiriti incarnati e potere vagante, a volte presenti in forma di carne, altre volte, dimentichi del loro ruolo presso la terra sulla quale stavano, correvano sulle erbe e i fiumi come forza vitale e benedizione. E cos'è, questo, se non un Destino assai più infelice e ingannevole della morte? Non erano corrotti, né sciolti: trascorrevano l'eternità come fossero fantasmi, apparendo e scomparendo, e oramai punti o pochi serbavano il ricordo dei Quattro, e molto di ciò che su Endlos accadde, agli occhi di Questi passò inosservato.

    Ora, avvenne che presso le verdi anime di Kijani Fahari apparì un potere nuovo, che fu come un'esplosione fra gli alberi, e però non aveva recato loro danno alcuno; come l'artista, per capriccio o per furia, ferisce con la lama una tela dipinta e tesa, allo stesso modo l'aria del bosco era stata fessa fra gli alberi, e s'apriva ora una breccia verso lidi ignoti, dalla quale l'energia e l'esplosione erano nate, come quando un colpo dato su un tamburo riceva indietro l'onda. Fu questo evento, a destare una delle Essenze dal letargo spettrale nel quale s'era confinata, e fu lesta a svegliarsi, poiché il sospetto di pericolo cadeva proprio sul bosco che un tempo era stato Suo, e che aveva rinverdito anni prima.

    Così, poco a poco, riprese i panni di carne dei quali le Essenze si ammantavano e fu come un fiore che sbocci in primavera sotto l'ultima neve, calmo e vigoroso per aver superato il gelo. La Magnolia della sua Reggia produsse allora un frutto, e quello era il segno del Potere che ritornava, e presso quell'albero santo stava in piedi una figura di donna, più bella di qualunque cosa la terra abbia prodotto, lunghi i capelli color del legno, e roseo l'incarnato eternamente giovane; aveva profumo di fiori e di schiuma marina, e un abito color delle foglie, e mani e piedi erano coperti dal verde tessuto; portava una larga fascia rigida come busto, tale che paresse vera corteccia, ed era decorata di molti segni e rosei fiori di magnolia.
    Quando aprì gli occhi, come mossa da sussulto, il bosco poté di nuovo godere di quel verde intenso che aveva nel volto, e Lei, dopo molto tempo, guardava ancora il bosco che tanto aveva amato, e si disse questo essere cambiato, aver vissuto senza la sua Signora a cantare fra i rami o a benedirne i frutti ed i fiori, e ogni cosa ora appariva quasi normale, come se Kijani Fahari non fosse mai stato incantato. E gli spiriti nel legno salutarono la Dama, e questa salutò loro, e preso apprese della breccia, e seppe, dagli alberi, che uno dei Suoi amati giaceva immobile sulla terra del bosco; allora si mosse svelta come rapide del fiume, e vagò fra gli spiriti lignei, pregando loro che La conducessero da costui.
    Era Amon, fra le Sue guardie quella che più di ogni altra aveva amato, quello al quale la foresta dava maggior ascolto, il migliore dei Suoi figli. Le belle carni di lui erano tristi sotto il velo dei lividi e delle ferite, e in volto non sorrideva, spento e immobile come una statua decaduta. Assai pianse, sul corpo di lui, e lo chiamò per nome e lo baciò, e si batteva il petto per la Sua assenza, e soffriva, Lei, più per la condizione del giovane, che per le nuove cose che dimoravano nel bosco; ma era un pianto liberatorio, e piangendo per lui, piangeva per tutto quello che non aveva fatto e per il tempo che non era stata di carne, e le Sue lacrime erano come acqua sorgiva, e dove gocciolavano, in terra nascevano fiori.
    Sollevò Amon, e con dolcezza tornò alla reggia, salì le scalinate che conducevano alla stanza di lui, e ne adagiò il copro inconscio sul letto morbido, ma quello, ancora, non si muoveva; allora uscì da quella camera e ne chiuse a chiave l'uscio, e serrò le porte della magione, così che nessuno sarebbe potuto entrarvi, fintanto che la Signora non la avesse abitata, poiché ora era fuori, nel bosco, a cogliere erbe e fiori e frutti, chiedendo perdono e permesso agli spiriti e ai Suoi alberi. prese acqua pura, dalla sorgente montana generatrice di quel fiume che si gettava nel grande lago di Kijani Fahari, sul quale era stata eretta la Reggia Oltre la Figura. Quando ebbe tutto con Sé, disserrò le porte e tornò dal Suo giovane, e lì preparò unguenti e pozioni col materiale che aveva colto, cospargendo le carni di lui con gli impasti vegetali,e bagnandone il copro finché tutte le ferite e i dolori interni non fossero state sanate; il Potere di Lei scorreva delicato nelle misture e nel Suo amato, ed era come un seme che, piantato, poco a poco sbocci in fiore. Trascorsero alcuni giorni in questo modo, e pareva la cura stesse dando i suoi frutti, e la camera ora era invasa dal profumo e della presenza di Lei, e nuovi fiori erano sbocciati attorno al letto di Amon; a disturbare il santo riposo, fu un messo da Laputa, che aveva bussato, dopo quattro giorni, alla porta di Lei, e la Signora credette quello essere un po' turbato dalla Sua visione, come non si aspettasse di trovarla ritta lì, sull'uscio della Reggia, bella e terribile come era sempre stata; Le disse che di lì a poco sarebbe arrivata una delegazione dalla Città Volante per discutere del bosco e degli ultimi avvenimenti, e quella lo congedò subito, come se avesse altre premure, non senza trattarlo col rispetto che un ambasciatore merita, e tuttavia era chiaro che avrebbe affrontato la faccenda a tempo debito, versata, come era, in altri pensieri.
    Così prese congedo e tornò alla stanza del Suo amato, lì rimanendo, fra balsami e impacchi, per altri giorni.
    Passarono altri tre giorni, e quando fu una settimana dal ritrovamento del giovane, la Signora notò il corpo di lui essere tornato sano, i fiori presso il letto essere floridi e profumati, e il Suo Potere aver riempito l'aria; allora lo baciò e lo accarezzò, e lo chiamò per nome, dicendo:

    -Amon, Mio amato Amon, torna dalla Tua Signora, torna da Me.-

     
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    Era buio. Di nuovo.

    Nel gelido abbraccio di una notte senza stelle, era tornato nel suo limbo senza uscita. Era un sogno quanto aveva vissuto sino a quel momento? Uno scherzo della sua mente malandata che lo aveva riportato indietro nel luogo che più amava sopra di ogni altra cosa; anche se per poco aveva assaporato l’odore della sua casa e toccato con mano le mura della magione che lo avevano visto maturare nel suo non breve trascorso su Endlos. Sempre che fosse esistito davvero, Endlos.

    Forse era davvero morto, forse non c’era più nulla da fare per la sua anima costretta all’eterno castigo della morte. A poco valevano le sue credenze religiose: erano state del tutto disattese. Non esisteva nulla dopo la morte, se non l’oblio mutuato da quell’oscurità latente ed affilata nella quale era immerso completamente. Si sentiva spaesato, ma leggero: sentiva di non sentire nulla se non la percezione del nulla che lo divorava lentamente, lasciandogli a malapena la coscienza di sé stesso. Del forte guerriero che era e delle imprese che aveva compiuto, adesso non ne era che il pallido ricordo; a dire il vero neanche quello gli era rimasto. Il ricordo, s’intende. Un ricordo cominciò a farsi spazio con prepotenza nella sua mente, nella sua coscienza: nel suo Io. E se quanto aveva vissuto sino a quel momento, sino a quell’istante non fosse altro che un sogno? Immagini, ricordi o visioni che qualche entità doveva aver instillato nella sua mente, dandogli l’illusione che si trattasse di realtà. Eppure, nel suo cuore, cominciava a farsi largo l’impressione che la sua intera esistenza non fosse altro che un’idea, un concetto astratto del quale solo a lui sembrava dover importare davvero qualche cosa.

    Ma se non fosse stato altro che un’entità, priva della materialità di un corpo, cos’era quel dolore che provava di carni lacerate ed ossa rotte; quel sapore ferroso nella bocca impastata ed assetata, che sembrava aumentare ogni momento che passava. Era strano immaginare che qualcosa che non esisteva affatto se non sul piano spirituale potesse provare così tanto dolore da portarlo a perdere nuovamente coscienza di sé; era strano pensare che il nulla nel quale era avvinto non fosse in grado di schermarlo come aveva sempre pensato. L’oscura notte nella quale si era addormentato (e svegliato, presumibilmente) non era altro che un capriccio di qualcuno o di qualcosa che sembrava non volerlo liberare nonostante i suoi sforzi per ricordare; ad ogni prova, ad ogni tentativo un nuovo dolore si avvicendava ai precedenti, sommandosi a questi. Era una fitta che già aveva provato ogni qual volta tentasse di far riaffiorare un antico ricordo. Ma i ricordi non erano null’altro che immagini, immagini che in quel momento potevano essergli instillate da chiunque o da qualunque entità anche a scopo millantatorio. Si sentiva vessato.

    Erano strane quelle sensazioni che stava provando, nuove persino rispetto a quelle che aveva provato al prima volta, prima del suo risveglio nel bosco. Si sentiva come afferrare e stringere: aveva dolore ovunque nel suo corpo, tale al punto da portarlo quasi a svenire se non fosse stato per la sua incredibile tempra. Già, il suo corpo era forte e duro a morire, sempre che ne avesse ancora uno nel quale poter fare ritorno. Urlava in quella sua gabbia nera, cercando d’invocare l’aiuto di qualcuno o di qualcosa che fosse abbastanza misericordioso da corrergli in soccorso. Era caduto così in basso che ormai persino l’orgoglio sembrava essergli stato strappato via, mostrandosi infine debole ed indifeso. Assolutamente inappropriato.
    Quest’ultimo dolore andava a mescolarsi così a quello fisico che provava, che sentiva attraversargli ogni cosa.

    Aveva perso tutto. Di nuovo.

    ___ _____ ___________ _____ ___

    Il drago era stato impietoso nei confronti di Amon: dopo averlo immobilizzato e catturato, non perse di certo occasione per farlo tribolare giocando con lui come fa il gatto con il topo. Nelle condizioni in cui versava e minato nella sua stessa psiche, Amon non sarebbe stato in grado di contrastarlo né di poter fare altro se non essere vittima delle sue angherie, bloccato fin nel suo spirito dal diabolico grido della bestia. Inerme e senza la benché minima forza di reagire, non gli era restato altro da fare se non subire l’attacco del drago, sentire i suoi artigli lacerargli le carni e la sua furia abbattersi sul suo corpo. Nel volo quel mostro non mancò di strascinarlo lungo i rami degli alberi del bosco, di lasciarlo cadere per poi riprenderlo in volo; provocargli contusioni e rompergli le ossa ad ogni ripresa finché allo Scorpione non restò altro rimedio se non quello di sfuggire con la sua psiche alla furia omicida del mostro, svenendo ed abbandonandosi alla sua mercé.

    Ad un certo punto, dopo un tempo che sembrava essere infinito nelle grinfie della creatura leggendaria, si abbatté sulla terra con un tonfo rumoroso, abbandonato in volo dalla grossa lucertola. Non ebbe il tempo di riprendersi e non vi riuscì coscientemente, ma sentiva dentro e fuori di sé un incredibile dolore mentre il sangue aveva cominciato a spargersi tutt’intorno, abbeverando la terra dell’avido bosco. E mentre la sua coscienza scivolava via insieme alla sua stessa linfa, qualcuno si accorse della sua presenza. Il suo ultimo ricordo a tal proposito, prima di sprofondare in una oscurità ben più buia di quella che lo aveva tenuto prigioniero sino a quel momento, era legato ad un odore familiare. Non lo sentiva da parecchio tanto da provocargli nostalgia. I suoi occhi si inumidirono, lasciando fuoriuscire dalle palpebre chiuse qualche lacrima; sul viso, nonostante il dolore provato sino a quel momento, si abbozzò un sorriso.

    Inconsciamente l’aveva riconosciuta, ma avrebbe impiegato del tempo prima di riuscire a capire veramente chi fosse.

    ___ _____ ___________ _____ ___

    Il mondo, quello stesso mondo che pensava di stare abitando, mutò radicalmente da un momento all’altro senza che potesse fare alcunché per arrestare quel processo. L’oscurità venne lacerata dalla luce ed in quella stessa luce si modellò un paesaggio a lui certamente familiare: il bosco di Kijani Fahari.

    Per la prima volta da quando si trovava in quello stato, qualcosa sembrava essere cambiato: chi ne fosse l’artefice poco interessava, ma già cominciava a stare meglio come se la visione del suo bosco avesse su di lui un effetto del tutto terapeutico. Si guardò le mani, per poi passare al suo corpo e notare di essere nuovamente nudo, privo delle vesti che con tanta fatica – a ricordo – aveva recuperato nella magione. Stranamente, però, non si sentiva a disagio come la prima la volta: aveva accettato quelle immagini quasi fossero lo scherzo di un destino infausto e piuttosto che stare li a preoccuparsi di futilità, decise di lasciare che il proprio cuore ed il proprio spirito si compiacessero di quanto stava vedendo e beneficiassero insieme dell’ambiente familiare che tanto desideravano.

    Gli tornarono alla mente, senza alcuno sforzo, i ricordi di lui che meditava nel bosco cercando un contatto i suoi spiriti, proprio come gli aveva insegnato a fare Yoe. La sua bella Yoe che ormai non c’era più, che dopo essere tornata sembrava essere svanita nuovamente nel nulla lasciandogli nel cuore un vuoto incolmabile. Tristezza e sconforto avevano cercato di impossessarsi del suo animo, ma il ricordo di lei era così vivido e forte da sapere che ella era con lui in ogni singolo istante e momento della giornata. Gli sarebbe bastato ricongiungersi agli spiriti per ritrovare il suo dolce viso ed abbandonarsi nei suoi splendenti occhi verdi; rivederla sarebbe bastato a ridargli la forza per combattere e reagire, di certo. Ma di ella non poteva che serbare unicamente il ricordo, anche se con insistenza nelle sue narici sentiva l’odore pungente della magnolia, la pianta preferita dalla sua signora. Era una fragranza gradevole che rievocava nella sua testa una miriade di ricordi, tutti legati al bosco ed a lei. Sedutosi e chiusi gli occhi, cominciò a meditare avendo bene a fuoco Yoe e dai suoi occhi non poterono che sgorgare che calde lacrime nostalgiche. Quel profumo così intenso doveva pur avere un significato profondo: nemmeno al suo primo risveglio aveva avuto modo di sentirlo e di percepirlo con il suo olfatto, certamente preparato a quegli odori. Yoe era forse tornata? Sentiva come se fosse lì insieme a lui e nonostante sapesse che quanto provava non corrispondesse a verità, decise di abbandonarsi a quella dolce bugia lasciando che il cuore si scaldasse nuovamente, infiammandosi all’idea che Yoe, colei che aveva ridato la vita a Kijani Fahari, fosse tornata di nuovo. E quanto bene sentiva da quella sola intenzione, da quella menzogna che aveva però un sapore dolcissimo – ed un retrogusto altrettanto amaro.

    Si sentiva decisamente bene, al pieno delle sue forze. Lasciò che il potere sgorgasse libero dal suo corpo, senza alcun impedimento: il Respiro Divino l’attraversava ora senza che alcun ostacolo potesse impedirlo; libero dalle catene che lo opprimevano, quello stesso potere prese a circondarlo ed a scaldarlo utilizzando come combustibile la sua anima ed il suo stesso cuore. la sua stessa volontà. E più il profumo della sua signora si spandeva nell’aria, più la sua forza cresceva di pari passo al rifiorire del bosco e di tutta la flora al suo interno; più il tempo passava, più si sentiva nuovamente forte e vitale. Quanto aveva vissuto, quanto aveva sentito nel passato sembrava essere che uno sbiadito ricordo di quanto sentiva in quel preciso momento.

    Delle labbra sfiorarono poi le sue, in un dolcissimo bacio.

    -Amon, Mio amato Amon, torna dalla Tua Signora, torna da Me.-

    Quella voce lui la conosceva bene. Scosse il capo, come a volerla rimandare indietro: faceva male sentire persino la sua voce e riaprire gli occhi per scoprire ch’ella non era li ad aspettarlo avrebbe fatto davvero tanto, troppo male. Sarebbe stato un boccone decisamente amaro da mandare giù e difficilmente si sarebbe ripreso da un simile shock. Eppure quella voce era così tremendamente vicina, così tremendamente ferma nonostante la dolcezza con cui quelle parole erano state pronunciate. Non poteva essere diversamente, la sua signora era tornata.

    Gli occhi impiegarono più del dovuto ad abituarsi alla luce, ma non perse molto tempo a capire invece che non si trovava nel bosco dove pensava di essere e dove sapeva di star meditando, bensì in un letto ricolmo di ogni tipo di fiore; ad accudirlo, invece, c’era la sua signora bella ed indomabile come la natura selvaggia del suo bosco.

    Ma allora siete davvero voi, mia signora. ” la voce gli tremava per l’emozione.

    Non poteva credere ai suoi occhi: Yoe era finalmente tornata e si era presa cura di lui per tutto il tempo in cui era stato in quel suo mondo, senza alcuna possibilità di interagire verso l’esterno. L’aveva medicato, lo aveva curato e l’aveva aiutato a guarire (almeno esternamente) da tutto quanto l’affliggeva: tutto il dolore che aveva sentito dentro di sé era reale e non frutto della sua insolita immaginazione. Continuava a guardarla insistentemente pensando e sperando con tutto sé stesso che quella fosse la vera Yoe e non il frutto del capriccio del suo cuore disperato.

    La Signora di Kijani Fahari era tornata.
    Il post è basato su un trip mentale di Amon, ma faccio riferimento ai danni presi con il drago ed al risveglio da questo suo "mondo". In sostanza ho voluto basare questo mio primo intervento su qualcosa di assolutamente astratto dato che si tratta di una situazione plausibile nel momento in cui Amon era addormentato :D
     
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  3. Shui Yoe Tu
     
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    Come la pianta genera i frutti al tempo necessario, né prima, né dopo, allo stesso modo colui che era amato dal bosco rinvenne quando giunse l'ora, e le ferite sue scomparse. Allora la Dama traboccò di gioia al vedere Amon muoversi e parlare, e però era stanca, e provata dai lunghi giorni di cure, e delle Sue forti emozioni, l'unica a leggersi in volto fu un dolce sorriso soddisfatto, ma spossato.

    -Sì, Mio amato.-

    Gli disse, ed era bella come il primo fiore dopo l'inverno, e nel viso stanco il sorriso di Lei rilassava come le onde sempre uguali di un mare sotto un vento calmo.
    Con la destra accarezzava il viso del giovane, e con l'altra prese la mano di lui e se l'accostò al petto, così che Le toccasse le belle carni, lì dove nei viventi batteva il cuore; mai Lei c'era Potere, e la forza della Natura e della Vita, e tutto attorno il profumo del mare e dei prati: nessuna illusione poteva imitare quell'antica grazia che era un'Essenza, né emulare il corpo di Guardiano.
    Non Potevano esservi dubbi alcuni, la Signora non era affatto una copia.

    -Quando ti sarai ripreso avremo molto di cui discutere, ma ora dimmi, ti prego: quanto tempo Sono mancata da Kijani Fahari e dal tuo cuore? E chi ti ha osato una tale violenza?-

    Diceva, ma era inquieta nella voce: come un navigante spinto dalle onde da un lato e dall'altro, nella tempesta, allo stesso modo Ella viveva sia l'amore per il giovane, e la preoccupazione per la salute sua, e non desiderava stancarlo, sia la rabbia e il disappunto per l'assenza Sua, e gli oltraggi vero Amon e il bosco, dei quali non sapeva ancora se fossero stati perpetrati.

     
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    Amon era ancora decisamente frastornato da quell’insieme di eventi. Risvegliatosi dal suo stato comatoso un’emozione indescrivibile l’aveva letteralmente folgorato, scaldandogli il cuore con una visione che di certo non s’aspettava nemmeno nella sua più fervida immaginazione.

    Ella era lì davanti ai suoi occhi, bella come soltanto poteva esserlo nei suoi ricordi più preziosi, ma ancora stentava a rendersi conto di quanto reale fosse in quell’istante; faticava non poco ad accettare quella verità al punto che sul momento neanche si accorse di quanto spossata ella fosse, di quanto doveva aver faticato per rimetterlo in sesto e guarirlo dai suoi mali tanto nello spirito quanto nel corpo. Ma lei era li e non vi era alcun dubbio di esitare così tanto e il suo cuore aveva già cominciato ad urlare gioia e giubilo per aver incontrato nuovamente la persona tanto amata. Il raziocinio, invece, continuava ad essere diffidente al punto da diffidare persino da sé stesso. E come potergli dare torto, dopo tutto quanto era successo?

    La sua mano, però, era così reale nell’accarezzargli il viso; l’altra invece prese la sua e la portò sul suo petto a testimoniare ch’ella fosse li proprio in quel momento, portandolo a sfiorare il punto in cui avrebbe potuto sentire battere il suo cuore.

    N- no mia signora, basta così: non ne sono degno! ” cercò di farsi indietro, pur senza contrariare la sua signora.

    Ed in quel momento, al solo sfiorare le sue carni, percepì l’immenso potere di cui Yoe era depositaria in quanto Guardiano; quello stesso potere che aveva visto all’opera più d’una volta nel bosco. In quell’istante calde lacrime gli solcarono il volto a testimonianza del suo peccato e della immensa felicità nell’averla ritrovata e nell’averla incontrata di nuovo. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso per paura che chiudendoli l’avrebbe persa di nuovo, consapevole che non sarebbe riuscito a reggere un nuovo distacco. Non nelle condizioni in cui miseramente versava; perché per quanto nel corpo fisico fosse ormai completamente guarito ed ogni ferita lenita dalle amorevoli cure della sua signora, a soffrire ancora era la sua psiche ed il suo corpo spirituale lacerato dalle vicissitudini infertegli nel periodo oscuro di cui non aveva memoria.

    Non- non lo so mia signora, purtroppo non ne ho memoria. ” le rispose costernato, incapace di guardarla negli occhi.

    Sapeva di essere in torto, sapeva di avere avuto delle mancanze. Se il bosco versava in quelle condizioni – sempre che non fosse stato solo un sogno, il suo – era anche colpa della sua negligenza in quanto guardiano.

    Nel provare a ricordare una fitta lo colpì alla testa, portandolo a piegarsi in avanti dal dolore accecante che provava. Nulla ricordava, se non gli eventi più recenti che aveva scambiato per illusione.

    Mi fa male, mia signora: più provo a ricordare, più mi sforzo e più la testa mi fa male! ” esclamò cingendosi il campo con entrambe le mani.

    E mi odio profondamente, mia signora: ho lasciato che il bosco venisse attaccato, che il bosco subisse quest’ingiuria senza che io potessi dare la vita per difenderlo ancora! Ho peccato, mia signora e Kijani Fahari mi è ostile. Mi ripudia. ” proseguiva facendo riferimento a quanto aveva visto ed alle sensazioni che aveva avuto dopo il suo risveglio.

    Vi chiedo perdono mia signora… ” le disse guardandola negli occhi piangendo.

    Perdonate questo stolto la cui debolezza e la cui negligenza non è stata in grado di proteggere il vostro mondo. ” concluse con voce tremante.

    Nessun accenno a quanto gli era successo, ma il solo pentimento di un uomo che non era stato in grado di tenere fede alle sue promesse; il cordoglio per non essere stato capace con le sue sole forze di sovvertire sorti del bosco.
     
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  5. Shui Yoe Tu
     
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    L'orrore che la domanda della Signora aveva fatto esplodere nel cuore del giovane fu uno spettacolo straziante per Lei, desiderosa di null'altro che la soddisfazione e la felicità dei Suoi figli; stette senza parlare, ferma ad ascoltare le paure e i peccati che Amon diceva di avere commesso ai danni del bosco, ma con gli occhi di foglia Ella lo cercava sempre, perché nell'amarezza del racconto vi era la gioia di aver ritrovato quell'uomo che tanto amava.
    Amon piangeva e La guardava, quasi fosse un criminale che, davanti al giudice, implori una sentenza di morte rapida, poiché convivere con il peso delle azioni commesse è punizione troppo crudele; e la Dama stava lì, ferma, e nel volto era come una statua antica, bella e fiera, ma guardava lontano, in un altro tempo. D'un tratto abbassò lo sguardo, e respirò forte, e quando alzò la testa verso il giovane era lucida di pianto. Lo strinse in un abbraccio.
    Non volle parlare, non volle fare un suono. lo strinse a sé con tutto l'amore di una madre verso il figlio, e di un amante verso l'amato.
    Carezzò i capelli di lui, le belle carni del dorso muscoloso, e gli portava la testa accanto alla Sua, e nella stanza i fiori avevano un odore nuovo, dolce e caldo, e le lacrime che bagnavano la pelle profumavano di spiagge.

    -Non è colpa tua.-
    Gli disse, prendendo il viso di lui fra le mani, gli occhi negli occhi.
    -Ti ho scelto per il tuo cuore e per il Destino che ci ha fatto incontrare. Qualunque cosa temi sia accaduta, non è nata dal Mio Potere, perché sono Io il Mio Potere, e Io ti amo. Se c'è un colpevole, Quella sono Io, che per troppo tempo non ho camminato con te fra gli alberi, ma così il Destino ha voluto, e siamo stati messi tutti alla prova.-
    Strinse più forte e si staccò, accarezzando il volto di lui, sorridendo e asciugando le lacrime di entrambi
    -Ogni cosa tornerà al suo posto.-

    E nella calma della voce di miele, tornò ad udirsi, pur lieve, l'inizio del maremoto dell'animo della Seconda Guardiana.

     
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    Era così amara da digerire quella storia, così cruda da mettere in mostra apertamente – ed ancora una volta – i limiti umani dello Scorpione.

    Messo a nudo dalla sola presenza della sua signora, Amon non era stato in grado di conservare la sua maschera di superuomo, capace di affrontare qualsiasi avversità senza lasciarsi scalfire minimamente da esse. Non lo ricordava, ma sapeva in cuor suo che quella sua stessa debolezza si era già manifestata in passato; aveva un che’ di nostalgico, rendendolo mansueto una volta di più. Ed a poco potevano bastare, almeno all’inizio, le parole di Yoe perché non poteva fare a meno di pensare che fosse proprio colpa sua e di nessun altro: era lui che era mancato; era lui non c’era stato; era lui che non aveva adempiuto ai suoi doveri. Se fosse stato li non sarebbe successo nulla di tutto quanto si era verificato. Presumibilmente, ovviamente.

    Ma ella, nella sua infinita bontà, cercava comunque di alleviare le sue pene, nonostante le sue fossero ben più grandi di quelle dello Scorpione perché era il suo intero mondo ad essere stato minacciato; nonostante tutto il suo cuore restava tanto grande, tanto buono da concedergli comunque tutto il bene di cui aveva bisogno. Lo accarezzava, portando poi il viso del guardiano contro i suoi occhi, fronte contro fronte, assumendosi tutta la responsabilità delle sorti del bosco e di lui. E questo gli faceva ancora più male, perché ella soffriva pene ancor più grandi delle sue, con radici ben radicate nel profondo del suo cuore. Per lei Amon avrebbe ritrovato la forza e le ragioni per combattere ancora; per il bosco avrebbe tramutato la sua rabbia ed il suo rancore in forza per abbattersi come un fulmine sui loro avversari.
    Non ricordava cosa l’avesse costretto a quella bieca esistenza, dal suo risveglio nel bosco nudo e spogliato di tutto, persino dei suoi stessi ricordi, al suo nuovo risveglio al cospetto della sua signora, ma una cosa la sapeva più che bene: non sarebbe rimasto a guardare mentre chissà cosa minacciava il suo mondo.

    Sarebbe rimasto volentieri ancora tra le sue braccia, mentre ella le accarezzava il dorso e condivideva l’infinito degli occhi con i suoi; sarebbe rimasto volentieri a lasciarsi asciugare le lacrime, indifeso come un bambino tra le braccia di sua madre, nell’attesa che il dolore venisse spazzato via come con un colpo di spugna. Quello era però il tempo di tornare ad essere guerriero, di tornare ad essere spietato. Di tornare ad essere uno Scorpione.

    E lo faremo insieme, mia signora. Non lascerò più che dai vostri occhi sgorgano delle lacrime e non lascerò più che il bosco soffra. Io, Amon, rinnovo il mio giuramento: vi proteggerò per sempre, sino a quando non avrò esalato finanche l’ultimo alito della mia vita. ” le disse con gli occhi ancora lucidi, ma con la voce ferma e ben determinata.

    Ogni cosa tornerà al suo posto mia signora: confidate nella mia forza! ”, concluse stringendo i pugni.

    Un bagliore negli occhi ed un accenno di respiro divino a smuovergli membra e capelli del tutto involontari, eppure decisamente rispondenti al suo stato d’animo attuale.
     
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  7. Shui Yoe Tu
     
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    -Sei sempre stato il primo alfiere di tutto ciò che fosse appartenuto a Me entro queste terre, e sempre lo sarai.-

    La voce di miele aveva il gusto speziato della soddisfazione, giacché Amon versava più lacrime, avendo invece ritrovato nuova forza, e la Signora del Bosco vedeva fiorita di nuovo una delle Sue piante. Quello che era cominciato in tragedia, s'era volto in promesse e in potenza, e come sempre accade quando le Essenze del Destino muovono i loro passi entro le cerchie del mondo, da un temporale che squarci il terreno, nascono fiori e frutti profumati.
    Così, sciolta la postura che aveva presso il giovane, si levò alta e bella, come un albero antico che domini una radura sotto la luna, e accompagnò i passi verso l'armadio con qualche parola, sembrando quasi indaffarata:

    -Conosci questi alberi meglio di chiunque altro, tu e il bosco siete amici, Mi rifiuto di credere che tu possa esserti sentito estraneo. No, vedremo di fare tutto per bene, allora.-
    Guardava i panni del giovane, ma sembrava non essere convinta di qualcosa, e intanto parlottava con lui
    -Ormai dovresti essere in grado, del resto sei vissuto sotto il mio Potere per molto tempo...-
    Sembrava parlare fra Sé, piuttosto che con Amon
    -Ma vorrei per te abiti nuovi...Oh, ecco! Grazie. Ah sono quasi arrivati?-

    Un ramo era entrato nella stanza, strisciando piano e profumando di magnolia, e porgeva alla Guardiana una sfera Verde, il cui nucleo erano foglie e rami e onde del mare; era, quello, l'unico strumento che i Quattro avessero su quella terra per poter conversare anche se distanti e, senza badare ad Amon, quasi fosse un figlioletto con la febbre che stia nella stanza mentre la madre pulisca il pavimento e rimetta a posto i panni, Shui Yoe Tu parlò dentro l'oggetto, che ora sembrava mostrare riflessi azzurri.

    -Già in cucina? Ad ogni modo, mi serve un vestito nuovo per Amon. Ti mando le misure se non te le ricordi...Sì, si è ripreso...Sì, sta bene! Fallo un po' nel mio stile, d'accordo? Bene...Bene...a presto ghiacciolino, buono sformato!-

    Mandò un bacio alla sfera, che si spense subito dopo, e piano il ramo si ritrasse donde era arrivato: per la prima volta Amon ebbe il privilegio di assistere ad una conversazione tramite sfera, e gli si era mostrata una parte della Dama che spesso teneva nascosta, quella un po' frivola e bambinesca, vivida, ma timide come le primizie. Chiuse l'armadio e depose accanto ad Amon i panni del giovane, così che potesse vestircisi.

    -Presto sarà tutto chiaro, abbi fede in Me. Ho preso i tuoi vestiti più eleganti, tempo che ti prepari. Fra poco arriverà una delegazione da Laputa per discutere degli incidenti nel Bosco, vorrei tu fossi ancora più bello del solito. Credevo ci mettessero più tempo, invece la magnolia mi ha detto che gli alberi hanno riferito che stanno avvicinandosi.-

    Parlava senza interrompersi, e senza quasi dare modo al ragazzo di parlare, tanto era invasa da pensieri e idee. Come la terra, che prima poco, poi tuta insieme si sveglia dopo l'invero, e produce, produce, produce, così Ella or era tutto un vortice di cose nuove.

    -Vado a cambiarmi anche io, non posso certo ricevere una delegazione così. Ti aspetto all'ingresso più tardi.-


    Gli mandò un bacio e sparì chiudendosi la porta dietro, dopo una sceneggiata ilare e per nulla canonica; del resto, l'emozione di aver ritrovato Amon era tanta, e forse era venuto il tempo di una Guardiana che ride, piuttosto che una Guardiana supponente. Beninteso, riso e arroganza erano un tutt'uno dentro il core della Signora.



    Dalla sfera Amon non sente nessuna voce, solo qualche spiffero di vento quando dovrebbe parlare chi è all'altro capo della sfera ;)
     
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    -Fra tutti i mezzi di trasporto provati nella mia vita...

    Una mano maschile si posò sulla soglia di un'elegantissima carrozza di puro cristallo magico, probabilmente dono di qualche facoltoso esponente della zona di Argenstella del Pentauron. Gli occhi di un azzurro intenso sembravano catturati dalla fattura di quel curioso oggetto, dai ghirigori e soprattutto dalla facoltà di oscurare totalmente ciò che vi era all'interno, trasmutando le loro immagini in un dinamico gioco di tinte blu e viola.

    -... ammetto di non aver mai viaggiato in qualcosa di anche lontanamente simile.


    Il tono della voce non era saccente -sebbene si trattasse di un Magister di tutto rispetto- piuttosto simile a quello di un bambino curioso, obbiettivamente destabilizzato da quella bizzarra scelta.

    uff_zpspwleqwel

    -Come al solito mio fratello deve puntualmente mettermi in imbarazzo.

    La seconda ad uscire fu una fanciulla dalla veste candida... e completamente rossa in viso. Lanciando un'occhiata a quello che era stato il loro mezzo di trasporto -una carrozza di cristallo trainata da cigni bianchi- sbuffò seccata, cercando di ricomporsi.
    Fosse stato per lei avrebbero usato i grifoni o, al più, la Sbriciolacielo come era già accaduto anni prima a Klemvor con la delegazione di Raylek. Dopotutto i grifoni erano il simbolo di sovranità in cielo e sulla terra... mentre la Sbriciolacielo era un vanto fin dal precedente governo di quanto Laputa fosse in grado di gestire le sue risorse al meglio. Peccato che non tutti sapessero cavalcare e la Sbriciolacielo era ancora in fase di riparazione.
    Quindi... erano arrivati in una carrozza trainata da cigni.
    Che vergogna.

    -Oh, mio Alfiere! Non dovete intristirvi!- avrebbe esclamato gioviale il Magister, avvicinandosi a lei con aria allegra -E poi è bello che, a volte, si faccia una gita in famiglia... non crede?
    Lei lo fulminò con lo sguardo... e fu allora che Dan comprese quanto fosse saggio tacere.

    -Avanti, non mettere il broncio, mia amata!

    Con un sorriso sornione l'Ambasciatore dell'Est superò la sorella e il mago, così da raggiungere la soglia della magione con passo sicuro e baldanzoso. Sembrava realmente di buonumore, nonostante continuasse a far doppi sensi e lanciare occhiatine all'altro Magister, ancora dentro la carrozza.

    quariondaniel_zps42331735

    -Conosco i tuoi limiti e sono qui per aiutarti gratuitamente! Dovresti ringraziarmi con tutto il tuo cuore!
    -Muori.
    -Oh-oh-oh, sciocchina ♥ Ti adoro anche io.

    Quarion Galanodel si fermò a braccia conserte, attendendo placidamente che uscissero gli ultimi due del gruppo. Solo allora avrebbe bussato.

    Delegazione

    Mancano ancora 2 giocatori alla fine del turno, che posteranno di seguito alla sottoscritta.

    In attesa, allego la foto di Dan [LINK], il Magister nel mio post. Gli altri due sono Drusilia e Quarion.



    Edited by Drusilia Galanodel - 3/12/2016, 23:40
     
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    Non era mai stato un grande amante della politica.
    L'espressione che rivolse alla sua amata quando ella andò a chiedergli di accompagnarla nel Presidio dell'Ovest per una missione diplomatica raccontava senza alcun bisogno di parole l'entusiasmo e la voglia che ne aveva. Non si sentiva granché tagliato per quel genere di spedizioni, e a dirla tutta aveva sempre un po' il timore di far saltare gli accordi. Tutte quelle pratiche formali, quel sentirsi legato, il dover stare attento a quel che avrebbe dovuto dire... non era adatto ad un Demone del suo stampo. Era un giocherellone dopotutto, tanto con i fatti quanto con le parole.

    -Come al solito mio fratello deve puntualmente mettermi in imbarazzo.

    Se alla fine aveva accettato di accompagnarla era solo per pura compassione verso la sua amata: per quanto fosse obbligata dal suo ruolo da Alfiere, forse apprezzava ancor meno della Volpe la politica e tutte le implicazioni che ne derivavano. Accompagnarla -pensò- le avrebbe reso la faccenda più piacevole, e...

    -Oh, mio Alfiere! Non dovete intristirvi! E poi è bello che, a volte, si faccia una gita in famiglia... non crede?
    -Avanti, non mettere il broncio, mia amata!

    ...semplice, sicuramente.
    Una spedizione diplomatica in compagnia di Dan e Quarion: non lo avrebbe augurato al suo peggior nemico.
    Si sentì quasi orgoglioso di non essere la persona alla quale avrebbero dovuto prestare attenzione, per quel giorno.

    « Beh... di sicuro non saremo passati inosservati. »

    Esclamò il Magister, affacciando la lunga chioma argentata al di fuori dell'abitacolo.
    La sensazione di aver preso parte ad una scampagnata di famiglia diventava più forte man mano che passava il tempo. Lui e Drusilia padre e mamma di famiglia, e... superfluo specificare chi sarebbero dovuti essere i bambini da abbandonare al parco più vicino.

    « Su, su: se fate i bravi al ritorno vi portiamo alle giostre. »

    Poggiò un braccio a stringere la schiena della sua compagna, per confortarla.
    Sarebbe stata una lunga giornata...

     
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    Palazzo di Shui Yoe Tu, Undarm.
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    Siamo a poco più di una settimana passata dalla spedizione al Kijani Fahari, e francamente, non è così che mi aspettavo di tornarci.
    Dan Mihai Simion mi aveva chiesto di fare rapporto anche all'Alfiere in merito a ciò che è successo qui solo pochi giorni prima, e così ho fatto. Drusilia aveva quindi deciso che avrei fatto del suo corpo diplomatico in visita a, guarda un po', proprio Lady Shui Yoe Tu, la grande assente del palazzo dove ho fatto la conoscenza di Yuu-Tatsuo.
    Anziché su un grifone o un'aeronave, voliamo su una carrozza di cristallo -magico, presumo- trainata da cigni, un monumento al cattivo gusto gentilmente offerto dal Comandante Quarion Galanodel, anche lui presente insieme ai Magister Simion e Saddler.
    -Fra tutti i mezzi di trasporto provati nella mia vita... ammetto di non aver mai viaggiato in qualcosa di anche lontanamente simile.
    Vorrei commentare che, in effetti, qualcosa del genere non può che essere un pezzo unico, ma mi trattengo. Del resto, sputare nel piatto su cui sto mangiando va abbastanza contro i miei principi. Farlo in presenza di chi ha offerto il piatto in questione, nonché di quella della sua famiglia, è ancora peggio.
    Rimango infatti in silenzio per la maggior parte del viaggio, limitandomi a sonnecchiare di tanto in tanto sul posto che mi è spettato, o ad ascoltare i discorsi della gente che mi sta intorno.
    Scendo per ultimo, prendendomi tutto il tempo necessario per scendere dalla carrozza in sicurezza, accodandomi poi al resto della delegazione.
    Spero che non se la prenderanno troppo, se ho rifiutato di fare la toelettatura.

     
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    La lasciò andare, seguendola con lo sguardo: le promesse erano state rinnovate e tanto bastava per rinsaldare nuovamente il loro eterno legame. E si inebriava della sua bellezza, della sua felicità ritrovata ed era abbastanza per colmare nuovamente il suo cuore di gioia e cancellare le lacrime che poc’anzi avevano versato insieme, faccia a faccia. Fronte a fronte. Occhi negli occhi. Era così bello vederla indaffarate a progettare, a pensare ed allontanare così i pensieri infelici, pur senza riuscire a comprendere a cosa potesse riferirsi con quelle sue parole così enigmatiche. Sapeva di essere l’oggetto di quel discorso in solitaria, ma gli risultava ancora complesso da capire e si decise soltanto ad ammirarla da lontano, distante come aveva sempre fatto conscio che il peggio era ormai passato. D’altronde ella sembrava essere ritornata in pianta stabile: le sue preghiere erano state finalmente esaudite. E non gli importava di non avere memoria degli eventi recenti, quella sarebbe tornata con il tempo e con le cure amorevoli della sua signora.

    E sorrideva innocente nell’osservarla, mentre cercava degli abiti puliti da fargli indossare. Le avrebbe detto di non preoccuparsi, di lasciarlo fare da sé adesso che si era ristabilito – almeno fisicamente. Però non se la sentiva di distoglierla da tutte quelle attenzioni, appagato da quell’apparente normalità che invece lo ristabiliva nell’animo profondamente toccato dagli eventi più recenti.
    D’un tratto vide un ramo di magnolia affacciarsi ed allungarsi dalla finestra sin dentro alla stanza, porgendo alla sua signora una sfera verde, il cui nucleo sembrava essere composto dalle foglie e dai rami del bosco, nonché dal mare che si affacciava oltre le scogliere di Undarm. Con profonda sorpresa la vide parlare rivolgendosi all’oggetto e mentre lo faceva, la sfera sembrava irradiarsi di riflessi azzurri, ma di contro sentiva in risposta soltanto qualche spiffero di vento, senza capire effettivamente cosa stesse succedendo. Continuava a guardarla sempre più perplesso, ma poco a poco maturava la consapevolezza che tutto rientrasse nei canoni di Yoe e dei suoi modi di fare. Dietro ogni gesto, ogni movimento ed ogni azione della sua signora c’era sempre una motivazione più che ragionevole quindi non c’era nulla di cui doversi preoccupare, nemmeno vederla parlare da sola ad un oggetto apparentemente inanimato – anche se i bagliori che emanava sembravano dire il contrario.

    Conclusa quella bizzarra conversazione, Yoe fu lesta a rassicurare Amon su quanto aveva appena assistito, porgendogli degli abiti che avrebbe potuto indossare in vista dell’imminente arrivo della delegazione laputense, anche e soprattutto in ragione degli eventi recenti che avevano colpito il bosco e le sue creature. A quanto pareva erano molto più vicini di quanto si fosse aspettata e sapeva quanto precisi potessero essere i messaggi che giungevano dalla magnolia, il suo albero favorito, avvisata a sua volta dagli altri alberi del bosco. Avrebbe dovuto mettersi in ghingheri per quell’incontro diplomatico, un po’ come quando si era affacciato per la prima volta nei territori di Laputa con l’amico Arkan. Era così bello vederla indaffarata, così presa dai suoi pensieri e dagli eventi che presto o tardi avrebbero travolto entrambi, senza quasi dargli la possibilità di replicare con qualche suo intervento. Era così prorompente e il suo buon umore così travolgente, che il cuore di Amon sembrava avere un sussulto ad ogni sua parola, ad ogni suo sorriso ed emozione. Era da tanto che non la vedeva così ilare e giuliva, un ricordo di lei che fortunatamente non aveva perduto e che custodiva gelosamente nel suo cuore.

    Va bene mia signora, ma sarete comunque voi il fiore più bello. ”, le rispose.

    Uscì dalla stanza, mandandogli un bacio con l’intenzione di andare a cambiarsi a sua volta ed assumere un aspetto più regale per quell’incontro, con la promessa di rivedersi qualche tempo dopo all’ingresso, per accogliere gli ospiti.

    Era felice come mai lo era stato sino a quel momento: finalmente ogni cosa sembrava essere tornata al suo posto e confidava che il ritorno della sua signora potesse accompagnare il suo pieno ristabilimento fisico (già avvenuto, peraltro) e psichico con il recupero della memoria andata ormai perduta. Scostò le coperte che sino a quel momento lo avevano tenuto al caldo e si avvicinò all’estremità del letto al fine di sedersi e poggiare nuovamente i piedi saldamente per terra e riprendere familiarità con il proprio equilibrio. Si alzò lentamente, sì da evitare che giramenti di testa dovuti a sobbalzi lo costringessero a cadere nuovamente, acquistando così finalmente la posizione eretta. Si strinse le spalle, abbracciandosi e cominciando a riprendere familiarità con il proprio corpo, i propri muscoli, muovendo le articolazioni come se si stesse scaldando. Il risveglio precedente era stato piuttosto brusco ed inaspettato, mentre in quel momento il tutto sembrava essere decisamente più naturale e reale. Dubitava ancora della bontà dei suoi ricordi a breve termine, ma in parte la sua signora aveva confermato che qualcosa era successo ed anche quel cane e quella ragazzina dovevano essere reali, appartenendo certamente al Presidio Errante. Laputa. Non sapeva se li avrebbe incontrati nuovamente, ma di certo non si sarebbe fatto vedere ancora una volta nudo e gli abiti che la sua signora aveva scelto per lui erano decisamente regali, molto appropriati in occasione di quell’incontro.

    Cominciò a vestirsi, apprezzando particolarmente la pregiata fattura dei suoi abiti – decisamente differente da quelli che indossava abitualmente – cominciando dai pantaloni e dagli stivali; i pantaloni, in particolare, erano piuttosto attillati e di colore chiaro infilati all’interno di un paio di stivali in pelle che gli arrivavano fin quasi al ginocchio. Indossò una camicia e poi sopra una giaccia, chiudendo la prima in un’ampia cravatta chiosando il tutto con un ampio giaccone, decisamente sui generis; per concludere si legò persino i capelli utilizzando un pezzo di stoffa, tenendoli insieme per far sì che non gli andassero sul volto dandogli noia. Aveva un aspetto distinto, elegante e decisamente appropriato per l’occasione che si stava prospettando. Un modo come un altro per mostrare che anche un guerriero rozzo come lui poteva trasformarsi e mostrarsi sotto un’altra veste che non fosse necessariamente legata al suo aspetto marziale, seppure dagli abiti che indossava trasparisse senza nasconderlo affatto il suo fisico aitante e muscoloso, frutto di anni di tormenti ed addestramenti che ne avevano messo a repentaglio la vita una volta di più.

    Avrebbe raggiunto poi la sua signora alla porta, pronto ad accogliere insieme a lei l’arrivo degli ospiti che di lì a poco avrebbero raggiunto entrambi nella magione.
    Perdonate il ritardo, comunque questo era il mio intervento conclusivo direttamente collegato all'ultimo post di Yoe :)
     
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  12. Shui Yoe Tu
     
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    Come l'acqua che, passata la tempesta, scende dalle foglie goccia a goccia, scandendo il tempo nella natura, allo stesso modo i passi della Signora scivolavano lungo le grandi scale di legno uno ad uno, ed era uno stillare più che un incedere; ad ogni goccia di quel fluire dabbasso, fiori di magnolia sbocciavano rosei sui corrimano, e quando, infine, raggiunse il Suo Amon in fondo alla scalinata, l'atrio s'era rinverdito, e tutto profumava della vita tornata in fiore, le pareti erano solcate da morbidi rami e fioriti di molte specie, ordinate in modo che dalla grande porta i fiori andassero facendosi più grandi via via che i muri raggiungevano la grande sala dei ricevimenti dietro la scalinata d'ingresso; sui pavimenti lignei erano incise con caldo nero foglie dalle molte forme, e tutto intorno stavano divani smeraldini nel loro velluto, e tavolini d'ebano a richiamo del colore delle numerose incisioni sulle quali si camminava; dall'alto pendevano chiare lampade, ora spente, come fossero una pioggia di magnolie; nell'aria vi era profumo di fiori e un ricordo di mare, come fosse una fragranza nascosta, ma nessuno degli odori della Reggia Oltre la Figura dava a noia, perché erano la bellezza della Vita e la voglia di crescita ad animarli, e nulla che venga dall'impulso creativo più puro tocca il mondo per recarvi danno o disgusto.

    E dunque era scesa. Affiancò il giovane alla sua sinistra e sollevò la mano destra, così che Amon potesse spostare il dorso sinistro sotto questa, a toccarne il palmo; lo guardò, e vi era amore negli occhi Lei, ma quando stava per parlare l'ambasceria bussò.

    -Avanti.-

    Disse, e lente le grandi porte si schiusero verso l'interno, lasciando che il sole illuminasse tutta la vegetazione del palazzo, e giocasse ad incrociare i raggi con quelli provenienti dalle grandi finestre che stavano tutto intorno ai muri tanto che, nonostante fosse un palazzo denso di mobilia e piante, sembrando piuttosto un albero che un edificio, splendeva e profumava come se ci si trovasse all'aria aperta.

    Quando le porte furono del tutto aperte, ciò che i raggi del sole illuminavano maggiormente erano le due figure al centro dell'ingresso, e se Amon incarnava la vita e lo slancio dell'uomo che sia al massimo del vigore e della prestanza, la Signora del Bosco aveva in sé la Potenza senza tempo della impulso creativo, e la gloria di una bellezza mai raggiunta da altri, e mai incline a sfiorire: alta, vestita di panni floreali che Le fasciavano il corpo, e alla fine delle lunghe maniche le sue mani delicate e morbide; i capelli color del legno raccolti da fermagli e gemme brillavano dei riflessi di grano, e sotto era il Suo viso, ciò che di più bello potesse essere scorto in quel mondo. Gli occhi verdi osservavano i nuovi arrivati, e sulle dolci labbra rosee come petali era un sorriso compiaciuto, come fosse una sensuale creatura che già pregusti un banchetto. I seni e le gambe erano avvolti nei panni, che dalla vita in giù smettevano la veste di fiori a favore di un verde smeraldo, e i delicati piedi erano chiusi in piccoli calzari rosa; dietro la schiena e sulle braccia scorreva un lungo telo verde chiaro.
    Era questo il bel sembiante della Dama la quale, alla vista della compagnia che era giunta, non poté nascondere una forte emozione dentro di Sé, ma si sforzò di non tradirsi, e quando si presentò a tutti, poiché vi erano due creature che non conosceva, cercò di tenere un contegno ed un imparzialità appena scoperta, come a voler imitare, a suo modo, le maniere di Eru Elen Amarth. Del resto, era la prima ambasceria che riceveva dopo molto tempo.

    -Ben arrivati.-

    Iniziò, e gli occhi andavano a posarsi su ciascuno di loro, mentre la voce scendeva sensuale e dolce dalle Sue labbra, ed era come un incantesimo che porti piacere e desiderio nei cuori chi l'ascolti, perchè la Donna era Vita, e vivere è un impulso che tutti irretisce.

    -Questa è la Reggia Oltre la Figura, la roccaforte dell'Ovest presso Kijani Fahari, e io ne sono la Guardiana. Shui Yoe Tu è il Mio nome, la Signora del Bosco, e questi è Amon, che il bosco ama.
    Vedo, fra voi, volti assai noti, ma di altri ignoro il nome e il ruolo: chi siete voi? Altri ancora devono giungere?
    -

    Che fossero erette o a quattro zampe, agli occhi della Dama ogni creatura aveva lo stesso impatto e lo stesso valore; e tuttavia non poté non considerare quanto il Destino fosse stato beffardo nel donare a quei due gemelli un aspetto tanto vicino nell'essere, quanto distante nel fare.E, a proposito dei due giovani immortali chi poteva dire se fiori e decori e abiti nuovi fossero stati un vezzo della Signora per compiacere se Se stessa, oppure se fossero un altro modo di farsi più bella e maestosa agli occhi di quelli? Quale fosse la verità, difficilmente potrà essere compresa; tanto più che tutti i presenti erano riuniti per discutere di materie ben più utili e importanti di una sciocca rivalità fra ragazze e seduzione fra amanti.



    L'abito indossato da Yoe è questo: 15645577_10211799448205108_1095407147_n
     
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    -Avanti.-

    La prima impressione della Signora del Bosco e del guardiano Amon sugli appartenenti alla delegazione laputense avrebbe sicuramente riguardato il loro aspetto: abbastanza diversi fra loro, anche per tratti razziali, non erano abbigliati con vesti particolari. Colei che doveva essere un potente Alfiere non portava alcuna corona o gioielli; semplicemente indossava una tenuta militare da alto gerarca bella ed elegante, ma semplice nel complesso. Il mago biondo che la seguiva, invece, mancava di tuniche, bizzarri cappelli o bastoni magici. Pantaloni neri semplici fungevano da base a una camicia bianca ed una giacca dalle tinte sgargianti, molto estrosa ma abbastanza comune per gli standard del semipiano. Forse l'unico elegantemente vestito -e molto profumato- sarebbe risultato l'unico che di Laputa certamente non era. L'Ambasciatore Quarion, dopotutto, manteneva sempre alti determinati standard, anche in compagnia di genti comunemente considerate pragmatiche e spartane come gli endlossiani abitanti del cielo.

    -Questa è la Reggia Oltre la Figura, la roccaforte dell'Ovest presso Kijani Fahari, e io ne sono la Guardiana. Shui Yoe Tu è il Mio nome, la Signora del Bosco, e questi è Amon, che il bosco ama.
    Vedo, fra voi, volti assai noti, ma di altri ignoro il nome e il ruolo: chi siete voi? Altri ancora devono giungere?
    -

    -Ogni volta che Vi vedo, non posso che provare commozione a tanta bellezza!- avrebbe esclamato l'Ambasciatore, portando una mano al petto con fare teatrale e disgustando non poco la sorella, che si limitò a tacere e sollevare la mano in gesto di saluto, accompagnandola a un semplicissimo "Salve". -Abbiamo viaggiato in gruppo sulla mia nuova carrozza, dunque non ci raggiungerà nessun altro.

    -Il mio nome è Dan Mihai Simion, Magister di Laputa. E' un onore guardare in volto Shui Yoe Tu, Signora del Bosco, un Ufficiale conosciuto solo sui libri- avrebbe continuato il mago, facendosi avanti per presentarsi e chinando il capo con rispetto -E' un onore conoscere anche voi, Amon che il bosco ama.

    Sorrise gentile, prima di portarsi nuovamente nelle ultime file della compagnia e dare la parola al Galanodel.

    -Speriamo tutti di non averVi dato un disturbo eccessivo, splendida Lady, ma abbiamo questioni importanti su cui discutere.

    Delegazione

    Turni liberi prima del mio post successivo =)

     
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    Era nervoso per quell’incontro: quel susseguirsi di risvegli e le immagini di eventi recenti che si susseguivano veloci ancora nella sua mente lo rendevano nervoso, a tratti persino ansioso. Il respiro gli era diventato più pesante ed affannoso: se avesse potuto avrebbe strappato volentieri quelle vesti di dosso, lasciando così libero il petto da quelle catene di stoffa e seta e liberare finalmente la sua natura selvaggia. Ma bastò guardare lei, così bella e raggiante scendere la scalinata, per sentirsi nuovamente bene, liberato dal pesante fardello dell’etichetta. Nel guardarla gli si erano illuminati gli occhi; nel guardare la natura rinascere ad ogni suo singolo passaggio, il suo animo si chetava lasciando che le narici si inebriassero del profumo dei fiori e del mare così vicino, eppure distante dal bosco. Era una primavera, la rinascita della natura in uno spazio così angusto e privo d’aperture, senza cielo e senza terra: le piante ed i fiori nascevano rigogliosi per la sua sola presenza, ma nonostante la loro bellezza fosse indiscutibile non erano che un contorno, un gioiello per la sua Yoe, protagonista indiscussa dell’intera scena.

    Alla sua vista non disse nulla: i suoi occhi però tradivano i suoi sentimenti e quanto portava nel cuore, illuminati com’erano dalla bellezza di lei. Seguì la sua mano, ne poggiò il suo dorso sinistro al di sotto, proprio come voleva l’etichetta in quell’occasione. La guardò negli occhi, sfidando il suo sguardo pieno d’amore ed arrossì lievemente, folgorato da quella vista. Ma entrambi non ebbero il tempo di proferire parola: da un lato qualsiasi parola sarebbe stata superflua per esprimere qualsiasi cosa, tanta era la loro affinità; dall’altro avevano bussato alla porta: i loro ospiti erano arrivati. Portò lo sguardo sull’uscio, mantenendosi peraltro in disparte lasciando che fosse la sua signora a fare gli onori di casa, com’era giusto che fosse.

    Nel vederli, Amon sembrò alquanto sorpreso: i loro abiti, per quanto diversi dai loro, non erano così altisonanti come si sarebbe aspettato. E dire che loro si erano dati un gran da fare per agghindarsi per quell’incontro diplomatico, indossando gli abiti delle grandi occasioni. L’alfiere indossava abiti militari, seppure eleganti, da alto gerarca; il mago biondo aveva vestiti dai colori sgargianti (la giacca per lo più, in quanto calzoni e camicia erano decisamente semplici), piuttosto bizzarri nell’insieme, ma decisamente semplici considerati nel complesso. Ma a destare la sua attenzione fu l’ambasciatore Quarion, fratello dell’Alfiere, e sua vecchia conoscenza ai tempi della guerra dell’Ovest. Aveva conosciuto quest’ultimo durante le esequie di Odayaka: una circostanza del tutto particolare che rievocava in lui un ricordo triste ed una rabbia antica, che pensava di aver seppellito nel suo cuore una volta conclusa la guerra. A lasciarlo senza parole fu peraltro la facilità disarmante con la quale era riuscito a ricollegare tutti quanti gli eventi ed il viso dell’Ambasciatore: forse era merito delle amorevoli cure di Yoe; forse si trattava di un ricordo non così importante e sicuramente non legato agli eventi che avevano avuto un reale collegamento con la sua amnesia. Il tutto venne comunque accompagnato da un fastidioso – ma leggero – mal di testa, all’altezza delle tempie dove le vene sembravano pulsare più forti; quelle stesse vene che erano solite pompare l’energia sufficiente ad alimentare la sua abilità oculare.

    Tra gli astanti, comunque, riconobbe immediatamente anche il piccolo Gaspode che era stato testimone del suo risveglio, sorridendogli. Non aveva intenzione di anticipare la sua signora nei saluti, poiché era suo dovere farlo. Lasciò intendere comunque di avere quel raziocinio necessario a riconoscerlo, come se si fosse ristabilito completamente. Cosa che, come aveva potuto constatare solo pochi istanti prima, non era del tutto vera.

    Comunque, nel momento in cui venne presentato da Yoe, si profuse in un inchino appena accennato, piegando il braccio libero e chinando la testa in avanti. Era importante mantenere un profilo basso ed era utile per fare conoscenza con coloro i quali che ancora non conosceva. Il primo a parlare fu peraltro proprio Quarion Galanodel, omaggiando la sua signora con complimenti ed un modo di fare che, doveva ammetterlo, gli provocarono non poca gelosia nei confronti della sua signora. Una gelosia decisamente ingiustificata, eppure al tempo stesso incontrollata. Il saluto dell’Alfiere al contrario fu breve e conciso; a dire il vero non aveva potuto fare a meno di notare il disagio di quest’ultima ai modi di fare ed alle parole dell’Ambasciatore, portandola ad accompagnare alle sue parole (invero una soltanto) un chiarissimo, quanto semplice gesto di saluto. Proseguì subito dopo il mago biondo, Dan Mihai Simion presentatosi come Magister di Laputa.

    L’onore è tutto mio Dan Mihai Simion, Magister di Laputa. ” rispose, accompagnando alle parole un inchino appena accennato.

    Alle parole del Galanodel infine annuì, ma senza rispondere apertamente, lasciando l’onere della risposta alla sua signora. Concluse le presentazioni avrebbero dovuto discutere di questioni molto importanti, certamente legate agli eventi recenti che avevano colpito Kijani Fahari e che forse (anzi, sicuramente) dovevano avere un collegamento diretto con il presidio laputense.
     
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    Dovette riconoscere di trovarsi insolitamente a suo agio, in quella spedizione.
    Forse per merito della bizzarra compagnia, ma quella missione diplomatica appariva per ora ai suoi occhi molto meno formale di quanto non si sarebbe immaginato. Certo, la composizione Laputense era un tutto dire: un uomo con coda ed orecchie da Volpe, un cane parlante, un biondino con la fiammella troppo spesso stanca, ed il prototipo ideale del principe azzurro -almeno alle apparenze-.
    L'unica persona normale in quel gruppo era l'Alfiere.
    ...e questo era sufficiente per comprendere la situazione.

    Molto più seria e composta fu invece la compagine dell'Ovest, limitata -con sorpresa della Volpe- a due sole persone.

    -Questa è la Reggia Oltre la Figura, la roccaforte dell'Ovest presso Kijani Fahari, e io ne sono la Guardiana. Shui Yoe Tu è il Mio nome, la Signora del Bosco, e questi è Amon, che il bosco ama.
    Vedo, fra voi, volti assai noti, ma di altri ignoro il nome e il ruolo: chi siete voi? Altri ancora devono giungere?-


    Ed il saluto confermò i toni mostrati dalle apparenze: formalità ed eleganza.
    Ok, forse non era più sicuro che sarebbe stato un incontro in cui si sarebbe sentito a suo agio...

    -Ogni volta che Vi vedo, non posso che provare commozione a tanta bellezza!-

    Ecco che iniziava a sentire il kimono un po' troppo stretto al collo...

    -Il mio nome è Dan Mihai Simion, Magister di Laputa. E' un onore guardare in volto Shui Yoe Tu, Signora del Bosco, un Ufficiale conosciuto solo sui libri-

    ...era Dan quello che parlava in quel modo? Seriamente?

    -Speriamo tutti di non averVi dato un disturbo eccessivo, splendida Lady, ma abbiamo questioni importanti su cui discutere.

    Beh, il clima era decisamente cambiato... perfetto, ora toccava a lui presentarsi!

    « Yoko. »

    Esclamò sollevando una mano in segno di saluto, sintetico come non mai.
    Sentì lo sguardo di alcuni dei presenti mettergli pressione addosso.

    « Ciao! »

    ...iniziava a fare un po' troppo caldo nei pressi di quell'albero.
    No..?

     
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33 replies since 25/10/2016, 14:01   620 views
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