The Fate Spinning Winds

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    Erano trascorse poco meno di tre settimane dalla missione di Klemvor, diciannove giorni necessari alle alte sfere per rimettere insieme i cocci dell'accaduto e pianificare le successive mosse, ed ai reduci della missione per riprendersi dall'accaduto. Denver aveva saputo da Rhaziel che Drusilia Galanodel era ripartita per i domini delle Tribù della Tempesta solo poche ore dopo il ritorno, stavolta da sola. Cos'era andata a fare laggiù era un mistero per quasi tutti, era rientrata quasi di nascosto assieme a Riful ed alle sue tre evocazioni superstiti, meno della metà di quelle che la piccola strega si era portata dietro per la sua missione. Denver era l'unico ad aver assistito alla distruzione di due di quelle letali macchine di morte, mediante il flashback dono della guerriera armata di spada. Assieme ai voluminosi fascicoli di cui era entrato recentemente in possesso, inoltre, aveva potuto tradurre in numeri le immagini confuse che aveva intravisto in quelle visioni tinte di cobalto: otto team di livello "S" annientati, per un totale di settantotto morti fra le Tribù della Tempesta. A questi andava poi ad aggiungersi la tutt'altro che irrilevante settantanovesima vittima di quella follia, l'unica che il neo-eletto "cronachista" di Laputa aveva potuto assistere in diretta, ovvero quella di Lady Satsuki. Ora Denver era chiamato alla difficile impresa di dare un senso a quegli eventi tinti di sangue ed a quelle morti che sotto tutti i punti di vista di una persona sana di mente erano pura follia. I più vecchi fra quei ragazzi non avevano trent'anni, e la maggioranza erano sotto i venti. Un'ecatombe per la società degli Storm Riders, che tutto sommato si erano rivelati una comunità piuttosto piccola per dimensioni, e legata a doppio filo alle poche figure forti e carismatiche come era stata Satsuki Kiryuin.

    Era arrivata una richiesta direttamente dall'Alfiere, uno di quei compiti a cui non si può dire di no. Bisognava recarsi al Garwec con la massima urgenza, e stabilire che cosa esattamente era successo a Klemvor, per filo e per segno. Bisognava capire chi fossero i responsabili, e chi le marionette colpevoli solo della propria stupidità. Chi i mandanti e chi gli esecutori materiali. Per lo scopo a Denver avevano dato carta bianca completa, nonché l'accesso ad una quantità di dati per cui serviva una vera e propria rete di spie operanti nel Pentauron, oppure un piccolo esercito di investigatori privati messi in moto nella capitale di Endlos. Era quello il motivo per cui avevano scelto il Garwec, invece di Laputa: nella città degli inventori, ogni giorno dozzine di telegrafi ricevevano rapporti giornalieri con gli aventi dislocati nel Pentauron, e tutto quel fiume di dati ora confluiva su Brockmann. Come il giornalista aveva scoperto dai ragazzi della Broken Wings, Klemvor è legata a doppio filo alla città pentastellata, e se anche una percentuale di quei ragazzini invasati equipaggiati di calzature futuristiche vivevano in pianta stabile nella città delle macchine come una sorta di versione moderna dei bimbi sperduti descritti da James Matthew Barrie nel suo Peter Pan, la grande maggioranza erano originari della capitale. Compresa Lady Satsuki, ovviamente, il cui cognome effettivamente doveva suonare familiare a chiunque fosse anche solo vagamente immischiato in faccende di mondanità all'interno dell'alta società Endlossiana. Satsuki era la figlia primogenita di Lady Ragyo Kiryuin, ricca ed influente donna di sangue blu, nonché la più apprezzata stilista del semipiano. Si diceva che ci fossero famiglie di Argenstella disposte a scatenare una guerra per uno dei suoi abiti, e Denver era immischiato nella morte della sua primogenita. Era una fortuna che il fattaccio fosse successo in un luogo dimenticato da dio, fosse accaduto nel Pentauron l'avrebbero arrestato anche solo per la colpa di non essere morto al posto di quella ragazza. Vallo a spiegare l'esatto accaduto ad un giudice ed una giuria con sul collo il fiato ardente di una madre ricca, potente, ma sopratutto incazzata nera per la morte della figlia prediletta.

    Erano trascorsi due giorni dalla scadenza fissata per la consegna della relazione, ma tramite telegrafo era arrivato da Laputa l'ordine di procrastinare per ben due volte, sempre aggiungendo nuove richieste. Ben presto Denver si ritrovò subissato di informazioni riguartanti Trident, o per meglio dire i cinque ragazzini che poi si erano rivelati la vera mente operante dietro tutto quell'enorme complotto. Un complotto solo in apparenza preciso e perfetto, che in pratica non era altro che una sequela di mosse azzardate e contraddittorie di un gruppetto di ragazzini sorprendentemente giovani anche per la media d'età fra le Tribù della Tempesta. In effetti, il come cinque mocciosi fossero stati in grado di far ballare sul proprio palmo così tante persone e perfino Laputa stessa era un mistero, e molte cose non tornavano. Ora però improvvisamente a Denver venne data la possibilità di far luce in modo diretto e definitivo, non tramite semplici indagini a distanza ma rivolgendosi direttamente alla fonte.
    Si erano consegnati. Si erano semplicemente presentati a Laputa e si erano lasciati arrestare. Dal presidio errante venivano ora condotti uno ad uno ad Est, separati e sotto scorta armata. Chiaramente non vi era Seiryu fra loro, poiché Denver sapeva di avergli sparato a bruciapelo a cuore, collo e cranio, e nessun essere umano è in grado di sopravvivere a tre proiettili piantati in altrettanti punti vitali. Ma i restanti quattro, Suzaku, Byakko, Gembu ed il misterioso Kumagawa, loro si trovavano ora su Laputa, e dovevano essere interrogati per far luce sui punti oscuri di quella faccenda.
    Ed a far le veci dell'inquisitore, toccava proprio a Denver.

    Scena free riservata a Kuma ed il sottoscritto, seguito diretto de "I Sogni del Mondo Sotterraneo" e ambientata circa tre settimane dopo il suo termine.
    Le indicazioni in privato.
     
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    Davanti a Trident, Garwec.
    Presidio Orientale, Endlos.

    Quelle ultime tre settimane lo hanno aiutato non poco a cominciare a dare un senso all'incidente di Klemvor.
    Denver era stato infatti coinvolto in quella faccenda solo durante il suo climax: impegnato ora a difendersi dagli assalti di donne-drago, ora nelle operazioni di salvataggio dell'Alfiere Errante, egli non ha avuto il tempo di lavorare sulle (poche) informazioni fornitegli da Rhaziel poco tempo prima della missione.
    Lady Drusilia era tornata, poche ore dopo la sua incoronazione a Regina del Cielo, nelle terre delle Tribù della Tempesta, insieme alla figlia Riful e alla scorta armata di quest'ultima. Quando l'ha saputo, il giornalista era ancora impegnato ad affrontare il fatto di essere diventato direttamente responsabile della morte di due adolescenti. Una cosa che, se solo fosse stato un po' più veloce, sarebbe stata del tutto evitabile. Solo pochi secondi più tardi, infatti, Nesrín aveva messo la parola fine a quella battaglia.
    Nemmeno l'enorme mole di lavoro che gli è giunta nei giorni successivi è stata capace di distoglierlo almeno in parte da quei pensieri. I primi documenti di cui è venuto in possesso, infatti, hanno indicato come, a causa di un tragico frainteso, settantotto persone avrebbero perso la vita contro le creature evocate da Riful. Creature attraverso i quali occhi ha potuto rivivere in prima persona parte di quell'insensato massacro. A quelle settantotto vittime si aggiungono alcune di quelle stesse evocazioni, che pure non hanno mai avuto intenti realmente maligni, nonché Satsuki Kiryuin, quella figura tanto di spicco che si aveva deciso di sacrificarsi per lui.
    A vuoto.
    Denver ha appreso di quel cognome (e della mancanza del "-sama" alla fine del nome di battesimo) solo quando ha consultato tutti quei documenti. Non ricorda in realtà se i Kiryuin siano di Argenstella o di Altatorre, e in tutta onestà non gli importa neppure. Ciò che si chiede è in che modo una ragazza simile fosse finita a Klemvor. Che, come immagina molti altri, stesse scappando da una qualche gabbia dorata? O c'è stato altro che ha spinto tanti giovani così in un posto simile?
    Forse non riuscirà mai a capire del tutto le dinamiche che regolano i popoli della Tempesta. È necessario piuttosto fare chiarezza su quegli ultimi eventi, sulle origini e le ragioni dietro una simile baraonda: gli inizi degli attacchi, i loro mandanti e i loro moventi. Un giornalismo d'inchiesta non troppo diverso da quello che soleva svolgere a Chicago. Solo, allora era ancora America. Era ancora il suo contesto. Per questo, nonostante l'immensa quantità di dati fornitagli ora che si trova a Garwec, Denver sente che questa sarà una delle indagini più difficili della sua carriera.
    Perché egli è un giornalista, e dunque intervista. Ciò per cui sta per incontrare Trident, invece, è un interrogatorio.
    Aspira il suo sigaro, per poi sbuffare un anello di fumo. I quattro superstiti si trovano in un'anticamera alla stanza dove verranno svolte le... interviste. Il giornalista è vestito di tutto punto, con taccuino e penna nuovi per l'occasione.
    « Denver Brockmann, sono l'inviato di Laputa. Sono qui per parlare con i ragazzi. » dice alla guardia.
    Fa un respiro profondo e cerca di rilassare le spalle. Si sono consegnati, pensa, e il "Re del Cielo" è già stato incoronato. Certo non dovrebbero avere motivo di rendergli la vita difficile, vero?

     
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    La stanza era in penombra, ma non per scelta artistica. Accendere le luci significava vanificare il senso dell'enorme vetro che dava sulla stanza adiacente, che di contro era bene illuminata di una fredda luce al neon. Era proprio una stanza degli interrogatori, come quelle a cui Denver era avvezzo nel suo paese di origine. Le persone che si trovavano dal lato buio avrebbero potuto seguire in presa diretta tutto ciò che avveniva nella stanza adiacente, facendo quindi da spettatori all'interrogatorio sostenuto dal giornalista senza poter essere a loro volta visti. Questo in un certo senso metteva un po' di pressione anche su Denver stesso, tuttavia era comprensibile: erano pur sempre ospiti dell'Est, e quelli che stava per interrogare erano dei minorenni residenti nel Pentauron e per di più... minorenni di molto! Nei rapporti consegnati a Denver risultavano essere tutti quanti studenti di un istituto privato inferiore ed avere rispettivamente quattordici anni (Suzaku e Kumagawa), tredici anni (Seiryu e Byakko) e giusto Gembu poteva dirsi nella media di età dei riders con i suoi sedici anni.

    « Gli ospiti sono nella stanza a fianco che aspettano. »
    La guardia era una giovane donna sui trenta dal portamento elegante, capelli lunghi castano scuro e l'aria di una persona estremamente rigida e professionale. Sedeva su di una vasta scrivania invasa dalle scartoffie, nonché da un cappello a cilindro dotato di una quantità insensata di lenti. Indossava la divisa delle forze dell'ordine che operano nella città, un completo viola scuro in stile fine ottocento completo di fondina vuota e stivaletti da cavallerizza. C'erano solo poche differenze, la più importante delle quali era una lucente stella che recava delle incisioni ed alcuni simboli appartenenti all'Est ed al Garwec. Una stella da sceriffo, solo che non c'erano sceriffi in quella città.
    Aveva l'aria di una che aveva lavorato tutta la notte, impressione sottolineata quando si sfiorò le tempie con fare nervoso.

    « Piacere di conoscerla. Sono l'ufficiale Caitlyn, faccio parte del corpo di ranger dell'Altopiano. La mia collega avrebbe dovuto scortarvi qui personalmente, ma ci sono stati dei malintesi. Non è stato facile organizzare tutto con questi tempi, con la burocrazia di tre diversi presidi da rispettare. A quanto pare l'Ambasciatore si diverte a darci grane del genere... »
    "L'Ambasciatore" era Quarion Galanodel, che oltre ad essere un pezzo grosso del presidio centrale, fratello gemello dell'Alfiere Errante e ufficiale all'interno degli Aviatori, era anche ambasciatore presso il presidio Est con tutto ciò che comportava. Niente da stupirsi che fosse lui a tirare le fila, dopotutto era anche la stessa persona che aveva procurato a Denver tutta quella mole di materiali. Che, a tal proposito, videro aumentare di brutto quando lo sceriffo gli allungò una grossa cartella identica alle altre quattro che aveva già visionato.
    « Questa è arrivata poche ore fa. Avrebbe dovuto arrivare con le altre, ma ci sono stati dei ritardi. »
    Brockmann si ritrovò quindi fra le mani la storia di un tredicenne che aveva ammazzato con le sue stesse mani. Il fascicolo recava il nome di Vladmyr Julius Anne Françoise Murray, e per esclusione doveva trattarsi di Seiryu. Probabilmente l'avevano recapitato per completezza, ed effettivamente poteva contenere materiale prezioso. Specie perché uno degli obbiettivi degli interrogatori era capire che cosa aveva portato cinque ragazzi così diversi a fare squadra ed essere disposti addirittura a sacrificare se stessi per quel distorto "bene superiore" che aveva condotto l'incoronazione di Quarion a "Re del Cielo".
    Tolto il voluminoso fascicolo, l'occhio da giornalista di Denver avrebbe riconosciuto una pila di fogli che erano chiaramente degli avvisi di taglia, probabilmente pure quelli arrivati con la posta. Lo sceriffo annotò qualcosa su di un foglio che aveva l'aria di trattarsi di una qualche burocrazia, dopodiché indicò una porta e premette con decisione un grosso bottone che spiccava sul muro, che a sua volta fece scattare un segnale acustico, segno che la porta veniva sbloccata.

    « Al minimo problema, vi tiro fuori io stessa. »
    Indicò un armadietto chiuso a chiave che aveva tutta l'aria di contenere armi.
    « A momenti arriveranno anche gli altri ospiti, ma di questo voi non dovete preoccuparvi. Concentratevi sull'interrogatorio e sentitevi libero di scegliere i metodi che preferite. I ragazzi non sono qui in qualità di prigionieri, si sono consegnati loro stessi ed hanno accettato di loro spontanea volontà tutto questo, credo che collaboreranno. O almeno questa era l'impressione che davano, da Laputa non erano dello stesso avviso... »

     
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    La luce che filtra nel locale è sufficiente a malapena per permettere a Denver di vedere dove sta andando. Attraverso il finestrone, invece, nota che la stanza accanto è invece illuminata da una lampada al neon, una di quelle che in America hanno cominciato a prendere piede solo da pochi anni. Sa già che sarà là dentro che si terranno le cosiddette interviste, o interrogatori che siano. Il vetro deve trattarsi invece di uno specchio bidirezionale, cosicché chi risponderà alle domande possa essere sorvegliato, in teoria, a sua insaputa, ma quei ragazzini sono svegli abbastanza da essere forse già del tutto consapevoli della cosa.
    Che sia egli stesso sotto supervisione o no, il giornalista si sente più tranquillo sapendo che, se dovesse succedere qualcosa, qualcuno interverrà in suo soccorso. Almeno, così spera; ha già avuto modo di constatare la potenza di almeno due di loro, non sa quanto resisterebbe in uno scontro diretto contro gente al pari di Seiryu (a parte Suzaku, la quale erano riusciti a renderla inoffensiva togliendole le Air Treck).
    « Gli ospiti sono nella stanza a fianco che aspettano. »
    A guardia del posto è una donna più giovane di lui di qualche anno; cinque, forse perfino dieci. È il cappello sulla sua scrivania, più che la donna stessa, ad attirare l'attenzione di Denver: nient'altro che un cilindro, di quelli che si vedevano sempre meno in giro anche prima che partisse per la guerra, ma con parecchio vetro in più del normale. Potrebbe essere il capo d'abbigliamento più bizzarro che abbia mai visto su Endlos.
    « Piacere di conoscerla. Sono l'ufficiale Caitlyn, faccio parte del corpo di ranger dell'Altopiano. La mia collega avrebbe dovuto scortarvi qui personalmente, ma ci sono stati dei malintesi. Non è stato facile organizzare tutto con questi tempi, con la burocrazia di tre diversi presidi da rispettare. A quanto pare l'Ambasciatore si diverte a darci grane del genere... »
    Infatti, non ne sapeva nulla. Ha raggiunto Garwec da solo, con altri mezzi e agganci; per sua fortuna, il Presidio Orientale non è noto per essere turbolento.
    « Il piacere è mio. » risponde, mentre una nuova cartella gli viene consegnata.
    « Questa è arrivata poche ore fa. Avrebbe dovuto arrivare con le altre, ma ci sono stati dei ritardi. »
    Apre il file e inizia a sfogliarlo, trovandovi dentro tutto quello che ha bisogno di sapere su un ragazzino di nome Vladmyr Murray, altrimenti conosciuto come Seiryu. Non lo aiuterà ad interrogarlo, questo no, ma potrebbe usare ciò che vi è scritto con i superstiti.
    Nessuna informazione è superflua.
    Lancia un'occhiata veloce agli avvisi di taglia sulla scrivania di Caitlyn, nel caso possa scorgere nomi correlati al suo caso, poi si avvia verso la stanza degli interrogatori.
    « Al minimo problema, vi tiro fuori io stessa. »
    « Spero non ce ne sarà bisogno. »
    Anche Denver è armato, il revolver con cui aveva ucciso Seiryu nascosto sotto il suo abito. Non vuole usarlo di nuovo.
    Annuisce in silenzio alle ultime raccomandazioni della guardia. Sa già tutto, o lo ha comunque intuito.
    « Mi odieranno. » commenta, senza alcuna soddisfazione nella propria voce. Non si tratta di un vanto, si tratta di una constatazione.
    Lo odieranno quanto lui ha odiato sé stesso quando ha sparato al loro compagno, ad un ragazzino di tredici dannatissimi anni.

     
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    Il momento in cui Gembu varcò la soglia fu emblematico. Chiassoso, volgare ed oltremodo al di là del senso comune di civiltà, il massiccio sedicenne era ancora impegnato ad inveire contro qualcuno poco distante perfino mentre faceva il suo ingresso in scena, di fatto dando le spalle fino all'ultimo al giornalista. Si rese conto più o meno dell'aria che tirava nella stanza nel momento in cui smise di sputare l'intera collezione di insulti a sfondo razzista di cui disponeva, dunque sempre sulla soglia e con ancora la maniglia fra le mani si zittì all'improvviso e fece vagare uno sguardo sospettoso da un lato all'altro della stanza in penombra, salvo poi all'ultimo concentrare la sua attenzione su Denver.
    "... E quello fu il momento in cui iniziò ad insultarlo, riconoscendolo come uno degli Abusivi presenti durante la missione a Klemvor, nonché l'assassino del suo compagno", questo probabilmente era ciò che si aspettava Denver. Invece fondamentalmente il giovane sbuffò, prese una sedia e si gettò su di essa quasi rompendola sotto il suo peso notevole.

    « Voi dell'Est siete tutti quanti dei succhiapalle senza spina dorsale. »
    Esordì puntando l'indice verso Denver.
    « Che cazzo c'avete in testa, eh?? Abbiamo detto che collaboriamo. Porca puttana, collaboriamo che cazzo vuol dire nella vostra lingua di succhiacazzi pacifisti hippie di merda?? Quando esco da qui rivoglio indietro le mie Air Treck, e sopratutto rivoglio la mia Spaccanegri. Vaffanculo, stronzo io che ascolto quel finocchio di Kumagawa, aveva detto che ci avrebbero trattato con decenza, aveva detto. »
    Sbatté i pugni sul tavolo, e per poco la lampada rischiò di saltare via.
    Ora, probabilmente le parole del giovane erano molto poco chiare, ma c'erano tre punti fondamentali di cui tener conto.

    Primo: per qualche motivo era convinto che durante la sua detenzione avrebbe potuto conservare le proprie Air Treck e la sua... Spaccanegri. Qualsiasi cosa sia una Spaccanegri.
    Secondo: probabilmente dire che tutti i ragazzi là fuori erano collaborativi era decisamente ottimistico. "Tutti tranne Gembu" era un po' più realistico.
    Terzo: quello lì era chiaramente convinto del fatto che Denver fosse un abitante dell'Est, e sopratutto al di là di ogni fraintendimento si comportava come se non avesse mai visto prima il giornalista che aveva davanti a se.

    Ragionandoci a posteriori, effettivamente quando Denver aveva fatto la sua comparsa sulla scena, trovandosi di fronte Seiryu, Byakko e Gembu schierati a difesa dell'ospedale, si trovava immerso in una calca di Storm Riders guidati da Lady Satsuki. In seguito Gembu aveva lottato faccia a faccia con Nesrìn, ed effettivamente aveva avuto il suo bel daffare e non era poi così strano se non aveva fatto tanto caso alle altre persone presenti sul campo di battaglia, specie tenendo conto dell'indole non proprio riflessiva del giovane. Inoltre, fra tutti, Gembu era quello che le aveva prese di più dato che aveva rischiato di finire vaporizzato dalla monolitica ondata di energie spirituali scatenate da Nesrìn stessa, la quale aveva spedito il ragazzo a schiantarsi contro un muro, e se non si era ritrovato ogni singolo osso del corpo in frantumi era da imputare solo alla sua stazza ed alla giovane età.

    Gembu, alias Darius Nox, sedici anni, nativo di Endlos ed originario del Pentauron. Genitori separati e prossimi al divorzio, entrambi in vita, un fratello minore che vive con la madre. Lui risiede con il padre, un ex ufficiale di una compagnia di mercenari di chiara fama che operava nei territori dell'Ovest, congedato con onore in seguito ad una ferita alla gamba destra che l'ha reso un invalido e gli è valsa una pensione di tutto rispetto. Misteriosamente un profilo psicologico abbastanza normale, media voti superiore a quanto ci si aspetterebbe, perfino in linea con la media del suo anno, con picchi di eccellenza nelle materie storiche ed umanistiche. Voti in condotta che gli sono valsi per tre volte la bocciatura, un totale di quattro sospensioni per risse aggravate dalla bellezza di sedici suoi coetanei spediti in ospedale con fratture e lesioni di vario tipo. La quarta ed ultima gli sarebbe costata l'espulsione, non fosse per la grazia ricevuta direttamente dall'anziano preside onorario Harold Blue, uno dei fondatori della quasi centenaria accademia Hoshimiya del Pentauron. In seguito a quell'ultimo incidente, ed al non esattamente invidiabile record di aver frequentato per quattro anni consecutivi il primo anno accademico, il giovane Darius inizia a rigare dritto, più o meno, entrando inoltre a far parte della squadra di basket dell'istituto, dove si guadagna una serie di riconoscimenti lusinghieri. Il come sia finito a Klemvor immischiato in una vera e propria guerra fra bande è un mistero, anche se in base alle ricerche condotte dagli investigatori operanti nel Pentauron al soldo di Quarion una bella fetta di quella scuola fa regolarmente la spola fra la Città delle Macchine ed il Pentauron. Quella di eseguire escursioni della durata anche di interi week-end in uno dei luoghi più pericolosi di tutta Endlos in quell'istituto pare essere una specie di attività comune, infatti Denver avrebbe ricordato come anche i ragazzi del team "Broken Wings" con cui si erano alleati durante la missione in Klemvor avevano detto di provenire da lì.

    Nella cartella c'era di tutto. Gruppo sanguigno, cartella clinica, perfino una lista di persone con cui il giovane intrattiene una qualche sorta di legame, addirittura la lista di ragazze che sono uscite con lui nel corso degli anni. Eppure, tutto materiale che permetteva al massimo di fare supposizioni, nulla di certo su come abbia fatto Gembu ad entrare in contatto con le Tribù della Tempesta, fino a salire ai vertici di Trident...

     
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    Si aspettava di doverli interrogare in gruppo, uniti come li aveva trovati a Klemvor, ma ad entrare nella stanza è solo Gembu. Darius Nox, nato e cresciuto in questo semipiano, non dimostra affatto i sedici anni che ha. Perché nessuno, a quell'età, è così massiccio; inoltre, Denver è piuttosto sicuro di non aver mai visto nessun adolescente che possieda un repertorio tanto vasto e variegato di improperi da rivolgere al prossimo. Dando uno sguardo al suo background, il giornalista azzarda tra sé e sé che si possa trattare di un'influenza paterna.
    Un ragazzo affatto stupido, se i suoi voti sono una qualsiasi indicazione, ma turbolento. Tuttavia, gli è stato permesso comunque di poter continuare a frequentare un'accademia piuttosto prestigiosa, gli studenti della quale hanno però preso un'abitudine diffusa di organizzare "escursioni" a Klemvor, luogo tutt'altro che sicuro anche per una persona convenzionalmente preparata. Il resto, invece, non gli è d'aiuto.
    Il ragazzo si fa zitto nel momento in cui scorge Denver, e quest'ultimo si prepara ad incassare con stoicismo le invettive che gli saranno rivolte.
    Non arrivano.
    « Voi dell'Est siete tutti quanti dei succhiapalle senza spina dorsale. »
    Suo malgrado, l'uomo si ritrova a sgranare gli occhi, colto del tutto alla sprovvista.
    « Come prego? » riesce a mormorare, appena prima di essere travolto dagli sbraiti del giovane.
    « Che cazzo c'avete in testa, eh?? Abbiamo detto che collaboriamo. Porca puttana, collaboriamo che cazzo vuol dire nella vostra lingua di succhiacazzi pacifisti hippie di merda?? Quando esco da qui rivoglio indietro le mie Air Treck, e sopratutto rivoglio la mia Spaccanegri. Vaffanculo, stronzo io che ascolto quel finocchio di Kumagawa, aveva detto che ci avrebbero trattato con decenza, aveva detto. »
    La Spaccaneg- si trattiene dal chiedergli cosa sia, esattamente. Ad ogni modo, gli è chiaro che Gembu non ha idee troppo chiare riguardo alla propria posizione, vuoi per colpa sua, di Kumagawa o delle autorità dell'Est. Ma, se non altro, ha dichiarato di essere disposto a collaborare. Il problema, in quel momento, è come riuscire a tirare fuori informazioni utili da lui.
    Non con paternalismo, perché attirerebbe ostilità, e tantomeno sforzandosi di non fraternizzare troppo, perché otterrebbe, al meglio, un'occhiata perplessa. Infine, ciò che starebbe in mezzo non gli dice assolutamente nulla.
    « Innanzitutto, » decide infine. « abito a Blood Runner. »
    Anche Denver, dunque, è del Pentauron, proprio come il giovane che gli sta di fronte.
    « Per il resto, mi chiamo Denver Brockmann e sono qui solo per farvi delle domande. Mi rincresce sentire che non vi stiate trovando bene; purtroppo non posso farci molto. »
    Cerca di scegliere ogni sua parola con la massima cura, modulando il tono della propria voce di conseguenza. Vuole mantenere un certo distacco, ma senza risultare per questo troppo impersonale. È sua intenzione anche mettere in chiaro che non si tratterà di un dialogo alla pari: Denver rimane sempre l'"autorità", in quel momento, tuttavia ciò non significa che non prenderà Gembu sul serio, come merita. Disciplina, ma senza una freddezza che gli risulterebbe in ogni caso poco naturale. Rispettare, ed essere rispettato in cambio.
    « Per cominciare, vorrei chiederti innanzitutto del Re del Cielo: mi spieghereste di cosa si tratta, e perché sia tanto importante da scatenare, beh, ciò che è successo durante gli ultimi eventi a Klemvor? »

     
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    « Innanzitutto, abito a Blood Runner. »
    Per un momento, Gembu sembrò spiazzato. Un'uscita del genere non se l'aspettava, anche perché aveva già deciso che quello che aveva di fronte doveva essere un uomo dell'est cresciuto a latte e miele. Comunque si riprese in fretta, riassumendo in breve di nuovo il consueto atteggiamento arrogante.
    « Per il resto, mi chiamo Denver Brockmann e sono qui solo per farvi delle domande. Mi rincresce sentire che non vi stiate trovando bene; purtroppo non posso farci molto. »

    « Bah. »
    Gembu pianta il gomito sul tavolo, posa indisponente ed espressione presuntuosa.

    « Per cominciare, vorrei chiederti innanzitutto del Re del Cielo: mi spieghereste di cosa si tratta, e perché sia tanto importante da scatenare, beh, ciò che è successo durante gli ultimi eventi a Klemvor? »

    « Eeeeeeeeeeeeeehh?? Non dirmi che non ne sapete niente. »
    Alzò il dito indice puntandolo su Denver con fare vagamente accusatorio:
    « spero che non sia un qualche giochetto, perché se scopro che mi stai prendendo per il culo... »
    Lasciò in sospeso la minaccia, salvo poi proseguire rispondendo alla domanda gesticolando in modo animato,
    « comunque, non è ovvio? Gli zombi! I maledettissimi zombi! Almeno quelli li conoscete, no? Insomma: siamo dei fottutissimi eroi, abbiamo rischiato il culo per far fuori gli stramaledetti zombi, siamo tipo come in quel film di Bruce Campbell, solo con un negro, un frocio una stronza e una checca in più fra le palle, ma quello che conta è il risultato, no? Insomma: gli ho spaccato il culo a quei bastardi. Avevano dato di matto al rave, hanno morso Loris e quasi gli hanno staccato la clavicola, qui. »
    Abbassò il colletto e mostrò l'area della spalla destra.
    « Io mi dico: questo figlio di puttana ha la rabbia, e gli spacco la testa in due con una sedia. E mi dico: "occazzo, ho ammazzato questo figlio di puttana, questa è la volta buona che mi cacciano da scuola", e invece quel figlio di puttana era ancora vivo, con la testa spaccata in due cercava ancora di sbranarsi Loris, lui e l'altro bastardo lì accanto. Ci ha pensato il Comandante Generale a far sparire i cadaveri, e ci ha spiegato che avevamo a che fare co' gli zombi, inteso? Poi mi ha chiesto di unirmi a questa squadra speciale per ammazzare altri zombi, ed è andata a finire che per sistemarli del tutto c'era bisogno del fottuto Re del Cielo. Al Re del Cielo gli ubbidiscono, inteso? Con lui in giro, bomba disinnescata. Solo che per il Re del Cielo ci vogliono le Regalia, no? E le regalia dove cazzo sono? Indovina: proprio sotto il culo di Sleeping Forest. Il resto chiedilo a quel demente di Kumagawa, il Comandante ha spiegato tutto a lui. Io ho tirato fuori la pagliuzza corta e mi sono ritrovato a dover sequestrare un Alfiere. Un Alfiere, capisci??? Che poi era una zoccola mica da poco, andava in giro nuda e dimenava le tette come una spogliarellista. Dimmi un po': che tu sappia, pure all'Est l'Alfiere è così? Insomma: l'Alfiere stava su questo tetto con una banda di idioti. Io l'ho tirato giù e l'ho portato da Kumagawa, che era incaricato di recuperare le Regalia. Il resto lo ricordo davvero poco, mi hanno detto che ho preso una botta. Ricordo che ad un certo punto i negri erano due, e poi mi sono svegliato in una camera di ospedale. »
    Indicò la tempia.
    « Sei fottuti punti. Spalla dislocata, polso rotto, per fortuna non quello della palla altrimenti se non potevo più fare dunk come si deve ammazzavo qualcuno... »

     
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    « Eeeeeeeeeeeeeehh?? Non dirmi che non ne sapete niente. »
    Gembu gli punta l'indice addosso, ma Denver non batte ciglio, indifferente mentre cerca una posizione più comoda per sedersi. Lo lascia sbollire, e quindi continuare; nel mentre, il giornalista annota sul taccuino i punti che più catturano la sua attenzione. Alla fine della metà testimonianza, e metà sfogo del ragazzo, si prende qualche momento per riguardare ciò che ha scritto e riordinare le idee.
    Punto uno: gli zombi. Il fine ultimo di Trident è stato cercare di neutralizzarli in qualche modo, e per farlo hanno avuto bisogno delle Regalia e di un Re del Cielo da incoronare. Non per ucciderli, ma per controllarli. E non devono essere nemmeno un problema nuovo, se qualcuno ha ritenuto opportuno creare suddette Regalia per lo scopo.
    Ma quando? E chi?
    Essi, da quel che ha potuto capire, sono apparsi per la prima volta in un rave. Inoltre, a sentire Gembu, essi devono avere l'aspetto di normali Storm Riders i quali, se ben ricorda, sono bene o male ragazzi adolescenti provenienti perlopiù dalla stessa scuola. Pertanto, qualcuno potrebbe aver dato "vita" a quegli zombi piuttosto di recente, a partire da alcuni studenti, tenendo pronto anche un modo per tenerli al guinzaglio. Una teoria che, se fondata, lo spingerebbe ancora di più ad indagare sulla Hoshimiya, perché ritiene che sarebbe lì che troverebbe chi ha fatto tutto ciò, e perché.
    D'altro canto, i cosiddetti Gravity Children sono originari di Klemvor, pertanto lo stesso potrebbe essere detto degli zombi. Tuttavia, non è da Gembu che avrà questo tipo di risposte.
    Punto due: il Comandante Generale. Ha preso in mano la situazione, nascosto i cadaveri, spiegato a Trident che è di zombie che si trattava, e coordinato tutto il resto. Qualcuno più in alto dello stesso Kumagawa, che non ha tuttavia visto durante la battaglia finale e che, per qualche ragione, ha deciso di non diventare egli stesso -o ella stessa- Re del Cielo, relegando invece il ruolo a Lady Drusilia. Qualcuno con abbastanza palle o incoscienza da arrivare ad ordinare il sequestro di un Alfiere.
    « No, Lady Kalia non l'ho mai incontrata, ma ti farò sapere appena ne avrò l'occasione. »
    Poggia il blocco note sul tavolo, e fa scrocchiare le dita aggranchite.
    « Solo un paio di domande: per caso gli zombi erano prima dei tuoi compagni di scuola? Inoltre, puoi parlarmi di questo Comandante Generale? »

     
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    « Solo un paio di domande: per caso gli zombi erano prima dei tuoi compagni di scuola? Inoltre, puoi parlarmi di questo Comandante Generale? »

    « Nah, mai visti in vita mia. Erano facce di merda, me li sarei ricordati, e poi se ti presenti a scuola con quei tatuaggi in viso e quelle pettinature i professori ti spaccano il culo. Non tutti, dico, alcuni sono checche, ma anche lì ce ne sono un paio con le palle. »
    Riguardo la seconda domanda, Gembu inizialmente sembrò esitare, il che era una novità. Era la prima volta che prendeva tempo e non rispondeva in modo diretto e schietto, ed allo stesso modo era la prima volta dall'inizio dell'interrogatorio in cui Denver lo vedeva soppesare le proprie parole, mentre normalmente sciorinava insulti e giudizi a ruota libera.
    « Il Comandante Generale? »
    Tirò leggermente indietro la sedia, poggiò il gomito sul tavolo e sembrò riflettere per un lungo istante.
    « Purtroppo sono entrato a Klemvor quando si era già ritirato, e l'ho visto in azione una sola volta. Ma avrei voluto davvero vederlo dieci anni fa, quando ci fu la guerra. Ah, me ne hanno parlato in cento, di quella faccenda. Adesso a prima vista sembra solo uno sfigato qualsiasi: secco, sigaretta in bocca e occhiali da vista. Ma devi vederlo quando combatte. Ed è l'unica persona che mi ha atterrato, finora. A parte il mio vecchio, sia chiaro. Beh, chiedi a quello sfigato di Kumagawa. Lui è quello che lo conosce meglio di tutti. Ho finito? »
    Gembu prese congedo. Non c'era da aspettarsi un saluto o altro, piuttosto brontolò qualcos'altro riguardo la sua spaccanegri, su quanto era importante eccetera. Niente che non avesse già detto.

    Forse c'era materiale importante fra gli appunti delle parole del giovane, o forse no. Quasi tutto stava alle intuizioni di Denver, a come avrebbe usato quelle informazioni. Anche se, considerando le caratteristiche di Gembu, era facile intuire che quella era solo la punta dell'iceberg. Avevano solo iniziato a grattare la superficie...

    ... Ed una grossa, enorme sorpresa avrebbe varcato la soglia proprio in quel momento, dando il cambio a Gembu che era uscito solo da pochi istanti. Stando ai calcoli di Denver là fuori aspettavano ancora l'unica ragazza del gruppo, ovvero Suzaku, poi il ragazzino di colore chiamato Byakko e naturalmente il capo nominale di quella combriccola, Misogi Kumagawa, l'unico là in mezzo che non impiegava nickname di sorta. Invece quello che si presentò al tavolo degli interrogatori era un ragazzo sui quindici anni, albino, con un vistoso bendaggio che gli copre parte della fronte, una quantità di bendaggi alla gola ed infine un braccio legato al collo, ingessato e accuratamente immobilizzato. Vladmyr Julius Anne Françoise Murray, al secolo Seiryu, il giovane che Denver aveva ucciso.
    O meglio... che evidentemente aveva provato ad uccidere.

    « Devo sedermi? »
    Chiede fissando con sospetto la sedia occupata da Gembu fino a poco prima. Se Denver sarebbe stato in grado di superare l'impatto iniziale, avrebbe certamente notato che non c'era il minimo astio nella voce del giovane, e nemmeno un vago accenno di reazione da parte sua nell'incontrarlo. Nel caso di Gembu era normale che non riconoscesse Denver: si erano incrociati a malapena. Ma Seiryu era un discorso diverso: si erano trovati faccia a faccia, avevano lottato, e Denver gli aveva sparato a bruciapelo per ben tre volte. Tre proiettili, ciascuno più che sufficiente ad ammazzare un uomo adulto di corporatura massiccia, figuriamoci un mingherlino come lui. E invece era lì, tranquillo, un po' ammaccato ma vivo e vegeto. Forse non era morto sul colpo ed erano riusciti a soccorrerlo? Forse c'entravano quelle capacità speciali di cui aveva fatto sfoggio? Forse c'era un medico all'interno del gruppo, o un guaritore?

    « Vi avverto fin da subito che se avete intenzione di farmi domande sui fatti recenti, purtroppo non sono in grado di aiutarvi. »
    Mentre prendeva posto sulla sedia, l'albino si indicò la fronte.
    « Ho cinque grammi di piombo conficcato nel cervello, e nessun ricordo degli ultimi tre mesi. Spero comprenderete se il mio narrato sarà piuttosto... lacunoso. »

     
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    « Nah, mai visti in vita mia. Erano facce di merda, me li sarei ricordati, e poi se ti presenti a scuola con quei tatuaggi in viso e quelle pettinature i professori ti spaccano il culo. Non tutti, dico, alcuni sono checche, ma anche lì ce ne sono un paio con le palle. »
    Denver annuisce, cominciando ad annotare tutto, fermandosi tuttavia a metà, con la penna ancora sul foglio. Alza il capo verso il ragazzo, e lo guarda negli occhi, pensoso. Gembu è troppo diretto per mentire, e comunque non avrebbe comunque una ragione reale per farlo, non su questo punto. E anche se non lo fosse, non sarebbe lo stesso abbastanza per ingannare Denver.
    Per questo, qualcosa deve essergli sfuggito per forza.
    Oh.
    Nessuno degli "zombi" era venuto dalla Hoshimiya, nella quale studiano invece un numero enorme di Storm Riders. Solo i Gravity Children sono originari di Klemvor, dove erano custodite anche quelle portentose Regalia. Ora, non ricorda se altri di quei ragazzini siano o meno studenti di altre scuole del Pentauron, originari di qualche altra area limitrofa dell'Ovest, e quanti di essi possano esserlo, ma non può ignorare il fatto che un'intera scuola sia stata in qualche modo ignorata da quella piaga. Senza contare che, in una regione relativamente arida di magia come Klemvor, sarebbe stato difficile resuscitare dei (più o meno) normali esseri umani.
    Ma i Gravity Children non sono normali esseri umani.
    Marionette, macchine che si possono rompere, aggiustare, riattivare e, soprattutto, gestire a proprio piacimento. Il concetto ha senso, sebbene ora come ora gli mancano le prove per affermare tutto ciò -o forse le ha già, ma potrebbe non essere riuscito a ricordarsi ogni dettaglio di quella valanga di roba; sarebbe pure piuttosto normale, del resto: non è certo quello il tipo di contesto in cui Denver è abituato a operare-.
    Ora deve vedere se qualcuno di loro può dargli le informazioni che gli servono, o almeno un punto di partenza.
    « Il Comandante Generale? Purtroppo sono entrato a Klemvor quando si era già ritirato, e l'ho visto in azione una sola volta. Ma avrei voluto davvero vederlo dieci anni fa, quando ci fu la guerra. Ah, me ne hanno parlato in cento, di quella faccenda. Adesso a prima vista sembra solo uno sfigato qualsiasi: secco, sigaretta in bocca e occhiali da vista. Ma devi vederlo quando combatte. Ed è l'unica persona che mi ha atterrato, finora. A parte il mio vecchio, sia chiaro. Beh, chiedi a quello sfigato di Kumagawa. Lui è quello che lo conosce meglio di tutti. Ho finito? »
    Dà un cenno di assenso.
    « Sì, grazie mille per l'aiuto. »
    Magro, fumatore, occhiali da vista. Non è un grande identikit, e nemmeno ha ottenuto un nome, o perfino un'età approssimativa. Anche se immagina di avere a che fare con un uomo intorno almeno ai venticinque, trent'anni, se si parla di qualcuno attivo una decade fa in mezzo ad una categoria di persone la cui età media si deve aggirare intorno ai sedici, diciassette anni ad dir tanto.
    Gembu esce, borbottando qualcosa sulla sua Spaccanegri (ma che cos'è?), e Denver si prepara ad accogliere uno, probabilmente, fra la piccola Suzaku e Byakko. Trovandosi invece davanti l'ultima persona che si sarebbe mai aspettato di vedere.
    4cAjLGxCoperto di bende su capo, gola e col braccio ingessato (con una momentanea perplessità da parte del giornalista su quest'ultimo), ma comunque perfettamente vivo e vegeto, Seiryu si avvicina al giornalista con una naturalezza disarmante.
    « Come...? »
    Come cazzo sei ancora vivo?
    Le parole gli muoiono in gola, ma i muscoli del volto di Denver sono contratti in una smorfia di sorpresa e di palese shock, perché è sicuro di averlo visto morire, tanto per cominciare. Non si sopravvive, del resto, a tre proiettili calibro 45 in altrettanti punti vitali. È stato egli stesso a spararli; lo sa. L'unica spiegazione è che in qualche modo sia riuscito a difendersi, e che sia stato solo rimasto gravemente ferito.
    « Devo sedermi? »
    Lo guarda esterrefatto. Non sembra neppure importargli con chi sta avendo a che fare.
    « S-Sì, se vuoi. Accomodati pure. »
    Seiryu si siede, e riprende parola, chiarendo così almeno uno dei due dubbi presenti nella testa di Denver in quel momento, ovvero...
    « Ho cinque grammi di piombo conficcato nel cervello, e nessun ricordo degli ultimi tre mesi. Spero comprenderete se il mio narrato sarà piuttosto... lacunoso. »
    ...che a causa del trauma, ha convenientemente perso la memoria degli eventi degli ultimi tre mesi; inclusa, ancora più convenientemente, quella della sua "morte" per mano (dito) dell'uomo che gli sta di fronte.
    Denver prende un respiro profondo, e affonda il volto nelle mani. Quando, diversi secondi dopo, lo risolleva, gli rivolge finalmente la sua prima domanda.
    « Puoi parlarmi, allora, degli eventi precedenti al tuo ultimo ricordo, e inerenti ad esso? »

     
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    « Come...? »
    Seiryu inarca leggermente un sopracciglio, notando la reazione del suo interlocutore.
    « State bene? »
    Chiede, sedendosi, salvo poi posizionarsi composto davanti a Denver, affatto preoccupato di trovarsi proprio
    davanti alla persona che, appena poche settimane prima, gli aveva piantato tre proiettili in corpo.

    « Puoi parlarmi, allora, degli eventi precedenti al tuo ultimo ricordo, e inerenti ad esso? »
    Per un istante il ragazzo resta in silenzio. In realtà sta cercando di capire per quale motivo il detective che aveva davanti sembrava così agitato dall'averlo di fronte, d'altronde il giovane albino si è da subito rivelato palesemente come l'individuo più intuitivo nel drappello di Storm Riders di Trident capitanati da Misogi Kumagawa... ed anche il più pericoloso. Tuttavia, se è vero che ha perso la memoria come asserisce, allora non può davvero immaginare il motivo dietro tanta agitazione da parte di Denver. Anche perché...

    « Ricordo lo stage con l'esecutivo dell'Honnōji. »
    Dice ad un certo punto, rispondendo puntualmente alla domanda. Il suo racconto è preciso, puntuale, obbiettivo. E' una persona molto diversa da Gembu, quasi un perfetto opposto per certi versi. Il tono di voce posato indica un individuo sicuro di se ed a suo agio perfino nel bel mezzo di un interrogatorio, il lessico preciso ed il modo composto in cui siede è sinonimo di una buona educazione, le leggere inflessioni nel suo accento -tanto neutro da sembrare artificiale- indicano che il parlato comune di Endlos non è la sua lingua natia, e che deve aver studiato il parlato comune prima di averlo esercitato per molto tempo.
    « Faccio parte da nove mesi del consiglio scolastico in qualità di segretario. L'istituto che frequento, la Hoshimiya, è gemellato con l'accademia superiore Honnōji, in cui ho una borsa di studio. Tradizionalmente ogni anno i rappresentanti d'istituto della Honnōji invitano a frequentare per una settimana l'Accademia: si tratta in un certo senso di un passaggio di testimone perché una volta entrati nel terzo anno non viene concesso agli studenti, ormai prossimi agli esami, di partecipare alla vita interna della scuola. Nel nostro caso era anche una questione di rivalità: io e Misogi paradossalmente siamo contemporaneamente dei kohai di quelli della Honnōji, ma anche dei loro diretti superiori presso le Tribù della Tempesta. »
    Ed a quel punto specificò quello che probabilmente Denver, arrivato a questo punto, aveva già intuito:
    « Il Presidente del Consiglio Studentesco era Satsuki Kiryuin. »
    Disse come in una sentenza.

    « Sono stati giorni movimentati... rammento diversi episodi piuttosto chiaramente. Quasi tutti gli Storm Riders che studiano alla Honnōji appartengono alla fazione della Kiryuin, ma alcuni membri anziani di Trident erano presenti per tutto il tempo, per evitare scontri. In effetti sono rimasto molto contrariato dall'atmosfera di esasperante cordialità. Avrei voluto lo scontro diretto con quella donna ed i suoi lacchè. »
    A questo punto il tono di voce del giovane era già abbastanza feroce. L'aura che lo circondava non era per nulla rassicurante, anzi...
    Aveva tanta aura omicida addosso da mettere in fuga una belva feroce.
    « Quando gli altri mi hanno raccontato i fatti, mi sono sentito defraudato. Avrei voluto essere io ad uccidere con le mie mani Satsuki Kiryuin, il fatto che sia stato qualcun altro a farlo è per me motivo di grande disappunto. Come se non bastasse sono stato sconfitto, atterrato, quasi ucciso. L'uomo che mi ha piantato questa pallottola in testa è stato fortunato a morire per mano di Suzaku. Ha ricevuto la morte rapida che di certo non gli avrei riservato... »

     
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    Seiryu esita all'inizio, e Denver non riesce a capire se sia stato il suo atteggiamento di poco fa a farlo dubitare, o se semplicemente si stia sforzando di rammentare gli eventi. Tuttavia, quanto riuscirà davvero a ragionare con un proiettile nel cervello di mezzo?
    « Ricordo lo stage con l'esecutivo dell'Honnōji. » dice infine. Il giornalista annuisce, e con la mano gli fa cenno di continuare.
    Forse perché gli è stato chiesto di mantenere un ordine cronologico, il racconto del ragazzino è più meticoloso -addirittura meno spontaneo, per certi versi- di quello del suo compagno. A tutti gli effetti, la differenza è quella fra chi è stato appena intervistato, e chi invece sta facendo fronte ad un interrogatorio propriamente detto.
    Scrive, scrive più che può, anche se le sue orecchie preferirebbero smettere di ascoltare. Anche Denver preferirebbe che tutto quello che gli sta venendo detto sia una balla, che sia a dir poco ridicolo pensare che esistano davvero adolescenti che, al di fuori delle mura scolastiche, si ammazzino a vicenda con tanta ferocia senza una cazzo di ragione valida. Non è affatto nuovo a situazioni di gente molto, troppo giovane che intraprende una vita da criminale o da teppista, ma qui...
    ...qui non riesce neppure a comprendere la causa.
    Perché esistono gli Storm Rider?
    ZvzgQ60« Quando gli altri mi hanno raccontato i fatti, mi sono sentito defraudato. Avrei voluto essere io ad uccidere con le mie mani Satsuki Kiryuin, il fatto che sia stato qualcun altro a farlo è per me motivo di grande disappunto. Come se non bastasse sono stato sconfitto, atterrato, quasi ucciso. L'uomo che mi ha piantato questa pallottola in testa è stato fortunato a morire per mano di Suzaku. Ha ricevuto la morte rapida che di certo non gli avrei riservato... »
    Da un lato, l'evidente intenzione omicida di Seiryu lo inquieta per diverse ragioni; al di là dell'essere il responsabile in questione sia della sua sconfitta che, indirettamente, quello della morte di Satsuki Kiryuin, nessuno a quell'età dovrebbe essere già così corrotto, anche se c'è da chiedersi se Seiryu non sia in realtà tanto "puro" (o, meglio, immaturo) da non realizzare a fondo quanto allarmanti possano suonare le sue parole -e i suoi atteggiamenti-. Dall'altro, il suo interlocutore è convinto che il suo tentato uccisore, ovvero la persona che in questo momento gli sta di fronte, sia stato ucciso da Suzaku.
    Si metterebbe a ridere, se non conoscesse i rischi che corre.
    « Dunque. » dice, dopo essersi preso qualche secondo per riordinare le idee e schiarirsi la voce. « Hai menzionato diversi episodi che dici di ricordare "chiaramente". Oltre alla battaglia che hai citato, vorrei che me ne raccontassi alcuni, ma prima... »
    Dà uno sguardo agli appunti.
    « ...Dovresti parlarmi della frattura con la fazione della Kiryuin. Secondo te perché, vista la situazione, non hanno dato man forte alla vostra causa e anzi, vi hanno dato contro? »

     
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    « Hai menzionato diversi episodi che dici di ricordare "chiaramente". Oltre alla battaglia che hai citato, vorrei che me ne raccontassi alcuni, ma prima... Dovresti parlarmi della frattura con la fazione della Kiryuin. Secondo te perché, vista la situazione, non hanno dato man forte alla vostra causa e anzi, vi hanno dato contro? »

    « Questione di mentalità ed empatia. »
    Risponde immediatamente il giovane, un parere che giunge immediato e per cui non ha nemmeno bisogno di riflettere, ma non per questo una risposta frettolosa, anzi. Nemmeno stavolta Seiryu da l'impressione di avere pensieri superficiali, piuttosto sembrava aver già riflettuto sulla questione in passato e di avere un'opinione in merito ben precisa e (almeno a suo parere) molto obbiettiva.

    « L'ideale alla base della Kiryuin è sempre stato profondamente diverso da quello che muove qualsiasi altro riders, ed ovviamente differisce di molto anche dal nostro. La sua intenzione era quella di costringere le Tribù della Tempesta ad abbandonare Klemvor, intendeva usare i mezzi della sua famiglia per modificare l'assetto di un intero quartiere del Pentauron, il più malfamato in assoluto, e "bonificarlo" affinché diventasse al contempo un modello di società moderna e civile, ed anche in grado di ospitare l'intero ecosistema delle Tribù della Tempesta. »
    E qui Denver riuscì a percepire un vago accenno di rabbia che fiorì nella sentenza successiva:
    « Una sorta di riserva per indiani, in pratica. »
    Fu solo un istante, poi il tono di voce tornò asettico, pulito, giusto quella vaga e indistinta inflessione nell'accento che di tanto in tanto si percepiva. Era davvero difficile stabilire quale potesse essere la lingua d'origine di quel ragazzo, forse si riconosceva una matrice slava?
    « Satsuki Kiryuin appartiene a quella genia di idealisti radicali convinti della bontà della propria visione del mondo, dotati di un altruismo comparabile a quello di una madre per il figlio, ma nessuna capacità di comprendere i sentimenti del prossimo. Nessuna empatia, appunto. Era in grado soltanto di vedere ciò che di buono percepiva nel suo progetto, ignorando completamente quali fossero le volontà dei riders, il senso stesso della loro esistenza. Da questo punto di vista, non erano loro a dar contro a noi, sia chiaro: eravamo noi a detestarli fino a non voler nemmeno condividere la stessa aria che respiriamo. Avevamo una missione, un incarico dato a noi come lascito da una certa persona, una figura che a Klemvor era molto importante qualche tempo fa. »
    Eccolo, anche qui. Di certo stava parlando del famoso "Comandante Generale".
    « Era necessario epurare un certo numero di individui pericolosi per l'intera società, cellule impazzite che minacciavano di diventare un tumore mortale. Questa è la parte più semplice: noi non abbiamo fatto altro che abbattere dei cani idrofobi. Ma ucciderli tutti non era la soluzione definitiva, visto che in qualche modo continuavano a sbucare dal nulla come funghi. Allora quella certa persona ha messo a punto un piano per tenerli sotto controllo, dare loro un guinzaglio. Dovresti sapere bene di ciò che parlo, mi hanno detto che sono state prese. Che adesso c'è un Re del Cielo. »
    Qui Seiryu sembra rilassarsi vagamente. E' la fine del suo racconto, da questo punto in poi è tutto in discesa.
    « Le Regalia del Cielo applicano una sorta di controllo mentale sulle bestie idrofobe di cui ti ho appena parlato. Da questo momento in poi non sono più una minaccia per le Tribù della Tempesta, e nemmeno la Kiryuin. Missione compiuta, diciamo, se ci troviamo qui è perché non serviamo più. Ci siamo costituiti, e da parte mia accetterò qualsiasi sentenza, anche se ci hanno promesso l'amnistia. Secondo Gembu dovrebbero darci un premio, e credo sia la prima volta in vita mia che gli sento dire qualcosa di sensato. »

     
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    « Questione di mentalità ed empatia. »
    La risposta di Seiryu giunge secca, tanto da prendere Denver quasi alla sprovvista. Quasi.
    Quello che segue, stavolta, riesce a seguirlo senza difficoltà, e anzi, lo segue con perfino più interesse. Perché adesso il discorso ha preso a vertere su una dimensione a lui più familiare, senza zombi, regalie o i conflitti di un mondo da cui è sempre stato distante anni luce, e che non era riuscito a comprendere neanche con lo studio più intensivo.
    Satsuki Kiryuin voleva abbattere il sistema sul quale si fondava -e si fonda tutt'ora- Klemvor. Aveva le idee, aveva il carisma per convincere altri a seguirla, aveva i mezzi anche finanziari per farlo; una donna alla guida della conquista di una "nuova" frontiera, per utilizzare un paragone vicino al suo mondo d'origine. Costringere ad arretrare, e poi integrare le Tribù della Tempesta, mentre il resto del Dominio delle Macchine sarebbe stato reso abitabile anche da nuovi inquilini, gente "normale" proveniente, si presume, da altre parti del Pentauron o di Endlos.
    Con sua sorpresa, nonché una certa dose di vergogna, osserva quanto questa cosa suoni così dannatamente americana. Tuttavia, anche proprio per questo motivo, non può condannarla; non fino a quando non avrà un'idea più chiara di... tutto. Del resto, come potrebbe storcere il naso davanti ad una prospettiva che, nelle intenzioni, avrebbe potuto far cessare molti, insensati bagni di sangue?
    Ma Seiryu non è d'accordo, e senza volerlo menziona la domanda che Denver vorrebbe porre da un po': il senso della loro esistenza. Differenze ideologiche a parte, però, il giornalista non può non domandarsi perché, di fronte ad una minaccia comune a tutti, i Trident della Hoshimiya non abbiano chiesto -o perlomeno avvertito- dei loro piani. È stata una scelta sciocca a dir poco, che ha causato diverse decine di morti, ben settantanove di essi, per la precisione. Nessuno di loro aveva raggiunto anche solo i trent'anni.
    Nessun episodio particolare da raccontare, ma poco male, della vicenda in sé crede di aver sentito abbastanza da lui.
    « Confermo, il Re del Cielo ora è l'Alfiere Errante. » dice Denver, prima di continuare: « Ora, questa è una domanda difficile per me da formulare, pertanto spero tu voglia perdonare la mia indelicatezza ma... Qual è, appunto, il senso dell'esistenza degli Storm Rider? Sento che potrei capire molto di più se uno di voi me lo spiegasse. »
    Anche perché vuole che la loro Storia sia riportata correttamente, e certo non è quella di un gruppo di teppisti scalmanati. Seiryu ne è la dimostrazione che, per un qualche miracolo, è ancora vivente. E, forse, lo è per una ragione ben precisa.
    Il suo tono non è paternalistico; Denver sta guardando oramai quel ragazzo praticamente come un suo pari.

     
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    « E' una domanda complicata. »
    Ammette Seiryu, e se uno come lui arriva ad una frase simile c'è da aspettarsi una risposta altrettanto complicata.

    « Potrei risponderti che è la "libertà", ma sarebbe come non rispondere affatto. Detesto la retorica, ma non posso che alzare le mani ed ammettere che esistono tanti ideali fra i riders quante sono le tribù stesse. Ci sono un sacco di Storm Riders della domenica che passano i loro week-end su Klemvor solo per divertirsi, praticamente una scampagnata. Arrivi a Klemvor con gli amici usando i canali protetti di Genesis, partecipi a qualche rave nei sotterranei, ti fumi una canna e prendi qualche pasticca, se ti va bene scopi. Mio malgrado devo ammettere che anche loro sono riders, anche se il mio è un pensiero che a volte trovo moderato fino al punto da essere disgustoso. Per molti le Tribù sono la banda, o forse anche la famiglia. Tu hai idea di quanti mocciosi tiene la Rondine Migratoria negli orfanotrofi? Hanno ospedali, scuole, perfino team di soli ragazzini. Quelli sono nati su Klemvor, non conoscono praticamente nient'altro. Molti sono randagi del Bloodrunner, quelli che si possono recuperare li tirano fuori dal Pentauron e li portano su Klemvor nelle comunità-famiglia. Non troverai mai un riders disposto ad ammettere di avere un bastardino là in mezzo, ma molti non negano di avere un "fratello minore". Sapendo questo, trovi strano che quelli così restano attaccati con le unghie e con i denti alle Tribù della Tempesta? »
    Alza gli occhi al soffitto, riflettendo.
    « Magari è davvero iniziato solo come un gioco. Magari quindici anni fa lo era per davvero. Ma dopo così tanto tempo è diverso, è diventato qualcosa di più. Pensare che qualcuno vuole con così tanta leggerezza fare a pezzi tutto quanto in nome di un "giusto ideale" mi fa incazzare. L'avrei strangolata con le mie mani quel giorno, all'ingresso della sua fottuta Accademia. Quando prenderanno il cacciatore di taglie che l'ha ammazzata, andrò a visitarlo di persona. Voglio almeno strappargli un occhio, fargli male. Più penso a cosa mi ha sottratto, più mi brucia. »

     
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